VINCE MATHIEU, MA NON E’ VAN DER POEL. KOCKELMANN SORPRENDE TUTTI A MAMER

settembre 18, 2025 by Redazione  
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A Mamer inaspettata vittoria del ventunenne lussemburghese Mathieu Kockelmann (Nazionale Lussemburghese) che in volata ha la meglio su Andrea Vendrame (Decathlon AG2R La Mondiale) e Tom Donnerwirth (Team Groupama FDJ). Romain Grégoire resta in maglia gialla

I tre gpm che caratterizzano la seconda tappa del Giro del Lussemburgo da Remich a Mamer non sono tali da impensierire più di tanto i velocisti anche perchè dallo scollinamento dell’ultimo ci sono quasi 50 km di strada pianeggiante. La tappa di oggi è probabilmente l’unica in cui vedremo una volata a ranghi compatti e la maglia gialla di Romain Gregoire (Team Groupama FDJ) potrebbe essere messa a rischio da Marijn van den Berg (Team EF Education EasyPost), secondo in classifica generale e dotato di un ottimo spunto veloce. Oggi saranno da considerare anche gli abbuoni dei quattro traguardi volanti che potrebbero a loro volta influire sulla composizione della classifica generale al termine della tappa. La fuga di giornata odierna vedeva protagonisti sette ciclisti ovvero Baptiste Gillet (Team Arkéa – B&B Hôtels), Jonas Geens (Team Flanders – Baloise), Victor Papon (Team Wagner Bazin WB), Pedro Pinto (Team Efapel Cycling), Loïc Bettendorff (Team Hrinkow Advarics), Malte Hellerup (Team ColoQuick) e Mil Morang (Nazionale Lussemburghese). Bettendorff scollinava in prima posizione sul primo gpm della Côte de Wintrange posto al km 8.4. Dopo 35 km la fuga aveva 3 minuti e 15 secondi di vantaggio sul gruppo maglia gialla. Papon si aggiudicava il primo traguardo volante di Remich posto al km 39.6. Hellerup scollinava in prim aposizione sul secondo gpm della Côte de Remerschen posto al km 49.7. Morang scollinava in prima posizione sul terzo ed ultimo gpm della Montée de Mariendallerhaff posto al km 124.1. La fuga veniva ripresa definitivamente a 5 km dalla conclusione. Nella volata di gruppo ad imporsi era sorprendentemente Mathieu Kockelmann (Nazionale Lussemburghese), alla prima vittoria da pro, davanti ad Andrea Vendrame (Decathlon AG2R La Mondiale) e Tom Donnerwirth (Team Groupama FDJ) mentre. Quarto era Tibor Del Grosso (Team Alpecin Deceuninck) e quinto Van den Berg, che doveva così rinunciare ai sogni di gloria. In classifica generale Grégoire resta in maglia gialla con 4 secondi di vantaggio su Vendrame e Van den Berg. Domani è in programma la terza tappa da Mertent a Vianden di 170.5 km. La Montée de Beaufort e la Montée de Munshausen faranno da antipasto alle tre scalate in rapida successione della Montée de Niklosbierg che si affronterà nel circuto finale da ripetere appunto tre volte. Questa salita è lunga 2.8 km ed ha una pendenza media del 9.3%, perciò prepariamoci ad una bella lotta tra i big di classifica.

Antonio Scarfone

Mathieu Kockelmann vince a Mamer (foto: Getty Images)

Mathieu Kockelmann vince a Mamer (foto: Getty Images)

GP DI VALLONIA 2025, SPRINT IRRESISTIBILE DI ARNAUD DE LIE

settembre 18, 2025 by Redazione  
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Il “Toro di Lescheret” trionfa davanti al pubblico di casa a Namur. Sul podio Jeannière e Girmay, quinto posto per Matteo Trentin

Arnaud De Lie si conferma uno degli uomini più in forma del panorama internazionale conquistando il GP di Vallonia 2025. Sulla salita finale che porta alla Cittadella di Namur il corridore della Lotto ha sfoderato tutta la sua potenza, anticipando la volata a 250 metri dal traguardo e resistendo al ritorno degli avversari. Per lui è il 31° successo in carriera, il quinto stagionale, festeggiato davanti al pubblico di casa.

La corsa, giunta alla sua 65ª edizione, ha visto i primi scatti andare a buon fine con un quintetto in fuga composto da Edoardo Zamperini (Arkéa – B&B Hotels), Kamil Gradek ( Bahrain – Victorious), Martin Urianstad Bugge (Uno-X Mobility), Bram Dissel (BEAT Cycling Club) e Kenny Molly (Van Rysel Roubaix). Il gruppo ha sempre mantenuto il controllo della situazione, non lasciando mai troppo spazio. L’azione dei battistrada si è esaurita ai -15 km, proprio quando iniziava la salita della Tienne aux Pierres, preludio al gran finale.
Nel tratto conclusivo è stato Victor Lafay (Decathlon AG2R La Mondiale) a tentare l’allungo decisivo ai piedi della Cittadella, guadagnando pochi secondi che hanno fatto tremare il gruppo. Il francese, però, è stato ripreso a 300 metri dall’arrivo, dove De Lie ha lanciato la sua progressione devastante, tenendo a bada Emilien Jeannière (TotalEnergies), ancora una volta brillante ma costretto al secondo posto, e l’eritreo Biniam Girmay (Intermarché-Wanty), terzo.
Ai piedi del podio si è piazzato il vincitore della scorsa edizione Roger Adrià (Red Bull-Bora-hansgrohe), mentre Matteo Trentin (Tudor Pro Cycling Team) ha centrato un buon quinto posto, unico italiano nella top ten.
De Lie, accolto dall’ovazione del pubblico belga, ha così aperto nel migliore dei modi la fase finale della stagione, confermandosi come uno dei corridori più attesi nelle classiche di settembre.

