03-06-2022

giugno 3, 2022 by Redazione  
Filed under Ordini d'arrivo

RONDE DE L’OISE

Il portoghese Iuri Leitao (Caja Rural-Seguros RGA) si è imposto nella seconda tappa, Le Plessis-Belleville – Ribécourt-Dreslincourt, percorrendo 205.7 Km in 4h48′45″, alla media di 42.743 Km/h. Ha preceduto allo sprint i francesi Jason Tesson (St Michel-Auber 93) e Valentin Tabellion (GO Sport-Roubaix Lille Métropole). Unico italiano in gara Alessio Gasparini (Java Kiwi Atlántico), 70° a 7′04″. Il neozelandese James Fouché (Bolton Equities Black Spoke) è ancora leader della classifica con 47″ sullo spagnolo Aritz Bagües (Caja Rural-Seguros RGA) e 1′27″ sul connazionale Aaron Gate (Bolton Equities Black Spoke). Gasparini 73° a 10′45″

TOUR OF MALOPOLSKA (Polonia)

L’italiano Walter Calzoni (Gallina Ecotek Lucchini) si è imposto nella prima tappa, Wieliczka – Góra Chelm, percorrendo 131 Km in 3h20′52″, alla media di 39.13 Km/h. Ha preceduto allo sprint il tedesco Jonas Rapp (Hrinkow Advarics) e l’olandese Lars Quaedvlieg (UWTC de Volharding-Wilton). Calzoni è il primo leader della classifica con 4″ su Rapp e 6″ su Quaedvlieg

TOUR OF ALBANIA

Il bulgaro Lachezar Angelov (Hemus 1896) si è imposto nella quarta tappa, Valona – Argirocastro, percorrendo 130.8 Km in 2h59′33″, alla media di 43.709 Km/h. Ha preceduto di 2″ l’olandese Antonie Van Noppen (Global Cycling Team) e il rumeno Cristian Raileanu (CSA Steaua Bucuresti). Nessun italiano in gara. Raileanu è il nuovo leader della classifica con 20″ sugli albanesi Ylber Sefa (nazionale albanese) e Mikel Demiri (nazionale albanese).

COURSE DE LA PAIX (Repubblica Ceca – Under23)

Il danese Sebastian Kolze Changizi (nazionale danese) si è imposto nella prima tappa, Jeseník – Rýmařov, percorrendo 131.5 Km in 3h20′10″, alla media di 39.417 Km/h. Ha preceduto allo sprint il ceco Pavel Bittner (nazionale ceca) e il britannico Samuel Watson (nazionale britannica). Miglior italiano Davide Piganzoli (nazionale italiana), 22° a 4″. Bittner è il nuovo leader della classifica con 1″ su Watson e su Kolze Changizi. Miglior italiano Lorenzo Germani (nazionale italiana), 23° a 12″

VUELTA A COLOMBIA

Il colombiano Luis Carlos Chia (Supergiros-Alc.Manizales) si è imposto nella prima tappa, Barranquilla – Cartagena, percorrendo 123.4 Km in 2h50′08″, alla media di 43.519 Km/h. Ha preceduto allo sprint i connazionali Juan Alejandro Umba (Boyaca Avanza) e Jordan Parra (Team Petrolike). Nessun italiano in gara. Chia è il primo leader della classifica con 4″ su Umba e sul panamense Carlos Samudio (Sistecredito-GW)

GIUGNO 2022, TRA GIRO E TOUR

giugno 3, 2022 by Redazione  
Filed under Approfondimenti

Il Giro d’Italia è appena terminato ed è già ora di pensare al Tour de France. La Grande Boucle scatterà tra un mese e i 30 giorni precedenti sono da sempre scanditi da brevi corse a tappe gettonate da chi punta a far bene in terra di Francia. Si comincia con il Giro del Delfinato e si prosegue con i giri di Svizzera, di Slovenia e d’Occitania. Si corre anche in Italia, con la quarta edizione dell’Adriatica Ionica Race e i Giri riservati a dilettanti e donne, con quest’ultimo che anticiperà di un paio di settimane il ritorno in calendario del Tour riservato alle cicliste.

Il Giro è appena finito e già scalpitano i puledri di razza che saranno schierati al via del Tour de France. In attesa della partenza della Grande Boucle, prevista per venerdì primo luglio da Copenaghen, nel mese di giugno si succedono una serie di corse a tappe che costituiscono un’eccellente palestra per coloro che ambiscono ad ottenere il massimo risultato sulle strade di Francia. Proprio su queste ultime dal 5 al 12 giugno andrà in scena la 75a edizione del Giro del Delfinato, che da quando l’onere dell’organizzazione è passato nelle mani dello stesso gruppo che allestisce il palcoscenico del Tour è divenuto una vera e propria prova generale della Grande Boucle, per tracciato – spesso vengono proposte salite che si affronteranno anche a luglio – e per partecipazione. Mancherà il due volte vincitore uscente del Tour Tadej Pogacar, che ha scelto di partecipare al Giro di Slovenia, mentre dovrebbero essere della partita il suo connazionale Primoz Roglic e il danese Jonas Vingegaard, rivelazione della scorsa edizione del Tour con il piazzamento al secondo posto della classifica. L’Italia, invece, schiererà al via il “vecchio” Damiano Caruso, il giovane Andrea Bagioli e soprattutto Filippo Ganna che, in previsione della conquista della maglia gialla nella prima tappa del Tour, punterà in questa corsa ad “allenarsi” nella lunga crono inserita nel tracciato, quest’anno meno accondiscendente verso gli scalatori. Rispetto al recente passato gli organizzatori hanno, infatti, deciso di ridurre il numero delle tappe di alta montagna da tre a due (anche se tre rimarranno comunque gli arrivi in salita previsti) e di allungare la distanza della prova contro il tempo. La prima maglia gialla sarà assegnata a un velocista, di quelli che sanno rimanere a galla nei percorsi esigenti perché la frazione d’apertura, 192 Km da La Voulte-sur-Rhône a Beauchastel, proporrà lungo il tracciato quattro salite non particolarmente difficili, l’ultima delle quali da scavalcare a una trentina di chilometri dall’arrivo. Si salirà in quota già il giorno successivo per arrivare fino ai quasi 1400 metri delle sorgenti della Loira, ai piedi del monte Gerbier de Jonc, ma anche le salite che si affronteranno nel corso della Saint-Péray – Brives-Charensac non presenteranno inclinazioni insormontabili e la tappa potrebbe concludersi con una volata ristretta, stavolta senza velocisti. Chi punta alla vittoria finale potrebbe mettere il naso fuori dalla finestra per la prima volta il terzo giorno, quando sarà in programma – dopo la partenza da Saint-Paulien – l’arrivo in salita nella piccola stazione di sport invernali di Chastreix-Sancy, percorsa un’ascesa finale leggermente più impegnativa di quel che suggeriscono i suoi dati numerici (6.2 Km al 5.6%), in parte falsati dagli ultimi 1200 metri in falsopiano. I big al via potrebbero, però, cercare di non sprecare troppe energie in questo finale perché l’indomani è prevista la cronometro, 32 Km di perfetta pianura per andare da Montbrison al castello della Bâtie d’Urfé, una vera e propria croce per gli scalatori. Spazio per la seconda volta ai velocisti con la Thizy-les-Bourgs – Chaintré, altimetricamente movimentata ma in maniera meno pressante rispetto alla prima tappa, poi il Delfinato si fermerà ai piedi della catena alpina con la tappa che scatterà da Rives per terminare a Gap e che presenterà un percorso di media montagna ideale per una fuga promossa da corridori lontani dai piani alti della classifica, anche se non va esclusa a priori la vittoria di uno spinter, di quelli resistenti. L’anteprima del Tour de France sarà trasmessa il giorno successivo nel corso della prima delle due tappe d’alta montagna perché, prima di arrivare a Vaujany (ascesa finale di 5700 metri al 7.2%), partendo da Saint-Chaffrey si andrà a ricalcare gran parte del tracciato del tappone dell’Alpe d’Huez – in programma il 14 luglio – affrontando le mitiche salite ai colli del Galibier (2642 metri, 23 Km al 5.1%) e della Croix de Fer (29 Km al 5.2%). All’ultimo giorno si disputerà, infine, la frazione più impegnativa, che da Saint-Alban-Leysse condurrà sul Plateau de Solaison, percorsa un’ascesa finale di 11 Km al 9.2% che nel 2017 fu determinante per assegnare la vittoria al Delfinato al danese Jakob Fuglsang, che su questo traguardo strappò la maglia di leader per soli 10 secondi all’australiano Richie Porte.

