SULLA MONTAGNA DELL’ANGELO DAGLI OCCHI DI GHIACCIO

Arriva il giorno del Bondone, un nome che mette i brividi al ricordo di quel che patirono i partecipanti al Giro del 1956. I timori non sono malriposti perché la tappa che si concluderà sulla “Montagna di Trento” sarà una delle più dure dell’edizione 2023, forte di 5700 metri di dislivello e delle sue sei salite, anche se quella finale non sarà intrapresa dal suo versante più impegnativo e celebre, quello della vittoria di Gaul nel drammatico tappone di 67 anni fa.

Sull’arco alpino e sul Piemonte si avrà nuvolosità intensa con precipitazioni anche a carattere temporalesco. Il tempo si mantiene abbastanza buono sulle altre regioni, salvo qualche isolata attività temporalesca nelle ore più calde. Nebbie nelle valli e foschie sui litorali. Temperatura in lieve aumento. Mari da leggermente mossi a mossi; localmente agitati mar Ligure e canale di Sicilia

Le previsioni che avete appena letto furono quelle che il quotidiano “La Stampa” pubblicò sull’edizione uscita l’8 giugno del 1956, il giorno nel quale era previsto il tappone dolomitico del Giro d’Italia, 242 Km da percorrere tra il raduno di partenza di Merano e il traguardo di “Trento Alta” superando strada i passi Costalunga, Rolle, Gobbera e Brocon prima dell’ascesa finale verso il Monte Bondone. Ventiquattrore prima a Trento erano state registrate una temperatura massima di 31 gradi e una minima di 14 che facevano presagire una giornata sì di maltempo, ma non eccezionale, anche perché nella frazione precedente si era saliti senza troppi problemi sullo Stelvio, dove i corridori avevano incontrato solo un po’ di nevischio sballottato dal vento. I meteorologi avevano fatto, però, cilecca perché quell’otto giugno passerà alla storia per un inatteso colpo di coda della stagione invernale che rese quella di Trento una delle più drammatiche tappe dalla storia della Corsa Rosa. Le precipitazioni a carattere temporalesco che erano state annunciate dal quotidiano torinese si verificarono puntualmente sin dal via da Merano e non furono mai smentite, ma il fatto che ai quasi 2000 metri del Passo Rolle diluviasse ma non nevicasse era motivo per un piccolo sospiro di sollievo, anche perché le successive salite erano tutte a quote nettamente inferiori. La pioggia, però, non smetteva mai, a fioccare erano i ritiri e ai disagi dell’acqua si aggiunsero quelli di un forte e gelido vento che, spazzando in senso contrario il lungo tratto pianeggiante che precedeva la salita finale, finì per congelare i già intirizziti corridori. Il diavolo non è così brutto come lo si dipinge…. A volte è ancora peggiore e nessuno poteva immaginare che quella pioggia sull’ultima ascesa si trasformerà in una nevicata che decimerà ancora di più il gruppo, mentre le temperature precipitano fino a quattro gradi sotto lo zero a un traguardo dove giunsero solo 41 degli 86 “girini” che erano partiti da Merano. E negli occhi di tutti, anche a chi doveva ancora nascere grazie alle drammatiche foto d’epoca, è indelebile l’immagine di Charly Gaul che taglia vittorioso il traguardo con un’espressione quasi inebetita e con i suoi glaciali occhi azzurri diventati quasi un tutt’uno con il “ghiaccio” che provava addosso il lussemburghese, la cui impresa gli fu comunicata solo dopo averlo tirato su di peso dalla sella e trasportato in albergo, dove fu immerso prontamente in una vasca ricolma d’acqua bollente.
Per questo motivo è con un certo “brivido” che tutte le volte si accoglie la notizia che il Giro tornerà ad affrontare il Bondone, anche se giornate come quella di 67 anni fa oggi sono irripetibili grazie allo speciale “protocollo” voluto dai corridori e che prevede che, in caso di maltempo eccezionale, la tappa sia accorciata o del tutto annullata. Da quel giorno altre 13 volte la Corsa Rosa ha inserito la salita trentina nel tracciato e tutte le volte il pensiero è andato a quella tappa che “terremotò” il Giro, un sisma che potrebbe replicarsi anche quest’anno perché la frazione che terminerà sul Bondone sarà – tra le quattro alpine di questa edizione – quella dotata del maggior numero di metri di dislivello da superare, anche se forse ancor più impegnativa sarà quella in programma tra qualche giorno sulle Dolomiti tra Longarone e le Tre Cime di Lavaredo. Andando nello specifico oggi si dovranno superare quasi 5700 metri di dislivello “spalmati” su ben sei salite, con il Bondone che non sarà affrontato dal versante di Trento – quello più impegnativo, oltre che quello della storica tappa del 1956 – ma da quello meno tradizionale di Aldeno. Sono numeri che potrebbero per davvero buttare all’aria la classifica, anche se c’è il rischio che, considerato l’andazzo degli ultimi anni e la mole di difficoltà prevista tra oggi e i prossimi giorni, i corridori di classifica decidano di muoversi solo nel finale dell’ascesa conclusiva o al massimo anticipare qualche azione sulla precedente salita di Serrada.
In attesa delle difficoltà odierne nei primi 60 Km si pedalerà in pianura e, una volta lasciata la Val Sabbia, si percorrerà la strada che costeggia il Lago di Garda sul lato lombardo, incontrando a una dozzina di chilometri dal via la nota località di Gardone Riviera, visitata dai turisti diretti al Vittoriale degli Italiani, monumentale dimora di Gabriele d’Annunzio dal 1921 alla morte, che lo colse il primo marzo del 1938. Questo tratto iniziale privo di difficoltà altimetriche non sarà, però, privo d’insidie perché occorrerà attenzione nel percorrere le gallerie scavate nella roccia che caratterizzano la statale gardesana. Ne sono previste ben 25, alcune delle quali molto lunghe, come quella di quasi 3 Km nel mezzo della quale si trova lo svincolo per il borgo di Campione del Garda, interessante esempio di archeologica industriale per il suo villaggio operaio, sorto attorno ad una filanda impiantata nel XVIII secolo e che richiama quello più celebre di Crespi d’Adda. In uno dei tratti alla luce del sole si toccherà il centro di Limone del Garda, il cui nome deriva da quello celtico degli olmi (limo o lemos) e dunque non ha nulla a che vedere con gli agrumi che, per un curioso scherzo del destino, sono uno dei vanti di questa località, coltivati nelle numerose limonaie che la punteggiano, la più celebre dei quali è il “Tesöl”, in quanto vi si trova anche la casa natale di San Daniele Comboni, il missionario fondatore degli ordini dei Comboniani e delle Pie Madri della Nigrizia.
Entrati in Trentino lo scenario non cambierà e, sfiorato l’orrido del Ponale (percorso da uno spettacolare sentiero che un tempo era una strada carrozzabile, inserita in diverse occasioni nel tracciato del Giro), ci s’infilerà in un’ultima lunga galleria – 2 Km quasi perfettamente rettilinei – usciti dalla quale ci si dirigerà verso Riva del Garda, località di villeggiatura situata all’estremità settentrionale del lago e frequentata meta degli appassionati di vela e windsurf per la presenza della cosiddetta “Ora del Garda”, forte vento che rappresenta un irresistibile richiama per gli amanti di questi sport. Molte sono le gare, di caratura anche internazionale, che hanno colme palcoscenico il vicino centro di Torbole, nel quale i “girini” saluteranno la pianura per affrontare la prima delle sei ascese di giornata, l’unica a non presentare in vetta lo striscione del Gran Premio della Montagna. Percorsi i 1600 metri all’8.4% che terminano alle soglie del centro di Nago, presso il quale si possono ammirare le cavità d’origine glaciale note con il soprannome di “Marmitte dei Giganti, si affronterà la discesa che terminerà alle porte di Arco dove si andrà immediatamente all’attacco della salita successiva, quella che i cicloamatori conosco con il nome di Monte Velo e che sulle cartine del Giro è segnalata con il toponimo ufficiale di Passo di Santa Barbara. Tra quelle odierne è quella dotata della pendenza media più elevata, 12.3 Km all’8.4% che sono entrati nella storia del Giro per l’episodio che costò l’espulsione dalla corsa a Wladimir Belli nell’edizione 2001, quando lo scalatore bergamasco fu ripreso dall’elicottero mentre sferrava un punto a un tifoso di Gilberto Simoni (Belli stava tirando per il suo capitano Dario Frigo, diretto rivale in classifica del trentino) che lo aveva appena insultato. Della successiva discesa se ne percorrerà la prima parte, nel corso della quale si toccherà un tratto al 23% di pendenza, per poi svoltare in direzione del Passo Bordala, 3700 metri al 7.1%. Nel corso della discesa si abbandonerà la strada diretta al Lago di Cei, alimentato da sorgenti sotterranee, per planare su Villa Lagarina e da lì varcare l’Adige alle porte di Rovereto, centro che dal 2002 ospita la principale tra le due sedi del Mart, il Museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, progettato dall’architetto ticinese Mario Botta. Risalendo inizialmente le pendici del colle di Miravalle, sul quale si trova la celebre Campana dei Caduti che ha fatto meritare a Rovereto il soprannome di “Città della Pace”, si andrà a intraprendere la quarta salita di giornata, diretta alla località Matassone. Sono 11.4 Km al 5.6% solo all’apparenza facili (la pendenza media nei primi 6 Km è dell’8.4%) che costituiscono una variante inedita al tratto iniziale del Pian delle Fugazze, altra salita rimasta nella storia del Giro per un episodio non certo di “fair play” accaduta ben 101 anni fa. Si correva la prima tappa dell’edizione 1922, 326 Km per andare da Milano a Padova passando per l’appunto dalle Fugazze, nella cui discesa Giovanni Brunero – vincitore uscente della Corsa Rosa essendo imposto in classifica l’anno precedente – cade e rompe la ruota. Il regolamento dell’epoca prevede che i componenti della bici dovessero essere riparati ma non sostituiti ed è proprio quello che non fa il corridore piemontese, che ne chiede una in prestito a un compagno di squadra per poi involarsi verso il traguardo, dove s’impone con più di un quarto d’ora sul cremonese Gaetano Belloni. Qualcuno ha, però, notato il fattaccio e lo segnala alla giuria, che toglie la vittoria a Brunero, squalificandolo ma consentendogli “sub iudice” di continuare la corsa, pur se con una penalizzazione di ben 25 minuti. Le proteste montano, le formazioni dello stesso Belloni e di Girardengo si ritirarano, ma giuria e UCI decidono di non tornare sui loro passi confermando la decisione di far proseguire il Giro a Brunero, che l’11 giugno successivo s’imporrà nel suo secondo Giro d’Italia con più di dodici minuti di vantaggio su Bartolomeo Aymo e oltre un’ora e mezza su Giuseppe Enrici.
Tornando al Giro del 2023, dopo lo scollinamento di Matassone si percorrerà in discesa il tratto iniziale del versante classico del Pian delle Fugazze nuovamente in direzione di Rovereto, abbandonandolo all’altezza dell’impressionante gola alle cui pareti è letteralmente aggrappato da più di mille anni l’Eremo di San Colombano, costruito presso la grotta dove, secondo la tradizione, abitò il monaco irlandese. Non ci sarà il tempo per una riflessione perché subito si riprenderà a salire per affrontare i 17 Km al 5.5% (ultimi 10 Km al 6.6%) che conducono a Serrada, località di villeggiatura che rappresenta una delle porte d’accesso all’altopiano di Folgaria, scenario di una delle più celebri gran fondo di mountain-bike, la “100 Km dei Forti”, il cui nome fa riferimento alle fortificazioni che furono costruite in epoca austro-ungarica sulle montagne circostanti. Si farà quindi velocemente ritorno nella valle dell’Adige, superandone il corso dopo aver toccato il centro di Calliano e sfiorato nel tratto conclusivo della discesa la mole di Castel Beseno, il più grande del Trentino, costruito a partire dal XII secolo e oggi sede di parte delle collezioni del museo del Castello del Buonconsiglio di Trento. Sarà concessa a questo punto una decina scarsa di chilometri di pianura per tirare il fiato prima che le ostilità riprendano con l’ascesa finale al Bondone che, come anticipato in apertura, sarà affrontato da un versante poco battuto dalle corse ciclistiche. Dieci volte (con un doppio passaggio nel 1992) si è saliti dal versante storico di Trento, che è anche il più difficile, due da quello opposto di Lasino, mentre quest’anno si salirà, come nel 1973 e nel 2020, da quello più defilato di Aldeno, che ricalca una vecchia rotabile di guerra che era ancora sterrata quando Torriani la propose per la prima volta nel percorso del Giro e nell’occasione fu necessario spargere del sale sulla carreggiata per impedire che si alzasse un bianco polverone che avrebbe potuto creare non pochi problemi ai corridori e, soprattutto, ai loro occhi. Da questo lato la salita è lunga poco più di 21 Km ed ha un andamento discontinuo, alternandosi tratti impegnativi ad altri più pedalabili. Così i primi 3 Km, tra i più difficili, salgono al 10.7% medio poi la strada spiana per quasi 1000 metri per riprendere a “mordere” nei successivi 1.2 Km al 9.7%. La salita si ammoscia di botto e per un paio di chilometri si pedala con un’inclinazione media del 6% prima di un tratto intermedio di quasi 3 Km, in corrispondenza della località di Garniga Terme, nel quale la salita diventa un ricordo. Poi le pendenze di risvegliano e si attestano all’8,8% medio nei successivi 7 Km che, toccato un picco massimo del 15%, si concludono alle soglie dell’altopiano delle Viote, meta prediletta dagli amanti della natura per la presenza di un giardino botanico aperto nel 1938 su iniziativa del biologo Vittorio Marchesoni. In questo contesto naturale si percorreranno gli ultimi chilometri, nei quali non s’incontreranno più pendenze particolarmente difficili, anche se pure in quest’ultima fase le inclinazioni continueranno a cambiare pedalata dopo pedalata, variazioni di ritmo che potrebbero anche causare la dilatazione dei distacchi accusati nei più ripidi tratti precedenti.
E così il Bondone potrebbe tornare a far parlare di sé, come in quella drammatica tappa di quasi 70 anni fa.

Mauro Facoltosi

I VALICHI DELLA TAPPA

Passo di Santa Barbara (1169 metri). Sella costituita dai monti Creino e Stivo, è noto anche come “Passo di Creino” e “Monte Velo”. È valicato dalla Strada Provinciale 48 “Monte Velo” tra Bolognano (Arco) e Ronzo-Chienis. Due volte è stato inserito nel percorso del Giro, sempre dal versante di Bolognano, la prima nel corso della Cavalese – Arco del Giro del 2001, la tappa citata nell’articolo a proposito dell’episodio che costò l’espulsione a Wladimir Belli e che vide lo spagnolo Unai Osa (terzo in classifica al termine di quel Giro) conquistare la cima del Santa Barbara e il colombiano Carlos Alberto Contreras imporsi sul traguardo di Arco. Ci si tornerà l’anno successivo in occasione del tappone Corvara in Badia – Folgaria, vinto dal russo Pavel Tonkov dopo che al GPM del Santa Barbara era transitato per primo il messicano Julio Alberto Pérez Cuapio.

Passo Bordala (1253 metri). Valicato dalla Strada Provinciale 88 “della Val di Gresta”, mette in comunicazione Ronzo-Chienis con Aldeno e Villa Lagarina. L’unico precedente passaggio della Corsa Rosa risale alla pocanzi citata tappa di Folgaria del Giro del 2002, quando Julio Alberto Pérez Cuapio conquistò anche il GPM collocato in cima al Bordala dopo aver fatto suo pochi chilometri prima quello del Santa Barbara. Lo scorso anno la salita al Bordala è stata inserita nel percorso del Giro d’Italia femminile: la tappa era quella di Aldeno, vinta dalla maglia rosa Annemiek van Vleuten mentre era stata la statunitense Kristen Faulkner a transitare per prima sotto lo striscione del GPM.

Sella Serrada (1250 metri). Vi sorge l’omonima frazione di Folgaria, attraversata dalla Strada Provinciale 2 “Rovereto – Folgaria” tra Rovereto e Folgaria. Il Giro d’Italia non è mai transitato da questa località, che nel 1987 fu sede di partenza del prologo del Giro del Trentino, una cronometro di quasi 6 Km che si concluse nella vicina Folgaria, dove s’impose l’idolo di casa (e non solo) Francesco Moser: fu l’ultimo successo in carriera del campione trentino, che si ritirerà l’anno successivo.

Sella del Bondone (1560 metri). Si trova in corrispondenza del trivio nel quale confluiscono i tre versanti del Bondone, alla congiunzione tra la Strada Provinciale 85 “del Monte Bondone” e la Strada Provinciale 25 “Garniga”.

Valico di Monte Bondone (1654 metri). È il punto più elevato della Strada Provinciale 85 “del Monte Bondone”, che mette in comunicazione Trento con Lasino. Coincide con la località Vason e non sarà toccato dai corridori perché la tappa si concluderà in località Rocce Rosse, circa un chilometro e mezzo prima di giungere a Vason dal trivio fra i tre versanti del Bondone. Dopo la tremenda tappa del Giro del 1956, Torriani riproporrà il Monte Bondone l’anno successivo, quando questo traguardo finirà a sorpresa nel carniere di un velocista, lo spagnolo Miguel Poblet, al termine di una tappa pure rimasta nella storia, stavolta per la crisi che colse proprio Gaul, attaccato dai diretti rivali di classifica dopo che si era fermato a bordo strada per un’esigenza fisiologica. Dovranno trascorrere 11 anni prima di rivedere i corridori affrontare la “Montagna di Trento”, inserita nel 1968 nel percorso della Brescia – Lago di Caldonazzo, vinta dallo stesso corridore che diversi chilometri prima aveva conquistato la cima del Bondone, lo spagnolo José Maria Jiménez. Nel 1972 ci fu una scalata parziale, interrompendo l’ascesa all’altezza di Candriai, durante la semitappa Asiago – Arco, vinta dal belga Roger De Vlaeminck dopo che il Bondone era finito nel palmares del varesino Wladimiro Panizza. Il 1973 fu l’anno della prima scalata dal versante di Aldeno, affrontata durante la tappa Vicenza – Andalo, vinta dal cannibale Eddy Merckx dopo che il Bondone se l’era “pappato” un altro corridore iberico, José Manuel Fuente. Nel 1975 ci fu nuovamente il binomio Bondone – De Vlaeminck quando il belga s’impose nella Brescia – Baselga di Pinè, con la cima del monte stavolta conquistata dal brianzolo Giacinto Santambrogio. L’anno successivo la tappa del Bondone fu la Vigo di Fassa – Terme di Comano, vinta dal veronese Luciano Conati dopo lo scollinamento in testa del cremonese Enrico Guadrini. Dopo i precedenti del 1956 e del 1957, il Bondone tornerà a essere sede d’arrivo nel 1978, al termine di una frazione scattata da Cavalese che terminerà con il successo di un corridore che già aveva messo la sua firma lassù, l’indimenticato Panizza. Dovrà poi trascorrere quasi un decennio – periodo nel quale i percorsi del Giro saranno disegnati con mano leggera per invogliare la presenza di Moser e Saronni e aumentare la tiratura della Gazzetta – prima che il Bondone torni a svettare sull’altimetria di una tappa della Corsa Rosa, inserito nel 1987 nel finale della Canazei – Riva del Garda, con il bergamasco Alessandro Paganessi primo in vetta e il marchigiano Marco Vitali vincitore in riva al lago. Nel 1992 ci furono addirittura ben due scalate, inserite nel finale di una frazione che scattò da Corvara per concludersi in vetta al monte, dove grande protagonista fu il trevigiano Giorgio Furlan, autore di una lunga fuga da lontano che lo porterà a “intascarsi” entrambi i GPM posti al termine dell’ascesa. Nel 2001 la salita inserita nel tracciato della già citata tappa Cavalese – Arco, con il GPM vinto dall’umbro Fortunato Baliani, mentre nel 2006 – partendo da Rovato – si disputerà quello che al momento è l’ultimo arrivo sulla “Montagna di Trento”, al cui traguardo s’imporrà a maglia rosa Ivan Basso. L’ultima scalata porta la data del 21 ottobre del 2020, quando la Corsa Rosa fu costretta dalla pandemia a traslocare in autunno e fu il portoghese Ruben Guerreiro a far sua la cima della grande montagna durante la Marostica – Madonna di Campiglio, vinta dall’australiano Ben O’Connor. In realtà anche nel 1999 era previsto il Bondone (fino a Candriai) durante la tappa Predazzo – Madonna di Campiglio, ma dopo la presentazione della corsa fu fatto notare al direttore del Giro Carmine Castellano di aver esagerato quell’anno con le difficoltà e qualche mese più tardi si optò per togliere la salita dal tracciato della tappa.

Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).

Charly Gaul affronta il Bondone durante la drammatica tappa del Giro del 1956 e l’altimetria della sedicesima tappa del Giro 2023

Charly Gaul affronta il Bondone durante la drammatica tappa del Giro del 1956 e l’altimetria della sedicesima tappa del Giro 2023

CIAK SI GIRO

280mila visitatori. È la cifra record che nel 2019 è stata registrata dalle casse del Vittoriale degli Italiani, l’ultima residenza di Gabriele d’Annunzio. Tra questi turisti ce n’è uno che la casa del “Vate” non la visitò per piacere ma per dovere, fermandosi per ben due settimane a gennaio di 4 anni fa, periodo nel quale il Vittoriale fu totalmente chiuso al pubblico. Quel visitatore d’eccezione risponde al nome dell’attore romano Sergio Castellitto, venuto sullo sponde del lago di Garda per interpretare il poeta abruzzese nel film “Il cattivo poeta”, pellicola che parla degli due anni di vita del “Vate”, quando il regime fascista gli invierà una spia per sorvegliarlo e cercare d’impedire che si esprimesse pubblicamente contro l’alleanza tra Mussolini e Hitler. L’arrivo di Giovanni Comini (la spia, interpretata da Francesco Patanè), avviene in una data che nel film non viene precisata ma che è facilmente intuibile perché nel momento nel quale il Comini entra nel cortile del Vittoriale è in corso una conferenza stampa “condotta” dal direttore della Gazzetta dello Sport Emilio Colombo (Stefano Abbati): è il 5 giugno del 1936, data nella quale si svolse – ma questo nel film non si vede – una tappa del Giro con arrivo a Gardone, vinta da Gino Bartali che ricevette oltre al tradizionale mazzo di fiori anche due premi donati dallo stesso D’Annunzio, una placca d’ottone e una custodia con sopra raffigurato il labirinto simbolo del suo romanzo “Forse che sì forse che no»” Quel che si vede nel film è proprio il Vittoriale, ne viene mostrato il vialetto d’accesso, la cosiddetta “Prioria” (cuore del complesso, nei cui appartamenti abitava il poeta), la limonaia con vista sul lago e la Nave Puglia, torpediniere che fu dopo il disarmo fu smantellato, donato a D’Annunzio e in ricostruito in gran parte nel vasto parco della dimora.

In collaborazione con www.davinotti.com

Scena de “Il cattivo poeta” girata nel cortile della Prioria, la residenza di D’Annunzio al Vittoriale degli Italiani (www.davinotti.com)

Scena de “Il cattivo poeta” girata nel cortile della Prioria, la residenza di D’Annunzio al Vittoriale degli Italiani (www.davinotti.com)

Le altre location del film

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/il-cattivo-poeta/50054416

FOTOGALLERY

Sabbio Chiese, santuario della Madonna della Rocca

Gardone Riviera, Vittoriale degli Italiani

Uno scorcio del villaggio operaio di Campione del Garda

Limone sul Garda, casa natale di San Daniele Comboni


Ledro, la vecchia strada del Ponale

Torbole

Nago, Marmitte dei Giganti

Lago di Cei

Rovereto, MART*

Trambileno, eremo di San Colombano

Serrada, Forte Dosso delle Somme

Castel Beseno visto dalla discesa da Serrada

Monte Bondone, Altopiano delle Viote

CORRIDORI FATE CASINO, IN MEMORIA FELIX

febbraio 21, 2023 by Redazione  
Filed under 21 MAGGIO 2023: SEREGNO - BERGAMO, News

Sulle strade care all’indimenticato Felice Gimondi si corre una tappa apparentemente mal disegnata, con salite che sembrano gettate alla rinfusa nel tracciato. La più dura si affronterà per prima, un altro paio d’ascese s’incontreranno a metà tappa mentre l’ultima, piazzata a poco meno di 30 Km dall’arrivo, proporrà all’inizio un muro niente male che potrà far scricchiolare qualche big della classifica. Per far sì che lasci il segno, però, bisogna darci dentro e rendere la tappa molto più dura di quello che le cartine lasciano suggerire. E lo spazio per far casino, oggi, c’è…

Da quando, il caldo pomeriggio del 16 agosto del 2019, chiudeva per sempre gli occhi Felice Gimondi il Giro d’Italia non aveva ancora avuto occasione per rendere un vero e proprio omaggio al campione lombardo, anche perché nelle ultime tre edizioni la Corsa Rosa si era sempre tenuta alla larga dalla provincia di Bergamo. Ma nel 2023 questa piccola lacuna sarà colmata con una tappa di quasi 200 Km il cui disegno sarebbe piaciuta parecchio a “Nuvola Rossa”, come ebbe a ribattezzarlo l’altrettanto indimenticato Gianni Brera. Tra Seregno e Bergamo non si dovrà soltanto pedalare sulle strade della sua Sedrina, il paesello della Val Brembana dove il tre volte vincitore della Corsa Rosa era nato il 29 settembre del 1942, ma si andranno ad affrontare una serie di salite che sono nella storia del ciclismo e poco importa il fatto che il disegno della frazione le colloca in una maniera apparentemente un po’ scriteriata, con la più difficile piazzata lontano dal traguardo e parecchi intervalli tra un colle e l’altro. Gimondi si sarebbe divertito tantissimo su questo percorso che, se ben sfruttato, può fare più “casino” del previsto, per utilizzare la stessa parolaccia che tanti anni fa fruttò a Felice una vera e propria cacciata dal palco del “Processo alla tappa”, allontanato e qualche giorno più tardi riabilitato dallo storico conduttore della rubrica, il giornalista romagnolo Sergio Zavoli. Si comincerà a circa 35 Km dalla partenza con il Valico di Valcava, impegnativa ascesa che negli anni ‘80 fu sedotta e abbandonata dal Giro di Lombardia, per poi essere riscoperta dalla medesima corsa in tempi più recenti, non più considerata troppo dura per una gara come la “classica delle foglie morte”. 41 Km più avanti sarà la volta di una delle ascese più iconiche delle valli bergamasche, anche se quella che conduce a Selvino è più conosciuta per la spettacolarità dei suoi tornati che per le inclinazioni. Immediatamente dopo si andrà sul Miragolo, salita che – a differenze della altre che si affronteranno oggi – è una scoperta recente, inserita per la prima volta in una competizione professionistica nel 2016. Isolato rispetto a tutti gli altri l’ultimo dei grandi colli di giornata sarà il Valpiana, pure preso a piene mani dal percorso del “Lombardia”, scavalcato il quale si dovranno percorrere 28 Km per andare al traguardo, prima del quale bisognerà fare i conti con la Boccola, l’acciottolata salitella verso Bergamo Alta che i corridori avranno affrontato anche 54 Km prima: sarà l’ultima tessera di un puzzle di 4000 pezzi, il numero di metri di dislivello complessivo che si dovranno superare, un vero e proprio “incastro” nel quale qualche nome grosso della classifica potrebbe rimanerci stritolato.
Prima che entrino in scena le montagne saranno le colline protagoniste del percorso perché il tratto iniziale si svolgerà attraverso la Brianza, affrontando subito dopo il via la dolce salita – poco meno di 3 Km al 3.7% – che conduce a Monticello Brianza, dosso molto conosciuto in gruppo perché è stato inserito in parecchie edizioni della Coppa Agostoni, subito dopo esser usciti dal tradizionale circuito del Lissolo. Il tratto successivo vedrà attraversare le aree pianeggianti del Parco regionale di Montevecchia e della Valle del Curone, nel quale sono possibile ammirare curiose piramidi che ricordano quelle egiziane. Raggiunta Merate, presso la quale si trova dal 1923 l’osservatorio astronomico della milanese Accademia di Brera, si cambierà direzione per fare ingresso in provincia di Bergamo attraverso il ponte sul fiume Adda di Brivio, centro il cui nome deriva dal termine celtico Briva (che significa per l’appunto ponte) e sul quale dominano i resti del locale castello. Attraversato Cisano Bergamasco si dovrà, però, uscire dai confini della provincia per tornare nel Lecchese e affrontare la Valcava dal lato più duro, anticipata dall’ascesa di San Gregorio (3.1 Km al 6.3%). È da Torre de’ Busi che ha inizio la prima delle quattro grandi salite di giornata, 10 Km all’8,7% e un tratto di quasi 4 Km al 10.2% che terminerà a mezzo chilometro dallo scollinamento, dopo aver toccato un picco massimo del 17%. Giunti in cima a questa salita, che al Lombardia del 1986 riuscì a mettere in croce uno scalatore del calibro del francese Laurent Fignon, si svalicherà accanto ai tralicci di una delle più importanti postazioni radio-tv dell’Italia settentrionale, operativa dal 1975 e realizzata non molto distante dal luogo dove si trovata la stazione d’arrivo della più antica funivia d’Italia, inaugurata nel 1928 e smantellata alla fine degli anni ’70. La successiva discesa verso la Valle Imagna sarà un “mix” tra due differenti versanti, con il primo che verrà abbandonato all’altezza di Costa Valle Imagna per intraprendere un tratto in quota di circa 3 Km che terminerà in corrispondenza del futuro scollinamento del GPM di Valpiana, dove si riprenderà a scendere in direzione di Capizzone. Raggiunta Almenno San Salvatore, presso la quale si può ammirare la romanica chiesa di San Giorgio in Lemine, si andrà a superare il corso del Brembo alle porte di Villa d’Almè, dalla quale si punterà verso Bergamo. Il primo dei tre passaggi dalla “Città dei Mille”, così chiamata per i quasi 200 volontari bergamaschi che presero parte alla storica spedizione, si svolgerà sulle pianeggianti strade della periferia nordorientale, seguendo le quali il gruppo s’infilerà successivamente nel tratto iniziale della Val Seriana. Si pedalerà in uno degli angoli della nostra nazione che maggiormente fu colpito, nella primavera del 2020, dalla prima ondata della pandemia di Covid, andando a sfiorarne uno degli “epicentri”, l’ospedale di Alzano Lombardo. È dalla vicina Nembro che si tornerà, per la terza volta in questa giornata, a parlare il linguaggio della salita, stavolta per affrontare i 12 Km al 5.3% che con 19 tornanti condurranno fino ai 946 metri di Selvino, la stazione di sport invernali più vicina alla Pianura Padana, della quale sono originarie le ex sciatrici Paoletta e Lara Magoni e dove è in progetto la realizzazione dello Skidome, innovativo impianto sciistico sotterraneo. Stavolta la discesa sarà affrontata in maniera parziale perché, percorsone il tratto iniziale si svolterà a sinistra per intraprendere la più difficile salita – 5 Km al 7.2% – che condurrà al borgo di Miragolo San Salvatore, da non confondere con il quasi omonimo e vicino paesello di Miragolo San Marco, che ebbe fama nel Seicento grazie alle pendole “opus Miragoli” che vi venivano prodotte dalla famiglia Gritti. Testimonianza di questo artigianato è visibile nel Museo della Valle che si trova in fondo alla successiva discesa, nel centro di Zogno, il paese natale di Antonio Pesenti, il primo corridore bergamasco a vincere il Giro d’Italia (1932). Siamo tornati in Val Brembana e da lì a pochi chilometri ci sarà il passaggio da Sedrina, il paesello di Gimondi, conosciuto anche per i suoi ponti sul Brembo, il più antico dei quali secondo la tradizione risale all’anno 110. Pochi chilometri più avanti si ritroveranno strade già percorse in precedenza, riattraversando Villa d’Almè e facendo quindi ritorno a Bergamo, dove si andrà per la prima volta ad affrontare la Boccola, la lastricata stradina che sale verso la città alta, 1200 metri nei quali la pendenza media passa da “quota zero” al 7,9%, con un picco del 12% e un brevissimo tratto in acciottolato che inizia in corrispondenza del passaggio da Porta San Lorenzo, il più piccolo tra i quattro varchi che bucano la cortina delle mura veneziane, innalzata nel XIV secolo quando la città era una delle principali della Serenissima. Seguendo in discesa il panoramico viale che costeggia i baluardi fortificati, si andrà per la prima volta a tagliare la linea d’arrivo, nella parte bassa della cittadina orobica, per poi tornare a pedalare in direzione delle Prealpi Orobie, alle cui pendici si tornerà – dopo una quindicina scarsa di chilometri privi di difficoltà altimetriche – all’altezza di Almenno San Bartolomeo, centro dove gli appassionati d’arte romanica potranno deliziarsi con la visita alla Rotonda di San Tomè, chiesa circolare costruita nella prima metà del XII secolo. Qui si tornerà a prendere l’ascensore, stavolta per affrontare la salita di Valpiana, più famosa tra gli appassionati come “Roncola” dal nome del centro che si attraversa 5 Km prima dello scollinamento. Sono 10 Km al 6.1%, molto più impegnativi di quel che dicono i suoi numeri sia perché gli ultimi 2 Km sono praticamente pianeggianti, sia perché non si percorrerà la strada classica nel tratto iniziale, avendo scelto l’organizzazione d’inserire il cosiddetto “Muro di Barlino”, 1300 metri al 10.3% con i primi 500 metri al 12% che prevedono un picco massimo del 14%. Raggiunto lo scollinamento di Valpiana si dovrà affrontare la discesa già percorsa in precedenza scendendo dalla Valcava, puntando quindi per la terza e ultima volta su Bergamo, dove gli acuminati “dentini” della Boccola nuovamente torneranno ad azzannare i polpacci dei corridori, oggi messi a prova da una frazione che potrebbe far più male del previsto. Basta far casino, in memoria di Gimondi.

Mauro Facoltosi

I VALICHI DELLA TAPPA

Sella di Monte Marenzo (436 metri). Concide con l’omonimo abitato, toccato lungo la salita di San Gottardo, l’ascesa che anticipa quella della Valcava.

Sella di San Gottardo (403 metri). Si trova alle porte dell’omonima località, all’altezza del bivio dove inizia il versante lecchese del Valico di Valcava.

Forcella di Valcava (1336m). Raggiunta dalla Strada Provinciale 179 “della Valcava” sul versante lecchese e dalla SP 22 “Valsecca-Costa Valle Imagna” sul versante bergamasco, mette in comunicazione Torre de’ Busi con Costa Valle Imagna. È nota anche come “Valico di Ca’ Perucchini” e “Valico di Valcava”, toponimo con il quale è segnalato sulle cartine del Giro 2023. Scoperta dal grande ciclismo in occasione del Giro di Lombardia del 1986, è rimasta nel tracciato della classica di fine stagione fino al 1990 per poi essere riscoperta dalla stessa corsa nel 2011, venendo proposta anche nel 2012, nel 2013 e nel 2016. Per il Giro d’Italia si tratta della seconda volta sulla Valcava, già affrontata nel 2012 durante la tappa Busto Arsizio – Pian dei Resinelli (Lecco), vinta dall’abruzzese Matteo Rabottini, primo anche in vetta alla difficile ascesa lombarda.

Sella di Selvino (941 metri). Vi sorge l’omonima località di sport invernali e mette in comunicazione la Val Seriana con la Val Brembana e la Val Serina. Quotata 946 sulle cartine del Giro 2023, è stata affrontata 5 volte alla corsa rosa, tre come GPM di passaggio e due come arrivo di tappa. La prima volta fu scalata nel 1969 nel finale della semitappa Zingonia – San Pellegrino Terme, vinta dal vicentino Marino Basso dopo che al GPM era transitato in testa il bresciano Michele Dancelli. Ci si tornerà nel 1976 nei chilometri conclusivi della Terme di Comano – Bergamo, vinta in casa da Gimondi con il varesino Wladimiro Panizza primo a Selvino. L’ultimo GPM “di passaggio” è stato proposto nel 2017 durante la Valdengo – Bergamo ed è stato conquistato dal francese Pierre Rolland, mentre al traguardo si era imposto il lussemburghese Bob Jungels. I due arrivi di tappa sono stati conquistati dall’americano Andrew Hampsten nel 1988 (Novara – Selvino) e dall’elvetico Tony Rominger nel 1995 (cronoscalata da Cenate): in entrambi i casi i vincitori di tappa qualche giorno più tardi si imporranno nella classifica finale della corsa rosa.

Passo di San Bernardo (858 metri). Concide con l’omonima frazione del comune di Roncola, attraversata dalla Strada Provinciale 172 “della Roncola” lungo la salita a Valpiana. Il Giro l’ha inserita due volte nel tracciato, la prima durante la Milano – Bergamo del 1983, vinta dal lombardo-piemontese Giuseppe Saronni dopo che al GPM, fissato in località Roncola e non al punto di scollinamento, era transitato primo Lucien Van Impe, lo scalatore belga che nel 1976 si era imposto al Tour de France. Durante la pocanzi citata tappa Novara – Selvino del Giro del 1988 a conquistare il GPM, stavolta correttamente collocato al termine dell’ascesa, passò per primo Renato Piccolo, il corridore veneto che quell’anno conquisterà la classifica riservata agli scalatori.

Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).

Felice Gimondi e l’altimetria della quindicesima tappa del Giro 2023 (strada.bicilive.it)

Felice Gimondi e l’altimetria della quindicesima tappa del Giro 2023 (strada.bicilive.it)

CIAK SI GIRO

Se vi piacciono i film comici surreali allora conoscerete – e se non li conoscete dovreste colmare questa lacuna – le strampalate commedie firmate dal regista milanese Maurizio Nichetti, la cui figura è stata accostata da diversi critici a quella di Woody Allen. È autore di film come “Volere volare”, che ricorda molto “Chi ha incastrato Roger Rabbit” per la commistione tra realtà e fantasia cartoonistica, “Ratataplan” (il film che l’ha fatto conoscere) e “Ladri di saponette”, ispirato al celebre “Ladri di biciclette”, il capolavoro del neorealismo firmato nel 1948 dal grande Vittorio De Sica. In “Ladri di saponette”. In questo film Nichetti è due volte regista, perché interpreta sia sé stesso, sia Antonio, il protagonista di un film neorealista da lui diretto e che viene invitato a presentare a un talk show televisivo, condotto quest’ultimo non da un attore ma da uno dei più noti critici cinematografici italiani, Claudio G. Fava. Un imprevisto tecnico provoca, però, un black out dalle conseguenze inattese, con i protagonisti del film in bianco e nero che vengono catapultati nella vita reale a colori e lo stesso regista che, viceversa, si vede costretto a varcare il confine con la finzione per cercare di riportare sui binari originari la trama originaria, riuscendo nell’intento ma poi rimanendo intrappolato nel film. Se la pellicola è surreale, reali – ovviamente – sono i luoghi delle riprese, svoltesi nel breve volgere di 38 giorni a Milano e in alcune dei luoghi che saranno oggi sfiorati dal percorso di gara. Il ponte di Brivio sull’Adda fa così da sfondo alla scena nella quale Antonio si allontana in bici dall’azienda dove lavorava (in realtà un’ex cristalleria situata nel quartiere Bovisasca a Milano) e dalla quale aveva appena rubato un lampadario. Bergamo Alta, invece, è stato il set del famoso spot televisivo del detersivo per pavimenti Ajax, che in quegli anni fu mandato in onda di frequente durante i famosi “consigli per gli acquisti”. Molti ancora ricordano la scena delle massaie che, cantando “igiene sì, fatica no” lanciano per aria i secchi e che si vede anche in questo film, anche se in realtà solo in parte si tratta d’immagini del vero spot, che era stato girato in una suggestiva piazzetta del centro storico di Viterbo. Quando, nell’opera di Nichetti, Maria (la moglie di Antonio, interpretata dall’attrice materana Caterina Sylos Labini) viene catapultata dal film neorealista allo spot trasmesso in quel momento alla tv e può finalmente coronare il suo sogno di divenire attrice, l’azione si svolge in un set diverso, non più a Viterbo ma nella centralissima Piazza Vecchia di Bergamo.