Mario Prato

Arnaud De Lie vince il Grand Prix de Wallonie (foto Luc Claessen/Getty Images)

Arnaud De Lie vince il Grand Prix de Wallonie (foto Luc Claessen/Getty Images)

ROMAIN GREGOIRE VINCE A LUSSEMBURGO ED E SUBITO MAGLIA GIALLA

settembre 17, 2025 by Redazione  
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Romain Grégoire (Team Groupama FDJ) doma le pendenze in doppia cifra delle ultime centinaia di metri del traguardo di Lussemburgo e vince la prima tappa del Giro del Granducato davanti a Marijn van den Berg (Team EF Education EasyPost) e Marc Hirschi (Tudor Pro Cycling Team)

Nella settimana tra la fine della Vuelta e l’inizio dei Campionati del Mondo in Ruanda il calendario ciclistico presenta comunque corse di un giorno (GP de Wallonie, Kampioenschap van Vlaanderen e Super 8 Classic) ma anche un interessante Giro del Lussemburgo, corsa a tappe di cinque giorni che quest’anno offre un percorso davvero interessante con quattro tappe in linea mosse ed una cronometro di oltre 26 km che può incidere molto sul risultato finale. Assente Antonio Tiberi, vincitore nel 2024, la battaglia per la vittoria finale è molto aperta. Tra i ciclisti che partono in pole position segnaliamo Romain Gregoire (Team Groupama FDJ), fresco vincitore del Tour of Britain davanti nientepopodimeno che a Remco Evenepoel (Team Soudal Quick Step). Altri avversari degni di nota saranno, in ordine sparso, Mattias Skjelmose Jensen (Team Lidl Trek), Richard Carapaz e Ben Healy (Team EF Education EasyPost), Nicolas Prodhomme ed Aurelien Paret-Peintre (Decathlon AG2R La Mondiale Team), Brandon McNulty (UAE Team Emirates), Marc Hirschi (udor Pro Cycling Team). Si parte con la prima tappa da Lussemburgo a Lussemburgo di 152.8 km con quattro gpm che non superano i 3 km e mezzo ma che hanno tutti pendenze in doppia cifra in alcuni tratti. In particolare l’ultimo gpm di giornata, la Côte de Stafelter, ha il km iniziale che sale all’11% ed anche il finale di tappe prevede l’arrivo in costate salita con oltre 500 m a quasi il 9% di pendenza media. Insomma i velocisti avranno una bella gatta da pelare per competere per la vittoria ed indossare la prima maglia gialla. Dopo la partenza da Lussemburgo la fuga di giornata si concretizzava soltanto dopo una ventina di km grazie all’azione di sei ciclisti ovvero Andrea Pietrobon (Team Polti Visit Malta), Quentin Bezza (Team Wagner Bazin WB), André Carvalho (Team Efapel Cycling), Malte Hellerup (Team ColoQuick), Mats Berns e Mil Morang (Nazionale Lussemburghese), Ellerup scollinava in prima posizione sul gpm della Montée de Putscheid posto al km 53 e sul gpm della Côte de Bourscheid posto al km 66.4. Era invece Morang a scollinare per primo sul successivo gpm della Côte de Eschdorf posto al km 89.3. A 50 km dalla conclusione il vantaggio della fuga sul gruppo inseguitore era di poco superiore ai 2 minuti. Pietrobon si aggiudicava il primo traguardo volante di Mertzig posto al km 101.8. Il ciclista italiano si ripeteva qualche km più in là vincendo anche il secondo traguardo volante di Mersch posto al km 128.9. La fuga veniva definitivamente ripresa a 12 km dall’arrivo. Negli ultimi 10 km si segnalavano alcuni attacchi isolati tra cui quello di Richard Carapaz (Team EF Education EasyPost) che però venivano tutti annullati dal gruppo che si accingeva a lanciare la volata dei propri uomini veloci visto che era ancora abbastanza compatto. A fare la differenza però erano gli ultimi 200 metri in doppia cifra nei quali un perentorio attacco di Romain Grégoire (Team Groupama FDJ) consentiva al francese di tagliare per primo il traguardo davanti a Marijn van den Berg (Team EF Education EasyPost) e Marc Hirschi (Tudor Pro Cycling Team). Chiudevano la top five Andrea Vedrame (Decathlon AG2R La Mondiale) in quarta posizione e Tibor Del Grosso (Team Alpecin Deceuninck) in quinta posizione. Dopo la vittoria del Tour of Britain Grégoire conferma di avere un’ottima gamba e veste la prima maglia gialal del Giro del Lussemburgo. Domani è in programma la seconda tappa da Remich a Mamr di 168.4 km. Il gruppo dovrà affrontare tre facili gpm che non superano i 2 km di altezza, l’ultimo dei quali posto a circa 50 km dalla conclusione, per cui la tappa sembra favorire i velocisti.

Antonio Scarfone

Romain Grégoire vince la prima tappa del Giro del Lussemburgo (foto: Getty Image)

Romain Grégoire vince la prima tappa del Giro del Lussemburgo (foto: Getty Image)

QUESTA È LA VUELTA BUONA: MA NON QUELLA (BRUTTA) DI VINGO

settembre 15, 2025 by Redazione  
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Questa volta, lo sport sta a zero. Giusto così.

