IL KÄISER E I BIMBI CHE MENANO DURO (ANCORA FUGA E ANCORA IN TRE PER LA ROSA)
Tappa di facce, i grandi primi piani che ci regala questa regia non più domestica e quindi ancora un po’ aliena per gli appassionati del Giro. Van der Poel finalmente torna a far sul serio, Landa attivo ma deluso fa le facce imitando le smorfie furbesche di Carapaz.
Parafrasando il regista interpretato ne “La ricotta” di Pasolini da Orson Wells, che sintetizzava in “egli danza” il proprio giudizio su Fellini, potremmo dire di van der Poel a questo Giro: “egli giuoca”. Avendo fin da subito timbrato il cartellino della vittoria già dalla tappa numero 1, Mathieu si è imbarcato in un’avventura che, gradualmente, e specialmente dopo aver perso per strada il super rivale Biniam Girmay, pareva o pare aver abbandonato la stella polare del ciclista professionista, “vincere”, sostituendola con la croce del Sud che pure anima questo sport, in gara e non: “divertirsi”. Divertirsi, sia ben chiaro, al modo di chi pedala, e cioè soffrendo, faticando, sperperando energie preziose.
Da Napoli in poi, MVDP è riuscito ad andare in fuga nel 40% delle tappe con oltre 400 km percorsi in avanscoperta. Difficile fare i conti in cronaca, e con il profluvio di evasioni massive vissute, però è forte il sospetto che in questa frazione di Giro Mathieu sia stato il corridore più fugaiolo. Senza dire del fatto ancor più folle che pur quando non c’è riuscito, è stato sistematicamente in ballo nelle grandi battaglie di inizio tappa, fra i momenti migliori di questo Giro, e più di una volta lanciandosi programmaticamente in solitario appena calata la bandierina del via, come una sorta di Don Chisciotte pronto a sfidare tutto quanto il peloton in una singolar tenzone.
Quando tireremo le fila di questo Giro, è possibile che dobbiamo chiederci se proprio MDVP sia stato il colpevole da biasimare o il genio da ringraziare per aver innescato la dinamica ormai ricorrente di cominciare ogni tappa o quasi con i calcistici 90 minuti… corsi a 45 km/h di media, se con dislivello!, o a 55 km/h, se in pianura. Vale a dire che l’aperitivo è subito un bombardamento nucleare, anche perché a questa fase non si scappa, uomini di classifica o meno. Si potrà procedere meno a scatti, ci si potrà valere del solido abbraccio dei gregari, ma la velocità va fatta. Una sorta di contrappasso dantesco imposto a un Giro che riserva così sfacciatamente la rosa e il podio agli scalatori puri, e che si identifica con circostanze tecnicamente eccelse, senza dubbio. Ecco, il dubbio è se poi quando arrivano le salite intermedie qualcuno abbia la necessaria voglia residua per continuare il castigo insistendo col martello, aprendo ancora il gas al massimo.
Lasciando i bilanci all’ultima tappa, va anche soggiunto che troppo spesso questo atteggiamento di van der Poel è parso pretestuoso e velleitario. Perché tanto fuoco e tante fiamme se poi su un Trensasco “qualsiasi”, duro, questo sì, ma appena appena a cavallo fra la definizione di “salita” e quella di “côte”, salta fuori che contro gli scalatori, o semplicemente i corridori con attitudine alla salita, Mathieu non reggeva mezza? Se si va a scartabellare, si scopre che proprio in quella tappa van der Poel si era fatto apprezzare per aver favorito la vittoria del compagno Oldani. E a Jesi, con Girmay ancora in corsa, ben altro era stato l’atteggiamento: anzi, specie a confronto con l’Intermarché, si era trattata di una piena assunzione di responsabilità a livello singolo e di squadra. Poi a volte tocca inchinarsi al più forte di giornata, cosa che MDVP fa con speciale classe. Insomma, ci si chiede, il fenomeno olandese si sta crogiolando nel proprio personaggio epperò da troppi giorni senza costrutto, rinunciando un po’ troppo comodamente a obiettivi ardui ma realistici, che avrebbero comportato il rischio di fallire (per dirne uno, piazzarsi in volata e puntare alla maglia ciclamino); oppure dietro la giocosità e lo sperpero c’è sempre e comunque la voglia di giocare sul serio, solamente… a modo proprio? La risposta generale non è ovvia e chi scrive non ce l’ha. Una risposta chiara emerge però sulla tappa di oggi, in cui Mathieu van der Poel ha fatto dannatamente sul serio, e quel che è più affascinante, l’ha fatto comunque oltre ogni logica: riuscendo tuttavia nell’impresa memorabile di far sembrare a tutti, ma proprio a tutti (o a tutti tranne due persone al mondo) che l’incredibile fosse possibile, cioè che MDVP potesse andare a vincere una tappa alpina su una salita finale durissima e contro signori scalatori.
I due che non hanno creduto al miracolo, alla magia di quella faccia determinatissima, a quello sguardo in macchina baluginante di convinzione assoluta, sono due ragazzini di 22 anni, praticamente dei neoprofessionisti, anche se con un certo bagaglio già macinato, ciascuno di loro non scevro di ferite antiche o recenti, fisiche o metaforiche. Ma entrambi ancora con un viso incredibilmente infantile, pulito, rotondo, chiaro, terso, da bimbo, letteralmente, cioè non quello da adolescente che ancora sfoggia Pogacar e di cui resta qualcosa negli occhi di MVDP, in mezzo alla spigolosità decisamente adulta di mascella e zigomi.
Gijs Leemreize è connazionale di van der Poel, lo guarda dall’alto dei suoi 6 cm in più e con la leggerezza del suo paio di kg minimo in meno. Una falange già persa per strada in un incidente di gara. Zero vittorie da professionista. Finora tre volte in fuga a questo Giro, sempre in top ten, e due podi con oggi. Lo ricordiamo a Genova intrappolato in uno sprint senza speranze fra i due italiani. È l’unico che se ne va con Mathieu nella discesa del Vetriolo, penultimo Gpm di giornata e momento chiave del piano olandese. Anticipare. Lasciare i cagnacci degli scalatori a un minuto e mezzo perché si sfianchino, svuotino e demoralizzino. Gijs lo capisce e lo accompagna, senza complessi in discesa, anzi spesso tirando per il collo van der Poel che regala così, en passant, un salvataggio clamoroso su un lungo in curva. Van der Poel lo sgancia subito sui primi muri del Menador o strada del Käiser. Imperiale. Sì, sappiamo che il Käiser del ciclismo è unico e irripetibile, ma oggi van der Poel ricorda le dinastie olandesi degli uomini veloci omnivincenti, gli imperatori appunto, e diremmo quasi più van Steenbergen (Rik I) che van Looy (Rik II), dominatore delle volate, il primo, ma meno bisognoso della corte di cavalieri attorno, non estraneo ad avventure alpine, prendendo la scalata come puro hobby reale.
Leemreize però non molla. Perde, si sgancia, poi si riavvicina, controlla, misura e lì fra i tunnel di roccia rientra a velocità doppia e fulmina un MVDP incagliato, forse con lo spettro della crisi di fame. Il re è nudo. Gijs guarda avanti coi suoi occhi da scuola elementare, di quelli che non si voltano indietro perché sono ancora così di fabbrica, proiettati al futuro.
Ed è al futuro che Gijs deve guardare perché da dietro emerge l’altro 22enne, il colombiano Santiago Buitrago. La sua espressione pure fissa in macchina, determinata, la ricordiamo dall’infinito inseguimento a Ciccone verso Cogne. Pure lui fra le facce un po’ così dei delusi di Genova, ma fu quel secondo posto alpino a bruciargli fino alle lacrime in diretta mondiale. Oggi a bruciargli sono le ferite e le botte di una cadutaccia nei su e giù della Valsugana, poi lo sforzo di rientrare. Il suo team là dietro che lavora compattissimo per Landa, a caccia del podio e magari qualcosa in più. Manca solo lui. Lo fermeranno? E se lo lasciano fare ma non vince? Santiago aspetta, in compagnia dei due stakanovisti monstre degli ultimi tapponi alpini, Carthy (tre su tre, sempre più scomposto in una specie di autoflagellazione mistica) e Hirt, che tutti attendono pronto all’avvio del turbo. Santiago aspetta, ma il momento opportuno, il kairos, sarà forse volato via coi biondi d’Olanda? Paiono lontanissimi e c’è sempre meno salita. Poi Buitrago scatta secco, accelera, smaterializza i vecchi lupi di montagna. L’inseguimento è interminabile e sembra disperato, ma su una salita al 12% il tempo e lo spazio trasmutano sotto l’effetto della gravità. Ora Buitrago scandisce un passo forte e regolare, con un rapporto non cortissimo ma fluido. Disintegra van der Poel. Prende Leemreize a cinquecento metri dallo scollinamento e si apposta alla sua ruota. Entrambi sanno che si tratta per l’olandese di reggere meno di due minuti. Buitrago aspetta, aspetta, sempre meno salita per lui. Poi scatta. Leemreize chiude. Game over. Stallo, pausa. Pochissimi secondi che sembrano infiniti mentre le bici scorrono pigre sull’asfalto.
Altro scatto, violentissimo, Leemreize scoppia. Buitrago prende il largo. C’è discesa, per Lavarone, poi una morbida ascesa, un falsopiano, quasi, e ancora discesa, e l’arrivo appena appena all’insù. Una passerella di sicurezza e gioia per il giovane talento colombiano. Gijs non cede, sarà secondo. Poi i cagnacci, Hirt e Carthy. E poi è già il momento degli uomini di classifica, che supereranno van der Poel, ormai una statua di sale, proprio allo sprint.
Già, e la generale? Addio a una delle tappe meglio disegnate di questo Giro le cui tappe spesso suscitano qualche perplessità per tracciato o collocazione. Quella odierna era perfetta. Ma nessun team, nemmeno secondario, nemmeno messo alle strette, ha voluto cavare il sugo dalla sezione complicata in Valsugana, non diciamo certo per spezzare il gruppo, ma magari per creare un po’ di pressione. Che poi non si sa mai. Nessun capitano prova una scrollata all’albero in prima persona sul Vetriolo, né punte, né mezze punte, queste seconde via via più spuntate e dunque strategicamente inutili quanto più passano le tappe (Bilbao e Buchmann ormai a 6-7 minuti). Nessuno dei leader ha la curiosità di scoprire se, essendo tutti tanto uguali nella modalità “salita finale a fucile”, magari possa sorgere qualche differenza a sorpresa se si passasse a un approccio “due salite di fila forte”, o perfino “penultima salita a fucile e poi vediamo chi ne ha ancora”. Già. Troppa la paura di saltare. Meglio restare in ballo un giorno ancora. Meglio contare sulla selezione naturale, che si fa carico di un incredibile Almeida, mai a fondo (e che, sic stantibus rebus, sarebbe il vincitore in pectore di un GT parallelo identico a questo ma con un chilometraggio decente a crono!); mai a fondo, dicevamo, ma sempre in fondo al gruppo, e sempre più presto, tanto che le dozzine di secondi intascati lo porteranno ad affondare in classifica sebbene al ralenti, come un galeone con una falla. Così come la selezione naturale si fa carico dei grandi vecchi, Pozzovivo e Valverde in primis, ma anche lo stesso Nibali, quindi assolto per non aver provato qui, terreno ideale e quasi ultimo per la tappa – epperò con la gamba palesata, non sufficiente, non sarebbe bastato anticipare i big attaccando sul penultimo.
E se già sul Blockhaus Landa era stato il più propositivo, e se ciò si era confermato sul Santa Cristina, scalato alla pazzesca velocità di oltre 18 km/h, ove Landa avevo tirato il terzetto col suo animo gregario per quasi la metà del tempo, oggi il basco ci mette tutto il team. Sono i Bahrain a picchiare duro per alzare il passo verso la cima del Vetriolo (anche se… too little, too late), è un monumentale Poels a scortare eroicamente il capitano, sì “Landa capitano”, per tutto il Menador, staccandosi, rientrando, tirando, lanciando gli abbozzi d’attacco…
E se van der Poel “giuoca”, Landa felliniano più che mai “danza”, mani basse, rapporto pieno, niente frullate seduto in cicloergometro come Hindley, niente scenette da vecchio volpone alla Carapaz. Bello da vedere, il pubblico ringrazia. E va forte, fortissimo, ma gli altri non li stacca. Sono al gancio? Bluffano? Approfittano di lui e intanto risparmiano? Questa è l’impressione. Anche di Landa, che in un momento epico della salita smette di colpo di tirare, si gira diretto a Carapaz e gli fa il verso, imita la smorfia di inenarrabile sofferenza sfoggiata dall’ecuatoriano, come a dirgli, “caro mio, tante facce fai, ma se fossi cotto come sembri ti saresti staccato da un pezzo, e intanto sei quello che tira di mano”. Il tutto in attesa della volatina di Lavarone, dove ovviamente Hindley e Carapaz issano tutte le vele e si slanciano a tutta birra, chissà che ci siano qualche abbuono… e intanto anche solo sull’impulso, Landa incassa qualche altro secondino di distacco gratis.