Lo stesso giorno della tappa conclusiva del Delfinato scatterà l’85a edizione del Giro di Svizzera (12-19 giugno), il cui percorso sembrerebbe a prima vista un clone di quella della corsa francese per la presenza di una cronometro pianeggiante di 25 Km e di due tappe d’alta montagna, anche se in realtà la corsa elvetica favorirà maggiormente gli scalatori per la scelta di inserire arrivi in salita molto più impegnativi di quelli che si affronteranno al Delfinato. L’apertura sarà affidata a una frazione collinare che si disputerà in circuito attorno a Küsnacht, nel Canton Zurigo, e che già potrebbe ispirare qualche corridore di classifica per la presenza della salita del Küsnachter Berg (2700 metri all’8.2%) da ripetere quattro volte, l’ultima a poco meno di 5 Km dal traguardo. Meritevole d’attenzione sarà anche il finale della successiva frazione di Aesch, non tanto per le pendenze della salita del Challpass (6.3 Km al 6.2%, con gli ultimi 2 Km all’8.4%), quanto per le inclinazioni della picchiata successiva, 2.6 Km all’8.8% contenenti un muretto al contrario di mezzo chilometro al 12.4% di media e che si concluderanno a 11 Km dal traguardo. La terza sarà la frazione meno impegnativa tra le otto in programma ma non saranno comunque una passeggiata i 177 Km da percorrere alla volta di Grenchen, movimentati da una serie di otto brevi ascese – la più difficile piazzata lontana dal traguardo – che di fatto escludono la possibilità di un arrivo in volata in un’edizione del Giro di Svizzera che chiude del tutto le porte ai velocisti. Dopo la tappa di Brunnen, che prevede la breve ma ripida salita di Sattel (3 Km all’8.5%) a 15 Km dall’arrivo, la carovana del Tour de Suisse giungerà in Canton Ticino, sulle cui strade si svolgerà per intero la quinta tappa, una delle più interessanti tra quelle secondarie: si partirà da Ambrì per giungere a Novazzano, alle porte dell’Italia, dopo aver affrontato tre giri di un nervoso circuito frutto della rielaborazione di quello che ospitò i mondiali del 2009 e che prevede di affrontare, in aggiunta alle originarie salite di Castel San Pietro (2 Km al 5.1%) e di Novazzano (1.9 Km al 5.8%), le più pendenti ascese di Morbio Inferiore (1 Km all’8.6%) e di Pedrinate (2.6 Km al 7.3%). Da Locarno l’indomani prenderà le mosse la prima delle due tappe d’alta montagna che, dopo la salita ai 2478 metri del Passo della Novena (13 Km al 7.8% per raggiungere il secondo valico stradale per altitudine della Confederazione Elvetica), si concluderà con l’inedita ascesa alla stazione sciistica di Moosalp, traguardo a 2046 metri di quota dopo aver affrontato negli ultimi 17 Km una pendenza media del 7.7%. Si farà quindi ritorno ad Ambrì per il via della penultima frazione che, dopo esser salita fino ai quasi 2000 metri del Passo del Lucomagno (29 Km al 4.3%) a una settantina di chilometri dal via, si concluderà sulle strade del principato del Liechtenstein con un arrivo in quota ancora più difficile di quello affrontato ventiquattrore prima, essendo in programma i 12.6 Km dell’ascesa all’8.7% verso Malbun, per la quarta volta nella storia proposta quale sede d’arrivo di una frazione del Tour de Suisse (nel 2004 vittoria dell’austriaco Georg Totschnig, nel 2007 del lussemburghese Frank Schleck e nel 2011 dell’olandese Steven Kruijswijk). Si rimarrà nel piccolo stato incastonato nel cuore delle alpi anche il giorno dopo per la frazione conclusiva, una veloce cronometro di circa 25 Km tracciata nei pianeggianti dintorni della capitale Vaduz.

Oltre a queste due prestigiose corse, a metà mese si collocano altre corse a tappe meno blasonate ma non meno interessanti e in particolare i riflettori dei media sportivi saranno puntati sul Giro di Slovenia (15-19 giugno), principalmente perché è stato scelto da Tadej Pogacar quale trampolino di lancio in vista del Tour, un trampolino che lo sloveno è riuscito a utilizzare alla perfezione lo scorso anno, quando portò a casa la vittoria finale nella corsa di casa e poi andò a prendersi il bis alla Grande Boucle. La 28a edizione della corsa scatterà al confine con l’Italia con una prima frazione di media montagna che si correrà tra Nova Gorica e Postumia, la cittadina delle celeberrime grotte dove si giungerà dopo aver affrontato un paio di colli di seconda categoria, l’ultimo dei quali piazzato a una quindicina di chilometri dal traguardo. La successiva tappa da Ptuj a Rogaška Slatina sarà l’unica freccia a disposizione dei velocisti, che poi potrebbero lasciare subito il palcoscenico a Pogacar perché la terza frazione sarà la fotocopia di quella che lo scorso anno utilizzò per balzare in testa alla classifica e con un vantaggio rivelatosi incolmabile nonostante un percorso non particolarmente difficile che, dopo la partenza da Žalec, propone il GPM di 2a categoria di Svetina (5.2 Km al 7.7%) – sul quale partì all’attacco lo sloveno – a una ventina di chilometro da Celje, dove il traguardo sarà posto al termine di un’ascesa di 2 Km al 7%. Stavolta, però, Pogacar potrebbe aspettare a ripetersi perché – a differenza dell’anno scorso – nel tracciato è stata inserita ventiquattrore dopo una tappa di montagna nella quale avrà maggiori possibilità di stracciare la concorrenza, offertegli dall’arrivo in salita alla stazione di sport invernali di Velika Planina, che accoglierà i corridori provenenti da Laško al termine di un’ascesa di 7.7 Km al 7.9%. Sarà il penultimo atto della breve corsa a tappe balcanica, che il giorno successivo concluderà il suo cammino a Novo Mesto, fin dal 1996 (con l’eccezione del 2012) sede d’arrivo della frazione conclusiva con la tradizionale passerella per velocisti che quest’anno non ci sarà perché la tappa, che scatterà da Vrhnika, non presenterà il solito circuito cittadino da ripetere più volte ma una sola tornata nel mezzo della quale spicca la collina di Trška Gora, vero e proprio muro di 1300 metri al 10.5% che svetta a 9 Km dal traguardo.

In contemporanea allo Slovenia si disputerà la 46a edizione della Route d’Occitanie (16-19 giugno), corsa che fino al 2017 era nota con il nome di “Route du Sud” e che è di fatto il contraltare del Delfinato, disegnata sui Pirenei, meno blasonata e impegnativa e per questo gettonata dai corridori di punta che vogliono avvicinarsi al Tour con una gara meno stressante. Così quest’anno al via si schiereranno i colombiani Quintana e Uran, mentre per le volate c’è attesa tra gli italiani per vedere cosa riuscirà a combinare Elia Viviani, che quest’anno ha conquistato una sola affermazione, nella prima tappa del Giro della Provenza. Proprio ai velocisti sarà dedicata la tappa d’apertura, che si snoderà per 174 Km tra Séméac e L’Isle-Jourdain, e poi li ritroveremo in azione al traguardo della quarta e ultima tappa, che da Les Angles condurrà in 188 Km ad Auterive. Al secondo giorno ci sarà spazio per i finisseur sul traguardo della Graulhet – Roquefort-en-Aveyron mentre la terza sarà l’immancabile tappa di montagna, quest’anno disegnata con mano non troppo pesante nella parte meno nobile dei Pirenei, con la partenza fissata a Sigean e l’arrivo in salita a monte della stazione di sport invernali di Les Angles, al termine di un’ascesa di quasi 3 Km al 6.8% che cela al suo interno un piccolo muro di mezzo chilometro all’11.2% e che sarà preceduta da due colli pirenaici poco abituali, il Jau (21 Km al 5.3%) e l’Hares (11 Km al 6.2%).

In questo periodo si correrà anche la quarta edizione dell’Adriatica Ionica Race (4-8 giugno), la corsa ideata dall’ex corridore veneto Moreno Argentin che nei suoi primi anni di vita è stata sballottata qua e là nel calendario tra giugno e luglio e che quest’anno è stata posizionata a inizio mese, pochi giorni dopo la fine della Corsa Rosa. In attesa che si concretizzi il progetto del campione del mondo di Colorado Springs (1986) di dilatare la corsa a una decina di giorni e di portarla fino in Grecia attraversando i Balcani, quest’anno l’AIRace per la prima volta andrà ad abbracciare le Marche. Il via dal Friuli con una prima frazione dal finale mosso ma favorevole ai velocisti, che scatterà da Tarvisio, all’estremità nordorientale della nazione italiana, per terminare in quel di Monfalcone. Subito al secondo giorno si disputerà la tappa regina, che scatterà da Castelfranco Veneto in direzione del Monte Grappa, affrontato da un lato diverso rispetto alla tappa vinta nel 2021 dal bolognese Lorenzo Fortunato in questa stessa corsa: dodici mesi fa si salì dal versante di Semonzo, quest’anno si salirà da quello di Caupo, sulla carta apparentemente pedalabile (la pendenza media non arriva al 5%) ma lungo quasi 30 Km e caratterizzato da inclinazioni impegnative nella prima parte. Se la celebre montagna veneta non avrà emesso verdetti significativi potrebbe rivelarsi determinante la successiva Ferrara – Brisighella, i cui ultimi 75 km saranno costituiti da una successione di sette colline romagnole proposte senza respiro, ascese sulle quali spiccano i primi 2 Km al 9.6% del Monte Casale e soprattutto i 2.8 Km al 9.8% del Valico della Valletta, salita la cui punta massima al 18% negli anni ’70 costrinse Eddy a scendere di bicicletta e percorrere un tratto a piedi. Un percorso collinare caratterizzerà anche la prima delle due tappe marchigiane, Fano – Sirolo, nel complesso meno impegnativa rispetto a quella del giorno prima e che, nonostante l’ascesa di Poggio (1300 metri al 7.5%) da ripetere due volte nel finale, potrebbe terminare con una volata a ranghi ristretti. L’indomani la corsa terminerà così com’era partita, con una frazione votata ai velocisti disegnata tra Castelraimondo e Ascoli Piceno.

Come da tradizione l’ultimo appuntamento che conta prima del “Grand Départ” del Tour sarà rappresentato dai campionati nazionali, che per l’Italia si svolgeranno tra il Friuli (dove si disputeranno le cronometro) e la Puglia, dove il 26 giugno è prevista la gara più attesa, quella dei professionisti: il percorso non è stato ancora annunciato nei dettagli, ma è già noto che la partenza verrà data da Marina di Castellaneta mentre l’arrivo sarà ad Alberobello e questo lascia intendere che la maglia tricolore con tutta probabilità sarà indossata da un velocista.