Cronaca della tappa finale in due parole: corsa cancellata. Corridori fermati alle porte del circuito conclusivo di Madrid dopo difficoltà assortite già nell’avvicinamento. Ma nella capitale almeno centomila persone (centomila “secondo la Questura”, diciamo) si sono riunite in un reticolo di focolai che coagulano il fitto e variegato associazionismo – non personalista, non partitico, non verticistico – attraverso il quale la società civile spagnola è abituata a esprimersi.
E ciò che centinaia di migliaia di persone hanno ritenuto di esprimere lungo il corso di tutta questa Vuelta (ovviamente nei “rivoltosi” Paesi Baschi: ma così pure nella Galizia destrorsa e parimenti nell’ultraconservatrice Valladolid) è stato un messaggio semplice, uno slogan che proprio a Madrid trova le sue più profonde risonanze storiche: “NO PASARÁN”. L’insurrezione militare fascista guidata dal generale Franco, spinta dagli altri regimi europei affini, a Madrid sarebbe passata eccome, e così la dittatura avrebbe occupato lo Stato spagnolo per i successivi quarant’anni. Ma tutto passa – passa e trapassa – anche un dittatore mummificato in semivita, anche un regime quarantennale; mentre quel che resta, riemerge, rivive è la resistenza umana di chi non può accettare l’abominio e contro di esso si mobilita. Pur senza reali speranze di vittoria. Pur senza grandi risultati a cui aspirare. Non si ferma il genocidio fermando la Vuelta. Ma se si può, la si ferma. Non si ferma il genocidio ritirando il nome dello Stato genocida dal marchio di un team. Ma se si riesce, lo si fa ritirare. Non si sarebbe fermato il genocidio nemmeno ritirando tutto il team, ma se c’è chi sbandiera a chiare lettere di star finanziando quel team affinché la presenza dello stesso (con tanto di brand) nei grandi scenari sportivi internazionali possa essere ambasciatrice della cosiddetta NORMALIZZAZIONE rispetto a quanto accade in Israele e, di conseguenza, in Palestina, allora la risposta della società civile spagnola è stata altrettanto chiara: per dirla con un francesismo ciclistico, “PAS NORMAL”. Questa non è una guerra, questo è un genocidio, la cui eccezionalità storica e la cui incommensurabilità filosofica sono ormai tragicamente certificati da ogni sorta di dato o considerazione, anzitutto dalle prassi e dalle dichiarazioni stesse di chi lo mette in atto. L’imposizione graduale ma violenta di ciò che siamo costretti ad accettare (per l’impotenza delle società civili di fronte alla potenza degli Stati geopoliticamente privilegiati) si è scontrata con l’opposizione sostanzialmente non violenta di chi, altrettanto progressivamente, comincia a sentire di non poter accettare oltre.

E così questa volta è la povera Vuelta a España di ciclismo che, in effetti, non riuscirà proprio a passare. Podio finale di premiazione per pochi intimi, in un parcheggio di periferia, con gli atleti a raccogliere gli allori in piedi su dei frigobar.
La sensazione è di smacco, o di scacco matto. Probabilmente è stato meglio così, visto che sul podio finale come miglior giovane sarebbe salito – teoricamente faccia a faccia con la folla madrilena – anche lo statunitense Riccitello, portacolori proprio del team israeliano Premier Tech. Come anticipato, la squadra (dopo svariati dinieghi) ha rimosso in corsa la prima parola del proprio nome, “Israel”, senza tuttavia far lo stesso con le corrispondenti stelle di David. Il giovane talento americano ha conquistato sia la top 5 in generale sia, come detto, la classifica dei giovani, ambedue a discapito dell’italiano Pellizzari, andato in crisi proprio nell’ultima tappa di montagna. Dall’anno prossimo Riccitello s’imbarcherà nell’ambiziosa Decathlon e abbandonerà il team israeliano, già oggetto di un certo esodo da parte di altri atleti più o meno di punta (fra cui il capitano Derek Gee, che ha alluso proprio a ragioni d’insopportabilità etica). È evidente che la rimozione di Riccitello dalla competizione, qualora fosse stata ritirata l’intera squadra, avrebbe alterato molto significativamente il risultato sportivo, così come è comunque avvenuto in qualche misura per le tappe accorciate, forse non in modo così drastico a Bilbao, ma sicuramente in Galizia, dove è stata cassata l’ultima ascesa, e pure a Valladolid, dove la crono è stata ridotta a meno della metà del chilometraggio.

Aiuta certamente a far passare in cavalleria la dimensione sportiva il fatto che questa Vuelta avesse fin dalle premesse un valore tecnico modesto, che poi sarebbe ulteriormente scemato su strada. Un percorso senza insidie né sorprese né ambivalenze tecniche, disegnato con l’unica finalità di attrarre Pogacar, tradendo così la bella evoluzione cui la gara spagnola era andata incontro dalla fine degli anni ’10 ai primi anni ’20. Insomma, un deja-vu del Giro 2024, ma chiaramente senza Pogacar a insaporire il tutto con una spruzzata di spettacolo, pazzia ed esagerazione. Ecco, casomai qualcuno covasse dei dubbi, ebbene, stante questo ciclismo, per fortuna che Pogi c’è… quando c’è. La lotta fra un Vingegaard nettamente superiore come dotazione atletica, supportato da un team solido, e il primo gregario di Pogi, cioè il portoghese Almeida, circondato da un nugolo di co-capitani o co-gregari egoisti, tutti in cerca di spazietti e soddisfazioni personali, non ha proprio storia. Si direbbe quasi che non c’è lotta, complice lo stile pedissequo che caratterizza il solidissimo Almeida. Il resto della classifica generale, come al Tour, rasenta l’inesistente, fra giovani di bellissime speranze che accarezzano la top 5 pur essendo al secondo Grande Giro in un anno come il 21enne Pellizzari, o il suo già citato rivale Riccitello; e poi campioni in cerca di autore come Pidcock (straordinario comunque nel far podio in una squadretta di seconda fascia seppur seria come la Q36.5) o un ondivago Ciccone, che vede evaporare fra fastidi fisici vari la forma della vita; e ancora personaggi ormai attempati come Jai Hindley, miracolato quando capita da concorrenze leggerine, come stavolta, o il norvegese Traen, miracolato da un fugone. Due dico due gregari di Vingegaard, in aggiunta appunto a Vingegaard stesso. Vingegaard peraltro non si capisce mai se sia proprio stracotto o semplicemente si atteggi a tale per giustificare i pesanti forfait annunciati per fine stagione. Certo è che se in altri momenti era apparso far mondo a sé assieme al superuranio Pogi, o per lo meno degno pianeta di orbita prossima al Re Sole, questa volta invece la sensazione è quella dell’orbo sovrano in un regno di ciechi. Primus inter pares, fra l’altro, dato che spesso si accontenta di stare lungamente a ruota, riuscendo (o meno!) a prodursi soltanto in una o due stoccatine finali da pochi secondi. Unica eccezione, la bella mossa a sorpresa su una delle ascese più facili, Valdezcaray, nell’anonima nona tappa, che avrebbe fruttato coi suoi 24” conquistati su strada il 50% o più di tutto il vantaggio finale accumulato, al netto degli abbuoni. Più viva, come al Tour, la lotta per le tappe, con specialisti di peso a valorizzarle, Ganna a crono, Philipsen e Pedersen negli sprint, Bernal che si riscatta e torna a vincere una gara World Tour proprio sul tracciato della tappa trappola in Galizia che segnò negativamente la sua classifica generale nel 2021. E poi, appunto, bei gesti tecnici all’insù di Gaudu o Pellizzari, e ancora, piaccia o non piaccia (certamente suscita dubbi quantomeno strategici) la pioggia di tappe dell’armata UAE, anche se non si può certo dire né di Vine né di Ayuso né di Soler che abbiano fatto di più rispetto al proprio, in ogni senso. Per fortuna dello sport e per sfortuna di Almeida.

