STELVIO ALL’ANGOLO, ATTENZIONE!!!

Gli organizzatori del Giro l’hanno messo in angolo, ma arrivare sino ai 2758 metri del Passo dello Stelvio non è mai una passeggiata. Anche se i “girini” dovranno affrontarlo a soli 34 Km dal via, i suoi 20 Km potrebbero rimanere nelle gambe e farsi sentire nel finale di gara, quando ci si dovrà arrampicare verso il Passo Pinei – la salita più chilometrica di questa edizione – e il successivo arrivo in quota in Val Gardena.

Verrebbe quasi da dire che lo Stelvio quest’anno gli organizzatori l’hanno messo in castigo, relegato in un angolo, e a vedere l’altimetria della seconda tappa alpina gli appassionati di percorsi più critici l’hanno marchiata come la frazione peggio disegnata del Giro 2024. Ma sarà davvero così? Anche se confinata a inizio tappa, a 50 Km dalla partenza e a 150 Km dall’arrivo, rimane pur sempre una salita di 20 Km al 7% che porterà i corridori fino a 2758 metri di quota e potrebbe rimanere nelle gambe al momento d’affrontare le due salite previste nel finale, soprattutto se qualcuno decidesse di aprire il gas magari già sul Pinei, che è la più lunga tra le salite inserite nel tracciato del Giro di quest’anno, anche se nel grafico altimetrico pare quasi sfigurare al confronto del più svettante Stelvio. Ecco così che al traguardo gardenese alcuni tra i favoriti potrebbero pagare un pesante dazio, di certo più salato di quel che lascerebbe intuire il tracciato.
E poi ci sarà da tenere in considerazione anche l’effetto boomerang indotto in alcuni dal giorno di riposo, che da un lato permette di rifiatare e ricaricare le “pile” e dall’altro si ritorce contro quei corridori che lo subiscono, perché c’è chi soffre questa sosta e il successivo momento nel quale ci si deve rimettere in sella, ritrovando a fatica il ritmo di gara spezzato da queste soste. Per questi corridori i danni rischiano di essere maggiori se si riparte proprio con una tappa d’alta montagna e ci sono diversi precedenti che mettono loro i “brividi”, come quello della debacle di Bugno e Chiappucci al Tour del 1993: erano al via della corsa francese inseriti nel novero dei grandi favoriti – il primo con indosso per il secondo anno consecutivo la maglia iridata, il secondo autore dodici mesi prima della fantastica impresa nel tappone del Sestiere – ma entrambi crollarono di schianto nella prima nella prima frazione alpina, disputata all’indomani del riposo, che prevedeva i mitici colli del Glandon e del Galibier e che li vide tagliare il traguardo di Serre Chevalier con un ritardo di quasi 10 minuti.
Tra l’altro in questa tappa non ci saranno da scavalcare solo lo Stelvio e le due salite finali perché in partenza bisognerà tornare ai 2210 metri del Passo d’Eira, 4.7 Km al 6.3% scavalcati i quali i “girini” saranno a Trepalle, il secondo centro abitato più elevato della catena alpina dopo il borgo elvetico di Juf, nel quale alla fine degli anni ’40 risiedeva Don Alessandro Parenti, energico parroco che ispirò a Giovanni Guareschi la figura di Don Camillo, il protagonista dei quattro romanzi che lo scrittore emiliano pubblicò tra il 1948 e il 1969 e che furono “tradotti” in cinque celebri film. Superata anche la cima del vicino Passo del Foscagno (4 Km al 6.5%) la corsa uscirà dai confini della zona franca di Livigno per planare verso Valdidentro, comune nel cui territorio ricadono le sorgenti del Fiume Adda e i due laghi artificiali di Cancano, costruiti tra il 1928 e il 1950 e in tempi recenti scoperti dal grande ciclismo grazie all’arrivo di una tappa del Giro d’Italia del 2020 e l’anno precedente di una frazione della Corsa Rosa riservata alle donne, vinte rispettivamente dall’australiano Jai Hindley e dall’olandese Annemiek van Vleuten.
Giunti alle porte di Bormio il gruppo volgerà le ruote in direzione dello Stelvio, che sarà così affrontato dal versante meno impegnativo percorrendo i tornanti della Spondalunga “disegnati” da Carlo Donegani, l’ingegnere bresciano al quale Francesco II d’Asburgo affidò nel 1818 l’incarico di rendere carrozzabile la vecchia mulattiera che raggiungeva il passo più alto d’Italia. In discesa si percorrerà il versante più celebre, consacrato il primo giugno del 1953 da una delle più mitiche imprese di Fausto Coppi che, nell’anno del debutto dello Stelvio nel percorso del Giro, riuscì a ribaltare a suo favore un’edizione della corsa che per lui sembrava compromessa e detronizzare l’elvetico Hugo Koblet, che alla partenza da Bolzano vestiva la maglia rosa con quasi 2 minuti di vantaggio sul “Campionissimo”. Percorsa la parte più “spigolosa” della discesa, che prevede ben 45 tornanti, i corridori saranno sulle strade di Trafoi, paese natale di Gustav Thöni – uno tra i più forti sciatori italiani della storia – e meta di pellegrinaggi diretti al santuario delle Tre Fontane Sacre, uno dei più antichi dell’Alto Adige, costruito nel 1229 in luogo ritenuto sacro fin dall’epoca dei druidi, che qui svolgevano la cerimonia del passaggio delle consegne ai novizi.
