18-09-2025
settembre 18, 2025 by Redazione
Filed under Ordini d'arrivo
SKODA TOUR DE LUXEMBOURG
Il lussemburghese Mathieu Kockelmann (nazionale lussemburghese) si è imposto nella seconda tappa, Remich – Mamer, percorrendo 168.4 Km in 3h48′47″, alla media di 44.164 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’italiano Andrea Vendrame (Decathlon AG2R La Mondiale Team) e il francese Tom Donnenwirth (Groupama – FDJ). Il francese Romain Grégoire (Groupama – FDJ) è ancora leader della classifica con 4″ su Vendrame e sull’olandese Marijn van den Berg (EF Education – EasyPost)
OKOLO SLOVENSKA – TOUR DE SLOVAQUIE
Il francese Paul Magnier (Soudal Quick-Step) si è imposto anche nella seconda tappa, Svidník – Košice, percorrendo 169.4 Km in 3h57′22″, alla media di 42.82 Km/h. Ha preceduto allo sprint lo slovacco Lukáš Kubiš (Unibet Tietema Rockets) e il belga Milan
Menten (Lotto). Miglior italiano Nicolò Arrighetti (Biesse – Carrera – Premac), 5°. Magnier è ancora leader della classifica con 8″ su Kubiš e 16″ su Menten. Miglior italiano Arrighetti, 8° a 20″
TOUR OF POYANG LAKE (Cina)
Il team cinese Chengdu DYC Cycling Team si è imposto nella quarta tappa, cronometro a squadre Tangli – Tonggu, percorrendo 44.9 Km in 52′41″, alla media di 51.136 Km/h. Ha preceduto di 1′16″ il team cinese China Anta – Mentech Cycling Team e di 1′19″ il team olandese Parkhotel Valkenburg. Unico team italiano in gara il Gragnano Sporting Club, 8° a 2′55″, 11° a 3′03″. Il russo Petr Rikunov (Chengdu DYC Cycling Team) è il nuovo leader della classifica con 48″ sul tedesco Oliver Mattheis (BIKE AID) e 49″ sull’olandese Nils Sinschek (Parkhotel Valkenburg). Miglior italiano Simone Lucca (Gragnano Sporting Club), 17° a 5′17″.
VINCE MATHIEU, MA NON E’ VAN DER POEL. KOCKELMANN SORPRENDE TUTTI A MAMER
A Mamer inaspettata vittoria del ventunenne lussemburghese Mathieu Kockelmann (Nazionale Lussemburghese) che in volata ha la meglio su Andrea Vendrame (Decathlon AG2R La Mondiale) e Tom Donnerwirth (Team Groupama FDJ). Romain Grégoire resta in maglia gialla
I tre gpm che caratterizzano la seconda tappa del Giro del Lussemburgo da Remich a Mamer non sono tali da impensierire più di tanto i velocisti anche perchè dallo scollinamento dell’ultimo ci sono quasi 50 km di strada pianeggiante. La tappa di oggi è probabilmente l’unica in cui vedremo una volata a ranghi compatti e la maglia gialla di Romain Gregoire (Team Groupama FDJ) potrebbe essere messa a rischio da Marijn van den Berg (Team EF Education EasyPost), secondo in classifica generale e dotato di un ottimo spunto veloce. Oggi saranno da considerare anche gli abbuoni dei quattro traguardi volanti che potrebbero a loro volta influire sulla composizione della classifica generale al termine della tappa. La fuga di giornata odierna vedeva protagonisti sette ciclisti ovvero Baptiste Gillet (Team Arkéa – B&B Hôtels), Jonas Geens (Team Flanders – Baloise), Victor Papon (Team Wagner Bazin WB), Pedro Pinto (Team Efapel Cycling), Loïc Bettendorff (Team Hrinkow Advarics), Malte Hellerup (Team ColoQuick) e Mil Morang (Nazionale Lussemburghese). Bettendorff scollinava in prima posizione sul primo gpm della Côte de Wintrange posto al km 8.4. Dopo 35 km la fuga aveva 3 minuti e 15 secondi di vantaggio sul gruppo maglia gialla. Papon si aggiudicava il primo traguardo volante di Remich posto al km 39.6. Hellerup scollinava in prim aposizione sul secondo gpm della Côte de Remerschen posto al km 49.7. Morang scollinava in prima posizione sul terzo ed ultimo gpm della Montée de Mariendallerhaff posto al km 124.1. La fuga veniva ripresa definitivamente a 5 km dalla conclusione. Nella volata di gruppo ad imporsi era sorprendentemente Mathieu Kockelmann (Nazionale Lussemburghese), alla prima vittoria da pro, davanti ad Andrea Vendrame (Decathlon AG2R La Mondiale) e Tom Donnerwirth (Team Groupama FDJ) mentre. Quarto era Tibor Del Grosso (Team Alpecin Deceuninck) e quinto Van den Berg, che doveva così rinunciare ai sogni di gloria. In classifica generale Grégoire resta in maglia gialla con 4 secondi di vantaggio su Vendrame e Van den Berg. Domani è in programma la terza tappa da Mertent a Vianden di 170.5 km. La Montée de Beaufort e la Montée de Munshausen faranno da antipasto alle tre scalate in rapida successione della Montée de Niklosbierg che si affronterà nel circuto finale da ripetere appunto tre volte. Questa salita è lunga 2.8 km ed ha una pendenza media del 9.3%, perciò prepariamoci ad una bella lotta tra i big di classifica.
