ACUTO DI ROGLIC NELLA PRIMA TAPPA DELLA VOLTA A CATALUNYA
Primoz batte Remco. Il primo round di uno dei duelli più avvincenti del ciclismo attuale, di scena al Giro di Catalogna 2023, va a Primoz Roglic (Jumbo Visma), che parte ai -250 metri dal traguardo e supera in volata Remco Evenepoel (Soudal-QuickStep) aggiudicandosi la prima frazione, 164,6 chilometri in circuito attorno Sant Feliu de Guixols e un percorso ricco di asperità.
L’acuto dello sloveno arriva al termine di una tappa che ha visto in fuga cinque corridori: Rune Herregodts (Intermarché-Circus-Wanty), Alessandro De Marchi (Team Jayco-AlUla), Oscar Onley (Team DSM), Pau Miquel (EquipoKernPharma), JetseBol (Burgos-BH). Otteranno un vantaggio massimo di 4 minuti perchè il gruppo lascia fare e si mette a tirare per davvero solo all’inizio della prima salita di giornata, l’Alta de Ganga, a 60 km dall’arrivo. La testa della corsa scollina con 1’20” sul plotone e poi, mentre si procede verso l’Alt de Romanyà, iniziano a lavorare Jumbo-Visma, Israel – Premier Tech, UAE Emirates e Lotto per riprendere la fuga e tirare la volata ai loro uomini di punta. A 30 km dal traguardo il gruppo accorcia il distacco rispetto ai quattro davanti (nel frattempo Miquel ha, infatti, alzato bandiera bianca) ad una quarantina di secondi. Il forcing tra gli inseguitori aumenta e intanto il gruppetto di testa perde un altro pezzo: ai – 10 km dall’arrivo si sfila pure Bol.
Quando mancano 5 km al traguardo si verifica una caduta in mezzo al gruppo che coinvolge Dario Cataldo (Trek-Segafredo), Anthony Delaplace (Team Arkéa-Samsic), Michael Storer ( Groupama-FDJ) e Jose Joaquin Rojas (Movistar Team). Ad avere la peggio è proprio l’italiano, che è costretto al ritiro.
Intanto c’è il ricongiungimento ai -3 dall’arrivo. Ci si prepara al volatone. Ai -250 ecco lo spunto di Roglic che anticipa le velleità di Evenepoel andando a trionfare. Il campione del mondo in carica deve accontentarsi della piazza d’onore. Terzo è Ide Schelling (Bora-Hansgrohe) mente Giulio Ciccone ottiene un buon quinto posto. In classifica generale Roglic ha 4” di vantaggio su Remco e 6” su Schelling.
Domani la seconda frazione della Volta a Catalunya partirà da Matarò per arrivare dopo 166 km ai 2135 metri della stazione sciistica di Vallter dopo aver superato anche il Coll de Coubet (1a categoria).
Vito Sansone

Evenepoel alza il braccio, ma è Roglic a batterlo sul primo traguardo del Giro di Catalogna (Getty Images)
SULLA MONTAGNA DELL’ANGELO DAGLI OCCHI DI GHIACCIO
marzo 20, 2023 by Redazione
Filed under 23 MAGGIO 2023: SABBIO CHIESE - MONTE BONDONE, Copertina, News
Arriva il giorno del Bondone, un nome che mette i brividi al ricordo di quel che patirono i partecipanti al Giro del 1956. I timori non sono malriposti perché la tappa che si concluderà sulla “Montagna di Trento” sarà una delle più dure dell’edizione 2023, forte di 5700 metri di dislivello e delle sue sei salite, anche se quella finale non sarà intrapresa dal suo versante più impegnativo e celebre, quello della vittoria di Gaul nel drammatico tappone di 67 anni fa.
Sull’arco alpino e sul Piemonte si avrà nuvolosità intensa con precipitazioni anche a carattere temporalesco. Il tempo si mantiene abbastanza buono sulle altre regioni, salvo qualche isolata attività temporalesca nelle ore più calde. Nebbie nelle valli e foschie sui litorali. Temperatura in lieve aumento. Mari da leggermente mossi a mossi; localmente agitati mar Ligure e canale di Sicilia
Le previsioni che avete appena letto furono quelle che il quotidiano “La Stampa” pubblicò sull’edizione uscita l’8 giugno del 1956, il giorno nel quale era previsto il tappone dolomitico del Giro d’Italia, 242 Km da percorrere tra il raduno di partenza di Merano e il traguardo di “Trento Alta” superando strada i passi Costalunga, Rolle, Gobbera e Brocon prima dell’ascesa finale verso il Monte Bondone. Ventiquattrore prima a Trento erano state registrate una temperatura massima di 31 gradi e una minima di 14 che facevano presagire una giornata sì di maltempo, ma non eccezionale, anche perché nella frazione precedente si era saliti senza troppi problemi sullo Stelvio, dove i corridori avevano incontrato solo un po’ di nevischio sballottato dal vento. I meteorologi avevano fatto, però, cilecca perché quell’otto giugno passerà alla storia per un inatteso colpo di coda della stagione invernale che rese quella di Trento una delle più drammatiche tappe dalla storia della Corsa Rosa. Le precipitazioni a carattere temporalesco che erano state annunciate dal quotidiano torinese si verificarono puntualmente sin dal via da Merano e non furono mai smentite, ma il fatto che ai quasi 2000 metri del Passo Rolle diluviasse ma non nevicasse era motivo per un piccolo sospiro di sollievo, anche perché le successive salite erano tutte a quote nettamente inferiori. La pioggia, però, non smetteva mai, a fioccare erano i ritiri e ai disagi dell’acqua si aggiunsero quelli di un forte e gelido vento che, spazzando in senso contrario il lungo tratto pianeggiante che precedeva la salita finale, finì per congelare i già intirizziti corridori. Il diavolo non è così brutto come lo si dipinge…. A volte è ancora peggiore e nessuno poteva immaginare che quella pioggia sull’ultima ascesa si trasformerà in una nevicata che decimerà ancora di più il gruppo, mentre le temperature precipitano fino a quattro gradi sotto lo zero a un traguardo dove giunsero solo 41 degli 86 “girini” che erano partiti da Merano. E negli occhi di tutti, anche a chi doveva ancora nascere grazie alle drammatiche foto d’epoca, è indelebile l’immagine di Charly Gaul che taglia vittorioso il traguardo con un’espressione quasi inebetita e con i suoi glaciali occhi azzurri diventati quasi un tutt’uno con il “ghiaccio” che provava addosso il lussemburghese, la cui impresa gli fu comunicata solo dopo averlo tirato su di peso dalla sella e trasportato in albergo, dove fu immerso prontamente in una vasca ricolma d’acqua bollente.
Per questo motivo è con un certo “brivido” che tutte le volte si accoglie la notizia che il Giro tornerà ad affrontare il Bondone, anche se giornate come quella di 67 anni fa oggi sono irripetibili grazie allo speciale “protocollo” voluto dai corridori e che prevede che, in caso di maltempo eccezionale, la tappa sia accorciata o del tutto annullata. Da quel giorno altre 13 volte la Corsa Rosa ha inserito la salita trentina nel tracciato e tutte le volte il pensiero è andato a quella tappa che “terremotò” il Giro, un sisma che potrebbe replicarsi anche quest’anno perché la frazione che terminerà sul Bondone sarà – tra le quattro alpine di questa edizione – quella dotata del maggior numero di metri di dislivello da superare, anche se forse ancor più impegnativa sarà quella in programma tra qualche giorno sulle Dolomiti tra Longarone e le Tre Cime di Lavaredo. Andando nello specifico oggi si dovranno superare quasi 5700 metri di dislivello “spalmati” su ben sei salite, con il Bondone che non sarà affrontato dal versante di Trento – quello più impegnativo, oltre che quello della storica tappa del 1956 – ma da quello meno tradizionale di Aldeno. Sono numeri che potrebbero per davvero buttare all’aria la classifica, anche se c’è il rischio che, considerato l’andazzo degli ultimi anni e la mole di difficoltà prevista tra oggi e i prossimi giorni, i corridori di classifica decidano di muoversi solo nel finale dell’ascesa conclusiva o al massimo anticipare qualche azione sulla precedente salita di Serrada.
