LIEGI-BASTOGNE-LIEGI 2025: LE PAGELLE
aprile 29, 2025 by Redazione
Filed under 7) LIEGI - BASTOGNE - LIEGI, Approfondimenti, Copertina
Le pagelle della Liegi – Bastogne – Liegi 2025. Pogačar sempre più imbattibile, Ciccone bella sorpresa per l’Italia, Evenepoel fantasma, Healy conferma, Alaphilippe con il cuore
TADEJ POGAČAR Ancora lui, sempre lui. Il fenomeno sloveno vince la sua terza Liegi – Bastogne – Liegi a modo suo, attaccando prima sulla Redoute e dilatando pian piano il vantaggio sugli inseguitori. Dopo una primavera praticamente dominata – gli unici ‘intoppi’ che ha trovato sulla sua strada sono stati Mathieu van der Poel e Mattias Skjelmose Jensen – adesso inizierà la preparazione per un Tour de France in cui promette altro spettacolo. VOTO: 9.5
GIULIO CICCONE Il ciclista abruzzese, dopo un discreto Tour of The Alps, testa la sua gamba in ottica Giro alla Liegi e spodesta nella graduatoria della Lidl Trek sia Mattias Skjelmose Jensen, sia Thibau Nys. Dimostra di essere il primo degli umani e dopo sei anni grazie a lui l’Italia torna sul podio della Decana. VOTO: 9
BEN HEALY. Ottima prova di sostanza e di solidità del ciclista irlandese che insieme a Ciccone si mette all’inseguimento di Pogačar. Merita il terzo posto finale. VOTO: 8.5
SIMONE VELASCO. Vince la volata del gruppo dei battuti e ottiene la prima top five della sua carriera in una Monumento. VOTO: 7.5
ANDREA BAGIOLI. Sesto all’arrivo ed è il terzo italiano nella top ten. Complessivamente una Liegi – Bastogne – Liegi più che soddisfacente. VOTO: 7
THIBAU NYS. Senza infamia e senza lode la prova del giovane belga che alla vigilia sembrava dover essere uno degli avversari più temibili di Pogačar. Crescerà. VOTO: 6
JULIAN ALAPHILIPPE. Mezzo voto in più di Pidcock (si veda sotto) per la caparbietà dimostrata in una corsa dove ha collezionato due secondi posti. VOTO: 6
ANDREAS LEKNESSUND. Primo all’arrivo dell’Uno-X Mobility, che ricorderemo più che altro per la maglia dedicata alla mitica 7-Eleven. VOTO: 6
THOMAS PIDCOCK Nel finale sembra uno dei più pimpanti ma cala alla distanza dopo aver provato ad inseguire Pogačar insieme a Ciccone, Healy ed Alaphilippe, venendo ripreso dal gruppo sulla Roche aux Façons. VOTO: 5.5
MATTIAS SKJELMOSE JENSEN. Altro atteso protagonista, risente ancora della botte patite nella caduta alla Freccia Vallone e chiude in un’anonima trentanovesima posizione. VOTO: 5
TIESJ BENOOT. Visma Lease a Bike si affidava a lui ma non va oltre la tredicesima posizione finale. VOTO: 5
REMCO EVENEPOEL. Giornata no per il belga che si stacca quasi subito dai migliori nelle fasi calde della corsa. Dopo la vittoria alla Freccia del Brabante ed il terzo posto all’Amstel Gold Race deve ritrovare lo smalto perduto. Magari già da oggi pomeriggio al Giro di Romandia. VOTO: 4.5
MAXIM VAN GILS. Sulla carta doveva essere il capitano della Redbull BORA Hansgrohe ma la condizione fisica non al meglio lo costringe addirittura al ritiro. VOTO: 4
Antonio Scarfone
I VOTI DELL’AMSTEL GOLD RACE: SKJELMOSE IL PIÙ BRAVO, POGACAR SI SOPRAVVALUTA, EVENEPOEL IN CRESCITA, ITALIA DELUDENTE
aprile 22, 2025 by Redazione
Filed under 5) AMSTEL GOLD RACE, Approfondimenti, Copertina
Ecco le pagelle dell’Amstel Gold Race 2025, disputata il giorno di Pasqua
MATTIAS SKJELMOSE Il terzo ciclista danese a vincere l’Amstel Gold Race fa notizia, ancora di più se riesce a battere due fenomeni come Tadej Pogacar e Remco Evenepoel. Ineccepibile la sua condotta di gara, che lo porta anche ad essere un buon stratega nelle fasi salienti della corsa. VOTO: 9.5
TADEJ POGACAR. Forse attacca troppo presto, volendo dare una dimostrazione ancora più evidente della sua superiorità. Viene ripreso a 8 km dalla conclusione da Skjelmose ed Evenepoel e in volata le prende dal danese. Nel suo volto si legge la delusione per la sconfitta, ma forse ancora di più quella per le scelte tattiche azzardate. Resta il fatto che è sempre una garanzia di spettacolo. VOTO: 8
REMCO EVENEPOEL. Non si arrende dopo la “fuga” di Pogacar ed è abile a imbastire l’inseguimento nei suoi confronti insieme a Skjelmose. Il secondo podio consecutivo dopo quello alla Freccia del Brabante fa ben sperare per un ritorno a pieno regime dopo il brutto infortunio alla spalla. VOTO: 8
JULIAN ALAPHILIPPE. Inaugura gli attacchi decisivi sul Gulperberg a 53 km dalla conclusione, facendo esplodere il gruppo e provocando la reazione di Pogacar, con cui rimane in testa per un paio di chilometri, salvo poi arrendersi al ritmo infernale dello sloveno e rialzarsi. VOTO: 8
MICHAEL MATTHEWS. Come il buon vino, migliora con il passare degli anni e anche se ha perso lo spunto vincente di una volta riesce comunque ad ottenere un’altra top five dopo quella della Milano – Sanremo. VOTO: 7.5
WOUT VAN AERT . Ennesima top five stagionale per il ciclista belga che non sembra brillante come nei suoi periodi migliori. Almeno questa volta riesce a vincere la volata dei battuti. VOTO: 7
LOUIS BARRÉ. Dopo i vari Alaphilippe, Bardet, Gaudu e Vauquelin, con il suo sesto posto finale chissà che la Francia non abbia trovano un nuovo ciclista per le corse ardennesi. VOTO: 7
BEN HEALY. Nel gruppo dei battuti, alle spalle dei tre di testa, è quello che attacca e rilancia l’azione con maggiore veemenza e continuità, ma alla fine non va oltre la decima posizione. VOTO: 6.5
TIESJ BENOOT. Dopo due terzi posti nel 2022 e nel 2024 ci si poteva aspettare di più dal belga, che invece si è limitato a fare il gregario di Van Aert. Termina comunque nella top ten. VOTO: 6
TOM PIDCOCK Il vincitore della passata edizione conduce una gara completamente anonima e non entra mai nel vivo dell’azione. VOTO: 5
THIBAU NYS Nel Team Lidl Trek sembrava dovesse recitare il ruolo di capitano e anzi competere addirittura per la vittoria, ma alla fine non riesce a mantenere neanche le ruote del gruppo alle spalle dei primi tre, concludendo al dodicesimo posto. VOTO: 4.5
MARC HIRSCHI Non si fa mai vedere in una corsa dove le sue caratteristiche potevano fargli ottenere un buon risultato (e il secondo posto del 2024 ne è una testimonianza). VOTO: 4
DAVIDE FORMOLO. È il primo ciclista italiano all’arrivo, ventisettesimo. Il suo voto rispecchia quello della deludente spedizione italiana all’Amstel Gold Race. VOTO: 4
Antonio Scarfone
PARIGI-ROUBAIX 2025: LE PAGELLE
aprile 14, 2025 by Redazione
Filed under 4) PARIGI - ROUBAIX, Approfondimenti
Le pagelle della Parigi – Roubaix. Van der Poel e Pogacar i più forti, il resto si arrabatta come può. Ganna sfortunato, rimpianti per Pedersen, Van Aert si salva col mestiere, sorpresa Rutsch.
MATHIEU VAN DER POEL. Il campione olandese non si smentisce e vince da favorito, sul suo terreno, la terza Parigi – Roubaix consecutiva eguagliando Lapize e Moser. A un certo punto si mette anche a disposizione del compagno di squadra Philipsen, ma quando fiuta il pericolo – leggasi Pogacar – accelera alla sua maniera e va vincere un solitaria. VOTO: 9.5
TADEJ POGACAR. Alla sua prima Parigi – Roubaix il fenomeno sloveno tiene botta per tre quarti di corsa fino alla decisiva accelerazione di Van der Poel a circa 30 km dalla conclusione. E dire che è stato proprio lui ad aprire le danze attaccando nella Foresta di Arenberg. Lo rivedremo all’opera sul pavè e sarà un’altro spettacolo. VOTO: 9
MADS PEDERSEN. Ennesimo podio stagionale per l’ex campione del mondo, che sembrava avesse la gamba davvero buona ma una foratura a una cinquantina di chilometri dall’arrivo lo ha tagliato fuori dal discorso vittoria. Bravo comunque a non arrendersi e a conquistare un meritato terzo posto. VOTO: 9
WOUT VAN AERT. La gamba non è delle migliori e si vede. Resta spesso coperto nella pancia del gruppo o addirittura nelle retrovie, ma alla fine riesce a sopravvivere nel gruppo dietro i due “mostri”. Raccoglie una top five che comunque fa morale in vista della Freccia del Brabante e dell’Amstel Gold Race, suoi prossimi impegni. VOTO: 8.5
FLORIAN VERMEERSCH. Sfrutta le sue qualità da biker e ottiene il suo secondo miglior risultato in carriera alla Parigi – Roubaix (nel 2021 si era piazzato secondo alle spalle di Colbrelli). VOTO: 8
JONAS RUTSCH. Il titolo di Carneade della Roubaix 2025 va a lui, primo della fuga del mattino che riesce a tagliare il traguardo, per di più nella top ten. VOTO: 8
STEFAN BISSEGGER. Di ciclisti svizzeri protagonisti ci aspettavamo Stefan Küng (quest’anno solo 43° dopo che si era piazzato quinto nelle due edizioni precedenti e terzo nel 2022). Bissegger, quasi una fotocopia del ciclista della Groupama FDJ, è abile a restare nel vivo della corsa fino alla fine, restando nel gruppetto di testa con Van der Poel, Pogacar, Pedersen e Philipsen. Poi però Van der Poel e Pogacar hanno accelerato… VOTO: 8
MARKUS HOELGAARD. Per lui vale lo stesso discorso che per Rutsch, soltanto con due posizioni e mezzo voto in meno. VOTO: 7.5
FRED WRIGHT. Per il secondo anno consecutivo è il miglior ciclista britannico della Parigi – Roubaix, quest’anno per di più termina nella top ten. VOTO: 7
LAURENZ REX. Decimo posto per il ciclista belga, anche lui a suo agio con fango e pavè. VOTO: 7
MATTHEW BRENNAN . Per molti chilometri, anche nel finale, è il ciclista più attivo e propositivo della Visma Lease a Bike e resta a lungo con i primi. Poi si stacca dopo i terribili tratti in pavè del finale di corsa. Il britannico deve compiere ancora 20 anni ma a davanti a sé un futuro davvero luminoso. VOTO: 7
JASPER PHILIPSEN. Cade all’entrata del primo settore in pavè ma rientra sul gruppo di testa dopo un lungo inseguimento. Nel finale sembra essere il capitano dell’Alpecin Deceuninck e Van der Poel si spende per lui anche come gregario, ma poi la fatica si fa sentire e piomba nelle retrovie. VOTO: 6
FILIPPO GANNA. Lui non cade come Philipsen ma è vittima di un problema meccanico che lo impegna con la squadra in un lungo e faticoso inseguimento. Accusa la fatica nella Foresta di Arenberg perdendo posizioni, ma lotta strenuamente fino alla fine terminando al tredicesimo posto. Ci riproverà VOTO: 6
OIER LAZKANO. I pro e i contro della fuga. Se Rutsch e Hoelgaard sono entrati nella top ten, lui è arrivato addirittura in ultima posizione, centodiciassettesimo a quasi 22 minuti di ritardo da Van der Poel. Ma si prende la sufficienza per aver tagliato il traguardo. VOTO: 6
MATEJ MOHORIC. Periodo difficile della carriera del ciclista sloveno. Già la condizione non è granchè.,poi ci si mette anche una caduta che lo porterà al ritiro. VOTO: 4
YVES LAMPAERT. Primo ciclista della Soudal Quick Step al traguardo della Parigi – Roubaix, così come primo ciclista della formazione belga lo era stato al Giro delle Fiandre. In una delle squadre più forti – in passato – del panorama ciclistico, un 28mo ed un 38mo posto nelle classiche più famose in circolazione fanno quantomeno riflettere. VOTO: 4
Antonio Scarfone
LE PAGELLE DEL GIRO DELLE FIANDRE: POGACAR INARRIVABILE, ITALIANI COMPLESSIVAMENTE DISCRETI
aprile 8, 2025 by Redazione
Filed under 3) GIRO DELLE FIANDRE, Approfondimenti
I voti ai protagonisti e non del Giro delle Fiandre. Su tutti Pogacar, l’Italia si fa vedere con Ganna, Ballerini e Trentin. Molti di questi ciclisti li ritroveremo alla Parigi – Roubaix di domenica 13 aprile.