UNDER23 E DONNE

Giugno sarà un mese importante anche per gli Under23, la categoria che fino a qualche decennio fa era nota come “dilettanti” e che scenderanno in campo nel Giro d’Italia Giovani, calendarizzato dall’11 al 18 del mese e quest’anno ancora più favorevole agli scalatori rispetto allo scorso anno per la scelta di togliere dal percorso la tappa a cronometro. I protagonisti nei primi due giorni di gara saranno i velocisti, ai quali strizza l’occhio in particolare il tracciato della Gradara – Argenta, la tappa d’apertura, ma che potrebbero riuscire a imporsi anche al termine della più movimentata frazione che scatterà da Rossano Veneto per concludersi a Pinzolo, ai piedi delle Dolomiti di Brenta. Da quest’ultimo centro si ripartirà l’indomani alla volta di Santa Caterina Valfurva, primo dei due arrivi in salita (12.1 Km al 4.3%) che i futuri professionisti affronteranno dopo essersi inerpicati sino ai 1855 metri del Passo di Guspessa, ascesa inedita e durissima (10.7 Km all’11.5%) che nulla ha da invidiare al parallelo Mortirolo, del quale si percorrerà subito dopo la discesa verso Grosio (la stessa della tappa dell’Aprica del Giro dei “grandi”). Si rimarrà in Valtellina per la Chiuro – Chiavenna, terza e ultima occasione riservata agli sprinter, poi la corsa osserverà una giornata di riposo trasferendosi in Piemonte per il gran finale. Si ripartirà con la Busca – Peveragno, tappa di montagna disegnata al contrario con l’impegnativa salita al Colle di Valmala (10.9 Km al 7.5%) da affrontare in partenza e poi tanta pianura di raccordo verso il circuito finale, nel quale si dovrà ripetere per tre volte lo strappo del Pilone del Colletto (1300 metri al 4.4%). Nella direzione corretta, invece, si correrà il giorno dopo la seconda delle due tappe “regine” che, dopo la partenza da Boves, si concluderà ai 2480 metri del Colle Fauniera, sedotto e abbandonato dal Giro dei professionisti una ventina d’anni fa e che sarà affrontato dal versante più impegnativo, quello della Val Grana, 21.2 Km al 7.5% per arrivare fino al monumento dedicato a Marco Pantani inaugurato nel 2004, nel decimo anniversario della scomparsa del “Pirata”. L’ultimo atto del Giro Under23 sarà la Cuneo-Pinerolo, nulla a che spartire con il tappone della celebre impresa di Coppi al Giro del 1949 ma nemmeno solita passerella di fine corsa perché il traguardo sarà posto al termine dell’arcigno muro di San Maurizio, mezzo chilometro al 12.2% parente prossimo delle verticali del Giro delle Fiandre anche per la presenza del pavé.

All’ultimo giorno del mese scatterà il Giro d’Italia Donne (30 giugno – 10 luglio), quest’anno disegnato con mano più tenera del solito per invogliare la partecipazione anche alle cicliste che hanno messo nei loro programmi il Tour de France, di ritorno nel calendario dopo ben 13 anni d’assenza e che prenderà il via una ventina di giorni dopo la fine della corsa rosa, una vicinanza che potrebbe venire meno già nel 2023 perché RCS Sport – organizzatore del Giro maschile – vorrebbe chiedere alla federazione di far spostare la corsa ai primi del mese e creare quasi un “unicum” con le due gare. Come nella corsa riservata agli Under23 sarà favorita chi andrà forte in montagna, anche se nel tracciato è stata inserita una cronometro, quasi sicuramente ininfluente perché poco meno di cinque saranno i chilometri che si dovranno percorrere contro il tempo il primo giorno a Cagliari. Dopo altre due tappe in Sardegna (VIllasimius – Tortolì e Cala Gonone – Olbia, entrambe occasioni per le velociste), con un inevitabile giorno di riposo si volerà in continente per ripartire con l’insidiosa frazione collinare di Cesena, nella quale si ricalcherà un tratto della celebre granfondo Nove Colli e in particolare si andrà ad affrontare l’impegnativa salita del Barbotto (4.5 Km all’8.1%).Seguiranno due tappe di trasferimento, la prima totalmente pianeggiante da Carpi a Reggio Emilia, la seconda da Sarnico a Bergamo che prevede di ripercorrere il finale del Giro di Lombardia con la salita in acciottolato della Boccola verso la Città Alta (1200 metri al 7.9%). Tra Lombardia e Trentino si disputeranno le tre tappe decisive, cominciando con quella che da Prevalle condurrà fino al Rifugio Bonardi, presso il Passo Maniva, percorsa un’ascesa finale di una decina di chilometri al 7.9% di pendenza media. Breve ma intensa e concentrata sarà la Rovereto – Aldeno, 92 Km che porteranno le “girine” prima ai 1250 metri del Passo Bordala (14.5 Km al 6.9%) e poi ai 900 metri del Lago di Cei (9.5 Km al 7.1%), raggiunto il quale inizierà la discesa che condurrà al traguardo. Per ultima si disputerà la tappa più impegnativa e, pur non presentando un arrivo in salita particolarmente difficile, la San Michele all’Adige – San Lorenzo Dorsino stimolerà le note delle scalatrici con la presenza del duro Passo Daone, 6 Km al 10.3%, non plus ultra del Giro 2022 per quanto riguarda l’entità delle pendenze. Nulla potrà cambiare nella conclusiva passerella della Abano Terme – Padova, dove torneranno protagonista le ruote veloci.

Visto che ne abbiamo accennato ecco il tracciato del Tour de France Femmes, la cui nuova vita inizierà ufficialmente domenica 24 luglio, nello stesso luogo dove poche ore più tardi si concluderà l’annuale cammino della corsa maschile. Le donne effettueranno così la prima tappa a Parigi sullo storico circuito degli Champs-Élysées, dove la prima maglia gialla sarà vestita da una velocista. Un altro arrivo allo sprint sarà atteso il secondo giorno al termine della Meaux – Provins, il cui finale sarà più impegnativo di quello parigino perché il traguardo sarà posto al termine di una rampa di 600 metri al 4.5%. Interessanti saranno gli ultimi chilometri della Reims-Épernay, nei quali si ripercorrerà il finale della tappa vinta da Julian Alaphilippe al Tour del 2019, con il muro di Mutigny (900 metri al 12.1%) da scavalcare a una quindicina di chilometri dal traguardo, a sua volta preceduto dal più accessibile Mont Bernon (1 Km al 4.6%). Ci sarà anche lo sterrato al Tour femminile e farà la comparsa per la prima volta nella quarta frazione, una tappa collinare tracciata fra Troyes e Bar-sur-Aube, meta alla quale si giungerà dopo aver affrontato una serie di brevi ascese e, soprattutto, aver percorso quasi 15 Km sulle “strade bianche”, suddivisi in quattro settori, il più lungo dei quali caratterizzato anche da una leggera pendenza. Dopo la tappa di Saint-Dié-des-Vosges, la più lunga (175 Km) ma anche una delle meno impegnative, la corsa sbarcherà sulla catena dei Vosgi, protagonista delle ultime tre frazioni. Se la prima di queste avrà un aspetto ancora collinare – traguardo a Rosheim, dove la fuga di giornata potrebbe anticipare la volata del gruppo – nelle due rimanenti si decideranno le sorti della corsa grazie alla presenza di salite storiche come il Col du Platzerwasel (1193 metri, 7.1 Km all’8.3%), il Grand Ballon (1336 metri, 13.5 Km al 6.7%), il Ballon d’Alsace (1173 metri, 8.7 Km al 6.9%) e la Planche des Belles Filles (1140 metri, 7 Km all’8.7%). Le prime due ascese saranno affrontate – assieme al poco noto Petit Ballon (1163 metri, 9.3 Km all’8.1%) – nella Sélestat - Le Markstein, che per la categoria donne costituirà un vero e proprio tappone forte di poco meno di 5000 metri di dislivello, con l’ultima difficoltà da scalare a 7 chilometri e mezzo dal traguardo. L’ultimo giorno si partirà da Lure per raggiungere l’Altopiano delle Belle Figlie (questa la traduzione letterale del toponimo Planche des Belles Filles) che, come nella tappa del Tour dei maschietti disputata due settimane prima, sarà raggiunto percorrendo l’intera ascesa, compresa la ripidissima rampa finale in sterrato dove la pendenza raggiunge un picco del 24%.

Mauro Facoltosi

I SITI WEB DELLA CORSE

Critérium du Dauphiné

www.criterium-du-dauphine.fr/en

Tour de Suisse

www.tourdesuisse.ch

Tour of Slovenie

https://tourofslovenia.si/en

La Route d’Occitanie – La Dépêche du Midi

www.laroutedoccitanie.fr

Adriatica Ionica Race

https://airace.it/

Giro d’Italia Giovani Under23

www.giroditaliau23.it

Giro d’Italia Donne

www.giroditaliadonne.it/it/home

Le Tour Femmes

www.letourfemmes.fr/en

Tour de France

www.letour.fr/en

Laltopiano di Solaison, sede darrivo della tappa regina del Delfinato (www.dronestagr.am)

L'altopiano di Solaison, sede d'arrivo della tappa regina del Delfinato (www.dronestagr.am)

GIRO DELL’APPENNINO, MEINTJES RITORNA AL SUCCESSO

giugno 2, 2022 by Redazione  
Filed under News

Louis Meintjes (Intermarché – Wanty – Gobert Matériaux) ha vinto il Giro dell’Appennino con un attacco all’interno degli ultimi dieci chilometri. Al secondo posto si è classificato Natnael Tesfatsion (Drone Hopper – Androni Giocattoli) e terzo Georg Zimmermann (Intermarché – Wanty – Gobert Matériaux). Il classe 2001 Alessandro Verre (Team Arkéa Samsic) è stato il migliore degli italiani chiudendo al quinto posto.

