VINO & MONTAGNE, C’È DA PERDERSI…

maggio 24, 2022
Categoria: News

È il giorno del tappone principe del percorso del Giro 2022. Goletto di Cadino, Mortirolo e Santa Cristina nobilitano una frazione nella quale s’inserisce – apparentemente come intrusa – la piccola salita di Teglio, dotata però di pendenze feroci. Oggi si possono ribaltare le sorti della Corsa Rosa e ancora non è finita perché l’indomani è prevista un’altra dura tappa di montagna.

È dal 2014 che il Giro ha introdotto nel suo tracciato le “wine stage”, tappe interamente dedicate a uno dei numerosi vini prodotto nella nostra nazione. Finora queste giornate, con un paio di eccezioni (la tappa disputata in Franciacorta nel 2018 e terminata allo sprint e quella degli sterrati di Montalcino lo scorso anno), sono state abbinate a frazioni a cronometro e nel 2022 per la prima volta avrà questo speciale marchio una tappa di montagna. È il connubio perfetto perché in montagna il vino è una componente fondamentale della vita delle genti contadine, utile per dare vigore prima e dopo una giornata di lavoro sui campi o per fornire riscaldamento in quelle più rigide. E la terra dove più forte il legame tra vino e montagna è la Valtellina, da sempre teatro di tappe appassionanti e decisive per le sorti della Corsa Rosa, che quest’anno ha scelto di legare il suo nome a quello dello Sforzato, vino che nel 2003 è stato il primo passito ad aver faticosamente raggiunto il traguardo della DOCG, la denominazione di origine controllata e garantita. Ed è garantito anche che quella che lo celebrerà sarà una tappa fondamentale sulla strada per Verona, frazione più dura tra le ventuno che compongono il mosaico del Giro 2022, forte della presenza di tre storiche ascese della corsa, il Goletto di Cadino, il Passo del Mortirolo e il Valico di Santa Cristina, anche se un bel peso potrebbe averlo anche l’apparentemente più defilata salita di Teglio, inserita all’inizio del tratto nel quale i “girini” si troveranno a pedalare ripidamente tra i vigneti che danno lo “Sfursat”. Alla fine di questa tappa la classifica ordine d’arrivo e classifica potrebbero per davvero dare i numeri e noi cominciamo subito con il fornirvi quelli dei dati tecnici di questa tappa, sulla quale peserà come una spada di Damocle il giorno di riposo trascorso dopo la frazione di Cogne, spesso indigesto: oggi in 202 Km si dovranno superare quasi 5230 metri di dislivello complessivo mentre le quattro salite ufficiali (conteggiando anche Teglio, che non sarà GPM) messe in fila porteranno oggi i “girini” ad affrontare quasi 50 Km d’ascesa, la cui pendenza media “globale” risulta del 7.5%. E non dimentichiamo che il giorno dopo si dovrà disputare un’altra dura tappa di montagna, fatto che potrebbe portare i corridori che puntano alla maglia rosa oggi a una condotta di gara prudente.