Terminata la discesa inizierà una lunga fase totalmente priva di ostacoli, quasi 90 Km tra pianura e leggere planate percorrendo la Val Venosta, dove il corso del fiume Adige farà da compagno di viaggio dei corridori. Il primo centro della valle toccato dalla corsa sarà Lasa, conosciuto per l’estrazione di una varietà di marmo piuttosto duro e resistente alle intemperie e le cui cave sono accessibili al pubblico in occasione d’interessanti visite guidate. Un primo scalino in discesa precederà il passaggio da Silandro, il capoluogo della valle presso il quale si erge il rinascimentale Schlandersburg, castello seicentesco che oggi accoglie la biblioteca comunale. Decisamente più famoso è il maniero ai cui piedi si transiterà una ventina di chilometri più avanti quando, all’altezza dell’imbocco della Val Senales – fino a qualche anno meta conosciuta tra gli amanti dello sci estivo, praticato fin quando le condizioni lo consentivano sul ghiacciaio del Giogo Alto – si costeggerà la rupe sulla quale si staglia Castel Juval, divenuto una vera e celebrità della valle da quando nel 1983 l’alpinista Reinhold Messner, originario di Bressanone, l’ha acquistato per farne la sua residenza estiva e la prima delle sei sedi del suo personale museo delle montagne (in questa sono esposti in particolare dipinti e cimeli di antichi popoli per i quali la montagna era considerata al pari di una divinità).
Un secondo e ultimo tratto in discesa s’incontrerà in corrispondenza della gola di Tell, all’uscita dalla quale un tempo il transito dei viandanti era sorvegliato da Castel Foresta, oggi abitato dai proprietari del vicino birrificio Forst, uno dei più noti d’Italia, fondato nel 1857. Giunti alle porte di Merano, i “girini” bypasseranno il capoluogo del cosiddetto Burgraviato seguendo la strada che li condurrà a Lana, località di villeggiatura situata all’imbocco della Val d’Ultimo e presso il quale si trova il Palazzo dell’Ordine Teutonico, la cui biblioteca accoglie gli oltre 60000 volumi raccolto nei secoli da questo istituto ospedaliero, fondato nel 1190 in Terra Santa da mercanti originari di Lubecca e Brema con il nome di “Fratelli della Casa Tedesca della Santa Maria di Gerusalemme” e successivamente stabilitosi a Bolzano, dove ancora oggi opera nel campo dell’assistenza agli anziani e agli studenti universitari.
Superato il corso dell’Adige si proseguirà lungo la sponda orientale del fiume in direzione di Bolzano, dove il gruppo lambirà il centro storico del capoluogo del Sud Tirolo, transitando a due passi dal duomo intitolato all’Assunta, edificio gotico le cui lontane origini paleocristiane furono riscoperte grazie ai lavori di restauro iniziati nel 1948 e resi necessari dai bombardamenti alleati di quattro anni prima, lavori che permisero di riportare alla luce le fondamenta di tre preesistenti chiese. Imboccata la valle dell’Isarco si dovranno percorrere ancora circa 8-9 Km di strada facile prima di salutare la pianura e imboccare l’interminabile ascesa verso il Passo di Pinei. Come dicevamo sarà la più lunga tra quelle inserite nel tracciato del Giro 2024, anche se il numero della sua pendenza complessiva – che risulta del 4.7% su quasi 24 Km – può non suscitare particolari timori. In realtà è molto più dura del previsto per via del suo andamento a “corrente alternata” e, se qualche corridore volesse provarci fin dall’inizio, potrebbe trovare terreno fertile per un attacco fruttuoso nei 7 Km iniziali al 7.3%, al termine dei quali i corridori raggiungeranno il panoramico altopiano dello Sciliar, frequentato per particolari cure termali nelle quali non si utilizza il potere terapeutico di acque e fanghi, bensì del fieno, nel quale immergersi per stimolare il sistema immunitario e per risolvere nevralgie, reumatismi, tensioni muscolari e stress. L’attraversamento dell’altopiano coinciderà con la fase intermedia della salita, che prenderà un aspetto pianeggiante per 6 Km fino allo strappo di 2.6 Km al 5% che termina in corrispondenza del bivio per l’Alpe di Siusi e che è seguito da una breve discesa e da ultimo tatto in quota. Attraversata Castelrotto – il comune più popoloso dell’area dolomitica (quasi 7000 abitanti) presso il quale si possono ammirare le facciate affrescate della liberty Villa Felseck, dal 1983 inserita nell’elenco dei monumenti storici – si giungerà ai piedi dell’ultima parte della salita, che in 5.5 Km al 7.2% raggiunge i 1442 metri del Passo Pinei, porta d’accesso secondaria alla Val Gardena, verso la quale si pedalerà affrontando una discesa di 4.2 Km al 6.8%. Non ci sarà il tempo per rifiatare perché subito si riprendere a salire, inizialmente senza incontrare grandi difficoltà perché l’ascesa – 7.6 Km al 6.1% – è di quelle che si possono definire “double face”, con una prima parte tenera e una seconda decisamente più “cattiva”. Quasi pianeggiante sarà l’attraversamento di Ortisei, località conosciuta non soltanto come meta di villeggiatura ma anche per le botteghe artigiane nelle quali si realizzano sculture in legno, poi le inclinazioni prendono lentamente a lievitare percorrendo la statale verso l’alta valle, dove si trova la celebre stazione di sport invernali di Selva di Val Gardena, che non sarà però raggiunta dal percorso di gara. Si lascerà, infatti, la statale di fondovalle una volta giunti nel centro di Santa Cristina, presso la quale si trova il rinascimentale Castel Gardena, maniero oggi di proprietà della nobile famiglia tra i cui esponenti c’è l’ancora vivente baronessa Afdera Franchetti, principalmente conosciuta per esser stata una vera e propria “regina del jet set”, quarta moglie dell’attore statunitense Henry Fonda. Con il cambio di scenario a mutare sarà anche la musica perché si andranno ad imboccare gli ultimi 2000 metri verso l’altopiano del Monte Pana, nei quali le pendenze torneranno a mordere, con la media che schizzerò ben al di sopra del 10%: e tra quei famelici denti potrebbe esserci ancora un canino del lontano Stelvio….