Landa è quel che fin qui in salita ha dimostrato, o “mostrato” di più, ma non è bastato. Forte il sospetto è che gli altri abbiano in tasca ancora qualche carta, strategicamente coperta vuoi per attendismo vuoi per sorprendere i rivali. Oppure no. Ma fra crono e altri eventi di gara, su tutti Torino, Landa è già un minuto dietro, quindi è ovvio che sia anche il più obbligato ad attaccare. Sarebbe bello che, chiunque vinca il Giro, lo facesse finalmente mostrando e dimostrando di meritarlo con un’impresa degna di questo nome. Val la pena di ricordare che il Giro, a differenza del Tour, suole regalare almeno una manciata di tappe davvero belle per la generale, non solo per la vittoria di giornata, e il computo annovera fin qui solo Torino, con le ultime due discrete e tuttavia assai prossime a un “vorrei ma non posso” in stile Tour. Perché, fra l’altro, il Giro dovrebbe avere di prammatica, fra quelle belle, anche un paio di tappe letteralmente epiche. Reggerà questa regola d’oro? Le occasioni che restano sono poche, giusto due, ma lo speriamo di tutto cuore perché, in termini di ascolti italiani sulla RAI, c’è da recuperare la situazione peggiore da quando esiste Auditel.
Gabriele Bugada

La volata tra Carapaz e Hindley al traguardo di Lavarone (foto Tim de Waele/Getty Images))
25-05-2022
maggio 25, 2022 by Redazione
Filed under Ordini d'arrivo
GIRO D’ITALIA
Il colombiano Santiago Buitrago (Bahrain Victorious) si è imposto nella diciassettesima tappa, Ponte di Legno – Lavarone, percorrendo 168 Km in 4h27′41″, alla media di 37.656 Km/h. Ha preceduto di 35″ l’olandese Gijs Leemreize (Jumbo-Visma) e di 2′28″ il ceco Jan Hirt (Intermarché-Wanty-Gobert). Miglior italiano Lorenzo Fortunato (EOLO-Kometa Cycling Team), 16° a 4′56″. L’ecuadoriano Richard Carapaz (INEOS Grenadiers) è ancora maglia rosa con 3″ sull’australiano Jai Hindley (BORA-hansgrohe) e 1′05″ sullo spagnolo Mikel Landa (Bahrain Victorious). Miglior italiano Vincenzo Nibali (Astana Qazaqstan Team), 5° a 5′48″
TOUR OF NORWAY
Il britannico Ethan Hayter (INEOS Grenadiers) si è imposto nella seconda tappa, Ulvik – Geilo, percorrendo 123.8 Km in 2h53′17″, alla media di 42.866 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’olandese Mike Teunissen (Jumbo-Visma) e il norvegese Tobias Halland Johannessen. Miglior italiano Filippo Fiorelli (Bardiani CSF Faizanè), 25° a 58″. Halland Johannessen è il nuovo leader della classifica con 1″ su Hayter e sul belga Remco Evenepoel (Quick-Step Alpha Vinyl Team). Miglior italiano Gianluca Brambilla (Trek-Segafredo), 20° a 1′16″
ALPES ISÈRE TOUR
Il tedesco Henri Uhlig (Alpecin-Fenix Development Team) si è imposto nella prima tappa, circuito di Charvieu-Chavagneux, percorrendo 118.1 Km in 2h33′37″, alla media di 46.128 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’olandese Hartthijs de Vries (Metec-Solarwatt p/b Mantel) e l’australiano Blake Quick (Trinity Racing). Miglior italiano Antonio Puppio (Israel Cycling Academy), 11°. Uhlig è il primo leader della classifica con 4″ su De Vries e sul francese Aloïs Charrin (Tudor Pro Cycling Team). Miglior italiano Puppio, 16° a 10″
FLÈCHE DU SUD (Lussemburgo)
L’olandese Daan van Sintmaartensdijk (VolkerWessels Cycling Team) si è imposto nella prima tappa, circuito di Kayl, percorrendo 73.6 Km in 1h39′16″, alla media di 44.486 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’italiano Filippo Fortin (Maloja Pushbikers) e l’austriaco Fabian Steininger (Team Felbermayr Simplon Wels). Van Sintmaartensdijk è il primo leader della classifica con lo stesso tempo di Fortin e Steininger.
INTERNATIONALE LOTTO THÜRINGEN LADIES TOUR
L’australiana Georgia Baker (Team BikeExchange-Jayco) si è imposta nella seconda tappa, circuito di Gera, percorrendo 99.6 Km in 2h41′58″, alla media di 36.896 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’italiana Maria Giulia Confalonieri (Ceratizit-WNT Pro Cycling) e l’olandese Femke Markus (Parkhotel Valkenburg). L’australiana Alexandra Manly (Team BikeExchange-Jayco) è ancora leader della classifica con 6″ sulla Markus e 8″ sulla Confalonieri
SOTTO I COLPI DEL MENADOR
Un’altra dura salita sotto le luci della ribalta del Giro. Dopo il tradizionale valico di Santa Cristina oggi farà per la prima volta la sua comparsa al balcone del Giro la panoramica ma faticosa salita del Menador, inedita scoperta che va ad affiancarsi a quella della Sega di Ala, lanciata nella scorsa edizione della Corsa Rosa. Un altro passaggio fondamentale lungo la strada per Verona.
Dopo la Sega di Ala lo scorso anno, anche nel 2022 il Giro d’Italia è pronto a tirar fuori dal cilindro una dura ascesa trentina inedita che promette scintille, a partire dal soprannome di “Menador” con il quale è conosciuta la salita del Monte Rovere, geograficamente non troppo distante (in linea d’aria sono una quarantina di chilometri) da quella che fece pericolosamente traballare il trono rosa di Egan Bernal. Quest’ultima era più lunga d’oltre 3 Km rispetto al Menador, con il quale condivide una pendenza media di fatto identica (9.9%), mentre picchi più aspri – fino al 17% – presentava l’altra ascesa, ma quella che si affronterà quest’anno potrebbe causare “danni” ben peggiori. La tappa disputata dodici mesi fa, infatti, era molto meno impegnativa rispetto a quella che i corridori dovranno trascorrere oggi tra Ponte di Legno e Lavarone, scalando in partenza il Tonale e affrontando a ridosso dell’ascesa finale quella del Vetriolo, in una posizione che potrebbe ricordare quella che era stata del Passo di San Valentino nella tappa dello scorso anno, ma che in realtà sarà molto più vicina all’ascesa finale, la quale – a sua volta – non sarà arrivo in quota perché per andare al traguardo bisognerà percorrere una discesa di 8 Km, un epilogo che accumuna questa frazione a quella dell’Aprica. E le fatiche profuse lungo la strada per completare quest’ultima potrebbero incidere non poco sugli esiti di quest’altra tappa che, anche per questo motivo, potrebbe risultare molto più selettiva rispetto a quella della Sega di Ala, che terminò con la vittoria del britannico Simon Yates.
La partenza, come dicevamo, sarà in salita ma non ci sarà lo striscione del Gran Premio della Montagna ai 1883 metri del Passo del Tonale dove – percorsi 8.6 Km al 6.3% – il gruppo sfilerà senza troppi sussulti dinanzi al sacrario nel quale riposano le spoglie di oltre 800 militari caduti sul fronte della Prima Guerra Mondiale. Subito dopo inizierà la discesa verso la Val di Sole, il cui nome nulla avrebbe a che fare con la principale stella del sistema solare ma deriverebbe da quello di Sulis, la divinità celtica che i romani “adotteranno” ribattezzandola Minerva e che eleggeranno protettrice delle fonti termale della zona, ancor oggi sfruttate a Peio e Rabbi. Il gruppo attraverserà Dimaro e Malè prima di giungere sulle strade della Val di Non alle porte di Cles, centro che ha tra i suoi figli più illustri Maurizio Fondriest e, andando molto più indietro nel tempo, il cardinale Bernardo Clesio, uno dei promotori del Concilio di Trento: presso il borgo si trova ancora il castello che appartenne al suo casato e che fu costruito a sorveglianza del Ponte Alto, manufatto romanico che collegava Cles al resto della Val di Non e che oggi non è più possibile ammirare poiché sommerso dalle acque del lago artificiale di Santa Giustina, la cui diga fu inaugurata nel 1951 e per molti anni fu la più alta d’Europa.
Sfiorata l’estremità meridionale del lago, pedalando tra i meleti che sono uno dei principali vanti di questa valle si scenderà verso la stretta Chiusa della Rocchetta, gola di là dalla quale si apre la Piana Rotaliana, area conosciuta per la produzione del Teroldego Rotaliano, vino il cui nome deriverebbe dal termine tedesco Tiroler gold (letteralmente “Oro del Tirolo”) oppure dalla Teroldola, varietà d’uva che ebbe il suo primo momento di gloria quando fu menzionata in un documento redatto durante il citato Concilio di Trento. La pianura avrà breve durata perché, superato il corso dell’Adige, si riprenderà l’ascensore per portarsi in 6 Km – inclinati al 6.7% medio – a Giovo, scollinando a breve distanza dalla frazione di Palù, patria della dinastia dei Moser, che conta non soltanto i dieci corridori che portano questo cognome ma anche il due volte vincitore del Giro Gilberto Simoni, che è cugino di secondo grado dell’ex recordman dell’ora e che pure una storica edizione della Corsa Rosa la vinse nel 1984. Dopo Giovo inizierà un lungo tratto, tortuoso e vallonato, disegnato sulle strade della Val di Cembra andando a sfiorare il centro di Segonzano, presso il quale si possono ammirare curiosi pinnacoli di roccia scolpiti 50000 anni dall’azione erosiva delle acque e che si sono meritati tra le genti locali il soprannome di “òmeni”, mentre ai più sono noti con l’appellativo di “piramidi”. Giunti sulle sponde del piccolo lago di Lases, bacino la cui esistenza in tempi recenti è stata messa in pericolo dalla presenza di cave di porfido (la pietra del celebre “pavé”), s’imboccherà la discesa verso la Valsugana, che il gruppo raggiungerà alle porte di Pergine, centro dominato dal colle dal quale troneggia l’omonimo castello, edificato in periodo rinascimentale ma rispettando le regole dell’arte militare gotica. Manterrà la sua storica funzione di sentinella anche quest’anno, sorvegliando l’ingresso nella fase topica di questa tappa perché è all’uscita di Pergine che ha inizio la salita del Vetriolo. Il nome può incutere timore eccessivo – pungenti sono le “battute al vetriolo” e “vetriolo” è il soprannome con i quali i chimici chiamano l’acido solforico concentrato – pur comunque essendo questa una non trascurabile salita di 12 Km al 7.6%, che termina poco sotto la piccola località termale dalla quale deriva il suo soprannome (più correttamente sarebbe Passo del Compet), presso la quale sgorgano le due sorgenti che hanno fatto la fortuna della sottostante Levico; quest’ultima è la principale località turistica della Valsugana, frequentata sin dall’epoca della dominazione asburgica e prediletta in particolare dalla principessa Sissi, la cui residenza estiva è oggi diventata un hotel di lusso. Gli agi di cui godette l’indimenticata consorte dell’imperatore Francesco Giuseppe non saranno, ahi loro, concessi ai corridori che puntano al trono sul quale lo scorso anno si assise con tutti gli onori Bernal perché attraversata Levico un breve tratto di pianura – poco meno di 4 Km – separerà questo centro da Caldonazzo, dove inizierà la salita più temuta, quel Menador che “mena” per davvero con i suoi 7900 metri al 9.9%. In particolare picchia dura il tratto di 2000 metri all’11.2% che termina in vista del penultimo dei nove tornanti della strada, costruita letteralmente strappandola alla roccia alla fine dell’Ottocento dai militari appartenenti ai reggimenti dei “cacciatori imperiali” e che all’epoca della Grande Guerra divenne per l’impero austro-ungarico la principale porta d’accesso al fronte dell’Altopiano di Asiago”. Spentisi gli echi del primo conflitto mondiale rimase una delle più spettacolari strade alpine italiane, che offre impareggiabili viste verso il Monte Panarotta e il sottostante Lago di Caldonazzo, che non è soltanto il più grande del Trentino ma anche il più “caldo” per temperatura delle acque tra tutti quelli presenti nell’arco alpino.