In collaborazione con www.davinotti.com

La scena del spot del detersivo Ajax rigirata da Maurizio Nichetti in Piazza Vecchia a Bergamo per il film “Ladri di saponette” (www.davinotti.com)

La scena del spot del detersivo Ajax rigirata da Maurizio Nichetti in Piazza Vecchia a Bergamo per il film “Ladri di saponette” (www.davinotti.com)

Le altre location del film

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/ladri-di-saponette/50002812

FOTOGALLERY

Una delle Piramidi di Montevecchia (villago.it)

Merate, Osservatorio Astronomico di Brera (www.brera.mi.astro.it)

Brivio vista dal ponte sul fiume Adda

Il centro trasmittente di Valcava, al culmine dell’omonima salita

Almenno San Salvatore, chiesa di di San Giorgio in Lemine

L’ospedale di Alzano Lombardo

Uno dei tornanti della salita di Selvino

Ponti di Sedrina

Almenno San Bartolomeo, Rotonda di San Tomè

Bergamo, Ponte San Lorenzo

DALL’ALTO IN BASSO

Il Giro fa rientro in Italia scavalcando nuovamente la catena alpina. Stavolta, però, dopo aver raggiunto i 2004 metri del Passo del Sempione non s’incontreranno più difficoltà da lì al traguardo e i velocisti già pregustano la possibilità di giocarsi la vittoria a casa di Ivan Basso. Il finale non sarà comunque alla portata di tutti gli sprinter perché una serie di modeste collinette scremerà il gruppo e per primi a saltare saranno quei velocisti che non avranno ancora smaltito il Sempione.

Dalle alte quote si fa velocemente ritorno in pianura con una tappa per davvero guarderà i “girini” dall’alto in basso. Si dovrà, infatti, salire in partenza ai 2004 metri sul livello del mare del Passo del Sempione per poi pedalare verso il basso, sia quello della pianura, sia quello con la B maiuscola perché la località d’arrivo, Cassano Magnago, è la città natale del due volte vincitore del Giro Ivan Basso. Non aspettiamoci, però, una tappa nella quale il campione varesino avrebbe potuto dare sfoggio delle sue doti perché la conclusione più probabile per questa frazione sarà l’arrivo allo sprint, con grande rammarico per tutti quegli appassionati che di sabato avrebbero preferito una tappa infarcita di salite. Impegnativa, comunque, lo sarà per molti dei corridori che oggi potrebbero ben figurare in volata e non soltanto per la presenza del Sempione, che a qualche sprinter potrebbe rimanere nelle gambe nonostante i quasi 140 Km che si dovranno successivamente percorrere per andare al traguardo. Negli ultimi 20 Km sono state, infatti, inserite alcune modeste collinette che in condizioni normali sfoltirebbero di poco il gruppo, mentre stavolta contribuiranno a sfalciare dal plotone quei velocisti che si trovano nel gruppo di testa ma anche ancora le gambe intossicate dal Sempione. E se qualcuno di loro riuscisse a tenere le ruote del gruppo anche dopo questi saliscendi, potrebbe poi finire per essere respinto dalla lieve pendenza che caratterizzerà il chilometro conclusivo.
Dopo il primo tappone alpino si ripartirà ancora dalla Svizzera, avendo come filo conduttore dei primi 35 Km il corso del Rodano, che ha le sue origini sull’omonimo ghiacciaio del Canton Vallese e la foce nel Mediterraneo. In questo tratto iniziale si pedalerà quasi costantemente in pianura, salvo la breve deviazione inserita per raggiungere il piccolo centro di Baltschieder, che comporterà una salita di circa un chilometro e mezzo al 7.6% di pendenza media. Costituirà il biglietto da visita dell’imminente ascesa al Sempione, che inizierà all’uscita da Briga, cittadina di origine celtica nel cui centro svetta l’imponente castello fatto erigere in epoca barocca dal barone Kaspar Jodok von Stockalper, all’epoca noto con il soprannome di “re del Sempione” per le miniere d’oro che possedeva oltre il valico. Per raggiungerle era stata tracciata un’impervia mulattiera, oggi sentiero escursionistico, caduta in disuso in epoca napoleonica quando il celebre imperatore incaricherà l’ingegnere francese Nicolas Céard di realizzare una strada sufficientemente larga per permettere il passaggio dei cannoni. Nonostante fosse l’emblema scelto dal Bonaparte, non è un simbolo napoleonico l’enorme aquila di roccia, alta più di nove metri, che svetta in cima al passo e che fu innalzata durante la seconda guerra mondiale, quando lassù l’esercito elvetico realizzò alcune delle fortificazioni inserite nel complesso del Ridotto Nazionale Svizzero, dismesso nel 2011. Per arrivarci i “girini” percorreranno fedelmente il tracciato della strada napoleonica, che oggi nella prima parte è sostituta da una più moderna superstrada, affrontando così quella che assieme al Monte Bondone (che, però, lo batte per quasi mezzo chilometro) è la seconda salita più lunga del Giro 2023 dopo il Gran San Bernardo, 20 Km al 6.6% con i tratti più impegnativi all’inizio poiché uscendo da Briga per poco più di 6 Km la pendenza media si attesterà all’8.61%, per poi proporre successivamente un altro tratto quasi simile, circa 4 Km all’8.8%. La discesa che riporterà il Giro in patria si snoderà prevalentemente in territorio elvetico e subito prima di superare la frontiera si attraverseranno le suggestiva gola di Gondo, frequentata d’inverno dai “cascatisti” (gli arrampicatori delle cascate di ghiaccio) e che un tempo costituiva un vero e proprio Eldorado perché è proprio qui che si trovano le miniere del barone Stockalper, che le gestiva dagli uffici ospitati all’interno dell’omonima torre, oggi riconvertita in albergo.
A dare il bentornato al gruppo sulle strade italiane sarà la stazione ferroviaria di Iselle, situata presso il portale sud del traforo del Sempione, inaugurato il 24 febbraio del 1905 in un’epoca nella quale costituiva la più lunga galleria ferroviaria del mondo (19 Km e 800 metri), primato che nel corso del XX secolo è stato scalzato da successivi 7 trafori.
L’interminabile planata dal Sempione avrà termine poco prima del passaggio dal centro di Domodossola, il principale della valle del Toce, presso il quale è possibile ammirare il Sacro Monte Calvario, uno dei meno noti tra i nove “Sacri Monti” del Nord Italia iscritti nella lista dei Patrimoni dell’Umanità dell’UNESCO, realizzato a partire dal 1656 su iniziativa di due frati cappuccini che sul Colle Mattarella ebbero l’idea di costruire quindici cappelle che illustrassero la Via Crucis.
Lasciatisi alle spalle la parte più difficile della tappa, nei successivi 70 Km si pedalerà sulla perfezione della pianura, solcando la Val d’Ossola in direzione del Lago Maggiore, sulle cui sponde si giungerà dopo aver lambito un altro piccolo bacino, quello di Mergozzo, non distante dal quale si trovano le famose Cave di Candoglia, dalla quale viene ancora oggi scavato il marmo utilizzato per l’abbellimento del Duomo di Milano. Sulle sponde del Verbano si rimarrà per quasi 30 Km, toccando all’inizio di questo tratto il centro di Baveno, terzo della zona per presenze turistiche, qui attratte dalla romanica chiesa dei Santi Gervaso e Protaso e dall’ancora più antico battistero adiacente. Mentre si pedalerà in direzione di Stresa cattureranno l’attenzione le isole del Golfo Borromeo, ancor oggi proprietà della nobile famiglia che in tempi recenti ha rilevato a Stresa Villa Pallavicino, nel cui parco è possibile visitare un piccolo giardino zoologico nel quale vivono daini, lama, alpaca, pecore “saltasasso” e capre tibetane. Prima di lasciare le rive del Verbano si toccherà un’altra delle “celebrità” del lago, la cittadina di Arona sulla quale dominano il “Sancarlone” e i resti della Rocca Borromeo, distrutta dall’esercito napoleonico nel 1800 e nella quale 260 anni prima era nato San Carlo Borromeo, l’arcivescovo di Milano al quale era sarà dedicata la colossale statua, realizzata in bronzo dall’architetto Giovan Battista Crespi (detto “Il Cerano” dal nome del comune piemontese nel quale la sua famiglia si era trasferita negli anni della giovinezza). Lasciato il Piemonte il Giro sbarcherà in Lombardia superando il corso del Ticino alle porte di Sesto Calende, dove il locale museo archeologico espone interessanti reperti rinvenuti nella vicina necropoli di Monsorino, i cui cromlech costituiscono l’unica testimonianza monumentale della “cultura di Golasecca”, risalente alla prima età del ferro.
Giunti nella vicina Vergiate ci sarà un cambio di fronte perché, per evitare il passaggio attraverso i trafficati centri di Gallarate e Busto Arsizio, s’è deciso di far deviare la corsa verso le prime propaggini collinari del basso varesotto. È, infatti, arrivato il momento di affrontare le brevi salitelle che punteggeranno i chilometri conclusivi e per primo si dovrà superare l’ostacolo più difficile, lo strappo di 1 Km al 6% che conduce a Quinzano San Pietro, una delle frazioni del comune sparso di Sumirago, nel quale ha sede il quartier generale di Missoni, la celebre casa di moda fondata nel 1953 dall’ex ostacolista Ottavio Missoni, che prima di diventare affermato stilista era stato sette volte campione nazionale di atletica leggera. Uno zampellotto di 600 metri al 3.7% precede la discesa verso Albizzate, dove l’antico Oratorio Visconteo dal XIV secolo rappresenta un’interessante testimonianza artistica del celebre casato milanese. Scesi nella valle dell’Arno, torrente omonimo del celebre fiume toscano, un altro tratto in dolce salita condurrà verso Carnago, centro conosciuto soprattutto agli appassionati di calcio perché nel 1963 vi fu inaugurato il centro sportivo di Milanello, voluto dall’allora presidente del Milan, il produttore cinematografico Andrea Rizzoli che soli sette anni prima aveva fondato la “Cineriz”, la casa di produzione che porterà sul grande schermo film di successo come quelli delle saghe di “Don Camillo”, “Fantozzi” e “Amici miei”. A questo punto il gruppo s’innesterà sul tracciato del “circuito del Seprio” – l’anello che, ripetuto più volte, rappresenta il “cuore” del percorso della Coppa Bernocchi – imboccandolo in direzione di Castelseprio, centro il cui nome campeggia nell’elenco dei siti italiani protetti dall’UNESCO per i suoi monumenti d’origine longobarda, tra i quali si segnala l’antico monastero di Torba. I “girini” rimarranno per meno di un chilometro sulle strade della Bernocchi, poi lasceranno le rotte della corsa legnanese per dirigersi su Cassano Magnago, dove l’ultima rampetta di giornata rimescolerà ancora le carte al gruppo lanciato verso una delle ultime volate del Giro 2023.

Mauro Facoltosi

I VALICHI DELLA TAPPA

Passo del Sempione (2005 metri). Quotato 2004 metri sulle cartine del Giro 2023, vi transita convenzionalmente il confine geografico tra le Alpi Pennine e le Lepontine. Mette in comunicazione il centro elvetico di Briga con il comune italiano di Varzo e su entrambi i versanti è percorso dalla “strada nazionale 9”. Noto tra le genti locali con il toponimo tedesco di Simplonpass, è stato inserito 6 volte nel percorso del Giro d’Italia, la prima durante la tappa Saint Vincent – Verbania del 1952, vinta dall’elvetico Friedrich “Fritz” Schär dopo che l’inedito Sempione era stato conquistato dal corridore francese d’origine romagnole Raphaël Géminiani. Cinque anni più tardi vi transiterà la Sion – Campo dei Fiori, terminata sulla montagna varesina con il successo del veneto Alfredo Sabbadin e la conquista della maglia rosa da parte dell’atteso Charly Gaul, dopo che a scollinare in testa sul Sempione era stato Emilio Bottecchia, figlio di un cugino di quell’Ottavio Bottecchia che nel 1924 era stato il primo italiano a vincere il Tour de France. Il 1963 fu il grande anno di Vito Taccone che non vinse il Giro – alla fine fu soltanto sesto a quasi 12 minuti da Franco Balmanion – ma fece sue ben 5 tappe, 4 delle quali consecutive: una di queste fu la Biella – Leukerbad, che vide il “Camoscio d’Abruzzo” fare suo anche il traguardo GPM posto in vetta al Sempione. Due anni più tardi gli succederà nell’albo d’oro Italo Zilioli e anche in questo caso ci sarà l’en plein, con il successo dell’eterno secondo piemontese sul traguardo della Biandronno – Saas Fee. La scalata proposta nel 1985 passò invece alla storia come “la Cima Coppi più bassa di sempre” (primato che nel 1988 gli sarà scippato dai 1600 metri del Passo Duran), conquistata dal colombiano Reynel Montoya subito dopo la partenza della Domodossola – Saint-Vincent, terminata con il successo di Francesco Moser. In ordine di tempo risale alla Aosta – Domodossola del 2006 l’ultimo passaggio dal Sempione, che porta la firma del corridore umbro Fortunato Baliani, mentre a imporsi in quella frazione sarà il colombiano Luis Felipe Laverde.

Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).

Panoramica aerea di Cassano Magnago e l’altimetria della quattordicesima tappa del Giro 2023 (wikipedia)

Panoramica aerea di Cassano Magnago e l’altimetria della quattordicesima tappa del Giro 2023 (wikipedia)

CIAK SI GIRO

Tra i luoghi più spettacolari della nostra nazione c’è sicuramente l’Isola Bella, una delle tre “perle” del piccolo arcipelago Borromeo, un’isola che un tempo era tutt’altro che bella perché fino al 1632 era semplicemente uno scoglio roccioso sul quale era letteralmente aggrappato un piccolo borgo abitato da pescatori. Tutto cambiò con il conte Vitaliano I Borromeo che ebbe l’idea di costruirvi una lussuosa residenza, progetto che poi sarà portato a compimento dal suo successore Carlo III, il quale farà chiamare l’isola Isabella in omaggio alla moglie, nome che poi per comodità sarà accorciato nell’odierno Isola Bella. I suoi saloni e i suoi spettacolari giardini terrazzati, tra i quali si aggirano candidi pavoni, sono stati visitati nel corso dei secoli da numerosi visitatori, illustri e meno illustri, e in particolare qui vennero Napoleone e lo scrittore francese Stendhal, che alloggiò in quello che – recentemente riaperto dopo un lungo restauro – è l’albergo più antico della zona del Verbano. Il cinema, forse a causa dei limitati spazi sull’isola, si è limitato a inquadrarla da lontano in comunque sempre affascinanti riprese di film girati nell’antistante Stresa. Solo in un paio di occasioni s’è scelto di portare sull’isola macchine da presa e tutto il necessario per girare un film e in una di queste sbarcò uno dei “campionissimi” del cinema italiano, nientemeno che il “mattatore” per eccellenza Vittorio Gassman. L’attore romano d’adozione (era nato a Genova da padre tedesco e madre pisana) qui venne per le scene finali di “Toglio il disturbo”, pellicola che racconta delle vicende di un anziano direttore di banca che torna ad abitare in famiglia dopo aver trascorso in manicomio gli ultimi 18 anni della sua vita. Qui stringe un legame particolare con la nipote Rosa, con la quale andrà a rifugiarsi in un casale abbandonato dopo che la nuora aveva minacciato di rimandarlo nuovamente in clinica. Dopo questo episodio la figlia sarà inviata in un collegio a Stresa, dove diversi mesi dopo la raggiungerà il nonno per un ultimo struggente incontro sulla darsena dell’Isola Bella.

In collaborazione con www.davinotti.com

Vittorio Gassman si allontana dopo l’ultimo incontro con la nipote nella scena finale di “Tolgo il disturbo”, girata sull’Isola Bella (www.davinotti.com)

Vittorio Gassman si allontana dopo l’ultimo incontro con la nipote nella scena finale di “Tolgo il disturbo”, girata sull’Isola Bella (www.davinotti.com)

Le altre location del film

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/tolgo-il-disturbo/50012253

FOTOGALLERY

Briga, Castello Stockalper

Passo del Sempione

L’aquila di rocca eretta presso il Passo del Sempione

Gondo, torre Stockalper

Iselle, portale italiano del traforo del Sempione

Domodossola, Sacro Monte Calvario

Cave di Candoglia

Baveno, rampa d’accesso alla chiesa dei Santi Gervaso e Protaso

Stresa, il piccolo giardino zoologico di Villa Pallavicino

Arona, Rocca Borromea

Golasecca, necropoli di Monsorino (www.varesenews.it)

Golasecca, necropoli di Monsorino (www.varesenews.it)

Albizzate, Oratorio Visconteo

Carnago, il centro sportivo di Milanello

Castelseprio, monastero di Torba

IL TAPPONE DEI MISTERI

Presenta salite poco tradizionali il primo tappone del Giro 2023: in cima al Gran San Bernardo la Corsa Rosa non transita dal 1963, la Croix-de-Coeur è una novità assoluta e la salita finale verso Crans la conoscono solo gli habitué dei giri di Romandia e Svizzera. Affrontate una dietro l’anno andranno a comporre un colosso forte di quasi 5270 metri di dislivello, distribuiti su poco meno di 70 Km di salita.