Mauro Facoltosi

Vista di Santa Cristina Valgardena e l’altimetria della sedicesima tappa (www.outdooractive.com)

Vista di Santa Cristina Valgardena e l’altimetria della sedicesima tappa (www.outdooractive.com)

I VALICHI DELLA TAPPA

Passo Eira (2208 metri). Quotato 2210 metri sulle cartine del Giro 2024, è valicato dalla Strada Statale 301 “del Foscagno” tra Livigno e Trepalle. Il Giro d’Italia finora vi è transitato quattro volte, la prima nel finale della tappa Parabiago – Livigno del 1972, vinta da Eddy Merckx, che vide il grande rivale del belga in quell’edizione, lo spagnolo José Manuel Fuente, transitare in testa sull’Eira. Non ci fu GPM in vetta al passo, invece, nel finale della Egna – Livigno del 2005, vinta da colombiano Iván Parra. L’ultimo passaggio ufficiale risale al 2010, quando l’australiano Matthew Lloyd conquistò questa vetta durante la tappa Bormio – Ponte di Legno / Passo del Tonale del Giro del 2010, vinta dall’elvetico Johann Tschopp. Poche ore prima, infine, vi è transitata la tappa di Livigno durante l’ascesa finale al Mottolino.

Passo di Foscagno (2291 metri). Quotato 2281 metri sulle cartine del Giro 2024 è valicato dalla Strada Statale 301 “del Foscagno” fra Trepalle e Valdidentro e funge da spartiacque tra il bacino del Po (Adda) e del Danubio (Inn). In occasione delle pocanzi citate tappe del Giro d’Italia a transitare per primi in vetta al passo sono stati Fuente, Parra e il frusinate Stefano Pirazzi.