Giunti in vetta a quest’affascinante belvedere ne vedremo anche gli effetti sul gruppo: faranno più male gli aguzzi denti della Sega di Ala o le scudisciate dei tornanti del Menador?
I VALICHI DELLA TAPPA
Passo del Tonale (1883 metri). Ampio valico prativo aperto tra il Monticello e la Cima di Cadì, costituisce anche il punto di separazione tra i massicci dell’Adamello e dell’Ortles-Cevedale. Sede della principale stazione di sport invernali della provincia di Trento, è valicato dalla SS 42 “del Tonale e della Mendola” tra Vermiglio e Ponte di Legno. Vi transita il confine tra Lombardia e Trentino-Alto Adige. Dal 1933, anno dell’istituzione dei GPM, è stato inserito 29 volte nel tracciato del Giro, contando anche la tappa alternativa che avrebbe dovuto sostituire la Ponte di Legno – Val Martello nel 2013 e sulla quale neppure si riuscì gareggiare. Il primo a conquistare questa storica vetta fu Binda nel 1933, nel corso della conclusiva Bolzano – Milano, pure vinta dall’asso varesino. L’ultima scalata è avvenuta nel 2017 durante la tappa Tirano – Canazei vinta dal francese Pierre Rolland, con lo sloveno Matej Mohorič primo sul passo. Il Tonale è stato teatro anche di due arrivi di tappa, conquistati dal colombiano José Jaime González Pico nel 1997 e dall’elvetico Johann Tschopp nel 2010. Quest’anno non ci sarà Gran Premio della Montagna in vetta e non si tratta di una novità perché accadde anche nel corso della Selva di Val Gardena – Bormio del 2000 (vinta da Gilberto Simoni), quando il passaggio dal Tonale fu considerato valido solo come traguardo volante Intergiro, conquistato dallo spagnolo José Enrique Gutiérrez Cataluña.
Passo di Lases (639 metri). Coincide con l’omonima località, principale frazione del comune di Lona-Lases.
Sella di Pergine Valsugana (482 metri). Coincide con l’omonimo abitato.
Sella di Vignola (Masetti) (557 metri). Valicata dalla Strada Provinciale 228 “di Levico – Novaledo” tra Pergine Valsugana e il bivio per la salita del Vetriolo.
Passo del Compet (1383 metri). Si trova allo scollinamento della salita del Vetriolo, nel punto dove convergono le strade che salgono da Pergine Valsugana e da Levico Terme. Quest’ascesa è stata in passato affrontata cinque volte al Giro d’Italia, la prima nel 1966 al termine della Riva del Garda – Levico Terme, che prevedeva la salita dallo stesso versante di quest’anno e l’arrivo in fondo alla discesa, traguardo che fu conquistato dalla maglia rosa in persona, Gianni Motta, dopo che in vetta al Compet era transitato in testa lo spagnolo Julio Jiménez. Quest’ultimo sarà protagonista sul Vetriolo anche nel 1968, stavolta riuscendo a imporsi sul traguardo della Brescia – Lago di Caldonazzo, sempre salendo dal versante di Pergine. Dopo questi due precedenti bisognerà attendere ventidue anni per rivedere il Giro lassù, salitovi in occasione di una cronoscalata – stavolta affrontata da Levico, il versante più impegnativo – inserita nel tracciato del Giro del 1988 e vinta dall’americano Andrew Hampsten, che indossava la maglia rosa fin dallo storico tappone del Gavia innevato e che porterà le insegne del primato fino al conclusivo traguardo di Vittorio Veneto, primo e finora unico statunitense a conquistare la Corsa Rosa. Anche due anni più tardi si salirà dal versante di Levico nel finale della Brescia – Baselga di Pinè: era il Giro vinto da Gianni Bugno che quel giorno si piazzò secondo al traguardo, preceduto di 33” dal francese Eric Boyer dopo che in vetta al Vetriolo era transitato per primo lo spagnolo Eduardo Chozas. L’ultima scalata porta la data del 29 maggio del 2014, ma quel giorno non ci fu scollinamento perché si proseguì la scalata fino al Rifugio Panarotta, dove s’impose il colombiano Julián Arredondo, mentre il suo connazionale Nairo Quintana conservava la maglia rosa conquistata un paio di giorni prima nel tappone della Val Martello. Oltre ai precedenti del Giro, nel 1996 a Vetriolo Terme, poco oltre lo scollinamento del Compet, terminò un’altra gara organizzata dalla Gazzetta dello Sport, una tappa del Trofeo dello Scalatore vinta dal toscano Massimo Donati, mentre nel 2013 la medesima località è stata traguardo di una frazione del Giro del Trentino, vinta dal bielorusso Kanstantsin Siutsou.
Passo di Spiazzo Alto (1261 metri). È il nome ufficiale dello scollinamento della salita del Monterovere (o Menador che dir si voglia). Oltre a confluirvi la Strada Provinciale 133 “di Monterovere” (dalla quale proverranno i corridori) vi transita la Strada Statale 349 “di Val d’Assa e Pedemontana Costo” lungo la salita da Lavarone al Passo di Vezzena. Pur essendo una novità il “Menador”, dallo Passo di Spiazzo Alto il Giro è già transitato due volte, la prima nel 1972 durante la Solda – Asiago (vittoria del belga Roger De Vlaeminck, primo in vetta al Vezzena il suo connazionale Eddy Merckx), la seconda nella direzione opposta durante la Asiago – Corvara del 1993 (vittoria del veneto Moreno Argentin, scollinamento del Vezzena al trentino Mariano Piccoli).
Passo Cost (1298 metri). Vi transita la Strada Statale 349 “di Val d’Assa e Pedemontana Costo” lungo la salita da Lavarone al Passo di Vezzena. I corridori vi transiteranno in discesa provenendo dal Menador.
Valico di Chiesa (1171 metri). Coincide con l’omonima frazione del comune di Lavarone, luogo dove terminerà la tappa. È quotata 1172 metri sulle cartine ufficiali del Giro 2022.
Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).
Mauro Facoltosi

Scorcio del Lago di Caldonazzo visto da una delle gallerie della strada del Menador e l’altimetria della diciasettesima tappa (www.alpecimbra.it)
CIAK SI GIRO
Fino a qualche anno fa il Trentino e l’Alto Adige erano territori quasi del tutto inesplorati dal cinema, poi il fiorire delle “film commission” in tutte le regioni italiane hanno “decentrato” produzioni che in passato si concentravano quasi esclusivamente nel Lazio, non tanto perché sede della capitale ma per la presenza degli studi di Cinecittà. Si pensi che un tempo esisteva un regolamento interno agli studi che prevedeva di pagare gli straordinari alla troupe se il luogo delle riprese si trovava a più di 40 Km dalla capitale! Così numerosi sono i film che in queste ultime stagioni hanno visto sbarcare sulle strade trentine i giganteschi tir che si portano dietro tutto il necessario per le riprese, riprese che nel 2012 hanno riservato un ruolo predominante al Grand Hotel Imperial di Levico Terme, l’albergo ospitato in quella che un tempo era la residenza estiva degli Asburgo. Nelle stanze dove si aggirò la principessa Sissi la protagonista stavolta divenne la bella Bella (si chiama proprio così), interpretata da Laura Chiatti: è la primadonna de “Il volto di un’altra”, film dove una star della tv dopo esser rimasta sfigurata viene operata in un’esclusiva clinica che altro non è che l’altrettanto elitario albergo della Valsugana.

Il Grand Hotel Imperial di Levico Terme trasformato in clinica di lusso ne "Il volto di un’altra" (www.davinotti.com)
Cliccate qui per scoprire le altre location del film
https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/il-volto-di-un-altra/50030983
FOTOGALLERY
Il sacrario del Passo del Tonale
Cles, Castel Cles
Scorcio del Lago di Santa Giustina
La Chiusa della Rocchetta, oltre la quale si apre la Piana Rotaliana
I vigneti della Piana Rotaliana
Le Piramidi di Segonzano
Lago di Lases
Il castello di Pergine Valsugana
In salita verso Vetriolo Terme
Lago di Caldonazzo
Laghetto alpino alle porte di Lavarone
QUARTIERTAPPA: DALLA SEDE DI APRICA
maggio 24, 2022 by Redazione
Filed under Approfondimenti
Ecco il tradizionale contenitore made ne ilciclismo.it che da diverse stagioni accompagna le cronache prima del Giro e poi del Tour. All’interno ritroverete le rubriche riservate alla rassegna stampa internazionale, alla colonna sonora del giorno, alle previsioni del tempo per la tappa successiva, alle “perle” dei telecronisti, al Giro d’Italia rivisto alla “rovescia” e al ricordo di un Giro passato (quest’anno rivisiteremo l’edizione del 1962 a 60 anni dalla prima delle due vittorie consecutive di Franco Balmamion)
SALA STAMPA
Italia
Giro, Hirt trionfa all’Aprica. E per la maglia rosa Hindley è a 3” da Carapaz
Gazzetta dello Sport
Ungheria
Peák Barnabás csapatának nagy öröme és bánata
Magyar Nemzet
GRAN BRETAGNA
Jan Hirt wins brutal mountain stage at Giro d’Italia as race leader Richard Carapaz loses vital seconds
The Daily Telegraph
FRANCIA
Hirt vainqueur, Carapaz toujours en rose
L’Équipe
SPAGNA
Otro combate nulo
AS
PORTOGALLO
No Giro, Almeida dobrou, mas ainda não partiu
Público
BELGIO
Weer raak voor Intermarché-Wanty-Gobert in de Giro: Jan Hirt wint koninginnenrit, roze trui van Carapaz komt niet in gevaar
Het Nieuwsblad
PAESI BASSI
Thymen Arensman grijpt net naast zege in loodzware bergrit in Giro
De Telegraaf
GERMANIA
Kämna verpasst seinen zweiten Etappensieg knapp – Buchmann verliert viel Zeit
Kicker
REPUBBLICA CECA
Paráda na Giru. Neúnavný Hirt si v horách dojel pro etapové vítězství
Mladá fronta Dnes
COLOMBIA
Giro de Italia 2022: etapa para Jan Hirt, Richard Carapaz sigue de líder
El Tiempo
ECUADOR
Richard Carapaz mantiene liderato y Jan Hirt se lleva la etapa 16 del Giro de Italia
El Universo
DISCOGIRO
La colonna sonora della tappa del Giro scelta per voi da ilciclismo.it
Vino divino (Rossana Casale)
METEOGIRO
Ponte di Legno: pioggia debole (0.3 mm), 13.9°C, vento debole da SW (10 km/h), umidità al 86%
Passo del Tonale (8.7 Km): pioggia modesta (0.5 mm), 9.2°C, vento moderato da SW (11 km/h), umidità al 85%
Cles (54.2 Km): pioggia modesta (0.4 mm), 19.4°C, vento moderato da SSW (11-19 km/h), umidità al 83%
Giovo – GPM (85.8 Km): pioggia debole (0.2 mm), 20°C, vento debole da WSW (6 km/h), umidità al 80%
Passo del Vetriolo* (GPM – 134.3 Km): pioggia modesta (0.3 mm), 8.8°C, vento moderato da SW (12-14 km/h), umidità al 83%
Lavarone: pioggia modesta (0.3 mm), 16.4°C, vento debole da SW (3-5 km/h), umidità al 78%
* Previsioni reletive al Rifugio Panarotta (1760 metri circa), scollinamento a quota 1383
GLI ORARI DEL GIRO
11.45: inizio diretta su RaiSport
12.20: inizio diretta su Eurosport 2
12.40: partenza da Ponte di Legno
13.00-13.10: scollinamento Passo del Tonale (no GPM)
14.00: inizio diretta su Rai2
14.40-15.00: GPM di Giovo
15.30-15.45: traguardo volante di Pergine Valsugana e inizio salita Vetriolo
16.00-16.30: GPM del Passo del Vetriolo
16.20-16.50: traguardo volante di Caldonazzo e inizio salita Monterovere
16.50-17.20: GPM di Monterovere
16.55-17.30: arrivo a Lavorone
STRAFALGAR SQUARE
L’angolo degli strafalcioni dei telecronisti
Borgato: “Nel giorno di riposo andavamo a cercare una salatina”
Professor Fagnani: “L’Adamello nasce dall’Adamello” (il fiume Adamello non esiste)
Pancani (parlando della salita del Goletto di Cadino): “La prima volta fu nel 1968 con il passaggio in testa di Niklas Axelsson” (Axelsson è nato nel 1972 e il Goletto è stato affrontato per la prima volta nel 1970)
Petacchi: “La maglia rosa di Lopez, che è 55 Kg”
Pancani: “È ancora in palio la maglia azzurra di Bouwman”
Rizzato: “Qualche goccia di pioggia è caduta sotto il gruppo maglia rosa”
Pancani: “Cadrò sognando di sognare” (citato il romanzo di Genovesi “Cadrò sognando di volare”)
Borgato: “La tappa di Torino è scoppiata a 70 Km dal traguardo”
Borgato: “Sul canale abbiamo avuto modo di parlare della Bora Hansgroe” (inteso come prima parte della diretta su RaiSport)
Petacchi: “Lo stop del bisogno fisico della maglia”
Saligari: “La piombata verso Grosio”
Saligari: “Sono appeso nelle maniglie della moto”
Rizzato: “C’è un po’ di vento contrario all’ingresso di Biandrate” (Biandrate è in Piemonte, oggi passavano da Bianzone, in Lombardia)
DS della Bahrain: “Non abbiamo capito se Pello è sceso dall’asfalto” (a proposito della caduta di Pello Bilbao)
GIROALCONTRARIO
L’ordine d’arrivo e la classifica generale dal punto di vista della maglia nera
Ordine d’arrivo della sedicesima tappa, Salò – Aprica
1° Simone Consonni
2° Fernando Gaviria s.t.