In attesa delle difficoltà odierne nei primi 60 Km si pedalerà in pianura e, una volta lasciata la Val Sabbia, si percorrerà la strada che costeggia il Lago di Garda sul lato lombardo, incontrando a una dozzina di chilometri dal via la nota località di Gardone Riviera, visitata dai turisti diretti al Vittoriale degli Italiani, monumentale dimora di Gabriele d’Annunzio dal 1921 alla morte, che lo colse il primo marzo del 1938. Questo tratto iniziale privo di difficoltà altimetriche non sarà, però, privo d’insidie perché occorrerà attenzione nel percorrere le gallerie scavate nella roccia che caratterizzano la statale gardesana. Ne sono previste ben 25, alcune delle quali molto lunghe, come quella di quasi 3 Km nel mezzo della quale si trova lo svincolo per il borgo di Campione del Garda, interessante esempio di archeologica industriale per il suo villaggio operaio, sorto attorno ad una filanda impiantata nel XVIII secolo e che richiama quello più celebre di Crespi d’Adda. In uno dei tratti alla luce del sole si toccherà il centro di Limone del Garda, il cui nome deriva da quello celtico degli olmi (limo o lemos) e dunque non ha nulla a che vedere con gli agrumi che, per un curioso scherzo del destino, sono uno dei vanti di questa località, coltivati nelle numerose limonaie che la punteggiano, la più celebre dei quali è il “Tesöl”, in quanto vi si trova anche la casa natale di San Daniele Comboni, il missionario fondatore degli ordini dei Comboniani e delle Pie Madri della Nigrizia.
Entrati in Trentino lo scenario non cambierà e, sfiorato l’orrido del Ponale (percorso da uno spettacolare sentiero che un tempo era una strada carrozzabile, inserita in diverse occasioni nel tracciato del Giro), ci s’infilerà in un’ultima lunga galleria – 2 Km quasi perfettamente rettilinei – usciti dalla quale ci si dirigerà verso Riva del Garda, località di villeggiatura situata all’estremità settentrionale del lago e frequentata meta degli appassionati di vela e windsurf per la presenza della cosiddetta “Ora del Garda”, forte vento che rappresenta un irresistibile richiama per gli amanti di questi sport. Molte sono le gare, di caratura anche internazionale, che hanno colme palcoscenico il vicino centro di Torbole, nel quale i “girini” saluteranno la pianura per affrontare la prima delle sei ascese di giornata, l’unica a non presentare in vetta lo striscione del Gran Premio della Montagna. Percorsi i 1600 metri all’8.4% che terminano alle soglie del centro di Nago, presso il quale si possono ammirare le cavità d’origine glaciale note con il soprannome di “Marmitte dei Giganti, si affronterà la discesa che terminerà alle porte di Arco dove si andrà immediatamente all’attacco della salita successiva, quella che i cicloamatori conosco con il nome di Monte Velo e che sulle cartine del Giro è segnalata con il toponimo ufficiale di Passo di Santa Barbara. Tra quelle odierne è quella dotata della pendenza media più elevata, 12.3 Km all’8.4% che sono entrati nella storia del Giro per l’episodio che costò l’espulsione dalla corsa a Wladimir Belli nell’edizione 2001, quando lo scalatore bergamasco fu ripreso dall’elicottero mentre sferrava un punto a un tifoso di Gilberto Simoni (Belli stava tirando per il suo capitano Dario Frigo, diretto rivale in classifica del trentino) che lo aveva appena insultato. Della successiva discesa se ne percorrerà la prima parte, nel corso della quale si toccherà un tratto al 23% di pendenza, per poi svoltare in direzione del Passo Bordala, 3700 metri al 7.1%. Nel corso della discesa si abbandonerà la strada diretta al Lago di Cei, alimentato da sorgenti sotterranee, per planare su Villa Lagarina e da lì varcare l’Adige alle porte di Rovereto, centro che dal 2002 ospita la principale tra le due sedi del Mart, il Museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, progettato dall’architetto ticinese Mario Botta. Risalendo inizialmente le pendici del colle di Miravalle, sul quale si trova la celebre Campana dei Caduti che ha fatto meritare a Rovereto il soprannome di “Città della Pace”, si andrà a intraprendere la quarta salita di giornata, diretta alla località Matassone. Sono 11.4 Km al 5.6% solo all’apparenza facili (la pendenza media nei primi 6 Km è dell’8.4%) che costituiscono una variante inedita al tratto iniziale del Pian delle Fugazze, altra salita rimasta nella storia del Giro per un episodio non certo di “fair play” accaduta ben 101 anni fa. Si correva la prima tappa dell’edizione 1922, 326 Km per andare da Milano a Padova passando per l’appunto dalle Fugazze, nella cui discesa Giovanni Brunero – vincitore uscente della Corsa Rosa essendo imposto in classifica l’anno precedente – cade e rompe la ruota. Il regolamento dell’epoca prevede che i componenti della bici dovessero essere riparati ma non sostituiti ed è proprio quello che non fa il corridore piemontese, che ne chiede una in prestito a un compagno di squadra per poi involarsi verso il traguardo, dove s’impone con più di un quarto d’ora sul cremonese Gaetano Belloni. Qualcuno ha, però, notato il fattaccio e lo segnala alla giuria, che toglie la vittoria a Brunero, squalificandolo ma consentendogli “sub iudice” di continuare la corsa, pur se con una penalizzazione di ben 25 minuti. Le proteste montano, le formazioni dello stesso Belloni e di Girardengo si ritirarano, ma giuria e UCI decidono di non tornare sui loro passi confermando la decisione di far proseguire il Giro a Brunero, che l’11 giugno successivo s’imporrà nel suo secondo Giro d’Italia con più di dodici minuti di vantaggio su Bartolomeo Aymo e oltre un’ora e mezza su Giuseppe Enrici.
