LE INTERVISTE DE ILCICLISMO.IT: FILIPPO FORTIN

giugno 22, 2021 by Redazione  
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Il nostro Luigi Giglio ha intervistato Filippo Fortin. Professionista dal 2012, il ciclista veneziano corre nella formazione austriaca Team Vorarlberg e ha all’attivo 17 vittorie nella massima categoria, l’ultima ottenuta lo scorso 12 marzo nella tappa di Parenzo della Istrian Spring Trophy

Ciao Filippo come stai? Come ti trovi nelle fila del Team Vorarlberg?

Tutto sommato sto bene. Dopo la caduta in Francia al Tour d’Eure-et-Loir, dove ho battuto la testa, non ho riportato conseguenze. Al Team Vorarlberg mi sto trovando molto bene, è una società organizzata sotto tutti i punti di vista e anche l’ambiente è molto stimolante.

Il Team Voralberg che ha ottenuto un successo stagionale proprio grazie a te in una tappa dell’Istrian Spring Trophy. A livello Continental ci sono pochi atleti come te, sia come esperienza, sia soprattutto come numero di vittorie. Hai ottenuto tantissimi successi in carriera, quale di questi ti sta più a cuore e perché?

Sono riuscito a partire subito alla grande quest’anno con diversi risultati utili, poi con il problema di questa pandemia le corse per ora non sono molte. Cerco comunque di farmi trovare sempre pronto, dato che vorrei regalare altri successi al team. Quello che mi sta più a cuore deve ancora arrivare, questo perché ho ancora fame di mettere la ruota davanti a tutti.

Tuo padre giocava a calcio, tuo fratello a rugby, come mai hai scelto di diventare ciclista? Come ti è nata la passione per la bicicletta?

La mia passione è nata fin da piccolo, ho provato un po’ di sport e alla fine un collega di mio papà, che aveva una società ciclista con la quale poi sono cresciuto, mi ha dato una bici da corsa e da lì non sono più sceso.

La corsa che avresti voluto vincere sin da ragazzino?

La corsa che sognavo di vincere da ragazzo è la Milano-Sanremo. Poi ho capito che non è così semplice, devi essere un campione con la C maiuscola per vincerla. Ma questo non vuol dire che non ci metto il 110% negli allenamenti o nelle corse che faccio.

Cosa ti ha insegnato il ciclismo in questi anni?

Il ciclismo mi ha insegnato a non mollare mai, che a volte è questione di tener duro un po’ di più per svoltare o crearsi una situazione migliore. Mai abbattersi e lavorare duro per gli obiettivi che insegui.

Nel 2019 hai smesso i panni del capitano per metterti a disposizione di Nacer Bouhanni alla Cofidis. Col team francese hai corso la tua ultima stagione nella categoria Professional, raccogliendo buone prestazioni e subendo anche un brutto infortunio in Polonia. Cosa rimpiangi di quella stagione?

Rimpiango un po’ di cose: aver sbagliato la preparazione invernale (la troppa voglia di dimostrare mi ha portato ad esagerare e sono arrivato a febbraio che ero già stanco), di non aver passato sulla linea l’ultimo della fuga alla prima tappa del Tour of Yorkshire (una vittoria avrebbe fatto la differenza), aver lavorato non con il Bouhanni più forte della sua carriera (i suoi scarsi risultati influenzavano il giudizio sul mio lavoro), l’infortunio al Polonia che mi ha precluso la possibilità di far la Vuelta. Diciamo che quella stagione, che non doveva andar male, è andata peggio di tutte. Ma come dicevo prima non mollo e spero ancora di poter fare gli ultimi anni in una professional e smettere disputando un grande giro.

Obiettivi per il futuro?

Come ho già anticipato mi piacerebbe fare di nuovo il salto in una categoria superiore. Io quest’anno ho completato i corsi di formazione da DS della Federazione e quindi mi vedrei bene sull’ammiraglia di qualche team per dare esperienza ai giovani ragazzi o anche guidare un team di gente esperta per vincere corse importanti (avrei un occhio di riguardo per i velocisti).