TADEJ POGACAR. La fenomenale accelerazione sull’ultimo Oude Kwaremont resterà impressa negli occhi degli appassionati di ciclismo. Il campione sloveno in quel momento si scrolla di dosso gli avversari più temibili e va a vincere il suo secondo Giro delle Fiandre. E con queste premesse adesso prepariamoci per un’altrettanto fantastica Parigi – Roubaix. VOTO: 9.5
MATHIEU VAN DER POEL. Il trionfatore della Milano – Sanremo è l’ultimo a mollare le ruote di Pogacar. In conferenza stampa dichiara di essere stato poco bene ed di aver assunto antibiotici. Resta il fatto che sui muri e sul pavè ha dimostrato di avere una marcia in più insieme allo sloveno, fino all’attacco decisivo di quest’ultimo. E comunque sale sul podio dimostrando di esserci sempre. VOTO: 9
MADS PEDERSEN. Bissa il secondo posto del 2018 salendo sul podio per la terza volta alla Ronde. Nel carniere ha anche un terzo posto nel 2023. L’ex campione del mondo è in forma smagliante e può davvero sorprendere alla Parigi – Roubaix di domenica prossima. VOTO: 9
WOUT VAN AERT. Il ciclista belga sta tornando sui suoi livelli e coglie un quarto posto che gli dà fiducia per le prossime gare, prima di tutte in ordine di tempo la Parigi – Roubaix di domenica prossima. Pogacar, Pedersen e Van der Poel hanno dimostrato di essergli superiore. Alla fine chiude una top five di altissimo livello. VOTO: 8.5
TIESJ BENOOT. Se Stuyven è stato l’ombra di Pedersen, lui è stata quello di Van Aert. A circa 20 km dalla conclusione un problema alla bici gli fa perdere il treno per tornare sui battistrada e chiude con un ottimo sesto posto. VOTO: 8
STEFAN KUNG. Il ciclista svizzero alla Ronde sa sempre farsi vedere in qualche modo e ottiene la terza top ten in carriera. VOTO: 7.5
DAVIDE BALLERINI. Ottiene il suo miglior risultato al Giro delle Fiandre con una prova molto omogenea. Va in fuga, resiste al ritorno dei primi, chiude al decimo posto. Di più, oggettivamente, non poteva. VOTO: 7
MATTEO TRENTIN. Gli anni passano anche per lui ma nelle fasi calde della corsa è il terzo italiano, insieme a Ganna e Ballerini, a farsi notare. VOTO: 7
ALEXANDER KRISTOFF. Alla sua ultima Ronde il ciclista norvegese chiude in 55° posizione onorando la corsa che ha vinto nel 2015. Chapeau. VOTO: 7
FILIPPO GANNA. Chiude in ottava posizione, primo degli italiani, regolando il primo gruppo inseguitore, giunto al traguardo con 2 minuti e 19 secondi di ritardo da Pogacar. Nelle fasi calde lotta, stringe i denti e cerca di mantenere la testa della corsa finchè i fenomeni accelerano e se ne vanno. Alla Parigi – Roubaix non ci sono muri ma se riuscirà a mantenere salde le mani sul manubrio può sorprendere su quei tratti in pavè. VOTO: 6.5
IVAN GARCIA. I ciclisti spagnoli non amano molto il Giro delle Fiandre e considerando che non stiamo parlando di Juan Antonio Flecha la top ten finale gli vale una sufficienza più che meritata. VOTO: 6.5
MATTEO JORGENSON . Doveva essere una delle punte della Visma Lease a Bike ma alla fine lavora per Van Aert. VOTO: 6
YVES LAMPAERT. Il voto che diamo a Lampaert è quello dato anche alla Soudal Quick Step, squadra faro del ciclismo belga che da un po’ di tempo non ottiene risultati in linea alla sua tradizione. Arriveranno tempi migliori? Chi lo sa… VOTO: 4
Antonio Scarfone
APRILE 2025, S’ODE GIÀ IL ROSEO FRUSCIO DEL GIRO
aprile 7, 2025 by Redazione
Filed under Approfondimenti
Il mese prossimo si correrà il Giro d’Italia ed è arrivato il momento di fare il tagliando e affinare le armi in vista della Corsa Rosa. Aprile presenterà in parallelo alle grandi classiche una serie di brevi ma interessanti corse a tappe che gli annunciati primattori del Giro utilizzeranno per preparare l’assalto alla maglia rosa: dal Giro dei Paesi Baschi d’inizio mese al Giro di Romandia, che terminerà pochi giorni prima del via della Corsa Rosa, c’è davvero l’imbarazzo della scelta…
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Domenica primo giugno conosceremo ufficialmente il nome del vincitore del Giro d’Italia, manca dunque poco più di un mese alla partenza della Corsa Rosa ma già si cominciano a intravedere all’orizzonte i possibili scenari della prossima edizione. Non ci stiamo riferendo al percorso, sul quale i veli sono caduti ufficialmente lo scorso 13 gennaio, ma a quel che potrà accadere sulle strade italiane perché è in aprile che si cominciano a tessere le trame del Giro grazie alla tradizionale sequela di corse a tappe che si alternano alle grandi classiche della “Campagna del Nord” (è in questo periodo che si disputeranno Fiandre e Roubaix, Amstel e Liegi) e che da anni sono divenuto una sorta di punto di passaggio obbligato per quei corridori che ambiscono a far bene al Giro. A dire il vero, la lunga caccia alla maglia rosa è già partita da tempo perché tra febbraio e marzo sono andate in scena corse a tappe che hanno avuto tra i protagonisti uomini da grandi giri e, per chi se le fosse perse, ricordiamo la vittoria di Tadej Pogacar all’UAE Tour, quella di Juan Ayuso alla Tirreno-Adriatico e quella recentissima di Primoz Roglic al Giro di Catalogna. Ma è il mese di aprile quello che proporrà il maggior numero di occasioni di affinare le gambe in vista del “via!” del Giro e la prima che s’incontrerà sarà il Giro dei Paesi Baschi, quest’anno calendarizzato tra il 7 e il 12 aprile, anche se stavolta non dovrebbero essere presenti grandissimi nomi alla partenza, forse a causa della disastrosa edizione 2024, che vide estromessi a causa di una rovinosa caduta tutti e tre i “top competitors” al via, il citato Roglic, Remco Evenepoel e il due volte vincitore del Tour Jonas Vingegaard, il corridore che riportò i maggior danni e sarà costretto ad un lungo stop che pregiudicherà anche le condizioni con le quali si schiererà al via della Grande Boucle. La 64a edizione della corsa iberica si aprirà con una tappa a cronometro più “nutrita” rispetto a quella disputata dodici mesi fa a Irun quando si dovettero percorrere contro il tempo 10 Km, essendone previsti poco più di sedici dal circuito di Vitoria-Gasteiz, un anello che si annuncia veloce poiché l’unico tratto da percorrere in salita misurerà soli 900 metri e presenterà una pendenza media del 2.4% appena. Il giorno successivo si sconfinerà dai Paesi Baschi nell’adiacente comunità autonoma della Navarra, sulle cui strade si correrà la più semplice delle sei tappe previste, quasi 200 Km – si tratterà della frazione più lunga – per andare da Pamplona a Lodosa su di un tracciato movimentato dalla leggera serie di saliscendi che s’incontrerà tra il 110° e il 180° Km di gara, fase che non dovrebbe disturbare più di tanto le formazioni dei velocisti. La prima occasione per rimediare ai danni inferti dalla cronometro sarà offerta dalla terza tappa, quando si tornerà in territorio basco per percorrere i 156 Km della Zarautz – Beasain, frazione infarcita da sette Gran Premi della Montagna, i più interessanti dei quali saranno gli ultimi due, due veri e propri muri: se quello di Gainza (2.3 Km all’11.5%) avrà l’unico difetto nei 37 Km che ancora mancheranno al traguardo, decisamente più interessante sarà quello di Lazkaomendi, i cui 1400 metri al 9.6% (massima del 18%) si concluderanno a soli 6 Km dalla linea d’arrivo. Un finale ancora più tosto sarà proposto l’indomani dalla tappa che dalla stessa Beasain condurrà in quasi 170 Km a Markina-Xemein, dove il traguardo sarà preceduto di 11 km dallo scollinamento dell’Alto de Izua, salita che impegnerà i corridori per 3 Km e mezzo, caratterizzati da una pendenza media del 9.7% falsata da un tratto finale pedalabile: infatti, nei primi 2000 metri si dovrà fare i conti con un’inclinazione media del 13.6%, mentre il picco massimo che si toccherà sarà del 20%. Seguirà la meno impegnativa tra le frazioni collinari disegnate quest’anno, anche se non saranno una passeggiata i 172 Km a continui saliscendi che da Orduña porteranno i corridori fino alla celebre località di Gernika: curiosamente sono stati inseriti nel tracciato 4 GPM ufficiali, tutti dotati di pendenze pedalabili, ma non è stato previsto il traguardo della montagna in vetta alla salita più impegnativa, quella di Zalobante (4.9 Km al 6.2% con 2 Km iniziali al 9.4%), che pure s’incontrerà nel finale di gara, a una ventina di chilometri dalla conclusione. Sarà, infine, la cittadina di Eibar a ospitare l’epilogo della corsa e si tratterà della decima volta consecutiva, quest’anno con un tracciato modificato rispetto a quello visto nelle ultime edizioni e allungato di quasi 16 Km, anche se non ne sono state “minate” le fondamenta e sono così state conservate le tradizionali salite al santuario della Virgen de Arrate (ascesa simbolo della corsa basca, 5 Km al 9.4% con un cuore di 2 Km al 12.9%), all’Alto de Izua (da un versante diverso e meno impegnativo rispetto a quello della terza tappa, 4.1 Km all’8,9%) e da quello di Trabakua, i cui 3.3 Km al 6.8% (con dentello finale di quasi 1000 metri al 9%) costituiranno l’ultimo GPM, piazzato a 18 Km dalla conclusione.
Durante la settimana santa torneranno a riaccendersi i riflettori sull’Italia grazie al Giro d’Abruzzo (15-18 aprile), tornato in calendario lo scorso anno dopo un’assenza che durava dal 2008 e che, come l’edizione disputata dodici mesi fa, si svolgerà nell’arco di quattro giorni, cominciando una nervosa frazione collinare di 151 Km che si correrà tra Scerni e Crecchio, su di un tracciato che ricorda quello di certe tappe marchigiane della Tirreno-Adriatico, prive di particolari muri ma costantemente frastagliate fino alla rampa finale di 800 metri al 6.6%. Due saranno gli arrivi in salita ufficiali, il primo dei quali si affronterà il giorno dopo al termine della seconda tappa, che scatterà da Tocco da Casauria per concludersi dopo 138 Km – si tratterà della frazione più corta – a Penne, dove il traguardo sarà posto al termine di un’ascesa di 3.6 Km al 5.5% di pendenza media preceduta da altri due GPM. Come nel 2024 si correrà al terzo giorno la tappa di montagna, che si annuncia molto meno impegnativa rispetto a quella giunta a Prati di Tivo, vinta dal kazako Aleksej Lutsenko: dopo esser partiti da San Demetrio ne’ Vestini si dovrà pedalare per 160 Km in direzione della principale stazione di sport invernale abruzzese, la nota Roccaraso, dove si giungerà dopo aver affrontato le salite intermedie di Forca Caruso (13.6 Km al 4.5%), di Gioia Vecchio (12.4 Km al 4.8%) e del Colle della Croce (4.5 Km al 4.1%) prima di quella conclusiva verso l’altopiano dell’Aremogna, 16.2 Km al 5.3% con i passaggi più impegnativi nei primi 5 Km (media del 7.6%) e nella rampa finale di 1200 metri al 10%. L’atto finale presenterà nuovamente uno scenario collinare ma dall’orografia un po’ più “rilassata” rispetto a quello della tappa d’apertura e, per questo motivo, non va escluso a priori un arrivo allo sprint nella conclusiva Corropoli – Isola del Gran Sasso, anche se quella che andrà in scena sarà una volata “epurata” da quei velocisti che saranno respinti dai saliscendi di giornata.
A Pasquetta non ci sarà spazio per le “scampagnate” perché quel giorno salperà una delle principali corse a tappe preparatorie al Giro d’Italia, quel Tour of the Alps (21-25 aprile) che fino al 2017 era noto come Giro del Trentino e che ha preso questa nuova denominazione da quando al Gruppo Sportivo Alto Garda, fino a quel momento organizzatore unico della competizione, s’è affiancata l’Euregio Tirolo-Alto Adige-Trentino, portando a un coinvolgimento dell’Austria nel percorso di gara. Non ci sarà in questa competizione spazio per i velocisti e salite saranno previste in tutte e cinque le tappe, cominciando da quella d’apertura che si svolgerà in circuito per 148 Km attorno alle Dolomiti di Brenta, con partenza e arrivo fissate a San Lorenzo Dorsino e le ascese ai passi Campo Carlo Magno (14.5 Km al 6.2%) e Durone (6.6 Km al 7.8%) prima di quella conclusiva che riporterà con inclinazioni pedalabili al “campo base”. Difficilmente chi punterà alla classifica generale mostrerà le proprie carte in questa frazione e probabilmente bisognerà attendere la seconda tappa per vedere per la prima volta in azione i “big”, chiamata alla ribalta dal circuito conclusivo della Mezzolombardo – Vipiteno, che prevede di ripetere due volte la salita di Telves di Sopra (circa 4 Km al 7%). Le tappe d’alta montagna del TOTA 2025 saranno due e la prima di queste si svolgerà tra Vipiteno e San Candido, dove si giungerà dopo aver affrontato uno storico valico del Giro d’Italia, il Passo Furcia (7.7 Km al 7.4%), e una salita al suo debutto, quella di Monte Versciaco (5.9 Km al 7.1%), che si affronterà immediatamente a ridosso del traguardo, verso il quale si pedalerà percorrendo una discesa non meno meritevole di attenzione a causa della sua pendenza (poco meno di 3 Km al 10.5%). A questo punto ci si sposterà nella vicina Austria per la tappa “regina”, che prenderà le mosse da Sillian per terminare a Obertilliach dopo 163 Km, gran parte dei quali si snoderanno ancora in territorio italiano, dove sono previste le salite verso il Lago di Misurina (5 Km al 5.9%), il Passo di Sant’Antonio (8 Km all’8%) e il Passo di Monte Croce Comelico (9.6 Km al 4.4%); una volta rientrati in Tirolo s’incontreranno le difficoltà più rilevanti, l’ascesa di Anras (4.6 Km all’8.5%) e quella conclusiva verso la Kartitscher Sattel (7.6 Km al 6.1%), scavalcata la quale mancheranno solo 7 Km al traguardo. Per la quarta volta nella storia di questa corsa sarà la cittadina di Lienz ad accogliere la tappa conclusiva e non si tratterà di una tradizionale passerella di fine corsa ma di una frazione che potrebbe buttare all’aria la classica per la presenza della doppia ascensione al Bannberg (4.7 Km al 9.6%) e, soprattutto, quella alla località di Stronach, 3 Km con inclinazioni da muro fiammingo (media del 12.3%) che furono determinanti nell’edizione del 2022, terminata a Lienz con un ribaltone al vertice della classifica e il definitivo passaggio di consegne tra lo spagnolo Pello Bilbao e il francese Romain Bardet.
Gli ultimi “pit stop” prima della Corsa Rosa saranno offerti dai giri di Romandia e Turchia, corse che entrambe termineranno il 4 maggio, quindi a soli cinque giorni di distanza dalla partenza del Giro e questo potrebbe far decidere di evitarle a quei corridori che vorranno arrivare “leggeri” all’appuntamento con il Giro. Eppure il Giro di Romandia (29 aprile – 4 maggio), il cui tracciato ancora non si conosce ancora nei dettagli, rappresenta un bel banco di prova per i ciclisti più attrezzati a cronometro perché la corsa elvetica presenterà ben due prove contro il tempo, esattamente lo stesso numero di frazioni che s’incontreranno in Italia. La prima sarà proposta il giorno d’apertura è avrà la forma di un caratteristico prologo da percorrere sulle strade di Saint-Imier. Successivamente ci si sposterà a Münchenstein, comune alle porte di Basilea, per il via della prima frazione in linea, che terminerà a Friburgo, dove probabilmente sarà proposto un finale non troppo dissimile – caratterizzato dal muro del Chemin de Lorette (700 metri al 12.7%) e dalla salita dell’Arconciel (1800 metri al 7.3%) – da quello della tappa vinta lo scorso anno dal francese Dorian Godon, che regolò allo sprint un gruppo composto di una novantina di corridori. Interamente in circuito saranno disegnate la seconda e la terza tappa, “imperniate” attorno ai centri di La Grande Béroche e Cossonay, quindi andrà in scena al penultimo giorno di gara l’unica frazione di montagna, che scatterà da Sion per concludersi presso la stazione di sport invernali di Thyon 2000, dove il traguardo sarà posto al termine di una salita di 21 Km al 7.6% che è già stata proposta come sede d’arrivo nel 2021 e nel 2023, in occasione di tappe vinte rispettivamente dal canadese Michael Woods e dal britannico Adam Yates. L’altra cronometro coinciderà con la tappa conclusiva, in programma in quel di Ginevra su di un tracciato che dovrebbe misurare all’incirca una ventina di chilometri, verosimilmente privo d’insidie altimetriche.