Si partirà dalle rive del lago di Garda con un lungo tratto di trasferimento verso il “chilometro 0”, una decina di chilometri nei quali il gruppo risalirà fuori gara il tratto iniziale della Val Sabbia, terra del quale è originario Sonny Colbrelli il quale immaginiamo – se non gli farà troppo male al “cuore” – scenderà dalla sua Casto alla strada sulla quale staranno pedalando i suoi colleghi. A quel punto la tappa sarà partita ufficialmente da una dozzina di chilometri e si starà pedalando ancora in pianura in direzione del Lago d’Idro, costeggiato sul lato verso il quale troneggiano le strutture della Rocca d’Anfo, complesso di fortificazioni eretto nel XV secolo dalla Repubblica di Venezia, utilizzate nel corso dei secoli anche come carcere e deposito di munizioni. Non è ancora il momento di sfoderare le armi, anche se a breve si giungerà ai piedi della prima delle tre grandi salite di giornata. Attraversato il centro di Bagolino – conosciuto per il formaggio bagòss e per le particolari manifestazioni che qui si tengono in occasione del Carnevale fin dal XVI secolo – si andrà all’attacco del versante orientale del Goletto di Cadino, ascesa che il Giro ha inserito nel percorso con il “contagocce” (cinque passaggi tra il 1970 e il 1998) ma che ha spesso fatto tribolare grandi campioni: Eddy Merckx ci passò un momentaccio nel corso della tappa di Folgaria del Giro del 1970 e si salvò perché nessuno ne approfittò; peggio andò a Bernard Hinault nel 1982 quando, salendo dallo stesso versante di quest’anno (19 Km al 6.2% per arrivare fin quasi a quota 2000 metri), fu messo alla frusta da Lucien Van Impe e da Silvano Contini, che quel giorno riuscì a portargli via quella maglia rosa che il francese si riprenderà con gli interessi ventiquattrore più tardi sullo storico traguardo di Montecampione. Superata la prima difficoltà di giornata il gruppo si lancerà giù per il più impegnativo tra i due versanti del Goletto, che in poco più di 20 Km plana verso Breno, cittadina che funge da “cerniera” tra la bassa e la media Val Camonica, un luogo un tempo strategico come ci ricordano i resti del soprastante castello, del quale sono giunti ai giorni nostri due torri, le mura di cinta e parte di una chiesetta intitolata a San Michele.
La prossima meta del gruppo sarà il Mortirolo e per giungere ai suoi piedi bisognerà percorrere il secondo dei tre tratti di trasferimento di questa frazione, una trentina di chilometri da pedalare sul fondovalle della Valcamonica in condizione di lieve e costante falsopiano ascendente. In questo tratto si toccherà una delle località più visitate della valle, Capo di Ponte, che attira turisti da tutto il mondo per il Parco Nazionale delle Incisioni Rupestri di Naquane, “griffato” UNESCO, ma che merita la sosta per ammirarvi anche l’antica la Pieve di San Siro e il Monastero di San Salvatore. Giunti a Edolo ecco l’appuntamento con il Mortirolo, meno temibile del solito perché si salirà dal versante meno impegnativo, che comunque non è una passeggiata perché sono 13 Km d’ascesa al 7.5%. Per intenderci è lo stesso lato del “mostro” che fu affrontato nel 2017 – durante la tappa di Bormio vinta da Nibali – e il 3 giugno del 1990, quando per la prima volta fu inserito nel percorso della Corsa Rosa un valico il cui nome era già scritto sui libri di storia. Nella piana sottostante il passo, infatti, nell’aprile del 1945 si svolsero due battaglie che contrapposero partigiani e truppe formate da fascisti e tedeschi in ritirata, ma già nel 773 quella era stata terra di scontri quando, secondo una leggenda, Carlo Magno sfidò l’esercito longobardo.