Tornando al Giro del 2023, dopo lo scollinamento di Matassone si percorrerà in discesa il tratto iniziale del versante classico del Pian delle Fugazze nuovamente in direzione di Rovereto, abbandonandolo all’altezza dell’impressionante gola alle cui pareti è letteralmente aggrappato da più di mille anni l’Eremo di San Colombano, costruito presso la grotta dove, secondo la tradizione, abitò il monaco irlandese. Non ci sarà il tempo per una riflessione perché subito si riprenderà a salire per affrontare i 17 Km al 5.5% (ultimi 10 Km al 6.6%) che conducono a Serrada, località di villeggiatura che rappresenta una delle porte d’accesso all’altopiano di Folgaria, scenario di una delle più celebri gran fondo di mountain-bike, la “100 Km dei Forti”, il cui nome fa riferimento alle fortificazioni che furono costruite in epoca austro-ungarica sulle montagne circostanti. Si farà quindi velocemente ritorno nella valle dell’Adige, superandone il corso dopo aver toccato il centro di Calliano e sfiorato nel tratto conclusivo della discesa la mole di Castel Beseno, il più grande del Trentino, costruito a partire dal XII secolo e oggi sede di parte delle collezioni del museo del Castello del Buonconsiglio di Trento. Sarà concessa a questo punto una decina scarsa di chilometri di pianura per tirare il fiato prima che le ostilità riprendano con l’ascesa finale al Bondone che, come anticipato in apertura, sarà affrontato da un versante poco battuto dalle corse ciclistiche. Dieci volte (con un doppio passaggio nel 1992) si è saliti dal versante storico di Trento, che è anche il più difficile, due da quello opposto di Lasino, mentre quest’anno si salirà, come nel 1973 e nel 2020, da quello più defilato di Aldeno, che ricalca una vecchia rotabile di guerra che era ancora sterrata quando Torriani la propose per la prima volta nel percorso del Giro e nell’occasione fu necessario spargere del sale sulla carreggiata per impedire che si alzasse un bianco polverone che avrebbe potuto creare non pochi problemi ai corridori e, soprattutto, ai loro occhi. Da questo lato la salita è lunga poco più di 21 Km ed ha un andamento discontinuo, alternandosi tratti impegnativi ad altri più pedalabili. Così i primi 3 Km, tra i più difficili, salgono al 10.7% medio poi la strada spiana per quasi 1000 metri per riprendere a “mordere” nei successivi 1.2 Km al 9.7%. La salita si ammoscia di botto e per un paio di chilometri si pedala con un’inclinazione media del 6% prima di un tratto intermedio di quasi 3 Km, in corrispondenza della località di Garniga Terme, nel quale la salita diventa un ricordo. Poi le pendenze di risvegliano e si attestano all’8,8% medio nei successivi 7 Km che, toccato un picco massimo del 15%, si concludono alle soglie dell’altopiano delle Viote, meta prediletta dagli amanti della natura per la presenza di un giardino botanico aperto nel 1938 su iniziativa del biologo Vittorio Marchesoni. In questo contesto naturale si percorreranno gli ultimi chilometri, nei quali non s’incontreranno più pendenze particolarmente difficili, anche se pure in quest’ultima fase le inclinazioni continueranno a cambiare pedalata dopo pedalata, variazioni di ritmo che potrebbero anche causare la dilatazione dei distacchi accusati nei più ripidi tratti precedenti.
E così il Bondone potrebbe tornare a far parlare di sé, come in quella drammatica tappa di quasi 70 anni fa.
Mauro Facoltosi
I VALICHI DELLA TAPPA
Passo di Santa Barbara (1169 metri). Sella costituita dai monti Creino e Stivo, è noto anche come “Passo di Creino” e “Monte Velo”. È valicato dalla Strada Provinciale 48 “Monte Velo” tra Bolognano (Arco) e Ronzo-Chienis. Due volte è stato inserito nel percorso del Giro, sempre dal versante di Bolognano, la prima nel corso della Cavalese – Arco del Giro del 2001, la tappa citata nell’articolo a proposito dell’episodio che costò l’espulsione a Wladimir Belli e che vide lo spagnolo Unai Osa (terzo in classifica al termine di quel Giro) conquistare la cima del Santa Barbara e il colombiano Carlos Alberto Contreras imporsi sul traguardo di Arco. Ci si tornerà l’anno successivo in occasione del tappone Corvara in Badia – Folgaria, vinto dal russo Pavel Tonkov dopo che al GPM del Santa Barbara era transitato per primo il messicano Julio Alberto Pérez Cuapio.
Passo Bordala (1253 metri). Valicato dalla Strada Provinciale 88 “della Val di Gresta”, mette in comunicazione Ronzo-Chienis con Aldeno e Villa Lagarina. L’unico precedente passaggio della Corsa Rosa risale alla pocanzi citata tappa di Folgaria del Giro del 2002, quando Julio Alberto Pérez Cuapio conquistò anche il GPM collocato in cima al Bordala dopo aver fatto suo pochi chilometri prima quello del Santa Barbara. Lo scorso anno la salita al Bordala è stata inserita nel percorso del Giro d’Italia femminile: la tappa era quella di Aldeno, vinta dalla maglia rosa Annemiek van Vleuten mentre era stata la statunitense Kristen Faulkner a transitare per prima sotto lo striscione del GPM.
Sella Serrada (1250 metri). Vi sorge l’omonima frazione di Folgaria, attraversata dalla Strada Provinciale 2 “Rovereto – Folgaria” tra Rovereto e Folgaria. Il Giro d’Italia non è mai transitato da questa località, che nel 1987 fu sede di partenza del prologo del Giro del Trentino, una cronometro di quasi 6 Km che si concluse nella vicina Folgaria, dove s’impose l’idolo di casa (e non solo) Francesco Moser: fu l’ultimo successo in carriera del campione trentino, che si ritirerà l’anno successivo.
Sella del Bondone (1560 metri). Si trova in corrispondenza del trivio nel quale confluiscono i tre versanti del Bondone, alla congiunzione tra la Strada Provinciale 85 “del Monte Bondone” e la Strada Provinciale 25 “Garniga”.
Valico di Monte Bondone (1654 metri). È il punto più elevato della Strada Provinciale 85 “del Monte Bondone”, che mette in comunicazione Trento con Lasino. Coincide con la località Vason e non sarà toccato dai corridori perché la tappa si concluderà in località Rocce Rosse, circa un chilometro e mezzo prima di giungere a Vason dal trivio fra i tre versanti del Bondone. Dopo la tremenda tappa del Giro del 1956, Torriani riproporrà il Monte Bondone l’anno successivo, quando questo traguardo finirà a sorpresa nel carniere di un velocista, lo spagnolo Miguel Poblet, al termine di una tappa pure rimasta nella storia, stavolta per la crisi che colse proprio Gaul, attaccato dai diretti rivali di classifica dopo che si era fermato a bordo strada per un’esigenza fisiologica. Dovranno trascorrere 11 anni prima di rivedere i corridori affrontare la “Montagna di Trento”, inserita nel 1968 nel percorso della Brescia – Lago di Caldonazzo, vinta dallo stesso corridore che diversi chilometri prima aveva conquistato la cima del Bondone, lo spagnolo José Maria Jiménez. Nel 1972 ci fu una scalata parziale, interrompendo l’ascesa all’altezza di Candriai, durante la semitappa Asiago – Arco, vinta dal belga Roger De Vlaeminck dopo che il Bondone era finito nel palmares del varesino Wladimiro Panizza. Il 1973 fu l’anno della prima scalata dal versante di Aldeno, affrontata durante la tappa Vicenza – Andalo, vinta dal cannibale Eddy Merckx dopo che il Bondone se l’era “pappato” un altro corridore iberico, José Manuel Fuente. Nel 1975 ci fu nuovamente il binomio Bondone – De Vlaeminck quando il belga s’impose nella Brescia – Baselga di Pinè, con la cima del monte stavolta conquistata dal brianzolo Giacinto Santambrogio. L’anno successivo la tappa del Bondone fu la Vigo di Fassa – Terme di Comano, vinta dal veronese Luciano Conati dopo lo scollinamento in testa del cremonese Enrico Guadrini. Dopo i precedenti del 1956 e del 1957, il Bondone tornerà a essere sede d’arrivo nel 1978, al termine di una frazione scattata da Cavalese che terminerà con il successo di un corridore che già aveva messo la sua firma lassù, l’indimenticato Panizza. Dovrà poi trascorrere quasi un decennio – periodo nel quale i percorsi del Giro saranno disegnati con mano leggera per invogliare la presenza di Moser e Saronni e aumentare la tiratura della Gazzetta – prima che il Bondone torni a svettare sull’altimetria di una tappa della Corsa Rosa, inserito nel 1987 nel finale della Canazei – Riva del Garda, con il bergamasco Alessandro Paganessi primo in vetta e il marchigiano Marco Vitali vincitore in riva al lago. Nel 1992 ci furono addirittura ben due scalate, inserite nel finale di una frazione che scattò da Corvara per concludersi in vetta al monte, dove grande protagonista fu il trevigiano Giorgio Furlan, autore di una lunga fuga da lontano che lo porterà a “intascarsi” entrambi i GPM posti al termine dell’ascesa. Nel 2001 la salita inserita nel tracciato della già citata tappa Cavalese – Arco, con il GPM vinto dall’umbro Fortunato Baliani, mentre nel 2006 – partendo da Rovato – si disputerà quello che al momento è l’ultimo arrivo sulla “Montagna di Trento”, al cui traguardo s’imporrà a maglia rosa Ivan Basso. L’ultima scalata porta la data del 21 ottobre del 2020, quando la Corsa Rosa fu costretta dalla pandemia a traslocare in autunno e fu il portoghese Ruben Guerreiro a far sua la cima della grande montagna durante la Marostica – Madonna di Campiglio, vinta dall’australiano Ben O’Connor. In realtà anche nel 1999 era previsto il Bondone (fino a Candriai) durante la tappa Predazzo – Madonna di Campiglio, ma dopo la presentazione della corsa fu fatto notare al direttore del Giro Carmine Castellano di aver esagerato quell’anno con le difficoltà e qualche mese più tardi si optò per togliere la salita dal tracciato della tappa.
Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).

Charly Gaul affronta il Bondone durante la drammatica tappa del Giro del 1956 e l’altimetria della sedicesima tappa del Giro 2023
CIAK SI GIRO
280mila visitatori. È la cifra record che nel 2019 è stata registrata dalle casse del Vittoriale degli Italiani, l’ultima residenza di Gabriele d’Annunzio. Tra questi turisti ce n’è uno che la casa del “Vate” non la visitò per piacere ma per dovere, fermandosi per ben due settimane a gennaio di 4 anni fa, periodo nel quale il Vittoriale fu totalmente chiuso al pubblico. Quel visitatore d’eccezione risponde al nome dell’attore romano Sergio Castellitto, venuto sullo sponde del lago di Garda per interpretare il poeta abruzzese nel film “Il cattivo poeta”, pellicola che parla degli due anni di vita del “Vate”, quando il regime fascista gli invierà una spia per sorvegliarlo e cercare d’impedire che si esprimesse pubblicamente contro l’alleanza tra Mussolini e Hitler. L’arrivo di Giovanni Comini (la spia, interpretata da Francesco Patanè), avviene in una data che nel film non viene precisata ma che è facilmente intuibile perché nel momento nel quale il Comini entra nel cortile del Vittoriale è in corso una conferenza stampa “condotta” dal direttore della Gazzetta dello Sport Emilio Colombo (Stefano Abbati): è il 5 giugno del 1936, data nella quale si svolse – ma questo nel film non si vede – una tappa del Giro con arrivo a Gardone, vinta da Gino Bartali che ricevette oltre al tradizionale mazzo di fiori anche due premi donati dallo stesso D’Annunzio, una placca d’ottone e una custodia con sopra raffigurato il labirinto simbolo del suo romanzo “Forse che sì forse che no»” Quel che si vede nel film è proprio il Vittoriale, ne viene mostrato il vialetto d’accesso, la cosiddetta “Prioria” (cuore del complesso, nei cui appartamenti abitava il poeta), la limonaia con vista sul lago e la Nave Puglia, torpediniere che fu dopo il disarmo fu smantellato, donato a D’Annunzio e in ricostruito in gran parte nel vasto parco della dimora.
In collaborazione con www.davinotti.com

Scena de “Il cattivo poeta” girata nel cortile della Prioria, la residenza di D’Annunzio al Vittoriale degli Italiani (www.davinotti.com)
Le altre location del film
https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/il-cattivo-poeta/50054416
FOTOGALLERY
Sabbio Chiese, santuario della Madonna della Rocca
Gardone Riviera, Vittoriale degli Italiani
Uno scorcio del villaggio operaio di Campione del Garda
Limone sul Garda, casa natale di San Daniele Comboni
Ledro, la vecchia strada del Ponale
Torbole
Nago, Marmitte dei Giganti
Lago di Cei
Rovereto, MART*
Trambileno, eremo di San Colombano
Serrada, Forte Dosso delle Somme
Castel Beseno visto dalla discesa da Serrada
Monte Bondone, Altopiano delle Viote
PER SEMPRE ALFREDO, VINCE ENGELHARDT IN VOLATA
Felix Engelhardt vince la classica in ricordo di Alfredo Martini. Battuti in volata Stewart e Foldager
Giornata piovigginosa sulle colline fiorentine care ad Alfredo Martini, alla cui gloriosa memoria questa corsa è intitolata.
La fuga del giorno evade intorno al chilometro numero 20, ed è composta da Michael Belleri (Biesse-Carrera), Marcel Camprubí (Q36), Giacomo Garavaglia (Work Service), Mattia Piccini (Gallina Ecotek Lucchini), Stefano Leali (General Store), Anthoni Silenzi (MG.K vis) e Aaron Van Der Beken (Bingoal Wb). I battistrada raggiungono un vantaggio massimo di 3 minuti e 30 secondi sul resto del gruppo, che lascia fare ma senza esagerare. Col passare dei chilometri sia il gruppetto di testa che il plotone alzano il ritmo: il primo effetto è lo sfilacciarsi uno ad uno di elementi dalla testa della corsa, con Van Der Breken ultimo a resistere al ritorno del gruppo, divenuto però inesorabile.
Si torna dunque a ranghi compatti quando al traguardo mancano circa 60 km: approfittando della situazione ci provano subito in contropiede Georg Steinhauser (EF Education Easypost) e Alexis Guerin (Bingoaol), i quali riescono a mettere fra loro e il plotone circa 30 secondi. Entrati nel circuito finale da percorrere due volte con l’ascesa al GPM di Collina i secondi diventano 60, e solo allora la Ineos Grenadiers inizia a gestire le operazioni di ricorsa che si concludono ai piedi della seconda e ultima ascesa, quando al traguardo di km ne mancano ormai solo 13.
Sul GPM ci provano in diversi, ma l’unico in grado di fare la differenza proprio in vista dello scollinamento è Walter Calzoni (Q36.5 Pro Cycling), mettendo una manciata di secondi fra lui e il resto della corsa. Purtroppo però la fortuna non lo assiste nella tortuosa picchiata verso Sesto Fiorentino, e complice anche la strada umida finisce a terra dovendo salutare i sogni di gloria odierna. Stessa sorte pochi km più tardi capita a Brandon Rivera (Ineos Grenadiers), il primo a provare il contrattacco alle spalle del giovane lombardo della compagine nell’orbita di Vincenzo Nibali, ma anche lui finisce a sua volta a terra in discesa una volta ritrovatosi al comando della corsa.
Si arriva quindi alla volata a ranghi compatti sul traguardo di Sesto: il più veloce di tutti è Felix Engelhardt (Team Jayco-AlUla). Chiudono il podio Mark Stewart (Bolton Equities Spoke Pro Cycling) e l’azzurro Anders Foldager (Biesse Carrera).
Lorenzo Alessandri

Felix Engelhardt felice per la vittoria nella corsa intitolata ad Alfredo Martini (foto Team Jayco-AlUla)
VAN DER POEL E’ DI NUOVO IN FORMA E VA A PRENDERSI LA SANREMO IN CONTROPIEDE
marzo 18, 2023 by Redazione
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Mathieu Van Der Poel, che era apparso in grave ritardo di condizione alla Strade Bianche e non aveva brillato neppure alla Tirreno-Adriatico, riesce con una frustata secca in contropiede a sorprendere Pogacar, Van Aert e un ottimo Ganna e a prendere una manciata di secondi, che gli saranno sufficienti per apporre il proprio nome nell’albo d’oro della Classicissima.