Se ci fosse qualche corridore che preferirà ultimare la preparazione alla corsa rosa in un clima più caldo potrebbe scegliere di schierarsi al via del Giro di Turchia (27 aprile – 4 maggio), che lo scorso anno ha ritrovato la sua tradizionale collocazione primaverile dopo che nel 2023 era stato costretto a “traslocare” in autunno a causa del terremoto che a febbraio aveva colpito lo stato asiatico. Parecchie saranno le occasioni che la corsa turca offrirà ai velocisti e uno di loro sarà quasi certamente il primo a vestire la maglia di leader della classifica perché si partirà da Adalia con una tappa in circuito di 132 Km del tutto sgombra di salite. Sicuramente ci sarà un cambio al vertice della seconda frazione, per via del percorso di media montagna che caratterizza i 167 Km da percorrere tra Kemer e Kalkan, dove si giungerà dopo aver superato un GPM di 2a categoria (10 Km al 5.2%) piazzato a una sessantina di chilometri dal traguardo, a sua volta collocato al termine di una rampa di 800 metri al 6.1%. Molto più complicata sarà l’altimetria della tappa che da Fethiye condurrà in 176 Km a Marmaris, movimentata da una dozzina di brevi ascese (la più lunga è di 6 Km al 5.2%) non particolarmente difficili ma che renderanno complesse la gestione della corsa e, soprattutto, il controllo a distanza dell’inevitabile fuga di giornata. E tutto questo si affronterà a sole 24 ore dalla tappa regina, lunga soli 115 Km e incattivita da due salite che non sfigurerebbero nel percorso del Giro o del Tour: a una trentina di chilometri dalla partenza da Marmaris già si dovrà fare i conti con una salita di prima categoria (9.3 Km al 6.8%), ma le attenzioni di tutti saranno calamitate verso l’ascesa finale verso Kiran, 9 Km al 9.7% che sono stati considerati dagli organizzatori “hors catégorie”. I velocisti dovrebbero ritornare protagonisti il quinto giorno, anche se la tappa che partirà nuovamente da Marmaris in direzione di Aydın non sarà semplice da gestire per le loro squadre per la presenza di sette salite nei primi 90 Km, di alcuni saliscendi nella seconda parte e di un finale nel quale la strada procede in leggero falsopiano. Se la tappa di Kiran non avrà blindato del tutto la classifica a definirla ci penserà la sesta tappa, che scatterà da Kuşadası per terminare a Selçuk, dove l’arrivo sarà posto presso il santuario della Casa di Maria, luogo secondo la tradizione la Madonna si trasferì dopo la morte di Cristo in croce: per arrivarci si dovrà affrontare una salita di 5.6 Km al 7.4% che rappresenta un classico approdo per il Giro di Turchia, proposto in diverse occasioni negli ultimi anni e dove nel 2017 colse il successo l’italiano Diego Ulissi. Dal punto di vista altimetrico non dovrebbero, invece, presentare particolari insidie le rimanenti due tappe, che termineranno rispettivamente a Çeşme e Smirne con probabili arrivi allo sprint, ma si tratterà comunque di frazioni da non sottovalutare essendo per ampi tratti disegnare lungo le rive del Mar Egeo e l’eventuale compagnia del vento potrebbe letteralmente scardinare la struttura della classifica.
Mauro Facoltosi
I SITI DELLE CORSE CITATE NELL’ARTICOLO
Itzulia Basque Country
https://itzulia.eus/en/itzulia/
Giro d’Abruzzo
Tour of the Alps
Tour de Romandie
https://www.tourderomandie.ch/en/
Giro di Turchia

La località austriaca di Bannberg, sulla cui doppia ascesa è imperniata la tappa conclusiva del Tour of The Alps (Google Street View)
MILANO – SANREMO 2025: LE PAGELLE
marzo 23, 2025 by Redazione
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Mathieu van der Poel e Tadej Pogacar ovvero lo spettacolo del ciclismo ma anche il secondo posto di Filippo Ganna riempiono cuore e occhi degli appassionati. I nosttri voti alla Milano – Sanremo, probabilmente la Classica Monumento più spettacolare che ci sia – almeno fin quando parteciperanno Pogacar e Van der Poel
MATHIEU VAN DER POEL. Seconda Milano Sanremo per il campione olandese che resta attaccato con i denti alle ruote di uno scatenato Tadej Pogacar e vince in una volata ristretta. Talento, cuore e forza riassumono in tre parole le qualità del ciclista moderno e vincente. VOTO: 9.5
TADEJ POGACAR. Una Cipressa triturata in meno di 9 minuti dal campione sloveno che manda all’aria i piani dei suoi avversari, tranne uno. Era la tattica migliore per far esplodere la corsa e avere possibilità concrete di vittoria. Il terzo posto, come nel 2024, è forse poco e Tadej ha già dichiarato che il prossimo anno tenterà una nuova impresa sempre sulla Cipressa, magari partendo un po’ prima. VOTO: 9
FILIPPO GANNA. Secondo nel 2025 così come nel 2023, sempre dietro Van der Poel, ma questa volta compiendo un vero e proprio capolavoro riuscendo a non staccarsi troppo dalle ruote dei due fenomeni sia sulla Cipressa, sia sul Poggio. Probabilmente in questo periodo storico è il solo (se non l’unico) ciclista italiano in grado di vincere una Classica Monumento. VOTO: 9
MICHAEL MATTHEWS. Dopo tre podi ottiene la sua quarta top ten dimostrando, nonostante gli anni che passano inesorabilmente, di essere uno dei ciclisti più a loro agio con la Classicissima. VOTO: 8
KADEN GROVES. Quinto posto che vale molto per un altro ciclista australiano e che lo proietta in una primavera che può dargli soddisfazioni impreviste, anche se i capitani Van der Poel e Philipsen avranno sempre la precedenza. VOTO: 7.5
JASPER PHILIPSEN . Prima della Cipressa capisce di non avere la forma dello scorso anno, principalmente per la caduta che lo ha segnato qualche giorno fa alla Nokere – Koerse. Si mette comunque a disposizione di Van der Poel sui Capi, dimostrando professionalità e spirito di squadra. Lo aspettiamo nell’inferno del Nord. VOTO: 7.5
MATTEO TRENTIN. A 35 anni suonati è il ciclista più vecchio a entrare nella top ten. Bella prestazione del ciclista trentino che gli dà fiducia per i prossimi impegni in Belgio, su tutti Gand – Wevelgem e Giro delle Fiandre. VOTO: 7
MAGNUS CORT. Il più classico degli outsider, dopo un ottima O Gran Camiño. Arriva in riviera per sorprendere e quasi ci riesce, chiudendo al sesto posto. VOTO: 7
OLAV KOOIJ. A 23 anni è il ciclista che può avere maggiori margini di miglioramento alla Milano – Sanremo. L’ottavo posto finale fa ben sperare per le prossime edizioni. VOTO: 7
FRED WRIGHT. La Bahrain Victorious si doveva affidare a Matej Mohoric ma lo sloveno, complice una forma fisica non buonissima, non si vede praticamente mai. VOTO: 7
MADS PEDERSEN. Dei grandi favoriti della vigilia, è forse quello che delude di più, dovendo rincorrere dopo la Cipressa non solo i tre battistrada ma anche il primo gruppo inseguitore. Deve ringraziare la sua squadra se riesce almeno a partecipare alla volata dei battuti, anche se non fa meglio della settima posizione. VOTO: 6.5
JONATHAN MILAN. Aveva raccolto i risultati più numerosi da inizio stagione ma deve ancora crescere per domare Cipressa e Poggio, specialmente quando ci sono all’opera Van der Poel e Pogacar. Ma è ancora giovane e ci riproverà VOTO: 6.5
ROMAIN GRÉGOIRE. Sembra poter rispondere sulla Cipressa al micidiale affondo di Pogacar, ma dopo qualche centinaio di metri piomba nelle retrovie e alla fine arriva nel gruppo dei battuti, senza infamia e senza lode. VOTO: 6
BINIAN GIRMAY. Veniva da un mese di allenamenti in Africa ma la gamba non è sembrata buona, nonostante abbia superato i Capi con apparente facilità. Poi però è arrivata la Cipressa… VOTO: 5
MAXIM VAN GILS. Doveva essere la speranza per la Lotto, anche dopo il sesto posto dello scorso anno, ma ha palesato una condizione approssimativa che lo ha escluso quasi subito dai pretendenti alla vittoria. VOTO: 5
ALBERTO BETTIOL. Nel 2024 fu il migliore italiano con il quinto posto, quest’anno si perde nell’anonimato senza lasciare traccia alcuna. VOTO: 4.5
Antonio Scarfone
MARZO 2025, ARRIVA IL FESTIVAL DELLA SANREMO
marzo 1, 2025 by Redazione
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Marzo da sempre è il mese della Milano-Sanremo. Ma la “Classicissima” non sarà il solo evento del terzo mese dell’anno, che vedrà alzarsi il sipario sulle corse del nord e offrirà un assaggio della stagione dei Grandi Giri con lo svolgimento di Parigi-Nizza, Tirreno-Adriatico e Giro di Catalogna.
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Avete “balorda nostalgia” della Milano-Sanremo? Non dovrete attendere ancora per molto perché è arrivato marzo con il suo carico di corse che fanno “ala” alla classicissima, primo vero e proprio spartiacque della stagione, momento che da sempre separa le prime gare preparatorie dell’anno dalla fase delle grandi classiche del nord. Non si tratta di un mese intenso come quello che l’ha preceduto ma, rispetto a quelle disputate a febbraio, le gare che si succedono nel mese di marzo sono meno numerose ma di una qualità decisamente superiore.
In attesa della Sanremo, quest’anno calendarizzata il 22 marzo, il terzo mese dell’anno si aprirà con l’alzata di sipario sulla “Campagna del Nord” che – prima delle più blasonate corse di aprile – vedrà il primo marzo andare in scena l’ottantesima edizione della Omloop Het Nieuwsblad (1 marzo), corsa che può essere definita una versione miniaturizzata del Giro delle Fiandre (la prova monumento si correrà quest’anno il 6 aprile) e che dal 2018 ripropone lo storico finale della classica fiamminga, quando il Fiandre si decideva sui muri di Grammont (1.1 Km al 7.4% con tratti fino al 20%) e del Bosberg (900 metri al 6.2%), rispettivamente da scalare a 15.5 e 11.5 Km dal traguardo di Ninove, al quale si giungerà dopo aver percorso 197 Km dal raduno di partenza di Gand e aver superato altri 6 “berg” e 11 tratti nei quali si pedalerà sul pavé. I riflettori rimarranno poi ancora accesi sul Belgio, dove il giorno successivo si correrà la 77a edizione della Kuurne – Bruxelles – Kuurne (2 aprile), una delle poche corse della “campagna del nord” a presentare un percorso favorevole ai velocisti per la totale assenza di difficoltà altimetriche negli ultimi 60 Km, anche se non sono rare le occasioni nelle quali questa gara si è decisa in altra maniera ed è proprio il caso dell’edizione disputata lo scorso anno: al traguardo di Kuurne arrivarono tre corridori con quasi un minuto in mezzo sul resto del gruppo e tra questi c’era uno degli attesi protagonisti della stagione, il belga Wout Van Aert, che s’impose a Kuurne e che ancora non sapeva che la sua stagione si sarebbe rivelata un calvario per una caduta avvenuta poco tempo dopo in una gara disputata da queste parti, al punto che tornerà alla vittoria solamente sei mesi più tardi, al Giro di Spagna. In questo periodo si comincerà a respirare l’aria della Roubaix grazie alla Ename Samyn Classic (4 marzo), terza corsa belga di questo scampolo di stagione che proporrà un tracciato di 199 Km quasi del tutto sgombro da dislivelli sensibili ma “incarognito” da ben 22 settori di pavé, il più lungo dei quali supera di poco i 1500 metri di lunghezza.
Anche dall’altra parte del confine non si rimarrà con le bici in mano e così, in contemporanea alle prime due corse belghe, a parecchi chilometri di distanza sul suolo di Francia si correranno due semiclassiche che da diversi anni hanno risalito la china fino a giungere nella cerchia delle gare iscritte nel calendario UCI ProSeries. Forte delle vittorie nelle ultime edizioni del corridore di casa Julian Alaphilippe (2023) e dell’astro nascente del ciclismo spagnolo (22 anni) Juan Ayuso lo scorso anno, il primo marzo si correrà la 25a Faun-Ardèche Classic, gara di 166 Km che ha i suoi principali “ingredienti” nella salite di Saint-Romain-de-Lerps e, soprattutto, dellas “Valle dell’Inferno”, nome che è tutto un programma per un muro di 1.5 Km al 10.3% che dovrà essere ripetuta tre volte, l’ultima a soli 6 Km dal traguardo di Guilherand-Granges. L’indomani ci si sposterà nel vicino comune di Étoile-sur-Rhône, sede di partenza e arrivo della Faun Drôme Classic, un’altra corsa che si sta facendo notare grazie al suo albo d’oro (nel 2021 si è imposto il due volte vincitore del Tour de France Jonas Vingegaard) e che presenterà un tracciato leggermente meno esigente al confronto della Faun-Ardèche, anche se non saranno una passeggiata gli ultimi 60 Km caratterizzati da una successione di brevi ascese con pochi spazi di respiro tra una difficoltà e l’altra.
Segnatevi, tra le altre, la data del 5 marzo perché sarà il giorno nel quale l’Italia organizzatrice di corse uscirà dal letargo per allestire la 62a edizione del Trofeo Laigueglia, che si disputerà su di un tracciato non molto dissimile da quello proposto negli ultimi anni, quando sono state “accantonate” (pur essendo previste dal percorso) le storiche e oramai non più selettive salite del Testico (7.2 Km al 4.5%) e del Colle Paravenna (6.8 Km al 5.6%), nell’ultimo decennio rimpiazzate dalla breve ma ripida ascesa di Colla Micheri (2 Km all’8%), da ripetere 4 volte negli ultimi 45 Km.
Dopo il fischio d’inizio sulle strade della riviera ligure le attenzioni degli appassionati si sposteranno in direzione della vicina Toscana, dove l’8 marzo andrà in scena la 19a edizione di quella che si è meritata l’appellativo di “Classica del Nord più a Sud d’Europa”, la sempre spettacolare Strade Bianche, per la quale gli organizzatori – che sono gli stessi della Sanremo e del Giro d’Italia – hanno stabilito di mantenere il “modello” proposto per la prima volta nel 2024, quando il chilometraggio fu portato sopra i 200 Km (quest’anno saranno 215 per la precisione) inserendo un circuito alle porte di Siena che prevede di ripetere due volte gli ultimi due settori di sterrato del tracciato classico. Il più temuto dei 15 settori di sterrato rimarrà sempre quello di Monte Sante Marie, nonostante il circuito lo abbia collocato a più di 80 Km dal traguardo, una distanza che lo scorso anno non ha spaventato lo sloveno Tadej Pogacar, che qui ha posto il primo mattoncino di una stagione da fenomeno assoluto che lo ha portato a vincere Giro, Tour e mondiale.