Antonio Scarfone

Mathieu Kockelmann vince a Mamer (foto: Getty Images)
GP DI VALLONIA 2025, SPRINT IRRESISTIBILE DI ARNAUD DE LIE
Il “Toro di Lescheret” trionfa davanti al pubblico di casa a Namur. Sul podio Jeannière e Girmay, quinto posto per Matteo Trentin
Arnaud De Lie si conferma uno degli uomini più in forma del panorama internazionale conquistando il GP di Vallonia 2025. Sulla salita finale che porta alla Cittadella di Namur il corridore della Lotto ha sfoderato tutta la sua potenza, anticipando la volata a 250 metri dal traguardo e resistendo al ritorno degli avversari. Per lui è il 31° successo in carriera, il quinto stagionale, festeggiato davanti al pubblico di casa.
La corsa, giunta alla sua 65ª edizione, ha visto i primi scatti andare a buon fine con un quintetto in fuga composto da Edoardo Zamperini (Arkéa – B&B Hotels), Kamil Gradek ( Bahrain – Victorious), Martin Urianstad Bugge (Uno-X Mobility), Bram Dissel (BEAT Cycling Club) e Kenny Molly (Van Rysel Roubaix). Il gruppo ha sempre mantenuto il controllo della situazione, non lasciando mai troppo spazio. L’azione dei battistrada si è esaurita ai -15 km, proprio quando iniziava la salita della Tienne aux Pierres, preludio al gran finale.
Nel tratto conclusivo è stato Victor Lafay (Decathlon AG2R La Mondiale) a tentare l’allungo decisivo ai piedi della Cittadella, guadagnando pochi secondi che hanno fatto tremare il gruppo. Il francese, però, è stato ripreso a 300 metri dall’arrivo, dove De Lie ha lanciato la sua progressione devastante, tenendo a bada Emilien Jeannière (TotalEnergies), ancora una volta brillante ma costretto al secondo posto, e l’eritreo Biniam Girmay (Intermarché-Wanty), terzo.
Ai piedi del podio si è piazzato il vincitore della scorsa edizione Roger Adrià (Red Bull-Bora-hansgrohe), mentre Matteo Trentin (Tudor Pro Cycling Team) ha centrato un buon quinto posto, unico italiano nella top ten.
De Lie, accolto dall’ovazione del pubblico belga, ha così aperto nel migliore dei modi la fase finale della stagione, confermandosi come uno dei corridori più attesi nelle classiche di settembre.
Mario Prato

Arnaud De Lie vince il Grand Prix de Wallonie (foto Luc Claessen/Getty Images)
17-09-2025
settembre 17, 2025 by Redazione
Filed under Ordini d'arrivo
SKODA TOUR DE LUXEMBOURG
Il francese Romain Grégoire (Groupama – FDJ) si è imposto nella prima tappa, circuito di Lussemburgo, percorrendo 152.8 Km in 3h40′45″, alla media di 41.531 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’olandese Marijn van den Berg (EF Education – EasyPost) e l’elvetico Marc Hirschi (Tudor Pro Cycling Team). Miglior italiano Andrea Vendrame (Decathlon AG2R La Mondiale Team), 4°. Grégoire è il primo leader della classifica con 4″ su Van den Berg e 6″ su Hirschi. Miglior italiano Vendrame, 4° a 10″
GRAND PRIX DE WALLONIE
Il belga Arnaud De Lie (Lotto) si è imposto nella corsa belga, Dison – Namur, percorrendo 187.1 Km in 4h30′15″, alla media di 41.539 Km/h. Ha preceduto allo sprint il francese Emilien Jeannière (Team TotalEnergies) e l’eritreo Biniam Girmay (Intermarché – Wanty). Miglior italiano Matteo Trentin (Tudor Pro Cycling Team), 5°
GRAND PRIX DE WALLONIE DAMES
La belga Shari Bossuyt (AG Insurance – Soudal Team) si è imposta nella corsa belga, Soiron – Namur, percorrendo 128.8 Km in 3h28′32″, alla media di 37.059 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’olandese Karlijn Swinkels (UAE Team ADQ) e l’italiana Elisa Balsamo (Lidl – Trek)
OKOLO SLOVENSKA – TOUR DE SLOVAQUIE
Il francese Paul Magnier (Soudal Quick-Step) si è imposto nella prima tappa, circuito di Bardejov, percorrendo 141.2 Km in 3h14′10″, alla media di 43.633 Km/h. Ha preceduto allo sprint lo slovacco Lukáš Kubiš (Unibet Tietema Rockets) e il belga Joppe Heremans (VolkerWessels Cycling Team). Miglior italiano Alessio Delle Vedove (XDS Astana Development Team), 5°. Magnier è il primo leader della classifica con 4″ su Kubiš e 6″ su Heremans. Miglior italiano Delle Vedove, 7° a 10″
TOUR OF POYANG LAKE (Cina)
L’olandese Nils Sinschek (Parkhotel Valkenburg) si è imposto nella terza tappa, circuito del Mopanshan Forest Park, percorrendo 107.9 Km in 2h48′54″, alla media di 38.33 Km/h. Ha preceduto allo sprint il connazionale Meindert Weulink (Parkhotel Valkenburg) e di 1′56″ l’australiano Alastair Christie-Johnston (CCACHE x BODYWRAP). Miglior italiano Tommaso Rigatti (Gragnano Sporting Club), 11° a 3′03″. Il tedesco Oliver Mattheis (BIKE AID) è ancora leader della classifica con 21″ su Sinschek e 51″ sul russo Petr Rikunov (Chengdu DYC Cycling Team). Miglior italiano Simone Lucca (Gragnano Sporting Club), 11° a 3′13″.