Grazie Filippo per averci rilasciato questa intervista.

Vi Ringrazio per lo spazio concesso.

Da tutto lo staff de Ilciclismo.it, i nostri migliori auguri a Filippo Fortin per il prosieguo della stagione.

Intervista raccolta da Luigi Giglio

Filippo Fortin vince la prima tappa della Flèche du Sud 2017 (© Wort.lu)

Filippo Fortin vince la prima tappa della Flèche du Sud 2017 (© Wort.lu)

LE INTERVISTE DE ILCICLISMO.IT: VALERIO BIANCO

luglio 3, 2019 by Redazione  
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Il nostro Luigi Giglio ha intervistato per noi Valerio Bianco, l’addetto stampo della Neri Sottoli – Selle Italia – KTM

Buonasera Valerio, per gli appassionati un volto noto del ciclismo italiano, come dimenticare la tua l’esultanza dopo la vittoria di Velasco al Laigueglia. Per i pochi che non ti conoscessero chi è Valerio Bianco?

Valerio Bianco è colui che ha esultato al Laigueglia dopo la vittoria di Velasco. A perta gli scherzi, scrivo di ciclismo dal 2011 e ho avuto la fortuna nel 2015 di avere questa opportunità di diventare addetto stampa dell’allora Team Southeast, che poi è diventato Wilier Triestina e che da quest’anno è diventata Neri Sottoli – Selle Italia – KTM.

Hai seguito come addetto stampa la Wilier Triestina in più Giri d’Italia, vuoi parlarci di questa esperienza e del duro lavoro che c’è dietro?

Beh, è un’esperienza magnifica, ne ho fatti tre di Giri d’Italia e di tutti questi tre Giri mi porto dentro dei ricordi splendidi e delle sensazioni che ho vissuto solo in un’altra corsa, il Giro delle Fiandre, che ho avuto la fortuna di seguire nel 2016 e nel 2017. Il Giro d’Italia è una corsa imparagonabile a tutte le altre corse, è una festa. Svegliarsi alle 7 del mattino per iniziare a lavorare alle 07:15 per poi finire e andare a dormire a mezzanotte solo dopo aver finito di lavorare. È un mese snervante, pieno di impegni, di appuntamenti, di chilometri e di viaggi in macchina, ma allo stesso tempo è un mese bello. A me non è capitato ma vincere una tappa deve essere veramente fantastico, per tutta la squadra e lo staff.

Com’è vivere a stretto contatto,per 21 giorni con Luca Scinto? È così duro anche quando la corsa finisce?

Ventuno giorni no, perchè vivendo vicino a casa sua e come se stessimo in stretto contatto 365 giorni all’anno e quando lui fa qualche trasferta e io non vado con lui comunque ci sentiamo sempre. No, è un personaggio particolare, bisogna saperlo prenderlo con le molle, ma è molto più buono rispetto a quello che appare in video. Coi ciclisti usa molto il bastone e la carota, però è un personaggio buono, sa farsi voler bene ma anche farsi voler male.

Che persone sono i ciclisti, fuori dalle corse? Sono come la maggior parte dei calciatori che vivono in un mondo tutto loro?

No no, non sono come i calciatori, poi chiaramente avendo anche budget e stipendi diversi, sono come tutti noi. Naturalmente poi ognuno ha il suo carattere, c’è chi non parla mai, chi è più scherzoso e gioviale, chi parla tranquillamente della sua vita privata senza problemi, c’è chi è molto riservato: son dei ragazzi giovani e molto molto umili. Quasi tutti quelli che ho avuto la fortuna di conoscere sono molto umili.

Tra i tanti ciclisti che hai conosciuto nella Wilier il più famoso è stato senza dubbio Pozzato. Che tipo è Pippo?

Si, sicuramente Pippo è il corridore più famoso che ho conosciuto, lui si avvicina molto all’ideale del calciatore, casa a Montecarlo, macchine, eccetera eccetera. Purtroppo da noi non ha raccolto quei risultati che sarebbero serviti alla squadra e forse anche un po’ a se stesso; però penso che sia un ragazzo molto intelligente e che sicuramente potrà avere un ottimo futuro come manager e come uomo immagine.