3° Rui Oliveira s.t.
4° Maximiliano Richeze s.t.
5° Mark Cavendish
Classifica generale
1° Roger Kluge
2° Pieter Serry a 10′16″
3° Bert Van Lerberghe a 17′31″
4° Mark Cavendish a 19′39″
5° Matthias Brändle a 23′08″
Miglior italiano Filippo Tagliani, 12° a 42′20″
IL GIRO DI 60 ANNI FA
Riviviamo l’edizione 1962 della Corsa Rosa attraverso i titoli del quotidiano “La Stampa”
16a tappa: APRICA – PIAN DEI RESINELLI (123 Km) – 4 GIUGNO 1962
LO SPAGNOLO SOLER STACCA TUTTI E VINCE LA TAPPA – IL GIRO D’ITALIA DA OGGI SULLE STRADE DEL PIEMONTE
Gli scalatori si impongono al Pian dei Resinelli (m. 1270) – Balmamion, secondo al traguardo, avanza nella classifica generale – Lavoro febbrile nella Valle d’Aosta per preparare le strade ai ciclisti
Il corridore bianconero settimo a 4’23” dalla Maglia Rosa – Anche Taccone ha ridotto il suo svantaggio – Battistini conserva il primato in graduatoria – Lunga e vana fuga di Corsini nella fase centrale – Venerdì i “girini” impegnati sul Colle di Joux e sulla Tête d’Arpy – Le salite della tappa decideranno la corsa, che si concluderà il giorno dopo a Milano

La pista superpanoramica del Baradello all'Aprica illuminata di rosa in occasione del Giro 2022 (www.gazzetta.it)
ARCHIVIO QUARTIERTAPPA
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Raduno di partenza Budapest
1a tappa: Budapest – Visegrad
2a tappa: Budapest – Budapest (cronometro individuale)
3a tappa: Kaposvár – Balatonfüred
4a tappa: Avola – Etna-Nicolosi (Rifugio Sapienza)
5a tappa: Catania – Messina
6a tappa: Palmi – Scalea (Riviera dei Cedri)
7a tappa: Diamante – Potenza
8a tappa: Napoli – Napoli
9a tappa: Isernia – Blockhaus
10a tappa: Pescara – Jesi
11a tappa: Santarcangelo di Romagna
12a tappa: Parma – Genova
13a tappa: Sanremo – Cuneo
14a tappa: Santena – Torino
15a tappa: Rivarolo Canavese – Cogne
HIRT RE DELL’APRICA. MOLTO EQUILIBRIO E POCO CORAGGIO TRA I BIG
Ian Hirt ha vinto la tappa regina del Giro d’Italia partecipando ad una fuga che perso pezzi nel corso dei chilometri. Il ceco ha poi gestito molto bene le forze nell’ultima salita ed è riuscito a trionfare. Gli uomini di classifica si sono mossi solo negli ultimi chilometri del Santa Cristina, benché la tappa offrisse diverse occasioni per anticipare gli attacchi, e si sono ritrovati addirittura a sprintare per quattro secondi di abbuono.
La tappa regina ha regalato una grande prova da parte di coloro che si sono battuti per la vittoria di tappa senza risparmiarsi e hanno mandato in scena un grande spettacolo, mentre gli uomini di classifica hanno pensato a controllarsi, benché la generale sia ancora molto corta. I primi quattro si sono addirittura ritrovati a sprintare sul traguardo per racimolare i quattro secondi di abbuono riservati al terzo classificato.
Almeida ha fatto una ottima prova, riuscendo con la sua solita tattica a limitare moltissimo i danni e anche Nibali, pur andato in difficoltà negli ultimi chilometri, è riuscito a mantenere la calma ed a non naufragare, cosa che gli vale la quinta posizione provvisoria in classifica.
I tre scalatori, Carapaz, Hindley e Landa, non sono sembrati in grado di affondare il colpo. Hanno dato delle accelerate, ma non sono arrivate le vere rasoiate e, in ogni caso, le accelerate non hanno avuto seguito, sono state poche e sono durate pochi metri. Se si vuole staccare qualcuno non si può solo aspettare che vada in crisi da solo, bisogna insistere, scattare più volte e dare continuità all’azione. Il fatto che tutto ciò non sia successo fa pensare che siano mancate le energie.
Il posizionamento di una salita come quella di Teglio, con pendenze durissime, subito prima del Santa Cristina invitava certamente a provare l’attacco da lontano, ma il gruppo ha affrontato quella salita con il ritmo, senza alcuna ostilità.
Una tappa di 200 Km con quattro salite dure doveva certamente essere affrontata con maggiore aggressività.
Non si sono, invece, risparmiati coloro che lottavano per la tappa e se le sono date di santa ragione già dai primi chilometri. Tra di loro è stata una corsa ad eliminazione e alla fine Hirt è stato quello che è riuscito a coniugare alla condizione fisica la capacità mentale di gestire correttamente le energie.
I primi ad andare in fuga, subito dopo il via ufficiale, sono stati Nans Peters (AG2R Citroën Team), Pascal Eenkhoorn (Jumbo-Visma), Mathieu van der Poel (Alpecin-Fenix), Thomas De Gendt (Lotto Soudal), Christopher Juul-Jensen (BikeExchange – Jayco) e Mark Cavendish (Quick-Step Alpha Vinyl).
Nella lunghissima salita verso Goletto di Cadino ci sono diversi movimenti e alla fine si forma un nutrito gruppo in avanscoperta, composto da Guillaume Martin (Cofidis), Alejandro Valverde (Movistar), Jan Hirt (Intermarché – Wanty – Gobert Matériaux), Wilco Kelderman (BORA – hansgrohe), Thymen Arensman (Team DSM), Giulio Ciccone (Trek – Segafredo), Hugh Carthy (EF Education-EasyPost), Lorenzo Fortunato (Eolo-Kometa), Simon Yates (BikeExchange – Jayco), Lennard Kämna (BORA – hansgrohe), Koen Bouwman (Jumbo-Visma), Lorenzo Rota (Intermarché – Wanty – Gobert Matériaux), Mauri Vansevenant (Quick-Step Alpha Vinyl), Davide Formolo (UAE), Wouter Poels (Bahrain – Victorious), Filippo Zana (Bardiani-CSF-Faizanè), Sylvain Moniquet (Lotto Soudal), Dario Cataldo (Trek – Segafredo) e Christopher Juul-Jensen (BikeExchange – Jayco), oltre ai già citati Peters ed Eenkhoorn.
Cataldo fa un ottimo lavoro per Ciccone, tirando sostanzialmente su tutta la salita, ma il gruppo non sembra intenzionato a concedere un vantaggio significativo, anche perché la presenza di uomini come Martin e Kelderman consiglia prudenza.
Il ritmo di Cataldo fa diverse vittime prima del GPM e, mentre qualcuno riesce a rientrare in discesa, altri vengono ripresi dal gruppo.
Kelderman fora in un punto in cui non può avere l’assistenza dell’ammiraglia e deve affidarsi al cambio ruote, vendendo così raggiunto da Bais, che aveva perso contatto in salita. I due procedendo regolari riescono a riportarsi sulla testa della corsa.
Nel tratto di falsopiano salta l’accordo e si avvantaggiano Alejandro Valverde, Arensman, Kämna, Bouwman, Rota, Christopher Hamilton (Team DSM), Poels e Cataldo, sorprendendo i compagni di avventura.
La Trek decide di fermare Cataldo per aspettare Ciccone, che è rimasto nel gruppetto inseguitore. L’abruzzese riesce a ridurre solo di pochi secondi lo svantaggio e a questo punto, sulle rampe del Mortirolo, Ciccone, Carthy e Hirt che di rientrare sui battistrada. Ma Ciccone non ha le energie e, proprio quando aveva i battistrada a vista, cede mentre gli altri due riescono a riportarsi sul gruppo di testa.
Nel frattempo, nel tratto di falsopiano che precedeva il Mortirolo il gruppo si era rilassato e il vantaggio era arrivato a superare i cinque minuti. Lungo la salita Nibali mette la squadra davanti e il gruppo maglia rosa comincia a perdere pezzi, ma non a guadagnare sui battistrada. Inizia a farsi strada l’idea che qualche componente della fuga possa andare all’arrivo.
Nella discesa Pozzovivo finisce in terra e dovrà faticare molto per rientrare, un dispendio di energie che gli presenterà il conto sulle rampe del Santa Cristina.
Nibali, nel tratto tecnico, si avvantaggia sugli altri. Più che a un vero e proprio attacco, il vantaggio accumulato sembra essere stato determinato da una migliore attitudine alla discesa e alla scelta delle traiettorie da parte del siciliano, anche perché obiettivamente non era possibile andare da solo a riprendere i vari gruppetti davanti, che avevano ancora un buon vantaggio. Al termine del tratto tecnico, infatti, rientrano un po’ tutti sul siciliano.
Ciccone attende gli altri componenti del gruppetto inseguitore – ossia Hamilton, Fortunato, Kelderman, Martin, Vansevenant e Yates – che non erano riusciti a seguire il terzetto che l’abruzzese aveva in un primo tempo formato con Hirt e Carthy. Così si riforma un gruppo di contrattaccanti che, però, continua a perdere terreno rispetto agli uomini in testa alla corsa.
Nella salita verso Teglio Bouwman si rialza e, dopo aver intascato l’abbuono del traguardo volante, si lascia riprendere dal gruppo. Anche il gruppetto degli inseguitori di Ciccone molla, dopo aver capito che davanti ne hanno di più.
Dopo la discesa da Teglio, è Kamna a provare l’azione solitaria, la sua pedalata è buona e il vantaggio arriva molto vicino al minuto. Dietro il gruppo maglia rosa si assottiglia sempre di più, mentre la Bahrain prende in mano le operazioni d’inseguimento e il distacco continua a diminuire.
Quando si lascia la strada dell’Aprica per prendere il tratto finale del Santa Cristina, nel gruppo maglia rosa ci sono Richard Carapaz ( NEOS Grenadiers), Jai Hindley (BORA – hansgrohe), João Almeida (UAE), Mikel Landa (Bahrain – Victorious), Domenico Pozzovivo (Intermarché – Wanty – Gobert Matériaux), Pello Bilbao (Bahrain – Victorious), Vincenzo Nibali (Astana), Santiago Buitrago (Bahrain – Victorious), Pavel Sivakov (INEOS Grenadiers), Richie Porte (INEOS Grenadiers) e Poels.
Davanti prima Arensman e poi Hirt accelerano per inseguire Kamna, che comincia ad accusare la fatica. Appena raggiunto il corridore della Bora Aresman riparte a tutta, ma Hirt non si fa sorprendere e continua con il ritmo, sino a staccare Aresman che aveva esagerato.