Per i patiti del ciclismo inizierà ora un momento di autentica “apnea” perché nella settimana successiva alla Strada Bianche si disputeranno in contemporanea Parigi-Nizza e Tirreno-Adriatico, corse che un tempo erano considerate semplicemente gare propedeutiche all’imminente Milano-Sanremo, ma che da un paio di decenni sono divenute un vero e proprio girone d’anticipo della stagione Grandi Giri che inizierà a maggio con la Corsa Rosa. Lo testimoniano gli albi d’oro delle due competizioni, nelle quali dal 2005 in poi campeggiano nel gradino più alto del podio cognomi di corridori che hanno nel palmares vittorie a Giro, Tour e Vuelta. Cominciamo con il prendere in esame la corsa che cronologicamente partirà per prima, la Parigi-Nizza (9-16 aprile), la cui 83a edizione scatterà – è sarà il 16° anno consecutivo – da un centro del dipartimento delle Yvelines: nel 2025 a ospitare il “Grand Départ” sarà il comune di Le Perray-en-Yvelines attorno al quale è stata disegnata la frazione d’apertura, un circuito di 156 Km movimentato da alcune collinette che non dovrebbero impensierire troppo i velocisti, poiché il tracciato ricordo molto le caratteristiche della prima tappa dell’edizione 2022, termina allo sprint con il successo del belga Tim Merlier. La successiva Montesson – Bellegarde sarà la tappa altimetricamente più semplice (184 Km, dei quali gli ultimi 110 di totale pianura) ma non andrà comunque sottostimata perché – come sempre accade in occasione della seconda frazione – si snoderà attraverso gli sconfinati territori quasi completamente pianeggianti che si trovano nel cuore geografico della Francia, zone spesso esposte ai capricci del vento e non è raro che qui fior di corridori perdano parecchi minuti a causa dei temuti ventagli, oppure si incappi in fastidiosi malanni stagionali e non è un caso che questa gara si sia meritata la nomea di “corsa delle bronchiti” (fatto che, tra l’altro, negli scorsi anni ha fatto preferire a molti big la partecipazione alla Tirreno-Adriatico). Se non accadranno fatti eclatanti in queste prime due tappe (ricordate l’attacco a sorpresa di Roglic nella prima tappa nel 2022?), la prima occasione per vedere in azione i favoriti sarà offerta dalla cronosquadre del terzo giorno, che vedrà le formazioni in gara percorrere i quasi 29 Km dal profilo ondulato che dal celebre autodromo di Magny-Cours condurranno fino alla vicina Nevers, tappa che si svolgerà secondo il modello proposto per la prima volta proprio alla Parigi-Nizza nel 2023, quando si stabilì che i tempi di gara al traguardo non sarebbero stati presi sul quinto corridore – come normalmente avviene – ma sul primo, in pratica creando una crono ibrida, con svolgimento a squadre ma effetti in classifica simili a quelli di una prova individuale. Dalla blasonata località termale di Vichy si ripartirà l’indomani per la prima delle due tappe di montagna, diretta in 163 Km a La Loge des Gardes, piccola stazione di sport invernali del Massiccio Centrale dove il traguardo sarà fissato poco sopra i 1000 metri di quota, al termine di un’ascesa di 7.7 Km al 6.4% che è stata ciclisticamente tenuta a battesimo proprio dall’appena citata edizione della Parigi-Nizza del 2023 con padrino di tutto rispetto: a inaugurare questo traguardo fu, infatti, Tadej Pogacar, che distanziò di un secondo il francese David Gaudu e di 34” Gino Mäder, il corridore elvetico che pochi mesi più tardi perderà la vita per le conseguenze di una drammatica caduta in discesa al Giro di Svizzera. Seguirà la tappa dei muri, che gli organizzatori hanno introdotto da alcuni anni imitando le insidiose frazioni collinari marchigiane della Tirreno-Adriatico, anche se va detto che il tracciato della Saint-Just-en-Chevalet – La Côte-Saint-André (196.5 Km) non sembra oltremodo accidentato poiché delle cinque brevi ascese che punteggiano gli ultimi 40 Km solo due sono effettivamente “scoscese”, quella di Arzay (1200 metri all’8.4% con la seconda metà costantemente sopra al 10%) e soprattutto quella che condurrà al traguardo, fissato presso la chiesetta campestre di Notre-Dame-de-Sciez, per raggiungere la quale si affronterà un muro di quasi 2 Km al 10.3% che riserva le pendenze più pungenti nel chilometro conclusivo al 13.3%, nel corso del quale si raggiungerà un picco massimo del 18%: per scomodare un celebre paragone, il famoso Muro di Huy è più breve e presenta una pendenza media più bassa (1.3 Km al 9.6%), anche se la verticale belga vince il confronto sul piano della pendenza massima (ben 26%). Ci sarà a questo punto l’ultima occasione per le ruote veloci, che troveranno pare per i loro denti nei 210 Km quasi del tutto sgombri di dislivelli (previsti solo tre microscopici GPM) che si dovranno percorrere tra Saint-Julien-en-Saint-Alban e Berre-l’Étang, ma – come quella “gemella” di Belleville – anche questa sarà una frazione potrebbe rivelarsi molto più dura del previsto a causa di Eolo, dovendosi attraversare nel finale le ventose lande della Camargue. Per la tappa di montagna del penultimo giorno si è deciso, salvo un’ininfluente modifica che ha accorciato il tracciato di 25 Km, di riproporre il percorso di quello che doveva essere il tappone della scorsa edizione, annullato in extremis a causa della neve che impedì sia di affrontare l’ascesa finale verso Auron (1614 metri, 7.3 Km al 6.9%), sia di anticipare il traguardo ai 1500 metri del precedente Col Saint-Martin, sulle cartine ufficiali indicato con il toponimo di La Colmiane (7.4 Km al 7%). Per pararsi le spalle in caso di un nuovo cambio di programma gli organizzatori hanno, scelto di indurire il tracciato della conclusiva frazione di Nizza, una tappa che negli ultimi anni spesso è risultata determinante, riuscendo tavolta a ribaltare i verdetti delle montagne pur non presentando grandi salite. È stata, così, introdotta l’ascesa verso i 1057 metri del Col de la Porte (7 Km al 7%), che si affronterà subito prima dei più bassi colli che tradizionalmente anticipano l’approdo sulla Promenade des Anglais, la Côte de Peille (6.5 Km al 6.8%), il Col d’Èze (1.6 Km al 9.1%) e il Col des Quatre Chemins (3.6 Km all’8.8%).
Con ventiquattrore di ritardo rispetto alla Parigi-Nizza prenderà le mosse la Tirreno-Adriatico (10-16 marzo), quest’anno giunta al traguardo della 60a edizione, la trentesima organizzata da RCS Sport, il “braccio” della Gazzetta dello Sport che nel 1996 ereditò la gestione della “Corsa dei due mari” dall’allora patron Franco Mealli. Come avviene senza interruzioni dal 2015 la bandierina del via sarà abbassata in quel di Lido di Camaiore, dove il litorale della Versilia farà da palcoscenico a una cronometro individuale che si preannuncia velocissima come non mai, perché gli 11 Km del tracciato si snoderanno quasi prevalentemente in rettilineo e le curve da affrontare saranno appena tre. Si rimarrà in Toscana per la frazione numero 2, che come quella disputata dodici mesi fa si correrà sulla tra Camaiore e Follonica su di un percorso che favorirà il primo round tra i velocisti. Anche la cittadina umbra di Foligno è stata confermata quale sede d’arrivo della terza tappa, ma stavolta il finale sarà inedito perché il traguardo non sarà in centro ma nella frazione di Colfiorito, a quasi 800 metri sul livello del mare, alla quale si giungerà dopo aver percorso 239 Km e subito dopo aver scollinato la cima dell’omonimo valico, affrontata un’ascesa lunga ma pedalabile (poco più di 18 Km al 3% con i primi 1600 metri al 9%). Per vedere salite più consistenti bisognerà attendere la quarta tappa, quando nel corso della Norcia – Trasacco si dovrà salire prima ai 1225 della Forca della Civita (14.3 Km al 4.1%), poi ai 994 metri della Sella di Corno (7.5 Km al 4.9%) e infine ai 1558 metri del Valico La Crocetta (12.4 Km al 5.7%), che sarà la “Cima Coppi” di questa edizione: unico neo di questo tracciato sarà la quasi totale assenza di difficoltà altimetriche negli ultimi 85 Km, che potrebbero consentire ai velocisti più resistenti di giocarsi la vittoria di tappa, sempre che non rimanga loro sullo stomaco il piccolo muretto di 250 metri al 9.2% che dovrà essere superato a circa 5 Km dal traguardo. Con un lungo trasferimento ci si sposterà nelle Marche sulle cui strade si vivranno i momenti decisivi, cominciando dalla frazione collinare di 205 Km che collegherà Ascoli Piceno a Pergola incamerando ben 3500 metri di dislivello, sparsi come il cacio sui maccheroni tra le 10 ascese che s’incontreranno strada facendo, sulle quali spiccano – nel circuito finale – quelle dei Barbanti (6.2 Km al 4.7%) e di Monterolo (3.9 Km al 6.6%), non durissime ma che potrebbero lasciare il segno al termine di una tappa così movimentata. Cento metro in meno di dislivello saranno, invece, proposti il giorno successivo dalla tappa regina, che da Cartoceto condurrà ai 1327 metri di Frontignano, stazione sciistica dei Monti Sibillini i cui 7.6 Km al 7.9% debutteranno nel mondo del ciclismo proprio quest’anno, anche se nel recente passato questa salita era già stata inserita due volte nel tracciato (nel 2010 e nel 2016), ma in entrambi i casi l’organizzazione sarà poi costretta a modificare il percorso a causa del maltempo. Ventiquattrore più tardi, nelle stesse ore nella quali si concluderà la Parigi-Nizza, anche la Tirreno-Adriatico giungerà al termine sul tradizionale traguardo finale di San Benedetto del Tronto, al quale si giungerà dopo esser partiti da Porto Potenza Picena e, superate le ultime colline, percorse cinque tornate del pianeggiante circuito di 14.5 Km disegnato sulle strade del capoluogo della “Riviera delle Palme”.
Il prossimo appuntamento segnato in rosso sulle agende degli appassionati sarà la Milano-Sanremo, in programma una settimana dopo la conclusione di Parigi-Nizza e Tirreno-Adriatico, ma per ingannare l’attesa e non far rimanere fermi troppo a lungo i corridori (fino al 2021 la Tirreno terminava di martedì, due giorni dopo la conclusione della gara francese) mercoledì 19 si correrà la corsa più antica del calendario italiano, la Milano-Torino. Organizzata per la prima volta nel lontanissimo 1876, non si è disputata tutti gli anni e per questo motivo quella che si correrà nel 2025 sarà “soltanto” la 105a edizione, per la quale gli organizzatori hanno deciso di riproporre il traguardo che era diventato tradizionale negli anni 2000 ma che non veniva più utilizzato dal 2019: la linea d’arrivo sarà tesa alle porte della basilica di Superga, per raggiungere la quale bisognerà affrontare una salita breve ma ripida (4.8 Km al 9.2%) che comunque in questo periodo d’assenza dal tracciato della Milano-Torino non ha perso il contatto con il mondo del grande ciclismo, essendo stata inserita sia nel percorso della frazione inaugurale dello scorso Giro d’Italia, sia in quello della spettacolare “tappa in città” affrontata alla Corsa Rosa nel 2022.
Come anticipato il 22 marzo, due giorni dopo esser entrati ufficialmente nella primavera, la Milano-Sanremo scriverà il 116° capitolo della sua lunga storia, iniziata il 14 aprile del 1907. In oltre un secolo di vita il tracciato della “classicissima” è stato ritoccato in rarissime occasioni e anche nel 2025 il percorso non cambierà di una virgola per quanto riguarda le fasi salienti, mentre piccole modifiche sono state apportate alle fasi iniziali, con l’inserimento di un circuito d’apertura di una ventina di chilometri attorno a Pavia, che sarà sede di partenza fino al 2027, e un’altra variazione al tracciato classico subito prima d’entrare in Piemonte. Tutto il resto rimarrà invariato, a partire dall’ascesa al Passo del Turchino dal versante più “masticabile” (2.5 Km al 5.6%) prima della planata verso la riviera ligure, dove si scavalcheranno gli inevitabili capi della Via Aurelia prima di giungere ai piedi delle ascese più attese, la Cipressa (5.6 Km al 4.1%) e il Poggio (3.7 Km al 3.7%).
Non ci sarà nemmeno il tempo di assimilare la Sanremo perché ora per gli amatori dello sport del pedale si profila un’altra “full immersion”. Due giorni dopo la conclusione della “classicissima” prenderà, infatti, il via il Giro di Catalogna (24-30 marzo) e dopo altre ventiquattrore arriverà il turno della 40a edizione della Settimana Internazionale Coppi e Bartali (25-29 marzo). Al momento nel quale pubblichiamo questo articolo nulla ancora si sa sul tracciato della corsa italiana per via ufficiale, anche se dai rumors trapelati mezzo stampa è possibile ricostruire i primi tre giorni, che vedranno nell’ordine una tappa per velocisti da Ferrara a Bondeno, una collinare che dopo il via da Riccione proporrà il tradizionale traguardo in salita a Sogliano al Rubicone e un’altra al momento “indefinibile” che prenderà nuovamente le mosse da Riccione, stavolta per andare fino a Cesena. Anche il tracciato della corsa catalana deve ancora essere svelato nei dettagli, ma da tempo gli organizzatori hanno annunciato la lista delle tappe, elenco che permette di farsi un’idea generale del tracciato, che sarà molto simile a quello dello scorso anno a livello difficoltà generali perché tre delle sette tappe saranno disegnate in montagna e per la gioia degli scalatori anche nel 2025 non saranno previste frazioni a cronometro. Si comincerà con una tappa disegnata in circuito attorno a Sant Feliu de Guíxols, località balneare della Costa Brava che è sede di partenza del Catalogna dal 2022, poi da Banyoles si prenderà il via per raggiungere Figueres, centro che ad agosto ospiterà la prima tappa spagnola della Vuelta (per chi ancora non lo sapesse, quest’anno la “Grande Salida” del Giro di Spagna si terrà in Piemonte). La prima delle tre tappe di montagna proporrà, dopo la partenza da Viladecans, l’arrivo nella stazione di sport invernali de La Molina, traguardo fisso di questa corsa sin dal 2014 (con la sola eccezione dell’edizione 2021), dove l’arrivo sarà posto al termine di un’ascesa di 12.2 Km al 4.4% (primi 8.4 Km al 6.5%), mentre ancora non si conoscono le strade che si dovranno percorrere nei chilometri precedenti, anche se sarà inevitabile fare affrontare ai corridori una salita a scelta tra il tradizionale Coll de la Creueta (19 Km al 4.9%), in vetta al quale si rasentano i 2000 metri di quota, e la parallela Collada de Toses (25 Km al 3%), che quest’estate sarà inserita nel tracciato della prima frazione pirenaica della Vuelta. Si replicherà l’indomani con un altro arrivo in salita, che si raggiungerà partendo da Sant Vicenç de Castellet: al termine di un’ascesa non particolarmente difficile e costante nelle inclinazioni (8.3 Km al 6.8%) si festeggerà non soltanto il vincitore di questa frazione ma anche il millesimo anniversario della fondazione del celebre Santuario di Montserrat, presso il quale il Giro di Catalogna non mette le ruote dal 1995, quando il francese Laurent Jalabert precedette di un amen il nostro Enrico Zaina. Se la quinta sarà con tutta probabilità una frazione interlocutoria destinata all’arrivo allo sprint (partenza da Paüls, arrivo ad Amposta), si ritornerà a pedalare in montagna in occasione della tappa che da Berga riporterà i corridori al Santuario de Queralt, dove dodici mesi fa questa meta inedita fu lanciata nel firmamento delle salite dalla vittoria di Tadej Pogacar, che dominò la corsa catalana portandosi a casa non solo la classifica finale ma anche quattro delle sette tappe in programma: se il percorso non sarà modificato più di tanto (anche nel 2024 si partì da Berga) l’ascesa “faro” della tappa non sarà tanto quella conclusiva (6 Km al 7.2%) ma il nettamente più difficile Coll de Pradell, quasi 15 Km al 7% con un’inclinazione media dell’11% nei 5.5 Km che precedono lo scollinamento. E se non si cambieranno nemmeno i programmi tradizionali dell’ultimo giorno pure la conclusiva frazione di Barcellona non sarà una passeggiata e non è un caso che sia stato ancora il “campionissimo” sloveno a imporsi su questo traguardo – stavolta in volata – dopo le sei tornate del circuito del Montjuïc, anello che prevede il muro del Castello, 800 metri all’11% che arrivano in coda a un’ascesa di 2.5 Km al 4.8%, asperità che l’anno prossimo sarà ripetuta più volte nella due giorni che aprirà – ancora una volta dall’estero – la 113a edizione del Tour de France.