Ma la parentesi sportiva vale proprio la pena di chiuderla a fronte di altre considerazioni. Le più cruciali sono state espresse in apertura, ma ve ne sono altre di doverose. Da questa Vuelta emerge un’altra fondamentale lezione: il ciclismo è sport popolare in quanto sport di tutti e tutte, includendo coloro che del ciclismo sanno poco o nulla. Abbiamo ascoltato fino alla noia il ritornello del ciclismo “sport vulnerabile” o altre banalità quali “scindere lo sport dalla politica”. Ma compiacendosi in questi truismi sconcertanti si perde l’essenziale: anzitutto il fatto che la cosiddetta vulnerabilità sia una caratteristica intrinseca del ciclismo su strada, nonostante negli ultimi anni si vada affermando una retorica, proveniente non a caso da culture a lungo aliene a questo sport, secondo la quale il ciclismo deve assimilarsi al paradigma degli altri sport. Nel ciclismo le contingenze sono un elemento fondamentale della competizione. Il meteo mutevole e perfino inclemente. Le velocità e durate variabili, pressoché incontrollabili, frutto di un comportamento collettivo. L’improvvisa comparsa della malattia o del semplice malessere fisico. Gli animali in strada. Gli errori di percorso. Le forature. L’ammiraglia lontana. Finire nel gruppetto tatticamente “sbagliato” in un rimescolamento di carte tendenzialmente imprevedibile e incontrollabile. Essere ciclista vuol dire confrontarsi con se stessi e se stesse. Con ogni sorta di rivali. E, più di tutto, con le circostanze. Per quanto estranee o assurde. Le interruzioni sono state, come detto, sportivamente significative ma, in questo caso, in ultima analisi del tutto irrilevanti per il risultato. Bene. Ma anche se così non fosse stato, ebbene, la natura profonda di questo sport, fra tanti altri, pretende e comprende l’accettazione profonda di codesto stato di cose: cioè che praticare ciclismo su strada equivale a immischiarsi con una realtà fattuale densa, potente, pressante, ingombrante, invadente, incontrollabile. La STRADA ne è in effetti la metafora principe nella nostra cultura (dopo che a lungo lo è stato il mare, ora purtroppo al centro di metafore altre). La strada come “il Reale” con la R maiuscola, in ogni sua forma, manifestanti compresi. Ciò, e in certa misura possiamo soggiungere “purtroppo”, comprende anche l’aspetto più duro da digerire, cioè le cadute serie degli atleti, in questo caso due in totale, prodotte in un caso direttamente e nell’altro indirettamente dall’azione goffa o inappropriata di un manifestante. Atleti peraltro che nulla avevano a che vedere con il team Israel, ma questo è finanche secondario. Semmai andrebbe rovesciato il cannocchiale per rendersi conto di come, a fronte della magnitudine delle proteste popolari, il tasso di incidenti o episodi caratterizzabili lato sensu come violenti sia stato minimo. Per esperire la caoticità o semplice stupidità dell’essere umano in massa, ben intenzionato o meno, basta mettersi nel traffico motorizzato in una città qualsiasi in una giornata qualsiasi.