Dietro, terminato il lavoro della Bahrain, Landa prova ad accelerare, ma non imprime un vero cambio di ritmo e non dà la classica rasoiata da scalatore. Con lui rimangono agevolmente Hindley e Carapaz, mentre Nibali e Almeida restano leggermente staccati.
Il portoghese, con la sua solita tattica, riesce ad andare in progressione e a non perdere il contatto visivo, mentre Nibali sale di testa e di esperienza, ma il fisico non è quello dei giorni migliori. La difesa è comunque buona, ma il ritmo di Almeida – che è regolare ma sempre a crescere – è eccessivo per il siciliano.
I tre davanti sembrano temersi e, nonostante Hindley provi un paio di accelerate, non viene data continuità all’azione e il terzetto scollina compatto, mentre Hirt – che ha ormai staccato Aresman – ha qualche problema su una discesa che si presenta leggermente bagnata a causa della pioggia che comincia a cadere sulla corsa.
Hirt, nonostante i rischi, riesce comunque a cavarsela ed a vincere la tappa, mentre Aresman – giunto a pochi secondi – sembra piuttosto contrariato per la sconfitta.
Dietro, insieme al terzetto dei big, c’è anche Valverde, da poco ripreso. La volata che vale il terzo posto è affare tra il primo ed il secondo della classifica generale, con quest’ultimo che, riuscendo a vincere lo sprint, si porta a soli tre secondi dalla maglia rosa. Almeida perde solo 14 secondi, riuscendo a mantenere la terza posizione per 15 secondi su Landa. Quinto è Nibali, che ha 3 minuti e 40 secondi di ritardo.
Stando così le cose il Giro sembra ormai affare per i primi quattro.
Landa dovrebbe essere più spregiudicato, lui è sempre stato uomo adatto ad attaccare da lontano ed è anche il meno attrezzato in caso di distacchi minimi nella cronometro finale.
Il Santa Cristina è una salita su cui si può far male se si è fatta corsa dura prima e se si va su decisi. Del resto chi ha buona memoria ricorda che Pantani inflisse un distacco di 3 minuti e mezzo a Indurain in soli quattro chilometri di salita proprio grazie al fatto che aveva fatto corsa dura sin dal Mortirolo.
Ora, è vero che Pantani è stato un fuoriclasse e ha corso in un’altra epoca, tuttavia Landa non ha molte alternative se vuole cercare di vincere il Giro e non può certo aspettare che Carapaz, Hindley e Almeida vadano in crisi.
Hindley ha dimostrato di tenere sulle tre settimane, ma ha anche già perso un Giro in una breve cronometro finale e siamo certi che non voglia ripetere l’esperienza.
Carapaz, dal canto suo, non può dormire sonni tranquilli con Hindley a tre secondi, senza dimenticare che Almeida è un cronoman, anche se i 17 chilometri a disposizione l’ultimo giorno a Verona sembrano pochi per recuperare un gap che, anche se di poco, potrebbe aumentare nelle prossime tappe.
Insomma tutto rimandato.
La speranza è che, nelle prossime giornate, i big tentino di inventarsi qualcosa e che il drittone che da Malga Ciapela porta ai piedi della Marmolada con pendenze terribili sia solo l’ultimo teatro di una sfida che non è tuttavia ancora entrata nel vivo.
Benedetto Ciccarone

La vittoria del ceco Hirt all'Aprica (foto Michael Steele/Getty Images)
24-05-2022
maggio 24, 2022 by Redazione
Filed under Ordini d'arrivo
GIRO D’ITALIA
Il ceco Jan Hirt (Intermarché-Wanty-Gobert) si è imposto nella sedicesima tappa, Salò – Aprica, percorrendo 202 Km in 5h40′45″, alla media di 35.569 Km/h. Ha preceduto di 7″ l’olandese Thymen Arensman (Team DSM) e di 1′24″ l’australiano Jai Hindley (BORA-hansgrohe). Miglior italiano Vincenzo Nibali (Astana Qazaqstan Team), 9° a 2′06″. L’ecuadoriano Richard Carapaz (INEOS Grenadiers) è ancora maglia rosa con 3″ su Hindley e 44″ sul portoghese Joao Almeida (UAE Team Emirates). Miglior italiano Nibali, 5° a 3′40″
TOUR OF NORWAY
Il belga Remco Evenepoel (Quick-Step Alpha Vinyl Team) si è imposto nella prima tappa, Bergen – Voss, percorrendo 173.6 Km in 4h21′31″, alla media di 39.83 Km/h. Ha preceduto allo sprint il norvegese Tobias Halland Johannessen e di 2″ lo spagnolo Eduard Prades (Caja Rural-Seguros RGA). Miglior italiano Gianluca Brambilla (Trek-Segafredo), 7° a 5″. Evenepoel è il primo leader della classifica con 4″ su Halland Johannessen e 8″ su Prades. Miglior italiano Brambilla, 7° a 15″
INTERNATIONALE LOTTO THÜRINGEN LADIES TOUR
L’australiana Alexandra Manly (Team BikeExchange-Jayco) si è imposta nella prima tappa, circuito di Hof, percorrendo 93.8 Km in 2h32′27″, alla media di 36.917 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’olandese Femke Markus (Parkhotel Valkenburg) e l’italiana Silvia Zanardi (BePink). La Manly è la prima leader della classifica con 7″ sulla Markus e 9″ sulla Zanardi
VINO & MONTAGNE, C’È DA PERDERSI…
È il giorno del tappone principe del percorso del Giro 2022. Goletto di Cadino, Mortirolo e Santa Cristina nobilitano una frazione nella quale s’inserisce – apparentemente come intrusa – la piccola salita di Teglio, dotata però di pendenze feroci. Oggi si possono ribaltare le sorti della Corsa Rosa e ancora non è finita perché l’indomani è prevista un’altra dura tappa di montagna.
È dal 2014 che il Giro ha introdotto nel suo tracciato le “wine stage”, tappe interamente dedicate a uno dei numerosi vini prodotto nella nostra nazione. Finora queste giornate, con un paio di eccezioni (la tappa disputata in Franciacorta nel 2018 e terminata allo sprint e quella degli sterrati di Montalcino lo scorso anno), sono state abbinate a frazioni a cronometro e nel 2022 per la prima volta avrà questo speciale marchio una tappa di montagna. È il connubio perfetto perché in montagna il vino è una componente fondamentale della vita delle genti contadine, utile per dare vigore prima e dopo una giornata di lavoro sui campi o per fornire riscaldamento in quelle più rigide. E la terra dove più forte il legame tra vino e montagna è la Valtellina, da sempre teatro di tappe appassionanti e decisive per le sorti della Corsa Rosa, che quest’anno ha scelto di legare il suo nome a quello dello Sforzato, vino che nel 2003 è stato il primo passito ad aver faticosamente raggiunto il traguardo della DOCG, la denominazione di origine controllata e garantita. Ed è garantito anche che quella che lo celebrerà sarà una tappa fondamentale sulla strada per Verona, frazione più dura tra le ventuno che compongono il mosaico del Giro 2022, forte della presenza di tre storiche ascese della corsa, il Goletto di Cadino, il Passo del Mortirolo e il Valico di Santa Cristina, anche se un bel peso potrebbe averlo anche l’apparentemente più defilata salita di Teglio, inserita all’inizio del tratto nel quale i “girini” si troveranno a pedalare ripidamente tra i vigneti che danno lo “Sfursat”. Alla fine di questa tappa la classifica ordine d’arrivo e classifica potrebbero per davvero dare i numeri e noi cominciamo subito con il fornirvi quelli dei dati tecnici di questa tappa, sulla quale peserà come una spada di Damocle il giorno di riposo trascorso dopo la frazione di Cogne, spesso indigesto: oggi in 202 Km si dovranno superare quasi 5230 metri di dislivello complessivo mentre le quattro salite ufficiali (conteggiando anche Teglio, che non sarà GPM) messe in fila porteranno oggi i “girini” ad affrontare quasi 50 Km d’ascesa, la cui pendenza media “globale” risulta del 7.5%. E non dimentichiamo che il giorno dopo si dovrà disputare un’altra dura tappa di montagna, fatto che potrebbe portare i corridori che puntano alla maglia rosa oggi a una condotta di gara prudente.
Si partirà dalle rive del lago di Garda con un lungo tratto di trasferimento verso il “chilometro 0”, una decina di chilometri nei quali il gruppo risalirà fuori gara il tratto iniziale della Val Sabbia, terra del quale è originario Sonny Colbrelli il quale immaginiamo – se non gli farà troppo male al “cuore” – scenderà dalla sua Casto alla strada sulla quale staranno pedalando i suoi colleghi. A quel punto la tappa sarà partita ufficialmente da una dozzina di chilometri e si starà pedalando ancora in pianura in direzione del Lago d’Idro, costeggiato sul lato verso il quale troneggiano le strutture della Rocca d’Anfo, complesso di fortificazioni eretto nel XV secolo dalla Repubblica di Venezia, utilizzate nel corso dei secoli anche come carcere e deposito di munizioni. Non è ancora il momento di sfoderare le armi, anche se a breve si giungerà ai piedi della prima delle tre grandi salite di giornata. Attraversato il centro di Bagolino – conosciuto per il formaggio bagòss e per le particolari manifestazioni che qui si tengono in occasione del Carnevale fin dal XVI secolo – si andrà all’attacco del versante orientale del Goletto di Cadino, ascesa che il Giro ha inserito nel percorso con il “contagocce” (cinque passaggi tra il 1970 e il 1998) ma che ha spesso fatto tribolare grandi campioni: Eddy Merckx ci passò un momentaccio nel corso della tappa di Folgaria del Giro del 1970 e si salvò perché nessuno ne approfittò; peggio andò a Bernard Hinault nel 1982 quando, salendo dallo stesso versante di quest’anno (19 Km al 6.2% per arrivare fin quasi a quota 2000 metri), fu messo alla frusta da Lucien Van Impe e da Silvano Contini, che quel giorno riuscì a portargli via quella maglia rosa che il francese si riprenderà con gli interessi ventiquattrore più tardi sullo storico traguardo di Montecampione. Superata la prima difficoltà di giornata il gruppo si lancerà giù per il più impegnativo tra i due versanti del Goletto, che in poco più di 20 Km plana verso Breno, cittadina che funge da “cerniera” tra la bassa e la media Val Camonica, un luogo un tempo strategico come ci ricordano i resti del soprastante castello, del quale sono giunti ai giorni nostri due torri, le mura di cinta e parte di una chiesetta intitolata a San Michele.
La prossima meta del gruppo sarà il Mortirolo e per giungere ai suoi piedi bisognerà percorrere il secondo dei tre tratti di trasferimento di questa frazione, una trentina di chilometri da pedalare sul fondovalle della Valcamonica in condizione di lieve e costante falsopiano ascendente. In questo tratto si toccherà una delle località più visitate della valle, Capo di Ponte, che attira turisti da tutto il mondo per il Parco Nazionale delle Incisioni Rupestri di Naquane, “griffato” UNESCO, ma che merita la sosta per ammirarvi anche l’antica la Pieve di San Siro e il Monastero di San Salvatore. Giunti a Edolo ecco l’appuntamento con il Mortirolo, meno temibile del solito perché si salirà dal versante meno impegnativo, che comunque non è una passeggiata perché sono 13 Km d’ascesa al 7.5%. Per intenderci è lo stesso lato del “mostro” che fu affrontato nel 2017 – durante la tappa di Bormio vinta da Nibali – e il 3 giugno del 1990, quando per la prima volta fu inserito nel percorso della Corsa Rosa un valico il cui nome era già scritto sui libri di storia. Nella piana sottostante il passo, infatti, nell’aprile del 1945 si svolsero due battaglie che contrapposero partigiani e truppe formate da fascisti e tedeschi in ritirata, ma già nel 773 quella era stata terra di scontri quando, secondo una leggenda, Carlo Magno sfidò l’esercito longobardo.
Per evitare in discesa le tremende pendenze verso Mazzo, come nella tappa del Giro 2017 si percorrerà il versante nord orientale che scende in direzione di Grosio, dove i corridori imboccheranno l’ultimo tratto intermedio, esattamente speculare a quello percorso in precedenza, stavolta filando in lieve discesa verso Tirano e transitando ai piedi della rupe tra Grosio e Grosotto sulla quale sono state rinvenute negli anni ’60 interessanti incisioni rupestri, “parenti” di quelle più celebri della Valcamonica, per le quali è stato realizzato un apposito parco, istituito anche per salvaguardare due antichi castelli.