Invece Giovanni Visconti è totalmente diverso?

Si si, totalmente diverso, Visconti è un vero capitano che vive per la bicicletta, è la sua passione più grande e si è subito integrato al gruppo e ha fatto integrare tutti fin dal primo ritiro che abbiamo fatto a novembre. Lui è una persona che stimo, poi vedo i suoi sacrifici, la voglia di lavorare di migliorarsi e anche il periodo difficile che ha avuto ad inizio stagione. Anche lui è stato sempre umile, ha lavorato sempre tanto e anche se magari non si poteva esprimere al meglio delle sue possibilità ha sempre fatto di tutto per non farlo pesare ai compagni. I corridori lo hanno seguito, forse questa è stata la più grande differenza tra lui e Pozzato.

Il ciclista che ti ha colpito di più quest’anno tra i nuovi chi è?

Guarda ti dirò un nome che non è nuovo per il ciclismo italiano ma che mi ha stupito veramente tanto ed è quello di Manuel Bongiorno perchè è un ragazzo che ha saputo ripartire da zero dopo esser stato fuori dall’ambiente per un anno ed è veramente un bravissimo ragazzo, mai una parola fuori posto, sempre molto cordiale con grandissima voglia di lavorare. Spero che possa avere nella seconda parte di stagione dei grandi risultati.

Calabrese come te, Valerio come ti è nata la passione per la bicicletta?

Beh, io ho sempre vissuto al nord alla fine, a mio padre piaceva la bicicletta (e gli piace tutt’ora=, guardavamo le corse insieme. Uno dei primi ricordi è la Liegi vinta da Bartoli quando si trovò contro Zulle e Indurain che correvano per la Once. Mi sono affezionato a Bartoli e via via ho iniziato a seguire il ciclismo assiduamente.

Poi è arrivata la chiamata come addetto stampa, e per te si è avverato un sogno

Si si, è stato veramente come un sogno quando ho incontrato per la prima volta Angelo Citracca. Eravamo a Milano, nella sede di RCS, per discutere anche l’invito della squadra al Giro d’Italia nel 2016. Quando lui mi mise davanti il Giro delle Fiandre, Pozzato, Giro d’Italia e la Milano-Sanremo: lasciai il lavoro che facevo prima per dedicarmi interamente anima e cuore al ciclismo come lavoro.

Tra le tante corse, italiane e no, grandi giri e monumento, qual è quella che ti ha colpito di più?

Sicuramente il Giro del Fiandre del centenario. Eravamo in Belgio in un periodo dove c’erano stati attentati, c’era timore ma si vedeva lo stesso la passione e l’amore delle persone che numerose affollavano le strade lungo tutto il percorso, c’erano davvero tantissime persone. Per non essere banale ti dirò anche le Strade Bianche di quest’anno, che è stata la prima in cui ho partecipato come addetto stampa, è stata veramente bella e il nostro sponsor è venuto direttamente dagli Stati Uniti per assistere appositamente alla corsa. Abbiamo visto tante persone, passione, veramente una corsa che può diventare epica.

Come si prepara una tappa del Giro? Come si fa col tempo ristretto che si ha tra una frazione e l’altra?

Diciamo che è molto più facile rispetto a quello che si può pensare. Lo staff è preparato, poi iniziamo a lavorare insiemea è partire da novembre, quindi ognuno conosce i propri compiti. Prima del Giro d’Italia ovviamente ci sono delle riunioni, alla fine diventa quasi meccanico il compito dei vari massaggiatori, dei vari meccanici, tutti sanno quello che devono fare. Le cose cambiano e si complicano un po’ quando ci sono dei ritiri, quando si ritira uno o più ciclisti, perchè l’organizzazione toglie dei posti allo staff e la squadra si deve reinventare, ma alla fine non abbiamo mai avuto grossi problemi.

A proposito di ritiri, quanto vi ha fatto soffrire lo scorso anno Mareczko al Giro d’Italia?