La Milano-Sanremo, la prima monumento della stagione, ha sempre il sapore della tradizione ed un fascino ineguagliabile nonostante il percorso, nel ciclismo moderno, possa apparire privo di significative insidie. In realtà, come ci ha insegnato la storia degli ultimi anni, l’elevatissimo chilometraggio, di poco inferiore ai 300 Km, al quale i corridori oggi non sono più abituati risulta essere un fattore non solo decisivo, ma anche un elemento in grado di modificare i classici valori in campo e quindi un fattore di incertezza che rende questa corsa altamente imprevedibile.
La salita del Poggio infatti, pur presentando pendenze estremamente dolci, negli ultimi anni è sempre stata determinante per portare sul traguardo di Via Roma un uomo solo oppure un drappello estremamente ridotto e questo proprio perché arriva dopo 285 chilometri di corsa.
Tadej Pogacar (UAE Team Emirates), dopo aver rinunziato a partecipare alla Strade Bianche ed aver fatto man bassa alla Parigi-Nizza proprio in chiave Sanremo, ha fallito per la prima volta in questa stagione un vero dichiarato obiettivo. Va detto che una corsa come la Sanremo non presenta quelle caratteristiche che permettono allo sloveno di fare la differenza sugli avversari e si tratta quindi di una corsa difficile da vincere per lui, tuttavia come sappiamo il giovane capitano della UAE è non solo un grande campione, ma un corridore completo in grado di essere competitivo su tutti i terreni.
Wout Van Aert (Jumbo-Visma), era ovviamente uno dei favoriti per le proprie caratteristiche adatte alle classiche e per il proprio spunto veloce. Non è semplice togliersi di ruota uno come il belga sul Poggio e nella successiva discesa e portare sul traguardo il fortissimo uomo della Jumbo significa, almeno in teoria, condannarsi alla sconfitta.
Filippo Ganna (INEOS Grenadiers), è stato invece sorprendente anche se forse, a livello puramente fisico, poteva anche andare a competere per il successo. Il piemontese è stato bravissimo nel riuscire a resistere alla accelerazione di Pogacar in salita e anche ad accelerare nel finale per andare a cogliere il secondo posto. Proprio guardando il guizzo finale per prendersi il secondo gradino del podio, si è avuta l’impressione che Ganna ne avesse abbastanza anche per rispondere all’accelerazione di Mathieu van der Poel (Alpecin-Deceuninck), anche se bisogna dire che Van Aert e Pogacar una volta capito che la corsa era persa non si sono dannati l’anima per le posizioni d’onore.
Tuttavia questo non è sufficiente a scalzare l’impressione di un Ganna in grado di resistere a Van der Poel perché l’accelerazione decisiva del vincitore della corsa di oggi ha colto tutti di sorpresa. Tutti tenevano d’occhio Pogacar e si aspettavano almeno una seconda sgasata sul modello del 2022 ed invece lo sloveno ha calato il ritmo e, proprio in un momento di apparente calma, Van der Poel ha dato la frustata. Il tempo che i suoi avversari, ivi compreso Ganna, hanno impiegato per pensare a come reagire è stato fatale.
La discesa non ha visto grosse modifiche visto che dietro ha preso in mano le redini Van Aert, che è un ottimo discesista ma anche Van der Poel non è da meno. Nessuno, però, ha preso troppi rischi. Il tratto pianeggiante finale dopo il ritorno sull’Aurelia ha giocato a favore del fuggitivo, visto che la presenza di un uomo veloce come Van Aert non era certo per gli altri due un incentivo a collaborare in un inseguimento.
Il laeder dell’Alpecin era apparso opaco sia alla Strade Bianche, corsa nella quale era rimasto mestamente fuori di giochi abbastanza presto, sia alla Tirreno-Adriatico.
Oggi, invece, dopo una lunghissima gara è stato perfetto sia nel portarsi sul drappello selezionato dalla scatto di Pogacar, sia a cogliere l’attimo per sorprendere tutti con una accelerata brutale e dare tutto per mantenere quei pochi secondi presi in cima al Poggio.
La cronaca della corsa, come spesso accade, non è ricca di episodi da raccontare.
Questo elemento può essere mal visto da coloro i quali sono più attenti alle esigenze televisive, visto che una gara di oltre 6 ore in cui le emozioni si concentrano negli ultimi 20 minuti può sembrare un prodotto televisivamente poco appetibile, tuttavia costoro non capiscono che le emozioni degli ultimi 20 minuti sono conseguenza proprio dell’elevato chilometraggio.
Del resto, gli appassionati di ciclismo sanno perfettamente che, in una corsa di 160 chilometri, su una salita come il Poggio è difficile anche staccare un velocista.
Ecco che allora la Sanremo è lì ogni anno ad ammonire i fautori dell’attuale tendenza a ridurre sempre più il chilometraggio delle tappe adducendo un maggiore spettacolo, mentre invece i fatti dimostrano un maggiore livellamento anche sui percorsi più esigenti, salvo qualche felice eccezione.
La fuga di giornata si è formata quasi subito grazie all’iniziativa di Mirko Maestri (Eolo-Kometa) e Alessandro Tonelli (Green Project-Bardiani CSF-Faizanè), ai quali si sono presto aggiunti Negasi Haylu Abreha (Q36.5 Pro Cycling Team), Alois Charrin (Tudor Pro Cycling Team), Alexandre Balmer (Team Jayco-AlUla), Jan Maas (Team Jayco-AlUla), Alexandr Riabushenko (Astana Qazaqstan), Samuele Rivi (Eolo-Kometa) e Samuele Zoccarato (Green Project-Bardiani CSF-Faizanè).
Questi nove uomini non hanno mai avuto un vero via libera dal gruppo, dato che non è mai stato concesso loro un gran vantaggio, che si è sempre mantenuto nell’ordine dei 3 minuti.
In questa prima fase si possono quindi segnalare solo la scivolata di Pogacar, ancor prima del chilometro zero, e la caduta di Alaphilippe in cima al Turchino che ha costretto il francese a cambiare bicicletta, mentre peggio è andata lungo la discesa a Maciej Bodnar (TotalEnergies), che ha dovuto abbandonare la corsa.
Nella zona dei tre capi (Mele, Cervo e Berta) davanti rimangono in sei, mentre il gruppo comincia a perdere pezzi con uomini come Mark Cavendish (Astana Qazaqstan Team) che perdono contatto, mentre alcune cadute mettono fuori gioco Sam Bennett (Bora-hansgrohe), Jan Tratnik (Jumbo-Visma) e Michael Kwiatkowski (Ineos Grenadiers).
La fuga di giornata si esaurisce poco prima di attaccare la salita della Cipressa, sulla quale il gruppo inizia a procedere a ritmo blando finché in testa non arrivano gli UAE a dare la sveglia, mettendo in difficoltà alcuni corridori ma senza provocare vittime importanti.
Tutto rimandato al Poggio, che viene preso in testa dalla coppia Bahrain Fred Wright-Andrea Pasqualon, i quali hanno obiettivamente un ritmo non eccezionale, tanto che l’arrivo di Tim Wellens (UAE Team Emirates) a suonare la carica sembra raddoppiare la velocità del gruppo.
L’azione di Wellens porta via un drappello che prende qualche metro sul resto del gruppo, che si sfilaccia. Davanti rimangono Tadej Pogacar. Filippo Ganna, Mathieu van Der Poel, Wout Van Aert, Mads Pedersen (Trek – Segafredo), Soren Kragh Andersen (Alpecin-Deceuninck) e Neilson Powless (EF Education-EasyPost). Il tempo per contarsi non c’è perché Pogacar prova con una delle sue accelerazioni a mettere in difficoltà gli avversari.