Lambita la mole del santuario rinascimentale della Madonna di Tirano, costruito sull’orto nel quale la Vergine Maria era apparsa nel 1504 al contadino Mario Omodei, si entrerà nelle terre di produzione della “Sforzato” e gli “sforzi” da qui all’arrivo non mancheranno. Ancora qualche chilometro tranquillo e dopo un ultimo tratto di pianura si andrà a imboccare la salita diretta a Teglio, i cui 851 metri di quota la fanno sembrare una “nanerottola” rispetto alle più elevate ascese del Goletto (1938 metri), del Mortirolo (1854 metri) e del Santa Cristina (1448 metri). Ma si tratta di un nano con i denti ben affilati perché non si salirà dal versante più tradizionale ma da uno secondario che presenta i connotati del muro e una carreggiata notevolmente ristretta: hanno una media del 10,2% i 3 Km centrali di una salita che complessivamente misura 5 Km (media dell’8.7%) e ha come meta l’antico capoluogo della Valtellina, oggi più conosciuto come patria dei pizzoccheri e per i suoi monumenti come l’antico Palazzo Besta e la torre detta “de li beli miri” per le viste che offre sulla valle. Poco dopo esser usciti da Teglio si abbandonerà la “Strada Panoramica del Castelli”, itinerario che si spinge fino a Sondrio sgusciando tra vigneti e meleti, per raggiungere Tresenda seguendo ancora una volta un versante secondario, terminato il quale i “girini” si troveranno ai piedi del Valico di Santa Cristina. Non è una novità per la Corsa Rosa, ma per la prima volta nella storia sarà affrontato in maniera “totale” poiché nei precedenti si percorse – arrivati in discesa dall’Aprica – solo il tratto conclusivo, quello più duro. In tutto saranno quasi 13 Km all’8.1%, numeri che possono chiedere un salato conto al termine della tappa più difficile del Giro 2022. Finché si rimarrà sullo stradone diretto all’Aprica, nei primi 6 Km, s’incontreranno inclinazioni nella norma (media del 6.4%), poi la musica cambierà diametralmente quando ci s’infilerà nel budello diretto al passo, con la pendenza media che si schizza al 10.2% negli ultimi 6500 metri. È lassù che, nella storica tappa del Giro del 1994, Marco Pantani si sbarazzò per la seconda volta dei grandi “big” al via della corsa dopo averli già staccati sul Mortirolo ed essersi fatto raggiungere nel corso dell’ascesa da Edolo verso l’Aprica. Indurain raccontò d’aver provato a inseguire il romagnolo, ma fu immediatamente ricacciato indietro e lo sforzo fu tale da appannargli da vista…. E ben poco potranno contribuire a snebbiare i sensi dei corridori in malcapitata crisi i 6 Km del tuffo finale verso Aprica, dove riassaporare la leggenda del Pirata tentando di emularne l’eroiche gesta. Ci sarà ancora il rischio di perdersi nella nebbia…. e non sarà solo quella dovuta ad abbondanti libagioni a base di “Sfursat” e degli altri prelibati vini della Valtellina.
I VALICHI DELLA TAPPA
Goletto Gavero (1783 metri). Valicato lungo la salita al Goletto di Cadino da Bagolino, è quotato 1795 metri sulle cartine del Giro 2022, dove è chiamato con il nome di Goletto di Gaver.
Goletto di Cadino (1938 metri). Vi transita la Strada Provinciale 669 “del Passo di Crocedomini” tra Bagolino e Breno. Il Giro l’ha inserito sei volte nel suo tracciato, anche se solo in cinque occasioni si è riusciti ad affrontare questa salita perché nel 1978 l’organizzazione fu costretta dalla neve a modificare il percorso della Mezzolombardo-Sarezzo togliendo quello che all’epoca era segnalato sulle cartine con il nome di Passo di Croce Domini, valico che in realtà viene attraversato nel corso della discesa verso Breno, un chilometro dopo aver raggiunto la cima del Goletto. Il primo corridore a domare questa salita fu il belga Martin Van Den Bossche nel corso della Zingonia – Malcesine del 1970, vinta dal pesarese Enrico Paolini. Questa fu anche l’unica volta che si salì dal versante di Breno, il più impegnativo, mentre quello di Bagolino fu affrontato per la prima volta nel 1976 durante la Terme di Comano – Bergamo, vinta tra i tifosi di casa da Felice Gimondi dopo che sul Goletto era transitato in testa lo spagnolo Andrés Oliva. Nella Fiera di Primiero – Boario Terme, la citata tappa della crisi di Hinault del 1982, fece un en plein quasi perfetto il belga Lucien Van Impe, GPM e tappa, mentre come ricordavamo la maglia rosa passò temporaneamente dalle spalle del francese a quelle del varesino Silvano Contini. Bisognerà poi attendere 15 anni per rivedere il Giro su quella strada, quando per la prima (e finora unica) volta sarà un corridore italiano a transitare in testa al Goletto: sarà Gianni Bugno, oramai nella parabola discendente della sua carriera (si ritirerà l’anno successivo), poi sul traguardo della Malè-Edolo s’imporrà il russo Pavel Tonkov, grande sconfitto di quell’edizione della Corsa Rosa, secondo a Milano con 1’27” di ritardo da Ivan Gotti. L’anno dopo, infine, sarà lo svedese Niklas Axelsson a conquistare il Goletto di Cadino nella storica Cavalese – Plan di Montecampione, la tappa dell’impresa di Marco Pantani con Tonkov ancora nei panni del grande sconfitto.
Passo di Croce Dominii (1892 metri). Valicato dalla Strada Provinciale 345 “delle Tre Valli” tra Breno e Collio, è anche uno dei “capolinea” della Strada Provinciale 669 “del Passo di Crocedomini”. Erroneamente è più conosciuto come “Passo di Croce Domini” (o anche Crocedomini) in quanto il termine più utilizzato ha un diverso significato: “Croce Domini” significa “Croce del Signore” mentre il più corretto “Croce Dominii” vuol dire “Croce dei Domini” perché qui un tempo passava il confine tra i territori della Serenissima e del principato vescovile di Trento.
Sella di Breno (342 metri). Vi sorge l’omonimo centro.
Passo della Foppa (1852 metri). È il valico comunemente identificato come Mortirolo, attraversato dalla strada provinciale che mette in comunicazione Monno con Grosio e Mazzo di Valtellina. Sulle cartine del Giro è quotato 1854 metri. In realtà, il vero Mortirolo si trova a breve distanza dal valico stradale. Anzi, ne esistono due, il Passo del Mortirolo-Nord e il Passo del Mortirolo-Sud, entrambi alti 1896 metri: il primo si trova a nord est della Foppa ed è raggiunto da una strada sterrata a fondo cieco che si stacca dal tratto terminale del versante bresciano; il valico sud, invece, è toccato dalla strada di cresta asfaltata che permette di raggiungere il Mortirolo direttamente dall’Aprica, passando per Trivigno. Il Giro vi è finora salito quattordici volte e gli “eroi” di quest’ascesa sono stati, in rigoroso ordine d’apparizione, il venezuelano Leonardo Sierra nel 1990 (tappa Moena – Aprica, vinta dallo stesso corridore), Franco Chioccioli nel 1991 (Morbegno – Aprica, identico vincitore), Pantani nel citato precedente del 1994, Gotti nel 1996 (Cavalese – Aprica, idem), Wladimir Belli nel 1997 (Malè – Edolo, primo Tonkov), ancora Gotti nel 1999 (Madonna di Campiglio – Aprica, primo al traguardo lo spagnolo Roberto Heras), Raffaele Illiano nel 2004 (Bormio – Presolana, primo Stefano Garzelli), Ivan Basso nel 2006 (Trento – Aprica, idem), lo spagnolo Antonio Colom nel 2008 (Rovetta – Tirano, vinta da Emanuele Sella), nuovamente Basso nel 2010 (Brescia – Aprica, vinta da Michele Scarponi), l’elvetico Oliver Zaugg nel 2012 (Caldes – Passo dello Stelvio, vinta dal belga Thomas De Gendt), l’olandese Steven Kruijswijk nel 2015 (tappa Pinzolo – Aprica, vinta dallo spagnolo Mikel Landa), lo spagnolo Luis Léon Sanchez nel 2017 (tappa Rovetta – Bormio, vinta da Vincenzo Nibali) mentre l’ultimo eroe del Mortirolo è stato Giulio Ciccone, in occasione della tappa Lovere – Ponte di Legno vinta dallo stesso scalatore abruzzese nel 2019.
Sella di Teglio (851). Non citata sul testo di riferimento, è costituita dalle prime pendici delle Alpi Retiche e dall’elevazione sulla quale sorge la torre “de li beli miri”. Vi sorge l’omonimo abitato. Il Giro vi è transitato in due tre occasioni. La prima volta, nel 1991, ci fu semplicemente un traguardo volante Intergiro in vetta (si saliva dal versante più facile, quello di Chiuro) durante la tappa Morbegno – Aprica, vinta da Franco Chioccioli, sprint finito nel palmarès del veneto Massimo Ghirotto . Nel 2012 si saliva dallo stesso ripido versante di quest’anno e Matteo Rabottini conquistò il GPM durante la Caldes – Passo dello Stelvio, vinta dal belga Thomas De Gendt. Infine nel 2015, dal versante di Tresenda, è stato Giacomo Berlato a transitare in testa nel centro di Teglio nei chilometri iniziali della Tirano – Lugano, terminata allo sprint con il successo di Sacha Modolo.
Valico di Santa Cristina (1427 metri). Quotato 1448 sulle cartine del Giro 2022, si trova nei pressi della congiunzione delle strade che salgono a Trivigno da Tresenda e dall’Aprica. Il Giro l’ha affrontato tre volte come GPM, sempre in abbinamento al Mortirolo e sempre in occasione di frazioni terminate nella vicina Aprica. Anche per questo motivo l’uomo primo al comando sul GPM è risultato poi il vincitore della tappa: Chioccioli nel 1991 (il primo anno si salì dal più facile versante di Edolo, tappa Morbegno – Aprica), Pantani nel 1994 (Merano – Aprica) e lo spagnolo Heras nel 1999 (Madonna di Campiglio – Aprica). Dal Santa Cristina si transitò anche nel 2010, prolungando successivamente l’ascesa fino a Trivigno, dove scollinò per primo il colombiano Leonardo Fabio Duque; la tappa, Brescia – Aprica, terminò con il successo dell’indimenticato Michele Scarponi.
Passo di Aprica (1113 metri). Ampia sella pianeggiante, lunga quasi 3 Km, che mette in comunicazione la Valtellina con la Valcamonica tramite la Valle di Corteno. È valicato dalla Strada Statale 39 “dell’Aprica” e vi sorge l’omonima stazione di sport invernali, costituita dai tre nuclei di Madonna, Mavigna e San Pietro. Quotata 1173 sulle cartine del Giro 2022, è stata affrontata alla corsa rosa 13 volte come GPM, una come traguardo volante Intergiro (nel 1992, tappa Palazzolo sull’Oglio – Sondrio, vinta da Marco Saligari che transitò in testa anche sul valico) e due come traguardo di tappa senza gran premio (nel 2006, quando Ivan Basso s’impose in rosa nella Trento – Aprica, e al termine della Brescia – Aprica del 2010, vinta da Scarponi). Il primo a transitare in testa sotto lo striscione GPM è stato Fausto Coppi nel corso della Locarno – Brescia del Giro del 1950, vinta da Luciano Maggini. In seguito hanno conquistato questo traguardo Vittorio Adorni nel 1962 (tappa Moena – Aprica), Bruno Vicino nel 1979 (Trento – Barzio, vinta da Amilcare Sgalbazzi), lo svizzero Stefan Joho nel 1988 (la mitica tappa Chiesa Valmalenco – Bormio con il Gavia affrontato con la neve, vinta dall’olandese Erik Breukink), il venezuelano Sierra nel 1990 (Moena – Aprica), Gotti nel 1996 (Cavalese – Aprica), Mariano Piccoli nel 2000 (Bormio – Brescia, vinta da Biagio Conte), Emanuele Sella nel 2008 (Rovetta – Tirano, vinta dallo stesso corridore), l’ucraino Yuriy Krivtsov nel 2010 (passaggio intermedio nella citata tappa Brescia – Aprica), lo spagnolo Pablo Lastras Garcia nel 2011 (Feltre – Tirano, vinta da Diego Ulissi), Matteo Rabottini nel 2012 (Caldes – Passo dello Stelvio, vinta da De Gendt), il canadese Ryder Hesjedal e lo spagnolo Mikel Landa nella Pinzolo – Aprica del 2015 che prevedeva due passaggi sul passo. L’ultima volta, nel 2017, l’Aprica fu relegata a un ruolo marginale, inserita subito dopo la partenza della poco impegnativa frazione di trasferimento Tirano – Canazei, vinta in fuga dal francese Pierre Rolland, che era transitato in testa anche sul GPM inserito a inizio tappa.
Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).
Mauro Facoltosi

I vigneti dello Sforzato e l’altimetria della sedicesima tappa (www.beverfood.com)
CIAK SI GIRO
La partenza dal Lago di Garda ci offre l’occasione per ricordare una grandissima esponente del cinema italiano recentemente scomparsa, Lina Wertmüller. La celebre regista romana con origini lucano-elvetiche, nel 2020 premiata con l’Oscar alla carriera, era celebre per aver diretto film dai titoli chilometrici, al punto che uno di essi è pure finito nel Guinness dei Primati: è la pellicola che in Italia è uscita come “Fatto di sangue fra due uomini per causa di una vedova. Si sospettano moventi politici”, ma che secondo le intenzioni originarie si sarebbe dovuto chiamare “Un fatto di sangue nel comune di Siculiana fra due uomini per causa di una vedova. Si sospettano moventi politici. Amore-Morte-Shimmy. Lugano belle. Tarantelle. Tarallucci e vino”. Tra queste pellicole dai titoli “fiume” ce n’è una per la quale la Wertmüller scelse il Garda per girarvi scene che nella finzione sono ambientate nella fittizia Isola di Marascosa, in Sardegna. È “Notte d’estate con profilo greco, occhi a mandorla e odore di basilico” del 1986, nella quale l’indimenticata Mariangela Melato interpreta Fulvia Block, ricca manager che viene sequestrata dal brigante sardo Beppe Catanìa (Michele Placido). Se le scene del sequestro furono effettivamente girate in Sardegna – il Catanìa vive presso la celebre Roccia dell’Orso di Palau – per la villa in Sardegna della Block si assiste a un vero e proprio “coup de théâtre”: quella che si vede nel film è la spettacolare Villa Cavazza Borghese, realizzata alla fine del XIX secolo in stile neogotico-veneziano sull’Isola di Garda, piccola “perla” del Benaco che solo nel 2002 ha dischiuso le sue porte ai turisti.

Villa Cavazza sull'Isola di Garda inquadrata nel film "Notte d'estate con profilo greco, occhi a mandorla e odore di basilico" (www.davinotti.com)
Cliccate qui per scoprire le altre location del film
FOTOGALLERY
Salò
Lago d’Idro
Rocca d’Anfo
Lo scollinamento del Goletto di Cadino
Castello di Breno
Pieve di San Siro, Capo di Ponte
Passo del Mortirolo
Uno dei due castelli situati sulla rupe tra Grosio e Grosotto
Santuario della Madonna di Tirano
Teglio, Torre “de li beli miri”
Scollinamento del Valico di Santa Cristina
Il passo dell’Aprica visto dal tratto finale della discesa dal Santa Cristina
GIRO 2022 – LE PAGELLE DELLA SECONDA SETTIMANA
maggio 23, 2022 by Redazione
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Ecco le pagelle della seconda settimana, che vedono ancora il velocista francese Arnaud Démare rivestire il ruolo di primo della classe. Alle sue spalle scalpita la maglia rosa Richard Carapaz
ARNAUD DEMARE: Il velocista della Groupama – FDJ continua a macinare vittorie. Dopo la beffa subita da Dainese si prende la rivincita il giorno successivo mettendo in chiaro ancora una volta che il re delle volate è lui. Resta saldamente in testa anche nella classifica a punti. VOTO: 8
RICHARD CARAPAZ: Il corridore della INEOS – Grenadiers gestisce la corsa senza aver ancora lasciato il segno con la sua zampata. Tappa dopo tappa ha rosicchiato terreno fino a spodestare Lopez per prendersi il primato nella classifica generale. VOTO: 7,5
JAY HINDLEY: Dopo la vittoria sul Blockhaus l’australiano si conferma ad alti livelli sulle strade montane del Giro d’Italia restando in piena lotta per il podio finale. VOTO: 7
BINIAM GIRMAY: Dopo vari piazzamenti il ciclista eritreo riesce a trovare lo spunto giusto battendo in un duello all’ultima pedalata Van der Poel ed entrando nella storia come primo ciclista di colore a vincere una tappa di un grande giro Non essendo abituato a festeggiare si fa beffare dal tappo dello spumante, che lo costringe al ritiro. VOTO: 7
ALBERTO DAINESE: Il giovane corridore del Tem DSM toglie il coniglio dal cilindro in occasione dell’arrivo in volata nell’undicesima tappa, quella di Reggio Emilia, dove rompe il digiuno degli italiani nelle vittorie di tappa in questa edizione del Giro d’Italia. VOTO: 7
JUAN PEDRO LOPEZ: Dopo aver difeso la maglia rosa per ben dieci tappe si arrende alle accelerazioni di Yates e Carapaz. Resta in corsa per un posto nella top ten della classifica generale. VOTO: 6,5
STEFANO OLDANI: Il giovane milanese della Alpecin-Fenix riesce a trovare la fuga giusta a Genova. Non poteva scegliere una prima vittoria da professionista migliore di questa. VOTO: 6,5
GIULIO CICCONE: Con la vittoria a Cogne salva il suo Giro d’Italia, anche se ormai esce ridimensionato per quanto riguarda il discorso classifica generale. VOTO: 6,5
KOEN BOUWMAN: Il corridore della Jumbo-Visma riesca a conquistare la leadership della classifica degli scalatori, tra lui e Diego Rosa si annuncia un bel duello nelle ultime tappe. VOTO: 6,5
SIMON YATES: L’uscita dalla lotta per la maglia rosa aveva lasciato il segno, metabolizzato cio’ ritorna a dar spettacolo come lui sa fare andando a vincere la tappa più bella fino a questo momento del Giro d’Italia 2022, quella di Torino. VOTO: 6,5
PELLO BILBAO: Dopo la caduta sul Blockhaus recupera terreno e zitto zitto con la sua regolarità scavalca posizioni in classifica generale fino ad arrivare a ridosso della top five. VOTO: 6,5
BAUKE MOLLEMA: L’olandese entra sempre nelle fughe di giornata ma non riesce a reggere il ritmo dei compagni di avventura. VOTO: 6
JOAO ALMEIDA: Un gradino sotto Carapaz quando la strada sale, sul Colle della Maddalena si fa trovare incredibilmente impreparato. Ma il portoghese non molla mai e resta sempre un avversario temibile in vista dell’ultima settimana. VOTO: 6
VINCENZO NIBALI: Tra gli alti e bassi nella prima settimana, lo Squalo ritorna ad essere competitivo in montagna come gli anni passati e scala posizioni su posizioni in classifica generale. VOTO: 6
WILCO KELDERMANN: Il corridore della Bora-Hansgrohe non riesce a far classifica e non trova nemmeno lo spunto giusto quando va in fuga, ma si riscatta quando veste i panni da gregario per Hindley. VOTO: 6
MARK CAVENDISH: L’esperto corridore britannico paga un po’ di affaticamento in questa seconda settimana, stanchezza che gli fa perdere la giusta lucidità nei momenti clou delle volate. VOTO: 5,5
GIACOMO NIZZOLO: Il velocista italiano della Israel – Premier Tech soffre tremendamente nelle volate della seconda settimana. VOTO: 5
LORENZO FORTUNATO: Lo scalatore della Eolo – Kometa non riesce a lasciare il segno. Ci proverà sicuramente nell’ultima settimana, ma fino ad adesso prestazioni insufficienti. VOTO: 5
SAM OOMEN: Un Giro d’Italia senza acuti. Lo aspettiamo nella terza settimana. VOTO: 5
HUGH CARTHY: Il passista-scalatore della EF Education-EasyPost non riesce a far classifica ed è sempre lontano dal vincere una tappa. VOTO: 5
Luigi Giglio

Arnaud Demare in maglia ciclamino (Getty Images)
QUARTIERTAPPA: DALLA SEDE DI COGNE
maggio 23, 2022 by Redazione
Filed under Approfondimenti
Ecco il tradizionale contenitore made ne ilciclismo.it che da diverse stagioni accompagna le cronache prima del Giro e poi del Tour. All’interno ritroverete le rubriche riservate alla rassegna stampa internazionale, alla colonna sonora del giorno, alle previsioni del tempo per la tappa successiva, alle “perle” dei telecronisti, al Giro d’Italia rivisto alla “rovescia” e al ricordo di un Giro passato (quest’anno rivisiteremo l’edizione del 1962 a 60 anni dalla prima delle due vittorie consecutive di Franco Balmamion)
SALA STAMPA
Italia
Giro d’Italia: Ciccone scatenato, vola in solitaria e trionfa a Cogne
Gazzetta dello Sport
Ungheria
Rácáfolt Valter Attilára, eldobta a szemüvegét és zokogott
Magyar Nemzet
GRAN BRETAGNA
Giulio Ciccone escapes to seal Alpine stage win as Richard Carapaz retains leader’s jersey at Giro d’Italia
The Daily Telegraph
FRANCIA
Un sacré numéro de Ciccone
L’Équipe
SPAGNA
La ley del conformismo
AS
PORTOGALLO
Ciccone vence 15.ª etapa, Carapaz reforça liderança no Giro
Público
BELGIO
Giulio Ciccone staat uit de doden op en triomfeert in zware bergetappe, favorieten sparen elkaar
Het Nieuwsblad
PAESI BASSI
Ciccone wint in eigen land, Bouwman in bergtrui
De Telegraaf
GERMANIA
Erstmals seit Thurau 1983: Buchmann beim Giro auf Top-Ten-Kurs
Kicker
COLOMBIA
Santiago Buitrago: gran carrera, segundo en la etapa 15 del Giro
El Tiempo
ECUADOR
Carapaz defiende la ‘maglia’ rosa en la etapa 15 del Giro, con Giulio Ciccone como ganador
El Universo
DISCOGIRO
La colonna sonora della tappa del Giro scelta per voi da ilciclismo.it
Montagnes valdôtaines (inno ufficiale della regione Valle d’Aosta)
METEOGIRO
Le previsioni si riferiscono agli orari di partenza, passaggio e arrivo della tappa del giorno dopo
Salò : poco nuvoloso, 24.2°C, vento debole da S (5-8 km/h), umidità al 59%
Bagolino – inizio salita Goletto di Cadino (38.4 Km): poco nuvoloso, 22.4°C, vento debole da S (8-10 km/h), umidità al 49%
Edolo – traguardo volante (89.4 Km): poco nuvoloso, 24.2°C, vento moderato da S (12-17 km/h), umidità al 52%
Passo del Mortirolo – GPM (129.9 Km): pioggia modesta e schiarite (0.3 mm), 15.4°C, vento moderato da SSW (16-20 km/h), umidità al 59%
Teglio – traguardo volante (172 Km): temporale con pioggia modesta e schiarite (0.6 mm), 22.4°C, vento moderato da SSW (14-20 km/h), umidità al 60%
Aprica: temporale con pioggia consistente (1.1 mm), 18°C, vento moderato da SSW (13-19 km/h), umidità al 69%
GLI ORARI DEL GIRO
10.15: inizio diretta su RaiSport
10.50: inizio diretta su Eurosport 2
11.15: partenza da Salò
12.10-12.15: inizio salita Goletto di Cadino
13.00-13.15: GPM del Goletto di Cadino
14.00: inizio diretta su Rai2
14.15-14.30: traguardo volante di Edolo e inizio salita Mortirolo
15.00-15.30: GPM del Passo del Mortirolo
15.40-16.15: inizio salita di Teglio
15.55-16.35: traguardo volante di Teglio
16.20-17.10: inizio salita Santa Cristina
16.40-17.30: GPM del Valico di Santa Cristina
16.50-17.40: arrivo ad Aprica
STRAFALGAR SQUARE
L’angolo degli strafalcioni dei telecronisti
Saligari: “Formola” (Formolo)
Rizzato: “Trentin fu vittima del successo di Pedersen” (ricordando il secondo posto al mondiale del 2019)
Martini: “Formolo si è rovesciato una borraccia in volto”
Petacchi: “Rui Costa fa un po’ difficoltà a seguirla”
Colbrelli: “Ho visto tanti uomini di classifica saltare il giorno di riposo”
Fabretti: “Tanti problemi dal punto di vista fisici”
Benincasa: “Inedita rampa di Cogne” (Cogne era stata affrontata al Giro nel 1985 e poi una salita di oltre 20 Km è tutto tranne che una rampa)
Televideo: “Maglia rosa Carapaz a oltre quattro minuti” (molto oltre, il gruppo maglia rosa è giunto al traguardo quasi otto minuti dopo l’arrivo di Ciccone)
Televideo: “Povili” (Covoli)
GIROALCONTRARIO
L’ordine d’arrivo e la classifica generale dal punto di vista della maglia nera
Ordine d’arrivo della quindicesima tappa, Rivarolo Canavese – Cogne
1° Roger Kluge
2° Harm Vanhoucke s.t.