ROMAIN GREGOIRE VINCE A LUSSEMBURGO ED E SUBITO MAGLIA GIALLA
Romain Grégoire (Team Groupama FDJ) doma le pendenze in doppia cifra delle ultime centinaia di metri del traguardo di Lussemburgo e vince la prima tappa del Giro del Granducato davanti a Marijn van den Berg (Team EF Education EasyPost) e Marc Hirschi (Tudor Pro Cycling Team)
Nella settimana tra la fine della Vuelta e l’inizio dei Campionati del Mondo in Ruanda il calendario ciclistico presenta comunque corse di un giorno (GP de Wallonie, Kampioenschap van Vlaanderen e Super 8 Classic) ma anche un interessante Giro del Lussemburgo, corsa a tappe di cinque giorni che quest’anno offre un percorso davvero interessante con quattro tappe in linea mosse ed una cronometro di oltre 26 km che può incidere molto sul risultato finale. Assente Antonio Tiberi, vincitore nel 2024, la battaglia per la vittoria finale è molto aperta. Tra i ciclisti che partono in pole position segnaliamo Romain Gregoire (Team Groupama FDJ), fresco vincitore del Tour of Britain davanti nientepopodimeno che a Remco Evenepoel (Team Soudal Quick Step). Altri avversari degni di nota saranno, in ordine sparso, Mattias Skjelmose Jensen (Team Lidl Trek), Richard Carapaz e Ben Healy (Team EF Education EasyPost), Nicolas Prodhomme ed Aurelien Paret-Peintre (Decathlon AG2R La Mondiale Team), Brandon McNulty (UAE Team Emirates), Marc Hirschi (udor Pro Cycling Team). Si parte con la prima tappa da Lussemburgo a Lussemburgo di 152.8 km con quattro gpm che non superano i 3 km e mezzo ma che hanno tutti pendenze in doppia cifra in alcuni tratti. In particolare l’ultimo gpm di giornata, la Côte de Stafelter, ha il km iniziale che sale all’11% ed anche il finale di tappe prevede l’arrivo in costate salita con oltre 500 m a quasi il 9% di pendenza media. Insomma i velocisti avranno una bella gatta da pelare per competere per la vittoria ed indossare la prima maglia gialla. Dopo la partenza da Lussemburgo la fuga di giornata si concretizzava soltanto dopo una ventina di km grazie all’azione di sei ciclisti ovvero Andrea Pietrobon (Team Polti Visit Malta), Quentin Bezza (Team Wagner Bazin WB), André Carvalho (Team Efapel Cycling), Malte Hellerup (Team ColoQuick), Mats Berns e Mil Morang (Nazionale Lussemburghese), Ellerup scollinava in prima posizione sul gpm della Montée de Putscheid posto al km 53 e sul gpm della Côte de Bourscheid posto al km 66.4. Era invece Morang a scollinare per primo sul successivo gpm della Côte de Eschdorf posto al km 89.3. A 50 km dalla conclusione il vantaggio della fuga sul gruppo inseguitore era di poco superiore ai 2 minuti. Pietrobon si aggiudicava il primo traguardo volante di Mertzig posto al km 101.8. Il ciclista italiano si ripeteva qualche km più in là vincendo anche il secondo traguardo volante di Mersch posto al km 128.9. La fuga veniva definitivamente ripresa a 12 km dall’arrivo. Negli ultimi 10 km si segnalavano alcuni attacchi isolati tra cui quello di Richard Carapaz (Team EF Education EasyPost) che però venivano tutti annullati dal gruppo che si accingeva a lanciare la volata dei propri uomini veloci visto che era ancora abbastanza compatto. A fare la differenza però erano gli ultimi 200 metri in doppia cifra nei quali un perentorio attacco di Romain Grégoire (Team Groupama FDJ) consentiva al francese di tagliare per primo il traguardo davanti a Marijn van den Berg (Team EF Education EasyPost) e Marc Hirschi (Tudor Pro Cycling Team). Chiudevano la top five Andrea Vedrame (Decathlon AG2R La Mondiale) in quarta posizione e Tibor Del Grosso (Team Alpecin Deceuninck) in quinta posizione. Dopo la vittoria del Tour of Britain Grégoire conferma di avere un’ottima gamba e veste la prima maglia gialal del Giro del Lussemburgo. Domani è in programma la seconda tappa da Remich a Mamr di 168.4 km. Il gruppo dovrà affrontare tre facili gpm che non superano i 2 km di altezza, l’ultimo dei quali posto a circa 50 km dalla conclusione, per cui la tappa sembra favorire i velocisti.