Questo ci riconduce al primo aspetto accennato sopra: il ciclismo è sport pubblico a livelli estremi. Quanto è accaduto in Spagna si deve – oltreché alla volontà popolare di una cittadinanza le cui porte e finestre si affacciano sulle strade e sulle piazze che la Vuelta attraversa – anche alla volontà politica di un governo con una visione chiara sul tema palestinese. Da questa visione è discesa una politica netta: consentire le manifestazioni. Non fomentarle né scatenarle: per mettere in sicurezza l’ultima tappa di Madrid è stato disposto un effettivo di polizia pari al doppio (!) di quello che venne attuato, per dire, allo scopo di garantire il vertice NATO ivi tenutosi. Al contempo si è deciso di NON usare ogni mezzo lecito o illecito per frenare le manifestazioni stesse, anche qualora esse dovessero arrivare al punto di bloccare… beh, una gara di ciclismo. Le priorità sono perfettamente chiare e francamente condivisibili. Sono le istituzioni pubbliche che rendono fisicamente possibile il ciclismo su strada, e dunque lo rendono possibile nella misura in cui esso è in linea con le priorità di tali istituzioni. La Vuelta è divenuta l’altoparlante con cui il governo spagnolo ha collocato nella notiziabilità mondiale (tranne che in Italia, praticamente) la voce della propria popolazione, su tutti i principali mezzi a stampa dei maggiori paesi occidentali, come minimo. Il New York Times, Le Monde, Le Figaro, The Guardian, Die Zeit e così via hanno messo in pagina un evento che normalmente avrebbero trascurato se non come una noticina in una sottosezione. Va a sé che la televisione pubblica spagnola è fondamentale per la Vuelta come la RAI lo è per il Giro, e ha dato visibilità alle proteste, senza incentivarle al di là della visibilità stessa (che già è moltissimo) ma anche senza stigmatizzarle. Tutto ciò non è stato un abuso né un’intromissione. Non si corre ciclismo su strada se non così. E va benissimo. Va benissimo che il ciclismo debba scendere a patti con le persone che vivono nelle case e lavorano nelle fabbriche attorno ai suoi percorsi, ai suoi villaggi di partenza e ai suoi traguardi. Va benissimo che il ciclismo ci ricordi l’esistenza di una dimensione pubblica e collettiva che non si amministra e gestisce se non pubblicamente e collettivamente, come spazio di negoziazione e dialogo continui.
Gli organizzatori si trovano, ahiloro, incastrati fra molteplici fedeltà e molteplici imbarazzi. Le imprese degli sponsor, che pure mettono soldi. Le autorità locali che magari, come nel caso di Madrid, pure mettono soldi e sono di orientamento politico opposto rispetto al governo centrale. In qualche modo la soluzione scelta in questo caso è “andiamo avanti comunque”, “riduciamo il danno”, facciamo quanto più possibile finta di niente, scarichiamo il barile, la nostra forza starà nel non fermarci, nel non farci imporre (quasi) niente da nessun manifestante, nel giocare al gatto col topo spostando i traguardi. Delle istituzioni sportive e relative ipocrisie non parliamo neppure perché ci sarebbe di che intristirsi. Ecco, stavolta lo sport come “semplice lavoro”, ma soprattutto lo sport come “potere autonomo” ha proprio perso. Ed è un’ottima notizia. Per vincere, come quando si è in fuga, avrebbe dovuto parlare, collaborare, fronteggiare le circostanze aprendosi ad accordi trasversali sia pure con apparenti controparti. Ma lo sport non ne è all’altezza oggi come non lo è quasi mai stato, e come non lo fu, per dire, nelle Olimpiadi del 1968.

Gabriele Bugada

Il podio della Vuelta 2025 (foto Bram Berkien/Team Visma Lease a Bike)

Il podio della Vuelta 2025 (foto Bram Berkien/Team Visma Lease a Bike)

POGACAR E MC NULTY SHOW: DOMINIO UAE, VITTORIA DELLO STATUTINENSE

settembre 15, 2025 by Redazione  
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Tadej Pogačar e Brandon McNulty dominano il GP di Montréal, dopo una corsa ricca di attacchi e selezione, i due uomini UAE hanno fatto il vuoto nell’ultimo giro: lo sloveno ha gestito la situazione e con grande generosità ha lasciato il successo al compagno di squadra statunitense. Terzo posto per Quinn Simmons, staccato di oltre un minuto.

La corsa si apre subito con grande vivacità: sette corridori provano a prendere il largo, tra cui Andrew August, Artem Shmidt e Jørgen Nordhagen. Dopo una sessantina di chilometri, però, gli attacchi si moltiplicano e un nuovo drappello di inseguitori si porta davanti, fino a formare un gruppo più folto con nomi come Alex Baudin, Mauro Schmid e Jan Tratnik. La UAE Team Emirates prende in mano la situazione e inizia a dettare un ritmo severo, riducendo progressivamente il margine degli attaccanti. Diversi protagonisti si arrendono, tra cui Victor Lafay e Lewis Askey, finché restano solo sei uomini in testa. La corsa si accende ulteriormente sulla Côte Camillien-Houde: qui si staccano corridori di rilievo come Wout van Aert e Michael Matthews, mentre Baudin tenta un allungo solitario, presto neutralizzato. Con Tim Wellens e Pavel Sivakov a guidare il forcing, il gruppo si assottiglia giro dopo giro. Persino Julian Alaphilippe deve alzare bandiera bianca. A 36 km dall’arrivo è Brandon McNulty a rompere gli equilibri: con lui si muovono Quinn Simmons, Louis Barrè e Tadej Pogačar, che rapidamente si porta al comando. Il quartetto guadagna mezzo minuto, ma Barrè non regge il passo. A 23 km dal traguardo Pogačar cambia marcia e si invola, salvo poi rallentare per attendere McNulty. I due proseguono insieme, mentre Simmons resta staccato. Il vantaggio cresce fino a superare il minuto nell’ultimo giro. Gli ultimi chilometri diventano una passerella per la coppia UAE, con lo sloveno che lascia generosamente la vittoria al compagno. Brandon McNulty taglia così il traguardo a braccia alzate, abbracciato dal campione del mondo. Simmons completa il podio, terzo a poco più di un minuto.