Dopo le prime “battaglie” d’inizio mese, nella seconda parte del mese il mondo del ciclismo tornerà a parlare fiammingo con la riapertura della “Campagna del Nord”, sulla quale si riaccenderanno i riflettori il 19 marzo (lo stesso giorno della Milano-Torino) con la Danilith Nokere Koerse, semiclassica di 188 Km che dal 2022 viene ininterrottamente conquista dallo sprinter Tim Merlier, capace di “esorcizzare” le piccole ma numerose difficoltà che la punteggiano: la 79a edizione dovrebbe grossomodo ricalcare quella del 2024, che prevedeva ben 26 settori da percorrere sul lastricato e 12 brevi ascese ufficiali, l’ultima delle quali corrisponde con i 400 metri al 3.8% che conducono al traguardo.
Il 21 marzo, giorno precedente la Sanremo, si correrà invece la 23a edizione della Bredene Koksijde Classic, altra corsa che fa gola ai velocisti in virtù di un percorso quasi del tutto pianeggiante, tracciato che nella versione 2024 “confinava” le salite in un settore di 25 Km dal quale si usciva a quasi 100 Km dal traguardo.
Il 27 marzo, mentre saranno nel pieno del loro svolgimento il Catalogna e la Coppi e Bartali, sarà la volta della 49a Classic Brugge-De Panne, una delle rare corse della “Campagna del Nord” a proporre un profilo totalmente pianeggiante, gara nata nel 2018 dalla riduzione a una sola giornata della breve corse a tappe che fino a quel momento era nota in Italia con il nome di “Tre Giorni de La Panne”.
Si salirà decisamente di livello alla fine del mese con lo svolgimento, previsto il 28 marzo, della E3 Saxo Classic, corsa di 208 Km forse più nota con il nome di E3 Harelbeke e il soprannome di “Piccolo Giro delle Fiandre” perché ne va a ricalcare parzialmente le rotte, proponendo nel suo tracciato una quindicina di “berg”, presi a piene mani dal tracciato dell’altra corsa e sui quali spiccano i 400 metri al 10.3% del Paterberg.
L’ultimo appuntamento del mese, proprio nel giorno conclusivo di marzo, sarà la Gand-Wevelgem, una delle classiche più aperte e indecifrabili, un po’ come la Sanremo, perché al termine dei suoi quasi 250 Km si può assistere a un arrivo in volata (una soluzione alla quale non si assiste, però, dal 2019) oppure a una vittoria di un risicato gruppetto selezionato dalle serie di brevi ma ripide ascese che s’incontrano tra il 150° e il 220° Km, prima di ritrovare strade perfettamente piatte nei rimanenti 30 Km: in particolare la salita simbolo della corsa belga è il “bruciante” Kemmelberg, che viene approcciato da due lati differenti, quello del Belvedere (400 metri al 7.4% con i primi 100 metri al 13.6%) e quello ripidissimo dell’ossario (700 metri all’11.4% e gli ultimi velenosissimi 300 metri al 17.7%).
Mauro Facoltosi
I SITI DELLE CORSE CITATE NELL’ARTICOLO
Omloop Het Nieuwsblad
Kuurne – Bruxelles – Kuurne
www.kuurne-brussel-kuurne.be/en/
Ename Samyn Classic
Faun-Ardèche Classic – Faun Drôme Classic
https://boucles-drome-ardeche.fr/
Trofeo Laigueglia
www.laiguegliailborgodamare.com/trofeo-laigueglia
Strade Bianche
Paris-Nice
Tirreno-Adriatico
Milano – Torino
Milano – Sanremo
Volta Ciclista a Catalunya
Settimana Internazionale Coppi e Bartali
www.gsemilia.it/a31_sett-int-coppi-e-bartali.html
Danilith Nokere Koerse
Bredene Koksijde Classic
https://bredenekoksijdeclassic.be/
Classic Brugge-De Panne
https://classicbruggedepanne.be/fr/
E3 Saxo Classic
Gand-Wevelgem

Un'istantanea della Milano-Sanremo (lamialiguria.it)
FEBBRAIO 2025, ARRIVA LA BEFANA (IN RITARDO)
febbraio 4, 2025 by Redazione
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Il mese di febbraio è una vera e propria manna per gli appassionati di ciclismo. E’ forse uno dei periodi dell’anno ciclistico più intensi perché – pur non essendo ancora arrivato il momento dei Grandi Giri e delle classiche – offre una serie di brevi corse a tappe che permettono di cominciare e pregustare le sfide future. C’è da farne una vera e propria scorpacciata…
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La Befana arriva in ritardo per gli appassionati di ciclismo. Un mese dopo aver consegnato regali e dolciumi ai bambini di tutto il mondo, arriva il momento di consegnare la calza anche ai ciclofili e non c’è mese come quello di febbraio per farli felici. Non è ancora arrivato il momento delle grandi classiche e nemmeno quello dei grandi giri, eppure febbraio è forse il mese più intenso e letteralmente esplosivo, almeno per il numero di corse che si affolleranno in calendario nei prossimi 28 giorni: mettendo in file corse di un giorno e singole frazioni delle corse a tappe si arriva a un totale di 93 gare, un vero e proprio solluchero che offrirà agli spettatori il proverbiale imbarazzo della scelta.
Qui ci limiteremo a presentarvi le gare principali (e anche quelle non saranno poche) e, disciolto il fiocco che serra la calza, per prima fa capolino l’Étoile de Bessèges (5-9 febbraio), la cui 55a edizione sicuramente attirerà le attenzioni dei tifosi italiani per esser stata scelta quale debutto stagionale da Filippo Ganna, che qui ha già lasciato il segno in un paio di occasioni imponendosi nella crono conclusiva nel 2021 e nel 2022. Disegnata sulle ventose strade del dipartimento del Gard, la corsa francese per il quindicesimo anno consecutivo prenderà le mosse da Bellegarde, attorno alla quale è stata disegnata la tappa d’apertura, un circuito di 159 Km quasi totalmente pianeggiante se si esclude la breve rampa della Côte de la Tour (700 metri all’8.2%), in cima alla quale sarà posto il traguardo e che da quando è stata inserita nel percorso ha sempre impedito ai velocisti di tagliare per primi la linea d’arrivo. Più probabile l’arrivo allo sprint, comunque a ranghi ridotti, il giorno successivo al termine della Domessargues – Marguerittes, tappa lunga 166 Km che presenta il traguardo posto 9 Km dopo lo scollinamento della Côte Cabrières, salita di 3.6 Km al 3.7% i cui numeri sono molto simili a quelli del Poggio della Milano-Sanremo. Ci si sposterà quindi a Bessèges per la tappa “titolare” della corsa, che vedrà i corridori percorrere un circuito collinare di 164 Km movimentato da 8 brevi ascese, in nessun caso impegnative: al fine del successo di tappa le più rilevanti saranno le ultime due, il Col de Trélis (5.4 Km al 4.7%) e il Col des Brousses (1.8 Km al 5.9%), che si scavalcheranno rispettivamente a 20 e 12 Km dal traguardo. A decretare il nome del successore del danese Mads Pedersen nell’albo d’oro di questa corsa saranno verosimilmente – sempre che il forte vento non ci metta lo zampino –le due rimanenti frazioni, a partire dalla penultima che scatterà da Vauvert alla volta del Mont Bouquet dove, dopo 156 Km di gara, l’arrivo sarà posto in vetta a un’ascesa di 4.6 Km al 9% che è stata proposta per la prima volta nel 2020 per festeggiare la 50a edizione della corsa, compleanno consacrato dalla vittoria lassù di Ben O’Connor, lo scalatore australiano che all’ultimo Giro di Spagna ha conteso fino alla penultima tappa la vittoria finale allo sloveno Primoz Roglic. L’ultimo atto sarà a cronometro, sullo stesso tracciato di 10.6 Km sul quale non solo si è imposto due volte Ganna, ma è andato a segno anche un altro azzurro, il toscano Alberto Bettiol (2020): la rampa di lancio sarà collocata nel centro di Alès mentre l’arrivo sarà presso la cappella di Notre-Dame-de-l’Ermitage, percorsa un’ascesa di 2.8 Km al 5.6%.
Con un ping-pong di sapori la calza della Befana proporrà, in concomitanza con la gara transalpina, la prima corsa a tappe stagionale del calendario spagnolo, la Volta a la Comunitat Valenciana (5-9 febbraio), la cui 76a edizione è stata concepita dall’ente organizzatore e dalle autorità locali come simbolo di rinascita dopo la disastrosa alluvione che ha colpito la regione lo scorso anno. Rispetto alla parallela Étoile de Bessèges, la Volta è stata progettata al contrario e così si affronteranno per prime le frazioni più impegnative, la prima della quali sarà una cronosquadre lunga ben 34 Km, una distanza forse eccessiva per una corsa a tappe di appena cinque giorni: la distanza dovrà essere coperta tra Orihuela e la vicina località balneare di Orihuela Playa su di uno scorrevole tracciato disegnato per celebrare il 100° compleanno della “gloria locale” Bernardo Ruiz, nato l’8 gennaio 1925 e attualmente più anziano vincitore vivente di un grande giro (si impose nella Vuelta a España del 1948). La seconda tappa, invece, dopo la partenza da La Nucía e 166 Km di tracciato proporrà l’arrivo a Benifato, dove il traguardo sarà posto al termine di una salita mai affrontata prima in una corsa ciclista, l’Alt de Partegat, i cui 7 Km al 9% di pendenza media (massima del 20%) condurranno i corridori sino a 1030 metri di altitudine. Si tratterà di un’ascesa classificata di prima categoria, così come quella quella dell’Alto del Remedio che si dovrà scalare l’indomani nel corso della tappa che da Algemesí condurrà in 181 Km ad Alpuente, ma potrebbe non rivelarsi selettiva come quella del giorno prima, sia per le sue inclinazioni meno incisive (6.4 Km al 7,3%), sia per gli oltre 20 Km che si dovranno poi percorrere per raggiungere il traguardo. Ideale per imbastire una fuga da lontano, con ottime possibilità di andare all’arrivo, sarà il tracciato della successiva Oropesa del Mar – Portell de Morella di 181 Km, anche se il disegno dell’altimetria ufficiale potrebbe farla pensare meno complicata di quella che è. Infine, la corsa spagnola si concluderà con la più semplice delle cinque frazioni in programma, essendo totalmente privi di dislivelli i 104 Km che si dovranno percorrere tra Alfafar, uno dei centri più colpiti dall’alluvione di fine ottobre 2024, e l’approdo conclusivo di Valencia.
In un concatenarsi di sapori, i giorni conclusivi di Étoile e Valenciana coincideranno con le prime due frazioni del Tour of Oman (8-12 febbraio), la cui 14a edizione sarà la terza della corsa araba a disputarsi in cinque tappe in seguito alla scelta, adottata nel 2023, di scorporare una delle sei originarie frazioni per farne una corsa di un giorno a parte, la Muscat Classic, che si disputerà il 7 febbraio sul medesimo tracciato delle prime due edizioni, rispettivamente conquistate dal belga Jenthe Biermans e dal neozelandese Finn Fisher-Black, caratterizzato negli ultimi 20 Km dalle salite di Hamriyah (1 Km all’8.6% con un muro iniziale di 400 metri al 13.9%) e di Al Jissah (1.1 Km all’8.9%). Il Tour of Oman, invece, prenderà il via all’insegna dello sprint con una tappa di 170 Km che vedrà i corridori partire da Bushar in direzione del Bimmah Sink Hole, spettacolare dolina ricolma d’acqua situata a breve distanza dalle ventose rive dell’Oceano Indiano. Con un interminabile trasferimento di quasi 300 Km la carovana traslocherà presso un’altra delle attrazioni turistiche del sultanato, il forte di Al Rustaq, dal quale si ripartirà per affrontare la tappa più lunga, 203 Km e un finale che fa gola ai finisseur per l’arrivo sulle Yitti Hills, dove la linea del traguardo sarà collocata 800 metri dopo aver superato la cima di una salita breve ma non banale (1700 metri al 5.9% con i primi 900 metri al 7.9%), traguardo che nel 2023 è stato tenuto a battesimo dal nostro Diego Ulissi mentre 12 mesi fa qui si è imposto il belga Amaury Capiot. Bisognerà attendere 24 ore per il primo arrivo in salita ufficiale, quando si partirà da Fanja verso l’Eastern Mountain, i cui 4.6 Km al 7.7% sono stati affrontati per la prima e finora unica volta nel 2023, quando lo statunitense Matteo Jorgenson ebbe l’onore di inaugurare l’albo d’oro di questa salita, caratterizzata da pendenze da muro fiammingo nell’ultimo chilometro (media del 14%). Seguirà la tappa più facile, lunga 181 Km come quella del giorno precedente, tracciata senza difficoltà altimetriche – a parte la lievissima pendenza, appena sotto il 3% medio, che caratterizza i 900 metri conclusivi – tra l’Oman Across Ages Museum di Manah e l’Oman Convention and Exhibition Center, complesso fieristico situato alle porte della capitale Mascate. Sarà, infine, il centro di Imty a dare il “la” alla tappa regina, 139 Km senza grandi difficoltà fino ai piedi della salita simbolo del Giro dell’Oman, che risale la cosiddetta “Montagna Verde” (Jabal Al Akhdhar è il nome ufficiale): la salita completa misura 15 Km e permette di arrivare su asfalto fino a oltre 2000 metri, ma considerate le inclinazioni rilevanti sin dai tratti iniziali e la stagione appena iniziata si è sempre preferito far percorrere solamente i primi 6 Km, le cui pendenze già toste (la media è del 10.2%) in passato hanno permesso di imporsi su questo traguardo a corridori del calibro di Chris Froome (2014), Vincenzo Nibali (2012 e 2016) e Adam Yates (2024).