Diciamo che ci ha delusi, anche perché c’è stata una controprestazione che non ci aspettavamo, soprattutto non aspettavamo che arrivasse così presto. Il secondo giorno è andato veramente vicino a quella che sarebbe stata la sua prima vittoria in un grande giro, soprattutto la squadra era tutta costruita su di lui (ad eccezione di Zardini, che poi purtroppo cadde sulla via dell’Etna e si ritirò anche lui). Sicuramente c’è stato un grande investimento a livello di staff, di squadra e di budget per regalargli un treno all’altezza; purtroppo non abbiamo avuto quella vittoria che sognavamo e che sognava anche lui.

La gioia sportiva più bella in questi quattro anni?

Ti direi la vittoria di Velasco al Laigueglia perchè è stata una liberazione dopo un anno molto difficile, soprattutto per il mancato invito al Giro d’Italia dove la squadra poteva veramente sciogliersi e invece ha reagito alla grande e sta reagendo alla grande. Quest’anno stiamo avendo dei risultati nettamente migliori rispetto al 2018 e al 2017, tornare a vincere una corsa in Italia dopo tre anni è stata veramente una liberazione.

Il ciclista più pignolo e professionale che hai incontrato?

Guarda, te ne posso citare due molto molto professionali sia per quanto riguarda l’alimentazione, sia per tutto il resto, Ilia Koshevoy e Davide Gabburo. Gabburo ho avuto la fortuna di conoscerlo quest’anno, è molto metodico e sta dimostrando tutta la sua professionalità anche con i risultati che sta raccogliendo.

Quali sono le vostre aspettative per la seconda parte di stagione?

Sicuramente il grande obiettivo sono i Campionati Italiani dove speriamo di arrivare al meglio con Visconti recuperato, con Velasco in forma e con tutta la squadra che da inizio anno sta facendo e dimostrando di far bene. Un altro appuntamento molto importante per noi sarà il Tour of Utah, che affronteremo quest’anno per la prima volta; insieme al Giro dell’Austria sono due corse molto importanti per i nostri sponsor e ci teniamo a far bene. Poi naturalmente ci saranno tutte le semiclassiche e classiche italiane di settembre e ottobre, con la CiclismoCup a cui teniamo tantissimo.

Valerio, sei stato vittima di un brutto episodio poc tempo fa, un Tir ti ha scaraventato a terra mentre eri in bici, fortunatamente senza riportare nulla di grave ma poteva finire molto male. Un messaggio per sensibilizzare la sicurezza stradale?

Purtroppo la sicurezza stradale non c’è in Italia. Bisogna fare i conti ogni giorno con autisti che stanno al cellulare, che guidano e messaggiano e purtroppo a farne le spese siamo noi ciclisti, mi metto anch’io nella categoria anche se non lo faccio di professione. Recentemtente anche ragazzo della nostra juniores ha avuto un’incidente con un auto in sosta, l’autista ha aperto la portiera e lo ha colpito, stessa cosa che è successo ad Aprile a Luca Pacioni alla fine di una tappa del Giro di Sicilia. Successa stessa cosa ad Edoardo Salis e a Simone Innocenti della squadra under 23: non c’è rispetto delle regole, non c’è cultura civica, non si studia, praticamente si convive con la paura che in bicicletta ti possa succedere sempre qualcosa di brutto.

Grazie mille Valerio, un grosso in bocca al lupo per questo 2019

Grazie!

Intervista raccolta da Luigi Giglio

Valerio Bianco (primo da sinistra) accoglie esultante Simone Velasco al traguardo del Trofeo Laigueglia 2019 (Facebook)

Valerio Bianco (primo da sinistra) accoglie esultante Simone Velasco al traguardo del Trofeo Laigueglia 2019 (Facebook)

VALERIO AGNOLI – L’INTERVISTA

giugno 2, 2018 by Redazione  
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Intervista rilasciata sabato primo giugno da Valerio Agnoli a Luigi Giglio

Ciao Valerio, ti ringrazio innanzitutto per la tua disponibilità e gentilezza. Hai finito di correre da pochi giorni il Tour of Japan, come continuerà il tuo calendario ciclistico? Correrai al Tour de France?