Antonio Scarfone

Romain Grégoire vince la prima tappa del Giro del Lussemburgo (foto: Getty Image)
VINGEGAARD IL PIU’ FORTE, PEDERSEN IL PIU’ COMPLETO, TIBERI IL PIU’ DELUDENTE: LE NOSTRE PAGELLE ALLA VUELTA 2025
settembre 16, 2025 by Redazione
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Ecco le pagelle della Vuelta terminata domenica scorsa
JONAS VINGEGAARD. Il danese vince meritatamente la Vuelta 2025 e le tre vittorie di tappa ne suggellano la superiorità. Ma chissà se la cronometro di Valladolid non fosse stata accorciata… Era comunque l’uomo da battere e non è stato battuto.
JOÃO ALMEIDA . A conti fatti va davvero vicino alla clamorosa sorpresa e l’accorciamento della cronometro di Valladolid pesa come un macigno su quello che poteva essere e non è stato. Il portoghese conferma di avere una scorza durissima e la bella vittoria sull’Angliru è una testimonianza visibile. VOTO: 8.5
MADS PEDERSEN . Un gigante del ciclismo attuale. Dopo la vittoria della maglia verde al Giro, si riconferma in Spagna vincendo anche la tappa di Monforte de Lemos. VOTO: 8.5
TOM PIDCOCK . Il britannico parte con i fari spenti ma nel corso delle tre settimane dimostra di poter essere uomo da GT e addirittura alla fine sale sul gradino più basso del podio. Una bella iniezione di fiducia per un ciclista che è sempre stato considerato uomo da classiche. VOTO: 8
JAI HINDLEY . Anche l’australiano merita un voto molto alto perchè dopo la vittoria al Giro del 2022 era uscito un po’ dai radar. Il quarto posto della Vuelta gli potrà dar la fiducia necessaria per riprendere il discorso con i GT. VOTO: 8
MATTHEW RICCITELLO. Vince nella sorpresa generale la classifica di miglior giovane e dimostra di avere i numeri per diventare un ciclista di ottimo livello. VOTO: 8
JAY VINE Vince la classifica dei GPM con fughe dalla lunga distanza che sono ormai diventate un suo marchio di fabbrica. Ma quando c’è da spremersi per la squadra aiuta Almeida dimostrando di essere anche un validissimo gregario. Le vittorie a Pal e a Larra Belagua incorniciano una prestazione complessiva di alto livello. VOTO: 8
GIULIO PELLIZZARI. Il sogno della maglia bianca si infrange sulle durissime pendenze della Bola del Mundo ma il ciclista marchigiano ha le carte in regola per diventare uno dei migliori ciclisti italiani da GT. La vittoria sull’Alto de El Morredero potrà raccontarla ai suoi nipoti. VOTO: 7.5
JASPER PHILIPSEN. Dimostra di essere il velocista più forte della Vuelta con la vittoria in tre tappe, tutte in volata. Ma per la classifica della maglia verde deve arrendersi a Pedersen e a Vingegaard, terminando in terza posizione. VOTO: 7.5
FILIPPO GANNA. Una Vuelta in cui l’unico acuto del piemontese è la vittoria nella cronometro accorciata di Valladolid che comunque gli vale una sufficienza piena. Per il resto qualche tentativo di fuga e qualche accelerazione in testa al gruppo a protezione di Bernal. VOTO: 7
DAVID GAUDU. Vince a Ceres battendo in una volata ristretta e in salita nientepopodimenoché Mads Pedersen e Jonas Vingegaard. Indossa la maglia rossa il giorno dopo al termine della tappa di Voiron togliendola proprio a Vingegaard. VOTO: 7
TORSTEIN TRÆEN. Il norvegese va in fuga nella tappa di Pal e si prende la maglia rossa, portandola sulle spalle per altre quattro tappe. VOTO: 7
BEN TURNER Il britannico vince la tappa di Voiron dimostrando di avere buoni numeri da velocista. VOTO: 6.5
JUAN AYUSO Esce subito fuori dalla classifica generale e si concentra sulla vittorie di tappa. Riesce a vincere la settima tappa a Cerler dopo una fuga a lunga gittata; per il resto una Vuelta abbastanza tranquilla in vista dell’addio all’UAE Team Emirates XRG VOTO: 6
EGAN BERNAL La vittoria nella tappa di Castro de Erville è sufficiente, appunto, per prendere un voto sufficiente, ma il colombiano doveva essere – almeno nelle previsioni della vigilia – uno dei principali avversari di Vingegaard. Continuiamo ad aspettarlo. VOTO: 6
MARC SOLER. Vince la tappa dei laghi di Somiedo e contribuisce a portare l’ennesima vittoria stagionale nel carniere dell’UAE Team Emirates XRG. VOTO: 6