Debuttano le Alpi e lo faranno con il più misterioso tra i tre tapponi – gli altri due saranno quelli del Bondone e delle Tre Cime di Lavaredo – inseriti nel percorso del Giro 2023. Misterioso perché le tre salite che si dovranno affrontare sono poco conosciute tra i professionisti e anche lo stesso Gran San Bernardo non sfugge a questo giudizio. Sarà anche uno dei passi più celebri della catena alpina ma le grandi corse ciclistiche lo hanno quasi sempre snobbato, se si pensa che la Corsa Rosa fino in vetta ci è salita solo quattro volte (una di meno rispetto al Tour de France) e l’ultima porta la data del 31 maggio 1963, mentre in occasione dei successivi passaggi si è scelto d’infilarsi nel sottostante traforo. Il successo colle della Croix-de-Coeur – la più difficile tra la ascese di giornata – costituisce, invece, una novità assoluta perché la strada che vi conduce è asfaltata da non molti anni e i professionisti ne conoscono bene solo la prima metà, che conduce alla stazione di sport invernali di Verbier, spesso sede di tappa ai giri di Svizzera e Romandia, corse che spesso hanno inserito nel tracciato anche la conclusiva salita diretta a Crans-Montana, totalmente sconosciuta a quei corridori che mai hanno affrontato queste due gare. Queste salite “misteriose”, affrontate consecutivamente, andranno a comporre un mosaico di quasi 5270 metri di dislivello, distribuiti su 67.7 Km da percorrere in ascesa, numeri che coniugati si traducono in una pendenza media globale del 7.8%. E pensare che questa sarà il meno difficile tra i tre tapponi inseriti nel percorso del Giro 2023, che oggi si radunerà per la partenza presso il ricetto medioevale di Borgofranco d’Ivrea, centro situato lungo la direttrice che dal Piemonte conduce verso la Valle d’Aosta. Nella più piccola tra le venti regioni italiane si entrerà poco meno di 10 Km dopo il “via”, all’altezza di Pont-Saint-Martin, centro situata nel luogo dove, secondo la leggenda, il ponte che assegna il nome al primo comune valdostano fu costruito in una notte dal diavolo dopo un patto con San Martino, che gli concedette la prima anima che l’avrebbe attraversato (con uno stratagemma il santo vi farà transitare un cane). Dopo il centro di Donnas, presso il quale è ancora oggi possibile percorrere un tratto dell’antichissima strada consolare romana delle Gallie, il gruppo giungerà ai piedi di uno dei più celebri castelli della valle, autentico biglietto da visita della più piccola regione italiana: è il forte fatto innalzare nel XIX secolo dalla famiglia Savoia sopra la cittadina di Bard, nel 2006 aperto al pubblico dopo un lungo periodo d’abbandono e oggi sede di un museo dedicato alle Alpi. Un altro celebre maniero della valle è quello cubico di Verrès, innalzato nel XIV secolo a dominio dell’imbocco della Val d’Ayas e che oggi “sorveglierà” l’inizio della prima delle quattro salite che caratterizzato il tracciato, l’unica a non essere coronata in vetta dallo striscione del Gran Premio della Montagna. Nota come “salita di Montjovet”, i suoi 5 Km al 3.9% si concludono alle porte di Saint-Vincent, una delle più rinomate località turistiche della Valle d’Aosta, oggi celebre prevalentemente per il Casino de la Vallée che dal 1921 costituisce la principale attrattiva di un centro ì fino a quel momento frequentato soprattutto per le sue terme, scoperte il 20 luglio 1770 dal parroco Jean-Baptiste Perret e le cui acque furono inizialmente utilizzate anche per azionare la funicolare che portava i pazienti allo stabilimento termale, mediante due cassoni che venivano alternativamente riempiti e svuotati d’acqua per permettere la salita e la discesa delle vetture sfruttando la forza di gravità. Ritrovata la pianura, il gruppo pedalerà alla volta di Nus, centro dominato da un castello costruito nel XIII secolo a guardia dell’imbocco del vallone di Saint-Barthélemy, per giungere quindi ad Aosta, dove i “girini” transiteranno a due passi di una delle vestigia più celebri dell’antica città fortificata romana di Augusta Prætoria Salassorum, l’arco intitolato all’imperatore Augusto che fu eretto nel 25 a.C. per celebrare la vittoria dei romani sui Salassi. Per rimanere in tema è arrivato il momento del primo salasso quotidiano perché è da Aosta he ha inizio l’interminabile salita che porterà il gruppo fino ai quasi 2500 metri del Passo del Gran San Bernardo, uno dei valichi più elevati della catena alpina, che si raggiungerà toccando i centri di Gignod ed Étroubles (vi si trovano rispettivamente le antiche torri di “Calvino” e di Vachéry) e il borgo di Saint-Rhémy-en-Bosses, noto tra gli appassionati di gastronomia per il suo prosciutto DOP mentre chi ama il folclore lo conosce per il carnevale della Combe Froide, in occasione del quale sfilano per le vie del borgo cortei vestiti con maschere ispirate alle divise delle truppe napoleoniche che attraversano questa valle nel maggio del 1800 seminando terrore nella popolazione. Saint-Rhémy sarà anche l’ultimo centro abitato che il gruppo incontrerà prima di giungere alla “Cima Coppi” del Giro 2023 (2469 metri di quota), percorsa una salita lunga poco più di 34 Km e caratterizzata da una pendenza media del 5.5%. Superate le inclinazioni più impegnative – comunque non insormontabili – negli ultimi 18.3 Km media del 6.3% – si scollinerà quello che al tempo degli antichi romani era già un frequentato punto di transito (il Mons Iovis, sul quale fu eretto un tempio dedicato a Giove Pennino) al cospetto dell’ospizio aperto nel 1035 da San Bernardo di Mentone, luogo dove ancora oggi i monaci allevano gli omonimi cani, razza che fu creata proprio lassù incrociando quelli che furono donati all’epoca ai religiosi e che inizialmente furono utilizzati come “guardie” del monastero. Entrati in Svizzera, nel corso della successiva discesa (quasi 27 Km al 6.1%) si percorrerà la Val d’Entremont sfiorando il lago artificiale di Toules, sulle cui acque nel 2019 è stato installato un impianto solare galleggiante che fornisce fino a 800 milliwatt ora l’anno e che è stato trasportato fin qui con un elicottero. Terminata la discesa si abbandonerà la Val d’Entremont per risalire la Valle di Bagnes, interamente “occupata” dall’omonimo comune, un tempo il più esteso della Svizzera, primato “crollato” nel 2015 quando il centro grigionese di Scuol si è ampliato inglobando cinque municipi soppressi. La risalita della valle sarà limitata al tratto iniziale perché dopo pochi chilometri si svolterà in direzione della nota stazione di sport invernali di Verbier, dal 1994 frequentata anche dagli amanti della musica classica grazie ad un festival che ha richiamato lassù musicisti di fama mondiale. Per arrivarvi bisognerà percorrere 8.5 Km al 7.9%, affrontati in corsa anche al Tour de France del 2009, quando sul quel traguardo Alberto Contador s’impose togliendo la maglia gialla dalle spalle dell’italiano Rinaldo Nocentini. Come anticipato più sopra, l’ascesa verso Verbier stavolta costituirà solo la prima parte, la meno difficile, della salita diretta alla “Croce del Cuore”, che presenterà le sue pendenze più ostiche nei rimanenti 6.9 Km, che riporteranno i “girini” oltre quota 2000 affrontando una pendenza media del 9.8%. Scollinati a 2147 metri sul livello del mare, si tornerà velocemente a quote sensibilmente più basse percorrendo una discesa non meno pendente della salita che l’ha preceduta, 21.5 Km al 7.8% che si concluderanno a Riddes, località alle cui porte si trova il Seminario Internazionale Pio X, fondato nel 1971 da Marcel Lefebvre, il famoso arcivescovo scismatico che sarà successivamente scomunicato dal Vaticano per non aver accettato i dettami del concilio e aver ordinato sacerdoti senza il benestare della Santa Sede. Qui inizierà una fase di “transito” di 25 Km esatti che si snoderà in perfetta pianura sul fondovalle della valle del Rodano, pedalando in direzione di Sion, il capoluogo del Canton Vallese dominato dall’altura sulla quale si trova la romanica basilica di Valère, nella quale è possibile ascoltare la musica suonata dal più antico organo a canne in attività, realizzato nel 1435 da un artigiano rimasto ignoto.
Un perfetto rettilineo pianeggiante costituirà l’ultimo tratto tranquillo della tappa prima che si torni a prendere l’ascensore per raggiungere i 1456 metri di Crans-Montana, nota non soltanto come rinomata stazione sciistica ma anche come località curativa per vie dei numerosi sanatori che vi furono realizzati a partire dal XIX secolo e che ebbero tra i pazienti la celeberrima poetessa statunitense Emily Dickinson. Ci sarà ben poco da “curare” stavolta, perché la salita finale di questa non è meno difficile delle precedenti, 13 Km al 7.2% privi di particolari picchi ma costanti nelle pendenze, lungo i quali potrebbero dilatarsi i danni causati dalle salite precedenti. E che questa sia una signora salita ce lo ricorda – tra i tanti che si sono imposti lassù – Vittorio Adorni, che a Crans-Montana vinse una tappa del Giro di Romandia nel 1965 e un’altra al Giro di Svizzera nel 1969, terminata la quale fu costretto a sostituire la maglia iridata conquistata l’anno primo a Imola con quella di leader della classifica generale. Quest’anno il Giro non toccherà la sua Parma, ma qui la Corsa Rosa avrà la possibilità di rendere omaggio postumo all’indimenticato campione emiliano, scomparso alla vigilia di Natale.

Mauro Facoltosi

I VALICHI DELLA TAPPA

Colle del Gran San Bernardo (2473 metri). Quotato 2469 metri sulle cartine del Giro 2023, separa il gruppo del Grand Combin dal massiccio del Monte Bianco ed è raggiunto sul versante italiano dalla Strada Statale 27 “del Gran San Bernardo” mentre su quello elvetico dalla “Route Principale 21”, mettendo in comunicazione Aosta con Martigny. In realtà il valico geografico non si trova sul confine di stato, che viene attraversato circa mezzo chilometro prima di raggiungerne lo scollinamento, sul versante di Aosta. Le volte nelle quali il Giro è salito lassù si possono per davvero contare sulle dita di una mano perché i passaggi dal Gran San Bernardo finora sono stati appena quattro, il primo dei quali vide conquistare questa cima l’intramontabile Gino Bartali durante la Saint Vincent – Verbania del 1952, vinta dall’elvetico Friedrich “Fritz” Schär. A rischio sino all’ultimo – il tunnel all’epoca non esisteva ancora – fu il transito previsto nell’edizione del 1957 e solo poche ore prima della corsa l’ANAS diede il benestare al passaggio della carovana durante la Saint Vincent – Sion, che si concluse con la vittoria del francese Luison Bobet nella cittadina elvetica, mentre stavolta sarà lo scalatore lussemburghese Charly Gaul a conquistare la cima della grande salita. Il 1959 fu l’anno del duro tappone Aosta – Courmayeur, che si snodava in prevalenza fuori dai confini nazionali e prevedeva entrambi i “San Bernardi”, tutti e due andati a “ingrassare” il palmares di Gaul, che in quell’occasione si portò a casa anche la vittoria di tappa ai piedi del Bianco. Come ricordato nell’articolo non si sale più al celebre ospizio dal 31 maggio 1963, giorno nel quale Vito Taccone ottenne l’ultima di quattro vittorie di tappa consecutive imponendosi nella Leukerbad – Saint Vincent, che vide l’abruzzese intascarsi anche i punti riservati al primo corridore a transitare in vetta al Gran San Bernardo. In realtà altre quattro volte il nome di questo valico è campeggiato sull’altimetria di una tappa del Giro, ma si è trattato di ascese parziali terminate all’imbocco del sottostante traforo, inaugurato nel 1964 e percorso per la prima volta dai “girini” durante la Domodossola – Saint Vincent del 1985, vinta da Francesco Moser dopo che il GPM posto al portale elvetico del tunnel era stato conquistato dal portoghese Rafael Acevedo. Nel 1996 ci fu addirittura un bis nel corso della medesima edizione perché l’ascesa al traforo fu proposta in due giornate consecutive, la prima durante la tappa Aosta – Losanna (vinta dall’ucraino Alexander Gontchenkov) e la seconda durante la successiva Losanna – Biella (vinta dal danese Nicolaj Bo Larsen): a conquistare i due GPM furono rispettivamente il trentino Mariano Piccoli e il francese Laurent Roux. L’ultimo passaggio dal traforo risale al 2006, quando il colombiano Luis Felipe Laverde s’impose nella Aosta – Domodossola e il francese Sandy Casar vinse il GPM alle porte del tunnel.

Croix-de-Coeur (2174 metri). È valicato da una strada, realizzata nel 1936 ma asfaltata solo in tempi recenti, che mette in comunicazione le stazioni di sport invernali di Verbier e La Tzoumaz (nota anche con il nome di Mayens de Riddes). La tappa del Giro sarà la prima corsa ciclistica a superarne la cima, anche se il tratto iniziale di entrambi i versanti, fino alle due località sciistiche citate, è stato spesso inserito nei percorsi dei giri di Svizzera e Romandia.

Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).

Il Lac de Grenon a Crans-Montana e l’altimetria della tredicesima tappa del Giro 2023 (www.latitudeslife.com)

Il Lac de Grenon a Crans-Montana e l’altimetria della tredicesima tappa del Giro 2023 (www.latitudeslife.com)

CIAK SI GIRO

Quando nel 1962 il regista Terence Young girò con l’indimenticato Sean Connery il primo dei 25 film (ma altri ne arriveranno di sicuro) ispirati alla figura di James Bond, non immaginava che nei decenni successivi sui grandi schermi dei cinema sarebbero sbarcate autentiche “valanghe” di spie ispirate all’agente segreto 007, il cui nome in codice cambiava a seconda delle fantasie degli sceneggiatori. E così nel 1965, tre anni dopo l’uscita dell’originale, il regista finto spagnolo Amerigo Anton (pseudonimo sotto il quale si nascondeva il lucano Tanio Boccia) chiederà all’attore canadese Lang Jeffries di interpretare un’agente segreto nella pellicola intitolata “Agente X 1-7 operazione Oceano”, nella quale la spia dovrà liberare il professor Calvert (impersonato dall’attore spagnolo Rafael Bardem), scienziato rapito da una banda di terroristi per impadronirsi della formula che avrebbe permesso di incrementare l’approvvigionamento alimentare mondiale. Per proporre una prigione che sembrasse impossibile da “violare” Boccia scelse una fortezza che in quasi 700 anni di storia non aveva mai subito nessun assalto, il cubico castello di Verrès, anche se poi le “maestranze” si limitarono a riprenderlo dal basso, con angolazioni che facessero risaltare ancora di più la sua imponenza. Per comodità e per non dover trasportare lassù tutto l’armamentario necessario, riflettori e pesanti macchine da presa, quando si dovettero realizzare i “ciac” all’interno della prigione si ripiegò, invece, su due castelli valdostani più facilmente raggiungibili e non meno celebri, quelli di Fénis e Issogne, dei quali vengono mostrati i saloni affrescati del primo e il cortile con la famosa “fontana del melograno” del secondo.

In collaborazione con www.davinotti.com

Il castello di Verrès inquadrato nel film “Agente X 1-7 operazione Oceano” (www.davinotti.com)

Il castello di Verrès inquadrato nel film “Agente X 1-7 operazione Oceano” (www.davinotti.com)

Le altre location del film

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/agente-x-1-7-operazione-oceano/50041244

FOTOGALLERY

Il ponte medioevale di Pont-Saint-Martin

Donnas, antica strada romana per le Gallie

Forte di Bard

Castello di Verrès

Aosta, arco d’Augusto

Gignod, torre di Calvino

Étroubles, Torre di Vachéry

L’ospizio del Colle del Gran San Bernardo

Lac des Toules (Tripadvisor)

Col de la Croix-de-Coeur

Ecône (Riddes), Seminario Internazionale San Pio X

Sion, basilica di Valère

LIBERA USCITA ALLA VIGILIA DELLE ALPI

gennaio 21, 2023 by Redazione  
Filed under 18 MAGGIO 2023: BRA - RIVOLI, News

Tappa di trasferimento alla vigilia delle Alpi, la Bra – Rivoli costituirà un’occasione che non dovranno lasciarsi sfuggire i cacciatori di traguardi parziali. Con i velocisti messi fuori gioco dall’ascesa al Colle Braida e quest’ultima troppo distante dal traguardo per invogliare gli uomini di classifica, oggi ci saranno ottime possibilità perché la fuga riesca ad andare in porto. Le pendenze degli ultimi 5 Km del Braida potrebbero, però, costituire un’ottima palestra per qualche big per testare lo stato di forma degli avversari a poche ore dal tappone di Crans Montana.

È giorno di vigilia al Giro d’Italia. Domani si disputerà la prima frazione alpina, un duro tappone disegnato a cavallo del confine di stato in direzione della Svizzera, e oggi i big della classifica avranno tutta l’intenzione di correre senza sprecare inutilmente energie. Al massimo qualche corridore desideroso di testare il polso agli avversari potrebbe azzardare se non un vero e proprio attacco almeno un’accelerazione sul Colle Braida, la principale ascesa di giornata, che presenta pendenze interessanti negli ultimi 5 Km, anche se ha poi il “neo” di essere collocata a quasi 30 Km dal traguardo e, a parte un breve e facilissimo zampellotto, il percorso non ha in serbo difficoltà altimetriche nel tratto conclusivo. Quasi impossibile, dunque, che l’azione di un uomo di classifica lasci il segno anche se, come accennavamo, una “sgasata” sugli ultimi tratti della salita potrebbe essere utile per mettere a nudo lo stato di forma dei rivali. Tagliati fuori i velocisti, quella odierna sarà una classifica tappa interlocutoria nella quale il gruppo lascerà andare in libera uscita un manipolo di corridori che avrà tantissime chances di andare a giocarsi il successo di tappa. Trampolini di lancio per dare al via alla fuga di giornata se ne incontreranno parecchi nel tratto iniziale, a partire dallo strappo di 1 Km al 6.2% che si affronterà subito dopo la partenza da Bra e che condurrà a Cherasco, centro dalla pianta quadrilatera che racchiude, tra i tanti monumenti, la chiesa romanica di San Pietro. Immediatamente dopo un’altra salita – 6 Km al 5% – porterà i “girini” alla Morra, panoramico borgo che costituisce anche una delle porte d’accesso alle Langhe. Nei chilometri successivi saranno, infatti, i vigneti la scenografia del percorso di gara, con il gruppo che si dirigerà verso la celebre Barolo, dove è ancora fresco il ricordo della “wine stage” terminata nel 2014 all’ombra del castello che ospitò tra gli altri Silvio Pellico e che oggi accoglie nelle cantine l’Enoteca Regionale del Barolo. Il terzo trampolino per tentare di lanciarsi in avanscoperta sarà la successiva ascesa della Pedaggera, costituita da tre rampe intervallate da tratti in quota, la prima delle quali (2.1 Km al 4.8%) termina in corrispondenza di Monforte d’Alba, un altro comune consacrato all’enologia nel cui centro nel 1986 è stato realizzato un auditorium all’aperto sfruttando la pendenza del terreno, oggi intitolato al pianista polacco Mieczysław Horszowski, che vi suonò in occasione dell’inaugurazione. I successivi 3.5 Km al 3.% verso Roddino anticiperanno quindi la balza finale – 4.1 Km al 4.3% e un tratto intermedio di 1300 metri al 7% – che conducono a Pedaggera, frazione di Cerreto Langhe il cui nome ci ricorda che un tempo era necessario pagare una piccola tassa per transitare da questo luogo se si trasportavano delle merci. Spezzata dallo strappo di Diano d’Alba (1.2 Km al 4.4%), la lunga discesa dalla Pedaggera ha termine alle porte di Alba, città dai molteplici sapori, famosa non solo per il vino ma anche per i suoi tartufi e per le nocciole, ingrediente fondamentale per dolci che si possono assaporare tra una visita e l’altra ai principali monumenti cittadini, sui quali spicca il romano gotico duomo di San Lorenzo. Abbandonate le Langhe il gruppo s’inoltrerà nella piccola regione geografica del Roero, pure conosciuta per i suoi vini, dove si andrà a superare l’ultima salita inserita nei primi settanta di chilometri di gara, 1500 metri al 7.1% e un muro in pavé di 400 metri all’11% nel cuore di Baldissero d’Alba. A una prima fase collinare seguirà un settore centrale, lungo altrettanti chilometri, nel quale la salite diventeranno un ricordo e la pianura sarà compagna di viaggio del gruppo, che ora pedalerà alla volta di Carmagnola, centro nelle cui campagne si trova l’antica Abbazia di Santa Maria di Casanova, nel XVIII secolo sfruttata come residenza dai sovrani sabaudi. Superato il corso del Po e lambito il comune di Carignano, uno dei più ricchi di testimonianze storiche della regione (tra gli altri il duomo barocco dalla facciata convessa e il santuario del Vallinotto), si giungerà quindi sulle strade di Piobesi Torinese, non distante dal centro di Vinovo, che per gli appassionati di ciclismo è il paese natale del due volte vincitore del Giro d’Italia Giovanni Valetti (1938 – 1939), ma è più conosciuto dagli appassionati di calcio e dai tifosi della “Vecchia Signora” in particolare per la presenza dello Juventus Training Center, inaugurato nel 2006. Il tratto successivo vedrà il gruppo lambire i confini meridionali del Parco Naturale di Stupinigi, istituito nel 1992 per preservare quella che all’epoca del Regno d’Italia era una tenuta di caccia della famiglia Savoia, nella quale – oltre alla celebre palazzina progettata dall’architetto messinese Filippo Juvarra – si trova anche il medioevale Castello di Parpaglia, oggi in rovina. Aggirando a ovest la città di Torino si punterà su Orbassano e da lì su Rivoli, dove a 53 Km dalla conclusione ci sarà un primo passaggio sul rettilineo d’arrivo, uno dei più scenografici di questa edizione del Giro perché sullo sfondo troneggia, incorniciata dalla catena alpina nelle giornate più limpide, la mole del castello cittadino, altra dimora sabauda che dopo l’istituzione della repubblica ospitò per breve tempo un casinò che ebbe tra i suoi frequentatori più illustri l’attore romano Vittorio De Sica, vero e proprio “maniaco” del gioco d’azzardo, mentre oggi accoglie due musei, uno d’arte contemporanea e uno dedicato alla pubblicità. Non ci sarà il tempo per i “consigli per gli acquisti” perché la salita al Colle Braida si fa sempre più vicina, anche se prima di affrontarla bisognerà percorrere ancora una quindicina di chilometri pianeggianti, pedalando ai margini della collina morenica di Rivoli, venutasi a formare all’epoca delle glaciazioni e vasta ben 50 Km quadrati. Poco prima del termine di questo tratto si giungerà sulle strade di Avigliana, il cui borgo medioevale fu preso a modello per la realizzazione, tra il 1883 e il 1884, di quello fasullo realizzato presso il Parco del Valentino a Torino in occasione dell’Esposizione Generale Italiana.
Percorso lo stretto istmo che separa i due laghi di Avigliana, si svolterà a destra per intraprendere la scalata al Colle Braida, 10.8 Km al 5.8% dei quali gli ultimi cinque all’8.3%. Questo è indubbiamente il tratto più spettacolare della salita e non soltanto per le inclinazioni che saranno offerte dalla strada, poiché a circa 2 Km dallo scollinamento si andrà a sfiorare uno dei monumenti più celebri del Piemonte, la Sacra di San Michele, abbazia costruita a partire dal X secolo sulla cima del Monte Pirchiriano e un tempo fondamentale tappa della “Linea Sacra di San Michele”, via di pellegrinaggi che la leggenda vuole tracciata da un colpo di spada del celebre arcangelo e che collega sette santuari a lui dedicati, come quelli di Mont Saint-Michel in Francia e Monte Sant’Angelo in Puglia. Scollinati a poco più di mille metri di quota s’inizierà la discesa verso Giaveno, il centro principale della Val Sangone, nel cui territorio si trova il Santuario del Selvaggio, così chiamato dal nome della località nel quale fu innalzato in stile neoromanico nel 1926 sul luogo di una preesistente cappella oramai fatiscente. Raggiunta Trana – centro dominato dalla Torre degli Orsini, unico resto di uno scomparso castello – si attaccherà l’ultima ascesa di giornata risalendo le pendici del Moncuni, bassa elevazione frequentata dagli appassionati di arrampicata sportiva, diretti alle strapiombanti pareti della “Pietra di Salomone”, che la tradizione vuole abbandonata in questo luogo dai diavoli ai quali il biblico re aveva chiesto aiuto per trasportare fino a Gerusalemme le pietre destinate alla costruzione del tempio. Non saranno, invece, previsti “sesti gradi” per i corridori, essendo facilissimo il tratto di salita che dovranno percorrere, 600 metri al 5.7% per mettersi alle spalle il tratto più ostico e poi 800 metri sotto al 3% di pendenza media per raggiungere lo scollinamento alle porte del centro di Reano, dove si ritroverà la pianura, che tornerà a scorrere sotto le ruote dei corridori nei conclusivi negli ultimi 11 Km che riporteranno la corsa a Rivoli.
Poi tutti a nanna per prepararsi al duro tappone dell’indomani

Mauro Facoltosi

I VALICHI DELLA TAPPA

Colle della Croce Nera (872 metri). Valicato dalla Strada Provinciale 188 “del Colle Braida” lungo la salita al Colle Braida dai Laghi di Avigliana. Si trova in corrispondenza del bivio con la strada pedonale diretta alla Sacra di San Michele.