Antonio Scarfone

Pogacar lascia la vittoria a Mc Nulty (Photo credit: Getty Images)

Pogacar lascia la vittoria a Mc Nulty (Photo credit: Getty Images)

VINGEGAARD DOMA LA BOLA DEL MUNDO E BLINDA LA VUELTA A ESPANA 2025

settembre 14, 2025 by Redazione  
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Jonas Vingegaard mette il suo sigillo sulla Vuelta a España 2025. Sulle dure rampe della Bola del Mundo, il danese della Visma | Lease a Bike ha risposto senza esitazioni agli scatti di Joao Almeida e Jai Hindley, per poi piazzare l’affondo decisivo a un chilometro e mezzo dall’arrivo. Nessuno è stato in grado di resistergli: la Maglia Rossa ha allungato con decisione e si è presentata in solitaria sul traguardo, consolidando così il trionfo finale nella classifica generale. Alle sue spalle, la festa della Visma è stata doppia grazie al secondo posto di Sepp Kuss, bravo a regolare i rivali nel tratto conclusivo e a tagliare il traguardo con appena 11 secondi di ritardo dal capitano. A completare il podio di giornata Hindley, seguito da Tom Pidcock, autore di una prova di resistenza che gli consente di blindare la sua terza posizione nella graduatoria complessiva. A una sola giornata dalla fine, la classifica assume ormai contorni definitivi. Vingegaard guida con 1’16’’ di vantaggio su Almeida, mentre Pidcock occupa il terzo gradino del podio a 3’11’’. Hindley resta quarto a 3’41’’. Più movimentata la lotta per la quinta piazza: Giulio Pellizzari, staccato già nelle prime rampe della salita finale, ha dovuto salutare non solo la Top 5 ma anche la Maglia Bianca. Il giovane marchigiano è scivolato al sesto posto a 7’23’’, lasciando via libera a Matthew Riccitello, capace di concludere con i migliori e guadagnarsi così il primato tra i giovani. Alle spalle dell’azzurro restano staccati di poco Kuss e Felix Gall, anche lui in difficoltà.

La giornata era partita con qualche contrattempo: una caduta senza conseguenze durante il trasferimento, che ha coinvolto anche Elia Viviani e Mikkel Bjerg, e alcuni guai meccanici. Il via reale è scattato di fatto sulle prime rampe dell’Alto de La Escondida, dove non sono mancati gli scatti. Tra i più attivi Filippo Ganna, raggiunto poco dopo da Egan Bernal e da altri corridori, ma il gruppo non ha concesso grande margine. A quel punto ci ha provato Giulio Ciccone, seguito da Brandon Rivera, ma anche questo tentativo è stato riassorbito. La prima vera fuga ha preso corpo poco prima del GPM, con un drappello di circa 30 corridori, poi cresciuto fino a 38 uomini. Dentro c’erano nomi di spessore come Ciccone, Mads Pedersen, Mikel Landa, Egan Bernal, Antonio Tiberi, Lorenzo Fortunato, Rudy Molard, Jan Hirt e tanti altri. Il gruppo di testa ha mantenuto per lunghi tratti oltre un minuto di margine, mentre alle spalle la UAE Team Emirates XRG tirava per proteggere Almeida. Col passare dei chilometri, però, la selezione è diventata inevitabile: prima sul Puerto de Navacerrada, poi nella successiva discesa, fino a quando davanti sono rimasti in pochi a contendersi la gloria parziale. La corsa ha vissuto momenti di tensione quando, a circa 19 km dall’arrivo, un gruppo di manifestanti ha cercato di bloccare la strada: i fuggitivi sono riusciti a passare tra striscioni e bandiere, e anche il gruppo ha superato l’ostacolo senza conseguenze rilevanti, se non una caduta di Carlos Canal.
La resa dei conti è arrivata sull’ascesa finale. Prima hanno provato Landa e Ciccone, poi il forcing della UAE ha fatto rientrare il gruppo dei big. A quel punto Almeida ha preso in mano la situazione, con Hindley pronto a rilanciare. Il britannico Pidcock ha perso qualche metro ma si è difeso con grinta, mentre Vingegaard non ha lasciato nulla al caso: seguito per qualche centinaio di metri, ha poi piazzato la progressione che gli ha permesso di salutare tutti. Il danese ha così conquistato la sua terza vittoria in un Grande Giro, dopo i due Tour de France del 2022 e 2023, e si prepara a sollevare il trofeo della Vuelta 2025. Per la Visma | Lease a Bike una giornata indimenticabile, con doppietta sul traguardo e la certezza di aver dominato la corsa.

Antonio Scarfone

Jonas Vingegaard vince alla Bola del Mundo (Photo credit: Getty Images)

Jonas Vingegaard vince alla Bola del Mundo (Photo credit: Getty Images)

MEMORIAL PANTANI 2025, MICHAEL STORER TRIONFA A CESENATICO

settembre 14, 2025 by Redazione  
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L’australiano del Tudor Pro Cycling Team conquista il successo in solitaria: dietro di lui Delettre e Tesfatsion, Albanese chiude al quarto posto

Michael Storer ha firmato l’edizione 2025 del Memorial Marco Pantani con una splendida vittoria in solitaria sulle strade di Cesenatico. L’australiano del Tudor Pro Cycling Team ha colto il momento giusto sull’ultima salita, staccando il compagno di fuga Natnael Tesfatsion (Movistar Team) e mantenendo il vantaggio fino al traguardo, posto proprio davanti al monumento dedicato al “Pirata”.
La corsa si è accesa dopo metà gara, con un susseguirsi di scatti che hanno visto protagonisti uomini di spessore come Richard Carapaz (EF Education – EasyPost), Lorenzo Milesi (Movistar Team), Davide Formolo (Movistar Team) e Diego Ulissi (XDS Astana Team). L’azione decisiva è nata sul GPM di Longiano, quando Storer e Tesfatsion hanno allungato approfittando anche del lavoro tattico delle loro squadre. Il loro vantaggio ha raggiunto quasi i due minuti, ma nel finale il francese Alexandre Delettre (Team TotalEnergies) ha provato una rimonta in solitaria. Ai meno quattro chilometri, tuttavia, Storer ha sferrato l’attacco decisivo, staccando l’eritreo e volando verso il successo.
Alle sue spalle, Delettre ha completato la rimonta raggiungendo e superando Tesfatsion per la seconda piazza. A 50 secondi è arrivato il gruppetto dei migliori, regolato da un generoso Vincenzo Albanese (EF Education – EasyPost) davanti a Milesi e Ulissi, con Davide Piganzoli (Team Polti VisitMalta) ottavo.
Per Storer si tratta del terzo successo stagionale in Italia dopo il Tour of the Alps, confermando il suo feeling speciale con il nostro Paese: «L’Italia mi porta fortuna. Oggi volevamo trovare una tattica per contrastare la UAE di Del Toro, ci siamo riusciti e sono felice per me e per tutta la squadra».