GIULIO CICCONE. Dopo i primi 10 giorni molto positivi cala alla distanza e nella terza settimana resta solo un vago ricordo di ciò che aveva fatto vedere. Dopo la vittoria alla Classica di San Sebastian si pensava addirittura che potesse fare classifica e competere per la maglia rossa, ma evidentemente non è così. Adesso vediamo cosa farà ai Campionati Mondiali dove sarà uno dei capitani dell’Italia, ma l’abruzzese a nostro avviso va in Africa portandosi più dubbi che certezze. VOTO: 5
ANTONO TIBERI. La Vuelta di Tiberi è lo specchio della sua stagione, fatta di grandi attese ma senza nessun acuto degno di nota. Il terzo posto della Tirreno Adriatico e il secondo posto del Giro di Polonia sono i migliori risultati stagionali di un ciclista che deve ancora capire cosa vuol diventare, al di là dei problemi fisici che ha accusato nel 2025. VOTO: 4
Antonio Scarfone
16-09-2025
settembre 16, 2025 by Redazione
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TOUR OF POYANG LAKE (Cina)
L’estone Martin Laas (Quick Pro Team) si è imposto nella seconda tappa, Wucheng Paigong Alley – Jiujiang, percorrendo 104.3 Km in 2h21′04″, alla media di 44.362 Km/h. Ha preceduto allo sprint gli australiani John Carter (CCACHE x BODYWRAP) e Cameron Scott (CCACHE x BODYWRAP). Miglior italiano Lorenzo Cataldo /(Gragnano Sporting Club), 5°. Il tedesco Oliver Mattheis (BIKE AID) è ancora leader della classifica con 53″ sul russo Petr Rikunov (Chengdu DYC Cycling Team) e 57″ sul francese Lucas De Rossi (China Anta – Mentech Cycling Team). Miglior italiano Simone Lucca (Gragnano Sporting Club), 9° a 3′14″.
QUESTA È LA VUELTA BUONA: MA NON QUELLA (BRUTTA) DI VINGO
Questa volta, lo sport sta a zero. Giusto così.
Cronaca della tappa finale in due parole: corsa cancellata. Corridori fermati alle porte del circuito conclusivo di Madrid dopo difficoltà assortite già nell’avvicinamento. Ma nella capitale almeno centomila persone (centomila “secondo la Questura”, diciamo) si sono riunite in un reticolo di focolai che coagulano il fitto e variegato associazionismo – non personalista, non partitico, non verticistico – attraverso il quale la società civile spagnola è abituata a esprimersi.
E ciò che centinaia di migliaia di persone hanno ritenuto di esprimere lungo il corso di tutta questa Vuelta (ovviamente nei “rivoltosi” Paesi Baschi: ma così pure nella Galizia destrorsa e parimenti nell’ultraconservatrice Valladolid) è stato un messaggio semplice, uno slogan che proprio a Madrid trova le sue più profonde risonanze storiche: “NO PASARÁN”. L’insurrezione militare fascista guidata dal generale Franco, spinta dagli altri regimi europei affini, a Madrid sarebbe passata eccome, e così la dittatura avrebbe occupato lo Stato spagnolo per i successivi quarant’anni. Ma tutto passa – passa e trapassa – anche un dittatore mummificato in semivita, anche un regime quarantennale; mentre quel che resta, riemerge, rivive è la resistenza umana di chi non può accettare l’abominio e contro di esso si mobilita. Pur senza reali speranze di vittoria. Pur senza grandi risultati a cui aspirare. Non si ferma il genocidio fermando la Vuelta. Ma se si può, la si ferma. Non si ferma il genocidio ritirando il nome dello Stato genocida dal marchio di un team. Ma se si riesce, lo si fa ritirare. Non si sarebbe fermato il genocidio nemmeno ritirando tutto il team, ma se c’è chi sbandiera a chiare lettere di star finanziando quel team affinché la presenza dello stesso (con tanto di brand) nei grandi scenari sportivi internazionali possa essere ambasciatrice della cosiddetta NORMALIZZAZIONE rispetto a quanto accade in Israele e, di conseguenza, in Palestina, allora la risposta della società civile spagnola è stata altrettanto chiara: per dirla con un francesismo ciclistico, “PAS NORMAL”. Questa non è una guerra, questo è un genocidio, la cui eccezionalità storica e la cui incommensurabilità filosofica sono ormai tragicamente certificati da ogni sorta di dato o considerazione, anzitutto dalle prassi e dalle dichiarazioni stesse di chi lo mette in atto. L’imposizione graduale ma violenta di ciò che siamo costretti ad accettare (per l’impotenza delle società civili di fronte alla potenza degli Stati geopoliticamente privilegiati) si è scontrata con l’opposizione sostanzialmente non violenta di chi, altrettanto progressivamente, comincia a sentire di non poter accettare oltre.