Il più lesto a rispondere è Ganna, al quale si accodano Van Aert e Van der Poel.
Nel momento nel quale Pogacar rallenta il ritmo parte in contropiede Van der Poel, che come già narrato prenderà un vantaggio che gli sarà sufficiente per andare tagliare in solitaria a braccia alzate lo storico traguardo di Via Roma.
Ancora una volta si è vista una gara molto emozionante accesasi sul Poggio che. però, non ci si stancherà mai di ribadirlo, è conseguenza dell’elevato chilometraggio che si deve affrontare in precedenza e questo è l’elemento caratteristico della Sanremo, come i muri per il giro delle Fiandre o il pavè per la Roubaix.
La Classicissima, prima monumento della stagione, apre la fase delle grandi classiche di primavera che, visti i protagonisti in campo, si annuncia tutta da seguire.
Benedetto Ciccarone

Van der Poel lanciato verso la vittoria nella Milano-Sanremo (foto Tim de Waele/Getty Images)
MILANO – SANREMO. LE PAGELLE DE ILCICLISMO.IT
marzo 18, 2023 by Redazione
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Le pagelle della Milano-Sanremo 2023 come sempre evidenziano pregi e difetti dei ciclisti che hanno dato spettacolo o deluso nella 114° edizione della Classicissima.
Mathieu van der Poel. Dopo un quinto ed un terzo posto nel 2021 e nel 2022 parte tra i grandi favoriti anche se non come il primo dei favoriti. Conduce una corsa attenta protetto alla perfezione dall’Alpecin Deceuninck. Sul Poggio si attacca alla ruota di Pogacar e dopo l’attacco dello sloveno contrattacca prima dello scollinamento guadagnando terreno sui diretti avversari. In discesa mantiene le distanze e va a vincere in Via Roma consegnando all’Olanda una vittoria che mancava dal 1985 con Hennie Kuiper. Voto: 9.
Filippo Ganna.. L’Italia riponeva le sue speranze sul capitano dell’INEOS, ancora più capitano dopo il forfait di Thomas Pidcock. Pippo ci mette cuore e gambe, denotando un’ottima condizione fisica che gli permette di restare sempre con i primi, anche sul Poggio quando Pogacar accelera. Patisce anche lui il successivo attacco di Van der Poel ed alla fine è comunque bravo ad anticipare almeno Van Aert sulla linea del traguardo, cogliendo un secondo posto che riporta un italiano sul podio dopo cinque anni di assenza. Voto: 8
Tadej Pogacar. L’UAE gli apre la strada fin sul Poggio, scremando il gruppo con un gran ritmo sia sui Capi che sulla Cipressa, grazie alle accelerazioni di Grossschartner, Ulissi e infine Wellens. Si attende soltanto lo scatto dei suoi sul Poggio e quando arriva non riesce a fare la differenza visto che Ganna, Van Aert e Van der Poel gli stanno alle costole. Patisce il contrattacco dell’olandese non riuscendo a rispondere in prima persona e dovrà così accontentarsi della quarta posizione.Voto: 7.5
Soren Krag Andersen. Una top five conquistata dopo aver lavorato per Mathieu van der Poel merita il giusto risalto per un ciclista poco appariscente ma comunque di buonissimo livello che nella volata per il quinto posto è capace di battere anche il connazionale Mads Pedersen, di gran lunga più veloce di lui. Voto: 7
Wout van Aert. Nelle interviste mattutine dichiara alla tv belga di sentirsi al 98.5%. Evidentemente il campione belga ci ha nascosto qualcosa e nonostante la sua Jumbo Visma abbia corso per lui, sul Poggio resta abbastanza solo a causa della caduta di Jan Tratnik, designato come gregario principale sull’ultima salita. Ricuce l’attacco di Pogacar insieme a Van der Poel e Ganna, ma alla fine non riesce neanche a centrare la seconda posizione, sulla carta alla sua portata contro Ganna e Pogacar. Voto: 6.5
Neilson Powless. Ciclisti USA e Milano-Sanremo non vanno molto d’accordo visto che in 114 edizioni ricordiamo un secondo posto di Greg LeMond nel 1986 ed un altro secondo posto di Fred Rodriguez nel 2002. Il ciclista statunitense partiva come gregario di Alberto Bettiol ma alla fine il capitano dell’EF Education EasyPost è stato lui. Voto: 6.5.
Matej Mohoric. Il vincitore dell’edizione 2022 fa lavorare la Bahrain Victorious ma non è mai sembrato capace di incidere più di tanto. E’ soltanto ottavo, terminando nel secondo gruppetto dei battuti a 26 secondi di ritardo da Van der Poel. Voto: 6.
Julian Alaphilippe. Che la condizione fisica dell’ex campione del mondo non fosse al massimo lo si era già notato tra Strade Bianche e Tirreno-Adriatico. La stagione è lunga ed il francese avrà altre occasioni per mettersi in luce, ma oggi non era proprio giornata, visto che conclude in un anonimo undicesimo posto. Voto: 5
Caleb Ewan.. Doveva essere uno dei velocisti di riferimento in caso di arrivo in volata. L’australiano resta con i primi fino ad un km circa dallo scollinamento sul Poggio, quando prima Pogacar e poi Van der Poel salutano tutti e se ne vanno. Terminerà addirittura sedicesimo, nel terzo gruppo di battuti a 32 secondi di ritardo da Van der Poel. Voto: 5
Luigi Giglio
ALLA NOKERE KOERSE QUINTA SINFONIA DI MERLIER
Con una volata regale il campione nazionale belga coglie la quinta vittoria stagionale e il secondo successo, consecutivo, nella corsa belga.
La gara, fino agli ultimi chilometri, non ha regalato grandi emozioni. Se ne vanno dopo oltre 40 km Ludovic Robeet (Bingoal), Enekoitz Azparren (Euskaltel), Alex Colman (Flanders), Rory Townsend (Bolton), Jonas Geens (Tarteletto), Etienne Van Empel (Corratec) e Adam De Vos (Human Powered) e, a parte una caduta che causa il ritiro di Matthew Gibson (Human Powered), non si segnala nulla fino al terzultimo giro, quando diversi corridori in rapida successione provano a evadere dal gruppo, mentre davanti Van Empel prova a proseguire in solitario.
Nell’ultimo giro parte una fuga che sembra far saltare il banco. Ci sono Sep Vanmarcke (Israel), Laurence Pithie (Groupama), Florian Vermeersch (Alpecin) e Lindsay De Vylder (Flanders). Ben presto però il portacolori del Team Flanders deve arrendersi aduna foratura e davanti rimangono in tre col gruppo alle loro spalle che, complici diverse cadute, fatica ad organizzare l’inseguimento.
Ci pensa Tim Merlier (Soudal – Quick Step) che, con una volata lunghissima e impetuosa, si lancia verso il traguardo incontrastato. Solo Edward Theuns (Segafredo) riesce a tenere le sue ruote senza impensierirlo. Tutti gli altri, guidati da Milan Menten (Lotto) pagheranno 3” sotto lo striscione. A completare la top 5 Timo Kielich (Alpecin) e Lewis Askey (Groupama).
Andrea Mastrangelo
ARVID DE KLEIJN SPAZZA TUTTI VIA ALLA MILANO-TORINO!
Il velocista della Tudor Pro Cycling Arvid de Kleijn conquista la Milano Torino 2023 in volata dopo che la sua squadra ha tenuto la testa della corsa negli ultimi chilometri dove tra rotonde e spartitraffico è riuscito ad essere magistralmente piotato per piazzare la volata vincente, secondo Fernando Gaviria (Movistar), terzo Casper van Uden (Team Dsm).