Arrivati a metà della calza della Befana febbraiola gli appassionati si troveranno un vero e proprio ingorgo di “ghiottonerie” a causa della decisione dell’UCI di posticipare di una settimana il periodo di svolgimento della Volta ao Algarve e della Vuelta a Andalucía, che così andranno a disputarsi negli stessi giorni nei quali è previsto l’UAE Tour (17-23 febbraio), corsa del calendario World Tour più prestigiosa rispetto alle altre due, che invece militano nel circuito ProSeries. Ultima delle tre grandi corse a tappe arabe della stagione dopo l’AlUla Tour e l’appena terminato Tour of Oman, il Giro degli Emirati Arabi si aprirà con una tappa interamente tracciata nel deserto per 138 Km, con partenza dallo Shams Solar Park di Madinat Zayed e traguardo presso il Liwa Palace, luogo d’origine delle famiglie regnanti di Abu Dhabi e Dubai, al quale si giungerà dopo un tracciato a saliscendi (lo strappo più duro misura 1.3 Km e presenta una pendenza media del 6.5%), durante il quale si andrà a sfiorare la Duna Moreeb, una delle più alte del mondo (300 metri). La seconda frazione sarà la prima delle tre decisive, una cronometro individuale di 12.2 Km disegnata sulle pianeggianti strade dell’isola artificiale di Al Hudayriyat, dove si gareggerà sul medesimo tracciato che lo scorso anno fu percorso a quasi 54 Km/h dallo statunitense Brandon McNulty, autore della miglior prestazione anticipando di appena due secondi l’australiano Jay Vine. In questa prova contro il tempo gli scalatori dovranno stringere i denti in attesa di trovare per loro il primo traguardo utile il giorno successivo, quando si ripartirà da Ras al Khaimah per andare ad affrontare l’ascesa della Jebel Jais, la montagna più alta degli Emirati. La vetta è a 1911 metri, i corridori si fermeranno poco sotto quota 1500 metri, dopo aver percorso 179 Km, gli ultimi 19 Km da pedalare lungo una salita non eccezionale nelle pendenze (la media è del 5.6% e tratti veramente difficili non se ne incontrano) ma, per l’appunto, decisamente chilometrica per gli standard della stagione: non è un caso che su quest’ascesa, che se inserita in una grande corsa a tappe non provocherebbe grandissima selezione, si siano imposti corridori del calibro di Tadej Pogacar (2022), Jonas Vingegaard (2021) e Primoz Roglic (2019). Nelle tre giornate successive i protagonisti saranno i velocisti, anche se quelle che andranno in scena non saranno tappe banali a causa dei tratti che si dovranno percorrere nel deserto, dove non è raro incappare nel forte vento ed è soprattutto il caso della quarta tappa, che taglierà nel mezzo la penisola del “Corno d’Arabia” pedalando per 181 Km da Fujairah Qidfa Beach, sulle rive dell’Oceano Indiano, a Umm al Quwain, il capoluogo del meno popolato tra i sette emirati che costituiscono lo stato arabo, centro affacciato sul Golfo Persico. La metropoli di Dubai presterà le sue strade allo svolgimento della quinta tappa, che collegherà in 160 Km due importanti istituzioni della città, l’American University in Dubai e l’Hamdan Bin Mohammed Smart University. La penultima frazione sarà pure modellata sull’esempio della “tappa in città” e stavolta lo scenario sarà quello di Abu Dhabi, dove si partirà dalla sede del locale Cycling Club per toccare in 167 Km alcuni tra i luoghi più celebri della capitale degli emirati (come il circuito automobilistico di Yas Marina e il Louvre Abu Dhabi) prima di giungere al traguardo, tradizionalmente collocato sull’isola artificiale del Breakwater. Per il terzo anno consecutivo, infine, l’UAE Tour terminerà il suo cammino sulla Jebel Hafeet, montagna situata al confine con l’Oman dove la linea del traguardo sarà tracciata a 1030 metri sul livello del mare, dopo aver percorso 176 Km dal raduno di partenza, fissato presso l’Hazza Bin Zayed Stadium di Al Ain, e affronto un’ascesa di 11 Km al 6.7%, anch’essa già fornita di un “curriculum” di tutto rispetto nel quale spiccano ancora il nome di Pogacar (2021, 2022), ma anche quelli di Alejandro Valverde (2018, 2019) e di Adam Yates, che qui è praticamente di “casa” avendovi già ottenuto tre affermazioni, l’ultima nel 2023 e le altre entrambe nell’edizione del 2020, quella che fu interrotta a causa del diffondersi della pandemia da Covid-19 proprio subito dopo il secondo dei due arrivi in salita previsti alla Jebel Hafeet.
Giunta lo scorso anno al traguardo della cinquantesima edizione, nel 2025 la Volta ao Algarve (19-23 febbraio) presenterà un paio di novità concernenti i due tradizionali arrivi in salita agli “alti” di Fóia e Malhão, con il primo che sarà scalato da un versante inedito, più impegnativo, e il secondo che sarà inserito per la prima volta nella storia al termine di una tappa a cronometro. Per la scelta di unificare in una sola giornata l’arrivo sul Malhão e la prova contro il tempo si è così “liberata” una giornata di gara che gli organizzatori hanno deciso di consegnare ai velocisti, ampliando così da due a tre il numero di tappe a loro disposizione. La prima occasione sarà loro offerta al termine della frazione d’apertura, 190 Km da Portimão a Lagos con qualche saliscendi da affrontare a metà percorso e le solite trappole che potrebbero venire innescate dal vento, onnipresente nelle zone costiere del Portogallo. Da Lagoa si ripartirà per andare a esplorare il versante inedito del Monte Fóia, la montagna più alta della regione dell’Algarve, un’escursione di 177.6 Km che prevede anche la salite di Marmelete (2 Km al 10.1%) e di Pompa (4 km al 7.6%) prima di quella conclusiva, 8.2 Km al 5.4% più impegnativi rispetto al versante tradizionale perché presentano un tratto intermedio di 1200 metri all’10.7% di pendenza media. Si tornerà in pianura per la terza tappa, che collegherà in 183 Km Vila Real de Santo António con Tavira, alla quale seguirà la terza e ultima frazione favorevole ai velocisti, 175 Km da Albufeira a Faro e un percorso nel finale leggermente più complicato, soprattutto per la collocazione della salita – comunque pedalabile – di Santa Barbara (3.4 Km al 4.5%) a 25 Km dal traguardo, a sua volta posto al termine di un breve tratto in ascesa (ultimi 400 metri al 5.8%). La cronometro conclusiva, lunga poco meno di 20 Km, scatterà da Salir, un centro il cui nome costituisce un biglietto da visita per la tappa odierna, anche se il tratto in salita verso l’Alto do Malhāo sarà limitato agli ultimi 2.6 Km, nei quali la strada punta verso il cielo con una pendenza media del 9%.
In perfetta simultaneità con la corsa portoghese si disputerà la Vuelta a Andalucía (19-23 febbraio), che quest’anno tornerà a disputarsi nella sua versione “completa” dopo che la scorsa edizione fu ridotta all’ultimo momento a una sola e brevissima tappa (una crono di 5 Km disegnata sulle stradi di Alcaudete), dopo che le autorità locali negarono il permesso allo svolgimento delle altre frazioni essendo la “Guardia Civil” impegnata a gestire le manifestazioni di piazza degli agricoltori che a febbraio 2024 intralciarono parzialmente anche lo svolgimento dell’Étoile de Bessèges, in Francia. Nel 2025 si festeggerà il centesimo compleanno della corsa andalusa, organizzata per la prima volta dal 1925, anche se poi per vedere messa in scena la seconda edizione bisognerà attendere il 1955 ed è per questo motivo che le edizioni fin qui disputate sono “solo” 71. La fetta più consistente della torta preparata per l’anniversario sarà servita per prima perché si partirà con la tappa più difficile delle cinque previste, 162 Km – da Torrox Costa a Nerja – infarciti con ben cinque colli, nell’ordine l’Alto Mirador de la Axarquía, l’Alto del Zurrón, l’Alto de Periana, l’Alto de Canillas e l’Alto de Frigiliana. La doppia ascensione all’Alto de Los Villares sarà, invece, il principale ingrediente della seconda tappa, che da Alcaudete – dove, come abbiamo più sopra ricordato, l’anno scorso si svolse l’unica tappa della Vuelta – condurrà in 133 Km a Torredelcampo. Entreranno a questo punto in scena i velocisti, dalla cui parte pendono i tracciati della quarta e della quinta frazione, con la prima di queste (Arjona – Pozoblanco, 162 Km) che vedrà il debutto nel tracciato del “Kilómetro de Oro”: si tratta di tre traguardi volanti ad abbuoni inseriti nel breve volgere di 1000 metri di strada, una novità per la corsa andalusa ma non certo per il mondo del ciclismo poiché l’idea è stata degli organizzatori dell’ex Eneco Tour (oggi Renewi Tour), che l’hanno proposta fin dal 2015. Si è stabilito, almeno per quest’anno, di proporlo solo nelle tappe per velocisti, quella di Pozoblanco e la successiva che dalla celebre città di Cordova condurrà in 195 Km – si tratterà della frazione più lunga – al traguardo di Alhaurín de la Torre. Per l’ultima giornata si è stabilito di riproporre in toto quello della frazione conclusiva che era stata disegnata per l’edizione 2024, 172 Km che prevedono la partenza da Benahavís, l’interminabile ma pedalabile ascesa all’Alto del Madroño (quasi 21 Km al 4.5%) subito dopo il via, il successivo Alto de El Espino (8.5 Km al 5.6%) e poi nessun’altra difficoltà nei restanti 80 Km da coprire per arrivare all’approdo finale di La Línea de la Concepción, località balneare di frontiera poiché situata alle porte della britannica Gibilterra.
Come tutte le calze che si rispettino anche quella della Befana a pedali presenta l’immancabile buchino sul fondo, attraverso il quale spunta l’ultimo “dolcetto”, la O Gran Camiño, che partirà il 26 febbraio per sconfinare nel mese successivo e terminare il 2 marzo dopo cinque giorni di gara, uno in più rispetto alle prime tre edizioni della corsa spagnola. Non si tratterà dell’unica novità della giovane competizione galiziana, che quest’anno introdurrà gli sterrati e presenterà per la prima volta uno sconfinamento in Portogallo, sulle cui strade si snoderà la prima frazione (Maia – Matosinhos, 195 Km), l’unica destinata alla conclusione allo sprint. Con l’ingresso in Spagna la fisionomia della corsa prenderà i connotati tipici della Galizia con movimentati percorsi collinari e così la seconda tappa, che scatterà da Marín e misurerà 145 Km, sarà imperniata attorno alla duplice ascensione a San Vincenzo (2.3 Km al 7.8%), da affrontare l’ultima volta a circa 10 Km dal traguardo, previsto in quel di A Estrada al termine di un tratto in pedalabile ascesa di 3.3 Km al 4.4%. Presenza fissa fin dalla prima edizione, la tappa a cronometro quest’anno si svolgerà il terzo giorno di gara su di un tracciato di 15.5 Km che strizzerà parzialmente l’occhio agli scalatori per la presenza della salita dell’Alto de Sabadelle, 5.9 Km al 5.5% che s’incontreranno 2.5 Km dopo esser scesi dalla rampa di lancio di Ourense e che saranno seguiti da un tratto conclusivo in quota di circa 7 Km verso il traguardo di Pereiro de Aguiar. Al penultimo giorno è stata fissata la tappa altimetricamente più complicata, tracciata tra A Pobra do Brollón e i 1300 metri sul livello del mare di O Cebreiro, località situata non distante dal punto più elevato del celebre Cammino di Santiago: per i corridori il pellegrinaggio durerà 142 Km e sarà reso impegnativo dalla presenza di quattro ascese principali, sulle quali spicca l’Alto da Pitinidoira di prima categoria (10.2 Km al 6.5% con i primi 4.5 Km all’8.6% e gli ultimi 2.5 Km al 10,5%) mentre in salita pedalabile (5.2%) saranno i 4300 metri conclusivi che condurranno al traguardo. Pur non essendo classificata come frazione di montagna, determinante per la classifica finale potrebbe rilevarsi il collinoso tracciato della conclusiva Betanzos – Santiago de Compostela (165 Km), non tanto per la presenza della salita dell’Alto de Lampai (5.2 Km al 5.6%) quanto per l’inserimento di tre settori sterrati ed entrambi, salite e sterrati, dovranno essere ripetuti due volte per un totale di quasi 5 Km da percorrere sulle strade bianche. Non sono moltissimi, a dire il vero, ma tutti e tre si snoderanno in leggera salita e saranno collocati nel finale, con il definitivo ritorno sull’asfalto a soli 6 Km dalla conclusione. Una conclusione che potrebbe ribaltare i verdetti delle tappe precedenti in caso di maltempo, che ha già ha pesantemente condizionato le ultime due edizioni, costringendo spesso gli organizzatori ha cambiare i percorsi di gara o di neutralizzarli ai fini della classifica.
Mauro Facoltosi
I SITI DELLE CORSE CITATE NELL’ARTICOLO
Étoile de Bessèges
https://www.etoiledebesseges.com/
Volta a la Comunitat Valenciana
Tour of Oman
UAE Tour
Volta ao Algarve
https://voltaaoalgarve.com/en/
Vuelta a Andalucía-Ruta Ciclista del Sol
O Gran Camiño – The Historical Route
https://ograncamino.gal/?lang=en
GENNAIO 2025, IL DADO È TRATTO
gennaio 20, 2025 by Redazione
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Finito il letargo invernale (ma è stato vero letargo? Non proprio, come avrete modo di leggere) arriva il momento del risveglio ciclistico. A metà gennaio in Australia sarà ufficialmente inaugurato il calendario World Tour con il Santos Tour Down Under, corsa che tirerà idealmente la volata alle prime gare europee, in programma sulle strade spagnole della Comunità Valenciana e dell’isola di Maiorca. Infine, il primo mese dell’anno si concluderà con un tuffo nei deserti dell’Arabia Saudita.
La stagione 2025 del ciclismo si appresta a ripartire. Anzi no, a ben guardare è ripartita da un pezzo se consideriamo che per l’Unione Ciclista Internazionale le corse successive al 20 ottobre 2024 – giorno nel quale si sono disputati la Veneto Classic e la Japan Cup – già appartengono al calendario del 2025 nonostante fisicamente si disputino negli ultimi mesi dell’anno precedente. Così tra la seconda metà di ottobre e Natale la programmazione della stagione successiva ha previsto lo svolgimento di alcuni campionati nazionali di stati esotici (come l’India, per esempio) e di otto corse, due delle quali sono state però annullate, il Tour de Okinawa in Giappone (10 novembre) per un’alluvione e il Tour du Faso in Africa (25 ottobre – 3 novembre), dove si è in realtà gareggiato e dove si è imposto il marocchino Mohcine Al Kouraji, vittoria che non è stata omologata dall’UCI dopo che la corsa era stata cancellata d’ufficio dal calendario a causa della presenza di una squadra russa, che non aveva ottenuto dal “governo centrale” del ciclismo il permesso di gareggiare per via della guerra contro l’Ucraina. Negli stessi giorni della corsa africana si è svolta la Vuelta Ciclistica Internacional a Guatemala, terminata con il successo del colombiano Fabian Robinson Lopez. Nei primi tre giorni di novembre in Brasile è andato in scena il Tour do Rio, che ha visto l’affermazione finale di un altro corridore proveniente dalla Colombia, Sergio Henao, poi è stata la volta della Vuelta Ciclística al Ecuador, della quale si sono disputate prima la gara maschile (11-17 novembre) e successivamente quella femminile (21-24 novembre), rispettivamente vinte dai corridore di casa Richard Huera e dalla sua connazionale Esther Jessica Galarza. Si è trattato di gare, come tutte quelle disputate nell’ultimo scampolo del 2024, lontane dai riflettori del grande ciclismo, prive di grandi nomi al via e con la totale assenza di corridori italiani. Così è stato anche per il Tour de Siak in Indonesia (6-8 dicembre), conquistato dal neozelandese Jack Drage, e per la Vuelta Ciclista Internacional a Costa Rica (13-22 dicembre), terminata tre giorni primi di Natale con il successo del corridore di casa Luis Daniel Oses. Dopo le feste si è ripreso a gareggiare tra l’8 e il 12 dicembre, quando si sono svolti a Perth i campionati nazionali australiani con l’assegnazione di 11 titoli, il più prestigioso dei quali conquistato da Luke Durbridge, che ha così interrotto il dominio in questa gara di Luke Plapp, impostosi consecutivamente nelle ultime tre edizioni e secondo stavolta per soli 5”.