Per evitare in discesa le tremende pendenze verso Mazzo, come nella tappa del Giro 2017 si percorrerà il versante nord orientale che scende in direzione di Grosio, dove i corridori imboccheranno l’ultimo tratto intermedio, esattamente speculare a quello percorso in precedenza, stavolta filando in lieve discesa verso Tirano e transitando ai piedi della rupe tra Grosio e Grosotto sulla quale sono state rinvenute negli anni ’60 interessanti incisioni rupestri, “parenti” di quelle più celebri della Valcamonica, per le quali è stato realizzato un apposito parco, istituito anche per salvaguardare due antichi castelli.
Lambita la mole del santuario rinascimentale della Madonna di Tirano, costruito sull’orto nel quale la Vergine Maria era apparsa nel 1504 al contadino Mario Omodei, si entrerà nelle terre di produzione della “Sforzato” e gli “sforzi” da qui all’arrivo non mancheranno. Ancora qualche chilometro tranquillo e dopo un ultimo tratto di pianura si andrà a imboccare la salita diretta a Teglio, i cui 851 metri di quota la fanno sembrare una “nanerottola” rispetto alle più elevate ascese del Goletto (1938 metri), del Mortirolo (1854 metri) e del Santa Cristina (1448 metri). Ma si tratta di un nano con i denti ben affilati perché non si salirà dal versante più tradizionale ma da uno secondario che presenta i connotati del muro e una carreggiata notevolmente ristretta: hanno una media del 10,2% i 3 Km centrali di una salita che complessivamente misura 5 Km (media dell’8.7%) e ha come meta l’antico capoluogo della Valtellina, oggi più conosciuto come patria dei pizzoccheri e per i suoi monumenti come l’antico Palazzo Besta e la torre detta “de li beli miri” per le viste che offre sulla valle. Poco dopo esser usciti da Teglio si abbandonerà la “Strada Panoramica del Castelli”, itinerario che si spinge fino a Sondrio sgusciando tra vigneti e meleti, per raggiungere Tresenda seguendo ancora una volta un versante secondario, terminato il quale i “girini” si troveranno ai piedi del Valico di Santa Cristina. Non è una novità per la Corsa Rosa, ma per la prima volta nella storia sarà affrontato in maniera “totale” poiché nei precedenti si percorse – arrivati in discesa dall’Aprica – solo il tratto conclusivo, quello più duro. In tutto saranno quasi 13 Km all’8.1%, numeri che possono chiedere un salato conto al termine della tappa più difficile del Giro 2022. Finché si rimarrà sullo stradone diretto all’Aprica, nei primi 6 Km, s’incontreranno inclinazioni nella norma (media del 6.4%), poi la musica cambierà diametralmente quando ci s’infilerà nel budello diretto al passo, con la pendenza media che si schizza al 10.2% negli ultimi 6500 metri. È lassù che, nella storica tappa del Giro del 1994, Marco Pantani si sbarazzò per la seconda volta dei grandi “big” al via della corsa dopo averli già staccati sul Mortirolo ed essersi fatto raggiungere nel corso dell’ascesa da Edolo verso l’Aprica. Indurain raccontò d’aver provato a inseguire il romagnolo, ma fu immediatamente ricacciato indietro e lo sforzo fu tale da appannargli da vista…. E ben poco potranno contribuire a snebbiare i sensi dei corridori in malcapitata crisi i 6 Km del tuffo finale verso Aprica, dove riassaporare la leggenda del Pirata tentando di emularne l’eroiche gesta. Ci sarà ancora il rischio di perdersi nella nebbia…. e non sarà solo quella dovuta ad abbondanti libagioni a base di “Sfursat” e degli altri prelibati vini della Valtellina.