E così questa volta è la povera Vuelta a España di ciclismo che, in effetti, non riuscirà proprio a passare. Podio finale di premiazione per pochi intimi, in un parcheggio di periferia, con gli atleti a raccogliere gli allori in piedi su dei frigobar.
La sensazione è di smacco, o di scacco matto. Probabilmente è stato meglio così, visto che sul podio finale come miglior giovane sarebbe salito – teoricamente faccia a faccia con la folla madrilena – anche lo statunitense Riccitello, portacolori proprio del team israeliano Premier Tech. Come anticipato, la squadra (dopo svariati dinieghi) ha rimosso in corsa la prima parola del proprio nome, “Israel”, senza tuttavia far lo stesso con le corrispondenti stelle di David. Il giovane talento americano ha conquistato sia la top 5 in generale sia, come detto, la classifica dei giovani, ambedue a discapito dell’italiano Pellizzari, andato in crisi proprio nell’ultima tappa di montagna. Dall’anno prossimo Riccitello s’imbarcherà nell’ambiziosa Decathlon e abbandonerà il team israeliano, già oggetto di un certo esodo da parte di altri atleti più o meno di punta (fra cui il capitano Derek Gee, che ha alluso proprio a ragioni d’insopportabilità etica). È evidente che la rimozione di Riccitello dalla competizione, qualora fosse stata ritirata l’intera squadra, avrebbe alterato molto significativamente il risultato sportivo, così come è comunque avvenuto in qualche misura per le tappe accorciate, forse non in modo così drastico a Bilbao, ma sicuramente in Galizia, dove è stata cassata l’ultima ascesa, e pure a Valladolid, dove la crono è stata ridotta a meno della metà del chilometraggio.
Aiuta certamente a far passare in cavalleria la dimensione sportiva il fatto che questa Vuelta avesse fin dalle premesse un valore tecnico modesto, che poi sarebbe ulteriormente scemato su strada. Un percorso senza insidie né sorprese né ambivalenze tecniche, disegnato con l’unica finalità di attrarre Pogacar, tradendo così la bella evoluzione cui la gara spagnola era andata incontro dalla fine degli anni ’10 ai primi anni ’20. Insomma, un deja-vu del Giro 2024, ma chiaramente senza Pogacar a insaporire il tutto con una spruzzata di spettacolo, pazzia ed esagerazione. Ecco, casomai qualcuno covasse dei dubbi, ebbene, stante questo ciclismo, per fortuna che Pogi c’è… quando c’è. La lotta fra un Vingegaard nettamente superiore come dotazione atletica, supportato da un team solido, e il primo gregario di Pogi, cioè il portoghese Almeida, circondato da un nugolo di co-capitani o co-gregari egoisti, tutti in cerca di spazietti e soddisfazioni personali, non ha proprio storia. Si direbbe quasi che non c’è lotta, complice lo stile pedissequo che caratterizza il solidissimo Almeida. Il resto della classifica generale, come al Tour, rasenta l’inesistente, fra giovani di bellissime speranze che accarezzano la top 5 pur essendo al secondo Grande Giro in un anno come il 21enne Pellizzari, o il suo già citato rivale Riccitello; e poi campioni in cerca di autore come Pidcock (straordinario comunque nel far podio in una squadretta di seconda fascia seppur seria come la Q36.5) o un ondivago Ciccone, che vede evaporare fra fastidi fisici vari la forma della vita; e ancora personaggi ormai attempati come Jai Hindley, miracolato quando capita da concorrenze leggerine, come stavolta, o il norvegese Traen, miracolato da un fugone. Due dico due gregari di Vingegaard, in aggiunta appunto a Vingegaard stesso. Vingegaard peraltro non si capisce mai se sia proprio stracotto o semplicemente si atteggi a tale per giustificare i pesanti forfait annunciati per fine stagione. Certo è che se in altri momenti era apparso far mondo a sé assieme al superuranio Pogi, o per lo meno degno pianeta di orbita prossima al Re Sole, questa volta invece la sensazione è quella dell’orbo sovrano in un regno di ciechi. Primus inter pares, fra l’altro, dato che spesso si accontenta di stare lungamente a ruota, riuscendo (o meno!) a prodursi soltanto in una o due stoccatine finali da pochi secondi. Unica eccezione, la bella mossa a sorpresa su una delle ascese più facili, Valdezcaray, nell’anonima nona tappa, che avrebbe fruttato coi suoi 24” conquistati su strada il 50% o più di tutto il vantaggio finale accumulato, al netto degli abbuoni. Più viva, come al Tour, la lotta per le tappe, con specialisti di peso a valorizzarle, Ganna a crono, Philipsen e Pedersen negli sprint, Bernal che si riscatta e torna a vincere una gara World Tour proprio sul tracciato della tappa trappola in Galizia che segnò negativamente la sua classifica generale nel 2021. E poi, appunto, bei gesti tecnici all’insù di Gaudu o Pellizzari, e ancora, piaccia o non piaccia (certamente suscita dubbi quantomeno strategici) la pioggia di tappe dell’armata UAE, anche se non si può certo dire né di Vine né di Ayuso né di Soler che abbiano fatto di più rispetto al proprio, in ogni senso. Per fortuna dello sport e per sfortuna di Almeida.