Colle Braida (1007 metri). Valicato dalla Strada Provinciale 188 “del Colle Braida” tra Giaveno e la Sacra di San Michele, viene affrontato per la seconda volta nella storia al Giro d’Italia. La precedente scalata avvenne nel 1991, dal versante che quest’anno si percorrerà in discesa, nel corso della tappa Savigliano – Sestriere, vinta dallo spagnolo Eduardo Chozas. Era stato il suo connazionale Iñaki Gastón a conquistare la cima del Colle Braida, che nel 1966 era stato inserita anche nel percorso del Tour de France: sempre salendo da Giaveno, in quell’occasione a scollinare in testa era stato il toscano Franco Bitossi, che 38 Km più avanti s’imporrà sul traguardo della Briançon – Torino regolando allo sprint lo spagnolo Antonio Gómez del Moral e il varesino Giuseppe Fezzardi.

Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).

Il rettilineo d’arrivo di Rivoli con il castello sullo sfondo e l’altimetria della dodicesima tappa del Giro 2023 (Google Street View)

Il rettilineo d’arrivo di Rivoli con il castello sullo sfondo e l’altimetria della dodicesima tappa del Giro 2023 (Google Street View)

CIAK SI GIRO

La Sacra di San Michele come nessuno l’hai mai ammirata, dalla stessa prospettiva di un uccello…. Se volete provare quest’ebbrezza dovete assolutamente vedere “The Broken Key”, film italiano del 2017 dal cast stellare, che vede nomi altisonanti alternarsi nelle varie scene, da Franco Nero a Kabir Bedi, da Christopher Lambert a William Baldwin (fratello del più celebre Alec ed ex cognato di Kim Basinger) per finire con Geraldine Chaplin, la figlia del grande “Charlot”. Non sono, però, loro i protagonisti principali (e faranno tutti una brutta fine, tra l’altro) di questa pellicola ambientata in futuro nel quale stampare libri è un reato a causa di rigide leggi sull’ecosostenibilità che hanno fatto diventare la carta un bene raro e costosissimo. Il protagonista è Arthur J. Adams, uno studioso che vive a York e che è interpretato da Andrea Cocco, più conosciuto come vincitore di un’edizione del Grande Fratello (2011) che come attore. Arthur è costretto a venire in Italia per recuperare il frammento perduto di un antico papiro egizio e per lui inizierà una vera e proprio caccia al tesoro sanguinosa, che si lascerà dietro parecchio morti e lo vedrà in azione in una Torino ripresa prevalentemente in notturna con parecchi “ritocchini” (come i due giganteschi obelischi che svettano accanto a Palazzo Reale), nelle spettacolari grotte di Bossea nel cuneese e nel misterioso borgo di Rosazza, in provincia di Biella. Ma a catturare l’attenzione saranno soprattutto le spettacolari immagini aeree della Sacra di San Michele, riprese grazie ad un drone che ha sorvolato il monumento: è proprio lassù che lo studioso riuscirà a ritrovare la chiave spezzata che dà il nome al film e che gli consentirà di risolvere il mistero e arrivare al frammento di papiro mancante.

In collaborazione con www.davinotti.com

La Sacra di San Michele ripresa da un drone nel film “The Broken Key” (www.davinotti.com)

La Sacra di San Michele ripresa da un drone nel film “The Broken Key” (www.davinotti.com)

La Sacra di San Michele ripresa da un drone nel film “The Broken Key” (www.davinotti.com)

Le altre location del film

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/the-broken-key/50043300

FOTOGALLERY

Bra, Santuario della Madonna dei Fiori

Cherasco, chiesa di San Pietro

Vista sulle Langhe dalla Morra

Castello di Barolo

Monforte d’Alba, Auditorium Horszowski

Alba, duomo di San Lorenzo

Carmagnola, Abbazia di Santa Maria di Casanova

Carignano, duomo dei Santi Battista e Remigio

Parco Naturale di Stupinigi

Uno scorcio del centro storico di Avigliana

Il più grande tra i due laghi di Avigliana

Sacra di San Michele

Giaveno, Santuario del Selvaggio

Trana, Torre degli Orsini

APPENNINI, ANCORA APPENNINI

Un’altra cavalcata appenninica attende i “girini”, i quali oggi si troveranno a pedalare su di un tracciato meno corposo rispetto a quello della tappa di Viareggio. Le salite in programma stavolta non dovrebbero spaventare più di tanto i velocisti, le cui squadre dopo l’ultimo colle avranno parecchia strada a disposizione per andare a riprendere i fuggitivi di giornata. Rimane comunque un traguardo che potrebbe non rivelarsi alla portata di tutti gli sprinter.

Un’altra corposa scorpacciata appenninica attende i “girini”, ma stavolta la portata si annuncia meno indigesta per i velocisti rispetto a quella servita ieri tra l’Emilia e la Toscana. Viaggiando da quest’ultima verso il Piemonte si dovrà inevitabilmente attraversare la Liguria, una delle regioni più complicate dal punto di vista geografico, ma oggi si supereranno quasi 500 metri di dislivello in meno e, soprattutto, molta pianura in più rispetto alla tappa del giorno prima. In particolare, usciti dalla fase centrale caratterizzata da tre salite non particolarmente difficili, gli ultimi 43 Km si snoderanno costantemente in lieve falsopiano discendente e un percorso del genere, tenuto anche conto della linearità quasi perfetta degli ultimi 15 Km, rappresenta un’ideale palcoscenico per la scena nella quale il plotone inseguitore come una balena si “pappa” in un solo boccone i pesciolini di giornata, in fuga da parecchi chilometri. Varrà comunque lo stesso discorso fatto per la frazione di Viareggio, perché su percorsi del genere comunque diversi velocisti potrebbero trovarsi penalizzati e non trovare le forze per competere ad armi pari con sprinter più dotati sui percorsi più “aggressivi”.
La pianura non caratterizzerà soltanto il finale, perché anche i primi 60 Km non presenteranno difficoltà altimetriche e particolarmente scorrevole sarà il tratto iniziale di 15 Km disegnato sul lungomare della Versilia. Lasciata Camaiore, nell’immediato entroterra, il gruppo incontrerà il “chilometro zero” presso il lido cittadino e da lì si punterà velocemente su Forte dei Marmi, la rinomata stazione balneare che deve il nome alla piccola fortezza realizzata in epoca settecentesca dal casato dei Lorena a breve distanza dalla spiaggia. Lasciata la Toscana, la Liguria accoglierà il Giro sulle strade della Lunigiana, la storica regione che gravita attorno all’antica città romana di Luni, la cui area archeologica si trova non distante da Marinella di Sarzana. All’altezza della foce del Magra il percorso abbandonerà le rive del Mar Ligure per costeggiare il corso del fiume fino alla confluenza con la Val di Vara, sfiorando in questo tratto la base del promontorio del Caprione (vi si trova la nota località turistica di Lerici) e il piede della collina sulla quale si trova il borgo di Arcola, il cui antico castello costruito nell’XI secolo dalla famiglia Obertenghi è divenuto, dopo la ristrutturazione ottocentesca, l’attuale sede del municipio del centro ligure. Cambiato ancora scenario, seguendo poi la valle del fiume Vara si giungerà a Borghetto di Vara, presso il quale si trova l’antica abbazia di Santa Maria Assunta dell’Accola, fondata in epoca longobarda da monaci benedettini provenienti dal monastero emiliano di Bobbio. Qui terminerà la lunga fase pianeggiante iniziale e comincerà il settore appenninico della tappa, introdotto dalla breve salita del Valico del Termine (3 Km al 4%), in cima a quale una piccola cappella costituisce il biglietto da visita del vicino Santuario di Nostra Signora di Roverano, innalzato sul luogo dove la Madonna sarebbe apparsa a due pastorelle, una delle quale era muta dalla nascita e cominciò a parlare proprio dal quel momento. Subito dopo inizierà la più impegnativa tra le ascese di giornata, che è anche la più celebre e non tanto per i suoi “numeri” (10 Km al 4.4%, dei quali i primi cinque al 6.3% medio). Grazie alla sua collocazione lungo il principale asse stradale della Liguria, la storica Via Aurelia, il Passo del Bracco è, infatti, una delle ascese appenniniche più frequentate dalla Corsa Rosa, che vi salì per la prima volta nel 1909, l’anno della prima edizione, durante la tappa che congiunse Firenze a Genova, vinta dal pavese Giovanni Rossignoli. Come in quella tappa, dopo lo scollinamento i “girini” affronteranno in discesa il versante più panoramico del Bracco, che offre stupende viste sul Golfo del Tigullio e sulla “Baia delle Favole”, il nome che il celebre scrittore danese Hans Christian Andersen attribuì alla più grande delle due insenature sulle quali si specchiano Sestri Levante e, tra gli altri edifici della nota località di villeggiatura, la Torre Marconi che il celebre l’inventore scelse per i suoi esperimenti, come quello che consentì per la prima volta nella storia a un’imbarcazione di effettuare la “navigazione cieca”, guidata via radio da terra da Santa Margherita Ligure a Sestri. Inizierà ora il secondo settore di pianura, circa 35 Km all’inizio dei quali si costeggerà nuovamente il Mar Ligure fino a Lavagna, centro il cui nome richiama alla memoria le cave dell’entroterra dalle quali si estrae l’ardesia, roccia utilizzata sia per scopi artistici, sia per altri meno “nobili” come la produzione di tegole e lavagne. Molte di queste cave si trovano nella vicina Val Fontanabuona, verso la quale vergerà il gruppo dopo aver lasciato nuovamente il mare, che si rivedrà solo tra una settimana, al termine della tappa di Caorle. Prendendo lentamente quota si toccherà Cicagna, il principale della valle, presso il quale si trova il Santuario di Nostra Signora dei Miracoli, imponente edificio inaugurato nel 1937 sul luogo di una precedente chiesa, teatro quattrocento anni prima di un prodigioso miracolo che ebbe per protagonista una scolorita statua della Madonna, improvvisamente trasfiguratasi e ravvivatasi nelle tinte. Poco più avanti si toccherà Moconesi, dove è possibile visitare due interessanti musei, uno dedicato ai giocattoli e l’altro alla famiglia paterna di Cristoforo Colombo, originaria di questo luogo. Non è stato soltanto il celebre navigatore ad avere radici ben piantate in Val Fontanabuona, perché da qui partì per emigrare in quella stessa America che Colombo aveva scoperto la mamma di Frank Sinatra, nativa di Lumarzo, il centro dove avrà inizio la seconda delle tre salite principali di giornata, la Colla di Boasi. I suoi 9 Km al 4,3% non costituiranno una sorpresa per parte dei partecipanti al Giro perché fu affrontata anche lo scorso anno, durante la tappa terminata a Genova con il successo del lombardo Stefano Oldani. Una volta arrivati in vetta non si svolterà verso sinistra, per iniziare come dodici mesi fa la discesa verso il capoluogo ligure, ma si prenderà a destra infilandosi nel pianeggiante traforo, lungo poco più di un chilometro e perfettamente rettilineo, che evita l’ascesa al soprastante Passo della Scoffera. Seguirà una soavissima discesa dalle pendenze impalpabili lungo la parte alta della valle dello Scrivia, fiume che ha la sua sorgente dalla confluenza dei torrenti Laccio e Pentemina. In questo assetto si giungerà a Casella, centro presso il quale ha il suo capolinea settentrionale il “Trenino di Casella”, linea ferroviaria che lo collega a Genova e che ricorda quella più celebre del Bernina per l’arditezza di alcuni suoi tratti, per lo scartamento ridotto e per le vetture di colore rosso-beige, trainate dalla più antica locomotiva d’Italia ancora in esercizio, in attività dal 1924. Poco più avanti il percorso della tappa si innesterà sul tracciato del Giro dell’Appennino all’altezza di Busalla, centro situato a piedi del Passo dei Giovi, una delle storiche ascese della classifica italiana (prima edizione nel 1934) assieme alla tremenda Bocchetta e alla più morbida Castagnola. È in direzione di quest’ultima che andranno i “girini”, affrontandola dal versante che all’Appennino si percorre in discesa (5 Km al 4.5%) per poi planare su Voltaggio, località di villeggiatura nella quale è possibile ammirare un’interessante e inattesa pinacoteca, inizialmente allestita a Genova e dal 1901 ospitata nel locale convento cappuccino. Entrato in Piemonte, per il gruppo inizierà ora l’ultimo tratto di questa frazione, privo di difficoltà altimetriche se si esclude il leggero zampellotto che s’incontrerà a poco meno di 30 Km dall’arrivo, subito dopo il passaggio da Gavi, centro meritevole d’una sosta per ammirarvi il forte che sovrasta la cittadina e degustare il suo prelibato e omonimo vino DOGC, citato anche da Umberto Eco in “Baudolino”, il suo quarto romanzo storico. Queste sono zone dove la storia scorre a fiumi, come ci rammenta anche la vicina area archeologica di Libarna, casualmente riporta alla luce nel 1820 durante i lavori di realizzazione della “strada regia”, l’odierna Statale dei Giovi sulla quale il gruppo tornerà a pedalare al momento del ritorno sulla pianura, alle porte delle terre dei “Campionissimi”. Stavolta non ci si ricorderà soltanto di Fausto Coppi perché l’imminente passaggio da Cassano Spinola riporterà alla memoria il suo “predecessore al titolo” Costante Girardengo, che visse in questo borgo sulle cui strade una serie di piccoli murales ritrae il sei volte vincitore della Milano-Sanremo ma anche un’altra gloria locale, “Sandrino” Carrea, che di Coppi fu gregario.
Nel frattempo Tortona si fa sempre più vicina, annunciata all’apparire all’orizzonte della guglia del santuario di Nostra Signora della Guardia, dalla cui cima la dorata statua della Madonna veglierà silenziosa gli ultimi, frenetici colpi di pedale dell’undicesima frazione della corsa rosa.

Mauro Facoltosi

I VALICHI DELLA TAPPA

Valico del Termine (264 metri). Valicato dalla Strada Statale 1 ‘’Via Aurelia’’ tra Borghetto di Vara e Carrodano Inferiore. Trovandosi sulla strada per il Passo del Bracco inevitabilmente il Giro d’Italia vi è transitato spesso, ma questa salita non è stata mai considerata come GPM. L’ultimo passaggio risale al 2015, durante la tappa Chiavari – La Spezia vinta da Davide Formolo.

Valico del Bivio della Baracca (589 metri). Valicato dalla Strada Statale 1 “Via Aurelia” lungo la salita al Passo del Bracco dal versante di Carrodano. Coincide con il bivio, in località “La Baracca”, dove si stacca la strada che scende verso Levanto.

Passo del Bracco (610 metri). Valicato dalla Strada Statale 1 “Via Aurelia” tra Carrodano e Sestri Levante, secondo i geologi non è un vero e proprio valico geografico, ma semplicemente il punto più alto toccato dall’Aurelia. Dal 1933, anno dell’istituzione della classifica dei Gran Premi della Montagna, il Giro vi è transitato venti volte e in questo numero non sono ovviamente compresi i frequenti passaggi avvenuti nelle edizioni precedenti. Tra i corridori che hanno conquistato questa salita ricordiamo il due volte vincitore del Giro Giovanni Valetti nel 1938 (l’anno del primo GPM sul Bracco), il fratello del “Campionissimo” Serse Coppi (1946 e 1950), il celebre scalatore spagnolo Federico Bahamontes (1958) e l’eterno secondo Italo Zilioli (1976), mentre l’ultimo in ordine di tempo è stato il russo Denis Menchov durante l’impegnativa cronometro individuale delle Cinque Terre nel 2009. Nel 2011 il GPM del Bracco, inserito nelle fasi iniziali della tappa Quarto dei Mille – Livorno, fu annullato a seguito della decisione di disputare la tappa senza velleità agonistiche in memoria di Wouter Weylandt, deceduto il giorno precedente Infine, in altre due successive occasioni la salita è stata affrontata in maniera parziale, senza arrivare fino al Bracco, nel 2012 salendo da Levanto al Valico Guaitarola per poi raggiungere in quota il “bivio della Baracca” (tappa Seravezza – Sestri Levante, vinta dal danese Lars Bak), nel 2015 salendo da Carrodano fino al bivio per Levanto nel corso della citata tappa della Spezia vinta da Formolo.

Passo del Baracchino, Sella di Pian del Lupo (512 metri), Valico di Cà Marcone, Sella di Bracco (416 metri), Passo d’Angio (340 metri), Sella di Ca’ Bianca (293 metri), Selletta di Macallè (181 metri). Valicati dalla Strada Statale 1 “Via Aurelia” nel corso della discesa che dal Passo del Bracco conduce a Sestri Levante.

Colletta di Boasi (642 metri). Quotata 615 sulle cartine del Giro 2023 (dove è segnalata come Colla di Boasi), mette in comunicazione la Val Fontanabuona con la Val Bisagno ed è attraversata dalla Strada Provinciale 77 “di Boasi”, tra l’omonima località e il Passo della Scoffera. È stata affrontata per la prima volta come traguardo GPM lo scorso anno, durante la tappa Parma – Genova, vinta da Stefano Oldani dopo che in vetta alla Colletta era transitato in testa il bergamasco Lorenzo Rota.

Passo della Scoffera (674 metri). Non sarà direttamente toccato dalla tappa, che vedrà i corridori percorrere il tunnel sottostante il valico. Quotato 671 sulle cartine del Giro d’Italia 2015 (è l’ultima occasione nella quale il Giro è giunto fino al passo), è raggiungibile da tre diverse vie d’accesso (Davagna, Laccio e Ferriere). Nonostante la sua notorietà, il Giro l’ho ha affrontato solo quattro volte come GPM e ha visto transitare in testa Aldo Moser nel 1958 (tappa Mondovì – Chiavari, vinta da Silvano Ciampi), Giuseppe Saronni nel 1978 (tappa Novi Ligure – La Spezia, vinta dallo stesso corridore), Flavio Zappi nel 1984 (tappa Lerici – Alessandria, vinta da Sergio Santimaria) e l’elvetico Pascal Richard nel 1994 (tappa Lavagna – Bra, vinta da Massimo Ghirotto), occasione nella quale non si salì fino al valico ma si terminò la scalata all’imbocco della sottostante galleria.

Colle di Castagnola (590 metri). Quotato 583 metri sulle cartine del Giro 2023, è valicato dalla Strada Provinciale 163 “della Castagnola” tra Borgo Fornari e Voltaggio, all’altezza dell’omonima località.

Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).