Mario Prato

Stoter vince la 22a edizione della gara intitolata a Marco Pantani (foto Luc Claessen/Getty Images)

Stoter vince la 22a edizione della gara intitolata a Marco Pantani (foto Luc Claessen/Getty Images)

GP DEL QUEBEC: TRIONFA UN REDIVIVO ALAPHILIPPE, TERZO ALBERTO BETTIOL

settembre 13, 2025 by Redazione  
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Nella prima delle due corse WT che caratterizzano ormai da 14 anni il calendario settembrino, Julian Alaphilippe (Team Tudor Pro Cycling) sceglie il momento giusto per andare in fuga e successivamente attaccare nel gruppetto di testa, andando a vincere per la prima volta nel 2025

Il nome più altisonante al GP de Quebec 2025 è sicuramente quello di Tadej Pogacar (UAE Team Emirates – XRG) che torna alle corse per il finale di stagione dopo aver dominato il Tour de France. Il fenomeno sloveno non ha ancora vinto questa corsa che si adatta bene alle sue caratteristiche grazie alla Côte de la Montagne – da scalare in tutto diciotto volte nel circuito della città canadese – che ha pendenze da non sottovalutare pur essendo lunga soltanto 600 metri. La fuga di giornata vedeva quattro coraggiosi evadere dal gruppo dopo pochi chilometri dalla partenza. Tra di loro si segnalava la presenza di Luca Vergallito (Team Alpecin Deceuninck), a cui si aggiungevano Filip Maciejuk (Team Redbull BORA Hansgrohe), Philippe Jacob e Félix Bouchard (Nazionale Canadese). Una prima scossa alla corsa avveniva a circa 70 km dalla conclusione quando dal gruppo principale contrattaccavano Nils Politt (UAE Team Emirates XRG), Laurence Pithie (Team Redbull BORA Hansgrohe), Xandro Meurisse (Team Alpecin Deceuninck), Bastien Tronchon (Decathlon AG2R La Mondiale Team) e Julian Alaphilippe (Team Tudor Pro Cycling). Dopo qualche chilometro a questi contrattaccanti si aggiungevano Pavel Sivakov (UAE Team Emirates XRG), Mattias Skjelmose (Team Lidl Trek), Quentin Hermans (Team Alpecin Deceuninck), Matej Mohoric (Team Bahrain Victorious), Artem Shmidt (Team INEOS Grenadiers) Anton Charmig e Alberto Bettiol (Tean XDS Astana). A 34 km dalla conclusione Vergallito e Maciejuk, che erano gli ultimi due ciclisti della fuga iniziale rimasti in testa, venivano ripresi dal primo gruppo inseguitore, dal quale si erano staccati Pithie e Politt. Nonostante gli sforzi del gruppo inseguitore, nel quale Visma Lease a Bike, Lotto e Jayco AlUla erano le squadre più attive all’inseguimento, il gruppetto di testa giungeva a 5 km dalla fine con più di 30 secondi di vantaggio sugli immediati inseguitori, tra i quali anche Pogacar era impegnato in prima persona, nonostante il suo compagno di squadra Sivakov fosse davanti. A 3 km dalla conclusione Alaphilippe sferrava un attacco deciso a cui nessuno riusciva a rispondere. Solamente Bettiol e Sivakov provavano a stringere i denti e a provare ad inseguire l’ex campione del mondo, che dava tutto sull’ultima scalata alla Côte de la Montagne avvantaggiandosi ulteriormente sull’italiano e sul francese. Gli ultimi 300 metri spianavano e Alaphilippe riusciva nell’impresa di andare a vincere per la prima volta quest’anno davanti a Sivakov e Bettiol, arrivati rispettivamente con 2 e 4 secondi di ritardo. Chiudevano la top five Skjelmose in quarta posizione e Mohoric in quinta posizione, mentre i ciclisti più attesi – tra questi Michael Matthews (Team Jayco AlUla), Arnaud De Lie (Team Lotto) e Wout van Aert (Team Visma Lease a Bike), per non parlare di Pogacar – dovevano accontentarsi delle posizioni di rincalzo. Questi ciclisti potranno rifarsi domenica al GP di Montreal.

Antonio Scarfone

Alaphilippe torna alla vittoria nel GP del Quebec (foto Szymon Gruchalski/Getty Images)

Alaphilippe torna alla vittoria nel GP del Quebec (foto Szymon Gruchalski/Getty Images)

PHILIPSEN, E SONO TRE! VITTORIA DEL BELGA IN VOLATA A GUIJUELO

settembre 12, 2025 by Redazione  
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Jasper Philipsen (Team Alpecin Deceuninck) rispetta i pronostici della vigilia imponendosi in volata nella 19° tappa della Vuelta da Rueda a Guijuelo. Battuti Mads Pedersen (Team Lidl Trek) e Orluis Aular (Team Movistar). Jonas Vingegaard (Team Visma Lease a Bike) resta agevolmente in maglia rossa, anzi grazie agli abbuoni al traguardo volante aumenta il suo vantaggio su Almeida