Ma la parentesi sportiva vale proprio la pena di chiuderla a fronte di altre considerazioni. Le più cruciali sono state espresse in apertura, ma ve ne sono altre di doverose. Da questa Vuelta emerge un’altra fondamentale lezione: il ciclismo è sport popolare in quanto sport di tutti e tutte, includendo coloro che del ciclismo sanno poco o nulla. Abbiamo ascoltato fino alla noia il ritornello del ciclismo “sport vulnerabile” o altre banalità quali “scindere lo sport dalla politica”. Ma compiacendosi in questi truismi sconcertanti si perde l’essenziale: anzitutto il fatto che la cosiddetta vulnerabilità sia una caratteristica intrinseca del ciclismo su strada, nonostante negli ultimi anni si vada affermando una retorica, proveniente non a caso da culture a lungo aliene a questo sport, secondo la quale il ciclismo deve assimilarsi al paradigma degli altri sport. Nel ciclismo le contingenze sono un elemento fondamentale della competizione. Il meteo mutevole e perfino inclemente. Le velocità e durate variabili, pressoché incontrollabili, frutto di un comportamento collettivo. L’improvvisa comparsa della malattia o del semplice malessere fisico. Gli animali in strada. Gli errori di percorso. Le forature. L’ammiraglia lontana. Finire nel gruppetto tatticamente “sbagliato” in un rimescolamento di carte tendenzialmente imprevedibile e incontrollabile. Essere ciclista vuol dire confrontarsi con se stessi e se stesse. Con ogni sorta di rivali. E, più di tutto, con le circostanze. Per quanto estranee o assurde. Le interruzioni sono state, come detto, sportivamente significative ma, in questo caso, in ultima analisi del tutto irrilevanti per il risultato. Bene. Ma anche se così non fosse stato, ebbene, la natura profonda di questo sport, fra tanti altri, pretende e comprende l’accettazione profonda di codesto stato di cose: cioè che praticare ciclismo su strada equivale a immischiarsi con una realtà fattuale densa, potente, pressante, ingombrante, invadente, incontrollabile. La STRADA ne è in effetti la metafora principe nella nostra cultura (dopo che a lungo lo è stato il mare, ora purtroppo al centro di metafore altre). La strada come “il Reale” con la R maiuscola, in ogni sua forma, manifestanti compresi. Ciò, e in certa misura possiamo soggiungere “purtroppo”, comprende anche l’aspetto più duro da digerire, cioè le cadute serie degli atleti, in questo caso due in totale, prodotte in un caso direttamente e nell’altro indirettamente dall’azione goffa o inappropriata di un manifestante. Atleti peraltro che nulla avevano a che vedere con il team Israel, ma questo è finanche secondario. Semmai andrebbe rovesciato il cannocchiale per rendersi conto di come, a fronte della magnitudine delle proteste popolari, il tasso di incidenti o episodi caratterizzabili lato sensu come violenti sia stato minimo. Per esperire la caoticità o semplice stupidità dell’essere umano in massa, ben intenzionato o meno, basta mettersi nel traffico motorizzato in una città qualsiasi in una giornata qualsiasi.
Questo ci riconduce al primo aspetto accennato sopra: il ciclismo è sport pubblico a livelli estremi. Quanto è accaduto in Spagna si deve – oltreché alla volontà popolare di una cittadinanza le cui porte e finestre si affacciano sulle strade e sulle piazze che la Vuelta attraversa – anche alla volontà politica di un governo con una visione chiara sul tema palestinese. Da questa visione è discesa una politica netta: consentire le manifestazioni. Non fomentarle né scatenarle: per mettere in sicurezza l’ultima tappa di Madrid è stato disposto un effettivo di polizia pari al doppio (!) di quello che venne attuato, per dire, allo scopo di garantire il vertice NATO ivi tenutosi. Al contempo si è deciso di NON usare ogni mezzo lecito o illecito per frenare le manifestazioni stesse, anche qualora esse dovessero arrivare al punto di bloccare… beh, una gara di ciclismo. Le priorità sono perfettamente chiare e francamente condivisibili. Sono le istituzioni pubbliche che rendono fisicamente possibile il ciclismo su strada, e dunque lo rendono possibile nella misura in cui esso è in linea con le priorità di tali istituzioni. La Vuelta è divenuta l’altoparlante con cui il governo spagnolo ha collocato nella notiziabilità mondiale (tranne che in Italia, praticamente) la voce della propria popolazione, su tutti i principali mezzi a stampa dei maggiori paesi occidentali, come minimo. Il New York Times, Le Monde, Le Figaro, The Guardian, Die Zeit e così via hanno messo in pagina un evento che normalmente avrebbero trascurato se non come una noticina in una sottosezione. Va a sé che la televisione pubblica spagnola è fondamentale per la Vuelta come la RAI lo è per il Giro, e ha dato visibilità alle proteste, senza incentivarle al di là della visibilità stessa (che già è moltissimo) ma anche senza stigmatizzarle. Tutto ciò non è stato un abuso né un’intromissione. Non si corre ciclismo su strada se non così. E va benissimo. Va benissimo che il ciclismo debba scendere a patti con le persone che vivono nelle case e lavorano nelle fabbriche attorno ai suoi percorsi, ai suoi villaggi di partenza e ai suoi traguardi. Va benissimo che il ciclismo ci ricordi l’esistenza di una dimensione pubblica e collettiva che non si amministra e gestisce se non pubblicamente e collettivamente, come spazio di negoziazione e dialogo continui.