L’edizione 83 del Giro dell’Appennino presentava un percorso molto impegnativo rispetto alle precedenti edizioni, con un dislivello di 3000 metri dispersi su 192 chilometri di corsa.
La partenza avveniva da Pasturana con un percorso pianeggiante nei primi 60 chilometri, per iniziare una lunga sequenza di salite con Franconalto, 5.5 chilometri al 6.8%, e Crocefieschi, 5 chilometri al 6.7%, seguite da una lunga discesa e la salita di Crocetta d’Orero, 5.2 chilometri al 5.5% al chilometro 120 di gara. A questo punto i corridori scendevano a Pontedecimo per iniziare il complicato finale di 50 chilometri, la prima asperità era quella di Pietralavezzara, 6.2 chilometri al 7.7%, seguita dalla Madonna della Guardia, 6.9 chilometri al 7.9%, collocata a 25 chilometri dalla conclusione, dei quali 10 in discesa che portavano al traguardo conclusivo di Genova.

I favoriti della vigilia erano Alessandro Covi (UAE Team Emirates) e il blocco della Intermarché – Wanty – Gobert Matériaux che schierava diversi atleti di livello tra i quali Lorenzo Rota, Quinten Hermans e Louis Meintjes. Alcuni dei principali outsiders potevano essere Simon Clarke (Israel – Premier Tech), Filippo Zana e Henok Mulubrhan (Bardiani-CSF-Faizanè), Natnael Tesfatsion (Drone Hopper – Androni Giocattoli), Alessandro Verre e Nicolas Edet (Team Arkea Samsic).

La fuga prendeva immediatamente il largo con la presenza Pietro Aimonetto (Beltrami TSA – Tre Colli), Alessandro Motta (Biesse – Carrera), Mattia Viel (D’Amico – UM Tools), Paul Wright (Mg.K Vis-Color for Peace-VPM), Davide Baldaccini (Team Corratec), Lukas Meiler (Team Vorarlberg) e Riccardo Ricci (Work Service Vitalcare Vega). L’inseguimento era a carico della Israel-Premier Tech e della Intermarché-Wanty-Gobert che lasciavano un ritardo di tre minuti circa sulla fuga nella quale riusciva a unirsi in un secondo momento Kyrylo Tsarenko (Gallina Ecotek Lucchini Colosio).
Sulla salita di Franconalto il gruppo dei fuggitivi perdeva i primi componenti, ovvero Aimonetto e Viel, il primo riusciva però a rientrare grazie alla fiscesa, ma si tornava a staccare sulla salita di Crocefieschi insieme a Ricci. Nel lungo tratto transitorio il gruppo recuperava velocemente andando a scollinare la Crocetta d’Orero con una situazione di gruppo compatto. Lungo la discesa il gruppo si allungava dividendosi in più gruppi con un azione intensa imposta da parte della Intermarché. Sulle prime rampe di Pietralavezzara scattava Meintjes con Sebastian Berwick (Israel-Premier Tech), Dayer Quintana (Team Arkéa Samsic) e Alexis Guerin (Team Vorarlberg). Questa azione causava un importante aumento del ritmo nel gruppo che riusciva a recuperare su questi atleti andando però a scremare il gruppo di testa a una quindicina di atleti guidati sempre dalla Intermarché.
Durante la tecnica discesa avveniva ulteriore selezione con solo Clarke, Meintjies, Hermans e Tesfatsion rimasti al comando ai piedi della salita finale. Nei primi chilometri si riportavano su di loro Verre, Guerin, Georg Zimmermann (Intermarché-Wanty-Gobert), Michael Ries (Team Arkea Samsic), Ivan Romero (Equipo Kern Pharma), Alessio Martinelli (Bardiani-CSF-Faizanè) e Paul Double (Mg.K Vis-Color for Peace-VPM).
Ries provava ad attaccare con Meintjes alla sua ruota, mentre Tesfatsion si riportava su di loro seguito da Verre, mentre Zimmermann rientrava in un secondo momento. Ai -28 attaccava Verre con il solo Meintjes capace di seguirlo, Tesfatsion provava nuovamente a rifarsi sotto di passo, ma una volta che stava per chiudere il buco Verre scattava nuovamente lasciando il corridore eritreo in compagnia di Ries e Zimmermann, il quale restava però coinvolto in un salto di catena che gli faceva perdere il momento giusto. Tesfatsion riusciva con Ries a riportarsi nel gruppetto di testa proprio al momento dello scollinamento. Lungo la discesa si avvicinavano Martinelli e Clarke permettendo il ricompattamento ai -15. Ai -10 anche Zimmermann, Double e Moreno riuscivano a riportarsi al comando, poco dopo attaccava Zimmermann, ma veniva chiuso facilmente. Era quindi il turno di Meintjes che partiva secco ai -7 in maniera convinta con un gruppo che non riusciva a reagire permettendo allo scalatore sudafricano di ritrovare il successo dopo un attesa di sette anni. Per il secondo posto era Tesfatsion ad anticipare Zimmermann. Verre era il migliore degli italiani chiudendo quinto.

Per Meintjes è solo la quinta vittoria in carriera, le prime 4 ottenute tutte tra i 21 e 23 anni a testimonianza di una prospettiva di carriera decisamente diversa, soprattutto dopo come vinse l’ultima tappa e la classifica generale della Coppi e Bartali 2015, da quel giorno sono passati 2622 giorni, Geraint Thomas era ancora un uomo da classiche del nord avendo vinto da due giorni la E3 Harelbeke, e Alberto Contador vinceva il suo ultimo Grande Giro.

Carlo Toniatti.

Louis Meintjes solleva le braccia al cielo sul traguardo di Genova (Tommaso Pelagalli/SprintCyclingAgency)

Louis Meintjes solleva le braccia al cielo sul traguardo di Genova (Tommaso Pelagalli/SprintCyclingAgency)

02-06-2022

giugno 2, 2022 by Redazione  
Filed under Ordini d'arrivo

GIRO DELL’APPENNINO

Il sudafricano Louis Meintjes (Intermarché-Wanty-Gobert) si è imposto nella corsa italiana, Pasturana – Genova, percorrendo 191.7 Km in 4h56′30″, alla media di 38.793 Km/h. Ha preceduto di 1′37″ l’eritreo Natnael Tesfazion (Drone Hopper-Androni Giocattoli) e il tedesco Georg Zimmermann (Intermarché-Wanty-Gobert). Miglior italiano Alessandro Verre (Team Arkéa-Samsic), 5° a 1′37″.

RONDE DE L’OISE

Il neozelandese James Fouché (Bolton Equities Black Spoke) si è imposto nella prima tappa, Labruyère – Liancourt, percorrendo 142.8 Km in 3h20′07″, alla media di 42.815 Km/h. Ha preceduto di 44″ lo spagnolo Aritz Bagües (Caja Rural-Seguros RGA) e di 1′19″ il connazionale Aaron Gate (Bolton Equities Black Spoke). Unico italiano in gara Alessio Gasparini (Java Kiwi Atlántico), 77° a 3′29″. Fouché è il primo leader della classifica con 47″ su Bagües e 1′27″ su Gate. Gasparini 79° a 3′41″

TOUR OF ALBANIA

Il rumeno Valentin Plesea (CSA Steaua Bucuresti) si è imposto nella terza tappa, Elbasan – Valona, percorrendo 122.3 Km in 3h19′54″, alla media di 36.708 Km/h. Ha preceduto allo sprint il serbo Dorde Duric (nazionale serba) e il connazionale Daniel Crista (CSA Steaua Bucuresti). Nessun italiano in gara. L’albanese Ylber Sefa (nazionale albanese) è ancora leader della classifica con 5″ sul rumeno Cristian Raileanu (CSA Steaua Bucuresti) e 7″ sul connazionale Mikel Demiri (nazionale albanese).

TROFEO ALCIDE DE GASPERI

Il tedesco Pierre-Pascal Keup (Team Lotto-Kern Haus) si è imposto nella corsa italiana, Pergine Valsugana – Bassano del Grappa, percorrendo 165.1 Km in 3h50′19″, alla media di 43.01 Km/h. Ha preceduto di 31″ il belga Luca Van Boven (Lotto Soudal U23) e il danese Anders Foldager (Biesse-Carrera). Miglior italiano Sergio Meris (Team Colpack Ballan), 5° a 31″

COURSE DE LA PAIX (Repubblica Ceca – Under23)

Il ceco Mathias Vacek (nazionale ceca) si è imposto nel prologo, circuito a cronometro di Jeseník, percorrendo 3.4 Km in 4′12″, alla media di 48.571 Km/h. Ha preceduto di pochi centesimi di secondo il belga Lennert Van Eetvelt (nazionale belga) e di 1″ il britannico Samuel Watson (nazionale britannica). Miglior italiano Lorenzo Germani (nazionale italiana), 27° a 6″. Vacek è il primo leader della classifica con lo stesso tempo di Van Eetvelt e 1″ su Watson. Miglior italiano Germani, 27° a 6″

01-06-2022

giugno 1, 2022 by Redazione  
Filed under Ordini d'arrivo

TOUR OF ALBANIA

L’olandese Guus van Schipstal (Global Cycling Team) si è imposto nella seconda tappa, Korçë – Elbasan, percorrendo 153.4 Km in 3h31′01″, alla media di 43.617 Km/h. Ha preceduto allo sprint i serbi Dusan Kalaba (nazionale serba) e Jovan Divnic (Meridiana Kamen Team). Nessun italiano in gara. L’albanese Ylber Sefa (nazionale albanese) è ancora leader della classifica con 5″ sul rumeno Cristian Raileanu (CSA Steaua Bucuresti) e 7″ sul connazionale Mikel Demiri (nazionale albanese).