La città di Tortona dominata dalla guglia del santuario di Nostra Signora della Guardia e l’altimetria dell’undicesima tappa del Giro 2023 (www.settimanalelancora.it)

La città di Tortona dominata dalla guglia del santuario di Nostra Signora della Guardia e l’altimetria dell’undicesima tappa del Giro 2023 (www.settimanalelancora.it)

CIAK SI GIRO

Hans Christian Andersen si rivolterebbe nella tomba a sapere che nell’incantevole angolo del Mar Ligure che il celebre favolista aveva ribattezzato “Baia delle favole” un brutto giorno sarebbe capitato nientemeno che il conte Dracula! E non un Dracula qualsiasi ma uno dei tanti a portare il volto Christopher Lee, l’attore inglese conosciuto proprio per le numerose interpretazioni del celebre vampiro. Comincerà nel 1958, dopo che l’anno precedente aveva avuto una prima esperienza “horror” nei panni del mostro di Frankenstein, e si farà notare al punto che già nel 1959 sarà chiamato a infilarsi i canini di scena, ma in una pellicola che nulla a che vedere con il genere horror. Il regista era l’italiano Steno – all’anagrafe Stefano Vanzina – che volle l’attore britannico per il ruolo del barone Roderico da Frankurten nella commedia comica “Tempi duri per i vampiri”. Il suo sarà un ruolo secondario, chiamato a far da spalla a Renato Rascel, che nel film è un barone spiantato costretto a vendere il castello di famiglia e a vederlo trasformato in un albergo, dove gli sarà consentito di risiedere a patto di lavorarvi come facchini. Non immagina che starà per trasferirsi nel castello anche lo zio Roderico, fuggito dalla Transilvania, il quale rivelerà d’essere un vampiro. E che c’entra tutto questo con Sestri Levante? C’entra perché quel che si vede nel film è in piccola parte ligure poiché le riprese in esterna del maniero mostrano il Castello Brown di Portofino e, per quel che riguarda l’ingresso al maniero, uno degli edifici che compongono il complesso finto medioevale dei castelli di Sestri Levante. In realtà Dracula in riviera si vide poco perché per la stragrande maggioranza delle riprese si scelse, per la comodità della vicinanza agli studi di Cinecittà, il Castello Odescalchi di Bracciano, mentre altri manieri del Lazio furono spacciati per la dimora transilvana del barone Roderico. E per finire un paio di curiosità: per Christopher Lee le riprese del film furono l’occasione per tornare “in pace” in Italia, dove già era stato tra il 1943 e il 1944 durante la Seconda Guerra Mondiale, dove partecipò alla Battaglia di Montecassino. Ma pochi sanno che nelle sue vene scorreva sangue italiano perché italiana era la madre dell’attore, Estelle Marie Carandini dei marchesi di Sarzano.

In collaborazione con www.davinotti.com

Villa Gualino, uno dei tre edifici che compongono il complesso dei castelli di Sestri Levante, nel film “Tempi duri per i vampiri” (www.davinotti.com)

Villa Gualino, uno dei tre edifici che compongono il complesso dei castelli di Sestri Levante, nel film “Tempi duri per i vampiri” (www.davinotti.com)

Le altre location del film

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/tempi-duri-per-i-vampiri/50000325

FOTOGALLERY

Forte dei Marmi, Forte Lorenese

L’anfiteatro romano dell’antica Luni

Castello di Arcola

Borghetto di Vara, Abbazia di Santa Maria Assunta dell’Accola,

Passo del Bracco

Sestri Levante, Baia delle Favole

Cicagna, Santuario di Nostra Signora dei Miracoli

Il capolinea di Casella della spettacolare linea ferroviaria Genova – Casella

Voltaggio, convento dei cappuccini

Forte di Gavi

Serravalle Scrivia, l’anfiteatro di Libarna

Uno dei murales a tema ciclistico che adornano le strade di Cassano Spinola

UN TUFFO DAGLI APPENNINI

Dopo il primo giorno di riposo il Giro riparte dall’Emilia Romagna alla volta della Toscana per una classica cavalcata appenninica. La quasi totale assenza di salite negli ultimi 95 Km sembra strizzare l’occhio ai velocisti e, in effetti, l’arrivo allo sprint sembra una soluzione molto probabile. Ma il traguardo di Viareggio potrebbe non essere alla portata di tutti perché certamente si faranno sentire nelle gambe i quasi 3000 metri di dislivello che si dovranno “subire” per attraversare l’Appennino tosco-emiliano.

La traversata appenninica tra Toscana ed Emilia Romagna è un classico del Giro d’Italia, proposto in “salse” sempre differenti, talvolta dal sapore piccante com’è stato per esempio il caso della frazione disegnata tra Montecatini Terme e Faenza al Giro del 2003, quando le colline romagnole sancirono il passaggio di consegne al vertice della classifica tra Stefano Garzelli e Gilberto Simoni, che due settimane più tardi s’imporrà nell’86a edizione della Corsa Rosa. Ci sono state, al contrario, tappe accompagnate da una salsa più delicata, come accadde nel 2007 quando la Reggio Emilia – Lido di Camaiore, con la sola e pedalabile ascesa al Passo del Cerreto da affrontare strada facendo, terminò con una volata di gruppo conquistata dallo sprinter siciliano Danilo Napolitano. La cavalcata appenninica versione 2023 si disputerà nella stessa direzione geografica di quella tappa, ma la salsa sarà stavolta decisamente meno insipida, anche se non sarà saporita come quella del 2003. Al posto dell’ascesa ai 1261 metri del Passo del Cerreto ci sarà quella diretta alla più elevata Foce delle Radici (1529 metri), che i “girini” raggiungeranno al termine di una salita mai dura ma lunga quasi 50 Km, spezzata in quattro porzioni da tre lunghi tratti intermedi in quota. Superato anche il breve ma decisamente più tosto Monteperpoli mancheranno ben 95 Km al traguardo e questo sulla carta dovrebbe favorire i velocisti, i quali però si troveranno sul groppone i quasi 3000 metri di dislivello giornaliero, l’ultima fetta del quale sarà servita a poco meno di 20 Km dall’arrivo. A quel punto i corridori si troveranno ai piedi del Montemagno, collina dalle lievi pendenze che in condizioni normali non fa paura ai velocisti e, infatti, se la tappa diretta a Viareggio avrebbe presentato solo questa difficoltà l’arrivo allo sprint sarebbe stato alla portata di molti, mentre stavolta potrebbero mandare in affanno quegli sprinter che ancora non hanno digerito le precedenti salite oppure rompere le uova nel paniere alle formazioni che da parecchi chilometri stanno lavorando per ricucire sulla fuga di giornata e, contemporaneamente, organizzare la volata ai loro velocisti di punta. E non è detto che sia la fuga a prevalere in questa giornata nella quale si comincerà a salire sin dal via da Scandiano, dovendosi superare uno “scalino” di 1.5 Km al 5.4% ad appena 4 Km dalla partenza, seguito da un lungo tratto in falsopiano di una quindicina di chilometri che si concluderà alle porte di Carpineti, centro conosciuto per il suo castello, uno dei più estesi dell’appennino reggiano. Anziché dirigersi verso quest’ultimo si andrà ad affrontare la salita della Svolta (3 Km al 7.8%), che culmina poco distante dall’antica abbazia di Marola, fondata su iniziativa della celebre contessa Matilde di Canossa tra il 1076 e il 1092. Raggiunta la vicina Felina si abbandonerà la statale diretta al citato Passo del Cerreto per andare da lì a breve a intraprendere l’interminabile ascesa della Foce delle Radici che, come dicevamo, è suddivisa in quattro tratti distinti, il primo dei quali inizia in corrispondenza del ponte sul fiume Secchia, il secondo per importanza tra gli affluenti di destra del Po dopo il Tanaro. La prima balza, 9.1 Km al 3.6% a loro volta spezzati in tre tratti da brevi contropendenze, conduce alla località di villeggiatura di Villa Minozzo, paese natale di Adolphe Deledda, corridore che prese la cittadinanza francese nel 1948 e nel cui palmares spiccano una vittoria di tappa alla Vuelta del 1947 e due al Tour, entrambe ottenute da “transalpino”. In questo stesso centro il 21 giugno del 1944 era drammaticamente terminata la vita, fucilato con tutta probabilità da un gruppo filo partigiano, del corridore reggiano Nello Trogi, la cui carriera si svolse prevalentemente in Francia (nel 1935 si imporrà nel Giro di Corsica) e che in Italia ottenne una sola vittoria, nella frazione d’apertura del Giro del 1937. Più consistente è la seconda “tranche” della salita, 8 Km al 5.1% nel corso dei quali si sfiora la poco conosciuta Cascata del Golfarone e si lascia sulla sinistra la strada diretta alla stazione di sport invernali di Febbio. A 8 Km di salita ne seguiranno altrettanti in quota, pedalando in direzione di Civago, altra località di villeggiatura dalla quale è possibile raggiungere con una lunga escursione l’Abetina Reale, foresta di conifere inserita all’interno del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano e nella quale si trova un rifugio, ospitato in quella che fu la prima segheria idraulica della storia, realizzata nel ‘600 su iniziativa della celebre famiglia degli Este. Si riprende quindi a salire per affrontare i 5.6 Km al 4.4% che conducono a Roncatello, seguito da un ultimo tratto intermedio in quota verso Piandelagotti, altra località frequentata dagli amanti dello sci. La zona degli impianti si trova proprio in corrispondenza della Foce delle Radici, che si raggiungono percorrendo il tratto più impegnativo dell’ascesa, i conclusivi 4.4 Km al 6% che conducono sino allo scollinamento, situato al confine con la Toscana e a un paio di chilometri da San Pellegrino in Alpe, “exclave” emiliana conosciuta sia per il suo santuario intitolato al santo irlandese Pellegrino, sia per la ripida strada che bisogna percorrere per giungervi. Non la dovranno percorrere i “girini” che scenderanno per la più morbida strada che plana tortuosa verso la Garfagnagna, la valle del fiume Serchio che nel 1895 fu scelta quale “buen retiro” da Giovanni Pascoli. L’ultima dimora del celebre poeta, che vi abitò fino a pochi mesi dalla morte (2012), si trova a Castelvecchio, frazione di Barga che non sarà attraversata dal gruppo perché, una volta terminata la discesa, gli organizzatori hanno deciso d’inserire nel percorso la ripida salita verso Monteperpoli, 2400 metri all’8,1% che hanno come meta un piccolo borgo delle Alpi Apuane dove in epoca medioevale fu costruito un piccolo ospizio per dare ospitalità ai viandanti, accanto al quale fu eretta anche una chiesetta dedicata a San Regolo.
Scesi a Gallicano inizierà finalmente la pianura che, a parte l’intrusione del Montemagno, scorrerà sotto le ruote del gruppo sin sul traguardo di Viareggio. Il primo settore di questa seconda parte del viaggio odierno si snoderà ancora nella valle del Serchio, che il gruppo percorrerà in direzione di Lucca sfiorando il famoso Ponte del Diavolo di Borgo a Mozzano, così chiamato per la leggenda – simile a quelle raccontate per altri ponti con lo stesso nome – che lo vuole costruito in una notte dal demonio, intervenuto per aiutare il capomastro che l’aveva invocato dopo essersi reso conto di non riuscire a completare l’opera nei tempi richiesti. Il patto prevedeva che Satana avrebbe ricevuto in cambio l’anima del primo viandante, ma il parroco del posto riuscì a evitare che un povero cristiano finisse all’inferno facendo percorrere per primo il ponte a un pastore maremmano, cane che fu scagliato dall’ira del diavolo nel sottostante fiume, dove la tradizione popolare dice che sia rimasto pietrificato sul fondale. Proprio all’altezza di questo centro (ma non sul Ponte del Diavolo, troppo angusto per il gruppo) si supererà il corso del Serchio per passare sulla sponda opposta del fiume, seguendola in direzione di Lucca, senza però raggiungerla. Alle porte della celebre cittadina toscana – che punta ad avere il Giro nel 2024, in occasione del primo centenario della scomparsa del compositore Giacomo Puccini – ci sarà un nuovo cambio di fronte con un altro passaggio sul Serchio e il ritorno sulle sponde che si erano costeggiate in precedenza, dove si andrà a toccare la frazione lucchese di Monte San Quirico, dove si trova Villa Paolina, così chiamata dal nome della sua celebre acquirente (1822), la sorella dell’imperatore Napoleone Bonaparte. Il tratto successivo vedrà il gruppo risalire la Val Freddana in direzione del Montemagno, modesto valico – soprattutto dal lato che si percorrerà in salita, 2.4 Km al 3.8% – molto noto in gruppo perché nelle ultime stagioni è stato alternativamente inserito nel percorso delle prime due frazioni della Tirreno-Adriatico e che fino al 2014 era, assieme al vicino Monte Pitoro, salita storica del Gran Premio Città di Camaiore, corsa sparita dal calendario dopo che il comune di Camaiore ha preferito “dirottare” i fondi necessari all’organizzazione della gara verso la Corsa dei due Mari. Il mare oramai è all’orizzonte e, percorsa la veloce discesa verso la Versilia, lo si raggiungerà nel giro di 14 Km, per poi svoltare sulla litoranea in direzione di Viareggio e seguirla fedelmente negli ultimi 3500 metri. Saranno gli ultimi attimi di un tuffo che solleverà molti spruzzi…. ma solo uno sarà quello vincente.

Mauro Facoltosi

I VALICHI DELLA TAPPA

Selletta Minozzo (672 metri). Quotata 680 metri sulle cartine del Touring Club Italiano, coincide con la località di villeggiatura di Villa Minozzo. Mai affrontato come GPM, il Giro d’Italia vi è transitato l’ultima volta nel 2001, nel corso della tappa Montecatini Terme – Reggio Emilia, vinta dal veneto Pietro Caucchioli: il passaggio da Villa Minozzo era valido come traguardo volante Intergiro, conquistato dall’umbro Fortunato Baliani.

Valico di Pian del Monte (1040 metri). Valicato dalla Strada Provinciale 9 “delle Forbici” tra Asta e Cervarolo. Nel 2001 vi è transitata la citata tappa Montecatini Terme – Reggio Emilia.

Passo di Roncadello (1294 metri), Colle del Morto (1335 metri). Valicati dalla Strada Provinciale 38 “di Civago” tra Civago e Piandelagotti. Nel 2001 vi è transitata la citata tappa Montecatini Terme – Reggio Emilia.

Foce delle Radici (1529 metri). Nota anche come Passo delle Radici e quotata 1527 sulle cartine del Giro d’Italia 2023, vi transita l’ex Strada statale 324 “del Passo delle Radici” tra Pievepelago e Castelnuovo di Garfagnana. È stata affrontata quattro volte come GPM mentre in tre occasioni ci si è transitati in discesa, provenendo da San Pellegrino in Alpe. Nella citata tappa del Giro 2001 (Montecatini Terme – Reggio Emilia) la salita fu affrontata in maniera parziale, salendo da Pievepelago e scollinando senza GPM al bivio per Piandelagotti, due chilometri e mezzo prima di giungere al passo. Il primo corridore a espugnare la cima della Foce delle Radici è stato il bresciano Michele Dancelli durante la tappa La Spezia – Prato del Giro del 1967, vinta dallo stesso corridore. Nel 1971 sarà lo scalatore spagnolo Josè Manuel Fuente a scollinare in testa e anche in questo caso sarà il conquistatore delle Radici a far sua la tappa, partita da Forte dei Marmi e terminata con l’arrivo in salita a Pian del Falco, sopra Sestola. Fuente si imporrà anche nel 1974 nella tappa che prevedeva la Foce delle Radici (Modena – Il Ciocco), ma stavolta non sarà lo spagnolo a transitare per primo in vetta, conquistata dal ligure Giuseppe Perletto. L’ultimo corridore a mettere la firma sul valico tosco-emiliano sarà lo spagnolo Andrés Oliva nel 1976, nel corso della Porretta Terme – Il Ciocco che terminerà con la vittoria del belga Ronald De Witte.

Col d’Arciana (1300 metri), Colle Pianelli (1249 metri), Foce di Terrarossa (1141 metri), Foce di Sassorosso (1065 metri), Colle Sfogliato (982 metri). Valicati nel corso della discesa dalla Foce delle Radici verso Castelnuovo di Garfagnana.

Valico di Monte Perpoli (491 metri). Valicato dalla Strada Provinciale 43 “di Monteperpoli” tra Castelnuovo di Garfagnana e Gallicano. Nel 1995 questa salita è stata affrontata nel finale della tappa Pietrasanta – Il Ciocco, vinta dal bresciano Enrico Zaina, ma non era valida come GPM.

Colle di Montemagno (224 metri). Quotato 212 metri sulle cartine del Giro 2023, è valicato dalla Strada Provinciale 1 “Francigena” tra Monsagrati e Camaiore. Mai proposto come GPM alla Corsa Rosa, non viene affrontato al Giro dal 1987, quando fu inserito nei chilometri iniziali della tappa Camaiore – Montalcino, vinto da Moreno Argentin. Alla Tirreno-Adriatico, che l’ha inserito spesso nel tracciato nelle ultime edizioni, è stato considerato valido come GPM solamente nel 2018, affrontato nei chilometri iniziali della tappa Camaiore – Follonica, vinta dal tedesco Marcel Kittel dopo che sul Montemagno era scollinato per primo il valtellinese Nicola Bagioli.

Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).

La spiaggia di Viareggio e l’altimetria della decima tappa del Giro 2023 (www.tripadvisor.it)

La spiaggia di Viareggio e l’altimetria della decima tappa del Giro 2023 (www.tripadvisor.it)

CIAK SI GIRO

Giro d’Italia del 1964, tappa di Viareggio. Tagliato il traguardo in forte ritardo ma ancora dentro il tempo massimo il corridore spagnolo Francisco Petrillo si schianta letteralmente sul chioschetto di una venditrice di bomboloni, perdendo i sensi. Ora non mettetevi a cercare, in rete o sui libri di storia del ciclismo, informazioni su questo corridore perché non le troverete, da nessuna parte. Semplicemente perché Francisco Petrillo non è mai esistito e nel 1964 la Corsa Rosa aveva fatto sì tappa in Toscana, ma a Livorno, e tutto quanto narrato è frutto della fantasia, anzi della… frenesia! Quella scena, infatti, la potete trovare solo nel film “Frenesia dell’estate”, ambientato a Viareggio durante il mese delle vacanze estive e per questo il regista Luigi Zampa incappò in un bel “blooper”, come sono definiti in gergo gli svarioni commessi dalle produzioni cinematografiche, perché lo sanno tutti che il Giro si corre a maggio. È dunque pura finzione quell’incidente, filmato sul cosiddetto Belvedere delle Maschere, tratto del lungomare di Viareggio che si trova proprio accanto al luogo dove si concluderà la decima tappa del Giro 2023. In scena erano l’attore sardo Vittorio Congia, che vestiva i panni dello sfortunato Petrillo, e l’allora 31enne Sandra Milo, che nel film è Yvonne, la bella “chioschettera” che dopo l’incidente si scarrozzerà il corridore sul suo chiosco a pedali alla ricerca dell’albergo dove alloggiava la squadra del corridore. Ma non lo troverà anche perché il Petrillo era stato colpito da una lieve amnesia e così lei deciderà di accoglierlo a casa sua, per poi riportarlo il mattino successivo al Belvedere delle Maschere, dove era prevista la partenza della tappa successiva, una cronometro individuale. Ma, stremato dalle troppe e amorevoli “cure” alle quali l’aveva sottoposto la bella Yvonne, il Petrillo crollerà nuovamente a terra al momento della discesa dalla rampa di lancio.

In collaborazione con www.davinotti.com

Francisco Petrillo al via della tappa a cronometro del Giro d’Italia: non è la vera Corsa Rosa ma quella ricreata da Luigi Zampa per uno degli episodi de “Frenesia dell’estate” (www.davinotti.com)

Francisco Petrillo al via della tappa a cronometro del Giro d’Italia: non è la vera Corsa Rosa ma quella ricreata da Luigi Zampa per uno degli episodi de “Frenesia dell’estate” (www.davinotti.com)

Le altre location del film

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/frenesia-dell-estate/50023636

FOTOGALLERY

Scandiano, Rocca del Boiardo

Carpineti, Castello delle Carpinete

Carpineti, Abbazia di Marola

Cascata del Golfarone

L’antica segheria dell’Abetina Reale, oggi convertita in rifugio

San Pellegrino in Alpe

Castelvecchio Pascoli, casa di Giovanni Pascoli

Borgo a Mozzano, Ponte del Diavolo

Vista panoramica dal Colle di Montemagno

SULLA SCIA DEL DIRETTISSIMO

Tornano al lavoro i cronometristi per la seconda prova contro il tempo del Giro 2023, come la precedente di Ortona disegnata su di un tracciato che si annuncia velocissimo. Stavolta non s’incontrerà nemmeno il becco di una salita e gli scalatori dovranno stringere i denti per tutti e trentatre i chilometri della Savignano sul Rubicone – Cesena. Sarà anche l’occasione per ricordare il mitico Ercole Baldini, scomparso il primo dicembre scorso: sarebbe andato a nozze su di un percorso del genere il “direttissimo di Forlì”, uno dei cronoman più forti della storia del ciclismo italiano, vincitore del Giro del 1958 e due volte recordman dell’ora.