Gli organizzatori si trovano, ahiloro, incastrati fra molteplici fedeltà e molteplici imbarazzi. Le imprese degli sponsor, che pure mettono soldi. Le autorità locali che magari, come nel caso di Madrid, pure mettono soldi e sono di orientamento politico opposto rispetto al governo centrale. In qualche modo la soluzione scelta in questo caso è “andiamo avanti comunque”, “riduciamo il danno”, facciamo quanto più possibile finta di niente, scarichiamo il barile, la nostra forza starà nel non fermarci, nel non farci imporre (quasi) niente da nessun manifestante, nel giocare al gatto col topo spostando i traguardi. Delle istituzioni sportive e relative ipocrisie non parliamo neppure perché ci sarebbe di che intristirsi. Ecco, stavolta lo sport come “semplice lavoro”, ma soprattutto lo sport come “potere autonomo” ha proprio perso. Ed è un’ottima notizia. Per vincere, come quando si è in fuga, avrebbe dovuto parlare, collaborare, fronteggiare le circostanze aprendosi ad accordi trasversali sia pure con apparenti controparti. Ma lo sport non ne è all’altezza oggi come non lo è quasi mai stato, e come non lo fu, per dire, nelle Olimpiadi del 1968.
Gabriele Bugada

Il podio della Vuelta 2025 (foto Bram Berkien/Team Visma Lease a Bike)
15-09-2025
settembre 15, 2025 by Redazione
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TOUR OF POYANG LAKE (Cina)
Il tedesco Oliver Mattheis (BIKE AID) si è imposto nella prima tappa, Lushan – Lushan Scenic Area, percorrendo 88.6 Km in 2h17′28″, alla media di 38.671 Km/h. Ha preceduto di 49″ il russo Petr Rikunov (Chengdu DYC Cycling Team) e 51″ il francese Lucas De Rossi (China Anta – Mentech Cycling Team). Miglior italiano Simone
Lucca (Gragnano Sporting Club), 9° a 3′04″. Mattheis è il primo leader della classifica con 53″ su Rikunov e 57″ su De Rossi. Miglior italiano Lucca, 9° a 3′14″.
POGACAR E MC NULTY SHOW: DOMINIO UAE, VITTORIA DELLO STATUTINENSE
Tadej Pogačar e Brandon McNulty dominano il GP di Montréal, dopo una corsa ricca di attacchi e selezione, i due uomini UAE hanno fatto il vuoto nell’ultimo giro: lo sloveno ha gestito la situazione e con grande generosità ha lasciato il successo al compagno di squadra statunitense. Terzo posto per Quinn Simmons, staccato di oltre un minuto.
La corsa si apre subito con grande vivacità: sette corridori provano a prendere il largo, tra cui Andrew August, Artem Shmidt e Jørgen Nordhagen. Dopo una sessantina di chilometri, però, gli attacchi si moltiplicano e un nuovo drappello di inseguitori si porta davanti, fino a formare un gruppo più folto con nomi come Alex Baudin, Mauro Schmid e Jan Tratnik. La UAE Team Emirates prende in mano la situazione e inizia a dettare un ritmo severo, riducendo progressivamente il margine degli attaccanti. Diversi protagonisti si arrendono, tra cui Victor Lafay e Lewis Askey, finché restano solo sei uomini in testa. La corsa si accende ulteriormente sulla Côte Camillien-Houde: qui si staccano corridori di rilievo come Wout van Aert e Michael Matthews, mentre Baudin tenta un allungo solitario, presto neutralizzato. Con Tim Wellens e Pavel Sivakov a guidare il forcing, il gruppo si assottiglia giro dopo giro. Persino Julian Alaphilippe deve alzare bandiera bianca. A 36 km dall’arrivo è Brandon McNulty a rompere gli equilibri: con lui si muovono Quinn Simmons, Louis Barrè e Tadej Pogačar, che rapidamente si porta al comando. Il quartetto guadagna mezzo minuto, ma Barrè non regge il passo. A 23 km dal traguardo Pogačar cambia marcia e si invola, salvo poi rallentare per attendere McNulty. I due proseguono insieme, mentre Simmons resta staccato. Il vantaggio cresce fino a superare il minuto nell’ultimo giro. Gli ultimi chilometri diventano una passerella per la coppia UAE, con lo sloveno che lascia generosamente la vittoria al compagno. Brandon McNulty taglia così il traguardo a braccia alzate, abbracciato dal campione del mondo. Simmons completa il podio, terzo a poco più di un minuto.
Antonio Scarfone

Pogacar lascia la vittoria a Mc Nulty (Photo credit: Getty Images)