MERCAN’TOUR CLASSIC, SI RIVEDE FUGLSANG

giugno 1, 2022 by Redazione  
Filed under News

Jakob Fuglsang torna alla vittoria nella classica francese. Dietro di lui Woods e Gaudu

Seconda edizione della classica di un giorno nel dipartimento delle Alpi Marittime in Francia.
La fuga di giornata è propiziata al km 15 da Théo Delacroix (Intermarché – Wanty – Gobert Matériaux) e Sebastian Schönberger (B&B Hotels – KTM), ai quali si aggiungono in seconda battuta Alessandro Verre (Team Arkéa – Samsic), Valentin Ferron (TotalEnergies) e Lawrence Warbasse (AG2R Citroën Team). I cinque raggiungono un vantaggio massimo di 6 minuti sul plotone già ridotto consistentemente sulla prima salita di giornata, nonostante un ritmo di controllo. Sulla seconda salita del Col de la Couillole è la Groupama – FDJ a prendere in mano seriamente le redini della corsa, riducendo sensibilmente il divario e poi riassorbendo completamente la fuga quando al traguardo mancano circa 40 km.
Sull’ultima asperità di giornata lavorano in sequenza Pinot e Reichenbach, imprimendo un ritmo insostenibile per Chris Froome (Israel – PrimerTech) costretto a lasciarsi sfilare. Ai -7 iniziano gli attacchi: Gaudu è il primo a provarci portandosi appresso Woods, Cras, Herrada e Fuglsang. Gli Israel possono giocare sulla superiorità numerica, così dal gruppetto formatosi prima ci prova Woods e poi Fuglsang. Gaudu è il più pimpante oggi, ma una volta rientrato sul canadese non riesce a rispondere anche al nuovo attacco del danese, che guadagna così 20″. Vantaggio che sarà decisivo per il portacolori della Israel – PrimerTech conducendolo alla vittoria in solitaria.
Alle sue spalle Woods non molla di un centimetro le ruote del transalpino, indisposto dal gioco di squadra perfetto della coppia avversaria che lo ha messo in mezzo, tanto che giunti alla volata per il secondo posto è proprio il canadese a prevalere e completare la doppietta Israel – PrimerTech.

Lorenzo Alessandri

Jakob Fuglsang sferra lattacco decisivo per la vittoria. Photo Credit: Dario Belingheri Getty Images

Jakob Fuglsang sferra l'attacco decisivo per la vittoria. Photo Credit: Dario Belingheri Getty Images

31-05-2022

maggio 31, 2022 by Redazione  
Filed under Ordini d'arrivo

MERCAN’TOUR CLASSIC ALPES-MARITIMES

Il danese Jakob Fuglsang (Israel-Premier Tech) si è imposto nella corsa francese, Puget-Théniers – Col de Valberg, percorrendo 167.9 Km in 4h50′34″, alla media di 34.67 Km/h. Ha preceduto di 31″ il canadese Michael Woods (Israel-Premier Tech) e di 34″ il francese David Gaudu (Groupama-FDJ). Non ha terminato la prova l’unico italiano in gara, Alessandro Verre (Team Arkéa Samsic)

TOUR OF ALBANIA

L’albanese Ylber Sefa (nazionale albanese) si è imposto nella prima tappa, Tirana – Korçë, percorrendo 161.1 Km in 3h51′05″, alla media di 41.829 Km/h. Ha preceduto allo sprint il rumeno Cristian Raileanu (CSA Steaua Bucuresti) e il connazionale Mikel Demiri (nazionale albanese). Nessun italiano in gara. Sefa è il primo leader della classifica con 4″ su Raileanu e 6″ su Demiri

GIRO 2022 – LE PAGELLE FINALI

maggio 30, 2022 by Redazione  
Filed under Approfondimenti

Le pagelle finali dell’edizione della Corsa Rosa appena terminata

JAI HINDLEY: Il corridore della Bora-Hansgrohe è il primo australiano a vincere il Giro d’Italia, corsa che gli era sfuggita due anni fa nella cronometro finale di Milano quando si arrese a Tao Geoghegan Hart. Anche quest’anno c’era una cronometro individuale all’ultima tappa, ma per scacciare ogni dubbio non si risparmia sulla Marmolada dove conquista la Maglia Rosa sfruttando alla grande il lavoro della propria squadra rifilando un distacco incolmabile a Carapaz. A Verona si difende egreggiamente scacciando ogni nuvola sul suo successo. Nelle tre settimane corre con astuzia e spinge quando deve spingere, tipo sul Blockhaus quando fa sua la prima vera tappa dura del Giro d’Italia. Nell’ultima settimana si dimostra il più forte in salita, dove fa lavorare la squadra bene senza spremerla quando non serve. Rivincita meritata per un gran corridore che negli ultimi anni ha raccolto troppo poco per quello che ha fatto vedere. VOTO: 9,5

ARNAUD DEMARE: Il francese è il Re delle volate di questo Giro d’Italia 2022. Nelle poche tappe adatte alle sue caratteristiche il ciclista della Groupama – FDJ riesce a vincere tre volate: a Messina, a Scalea e a Cuneo nonostante un treno a volte non proprio esaltante, come a Reggio Emilia. Conquista anche la Maglia Ciclamino, il simbolo del primato della Classifica a Punti. VOTO: 8,5

LENNARD KAMNA: Un ottimo Giro d’Italia per il tedesco della Bora-Hansgrohe dove vince sull’Etna nel primo arrivo in salita della Corsa Rosa. Nelle frazioni seguenti prova a ripetersi finché non si mette a completa disposizione del capitano Hindley. Il suo aiuto è fondamentale nella ventesima tappa quando va in fuga per poi aspettare lungo salita finale l’australiano, che grazie al suo contributo conquista la Maglia Rosa. VOTO: 8

JUAN PEDRO LOPEZ: Il giovane ciclista spagnolo della Trek-Segafredo conquista la Maglia Rosa sull’Etna e la difende con grinta e cuore per ben dieci tappe, finchè si deve arrendere alle accelerazioni di Yates e Carapaz. Conquista la classifica riservata ai giovani e un posto prestigioso nella top ten della classifica generale. VOTO: 7,5

KOEN BOUWMAN: L’olandese della Jumbo-Visma è uno dei protagonisti di questo Giro d’Italia dove riesce a vincere ben due tappe. Il primo successo a Potenza, in fuga dalla mattina, dove vince contro due ciclisti dal calibro di Mollema e Formolo. La seconda vittoria nella diciannovesima tappa, al Santuario di Castelmonte, dove entrando nella fuga di gioranta riesce a superare Schmid nei duri chilometri finali. A ventotto anni, libero da compiti di squadra, riesce a correre il miglior grande giro della sua carriera. VOTO: 7,5

VINCENZO NIBALI : Per il bene del ciclismo italiano: clonatelo!. Lo Squalo corre il suo ultimo Giro d’Italia, una corsa che ha onorato da sempre sin dalla sua prima esperienza, una corsa che lo ha visto vittorioso per ben due volte, la prima nel 2013 dominando dall’inizio alla fine e la seconda nel 2016 quando ribaltò la classifica generale nelle ultime tappe alpine. Oltre le due vittorie è salito altre quattro volte sul podio finale conquistando anche due cronosquadre in maglia Liquigas e sette tappe tra Liquigas, Astana e Bahrain-Merida. Corre con ritrovato smalto chiudendo al quarto posto, posizione d’onore per un Campione d’altri tempi. Grazie Vincenzo per tutte le emozioni che ci hai regalato. VOTO: 7

MATHIEU VAN DER POEL: Il fuoriclasse olandese della Alpecin-Fenix è la prima Maglia Rosa del Giro d’Italia 2022, leadership che perde sull’Etna. Nelle tappe successive onora alla grande la corsa con ottime prestazioni e piazzamenti sui podi di giornata. VOTO: 7

BINIAM GIRMAY: Il ciclista eritreo riesce a trovare lo spunto giusto, dopo vari tentativi, a Jesi dove batte Mathieu Van der Poel in un duello all’arma bianca. Vittoria che gli costa il ritiro a causa del tappo dello spumante che gli finisce in un occhio durante la premiazione. Curiosità, il corridore della Intermarché è il primo ciclista africano di colore a vincere una tappa del Giro d’Italia. VOTO: 7

JAN HIRT: L’esperto corridore ceco è un’altra bellissima conferma della Intermarché-Wanty-Gobert Materiaux, una delle squadre più prolifiche nella Corsa Rosa. Il trentunenne scalatore riesce a vincere una tappa dura come quella di Aprica e sfiora la top five della classifica generale per pochi secondi. VOTO: 7

DOMENICO POZZOVIVO: Il trentanovenne lucano nonostante l’età non proprio tenerissima e qualche caduta di troppo riesce a conquistare un ottavo posto in classifica generale che riempe di gioia tutti gli apassionati di ciclismo. VOTO: 7

PELLO BILBAO: Lo spagnolo della Bahrain-Merida arriva già carico alla partenza da Badapest e la sua condizione fisica andrà scemando tappa dopo tappa. Con costanza e regolarità, sfruttando anche l’aiuto dei compagni di squadra che scortano lui e Landa, riesce a conquistare un ottimo quinto posto in classifica generale. VOTO: 7