Ciao, il mio programma gare definito dal team prevede la partecipazione al Giro di Slovenia a giugno e al Giro d’Austria i primi di luglio. La mia partecipazione al Tour non rientra nei piani del team.

Come ti trovi nel Team Bahrein? Noti differenze rispetto alla Liquigas e all’Astana?

Nella mia vita ho un bagaglio internazionale che mi ha portato a conoscere molte situazioni diverse supportate da mentalità diverse, ma con un unico obiettivo, la costituzione di un grande team per raccogliere grandi successi. La Liquigas penso che sia stata la promotrice di questo progetto di ciclismo nel mondo moderno.

Sei originario del Lazio. Hai notato quante persone c’erano ai bordi delle strade, alle partenze e agli arrivi di tappa del Giro d’Italia? Il sud sta riscoprendo la passione per il Giro?

Il sud è parte integrante e trainante del sistema ciclismo, che muove la passione e la dedizione per questo stupendo sport, e negli ultimi anni ho ritrovato quella folla di gente che vedevo da bambino in TV quando passava Pantani.

A proposito di Giro d’Italia, ti ha sorpreso l’esito della Corsa Rosa? Ad una settimana dalla fine, Yates saldamente in Maglia Rosa mentre Froome era persino fuori dal podio con un ritardo di 4′52”?

Pensa che dopo 4/5 tappe dissi a mia moglie che Froome avrebbe vinto il Giro, le ho analizzato semplicemente l’avvicinamento di certi corridori e caratteristiche di essi. Ad esempio, ho avuto modo di partecipare al Tour of the Alpes e vedere da vicino Froome, Pinot e “Pozzo”. Gli ultimi due a mio avviso erano molto avanti di forma e i loro risultati e le loro performance lì parlavano chiaro, mentre Froome non era il vero Froome che conoscevo. Se analizziamo che dall’ultima tappa del Tour of the Alpe alla terza settimana del Giro passavano quasi 20 giorni, una forma così non si può tenere per un così lungo termine. Pinot e “Pozzo” nelle ultime tappe del Giro sono crollati e Froome ha dato dimostrazione che la programmazione fatta a puntino ha portato i suoi frutti. Un grande giro è fatto di tre settimane e solo in pochi capiscono come programmarsi a puntino.

Il tuo nome, nel cuore degli appassionati di ciclismo, è legato indissolubilmente a Vincenzo Nibali. Nessuno conosce il siciliano meglio di te! Se potessi descriverlo con un solo aggettivo, quale sceglieresti?

Il Maradona del ciclismo moderno. Un fantasista di prestazioni e le sue vittorie in classiche monumento ne sono state una constatazione, di parte lo sono, ma la realtà dei fatti anche.

La corsa che hai sempre sognato di vincere sin da ragazzino?

Un Olimpiade.

Obiettivi sportivi personali per il futuro?

Ovviamente non mi viene che in mente di poter alzare le braccia al cielo, ma sono anche consapevole che se il mio supporto porta alla vittoria di un mio capitano io ne sono felice.

Quasi un mese fa è nata l’ASD Valerio Agnoli, cosa ci racconti di questo team?

La mia ASD è nata per la promozione del mio territorio a carattere mondiale con la scoperta delle bellezze della storia e del buon cibo, grazie al supporto del mio sponsor Green Park Costruzioni. Stiamo costruendo insieme diversi eventi di promozione nella mia Ciociaria e il 10 giugno tra essi c’è la mia Gran Fondo a Fiuggi.

Ti ringrazio ancora Valerio per la tu gentilezza, ti faccio un grosso in bocca al lupo per il futuro!

Grazie e viva il lupo! Buon lavoro.

Luigi Giglio

Valerio Agnoli affronta le pendenze del celebre monte Fuji  al recente Giro del Giappone (foto Bettini)

Valerio Agnoli affronta le pendenze del celebre monte Fuji al recente Giro del Giappone (foto Bettini)