Dopo la cronometro accorciata di Madrid e prima del tappone della Bola del Mundo la Vuelta offre una tappa, la diciannovesima, adatta alle ruote veloci. Si parte da Rueda e si arriva a Guijuelo dopo 161.9 km senza neanche un GPM e con la strada tendenzialmente pianeggiante, se si eccettua qualche strappetto facilmente superabile dai velocisti rimasti. Certo, anche la fuga potrebbe avere le sue chance di successo e le squadre dei velocisti dovranno essere capaci di controllarla. Per quanto riguarda la classifica della maglia verde, Mads Pedersen (Team Lidl Trek) ha ormai la garanzia di poterla indossare sul podio finale di Madrid, ma sicuramente non si tirerà indietro all’eventuale sprint di oggi. La fuga iniziale, dopo la partenza da Rueda, era composta da Jakub Otruba (Team Caja Rural – Seguros RGA) e Victor Guernalec (Team Arkéa – B&B Hotels). Dopo una ventina di chilometri Guernalec si rialzava e Otruba restava da solo in testa alla corsa. In testa al gruppo maglia rossa iniziavano a farsi vedere le squadre dei velocisti, in particolare il Team Alpecin Deceuninck e il Team Lotto. Otruba si aggiudicava il traguardo volante di Salamanca posto al km 103. Il ciclista ceco veniva ripreso a 52 km dalla conclusione. Qualche scaramuccia negli ultimi 40 km tra alcuni attaccanti veniva sedata, per così dire, dalle squadre dei velocisti. Dopo un attimo di défaillance, nel quale Jasper Philipsen si ritrovava nelle retrovie del gruppo, l’Alpecin Deceuninck era abile a riportarlo nelle prime posizioni e a lanciargli la volata alla perfezione, nonostante negli ultimi 2 km la pendenza si attestasse intorno al 2-3%. Philipsen staccava Mads Pedersen (Team Lidl Trek) dalla sua ruota e andava a vincere sul traguardo di Guijuelo davanti al danese e a Orluis Aular (Team Movistar). Chiudevano la top five Jenthe Biermans (Team Intermarchè Wanty) in quarta posizione e Ben Turner (Team INEOS) in quinta posizione. Per Philipsen è la terza vittoria di tappa alla Vuelta 2025 mentre in classifica generale Jonas Vingegaard (Team Visma Lease a Bike) resta in maglia rosa con 44 secondi di vantaggio su João Almeida (UAE Team Emirates), dopo averne guadagnati 4 al traguardo volante, e 2 minuti e 43 secondi di vantaggio su Tom Pidcock (Q36.5 Pro Cycling Team). Domani è in programma il tappone da Robledo de Chavela alla Bola del Mundo, un crescendo rossiniano di salite che inizia con l’Alto de la Escondida e il Puerto de la Paradilla, entrambe di terza categoria, per poi affrontare l’Alto del Leon di seconda categoria, il Puerto de Navacerrada di prima categoria e la Bola del Mundo – un prolungamento della salita precedente – che è classificato di categoria speciale. Insomma ci sono tutti gli ingredianti per la resa dei conti finale tra Vingegaard e Almeida, con il danese che ha in dote 44 secondi di vantaggio sul portoghese.

Antonio Scarfone

Philipsen vince la terzultima tappa della Vuelta (foto Tim de Waele/Getty Images)

Philipsen vince la terzultima tappa della Vuelta (foto Tim de Waele/Getty Images)

DEL TORO TRIS: SUA ANCHE LA COPPA SABATINI

settembre 12, 2025 by Redazione  
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Non poteva andare meglio la campagna italiana per Isaac Del Toro (UAE), dopo la delusione del Giro è stato sicuramente un buon modo per riscattarsi sulle strade azzurre. Tre vittorie su tre, con una superiorità disarmante e vista sul Mondiale.

La fuga di giornata è partita dopo 18 Km, inizialmente compost da Samuele Zoccarato (Team Polti VisitMalta), Valentin Retailleau (Team TotalEnergies) ed Edgar Cadena Martinez (Petrolike), a cui si sono aggiunti a breve giro Jon Agirre (Euskaltel – Euskadi), Simon Dalby (Uno-X Mobility), Luca Cretti, Ben Granger, Nicolò Pizzi (Mg.K Vis Costruzioni e Ambiente), Alexander Balmer (Solution Tech Vini Fantini) ed Edoardo Cipollini (MBH Bank Ballan CSB), nipote del celebre Mario. La corsa è scivolata via tranquilla sotto il controllo dell’UAE e dell’Intermarch, con gli attaccanti che percorrono in solitaria il primo tratto in linea, perdendo strada facendo Agirre e Pizzi lungo il circuito di Peccioli e presentandosi con circa 2’ di vantaggio all’ultimo passaggio dal muro di Via Greta.
Ci prova subito Benjamin Thomas (Cofidis) seguito a ruota da Isaac Del Toro e dal compagno di squadra Jan Christen (UAE); con loro ci sono anche Natnael Tesfatsion (Movistar), Richard Carapaz (EF), Marc Hirschi (Tudor), Pau Miquel (KERN), Christianh Scaroni (XDS Astana) e Alexandre Delettre (TotalEnergies), che si mettono subito all’inseguimento di Cadena e Balmer, ultimi superstiti della fuga con circa 11”. Nel frattempo rientrano anche Francesco Busatto (Intermachè) e Davide Piganzoli (Polti) quando il plotone è giunto all’inizio dell’ultimo giro.
I primi timidi tentativi sono di Christen e Carapaz, ma il lampo è sempre Del Toro, il quale viene seguito da Thomas e dal redivivo Granger, che dopo la lunga fuga è rimasto con i primi. I tre guadagnano rapidamente una ventina di secondi, sufficienti a giocarsi la vittoria sulle ultime rampe verso l’arrivo.
A 400m Del Toro si invola in solitaria, Thomas chiude terzo mentre Granger, dopo le fatiche della giornata, si deve accontentare di uno straordinario podio. Più indietro Scaroni stacca di poco Delettre, Hirschi, Carapaz, Miquel, Christen e Piganzoli.

Andrea Mastrangelo

Del Toro completa il triplete toscano imponendosi nella Coppa Sabatini (foto Luc Claessen/Getty Images)

Del Toro completa il "triplete" toscano imponendosi nella Coppa Sabatini (foto Luc Claessen/Getty Images)

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