SANTIAGO BUITRAGO: Il giovane colombiano della Bahrain-Merida è una delle più belle sorprese di questo Giro d’Italia. Partecipa più volte nelle fughe di giornata raccogliendo piazzamenti e trovando finalmente la vittoria nella tappa di Lavarone. VOTO: 7

RICHARD CARAPAZ: L’ecuadoriano della Ineos – Grenadiers termina secondo alle spalle di Hindley nella classifica finale. Un Giro d’Italia strano per lui dove sembrava controllare con facilità gli avversari nelle prime settimane. Una volta ritirato Yates e con Almeida in difficoltà sembrava che la strada verso la vittoria finale fosse spianata; invece sulla Marmolada cede di botto arrendedosi alla nuova Maglia Rosa. Edizione della Corsa Rosa che mostra le vere potenzilità di un ciclista, forte e completo ma lontano dall’élite dei Pogacar e dei Roglic. VOTO: 6,5

MIKEL LANDA: Per le qualità che ha il podio era alla sua portata e una volta scongiurate cadute e imprevisti il gioco è fatto. Il problema è che, nonostante una squadra forte e attrezzata, il basco non riesce ad incidere, arrivando sul podio più per demerito degli avversari che per merito suo. Quando la strada sale non riesce ad attaccare ma corre sempre in difensiva, non sfruttando tante volte la superiorità numerica e il fattore Pello Bilbao. VOTO: 6,5

ALESSANDRO COVI: Tra lavoro per il capitano Almeida e condizione non al top, il corridore lombardo dà il meglio di sé nella terza e ultima settimana dove riesce a vincere nella tappa più dura del Giro d’Italia, quella con l’arrivo sulla Marmolada. VOTO: 6,5

THOMAS DE GENDT: Il trentatrenne belga della Lotto Soudal è un cacciatore di tappe, titolo che conferma a Napoli dove trova lo spunto giusto nella fuga giusta. VOTO: 6,5

MATTEO SOBRERO: Dopo un Giro d’Italia corso in ombra, il piemontese si rifà nella cronometro finale di Verona dove vince con un distacco abbastanza importanza. VOTO: 6,5

ALBERTO DAINESE: Il giovane corridore del Tem DSM è il primo italiano a vincere una tappa in questa edizione del Giro d’Italia 2022. Trionfa a Reggio Emilia in volata dove beffa i più quotati avversari. VOTO: 6,5

MARK CAVENDISH: Il velocista britannico a trentasei anni è ancora un osso duro. La prima volata di questa edizione della Corsa Rosa è sua, ma non riuscirà a ripetersi nella tappe seguenti dove paga la fatica di un Giro d’Italia abbastanza duro. VOTO: 6,5

GIULIO CICCONE: Questa edizione della Corsa Rosa sentenzia il futuro del corridore della Trek-Segafredo per quanto riguarda i Grandi Giri: è un cacciatore di tappe e non un uomo da classifica. Abbandonata la lotta per la classifica generale si mette alla ricerca di una vittoria di tappa che trova a Cogne. Ci riprova nella terza settimana raccogliendo un terzo posto sulla Marmolada. VOTO: 6,5

DRIES DE BONDT: Il trentunenne belga dell’Alpecin-Fenix riesce a vincere a Treviso la sua prima tappa in un Grande Giro. Frazione, quella di Treviso, dove insieme ai compagni di fuga beffa i velocisti nell’ultima tappa disegnata per loro. VOTO: 6,5

EMANUEL BUCHMANN: Alla partenza da Budapest divideva i gradi di capitano con Hindley, la strada ha premiato l’australiano. Riesce a portare a casa un settimo posto in classifica generale aiutando nello stesso tempo il capitano in alcune fasi cruciali della terza settimana. VOTO: 6,5

PAVEL SIVAKOV: Dopo il ritiro di Richie Porte diventa l’ultimo uomo della Ineos Grenadiers, cerca in tutti i modi di aiutare Carapaz nelle salite terribili della terza settimana. VOTO: 6,5

STEFANO OLDANI: Il giovane milanese della Alpecin-Fenix trova la prima vittoria da professionista nella tappa di Genova dove entra nella fuga giusta e batte Rota nello sprint finale. VOTO: 6,5

DAVIDE GABBURO: Il corridore originario di Bovolone è il migliore della Bardiani-CSF-Faizanè in questo Giro d’Italia, dove partecipa spesso e volentieri nelle fughe di giornata. Sfiora la vittoria a Napoli e il podio a Treviso. VOTO: 6,5

SIMON YATES: Un Giro d’Italia pieno di alti e bassi per il corridore del Team BikeExchange – Jayco. Trova subito la vittoria nella cronometro di Budapest, sgambetta bene sull’Etna per poi uscire di classifica sul Blockhaus dove paga il caldo e un fastidio al ginocchio. Il britannico non demorde andando a caccia di tappe nelle giornate seguenti e riuscendo a vincere un’altra frazione a Torino per poi abbandonare due giorni dopo. Lascia il Giro d’Italia con l’amaro in bocca, ha dimostrato una gran classe ma tanti cali di testa e fisici, un Giro d’Italia dove poteva essere un protagonista assoluto. VOTO: 6

MATTIA BAIS: Il corridore della Drone Hopper – Androni è il Re delle fughe del Giro d’Italia 2022. Tanta generosità per lui, peccato che non sia riuscito a portare a casa altri successi o piazzamenti d’onore. VOTO: 6

HUGH CARTHY: Il corridore britannico della EF Education-EasyPost tra alti e bassi riesce a entrare nella top ten della classifica generale. VOTO: 6

THYMEN ARENSMAN: Il ventiduenne passista-scalatore olandese del Team DSM è un peperino, partecipa spesso alle fughe di giornata non risparmiandosi mai. Raccoglie ottimi piazzamenti anche a cronometro. In futuro si toglierà sicuramente tante soddisfazioni. VOTO: 6

FILIPPO TAGLIANI: Il corridore della Drone Hopper – Androni è il vincitore della speciale classifica riservata ai traguardi volanti, tanta generosità per onorare al meglio il Giro d’Italia. VOTO: 6

MAURO SCHMID: Il giovane ciclista svizzero anima quasi tutte le tappe di questo Giro d’Italia. Corridore generoso e ambizioso che trova un bellissimo secondo posto al Santuario di Castelmonte. VOTO: 6

WOUT POELS: Ad inizio corsa prova a buttarsi in fuga alla ricerca di qualche vittoria di tappa, poi si mette a disposizione della squadra lavorando per i capitani Landa e Bilbao. VOTO: 6

DIEGO ROSA: Il corridore della Eolo-Kometa inizia bene il Giro d’Italia, dove rivive i fasti di qualche anno fa. Poi crolla nella terza settimana abbandonando anche la lotta alla Maglia Azzurra di leader degli scalatori. VOTO: 6

VINCENZO ALBANESE : Cerca il suo spazio negli arrivi in volata ma trova solo un terzo di tappa a Jesi. Appena può, perciò, decide di andare in fuga. VOTO: 6

ALEJANDRO VALVERDE: Il murciano della Movistar Team onora meglio che può la Corsa Rosa; le energie a quarantadue anni sono quelle che sono, però si avvicina sia alla vittoria di tappa, sia alla top ten. VOTO: 6

BAUKE MOLLEMA: L’esperto olandese non si risparmia cercando di vincere una tappa in tutti modi; ci va vicino ma trova sempre qualcuno più forte di lui. VOTO: 6

ANDREA VENDRAME: Il ciclista veneto della AG2R Citroën Team non riesce a ripetere l’affermazione dello scorso anno, nonostante entri cinque volte nella top ten di giornata. VOTO: 6

SIMONE CONSONNI: Il ventisettenne della Cofidis si gioca le sue chances in volata e in fuga, tanta determinazione e tanti piazzamenti. VOTO: 6

ANTONIO PEDRERO: Anima le corse con tanta generosità cogliendo piazzamenti rilevanti. VOTO: 6

ALESSANDRO TONELLI: Il lombardo della Bardiani-CSF-Faizanè con il terzo posto nella diciannovesima tappa raccoglie il suo miglior risultato di sempre in un Grande Giro. VOTO: 6

CALEB EWAN: L’australiano della Lotto Soudal non riesce a lasciare il segno in questo Giro d’Italia. Cadute e nervosismo non lo aiutano e non va oltre un secondo posto nella tappa di Scalea. VOTO: 5,5

EDOARDO AFFINI: Il mantovano non trova il colpo di pedale giusto a cronometro e prova così ad entrare in fuga nelle tappe in linea raccogliendo qualche buon piazzamento, poca cosa per il suo valore. VOTO: 5,5

FERNANDO GAVIRIA: Il velocista della UAE Team Emirates riesce a trovare sempre un imprevisto che non gli permette di dare il meglio di sé allo sprint, che sia un guasto meccanico o un avversario che gli chiude la strada. Il colombiano arriva poche volte a giocarsi le sue chances in volata e quando ci arriva trova un superbo Démare o il sorprendente Dainese ad anticiparlo. VOTO. 5,5

LORENZO FORTUNATO: Lo scorso anno al Giro d’Italia fu una sorpresa, quest’anno non riesce a ripetersi. Lontano dalla top ten generale e non incisivo in fuga. VOTO: 5,5

MAGNUS CORT: Il corridore danese prova più volte a vincere una tappa ma non trova mai lo spunto decisivo. Alla fine il miglior piazzamento è il terzo posto nella tappa con arrivo a Treviso. VOTO: 5,5

GIACOMO NIZZOLO: Il velocista della Israel-Premier Tech non riesce a impensierire i rivali negli arrivi in volata, troppo forti loro o non in condizione ottimale lui? VOTO: 5