Lo scorso primo dicembre ci ha lasciati un mito del ciclismo italiano, un mito che portava il nome di un semidio, Ercole Baldini. E come il mitologico personaggio Baldini ci è salito per davvero nell’olimpo del ciclismo, dalla vittoria alle Olimpiadi di Melbourne nel 1956 fino all’iscrizione nel 2016 nella “Hall of Fame” del Giro d’Italia, corsa che aveva vinto nel 1958 dopo il terzo posto sul podio finale conquistato l’anno prima. Il suo punto di forza erano le sue doti di passista, grazie alle quali aveva polverizzato per ben due volte il record dell’ora (ed entrambe da dilettante) e mietuto vittorie soprattutto a cronometro. Oltre alla citata edizione della Corsa Rosa e ai campionati del mondo del 1958 nel suo albo d’oro spiccano, infatti, le quattro vittorie nel Trofeo Baracchi (storica cronometro a coppie che tornerà in calendario quest’anno dopo 31 anni d’assenza), quella nel Grand Prix des Nations del 1960 e tre tappe contro il tempo vinte proprio al Giro. Il destino ha voluto che il “Direttissimo di Forlì”, questo uno dei numerosi soprannomi coniati dai suoi tifosi, arrivasse alla sua ultima fermata poco tempo dopo la presentazione del tracciato del Giro 2023, che sulle sue strade proporrà proprio una delle tappe che piacevano tanto a Baldini, una prova contro il tempo di quasi 34 Km da disputare su di un tracciato scorrevolissimo sotto tutti gli aspetti, completamente pianeggiante e “magro” di curve, poco meno di sessanta. Per gli scalatori si annuncia un’altra giornata durissima da digerire e qualcuno di loro potrebbe trovarsi a perdere un minuto e mezzo, se non due e più, dai corridori più dotati in quest’esercizio. Tornando ad Ercole Baldini, non si toccherà la sua Villanova ma si avrà la maniera di ricordarlo fin dalla partenza da Savignano sul Rubicone, dove certamente risuoneranno le note de “Il treno di Forlì”, la canzone che gli fu dedicata da Secondo Casadei, il compositore che fu autore del celebre “Romagna Mia” e del quale a Savignano è possibile visitare la casa-museo. Sulle note del liscio prenderà, dunque, le mosse una tappa che nel liscio della pianura ha la sua caratteristica peculiare e che lascerà Savignano seguendo l’asse della Via Emilia in direzione di Rimini. Percorsi poco meno di 4 Km, giunti alle porte di Santarcangelo di Romagna – è il centro nel cui castello si consumarono le gesta di Paolo Malatesta e Francesca da Polenta, i peccaminosi cognati che ispirarono a Dante Alighieri il quinto canto dell’Inferno – i “girini” abbandoneranno la Via Emilia per svoltare in direzione della riviera romagnola, andato a scavalcare con un viadotto il tracciato dell’Autostrada Adriatica ad oriente di San Mauro Pascoli, il paese natale di Giovanni Pascoli. I corridori non attraverseranno questa cittadina, limitandosi a percorrerne le strade della zona industriale, alla quale arriveranno dopo aver sfiorato Villa Torlonia, antica tenuta agricola inserita nel comprensorio del “Parco Poesia Pascoli” e presso la quale sono stati rinvenuti i resti di una fornace d’epoca romana. Giunti alle porte della località Cagnona, non distante dal “Parco del Sole” di Bellaria (impianto fotovoltaico che permette di produrre 1.130.000 kwh all’anno senza inquinare l’atmosfera), la corsa cambierà ancora direzione e attraverserà la fascia di campagne che precedono il passaggio da Sala, una delle principali frazioni di Cesenatico, presso la quale si trova la chiesa di Santa Maria del Rosario, nella quale riposano le spoglie di Angelina Pirini, educatrice dell’Azione Cattolica della quale è in corso il processo che porterà alla beatificazione.
Da queste parti abbonderanno a bordo strada i striscioni che ci ricorderanno l’indimenticato Pantani, che abitava non distanza da Sala e che queste strade soleva percorrerle durante le sessioni d’allenamento in previsione dei grandi appuntamenti del calendario, nelle quali – da solo o in compagnia – si spingeva verso le colline dell’appennino romagnolo, dove andava ad affrontare dure e celebri salite come il Barbotto e il Monte Carpegna. Una di queste strade era la provinciale che i “girini” imboccheranno uscendo da Sala, dopo l’ennesimo cambio di direzione del percorso, che ora punterà verso Cesena, alle cui porte si giungerà nel volgere di una decina di chilometri, dopo aver ancora incrociato le rotte dell’Autostrada Adriatica. I corridori rimarranno ai margini del centro storico, senza infilarsi sulle strade lastricate che conducono verso la centralissima Piazza della Libertà, dove all’ombra della cattedrale romano-gotica di San Giovanni Battista si sono concluse le ultime due tappe giunte a Cesena, conquistate dal vicentino Emanuele Sella nel 2004 e dal trentino Alessandro Bertolini nel 2008. Si rimarrà, invece, saldamente con le ruote sull’asfalto e con un ultimo cambio di rotta si uscirà velocemente dalla città percorrendo la Via Cervese, direttrice del traffico verso il casello di Cesena dell’autostrada e la nota località balneare di Cervia. È a questo punto che si andrà ad affrontare uno dei tratti più snelli e veloci del tracciato, un rettilineo di quasi 3 Km interrotto solo da una rotatoria che condurrà sino alle soglie del Technogym Village, sede principale della nota azienda operante nel settore del fitness e del wellness, in passato sponsor – dal 1992 al 1997 – di una delle formazioni più vincenti del ciclismo mondiale, nella quale hanno militato corridori del calibro di Paolo Bettini e Michele Bartoli. Una vera e propria cittadella dello sport nella quale il pomeriggio del 14 maggio 2023 aleggerà il ricordo di Ercole Baldini.

Mauro Facoltosi

Ercole Baldini e l’altimetria della nona tappa del Giro 2023

Ercole Baldini e l’altimetria della nona tappa del Giro 2023

CIAK SI GIRO

Continuiamo a parlare di Roberto Benigni e di un altro dei suoi film più conosciuti, “Johnny Stecchino”. Uscito in Italia il 24 ottobre del 1991, le pellicola narra le vicende di Dante Ceccarini, autista di scuolabus per disabili che scopre di essere sosia di un boss mafioso siciliano. Se le scene ambientate nell’isola furono effettivamente girate in Sicilia, quando la storia si svolge in “continente” a venir mostrati non sono scorci della Toscana, come si tenderebbe a pensare ingannati dai “natali” di Benigni. Il regista decise, infatti, di rendere omaggio all’amata moglie Nicoletta Braschi – nel film interpreta la compagna del mafioso che noterà la somiglianza tra i due e proporrà al marito di effettuare uno scambio di personalità – e di andare a girarle nella città dove era nata e dove risiedevano i suoi genitori. E così la prima parte del film fu filmata a Cesena, della quale vengono mostrati sia scorsi del centro storico, sia del quartiere periferico Oltre Savio, dove stavano di casa i genitori della Braschi e dove la produzione individuò una delle palazzine di Via della Valle da presentare nella pellicola come il condominio dove abitava Benigni.

In collaborazione con www.davinotti.com

Roberto Benigni in azione su una delle rampe d’accesso della palazzina di Via della Valle a Cesena, l’abitazione del protagonista di “Johnny Stecchino” (www.davinotti.com)

Roberto Benigni in azione su una delle rampe d’accesso della palazzina di Via della Valle a Cesena, l’abitazione del protagonista di “Johnny Stecchino” (www.davinotti.com)

Scena di passaggio di “Johnny Stecchino” girata nel centro di Cesena (ma subito dopo l’azione si sposterà in quel di Ravenna) (www.davinotti.com)

Scena di passaggio di “Johnny Stecchino” girata nel centro di Cesena (ma subito dopo l’azione si sposterà in quel di Ravenna) (www.davinotti.com)

Le altre location del film

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/johnny-stecchino/50002987

FOTOGALLERY

Savignano sul Rubicone, la centralissima Piazza Bartolomeo Borghesi

Savignano sul Rubicone, la sede della casa museo dedicata a Secondo Casadei

San Mauro Pascoli, casa natale di Giovanni Pascoli

San Mauro Pascoli, Villa Torlonia

Bellaria-Igea Marina, Parco del Sole

Sala di Cesenatico, chiesa di Santa Maria del Rosario

Cesena, Piazza della Libertà e l’abside della cattedrale

Cesena, Technogym Village

AGGUATI ALL’OMBRA DELLE GOLE

dicembre 12, 2022 by Redazione  
Filed under 13 MAGGIO 2023: TERNI - FOSSOMBRONE, News

Al Giro d’Italia è arrivato il giorno dei muri. Alla vigilia della seconda cronometro lunga i corridori dovranno fare i conti con i colli marchigiani, percorrendo strade che ben conosce chi è un habitué della Tirreno-Adriatico. Proprio alla “Corsa dei due mari” quattro anni fa è stato per la prima volta proposto ai corridori il muro dei Cappuccini, che oggi dovrà essere ripetuto due volte in un finale di tappa che proporrà altre due verticali, quelle del Monte delle Cesane e di Montefelcino.

Le gole sono da sempre luoghi temuti dall’uomo, in passato sovente teatro di assalti a sorpresa come sperimentò a sue spese l’esercito dell’impero romano nel 231 a.C., quando subì una delle più pesanti sconfitte che la storia ricordi presso le Forche Caudine, le gole che si trovano tra Caserta e Benevento. Quelle spettacoli del Furlo, che saranno attraversate alle porte del finale odierno, gli antichi le conoscevano grazie all’angusta galleria che l’imperatore Vespasiano aveva fatto scavare per agevolare il passaggio dei viandanti e solo più avanti questo luogo divenne teatro di assalti, prima all’epoca della guerra gotica e poi molto più tardi in epoca risorgimentale, quando vi si sfidarono i soldati della Repubblica Romana e l’esercito austriaco. Senza dimenticare che luoghi del genere erano prescelti dai briganti per le loro scorribande. Nessuno di questi pericoli incontreranno i “girini” nel 2023, ma ancora una volta all’uscita dalle gole potrebbe esserci delle amare sorprese per qualcuno perché stavolta rappresenteranno la porta d’accesso a un finale di tappa particolarmente insidioso, che prevede negli ultimi 50 Km quattro brevi ma ripidi muri sui quali qualche uomo di classifica potrebbe staccarsi e perdere le ruote del gruppo. Su inclinazioni che arrivano al 19% gli scalatori vorranno ancora provare a prendersi la rivincita sugli avversari più dotati sul passo, ma in quest’occasione dovranno anche giocare al risparmio perché l’indomani il menù del Giro ha in serbo una portata per loro pesante da digerire, una cronometro totalmente pianeggiante di quasi 34 Km.
Sarà, dunque, una tappa tutta da seguire per le sorprese che potrà offrire nel finale, mentre non presenteranno particolari difficoltà i precedenti 150 Km. L’unica vera salita inserita nel percorso nella prima parte di gara sarà, infatti, il poco impegnativo Valico della Somma (5 Km al 5.8%), in cima al quale si scollinerà a poco più di 11 Km dalla partenza da Terni, subito prima di lanciarsi in discesa verso l’incantevole Spoleto, la città del “Festival dei Due Mondi”, evento che sin dal 1958 ha come scenario delle sue manifestazioni culturali i principali monumenti della cittadina umbra, dalla Piazza del Duomo alla rocca voluta dal cardinale spagnolo Egidio Albornoz. Seguiranno una ventina di chilometri in perfetta pianura, sfiorando all’inizio di questo tratto il piccolo lago delle Fonti del Clitunno, presso il quale i longobardi ricostruirono con materiale originario il tempio che gli antichi romani vi avevano eretto in onore di Giove Clitunno. Transitati ai piedi del panoramico colle conico sul quale sorge Trevi la corsa giungerà a Foligno, città abituata a mangiare pane e ciclismo avendo ospitato in questi ultimi vent’anni, come sede d’arrivo o partenza, quattro volte il Giro d’Italia e cinque la Tirreno-Adriatico, corsa che ha un legame speciale con la città umbra perché nel 1966 vi terminò la prima della tappa della prima edizione, terminata con il successo dell’elvetico Rolf Maurer, che allo sprint ebbe ragione dei veneti Dino Zandegù e Flaviano Vicentini. I chilometri successi vedranno il gruppo risalire in lieve falsopiano la Valtopina in direzione di Nocera Umbra, borgo dominato dal ricostruito Campanaccio, torre quasi completamente demolita dal terremoto del 1997, e nel quale ammirare una piccola ma interessante pinacoteca ospitata nella sconsacrata chiesa di San Francesco. Affrontata una dolce salitella a cavallo del passaggio da Nocera (2.8 Km al 4.5%), la strada ridiventerà pianeggiante pedalando alla volta di Gualdo Tadino, altro centro che al Poverello d’Assisi ha dedicato una chiesa meritevole d’una sosta, così come la Rocca Flea, tipica fortificazione del basso Medioevo. Lievi e quasi impalpabili tratti in leggera ascesa interverranno successivamente a “inquinare” la pianura, mentre il percorso va a sfiorare il borgo di Fossato di Vico, che ebbe notevole importanza in epoca romana, quand’era una stazione di posta nella quale cambiare i cavalli, dormire e rifocillarsi durante gli estenuanti viaggi sulle strade consolari dell’epoca. Tornata scorrevole sotto le ruote dei corridori, la strada introdurrà quindi il gruppo nel centro di Sigillo, borgo che per gli appassionati di speleologia è il campo base al quale appoggiarsi prima di salire sul Monte Cucco e introdursi nella spettacolare e omonima grotta, una delle più estese d’Italia, scoperta nel 1499, esplorata solamente a partire dal 1883 e aperta ufficialmente al pubblico nel 2009.
Prima di lasciare l’Umbria si dovrà scavalcare uno dei più agevoli valichi appenninici, il Passo della Scheggia, che sul versante che percorreranno i “girini” in salita presenta appena 600 metri d’ascesa al 4.7% di pendenza media. Tenere sono le inclinazioni anche nella successiva discesa (2.3 Km al 5.2%), conclusa la quale la Corsa Rosa farà il suo ingresso nelle Marche, accolta sulle strade di Cantiano, centro che lo scorso autunno è stato tra i più colpiti dalle alluvioni che hanno devastato la regione. Procedendo in lieve discesa si giungerà quindi a Cagli, dove l’imponente Torrione Martiniano fa da sentinella al borgo e all’imbocco della ripida salita diretta al Monte Petrano, sul cui altipiano nel 2009 terminò il tappone del Giro d’Italia del Centenario, vinto da Carlos Sastre, il corridore spagnolo che l’anno prima si era imposto a sorpresa al Tour de France, mentre in quell’edizione del Giro terminerà – anche in seguito alle squalifiche di Danilo Di Luca e Franco Pellizotti – in seconda posizione a quasi 4 minuti dal russo Denis Menchov.
Il passaggio dalla vicina Acqualagna recherà con sé l’aroma dei pregiati tartufi bianchi che costituiscono il principale vanto della cittadina marchigiana, biglietto da visita dell’imminente passaggio attraverso le gole del Furlo, nelle quali il gruppo giungerà dopo aver sfiorato l’antica abbazia di San Vincenzo. Infilatosi nella stretta galleria – 6 metri di larghezza, tuttora in “esercizio” – fatta scalpellare nella viva roccia dall’imperatore Vespasiano, il gruppo tornerà alla luce del sole alle porte di Fossombrone, dove si svolterà subito in direzione del Colle dei Cappuccini, detto anche Colle dei Santi perché nel monastero francescano – uno dei primi fondati dal San Francesco – hanno dimorato diversi frati che sono saliti agli onori degli altari, il più celebre dei quali è Francesco da Copertino, il monaco pugliese venerato come patrono degli studenti. Madonne e santi li vedranno anche i “girini” perché alle soglie del convento si arriverà dopo aver affrontato il primo dei tre muri che caratterizzano il finale, una verticale di 2 Km al 10% e un picco massimo del 19%, il tutto “condito” da una sede stradale molto stretta che contribuirà ad acuire la selezione. Non si tratterà di una sorpresa per il gruppo, almeno per quelli che c’erano il 16 marzo del 2019 quando questa salita è stata affrontata nel finale della tappa di Fossombrone della Tirreno-Adriatico, rocambolescamente conquistata dal kazako Alexey Lutsenko nonostante le due cadute nelle quali incappò nel corso della discesa successiva e il fatto d’esser stato raggiunto dagli inseguitori proprio a causa di questi incidenti. Raggiunto il traguardo di Fossombrone inizierà il primo due giri del circuito finali, previsti su due percorsi completamente differenti. Il primo anello, lungo circa 33 Km, debutterà con il secondo muro, 2300 metri al 10.7% necessari per rimontare la collina sulla quale si stagliano i resti della Rocca Malatestina. Stavolta non ci sarà scollinamento perché, terminato il muro, la salita proseguirà per altri 3 Km, nel corso dei quali la pendenza media cala leggermente al 9.3%. Attraversata la foresta delle Cesane, polmone verde che si estende per quasi 1500 ettari, la successiva discesa porterà a Isola del Piano, dove si potrà ingannare l’attesa del passaggio del gruppo, oramai selezionati dai primi due muri, entrando nell’ex chiesa dell’Annunziata, che conserva dipinti di Giovanni Santi, un’artista il cui nome ai più non dice nulla ma che è notissimo agli appassionati d’arte poiché si tratta del padre del celeberrimo Raffaello Sanzio. Un terzo muro, che sull’altimetria si nota a malapena (Montefelcino, 800 metri all’11%), anticiperà l’ultimo tratto di pianura della tappa, al termine del quale si chiuderà il primo giro di circuito e s’inizieranno i 10 Km conclusivi, nei quali si andrà a ripetere nuovamente il muro dei Cappuccini. Stavolta, però, il bianco cordiglio che stringe i sai dei fraticelli potrebbe per qualche corridore giunto fin qui in debito d’energie trasformarsi in un fatal cappio al collo.

Mauro Facoltosi

I VALICHI DELLA TAPPA

Valico della Somma (646 metri). Valicato in galleria dalla Strada Statale 3 “Via Flaminia” tra Terni e Spoleto, si trova poche decine di metri più in basso rispetto al valico geografico vero e proprio (circa 680 metri). Quotato 665 metri sulle cartine del Giro 2023, dal 1933 – anno dell’istituzione della speciale classifica degli scalatori – a oggi è stato proposto in 6 occasioni dal GPM. “Battezzata” da Gino Bartali nel 1950 (Perugia – L’Aquila, vinta dal piemontese Giancarlo Astrua), la Somma è stata poi conquistata dall’olandese Wout Wagtmans nel 1957 (Loreto – Terni, vinta dal medesimo corridore), dal palermitano Antonino Catalano nel 1960 (Terni – Rimini, vinta dal cremasco Pierino Baffi), da Gianni Bugno nel 1986 (Rieti – Pesaro, vinta dal bresciano Guido Bontempi), dall’australiano Nathan Hass nel 2014 (Frosinone – Foligno, vinta dal francese Nacer Bouhanni) e dall’emiliano Giovanni Aleotti nel 2021 (L’Aquila – Foligno, vinta dallo slovacco Peter Sagan).

Passo della Scheggia (632 metri). Valicato dalla Strada Statale 3 “Via Flaminia” tra Scheggia e Cantiano, è quotato 635 metri sulle cartine del Giro 2023. Noto anche con il nome di Forca Lupara, è stato spesso luogo di passaggio del Giro, che non l’ha mai proposto come traguardo GPM (ultimo passaggio in occasione della pocanzi citata Rieti – Pesaro del 1986). Non va confusp con il Valico di Scheggia che si trova in Toscana, tra Arezzo e Anghiari, e che in passato è stato affrontato in alcune occasioni al Giro.