3° Michael Schwarzmann s.t.
4° Magnus Cort s.t.
5° Pieter Serry s.t.
Miglior italiano Jacopo Guarnieri, 6° (s.t.)
Classifica generale
1° Roger Kluge
2° Pieter Serry a 10′16″
3° Bert Van Lerberghe a 17′31″
4° Matthias Brändle a 18′11″
5° Clément Davy a 19′03″
Miglior italiano Filippo Tagliani, 11° a 38′04″
IL GIRO DI 60 ANNI FA
Riviviamo l’edizione 1962 della Corsa Rosa attraverso i titoli del quotidiano “La Stampa”
15a tappa: MOENA – APRICA (215 Km) – 3 GIUGNO 1962
IL GIRO D’ITALIA È COMINCIATO IERI – SONO RIMASTI I “GENERALI” MA SCARSEGGIANO LE TRUPPE – ADORNI “SACRIFICATO” A CARLESI S’È PRESA LA RIVINCITA AD APRICA
La drammatica tappo dolomitica di sabato ha aperto nuovi emozionanti orizzonti – Dopo i ritiri in massa che hanno dimezzato i concorrenti – È avvantaggiato Battistini che ha ancora sette uomini (anche Massignan?) ai suoi ordini – Perez Frances e Anglade sono rimasti con un gregario soltanto – Baldini e Defilippis come ai tempi d’oro

I prati di Sant'Orso a Cogne striati di rosa in occasione del Giro (aostasera.it)
ARCHIVIO QUARTIERTAPPA
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Raduno di partenza Budapest
1a tappa: Budapest – Visegrad
2a tappa: Budapest – Budapest (cronometro individuale)
3a tappa: Kaposvár – Balatonfüred
4a tappa: Avola – Etna-Nicolosi (Rifugio Sapienza)
5a tappa: Catania – Messina
6a tappa: Palmi – Scalea (Riviera dei Cedri)
7a tappa: Diamante – Potenza
8a tappa: Napoli – Napoli
9a tappa: Isernia – Blockhaus
10a tappa: Pescara – Jesi
11a tappa: Santarcangelo di Romagna
12a tappa: Parma – Genova
13a tappa: Sanremo – Cuneo
14a tappa: Santena – Torino
CICCONE SHOW A COGNE. L’ABRUZZESE TROVA IL RISCATTO, NO CONTEST TRA I BIG.
Appena una settimana fa l’avevamo lasciato con gli occhi gonfi di lacrime dopo la pesante debalce subita proprio nell’attesissima tappa di casa che si concludeva in cima al Blockhaus. Una giornataccia che lo aveva messo fuori dalla lotta per la maglia rosa, ridimensionandone ancora una volta le ambizioni. Sette giorni dopo ritroviamo un Giulio Ciccone guascone che festeggia una splendida vittoria ottenuta in solitaria al termine di una lunga fuga, raddrizzando un Giro che finora gli aveva riservato molta amarezza. Il portacolori della Trek-Segafredo ha avuto la meglio sui compagni di fuga, staccando lungo la salita finale Santiago Buitrago (Bahrain-Victorius) e Hugh Carthy (EF Education-Easy Post), ultimi ad arrendersi alla foga dell’Abruzzese. Ciccone ha tagliato il traguardo con 1′31″ su Buitrago e 2′19″ su Antonio Pedrero (Movistar Team). Giornata tranquilla per gli uomini di classifica che, dopo la brutale tappa di Torino e alla viglia di un’ultima settimana durissima, hanno deciso di non attacarsi. Resta dunque immutata la classifica che vede in testa Richiard Carapaz (Ineos Grenadiers) davanti a Jai Hindley (Bora-Hansgrohe) staccato di 7″ e Joao Almeida (UAE Team Emirates) a 30″.
La 15a frazione del Giro 2022 rappresentava la prima delle 5 tappe alpine in programma: 177 km da Rivarolo Canavese a Cogne conditi da circa 4000 metri dislivello. I primi 90 km erano sostanzialmente pianeggianti. Una volta giunti al traguardo volante di Pollein (km 90,5) aveva inizio la prima salita di giornata, l’ascesa verso Pila (12,3 km al 6,9%). Una lunga discesa anticipava il passaggio per Aosta (km 120) e quindi la seconda salita di giornata che ha portato i corridori a Verrogne (13,8 km al 7,1 %). Dalla cima del gpm mancavano ancora 40 km al traguardo, di cui i primi 15 tutti in discesa (molto tecnica). Infine, dopo un brevissimo tratto di fondovalle, ai -22,4 iniziava l’ascesa finale, una salita decisamente pedalabile (pendenza media del 4,3%) e il cui tratto più complicato era quello iniziale (tratti al 7%). Un finale che non lasciava presagire grandi attacchi tra gli uomini di classifica e che invece si prestava molto ai cacciatori di tappe.
Così come già successo nelle precedenti tappe, non appena dato il via ufficiale alla corsa, sono partiti gli attacchi per entrare nella fuga di giornata. La bagarre è stata altissima anche perchè, dopo la terrbile giornata di ieri, in gruppo era forte il sentore di un no contest tra gli uomini di classifica. E così, come succede sempre quando sono in tanti a voler andare in avanscoperta, la fuga ha tardato a partire. L’azione buona è partita soltanto intorno al km 75 quando dal gruppo principale è riuscito ad evadere un drappello di 5 corridori: Remy Rochas (Cofidis), Merhawi Kudus (EF Education-EasyPost), Lawson Craddock (Team BikeExchange-Jayco), Thymen Arensman (Team DSM) ed Erik Fetter (Eolo-Kometa). Al quintetto si sono aggiunti pochi chilometri dopo altri 22 uomini: Mikaël Cherel e Nicolas Prodhomme (AG2R Citroën), Mathieu Van der Poel e Dries De Bondt (Alpecin-Fenix), David De La Cruz e Harold Tejada (Astana Qazaqstan), Santiago Buitrago (Bahrain), Luca Covili (Bardiani-CSF), Natnael Tesfatsion (Drone Hopper-Androni Giocattoli), Hugh Carthy e Julius Van den Berg (EF), Koen Bouwman, Gijs Leemreize e Sam Oomen (Jumbo-Visma), Antonio Pedrero e Iván Sosa (Movistar), Nico Denz e Martijn Tusveld (DSM), Giulio Ciccone e Bauke Mollema (Trek-Segafredo), Rui Costa e Davide Formolo (UAE Emirates).
La fuga ha proceduto d’amore e d’accordo fino all’inizio della prima salita di giornata guadagnando subito un margine superiore ai 4 minuti sul gruppone tirato dalla Ineos. Proprio sulla salita che portava a Pila, Mathieu Van der Poel ha aperto le danze (ai -79) con un attacco a dir poco velleitario. Di lì a poco il neerlandese è stato ripreso e staccato dal connazionale Bouwman che si è poi involato in solitaria, transitando per primo sul gpm e riprendendosi così la maglia azzurra vestita nell’ultima settimana da Diego Rosa. Il mai domito Van der Poel è ripartito lungo la successiva discesa, stavolta in compagnia dell’altro neerlandese Tusveld. Il duo è riuscito poi a rientrare su Bouwman al termine della discesa (-60), mentre gli ex-compagni di fuga inseguivano con oltre un minuto di ritardo. Il gruppo, decisamente disinteressato alle sorti della tappa, procedeva invece con oltre 5 minuti di ritardo.
Lo scenario è cambiato sulla seconda salita di giornata, la più dura. L’ascesa verso Verrogne ha infatti scatenato i corridori del gruppo inseguitore che nel frattempo era scivolato ad oltre un minuto e mezzo dal trio olandese. Le prime accelerazioni sono state portate da Kudus, ma è stato Giulio Ciccone a produrre il cambio di ritmo decisivo. L’abruzzese è rinvenuto sulla testa della corsa ai -48 in compagnia di Buitrago e Pedrero, mentre Van der Poel e Bouwman, perdevano contatto, imitati poco dopo anche da Tusveld (ai-46). Nel frattempo il plotone, che era arrivato a 6 minuti di distacco, aveva improvvisamente accelerato grazie all’azione degli uomini della UAE che hanno addirittura fatto fermare Formolo per dare supporto al capitano Joao Almeida. Una volta esaurita la sfuriata della UAE nel gruppo principale erano ormai rimasti circa 30 corridori, con tutti i big della classifica. Dietro al trio di testa si era invece formato un altro terzetto, comprendente Hugh Carthy e Rui Costa oltre al già citato Tusveld. Il britannico ha rotto gli indugi nella seconda parte della salita riportandosi sul trio di testa prima del passaggio sul gpm. Tusveld e Rui Costa sono invece rientrati al termine della discesa (-27) andando a formare un drappello di 6 battistrada.
Una volta iniziata l’ascesa finale, Ciccone ha ricominciato ad accelerare. Nel giro di pochi chilometri di salita, l’abruzzese è rimasto nuovamente in compagnia dei soli Buitrago e Carthy. Il ritmo di Ciccone non è pero calato e così ai -20 ha perso contatto il giovane colombiano e poco dopo, ai -18, si è dovuto arrendere anche Carthy. Ciccone si è così involato in solitaria guadagnando un minuto di vantaggio sugli inseguitori in una manciata di chilometri. Alle sue spalle Carthy è andato in difficoltà venendo ripreso e staccato prima da Buitrago e poi da Pedrero. La cavalcata di Ciccone è diventata inarrestabile e ha trovato l’apoteosi nell’ultimo chilometro, in cui il corridore della Trek ha potuto festeggiare il meritatissimo successo incitando il numeroso pubblico assiepato ai bordi della strada. Seconda posizione per Buitrago (staccato di ben 1′31″) davanti a Pedrero (2′19″) ed un esausto Hugh Carthy (3′09″). Quinta posizione per Tusveld (4′36″) che è riuscito a precedere Luca Covili (5′08″) e il trio formato da Tesfatsion, Mollema e Leemreize e giunto a 5′27″. Completa la top ten di giornata Guillaume Martin (Cofidis) evaso dal gruppo negli ultimi km di salita verso Verrogne e giunto a 6′06″. Il gruppo dei migliori ha tagliato il traguardo a 7′48″ regolato da Fabio Felline (Astana Qazaqstan Team).
La classifica generale vede le prime 9 posizione assolutamente invariate rispetto alla tappa di Torino: resta in testa Richard Carapaz (Ineos Grenadiers) con 7″ su Jai Hindley (Bora-Hansgrohe) e 30″ su Almeida. Martin grazie ai quasi 2 minuti guadagnati oggi rientra in top ten, scalzando dalla 10a posizione Alejandro Valverde, ora undicesimo.
Domani è in programma il terzo ed ultimo giorno di riposo alla viglia di una tappa, quella di martedì, che potrebbe incidere pesantemente sull’economia della corsa. I corridori saranno impegnati nella Salò-Aprica, frazione lunga 202 km e infarcita di salite. La prima difficoltà altimetrica sarà il Goletto di Cadino (19 km al 6,2%) posto dopo 59 km. Quindi, giunti ad Edolo, avrà inizio il Passo del Mortirolo (12,7 km al 7,7%) posto a 70 km dall’arrivo. Dopo la successiva discesa e un lungo tratto di fondovalle, i corridori dovranno affrontare il Teglio (5,1 km al 8,7%) e infine il temibile Valico di Santa Cristina (12,7 km al 8,1%), la cui cima sarà posta ad appena 6 km dal traguardo, quasi tutti in discesa.
Pierpaolo Gnisci

Ciccone show a Cogne