Passo dello Stelvio (2758 metri). Valicato dalla Strada Statale 38 “del Passo Stelvio” tra Bormio e Trafoi, costituisce il punto più elevato della rete stradale italiana. Nella speciale classifica dei valichi carrozzabili più alti d’Italia precede di una manciata di metri il franco-piemontese Colle dell’Agnello (2748m) mentre estendendo la lista anche ai valichi ciclabili su sterrato scende all’ottavo posto (il record è detenuto dai 3000 metri del Colle Sommeiller Est, situato in Piemonte, nei pressi di Bardonecchia). Lo Stelvio è stato regolarmente affrontato tredici volte al Giro, mentre in cinque occasioni (1967, 1984, 1988, 1991 e 2013) la corsa è stata respinta dalla neve. Storica la prima scalata, nella tappa Bolzano – Bormio, che consentì a Fausto Coppi, primo in vetta e al traguardo, di imporsi nel suo quinto e ultimo Giro d’Italia (1953). Gli altri corridori a tagliare in testa lo Stelvio sono stati: Aurelio Del Rio nel 1956 (Sondrio – Merano, vinta da Cleto Maule); il lussemburghese Charly Gaul nella Trento – Bormio del 1961 (da lui vinta); Graziano Battistini che nel 1965 si impose proprio sul passo, dove si decise di stabilire un traguardo d’emergenza perché la neve non permise di completare la Campodolcino – Solda; gli spagnoli José Manuel Fuente nel 1972 (tappa Livigno – Passo dello Stelvio) e Francisco Galdós nella storica tappa conclusiva del Giro del 1975 (Alleghe – Passo dello Stelvio), con il duello tra il corridore iberico e la maglia rosa Fausto Bertoglio; il francese Jean-René Bernaudeau nella Cles – Sondrio del 1980, che poi vinse davanti al capitano Bernard Hinault; Franco Vona nella non meno storica Merano – Aprica del 1994, la tappa che lanciò Marco Pantani nell’olimpo dei grandi; il colombiano Josè Rujano durante la Egna – Livigno del 2005, vinta dal connazionale Iván Ramiro Parra Pinto; il belga Thomas De Gendt al termine della tappa Caldes – Passo dello Stelvio dell’edizione 2012; Dario Cataldo nel corso della tappa Ponte di Legno – Val Martello del 2014, vinta dal colombiano Nairo Quintana; lo spagnolo Mikel Landa nel 2017, durante la Rovetta – Bormio, che fu l’unica tappa di quell’edizione vinta da un italiano (Vincenzo Nibali) mentre l’ultimo corridore ad aver avuto l’onore di inserire lo Stelvio nel suo palmares è stato l’australiano Rohan Dennis nel 2020, quando la mitica salita fu affrontata nel finale della tappa che da Pinzolo conduceva ai Laghi di Cancano, vinta dal britannico Tao Geoghegan Hart. Nel 2010 vi si è conclusa, prima volta nella storia, anche una tappa del Giro Donne, conquistata dalla statunitense Mara Abbott, che si è imposta anche nella classifica finale.

Sella di Fiè allo Sciliar (859 metri). Vi sorge l’omonimo abitato. Il Giro d’Italia vi è transitato l’ultima volta nel 2000, durante la tappa Selva di Val Gardena – Bormio vinta dal trentino Gilberto Simoni.

Sella di Telfen (1090 metri). Si trova nei pressi dell’omonima località ed è attraversata dalla Strada Provinciale 24 tra Siusi e Castelrotto, all’altezza del bivio per l’Alpe di Siusi. Il Giro vi è transitato l’ultima volta nel 2017, durante la tappa Moena – Ortisei (vedi sotto).

Passo di Pinei (1442 metri). Quotato 1437 metri sulle cartine del Giro 2024, è chiamato anche Panider Sattel ed è valicato dalla Strada Provinciale 64 tra Castelrotto e Ortisei. Il Giro l’ha affrontato tre volte come GPM, la prima nel 1991 subito dopo la partenza della tappa Selva di Val Gardena – Passo Pordoi (vinta da Franco Chioccioli), quando questo traguardo della montagna fu conquistato dal corridore basco Iñaki Gastón. Nel 1997 vi si salì dallo stesso versante di questa (imboccandolo, però, già in quota) nel corso della tappa Predazzo – Falzes (vinta dallo spagnolo José Luis Rubiera), quando a transitare per primo in vetta fu il colombiano José Jaime “Chepe” González. L’ultimo a lasciare la firma sul Pinei è stato lo spagnolo Mikel Landa nel 2017, nel finale della citata tappa Moena – Ortisei). Vi si salì anche nel 2000, pochi chilometri dopo la partenza della Selva di Val Gardena – Bormio, tappa pure pocanzi menzionata, ma in quell’occasione il passaggio non fu considerato valido per la classifica degli scalatori.

Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).

CIAK SI GIRO

Nel dicembre del 2022 ci ha lasciato uno dei grandi del cinema italiano, Lando Buzzanca. L’attore siciliano, noto in particolare per il film del 1971 “Il merlo maschio” (un titolo che per lui divenne negli anni quasi un inscindibile soprannome), debuttò nel 1953 nel colossal “Ben Hur”, dove interpretò non accreditato un ruolo marginale (uno schiavo nel deserto) e fino al 2019 ha girato qualcosa come 113 film, conteggiando anche serie concepite per la televisione come “Il restauratore”, della quale furono prodotte due stagioni. La sua carriera l’ha portato in giro per l’Italia e non solo (per “Il pupazzo” emigrerà fin nel lontano Messico) e tra i luoghi che ha avuto l’occasione di calcare ci fu anche la Val Venosta, che i partecipanti al Giro percorreranno tra lo Stelvio e la Val Gardena. L’anno fu il 1975, quando il regista romano Lucio Fulci lo scelse per il ruolo del protagonista del film “Il cav. Costante Nicosia demoniaco, ovvero: Dracula in Brianza”, pellicola della quale lo stesso Fulci aveva scritto la sceneggiatura, ispirato dal successo ottenuto l’anno precedente da Mel Brooks con il celebre “Frankenstein Junior“. Buzzanca interpretò ovviamente il cavalier Nicosia, superstizioso industriale brianzolo che durante un viaggio d’affari in Romania conoscerà nientemeno che il conte Dracula, che qui si chiama Dragulescu ed è interpretato dal britannico John Steiner. Il conte finirà per azzannare al collo il Nicosia, che suo malgrado si ritroverà vampirizzato e assetato di sangue, al punto da iniziare una serie di tragicomiche avventure che lo porteranno dal truffaldino Mago di Noto (è l’indimenticato Cicco Ingrassia), convinto che si tratti di una maledizione scagliatagli da una zia, e poi da un “collo” all’altro, sempre alla ricerca di quel sangue che poi gli darà l’idea di istituire in azienda un’emoteca per averne sempre a disposizione. Nonostante il titolo, il film non fu per nulla girato in Brianza pur trovarsi in Lombardia quasi tutte le location che si vedono nella pellicola, la principale delle quali è ovviamente la fabbrica di dentrifici del Nicosia, in realtà la nota azienda cosmetica Avon di Olgiate Comasco. Per quanto riguarda le scene ambientate presso il castello di Dracula si preferì, invece, risparmiare sulla trasferta fino in Romania, scegliendo di girate in teatri di posa romani le scene in interni, mentre per gli esterni si optò sull’altoatesino Castel Juval, che all’epoca ancora non era stato acquistato da Reinhold Messner.

In collaborazione con www.davinotti.com

Castel Juval inquadrato nel film ”Il cav. Costante Nicosia demoniaco, ovvero: Dracula in Brianza“ (www.davinotti.com)

Castel Juval inquadrato nel film ”Il cav. Costante Nicosia demoniaco, ovvero: Dracula in Brianza“ (www.davinotti.com)

Le altre location del film citato

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/il-cav-costante-nicosia-demoniaco-ovvero-dracula-in-brianza/50001343

FOTOGALLERY

Trepalle, Chiesa di Sant’Anna

Valdidentro, sorgenti del fiume Adda

Valdidentro, Laghi di Cancano

Passo dello Stelvio, tornanti della Spondalunga

Trafoi, santuario delle Tre Fontane Sacre

Lasa, turisti in visita alla Cava di Acqua Bianca

Silandro, Schlandersburg

Castel Juval

Foresta, Castel Foresta

Lana, Palazzo dell’Ordine Teutonico

Bolzano, duomo dell’Assunta

Castelrotto, Villa Felseck

L’altipiano dello Sciliar visto dalla salita di Passo di Pinei

Santa Cristina Valgardena, Castel Gardena