Subito dopo il via la fuga buona è portata avanti da Stefan De Bod (EF Education-EasyPost), Johan Meens (Bingoal WB), Alessio Nieri (Green Project-Bardiani CSF-Faizanè), Andrea Pietrobon (Eolo-Kometa), Alessandro Iacchi e Veljko Stojnić (Team Corratec), il gruppo lascia fare fino al chilometro venticinque di gara dove i fuggitivi avranno un vantaggio massimo di 3’:40”. Dietro ad iniziare a ricucire sono soprattutto tre squadre il Team DSM, il Team Jayco-AlUla e la Movistar che si portano in pratica a metà gara a 1’:40 dalla testa della corsa. Restano da percorrere circa poco meno di cento chilometri con vento in questo tratto della corsa favorevole al senso di marcia, condizione questa che farà registrare una media altissima. Il drappello dei sei inizia a pagare lo sforzo, infatti il primo ad alzare bandiera bianca è Pietrobon a causa di una foratura viene riassorbito dal gruppo. Gli ultimi 50 Km di corsa vedono il gruppo ormai a 1’ dai cinque al comando da cui si stacca anche Stojnić, i quattro rimasti al comando seppur con cambi regolari vedono ridursi il vantaggio a soli 25”. Destino segnato per la testa della corsa ed infatti il gruppo torna compatto a meno dodici chilometri dall’arrivo. In testa la velocità è tenuta altissima dagli uomini del Team Jayco-AlUla che lavorano per Dylan Groenewegen ma proprio il forte velocista tra i favoriti di quest’oggi è escluso dalla volata finale rimasto vittima di un contatto all’uscita di una delle tante rotonde dentro i cinque chilometri finali, il gruppo quindi si spezza e le squadre dei velocisti devono riorganizzarsi. In testa sono due le squadre che riescono ad essere meglio organizzate una è la Tudor Pro Cycling l’altra il Team DSM. Ai meno 300 metri dopo sono i Tudor Pro Cycling a riuscire a lanciare Arvid de Kleijn verso l’arrivo che va così a trionfare a braccia alzate, secondo Fernando Gaviria (Movistar) che non è riuscito a sopravanzare il neerlandese, terzo Casper van Uden (Team Dsm), quarto Itamar Einhorn (Israel Premier Tech), quinto Matteo Moschetti (Q 36.5 Pro Cycling Team).
Antonio Scarfone

Arvid de Kleijn vince la Milano Torino (Image credit: Tim de Waele/Getty Images)
PHILIPSEN VINCE IN VOLATA A SAN BENEDETTO. A ROGLIC LA TIRRENO-ADRIATICO 2023
Nella tappa conclusiva di San Benedetto del Tronto, spazio alle ruote veloci con Jasper Philipsen (Team Alpecin Deceuninck) che sbaraglia la concorrenza e vince davanti a Dylan Groenewegen (Team Jayco AlUla) ed Alberto Dainese (Team DSM). Primoz Roglic (Team Jumbo Visma) vince la corsa dei due mari.
La settima ed ultima tappa della Tirreno-Adriatico vede San Benedetto del Tronto sede di partenza e di arrivo in una frazione che non dovrebbe modificare più di tanto le posizioni in classifica generale, con Primoz Roglic (Team Jumbo Visma) ormai ad un passo dalla sua prima vittoria nella corsa dei due mari. Dopo la partenza i ciclisti si dirigeranno nell’entroterra e affronteranno alcune salitelle, unica delle quali categorizzata come traguardo gpm è quella di Cossignano. Nel finale si ritorna a San Benedetto dove un circuito completamente pianeggiante da ripetere cinque volte dovrebbe favorire l’arrivo allo sprint. Dopo la partenza al km 4 si formava la fuga di giornata grazie all’azione di otto ciclisti: Nans Peters (Team AG2r Citroen), Mikkel Honorè (Team EF Education EasyPost), Lorenzo Fortunati (Team EOLO Kometa), Samuele Zoccarato (Team Green Project-Bardiani CSF-Faizanè), Henri Vandenabeele (Team DSM), Bruno Armirail (Team Groupama FDJ), Valentin Ferron (Team TotalEnergies) ed Arthur Kluckers (Tudor Pro Cycling Team). Fortunato scollinava in prima posizione sul gpm di Cossignano posto al km 23. Una caduta di Thomas Pidcock (Team INEOS Grenadiers), la seconda in tre giorni, costringeva il ciclista britannico ad abbandonare la corsa. Era il Team Alpecin Deceuninck a comandare le operazioni dell’inseguimento in testa al gruppo maglia azzurra. Honorè vinceva il traguardo volante di San Benedetto del Tronto posto al km 110.3. Nonostante un impagabile impegno proprio da parte di Honorè, spesso in testa a tirare nel drappello dei fuggitivi, la fuga veniva infine annullata a poco più di 3 km dall’arrivo. Nella volata conclusiva Jasper Philipsen (Team Alpecin Deceuninck) vinceva davanti a Dylan Groenewegen (Team Jayco AlUla) ed Alberto Dainese (Team DSM) mentre chiudevano la top five Phil Bauhaus (Team Bahrain Victorious) in quarta posizione e Simone Consonni (Team Cofidis) in quinta posizione. Nella top ten si segnalava la presenza di altri due ciclisti italiani: Giacomo Nizzolo (Team Israel Premier tech) in sesta posizione e Luca Colnaghi ((Green Project-Bardiani CSF-Faizanè) in nona posizione. Philipsen ottiene la seconda vittoria di tappa alla Tirreno-Adriatico 2023 e si candida ad essere anche quest’anno un velocista da prendere in grande considerazione sia nelle corse a tappe che in corse di un giorno. Primoz Roglic (Team Jumbo Visma) vince la Tirreno-Adriatico 2023 con 18 secondi di vantaggio su Joao Almeida (UAE Team Emirates) e 23 secondi di vantaggio su Tao Geoghegan Hart (Team INEOS Grenadiers). Lo sloveno vince anche la classifica a punti e quella dei GPM mentre la classifica del miglio giovane va ad Almeida.