Gola del Furlo (177 metri). Attraversata dal vecchio tracciato della Strada Statale 3 “Via Flaminia” tra Acqualagna e Fossombrone. Quotata 180 metri sulle cartine del Giro 2023, è stata attraversata l’ultima volta dal Giro nel 1999 durante la tappa Ancona – Sansepolcro, vinta da Mario Cipollini.

Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).

La gola del Furlo e l’altimetria dell’ottava tappa del Giro 2023 (www.tripendipity.com)

La gola del Furlo e l’altimetria dell’ottava tappa del Giro 2023 (www.tripendipity.com)

CIAK SI GIRO

Pochi lo sanno ma il premio Oscar, l’ambita statuetta dorata assegnata fin dal 1929, ha una parte di fondamenta ben piantate in terra umbra. Alle porte di Terni furono, infatti, girate le più significative scene della pellicola che nel 1999 conquistò ben tre Oscar, attribuiti rispettivamente a Roberto Benigni per il miglior film in lingua straniera, allo stesso regista per il miglior attore protagonista e al compositore romano Nicola Piovani per la colonna sonora. Avrete già capito che stiamo parlando de “La vita è bella”, film che narra le vicende della famiglia Orefice, ebrea e per questo destinata al campo di concentramento tedesco dove il padre Guido (Benigni) perderà la vita per salvarla al figlio Giosuè, interpretato da Giorgio Cantarini. Ebbene, quel che nel film viene presentato come lager in realtà era un complesso industriale chimico in abbandono situato in quel di Papigno, frazione di Terni posta lungo la strada diretta alle celebri Cascate delle Marmore. Il luogo era dismesso da diversi anni e poco tempo prima l’inizio delle riprese era stato acquistato d Cinecittà e riconvertito per usi cinematografici con la realizzazione dei teatri di posa Spitfire, che poi prenderanno il nome di Umbria Studios. Dopo il clamoroso e inatteso successo de “La vita è bella”, Benigni tornerà altre volte in questo luogo inevitabilmente rimastogli nel cuore e, in particolare, qui girerà anche diverse scene del suo successivo film da regista, l’ennesima trasposizione cinematografica della favola di Pinocchio. Girata in Umbria anche la struggente scena finale del film – l’incontro tra Giosuè e la madre Dora (Nicoletta Braschi, moglie anche nella realtà di Benigni) fu filmato a Castellonalto, frazione di Ferentillo – il resto delle riprese ebbero come scenario la Toscana, salvo una capatina alla stazione ferroviaria di Ronciglione, in Lazio, dalla quale inizierà il viaggio in treno verso il campo di concentramento. Così la deliziosa villa liberty nella quale abita la famiglia Orefice fino allo scoppio della guerra si trova a Montevarchi, mentre a due passi dalla spettacolare Piazza Grande di Arezzo viene pronunciata una delle battute più celebri del film, “Maria, butta la chiave!”. Si tratta di location scelte non a caso dal celebre attore toscano, che è aretino d’origine: infatti, anche il suo paese natale, Castiglion Fiorentino, fu omaggiato con la ripresa della scena nella quale Benigni viene nientemeno scambiato che per il re d’Italia Vittorio Emanuele III.

In collaborazione con www.davinotti.com

Il momento dell’arrivo del carro armato americano dopo la liberazione del campo di concentramento nel finale de “La vita è bella”: nella finzione siamo in Germania, nelle realtà alle porte di Terni (www.davinotti.com)

Il momento dell’arrivo del carro armato americano dopo la liberazione del campo di concentramento nel finale de “La vita è bella”: nella finzione siamo in Germania, nelle realtà alle porte di Terni (www.davinotti.com)

Le altre location del film

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/la-vita-e-bella/50003584

FOTOGALLERY

Terni, anfiteatro

Spoleto, Piazza del Duomo

Fonti del Clitunno

Il colle di Trevi

Nocera Umbra, il Campanaccio (sulla destra)

Gualdo Tadino, Rocca Flea

Grotta di Monte Cucco (www.umbriaoggi.it)

Cagli, Torrione Martiniano

Acqualagna, abbazia di San Vincenzo al Furlo

L’angusta galleria scavata nella Gola del Furlo

Fossombrone, Rocca Malatestiana (www.pinterest.it)

La foresta delle Cesane

Fossombrone, convento dei Cappuccini

NIENTE OZI, C’È IL GRAN SASSO

Il Giro torna sul Gran Sasso con una tappa fotocopia di quella vinta da Simon Yates nel 2018. Gli ultimi 135 Km saranno gli stessi di quella frazione e così si torneranno ad affrontare in successione le salite di Roccaraso e di Calascio prima d’intraprendere quella conclusiva, presa dal versante meno impegnativo e disegnata attraverso gli affascinanti scenari di Campo Imperatore. Se tutto andrà come cinque anni fa lassù non dovrebbero registrarsi grandissimi distacchi, ma la fame di secondi degli scalatori potrebbe rendere la tappa più dura del previsto. E guai a distrarsi ad ammirare i panorami offerti dal Giro, gli ozi potrebbero essere pagati a carissimo prezzo…

Se in gruppo ci fosse qualche “girino” appassionato di storia rammenterà che Capua, la località dalla quale scatterà la settima tappa della Corsa Rosa, è celebre per gli “ozi” che vi godettero Annibale e l’esercito cartaginese durante la seconda guerra punica, bagordi che secondo molti studiosi infiacchirono gli occupanti al punto da compromettere l’esito della guerra, terminata con una netta vittoria dell’esercito dell’Impero Romano, che si trovò così a ottenere la supremazia sulla parte occidentale del bacino del Mediterraneo. Fu un errore fatale, che non dovranno assolutamente commettere i partecipanti al Giro 2023 perché da Capua prenderà il via la prima tappa d’alta montagna, diretta a un traguardo che – al di là della sua quota di 2135 metri – non appare particolarmente temibile, anche perché non si salirà dal più impegnativo versante dell’Aquila, quello della vittoria di Marco Pantani al Giro del 1999. S’è, infatti, scelto d’inserire quello più semplice di Santo Stefano di Sessanio, che fu affrontato anche nel 2018 al termine di una tappa che, a partire dall’83° Km di gara, sarà un esatto clone della frazione odierna e che terminò con una vera e propria volata d’alta quota tra le “alte quote” di quell’edizione. A imporsi fu la maglia rosa Simon Yates, che ebbe ragione del francese Pinot e del colombiano Esteban Chaves, con gli altri favoriti che terminarono con pochi secondi di ritardo e una ventina di corridori raccolti nello spazio di un minuto. I margini di manovra per gli scalatori saranno limitati agli ultimi 4.5 Km, nei quali la strada propone una pendenza media dell’8.2% e un picco massimo del 13%, raggiunto quando alla linea d’arrivo mancheranno 1500 metri. Ma, come abbiamo ripetuto più volte dall’inizio del Giro, l’aumento dei chilometri che si dovranno percorrere a cronometro renderà necessario approfittare di ogni occasione utile, anche la più piccola, per erodere il vantaggio già accumulato di passisti, senza esagerare perché nelle successive 48 ore saranno previste l’insidiosa tappa di Fossombrone e l’altra prova contro il tempo lunga, quella di Cesena.
Tornando agli “ozi” capuani potrebbero anche ispirarli il tratto iniziale di questa tappa, che prenderà il via con sessantina abbondante di chilometri pianeggianti, percorrendo la strada statale Casilina in direzione dell’antica Cales, il centro principale della terra un tempo chiamata Ausonia, presso la cui area archeologica si trovava il borgo medioevale di Calvi Vecchia, quasi interamente distrutto dai Saraceni nel 879 e sulle cui “ceneri” saranno successivamente costruite la romanica cattedrale di San Casto e l’isolato Castello Aragonese. Percorsi circa 25 Km dalla partenza si toccherà Vairano Scalo, dove un monumento eretto presso l’edificio della Taverna della Catena ricorda che qui il 26 ottobre 1860 sarebbe avvenuto lo storico incontro tra Garibaldi e Vittorio Emanuele II, evento che simbolicamente chiuse la spedizione dei Mille e che gli storici avrebbero in realtà “geolocalizzato” da tempo nella non distante Borgonuovo, frazione di Teano. Subito dopo la corsa farà ritorno sulle strade del Molise, il cui territorio, come avvenuto nella tappa di Melfi, sarà attraversato per circa 50 Km, toccando direttamente un solo centro abitato, quello di Venafro, d’origine molto antiche come testimoniano gli scavi che hanno riportato alla luce tracce di un acquedotto romano e di un teatro mentre è rimasta solo la pianta ellittica del “Verlasce”, anfiteatro che poteva accogliere fino a 15.000 spettatori e oggi trasformato in una piazza che ricorda quella più celebre di Lucca. Il tratto successivo vedrà il gruppo risale la parte alta della valle del Volturno, il fiume più lungo dell’Italia meridionale (175 Km), che ha le sue sorgenti da un laghetto situato a quasi 500 metri d’altezza non distante dal borgo di Rocchetta a Volturno, presso il quale nel 2010 è stato aperto un museo dedicato alle due guerre mondiali. Sfiorata l’area presso la quale si trova l’abbazia benedettina di San Vincenzo al Volturno, sito composto dagli scavi del monastero longobardo fondato nel V secolo e da quello costruito nel XII secolo sulla sponda opposta del fiume, il gruppo si troverà ai piedi della prima delle quattro salite di giornata, diretta al centro di Rionero Sannitico, storico luogo di passaggio della Corsa Rosa dal quale il Giro transitò fin dalla prima edizione, epoca nella quale assieme al vicino Valico del Macerone costituiva una difficoltà temutissima per pendenze e cattivo stato del fondo stradale. A dire il vero i “girini” non affronteranno nessuno dei due versanti “classici” di questa salita perché si percorrerà una delle due veloci superstrade che permettono di superare d’un balzo il tratto degli appennini dove i geografi hanno convenzionalmente collocato il confine geologico tra l’Italia centrale e il meridione della nostra nazione. Terminata la lunga ma pedalabile salita (14.4 Km al 4.6%) all’altezza dello svincolo sottostante Rionero, si andrà quindi a innestarsi sul tracciato della tappa del 2018 alle porte di Castel di Sangro, centro che rammenta nel nome uno scomparso maniero distrutto nel 1228 dalle truppe del cardinale Colonna per punire un signorotto locale della fedeltà dimostrata al re di Sicilia Federico II di Svevia. Qui inizierà la seconda salita di giornata, che in 9 Km al 4,8% sale a Roccaraso, la più nota località di sport invernali dell’Abruzzo, situata all’estremità meridionale dello spettacolare Altopiano delle Cinquemiglia, che il gruppo attraverserà agevolmente percorrendo, subito dopo lo scollinamento, una scarsa dozzina di chilometri in perfetta pianura. Non era così in passato, quando prima di attraversare le Cinquemiglia si consigliava ai viandanti di far testamento a causa dell’elevato rischio d’incappare in branchi di lupi, in orde di briganti o in rovinose tormente di neve, come quelle che tra il 1528 e il 1529 falcidiarono due eserciti di passaggio causando ben 800 vittime. Tornati a valle, la corsa sarà attesa sulle strade di Sulmona, cittadina famosa anche fuori d’Italia per la produzione di confetti, che si possono sgranocchiare ammirandone i suoi principali monumenti, come l’acquedotto medioevale che sfiora la centralissima Piazza Garibaldi, le sue numerose chiese e, appena fuori città, la Badia Morronese fondata nel 1293 dall’eremita Pietro Angeleri, passato alla storia come Celestino V, il papa del dantesco “gran rifiuto”. Siamo all’inizio del tratto che condurrà dritti ai piedi del Gran Sasso, circa 25 Km chilometri di velluto nel corso dei quali si transiterà per Popoli, centro dal quale ha inizio la “Strada delle Svolte”, itinerario in salita movimentato da quattro tornanti che dal 1963 è teatro di una cronoscalata automobilistica giunta alla 61a edizione. In diverse occasioni anche il Giro ha affrontato le “Svolte”, ma non accadrà quest’anno poiché dopo Popoli ci sarà ancora un lungo tratto da percorrere in pianura, infilandosi nella Valle del Tirino, all’inizio della quale si trova uno dei più importanti complessi industriali d’Italia, creato nel 1901 e che sei anni dopo fu il primo nella nostra nazione a produrre alluminio utilizzando il metodo elettrochimico. L’ultimo tratto sul fondovalle vedrà i corridori attraversare il centro di Bussi sul Tirino e sfiorarne uno dei suoi monumenti più caratteristici – la chiesa di Santa Maria di Cartignano, totalmente priva del corpo centrale a causa dei terremoti che l’hanno ripetutamente colpita – poco prima di giungere all’appuntamento con il Gran Sasso. La prima fetta della lunga ascesa finale sarà considerata GPM a parte, una volta percorsi i 13,5 Km al 6% che terminano all’altezza di Calascio, centro dominato dall’altura sulla quale sorgono i suggestivi resti dell’omonima rocca, presso i quali si trova anche l’ottagonale chiesa di Santa Maria della Pietà. Dopo il passaggio da Calascio la salita momentaneamente s’interromperà per circa 5 km lasciando spazio al lieve falsopiano verso il delizioso borgo di Santo Stefano di Sessanio, sovrastato dalla Torre Medicea, tornata visibile nel 2021 una volta terminati i lunghi lavori di ristrutturazione resisi necessari a causa dei crolli provocati dal terremoto dell’Aquila del 2009. Alle porte di Santo Stefano la strada tornerà a salire, diretta all’altopiano di Campo Imperatore che, contrariamente a quanto segnalato sull’altimetria ufficiale della tappa, non coincide con la zona dove si concluderà la tappa ma si trova più a valle, a un’altitudine media di 1800 metri. Punteggiato da una decina di piccoli laghetti poco profondi come il Racollo e il Pietranzoni, i corridori lo raggiungeranno con 10 Km d’ascesa agevole (media del 4%), seguiti da un tratto in quota vallonato di sei chilometri e mezzo, percorrendo il quale si confluirà sulla principale strada d’accesso all’altopiano, che sale dall’Aquila, e si transiterà a breve distanza dai ruderi della chiesetta di Sant’Egidio, la cui costruzione risale all’anno 1000. Sfiorato il citato laghetto Petranzoni, la salita tornerà a essere definitiva protagonista del tracciato nel già illustrato tratto conclusivo.
Il Gran Sasso è già pronto a rituffarsi nel mare rosa del Giro, chissà fin dove si spingeranno i suoi concentrici cerchi….

Mauro Facoltosi

I VALICHI DELLA TAPPA

Selletta di Visciano (150 metri).. Vi transita la Strada Statale 6 “Via Casilina” tra i bivi per Calvi Risorta e Teano, non distante dall’omonima località. Il Giro vi è transitato spesso, senza mai affrontarla come traguardo GPM. L’ultimo passaggio è avvenuto nel 2014 durante la tappa Sassano – Montecassino, vinta dall’australiano Michael Matthews.

Colle della Portella (1271 metri). Valicato dalla Strada Statale 17 “dell’Appennino Abruzzese e Appulo Sannitica” tra Roccaraso e l’altopiano delle Cinquemiglia, all’altezza del bivio per Rivisondoli. Vi sorge il santuario della Madonna della Portella.

Valico Piano delle Cinquemiglia (1265 metri). Valicato dalla Strada Statale 17 “dell’Appennino Abruzzese e Appulo Sannitica” all’inizio della discesa che dall’altopiano delle Cinquemiglia conduce verso Sulmona. Prima salita del Giro d’Italia, affrontata nella terza tappa dell’edizione 1909 (Chieti – Napoli, vinta da Giovanni Rossignoli), dopo l’istituzione nel 1933 della maglia verde (oggi azzurra) ha accolto 6 traguardi GPM. L’ultimo a scollinarlo è stato Giovanni Visconti nel 2009, nei chilometri iniziali della tappa Sulmona – Benevento vinta dall’indimenticato Michele Scarponi. In precedenza hanno conquistato questo GPM lo scozzese Robert Millar nel 1987 (tappa Rieti – Roccaraso, vinta da Moreno Argentin), lo spagnolo Pedro Torres nel 1978 (tappa Silvi Marina – Benevento, vinta da Giuseppe Saronni), il francese Raphaël Géminiani nel 1957 (tappa Pescara – Napoli, vinta da Vito Favero), il piemontese Pasquale Fornara nel 1953 (tappa San Benedetto del Tronto – Roccaraso, vinta da Fausto Coppi) e da Gino Bartali nel 1951 (tappa Foggia – Pescara, vinta da Giuseppe Minardi).

Sella di Pratoriscio (2130 metri). Quotata 2135 sulle cartine ufficiali del Giro, è il punto terminale della Strada Statale 17 bis dir. C “della funivia del Gran Sasso” e coincide con il luogo dove sorge l’Hotel Campo Imperatore, presso il quale si concluderà la tappa. Si tratta della quinta volta che la Corsa Rosa si arrampica sin lassù: in precedenza si sono qui imposti lo spagnolo Vicente López Carril nel 1971, il danese John Carlsen nel 1989, Marco Pantani nel 1999 e Simon Yates nel 2018. Non fa testo la tappa del Gran Sasso del 1985, vinta da Franco Chioccioli, perché in quell’occasione si affrontò solo il tratto iniziale dell’ascesa, con il traguardo collocato in località Fonte Cerreto, a circa 1110 metri di quota.

Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).

Il Gran Sasso e l’altimetria della settima tappa del Giro 2023 (www.visitareabruzzo.it)

Il Gran Sasso e l’altimetria della settima tappa del Giro 2023 (www.visitareabruzzo.it)

CIAK SI GIRO

Se siete appassionati al genere “fantasy” avrete visto (o dovete assolutamente vedere) Ladyhawke, film statunitense del 1985 ambientato nel XIII secolo. È in quell’epoca che si svolgono le vicende del cavaliere Etienne Navarre e dell’amata Isabeau D’Anjou, costretti da una maledizione a vivere il primo nelle sembianze di un lupo e la seconda in quelle di un falco (“hawke” in inglese, da qui il titolo del film). Sebbene la pellicola sia ambientata in Italia, nella versione arrivata nelle nostre sale cinematografiche il nome della località dalla quale ha inizio la trama è stato “francesizzato” in Aguillon, mentre nella versione originaria veniva chiamato Aquila e in effetti è proprio in Abruzzo che è stata girata una delle scene più spettacolari, quella nella quale Michelle Pfeiffer – che interpreta la protagonista “Ladyhawke” – precipita da una delle torri della residenza del monaco Imperius, che in realtà è il castello di Rocca Calascio, nell’occasione manipolato digitalmente aggiungendovi strutture architettoniche non presenti presso il maniero abruzzese. Siamo alle soglie di Campo Imperatore, la cui piana ha ospitato altri “ciak” del film, quelli del precipitoso viaggio a cavallo di Marquet verso la residenza del vescovo di Aguillon, che invece è un mix tra la rocca lombarda di Soncino e il castello emiliano di Torrechiara. Se siete dei pedalatori avrete inoltre la possibilità di riconoscere al volo anche due luoghi che saranno toccati durante nell’ultimo tappone del Giro 2023, quello delle Tre Cime di Lavaredo: prima di arrivare al Rifugio Auronzo i “girini” dovranno infatti salire fino ai 2236 metri del Passo Giau e poi sfiorare proprio ai piedi dell’ascesa finale il piccolo lago d’Antorno, entrambi immortalati nella pellicola firmata da Richard Donner.

In collaborazione con www.davinotti.com

Il castello di Rocca Calascio nel film “Ladyhawk” (www.davinotti.com)

Il castello di Rocca Calascio nel film “Ladyhawk” (www.davinotti.com)

Le altre location del film

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/ladyhawke/50002250

FOTOGALLERY

Capua, ponte romano

Calvi Vecchia, cattedrale di San Casto

Vairano Scalo, monumento all’incontro tra Garibaldi e Vittorio Emanuele II

Il “Verlasce”, l’antico anfiteatro di Venafro (www.visitmolise.eu)

Il “Verlasce”, l’antico anfiteatro di Venafro (www.visitmolise.eu)

Rocchetta a Volturno, sorgenti del fiume Volturno

Rocchetta a Volturno, abbazia di San Vincenzo al Volturno

Altopiano delle Cinquemiglie

Sulmona, acquedotto medioevale

Badia Morronese

Bussi sul Tirino, chiesa di Santa Maria di Cartignano

Rocca Calascio, castello

Santo Stefano di Sessanio, la Torre Medicea in un’immagine precedente il terremoto del 2009

Campo Imperatore, Lago Racollo

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