Con la cancellazione della New Zealand Cycle Classic, saltata per questioni economiche, la prima corsa a tappe della stagione 2025 disputata nell’anno nuovo sarà la Vuelta al Táchira en Bicicleta (12-19 gennaio), ma anche la gara venezuelana sarà una parente stretta di quelle organizzate negli ultimi mesi del 2024. Non bisognerà attendere molto per vedere per la prima volta scendere in campo i corridori delle formazioni più quotate poiché poco dopo la metà del mese prenderà il via la prima delle corse iscritte al calendario World Tour, la “serie A” delle corse ciclistiche, la 25a edizione del Santos Tour Down Under (21-26 gennaio), probabilmente l’ultima a essere disputata in questa fase della stagione perché l’UCI sta meditando di spostarla già dal 2026 a ottobre, in modo da evitare le alte temperature tipiche dell’estate. Si gareggia, infatti, sulle strade dell’Australia Meridionale, nell’emisfero opposto al nostro, dove la colonnina di mercurio in questo periodo dell’anno spesso supera i 30 gradi. Sei le tappe previste, cominciando con quella che in 151 Km condurrà da Prospect a Gumeracha, frazione che non dovrebbe sfuggire alle ruote dei velocisti, a cui favore giocano i 30 Km che si dovranno percorrere per andare al traguardo dopo aver superato per la seconda e ultima volta la salita di Berry Hill (1.5 Km al 6.6%). Si può applicare lo stesso discorso anche alla tappa successiva, disegnata per poco meno di 130 Km in circuito attorno a Tanunda e che prevede la triplice ascensione a Mengler Hills (2.8 Km al 6.6%), con l’ultimo scollinamento stavolta fissato a circa 22 Km dalla linea d’arrivo. Fuori dalla portata degli sprinter, invece, sarà sicuramente la terza tappa, che prenderà le mosse da Norwood per concludersi 147 Km più avanti a Uraidla, traguardo che sarà preceduto di 6 Km dalla cima dell’ascesa alla Pound Reserve, 2700 metri al 7.8% di pendenza media. Il vento – con tutti i rischi connessi all’apertura dei temuti “ventagli”, le fratture in seno al gruppo nelle quali si possono perdere parecchi minuti – potrebbe essere uno degli ingredienti della quarta tappa, 157 Km per andare da Glenelg a Victor Harbor costeggiando per ampi tratti l’Oceano Indiano e affrontando un percorso collinare movimentato da diversi saliscendi e due Gran Premi della Montagna, l’ultimo dei quali – piazzato a circa 22 Km dall’arrivo – prevede 1800 metri in ascesa all’8.7%, con un muretto finale di 300 metri all’11.2%. Si correrà a questo punto la tappa più impegnativa che, dopo il via da McLaren Vale, ha in serbo 146 Km più avanti il tradizionale arrivo in salita a Willunga Hill, al termine di una salita di 3.3 Km al 7.4% che dovrà essere presa di petto due volte negli ultimi 23 Km. Sarà il penultimo atto della corsa australiana, che terminerà ventiquattrore più tardi sulle strade di Adelaide, teatro di un circuito cittadino di 90 Km quasi del tutto pianeggiante.
Il 24 gennaio sarà il primo giorno di scuola sulle strade europee, data nella quale si disputerà in Spagna la prima edizione della Classica Camp de Morvedre, corsa di un giorno che in realtà riprende il discorso dell’omonima “vuelta” organizzata per otto stagioni tra il 1982 al 1989 e che era stata nobilitata dalle partecipazioni di corridori del calibro di Miguel Indurain, Greg LeMond e Bernard Hinault: si tratterà di un debutto coi fiocchi perché saranno previsti due passaggi sulla difficile salita all’Alto del Garbì (6.3 Km al 6.4% che contengono un muro di 1500 metri al 13%), ascesa che il gruppo già conosce perché lo scorso anno è stata inserita nel tracciato della Volta a la Comunitat Valenciana, mentre nel 2017 fu affrontata durante la tappa di Sagunto del Giro di Spagna.
Proposta per la prima volta dodici mesi fa, il giorno successivo si correrà la seconda edizione della Ruta de la Cerámica – Gran Premio Castellón, che si snoderà tra le medesime località – Castellón de la Plana e Onda – sulle quali si gareggiò lo scorso anno, quando questa corsa fu tenuta a battesimo dallo sprinter australiano Michael Matthews.
A chiudere questo trittico iberico sarà la 41a edizione della Clàssica Comunitat Valenciana 1969 – Gran Premi València, 184 Km e quasi nessuna opportunità per i velocisti perché a una decina di chilometri dal traguardo di La Nucia si dovrà affrontare la breve ma ripida salita dell’Alto de Turrón Duro (3.5 Km al 9,5% con un picco del 18%).
Non terminerà qui la parentesi spagnola d’inizio stagione poiché dal 29 gennaio al 2 febbraio andrà in scena la 34a edizione del Challenge Ciclista Mallorca, corsa composta da 5 “trofei” che valgono come gare di un giorno, non essendo previste nè una classifica generale, nè l’obbligo di partecipazione a tutte le gare. Si comincerà con il 24° Trofeo Calvià, quasi 150 Km disegnati sulle alture circostanti Palmanova, località situata presso l’estremità occidentale dell’isola di Maiorca, con un tracciato reso vallonato da una dozzina abbondante di brevi e non troppo complicate ascese, le più rilevanti delle quali sono il Coll de Sóller (8.5 Km al 5.5%) e quella di Valldemossa (4.1 Km al 5.8%). Un percorso decisamente più semplice sarà offerto dal 18° Trofeo Ses Salines – Colònia Sant Jordi, 184 Km e dislivelli quasi impalpabili per la gioia dei velocisti, i quali nelle due giornate successive dovranno lasciare il palcoscenico ai corridori più quotati al via della corsa maiorchina. È, infatti, arrivato il momento di confrontarsi con la “Cima Coppi” delle Baleari, l’ascesa al Puig Major (891 m), che sarà la grande protagonista dei tracciati dei prossimi due trofei, inserita per la prima volta dal versante più agevole (4.7 Km al 5.5%) nel mezzo del 19° Trofeo Serra de Tramuntana , 151 Km da Lluc a Selva che prevedono anche il ritorno sul Coll de Sóller, già affrontato il primo giorno, e un muretto di 500 metri scarsi al 9.5% per andare al traguardo. Si farà il bis con il Puig Major ventiquattrore più tardi, quando la più esigente delle cinque gare, il 22° Trofeo Andratx – Mirador des Colomer, lo proporrà stavolta dal versante più impegnativo (14.6 Km al 6%), in cima al quale si scollinerà a 48 Km da quello che sarà anche l’unico arrivo in salita del challenge, ai 204 metri del Mirador des Colomer, dopo 3.3 Km d’ascesa al 5.8%. Il giorno dopo farà calare il sipario su questa competizione la ventiduesima edizione del Trofeo Palma, che si disputerà sul medesimo tracciato visto nelle ultime due stagioni, quasi del tutto sgombro di difficoltà altimetriche nel tratto che precede l’ingresso del pianeggiante circuito finale, tradizionalmente disegnato sul lungomare di Palma di Maiorca.
Mentre sarà in corso di svolgimento la corsa iberica a più di 3000 Km di distanza si disputerà tra i deserti dell’Arabia Saudita, con l’organizzazione tecnica dello stesso team del Tour de France, la quinta edizione dell’AlUla Tour (28 gennaio – 1 febbraio), che prenderà la mosse dalla stesso traguardo sul quale era terminata la prima tappa lo scorso anno, quello dell’Al Manshiya Train Station di AlUla, alla quale si tornerà dopo aver percorso i primi 143 Km, prevalentemente pianeggianti e favorevoli, di conseguenza, ai velocisti (dodici mesi fa la frazione d’apertura si risolse in un volatone di una novantina di corridori). Due saranno le tappe “chiave” e la seconda è programmata al secondo giorno quando si partirà dall’Old Town di AlUla alla volta della Bir Jaydah Mountain Wirkah, che passerà alla storia del ciclismo come il primo arrivo in salita della storia della giovane corsa araba: l’arrivo sarà collocato a 923 metri di quota dopo aver ripetuto per tre volte la breve ma ripida salita che conduce al traguardo, 2.8 Km al 9.8% con connotati di vero e proprio muro nei 1000 metri al 16.6% che termineranno in vista della linea d’arrivo. Si tornerà in pianura per la terza frazione, che scatterà dal sito UNESCO di Hegra per percorrere 181 Km (sarà la tappa più lunga) in direzione del forte di Tayma, poi si vivrà l’altra tappa decisiva, per la quale è stata scelta come sede di partenza la spettacolare Maraya, sala da concerti dalle pareti esterne a specchio sulle quali si riflettono il deserto e le montagne circostanti. 141 Km più avanti il traguardo sarà collocato presso il non meno suggestivo belvedere dell’Harrat Uwayrid, dove la linea d’arrivo sarà stesa a 1200 metri di quota, 8 Km dopo aver superato la cima di un’ascesa priva di nome proprio ma non certo di carattere, per via delle pendenze dei suoi 3 Km (12% la media, 22% la massima), inclinazioni che le hanno fatto meritare il soprannome di Angliru d’Arabia: a differenza dell’ascesa diretta alla Bir Jaydah Mountain, non si tratta di una novità perché dal 2022 è una presenza fissa di questa corsa, che qui ha visto imporsi in ordine cronologico il belga Maxim Van Gils, il portoghese Ruben Guerreiro e il britannico Simon Yates, tutti e tre poi andati anche a prendersi la classifica finale. Quest’anno, però, bisognerà prestare particolare attenzione alla conclusiva tappa perché il pianeggiante tracciato che condurrà all’approdo finale, fissato presso AlUla Camel Cup Track, si snoderà attraverso i deserti di una delle zone più ventose dell’Arabia, dove i corridori potrebbero trovarsi a fare i conti non solo con i paventati “ventagli” ma anche incappare in fastidiose tempeste di sabbia, che in passato spesso crearono non poco problemi durante lo scomparso Tour of Qatar.
Il dado è tratto, la stagione è lanciata.
Buon lavoro a tutti i corridori.
Buon divertimento a tutti gli appassionati
Mauro Facoltosi
I SITI DELLE CORSE CITATE NELL’ARTICOLO
Santos Tour Down Under
Ruta de la Cerámica – Gran Premio Castellón
Clàssica Comunitat Valenciana 1969 – Gran Premi València
https://voltalamarina.com/classica-comunitat-valenciana-1969-gran-premio-valencia
Challenge Ciclista Mallorca
https://vueltamallorca.com/challenge-mallorca/en/home/
AlUla Tour

Il Puig Major, massima elevazione dell'isola di Maiorca (epicroadrides.com)
GIRO 2025, PERCORSO VARIO ED EQUILIBRATO. QUALCHE PERPLESSITA’ SULLE MONTAGNE
gennaio 17, 2025 by Redazione
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Il Giro d’Italia si conferma la corsa meglio disegnata tra i tre grandi giri; come sempre sono tante le tappe con insidie, trabocchetti e occasioni per progettare imboscate. Le tappe a cronometro (forse un po’ corte ) sono piazzate prima delle montagne. Unico neo un paio di tappe di montagna mal disegnate.
Svelato con ritardo il percorso della corsa rosa edizione 2025, un percorso nel solco della tradizione dell’era Vegni, non estremo come quelli proposti da Zomegnan ma molto vario, ricco di tappe insidiose nelle quali far lavorare la fantasia.
Certo, nel ciclismo moderno, nel quale le crisi sono sempre meno frequenti perché atleti e direttori sportivi hanno tutto sotto controllo grazie alla tecnologia, spesso anche tappe come quelle appenniniche si risolvono in un nulla di fatto per i big, ma si tratta comunque di frazioni interessanti sotto molti punti di vista.
Le partenze dall’estero non sono il massimo ma la cosa è stata bilanciata proponendo comunque tre tappe per nulla banali in un paese che affaccia direttamente sul nostro.
Le tappe di pianura forse potevano essere meno, ma va anche detto che alcune, come ad esempio quella con arrivo a Matera, non si chiuderanno con uno sprint di massa.
Le crono forse hanno uno scarso chilometraggio, perché 42 chilometri totali non sono sufficienti per sconvolgere la classifica; l’ideale sarebbe sempre proporre una crono pianeggiante ed una collinare entrambe sui 30/35 Km, tuttavia le prove contro il tempo di questa edizione del Giro sono piazzate prima delle montagne e quindi potranno sparigliare le carte.
Le tappe di montagna, invece, presentano luci e ombre: sono ben disegnate quelle con arrivo a San Valentino e Champoluc che, anche se non presentano ascese estreme, sono terreno comunque fertile per far emergere gli scalatori migliori; invece, quelle di Asiago e Bormio hanno un disegno che lascia a desiderare, specie perché la possibilità di fare meglio c’era anche mantenendo le stesse località di partenza e arrivo che, come sappiamo, sono imposte da esigenze che trascendono lo sport.
Anche la tappa del Colle delle Finestre poteva essere indurita visto che il Lys scalato dal versante settentrionale è davvero poca cosa, ma comunque per una penultima tappa di una corsa di tre settimane l’accoppiata Finestre-Sestriere può fare danni seri (Contador ne sa qualcosa).
La partenza già annunciata dall’Albania vedrà una prima tappa di 160 Km da Durazzo a Tirana con tre GPM, il più duro dei quali è a metà percorso ma nel finale si ripeterà due volte l’ascesa di Surrel che, nella prima parte, presenta pendenze a due cifre e verrà scollinata la seconda volta ai -12: sarà teatro di un’azione da finisseur o di una stilettata dei big?
La seconda tappa albanese, che si snoderà interamente sulle strade della capitale, è già molto importante perché sarà la prima delle due prove contro il tempo previste dal tracciato, una cronometro di 13,7 Km con una salita di quarta categoria piazzata a metà percorso. Si tratta comunque di una prova per specialisti, il cui chilometraggio ridotto non consentirà di scavare solchi profondi ma molti uomini a inizio giro sono ancora con la gamba ingolfata e quindi ci si può aspettare comunque qualche vittima eccellente, che avrà però tutto il tempo per recuperare.
Anche la terza tappa albanese, disegnata in circuito per 160 Km attorno a Valona, si presenta interessante, soprattutto per la presenza, a meno di 40 Km dall’arrivo, del GPM di seconda categoria del Passo di Llogara, a oltre 1000 metri di altitudine. Si tratta di una salita vera, di oltre 10 Km, con una pendenza media del 7,4% e punte del 12%, numeri che possono tranquillamente competere con quelli di molte ascese alpine. La distanza dall’arrivo e la collocazione al terzo giorno di gara dovrebbero portare ad escludere un arrivo dei big, ma certamente si tratterà di una frazione combattuta senza dimenticare che, negli ultimi anni, spesso i fuoriclasse (al netto di quelli che saranno al via) ci hanno riservato sorprese.