ALESSANDRO DE MARCHI: Il “Rosso di Buja” non riesce a lasciare il segno in un’edizione del Grio d’Italia dove non lo si vede nemmeno andare in fuga come negli anni passati. VOTO: 5

LILIAN CALMEJANE: Una Corsa Rosa totalmente anonima per il corridore della Ag2r Citroen Team. VOTO: 5

SAM OOMEN: Dopo il ritiro di Tom Dumoulin ha carta bianca per attaccare e fare corsa per sè; purtroppo per lui e i suoi tifosi non lo si vede mai. VOTO: 5

EDWARD THEUNS: Il ciclista belga della Trek-Segafredo non ha mai vinto una tappa in un Grande Giro e non ci va vicino nemmeno questa volta. VOTO: 5

TOBIAS FOSS: Il corridore norvegese non lascia il segno, né nelle tappe in linea, né nelle due cronometro individuali nella quali corre con la maglia di campione nazionale a cronometro in carica. VOTO: 5

DAVIDE FORMOLO: Il corridore della UAE Team Emirates prova più volte ad entrare nel vivo della corsa, purtroppo non riesce a trovare mai il colpo di pedale giusto. VOTO: 5

DAVIDE VILLELLA: Un Giro d’Italia negativo per il lombardo della Cofidis, manda qualche segnale nella prima settimana dove raccoglie un buon quinto posto nella tappa di Potenza per poi sparire piano piano dalle scene. VOTO: 4,5

GUILLAUME MARTIN: Lo scalatore francese della Cofidis corre in modo garibaldino, sempre all’attacco. Il problema è che sbaglia sempre i tempi non riuscendo mai ad avvicinarsi al successo di tappa. Termina il Giro d’Italia lontano anche dalla top ten nella classifica generale. VOTO: 4,5

DIEGO ULISSI: I segnali erano buoni e incoraggianti dopo l’ottavo posto nel prologo di Budapest. Purtroppo da lì in poi sarà un crescendo di delusioni. Forza Diego, ritorna l’Ulissi che tutti amiamo. VOTO: 4,5

IVAN SOSA: Il colombiano della Movistar corre un Giro d’Italia nell’ombra più assoluta. Si perde subito per quanto riguarda la classifica generale e di vincere una tappa nemmeno se ne parla. Un gran passo indietro nella crescita di questo giovane ciclista. VOTO: 4

JOAO ALMEIDA : Sfortunato il portoghese della UAE Team Emirates che nel pieno della lotta per il podio è costretto ad abbandonare la competizione causa Covid-19. VOTO: S.V.

BARDET ROMAIN: Lascia il Giro d’Italia sul più bello proprio quando aveva trovato una gamba che non si vedeva da anni, peccato. VOTO: S.V.

TOM DUMOULIN: Resta tanto amaro in bocca per la piega che ha preso la sua carriera. VOTO: S.V.

Luigi Giglio

QUARTIERTAPPA: DALLA SEDE DI VERONA

maggio 29, 2022 by Redazione  
Filed under Approfondimenti

Ecco il tradizionale contenitore made ne ilciclismo.it che da diverse stagioni accompagna le cronache prima del Giro e poi del Tour. All’interno ritroverete le rubriche riservate alla rassegna stampa internazionale, alla colonna sonora del giorno, alle previsioni del tempo per la tappa successiva, alle “perle” dei telecronisti, al Giro d’Italia rivisto alla “rovescia” e al ricordo di un Giro passato (quest’anno rivisiteremo l’edizione del 1962 a 60 anni dalla prima delle due vittorie consecutive di Franco Balmamion)

SALA STAMPA

Italia

L’australiano Hindley è il vincitore del Giro d’Italia. A Sobrero la crono finale

Gazzetta dello Sport

Ungheria

Úgy zárult a Giro d’Italia, ahogyan 1909 óta még soha sem

Magyar Nemzet

GRAN BRETAGNA

Jai Hindley enters history books as Australia’s first Giro d’Italia winner

The Daily Telegraph

FRANCIA

Hindley s’offre son premier Grand Tour

L’Équipe

SPAGNA

Hindley hace historia

AS

PORTOGALLO

Jai Hindley é o primeiro australiano a vencer o Giro

Público

BELGIO

Hindley geeft leiderstrui Giro niet meer uit handen in slottijdrit, die gewonnen wordt door Sobrero

Het Nieuwsblad

PAESI BASSI

Hindley pakt eindzege in Giro d’Italia, Bouwman de bergtrui

De Telegraaf

GERMANIA

Hindley gewinnt als erster Australier den Giro d’Italia

Kicker

REPUBBLICA CECA

Hindley v časovce nezaváhal a je šampionem Gira. Hirt udržel šesté místo

Mladá fronta Dnes

COLOMBIA

Jai Hindley, primer australiano en ganar el Giro de Italia

El Tiempo

ECUADOR

Richard Carapaz, subcampeón del Giro de Italia

El Universo

AUSTRALIA

History as Aussie Jai Hindley wins Giro d’Italia

The Australian

DISCOGIRO

La colonna sonora della tappa del Giro scelta per voi da ilciclismo.it

Advance Australia Fair (Inno nazionale Australia)

IL GIRO CHE VERRÀ

Se del “Grand Départ” del Tour de France del 2023 si sà già tutto da tempo – l’anno prossimo la corsa francese scatterà dalla cittadina spagnola di Bilbao e si fermerà nei Paesi Baschi per tre giorni – non si hanno ancora notizie certe sulla cittadina che ospiterà la sede di partenza del Giro d’Italia. Tante le canditature pervenute sulla scrivania del direttore Mauro Vegni, anche straniere (Repubblica Slovacca, Belgio, Turchia e Marocco), ma i rumors più recenti dicono che la “Grande Partenza” dovrebbe avvenire dall’Abruzzo e con tutta probabilità sarà Pescara la cittadina prescelta per dare il via alla “Corsa Rosa”, come già avvenuto nel 2001 quando il belga Rik Verbrugghe si impose nella cronometro più veloce della storia del Giro. Altre voci danno per certa, invece, la tappa conclusiva in Friuli, in una località che dovrà essere scelta tra Udine e Trieste, che entrambe hanno già nel curriculum l’approdo finale della Corsa Rosa, la prima nel 1983 e la seconda nel 2014. Il percorso sarà svelato nella sua totalità in autunno, ma una serie di indiscrezioni possono consentire di farsi un’idea della direzione che sarà intrapresa dai “girini”, che si dovrebbero fermare per tre giorni in Abruzzo (candidata per un arrivo la cittadina di Fossacesia) per poi scendere verso sud, dove hanno fatto richiesta del Giro la calabrese Vibo Valentia e il santuario campano di Montevergine, arrivo in salita poco selettivo tipico da prima settimana di corsa. Un’altra località montana dell’Italia centrale che si è proposta è l’Abetone, che il Giro potrebbe raggiungere dopo aver fatto scalo a Forte dei Marmi, dove si vorrebbe organizzare una tappa a cronometro, sulla falsariga di quelle disegnate da Vincenzo Torriani negli anni ‘70. Giunto sulle strade dell’Italia settentrionale il Giro potrebbe fare scalo a Castellania, nel 70° anniversario dell’ultima vittoria di Fausto Coppi alla Corsa Rosa, ottenuta nell’edizione della prima scalata allo Stelvio, anche se il mitico passo dovrebbe attendere fino al 2025 per il prossimo passaggio del Giro (si vocifera dell’arrivo in vetta della tappa conclusiva in occasione del bicentenario della costruzione della strada che sale al passo). La Valtellina potrebbe comunque essere ancora protagonista perchè c’è l’intenzione – che potrebbe però naufragare contro problematiche di carattere logistico – di proporre l’impegnativo arrivo in salita al Lago di Campo Moro, dove sono terminate negli scorsi anni due tappe dei giri riservati alle donne e agli Under 23.
Nel frattempo il presidente della regione Veneto Luca Zaia ha fatto sapere di esser già al lavoro per organizzare tre arrivi di tappa e una di questa potrebbe essere la frazione montana che era stata proposta dall’Associazione Nazionale Alpini per il 2022 ma che non era stata presa in considerazione per l’edizione appena terminata, una tappa che prevede l’ascesa al Monte Grappa e il traguardo fissato in una località a scelta tra Bassano e Possagno. A questo punto la corsa si sposterà nel vicino Friuli per un gran finale che ha in serbo anche una tremenda cronoscalata del quale si parla da diversi anni, che prevede d’affrontare la ripida sterrata – da sistemare – che conduce in uno degli angoli più incantevoli della regione, il Monte Santo di Lussari

STRAFALGAR SQUARE

L’angolo degli strafalcioni dei telecronisti

Pancani: “Al mio fanco Fabio Genovesi”
Petacchi: “È stato uno dei primi a perdere contratto dal gruppo”
Petacchi: “Le condizioni moteo”
Borgato: “Il miglior tempo è sulle spalle di Magnus Cort”
Saligari: “È oramai in dentro l’ultimo chilometro”
Garzelli: “Ogni salita di questi 17 Km saranno il punto decisivo” (c’era una sola salita)
Cipollini: “Le tappe regina”
Cipollini: “Cerchevamo di mantenerli a debita distanza”
Fabretti: “Non avevamo specialisti veri e proprio”
Televideo: “Nibali conserva il quarto posto da Pello Bilbao”
Televideo: “Micael Hepburn” (Michael)
Nibali: “Saluti i tifosi che sono stati dietro la tv a seguirmi”

GIROALCONTRARIO

L’ordine d’arrivo e la classifica generale dal punto di vista della maglia nera

Ordine d’arrivo della ventunesima ed ultima tappa, circuito a cronometro di Verona