Antonio Scarfone

Jasper Philipsen vince a San Benedetto del Tronto (Getty Images)
POGACAR SEMPRE PIU’ CANNIBALE. TRIS A NIZZA E VITTORIA FINALE
Il fuoriclasse dell’UAE Team Emirates dà spettacolo sul Col d’Eze e ottiene la terza vittoria di tappa, vincendo la sua prima Parigi-Nizza al termine di una settimana in cui non ha mai dato l’impressione di poter perdere
L’ottava ed ultima tappa della Parigi-Nizza 2023 presenta il percorso tradizionale che si addentra nelle alture confinanti e prospicienti alla località d’arrivo della corsa verso il sole e Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) non deve far altro che arrivare al traguardo nel gruppo dei migliori per ottenere una vittoria finale che per adesso non è mai sembrata in discussione. I gpm da affrontare sono cinque e precisamente la Cote de Levens, la Cote de Chateauneuf, la Cote de Berre-les-Alpes, la Cote de Peille ed il Col d’Eze. Il primo tentativo di fuga, dopo la partenza da Nizza, era portato da Jonas Gregaard ed Alexander Kristoff. La coppia dell’Uno-X Pro Cycling si avvantaggiava sui primi tornanti della Cote de Levens con Gregaard che scollinava in prima posizione. Kristoff si rialzava e raggiungevano Gregaarg una decina di ciclisti che concretizzavano la vera fuga di giornata e dove quello messo meglio in classifica generale era David De La Cruz (Team Astana Qazaqstan), che aveva un ritardo di oltre 6 minuti su Pogacar. Gregaard scollinava in prima posizione anche sulla successiva Cote de Chateauneuf. Il norvegese era uno dei principali animatori della fuga e si faceva vedere spesso davanti a tirare. Gregaard riusciva a scollinare anche sulla Cote de Berre-les-Alpes, raggiungendo così la matematica leadership nella speciale classifica gpm. A questo punto, sotto l’impulso dell’UAE Team Emirates, il gruppo maglia gialla aumentava l’andatura e accorciava sensibilmente il ritardo rispetto ai battistrada. La fuga veniva ripresa a 65 km dalla conclusione e contemporaneamente Wout Poels (Team Bahrain Victorious) attaccava riuscendo a scollinare in prima posizione sulla successiva Cote de Peille posta al km 68.7. L’olandese riusciva ad aggiudicarsi anche il traguardo volante di Eze prima di essere ripreso dal gruppo a pochi km dall’inizio del Col d’Eze. Era sempre l’UAE Team Emirates a comandare il ritmo e poco dopo l’inizio dell’ascesa Pogacar accelerava e se ne andava tutto solo. Lo sloveno scollinava con una cinquantina di secondi di vantaggio sugli immediati inseguitori, in un gruppo ormai esploso. La picchiata verso Nizza consentiva allo sloveno di mantenere un vantaggio confortante e così andava a vincere in solitaria con apparente facilità. Con un ritardo di 33 secondi la lotta per la seconda posizione vedeva Jonas Vingegaard (Team Jumbo Visma) avere la meglio su David Gaudu (Team Groupama FDJ) mentre chiudevano la top five Simon Yates (Team Jayco AlUla) in quarta posizione e Matteo Jorgenson (Team Movistar) in quinta posizione. Pogacar ottiene la terza vittoria di tappa alla Parigi-Nizza e domina la classifica generale finale avendo un vantaggio di 53 secondi su Gaudu e di 1 minuto e 39 secondi su Vingegaard. Per quanto riguarda le altre classifiche, il cannibale sloveno fa sua anche quella a punti e quella dei giovani mentre, come detto, Gregaard vince la classifica gpm. Una dimostrazione di forza totale per Pogacar che con la forma che si ritrova potrebbe dire la sua anche alla Milano Sanremo, in programma sabato prossimo.
Antonio Scarfone

Tadej Pogacar vince a Nizza (foto: Getty Images)
BIS DI TADEJ POGACAR ALLA PARIGI NIZZA, LO SLOVENO SEMPRE PIÙ IN GIALLO!
Sul Col de la Couillole Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) domina il secondo arrivo in salita della Parigi-Nizza 2023 a nulla sono serviti nei chilometri finali i tentativi di attacco di Jonas Vingegaard (Jumbo-Visma) prima e di David Gaudù (Groupama-FDJ) dopo, rispettivamente terzo e secondo all’arrivo dietro la maglia gialla. In classifica generale Pogacar allunga proprio su entrambi andando così a mettere una seria ipoteca sulla breve corsa a tappe francese che domani terminerà a Nizza.
Penultima tappa e secondo arrivo in salita alla Parigi – Nizza 2023, si torna a correre dopo la tappa annullata ieri per il vento forte. La partenza è molto veloce con Lilian Calmejane (Intermarché-Circus-Wanty) e Javier Romo (Astana Qazaqstan) che provano a portare subito via un drappello di uomini a cui poi se ne aggiunge un secondo. I due gruppetti si ricompattano e danno vita a quella che sarà la fuga di giornata, al loro interno abbiamo oltre ai due sopracitati: Nils Politt (Bora-hansgrohe), Larry Warbasse (Ag2r Citroën), Florian Sénéchal (Soudal-QuickStep), Brent Van Moer (Lotto Dstny) e Hugo Houle (Israel-Premier Tech), Dorian Godon (Ag2r Citroën), Søren Kragh Andersen (Alpecin-Deceuninck), Joshua Tarling (Ineos Grenadiers), Kelland O’Brien (Team Jayco-AlUla) e Arnaud Démare (Groupama-FDJ). Dietro il gruppo lascia fare, in totale controllo e ad andatura regolare tanto che verso la Côte de Tourette-du-Château un altro gruppetto riesce ad agganciarsi alla fuga iniziale, i loro nomi sono: Rémi Cavagna (Soudal -QuickStep), David De La Cruz (Astana Qazaqstan), Kobe Goossen (Intermarché-Circus-Wanty), Gregor Mühlberger (Movistar), Lucas Hamilton (Team Jayco-AlUla), Pascal Eenkhoorn (Lotto Dsnty), Harrison Sweeny (Lotto Dsnty) e Jérémy Cabot (TotalEnergies). A perdere però contatto in salita è Arnaud Démare (Groupama-FDJ), mentre in discesa cade Tarling, la testa della corsa resta così composta da un gruppo di 18 unità, per loro vantaggio massimo di 2’:15” alla fine della discesa. Gli uomini della maglia gialla concedono alla fuga un vantaggio massimo di circa 3’. Il ritmo inizia ad alzarsi in vista del traguardo volante con abbuoni, a conquistarlo è De La Cruz, mentre dietro gli INEOS Grenadiers si mettono in testa a tirare tanto da far scendere il distacco a 1’:30”. La strada è favorevole a chi insegue, il lungo fondovalle che porta ai piedi del Col de la Couillole non offre particolari insidie altimetriche è così il gruppo è segnalato a soli 50”, a questo punto dalla fuga provano un tentativo di attacco Goossens, Romo, Cabot, Eenkhoorn e Politt che consente ai cinque di prendere in testa la salita finale, gli ex compagni di avventura invece sono riassorbiti dal gruppo. A pilotare il gruppo sono gli uomini della Jumbo – Visma con uno straodinario Tobias Foss, il campione del mondo a cronometro mantiene una andatura altissima senza consentire nessuno scatto. I cinque in testa sono ripresi a 8 Km dall’arrivo. Foss “traina” un ggruppetto di venti uomini fino ai meno sei dal traguardo, terminato il suo lavoro Chris Harper (Team Jayco-AlUla) prova un allungo a chiudere sull’australiano con un controscatto è Jonas Vingegaard (Jumbo-Visma) con alla sua ruota Tadej Pogacar (UAE Team Emirates), David Gaudu (Groupama-FDJ), Romain Bardet (Team DSM) e Matteo Jorgenson (Movistar). Un nuovo scatto poco più di un chilometro dopo lo piazza la maglia gialla, il suo allungo è più violento ed efficace, dietro soltanto Vingegaard e Gaudu riescono a correre ai ripari portandosi poco dopo sotto lo sloveno; si forma così un terzetto, i primi tre della generale. Resta da aspettarsi lo scatto di Gaudù, il francese prova un allungo ma Pogacar non gli concede spazio, a farne le spese è Vingegaard che fa l’elastico, non appena il francese rallenta consente al vincitore del Tour de France di rientrare sui due in prossimità dell’ultimo chilometro, Pogar è inscalfibile ad un altro attacco di Gaudù. Intanto dietro dal gruppo dei migliori esce Simon Yates (Team Jayco – AlUla) che del suo passo si porta a 15” dai tre in testa. Davanti ai meno 300 metri Pogacar piazza la stoccata vincente lo sloveno va a prendersi la seconda vittoria su Gaudù a 2” e Vingegaard a 6”, più indietro Yates a 19”. Tadeyj Pogacar rafforza così il primato, sempre più maglia gialla. Domani da Nizza a Nizza andrà in scena l’ultima tappa con 6 GPM, due di prima categoria, con l’ultimo a soli 16 km dall’arrivo. Terreno per recuperare ce ne è ma con un Pogacar così sarà davvero difficile ribaltare la corsa.
Antonio Scarfone

Tadej Pogar vittorioso sul Col de la Couillole (Image credit: Getty Images)