Dopo il primo giorno di riposo, si rientrerà in Italia con una tappa per velocisti, da Alberobello a Lecce per 187 chilometri completamente pianeggianti, mentre il giorno successivo la frazione che porterà la carovana da Ceglie Massapica a Matera in 145 chilometri presenterà, dopo 116 Km di corsa, il dentello di Montescaglioso, breve ma ripido (2,5 al 9,2%) e i successivi chilometri comunque mossi, ivi compreso il finale che tira leggermente all’insù.
La tappa più lunga del Giro, la Potenza – Napoli di 226 Km, sarà caratterizzata da una prima parte movimentata da numerosi saliscendi – ivi compreso il GPM di 2a categoria del Valico di Monte Carruozzo, salita molto lunga ma con pendenze dolcissime, e quello di 3a categoria di Montefiore Irpino – prima degli ultimi 80 chilometri pianeggianti che strizzeranno l’occhio alle ruote veloci in quella che sarà probabilmente la seconda volata a gruppo compatto.
Al settimo giorno di corsa ecco la prima tappa di montagna di 168 Km che si svolgerà, come ampiamente annunciato dai rumors, in Abruzzo con arrivo a Marsia, località turistica sopra l’abitato di Tagliacozzo, famoso per l’omonima battaglia, citata anche da Dante nella Divina Commedia, nella quale Carlo d’Angiò riuscì, con uno stratagemma, a sconfiggere i ghibellini di Corradino di Svevia. Il percorso prevede la partenza in salita dalla località di Castel di Sangro verso Roccaraso e, dopo 70 Km, la scalata al durissimo Monte Urano dal versante di Raiano (4,5 Km al 9,4% di pendenza media con punte del 14%). Si tratta di una salita su cui si può fare male, ma è molto lontana dal traguardo e sarà seguita dal Vado della Forcella, ascesa di oltre 20 Km spezzata in due tronconi da un tratto in contropendenza. Si tratta di una salita non durissima, anche se paesaggisticamente spettacolare perché la strada corre laterale al Monte del Sirente, che ricorda molto le cime dolomitiche. Dopo la vetta, nei pressi di Rocca di Mezzo, si comincherà un lunghissimo tratto discendente fino all’abitato di Tagliacozzo, da dove inizierà la salita finale di 12,6 Km fino ai 1425 metri di Marsia. La pendenza media è del 5,4% ma attenzione agli ultimi 2,5 km dopo il bivio per la località d’arrivo, perché quelli sono duri e lì si incontreranno le massime inclinazioni, che arrivano anche al 14%. In concreto si tratterà di una classica tappa appenninica, non durissima ma da non prendere sottogamba perché potrebbe risultare indigesta.
Molto interessante anche la tappa numero 8, da Giulianova a Castelraimondo con un chilometraggio che sfiora i 200 Km. Intorno a metà percorso sarà prevista la scalata al Valico di Santa Maria Maddalena (ciclisticamente più noto con il toponimo di Sassotetto), 13 Km al 7,4% medio con punte del 14% per raggiungere 1465 metri di quota. Dallo scollinamento mancheranno ancora 90 chilometri alla conclusione, ma le difficoltà non saranno terminate perché bisognerà affrontare il GPM di 3a categoria di Montelago (5,5 Km al 7%) e lo strappo di 4a categoria di Gagliole, che presenta rampe in doppia cifra nella seconda parte con scollinamento a soli 6 Km dall’arrivo. Anche questa sembra una tappa da finisseur, ma non si può escludere il tentativo da parte degli uomini di classifica per rosicchiare qualcosa agli avversari o anche solo per misurare loro la “febbre”. Se, invece, qualcuno decidesse di fare selezione spietata sul Sassotetto, allora si rivoluzionerebbero tutte le carte.
Chiuderà la prima settimana la Gubbio – Siena (181 Km), la tappa degli sterrati. I chilometri da percorrere nella polvere (o nel fango in caso di pioggia) saranno una trentina, con i primi tre settori molto lunghi (8 Km il primo e 9,3 Km il secondo e il terzo) e caratterizzati da numerosi strappi. Sappiamo ormai quanto questi settori possano influire nell’economia di una frazione come questa e sappiamo anche che molti big potrebbero trovarsi in difficoltà e che una disattenzione potrebbe costare carissima. Sarà una tappa tutta da seguire alla vigilia del secondo giorno di riposo.
La seconda settimana si apre con una prova contro il tempo. Gli appassionati sanno che, dopo il giorno di riposo, molti corridori non si trovano a loro agio e fanno fatica a ritrovare il ritmo giusto, cosa che in una cronometro di 28,6 chilometri pianeggiante non tecnica bensì da pedalare può costare molto caro, come se non bastasse, il tracciato da Lucca a Pisa è spesso esposto ai venti. Gli specialisti avranno in questa giornata un’occasione d’oro per puntare alla vittoria di tappa, mentre per quanto riguarda la classifica è ormai assodato che gli uomini che primeggiano i montagna spesso lo fanno anche nelle prove contro il tempo.
Interessantissimo si presenta pure il tracciato della tappa numero 11, da Viareggio a Castelnovo ne’ Monti per 185 Km, il cui punto chiave è rappresentato dalla durissima salita verso San Pellegrino in Alpe dal versante di Campori, poco più di 14 Km all’8,7% con punte del 19% per raggiungere i 1623 metri del valico. I meno giovani ricorderanno Francesco Casagrande che al Giro del 2000 attaccò proprio su questa salita per poi andare a vincere sull’Abetone e a conquistare qella maglia rosa che gli sarà sfilata solo da Stefano Garzelli al penultimo giorno di gara, dopo la cronoscalata al Sestriere.
Si tratta di una salita durissima che non ha nulla da invidiare alla salite alpine e, anche se si trova a 90 chilometri dall’arrivo, potrà comunque essere decisiva, perché anche i successivi novanta chilometri sono difficili, sia tecnicamente sia altimetricamente; una selezione qui può poi portare a conseguenze difficilmente prevedibili a tavolino. La salita di Toano, a 40 km dall’arrivo, non è per nulla dura ma è sempre una salita di 10 Km, mentre l’ascesa vero la spettacolare Pietra di Bismantova, anch’essa non durissima a livello di pendenza media, presenta rampe in doppia cifra e termina a soli 5 Km dal traguardo. La salita del San Pellegrino fatta a tutta farebbe certamente esplodere la corsa, perché si tratta di un’ascesa sulla quale potremmo tranquillamente vedere i corridori scollinare uno alla volta.
La successiva tappa Modena – Viadana di 172 Km sarà preda dei velocisti, con una prima parte sulle colline dell’Appennino emiliano che non potrà evitare lo sprint di gruppo, visto che gli ultimi 70 km saranno una sorta di tavolo da biliardo.
La situazione è, invece, diversa per quanto riguarda la tappa numero 13, la Rovigo – Vicenza di 180 Km nella quale c’è tanta pianura nella prima parte, mentre il finale con il Monte Berico da scalare due volte ed altre due facili salite dovrebbe sorridere ad un corridore esplosivo dotato di una sparata sulle rampe brevi e secche. Seguirà un’altra tappa destinata all’arrivo allo sprint, la 14a che da Treviso condurrà in 186 Km alla cittadina slovena di Nova Gorica, dove si affronteranno nel finale alcune dolci colline.
Siamo alla prima nota dolente poiche la quindicesima tappa da Fiume Veneto ad Asiago ha un buon chilometraggio (214 Km) ma purtroppo non è molto ben disegnata. Il Monte Grappa, scalato da un versante non impossibile, difficilmente potrà influire, mentre la salita di Dori, di 2a categoria, è posta a circa 30 Km dall’arrivo, chilometri che presenterano solo qualche lieve ondulazione dell’altopiano di Asiago. Di per sé la distanza tra l’ultima salita e l’arrivo non è un male, tuttavia si tratta di un’asperità non durissima (la pendenza media è del 5,5%) e pertanto sarà difficile fare la differenza. Il timore è che tra i big ci sarà una sorta di tacito accordo per starsene buoni e che quindi la frazione si risolva in un’affare per avventurieri di giornata. In chiusura di seconda settimana, sarebbe stato lecito aspettarsi di più.
La terza settimana, invece, inizierà col botto poichè sarà in programma a questo punto il primo dei due tapponi del Giro 2025 da Piazzola del Brenta a San Valentino di Brentonico. Si tratterà certamente di un appuntamento da non perdere, la prima tappa a cinque stelle della Corsa Rosa con un dislivello importante. 200 km i chilometri da percorrere con 5 GPM, dei quali tre di prima categoria, che metteranno a dura prova gli atleti e favoriranno l’emergere delle differenze. Dopo aver scollinato i GPM della Fricca, Candriai (prima parte del Monte Bondone) e Vigo Cavedine, arriverà la parte più dura con il Santa Barbara (versante Arco, 12,8 Km all’8,3%) e l’arrivo ai 1321 metri di San Valentino (17,5 Km al 6,3% con una parte centrale di 6 Km con una pendenza media vicina al 9%). La fase più interessante sta nel fatto che la fine della discesa del Santa Barbara coincide con l’inizio della salita finale e quindi non ci sarà respiro tra le due ascese. L’attaccò potrà tranquillamente partire sul Santa Barbara, che sarà scollinato a soli 35 km dalla conclusione, e se tale eventualità troverà corpo i distacchi potrebbero farsi sentire.
Siamo alla seconda nota dolente: la tappa numero 17 da San Michele all’Adige a Bormio di 154 chilometri è disegnata maluccio. La scalata del Mortirolo, seppur affrontato dal lato meno duro, non è banale e la discesa è tecnica, tuttavia questa salita sarà preceduta solo dal facile Passo del Tonale e soprattutto, dal termine della discesa ci saranno circa 30 Km di fondovalle per andare all’arrivo, seppure intervallati da un dentello di circa 3 Km all’8%. Visto lo scarso chilometraggio della tappa, sarebbe stato certamente possibile inserire almeno un’altra salita come ad esempio Trivigno (proseguendo verso Aprica) per poi scendere su Tirano e scalare il Mortirolo da Mazzo fino all’altezza del bivio e da lì scendere a Grosio tagliando gli ultimi 3 Km di salita. Insomma le possibilità per rendere questa tappa più interessante c’erano tutte. Disegnata così pare una tappa un po’ sprecata, anche se ovviamente i corridori potrebbero interpretarla al meglio w renderla comunque spettacolare.
La Morbegno – Cesano Maderno è una tappa per velocisti con chilometraggio dilettantistico, forse come contrappasso alla frazione di 250 Km in cui andò in scena il vergognoso sciopero con i corridori che rifiutarono di correre a causa della pioggia nonostante non ricorresse alcuna ipotesi meteo estrema. La prima parte presenterà alcune asperità a quote collinari, ma gli ultimi 60 Km saranno completamente pianeggianti.
Il secondo tappone è previsto alla diciannovesima giornata di gara ed andrà in scena in Val d’Aosta con la Biella – Champoluc. Si tratterà di una tappa di 166 Km, più corta rispetto alla sedicesima ma denotata da un dislivello simile e quindi le difficoltà risultreranno più concentrate.
Anche in questo caso ci saranno 5 GPM e anche un questo caso tre saranno di 1a categoria. La prima salita, che sarà scollinata dopo 15 Km, è la più facile ma dal Km 50 iniziano i guai; in rapida successione si affronteranno il Colle di Zuccore (1623 metri, 16 Km al 7,7% con la seconda parte tutta in doppia cifra e punte al 15%) e il Col de Saint Pantaleon (1664 mt, 16 Km al 7,5%), ben conosciuto dagli appassionati che ricorderanno l’impresa di Ivan Gotti che nel 1997 attaccò su questa salita, andando a vincere a Cervinia e conquistando quella maglia rosa che riuscirà a portare fino a Milano. Seguirà, senza tratti intermedi, il Col de Joux, anch’esso per nulla facile poichè presenta 15 Km con una pendenza media del 7% fino ai 1639 metri di quota. Brevissima discesa su Brusson e inizierà l’ultima salita, meno dura delle precedenti, che nondimeno potrebbe dilatare i distacchi al termine di un tappone così duro: si tratta dell’ascesa ai 1724 metri di Antagnod, 9,5 Km al 4,5% di pendenza media, con qualche rampa in doppia cifra. A quel punto mancheranno solo 5 chilometri di strada per raggiungere il traguardo di Champoluc, a completare una tappa disegnata molto bene con tre colli duri in successione e senza respiro e un finale adatto non solo a dilatare i distacchi ma anche tale da invitare ad anticipare l’attacco.
L’ultima tappa di montagna, 203 Km da Verrès al Sestriere, presenterà gli unici over 2000 del Giro di cui il primo sarà anche la Cima Coppi, il durissimo Colle delle Finestre, con gli ultimi 8 Km di salita sterrati. La scelta di evitare altitudini elevate è stata ovviamente dettata dai problemi meteo che spesso di verificano nel mese di maggio a quote elevate. Sarebbe quantomai opportuno riportare il giro alla sua vecchia collocazione in calendario, vale a dire a cavallo tra l’ultima settimana di maggio e le prime due di giugno ma, in attesa di poter procedere in tal senso, è anche utile confrontarsi con la realtà dei fatti. La tappa ha un buon chilometraggio man almeno sino ai -45n Km non è dura. Nela prima parte si scalerà solo il Colle Lys dal facile versante settentrionale, anche se sarà necessario fare attenzione alla successiva discesa. Da Susa inizieranno gli ultimi 45 chilometri che sono ormai un classico del Giro d’Italia, propronendo l’accoppiata Colle delle Finestre (Cima Coppi a 2178 metri, 18,5 Km al 9,2% max 14%) -Sestriere (16 Km al 4%). Il Finestre, con i suoi 8 Km di sterrato e le sue pendenze severe, è una salita durissima che spesso presenta il conto sulle dolci rampe delle Sestriere, sulle quali chi ha ancora birra può fare velocità ai danni di coloro che invece si ritrovano affaticati. Tutti ricorderanno i crampi di Danilo Di Luca e la difficoltà di Gilberto Simoni nel 2005, mentre Contador nel 2015 andò in crisi in conseguenza degli attacchi di Mikel Landa (ma poi, con la sua grande classe, riuscì a salvarsi). Se i giochi non saranno ancora fatti questa tappa risulterà davvero decisiva. Chris Froome nel 2018 sfruttò questa salita per portare l’attacco decisivo alla maglia rosa in un Giro che sembrava ormai perso, ma in quel caso la tappa era disegnata diversamente.
In ogni caso, alla ventesima giornata di gara, una tappa così potrà fare davvero male alla vigilia della passerella di Roma sul circuito dei Fori imperiali, 141 Km che porteranno il chilometraggio complessivo della corsa rosa a 3413 Km.
Si tratta, a conti fatti, di un Giro disegnato bene ed equilibrato, con molte tappe intermedie nelle quali studiare modi per uscire dal registro e con due tapponi di montagna davvero duri che, nell’economia di una corsa, possono essere sufficienti. Le uniche perplessità, come si diceva in aperturaM sono sulla tappa di Asiago e su quella di Bormio ma, come spesso si ha l’occasione di ricordare, i percorsi possono offrire le occasioni ma sono poi i corridori a coglierle e a fare la corsa e i veri campioni sono capaci anche di cogliere occasioni quando esse sembrano non esserci.
Benedetto Ciccarone

Il Colle delle Finestre (www.bicidastrada.it)