I VALICHI DELLA TAPPA

Goletto Gavero (1783 metri). Valicato lungo la salita al Goletto di Cadino da Bagolino, è quotato 1795 metri sulle cartine del Giro 2022, dove è chiamato con il nome di Goletto di Gaver.

Goletto di Cadino (1938 metri). Vi transita la Strada Provinciale 669 “del Passo di Crocedomini” tra Bagolino e Breno. Il Giro l’ha inserito sei volte nel suo tracciato, anche se solo in cinque occasioni si è riusciti ad affrontare questa salita perché nel 1978 l’organizzazione fu costretta dalla neve a modificare il percorso della Mezzolombardo-Sarezzo togliendo quello che all’epoca era segnalato sulle cartine con il nome di Passo di Croce Domini, valico che in realtà viene attraversato nel corso della discesa verso Breno, un chilometro dopo aver raggiunto la cima del Goletto. Il primo corridore a domare questa salita fu il belga Martin Van Den Bossche nel corso della Zingonia – Malcesine del 1970, vinta dal pesarese Enrico Paolini. Questa fu anche l’unica volta che si salì dal versante di Breno, il più impegnativo, mentre quello di Bagolino fu affrontato per la prima volta nel 1976 durante la Terme di Comano – Bergamo, vinta tra i tifosi di casa da Felice Gimondi dopo che sul Goletto era transitato in testa lo spagnolo Andrés Oliva. Nella Fiera di Primiero – Boario Terme, la citata tappa della crisi di Hinault del 1982, fece un en plein quasi perfetto il belga Lucien Van Impe, GPM e tappa, mentre come ricordavamo la maglia rosa passò temporaneamente dalle spalle del francese a quelle del varesino Silvano Contini. Bisognerà poi attendere 15 anni per rivedere il Giro su quella strada, quando per la prima (e finora unica) volta sarà un corridore italiano a transitare in testa al Goletto: sarà Gianni Bugno, oramai nella parabola discendente della sua carriera (si ritirerà l’anno successivo), poi sul traguardo della Malè-Edolo s’imporrà il russo Pavel Tonkov, grande sconfitto di quell’edizione della Corsa Rosa, secondo a Milano con 1’27” di ritardo da Ivan Gotti. L’anno dopo, infine, sarà lo svedese Niklas Axelsson a conquistare il Goletto di Cadino nella storica Cavalese – Plan di Montecampione, la tappa dell’impresa di Marco Pantani con Tonkov ancora nei panni del grande sconfitto.

Passo di Croce Dominii (1892 metri). Valicato dalla Strada Provinciale 345 “delle Tre Valli” tra Breno e Collio, è anche uno dei “capolinea” della Strada Provinciale 669 “del Passo di Crocedomini”. Erroneamente è più conosciuto come “Passo di Croce Domini” (o anche Crocedomini) in quanto il termine più utilizzato ha un diverso significato: “Croce Domini” significa “Croce del Signore” mentre il più corretto “Croce Dominii” vuol dire “Croce dei Domini” perché qui un tempo passava il confine tra i territori della Serenissima e del principato vescovile di Trento.

Sella di Breno (342 metri). Vi sorge l’omonimo centro.

Passo della Foppa (1852 metri). È il valico comunemente identificato come Mortirolo, attraversato dalla strada provinciale che mette in comunicazione Monno con Grosio e Mazzo di Valtellina. Sulle cartine del Giro è quotato 1854 metri. In realtà, il vero Mortirolo si trova a breve distanza dal valico stradale. Anzi, ne esistono due, il Passo del Mortirolo-Nord e il Passo del Mortirolo-Sud, entrambi alti 1896 metri: il primo si trova a nord est della Foppa ed è raggiunto da una strada sterrata a fondo cieco che si stacca dal tratto terminale del versante bresciano; il valico sud, invece, è toccato dalla strada di cresta asfaltata che permette di raggiungere il Mortirolo direttamente dall’Aprica, passando per Trivigno. Il Giro vi è finora salito quattordici volte e gli “eroi” di quest’ascesa sono stati, in rigoroso ordine d’apparizione, il venezuelano Leonardo Sierra nel 1990 (tappa Moena – Aprica, vinta dallo stesso corridore), Franco Chioccioli nel 1991 (Morbegno – Aprica, identico vincitore), Pantani nel citato precedente del 1994, Gotti nel 1996 (Cavalese – Aprica, idem), Wladimir Belli nel 1997 (Malè – Edolo, primo Tonkov), ancora Gotti nel 1999 (Madonna di Campiglio – Aprica, primo al traguardo lo spagnolo Roberto Heras), Raffaele Illiano nel 2004 (Bormio – Presolana, primo Stefano Garzelli), Ivan Basso nel 2006 (Trento – Aprica, idem), lo spagnolo Antonio Colom nel 2008 (Rovetta – Tirano, vinta da Emanuele Sella), nuovamente Basso nel 2010 (Brescia – Aprica, vinta da Michele Scarponi), l’elvetico Oliver Zaugg nel 2012 (Caldes – Passo dello Stelvio, vinta dal belga Thomas De Gendt), l’olandese Steven Kruijswijk nel 2015 (tappa Pinzolo – Aprica, vinta dallo spagnolo Mikel Landa), lo spagnolo Luis Léon Sanchez nel 2017 (tappa Rovetta – Bormio, vinta da Vincenzo Nibali) mentre l’ultimo eroe del Mortirolo è stato Giulio Ciccone, in occasione della tappa Lovere – Ponte di Legno vinta dallo stesso scalatore abruzzese nel 2019.

Sella di Teglio (851). Non citata sul testo di riferimento, è costituita dalle prime pendici delle Alpi Retiche e dall’elevazione sulla quale sorge la torre “de li beli miri”. Vi sorge l’omonimo abitato. Il Giro vi è transitato in due tre occasioni. La prima volta, nel 1991, ci fu semplicemente un traguardo volante Intergiro in vetta (si saliva dal versante più facile, quello di Chiuro) durante la tappa Morbegno – Aprica, vinta da Franco Chioccioli, sprint finito nel palmarès del veneto Massimo Ghirotto . Nel 2012 si saliva dallo stesso ripido versante di quest’anno e Matteo Rabottini conquistò il GPM durante la Caldes – Passo dello Stelvio, vinta dal belga Thomas De Gendt. Infine nel 2015, dal versante di Tresenda, è stato Giacomo Berlato a transitare in testa nel centro di Teglio nei chilometri iniziali della Tirano – Lugano, terminata allo sprint con il successo di Sacha Modolo.

Valico di Santa Cristina (1427 metri). Quotato 1448 sulle cartine del Giro 2022, si trova nei pressi della congiunzione delle strade che salgono a Trivigno da Tresenda e dall’Aprica. Il Giro l’ha affrontato tre volte come GPM, sempre in abbinamento al Mortirolo e sempre in occasione di frazioni terminate nella vicina Aprica. Anche per questo motivo l’uomo primo al comando sul GPM è risultato poi il vincitore della tappa: Chioccioli nel 1991 (il primo anno si salì dal più facile versante di Edolo, tappa Morbegno – Aprica), Pantani nel 1994 (Merano – Aprica) e lo spagnolo Heras nel 1999 (Madonna di Campiglio – Aprica). Dal Santa Cristina si transitò anche nel 2010, prolungando successivamente l’ascesa fino a Trivigno, dove scollinò per primo il colombiano Leonardo Fabio Duque; la tappa, Brescia – Aprica, terminò con il successo dell’indimenticato Michele Scarponi.

Passo di Aprica (1113 metri). Ampia sella pianeggiante, lunga quasi 3 Km, che mette in comunicazione la Valtellina con la Valcamonica tramite la Valle di Corteno. È valicato dalla Strada Statale 39 “dell’Aprica” e vi sorge l’omonima stazione di sport invernali, costituita dai tre nuclei di Madonna, Mavigna e San Pietro. Quotata 1173 sulle cartine del Giro 2022, è stata affrontata alla corsa rosa 13 volte come GPM, una come traguardo volante Intergiro (nel 1992, tappa Palazzolo sull’Oglio – Sondrio, vinta da Marco Saligari che transitò in testa anche sul valico) e due come traguardo di tappa senza gran premio (nel 2006, quando Ivan Basso s’impose in rosa nella Trento – Aprica, e al termine della Brescia – Aprica del 2010, vinta da Scarponi). Il primo a transitare in testa sotto lo striscione GPM è stato Fausto Coppi nel corso della Locarno – Brescia del Giro del 1950, vinta da Luciano Maggini. In seguito hanno conquistato questo traguardo Vittorio Adorni nel 1962 (tappa Moena – Aprica), Bruno Vicino nel 1979 (Trento – Barzio, vinta da Amilcare Sgalbazzi), lo svizzero Stefan Joho nel 1988 (la mitica tappa Chiesa Valmalenco – Bormio con il Gavia affrontato con la neve, vinta dall’olandese Erik Breukink), il venezuelano Sierra nel 1990 (Moena – Aprica), Gotti nel 1996 (Cavalese – Aprica), Mariano Piccoli nel 2000 (Bormio – Brescia, vinta da Biagio Conte), Emanuele Sella nel 2008 (Rovetta – Tirano, vinta dallo stesso corridore), l’ucraino Yuriy Krivtsov nel 2010 (passaggio intermedio nella citata tappa Brescia – Aprica), lo spagnolo Pablo Lastras Garcia nel 2011 (Feltre – Tirano, vinta da Diego Ulissi), Matteo Rabottini nel 2012 (Caldes – Passo dello Stelvio, vinta da De Gendt), il canadese Ryder Hesjedal e lo spagnolo Mikel Landa nella Pinzolo – Aprica del 2015 che prevedeva due passaggi sul passo. L’ultima volta, nel 2017, l’Aprica fu relegata a un ruolo marginale, inserita subito dopo la partenza della poco impegnativa frazione di trasferimento Tirano – Canazei, vinta in fuga dal francese Pierre Rolland, che era transitato in testa anche sul GPM inserito a inizio tappa.

Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).

Mauro Facoltosi

I vigneti dello Sforzato e l’altimetria della sedicesima tappa (www.beverfood.com)

I vigneti dello Sforzato e l’altimetria della sedicesima tappa (www.beverfood.com)

CIAK SI GIRO

La partenza dal Lago di Garda ci offre l’occasione per ricordare una grandissima esponente del cinema italiano recentemente scomparsa, Lina Wertmüller. La celebre regista romana con origini lucano-elvetiche, nel 2020 premiata con l’Oscar alla carriera, era celebre per aver diretto film dai titoli chilometrici, al punto che uno di essi è pure finito nel Guinness dei Primati: è la pellicola che in Italia è uscita come “Fatto di sangue fra due uomini per causa di una vedova. Si sospettano moventi politici”, ma che secondo le intenzioni originarie si sarebbe dovuto chiamare “Un fatto di sangue nel comune di Siculiana fra due uomini per causa di una vedova. Si sospettano moventi politici. Amore-Morte-Shimmy. Lugano belle. Tarantelle. Tarallucci e vino”. Tra queste pellicole dai titoli “fiume” ce n’è una per la quale la Wertmüller scelse il Garda per girarvi scene che nella finzione sono ambientate nella fittizia Isola di Marascosa, in Sardegna. È “Notte d’estate con profilo greco, occhi a mandorla e odore di basilico” del 1986, nella quale l’indimenticata Mariangela Melato interpreta Fulvia Block, ricca manager che viene sequestrata dal brigante sardo Beppe Catanìa (Michele Placido). Se le scene del sequestro furono effettivamente girate in Sardegna – il Catanìa vive presso la celebre Roccia dell’Orso di Palau – per la villa in Sardegna della Block si assiste a un vero e proprio “coup de théâtre”: quella che si vede nel film è la spettacolare Villa Cavazza Borghese, realizzata alla fine del XIX secolo in stile neogotico-veneziano sull’Isola di Garda, piccola “perla” del Benaco che solo nel 2002 ha dischiuso le sue porte ai turisti.

Villa Cavazza sullIsola di Garda inquadrata nel film Notte destate con profilo greco, occhi a mandorla e odore di basilico (www.davinotti.com)

Villa Cavazza sull'Isola di Garda inquadrata nel film "Notte d'estate con profilo greco, occhi a mandorla e odore di basilico" (www.davinotti.com)

Cliccate qui per scoprire le altre location del film

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/notte-d-estate-con-profilo-greco-occhi-a-mandorla-e-odore-di-basilico/50018849

FOTOGALLERY

Salò

Lago d’Idro

Rocca d’Anfo

Lo scollinamento del Goletto di Cadino

Castello di Breno

Pieve di San Siro, Capo di Ponte

Passo del Mortirolo

Uno dei due castelli situati sulla rupe tra Grosio e Grosotto

Santuario della Madonna di Tirano

Teglio, Torre “de li beli miri”

Scollinamento del Valico di Santa Cristina

Il passo dell’Aprica visto dal tratto finale della discesa dal Santa Cristina

Commenta la notizia