1° Rui Oliveira
2° Ramon Sinkeldam a 6″
3° Ivan Sosa a 15″
4° Aimé De Gendt a 16″
5° Mark Cavendish a 22″

Miglior italiano Sacha Modolo, 10° a 47″

Classifica generale

1° Roger Kluge
2° Pieter Serry a 16′55″
3° Matthias Brändle a 21′05″
4° Bert Van Lerberghe a 25′07″
5° Mark Cavendish a 27′19″

Miglior italiano Filippo Tagliani, 7° a 44′53″

Maglia nera Jai Hindley, 149° a 7h13′57″

IL GIRO DI 60 ANNI FA

Riviviamo l’edizione 1962 della Corsa Rosa attraverso i titoli del quotidiano “La Stampa”

21a TAPPA: SAINT VINCENT – MILANO (160 Km) – 9 GIUGNO 19622

IL GIRO SI è CONCLUSO CON IL TRIONFO DI BALMAMION – CARLESI AL VIGORELLI VINCE L’ULTIMA TAPPA – A NOLE FESTE PER LA MAGLIA ROSA
Una marcia senza emozione da Saint-Vincent al traguardo d’arrivo
Secondo in classifica generale Massignan, terzo Defilippis – La tremenda giornata di Passo Rolle, con neve e bufera, aveva tolto di gara molti tra i migliori – Soltanto quarantasette ciclisti hanno portato a termine la dura competizione – Pur non giungendo mai primo nelle varie tappe, il canavesano Balmamion ha meritato il successo finale – Balmamion e Defilippis non vogliono partecipare al Tour

LArena di Verona (www.giroditalia.it)

L'Arena di Verona (www.giroditalia.it)

ARCHIVIO QUARTIERTAPPA

Cliccare sul nome della tappa per visualizzare l’articolo

Raduno di partenza Budapest
1a tappa: Budapest – Visegrad
2a tappa: Budapest – Budapest (cronometro individuale)
3a tappa: Kaposvár – Balatonfüred
4a tappa: Avola – Etna-Nicolosi (Rifugio Sapienza)
5a tappa: Catania – Messina
6a tappa: Palmi – Scalea (Riviera dei Cedri)
7a tappa: Diamante – Potenza
8a tappa: Napoli – Napoli
9a tappa: Isernia – Blockhaus
10a tappa: Pescara – Jesi
11a tappa: Santarcangelo di Romagna
12a tappa: Parma – Genova
13a tappa: Sanremo – Cuneo
14a tappa: Santena – Torino
15a tappa: Rivarolo Canavese – Cogne
16a tappa: Salò – Aprica
17a tappa: Ponte di Legno – Lavarone
18a tappa: Borgo Valsugana – Treviso
19a tappa: Marano Lagunare – Santuario di Castelmonte
20a tappa: Belluno – Marmolada (Passo Fedaia)

NOIA E ARENA, MA BRAVO SOBRERO. E BRAVI I BORA IN UN GIRO DOWN UNDER

maggio 29, 2022 by Redazione  
Filed under News

Cronometro passerella in quel di Verona, luogo di aspettative disattese se mai ve ne furono nel ciclismo, con quei Mondiali sempre sulla carta durissimi e poi inevitabilmente preda dell’inerzia e del fulmineo Freire. Oggi vince Sobrero. Fine.

Che bello l’arrivo nell’Arena, sempre spettacolare ed emozionante; ma, come in una riproduzione in scala del resto del Giro, una volta ripresici dalla sindrome di Stendhal prodottaci dai panorami scenografici entro cui scorre la gara, vale giusto la pena di applaudire il vincitore di tappa, brillante in mezzo al nulla e alla noia di una corsa ingessata.
La cronaca si riduce dunque all’entusiasmo per Matteo Sobrero, che, coerentemente con i suoi 25 anni, rende sempre più corposa la propria graduale crescita tecnica come cronoman versatile dal potenziale aperto, dando lustro alla maglia di campione italiano, e così confermando en passant l’ottimo lavoro condotto per la crescita della disciplina sul medio-lungo periodo in Italia, grazie ad alcune menti illuminate più che alla Federazione, dopo epoche assai fosche. Matteo ha dato fiducia al traballante progetto Bike Exchange e il team ha dato fiducia a lui: il risultato, una ciliegina finale di ulteriore consolazione dopo le glorie e disgrazie di Simon Yates. Addio alla generale, ma tre tappe vinte sono un bottino niente male anche in termini di quei punticini UCI che per gli australiani quest’anno valgono oro nella lotta per non essere espulsi dal World Tour.
Ecco, va detto che dietro a Sobrero proprio non succede quasi nulla, l’unico uomo a subire meno di 2” al km (!) da Sobrero è il giovinetto formidabile Arensman (che ne becca comunque quasi uno e mezzo…), promettente spilungone tuttofare già probabilmente razziato da Ineos. Per il resto arrivano alla rinfusa cacciatori di tappa più o meno orfani di forma o fortuna e gioie, come Mollema, Schmid e Cort, oppure il prezzemolino MDVP o il gioiellino britannico Tulett; magari l’uno o l’altro uomo di classifica ansioso di dimostrare qualcosa, categoria che include ovviamente Carapaz, più sorprendentemente Hindley (che comunque patisce 7 secondi dal colombiano, sottolineando l’eccezionalità della cesura di ieri), o il povero Hugh Carthy, vero Ecce Homo di questo Giro disperato per la sua EF, altro team in lotta per non retrocedere.
Ebbene sì, l’ennesima stramazzata del povero Hugh stavolta vale 40 punticini extra per la squadra, come aver fatto secondo in una tappa, e ben più di quanto non avessero apportato finora le sue disumane fatiche e il paio di quarti posti ricavatini. Nessuno avrà fatto caso al suo undicesimo posto odierno, e pochi avranno osservato che grazie ad esso Carthy scambia nono e decimo in generale, scavalcando così l’iconico Juanpe López, più che contento della sua maglia bianca dopo tanta rosa provvisoria; mentre a pochi sarà sfuggito il protagonismo in fuga dell’uomo EF. Ma così è se vi pare, o anche se non vi pare, questa dei punticini è una curiosità in più non necessariamente in accordo con la logica globale dello sport. Aggiunge pepe, senz’altro, e quanto ce n’è bisogno a questo Giro.
Tanto per dare un altro riferimento in merito al vuoto cosmico odierno, lo scambio di posizioni fra Hugh Carthy e Juanpe López, peraltro non proprio trascendentale (ribadiamolo: si invertono nono e decimo in CG…!), è l’unico, attenzione attenzione, “unico” mutamento in classifica generale verificatosi entro le prime 32 posizioni di classifica nella giornata odierna. Il resto permane immutato, nemmeno bastano le rispettive attitudini a spostare alcunché. E se sembra scontato, possiamo prendere a paragone un’altra pagina nera dei grandi giri degli ultimi anni, il Tour 2017, la cui altresì discutibile crono conclusiva, tanto bella quanto poco significativa, oltre a invertire nono e decimo come quella odierna permise in questo ventaglio di posizioni anche lo scambio fra secondo e terzo nonché quello fra 13º e 14º (per non dire di Landa a un secondo dal podio). Poca roba, invero, perché come premesso peschiamo nel torbido, ma oggi è valsa pure meno. Tanto per capirci, nella tutt’altro che stravolgente ma quantomeno dignitosa crono finale dello scorso Giro 2021 si vide entro lo stesso range di una trentina di atleti almeno la metà di essi cambiare il proprio posizionamento nella generale.
Chiusa la cronaca su questa tappa, emblematica come dicevamo del Giro in toto, tracciamo qualche bilancio. È triste a dirsi, ma probabilmente si è testé concluso il peggior Giro, in termini di spettacolo sportivo, da che siamo entrati nell’era dei vari Pro Tour, World Tour e compagnia. E ciò non si legga nei termini di una critica pregiudiziale al Giro del 2004 o a quello del 2003, bensì come un semplice riferimento per pesare parametri comuni, vale a dire senza entrare in un dibattito che diverrebbe annosissimo relativo alla qualità dei partecipanti, al sistema degli inviti e via dicendo. Si sarebbe potuto scrivere con egual arbitrio che l’edizione 2022 è il peggior Giro in 20 anni, richiamando il 2002 in nome di quella allora sfumata prima vittoria di un australiano, il giovane Cadel Evans in maglia Mapei; o il peggior Giro del millennio, maledicendo il 1999 e Madonna di Campiglio; oppure perfino il peggior Giro in un quarto di secolo, riscattando le imprese di Pantani in quel 1999 e prendendocela con le vittorie di Tonkov o Gotti su top-10 finali dalla qualità un po’ zoppicante (ma quell’Enrico Zaina 1996 è l’unico ciclista pro ad avere scalato in gara la Marmolada più velocemente che Jai Hindley in tutta la storia dello sport!). Comunque, ci siamo capiti, è il più brutto Giro in un lasso di tempo parecchio lungo.
Poi, sia chiaro, il Giro resta la corsa più bella del mondo nel Paese più duro del mondo, o qualcosa del genere, quindi un brutto Giro non è comunque uno spettacolo infame. C’è stata una bella tappa per la generale, una!, vale a dire Torino. A volte questo basta per fare un Tour de France (i transalpini sono capacissimi di produrne zero). C’è stato un attacco serio per la classifica, sul Fedaia. Uno!, e a meno di 3 km dalla linea del traguardo (sic), ma potevano non essercene proprio. Ci sono state tappe dove i primissimi non si sono scannati a sciabolate, ma una selezione atletica pesante s’è data da sé (e vorrei vedere con cinquemila metri di dislivello, per quanto mal disegnato), vedansi Blockhaus e Aprica. E delle belle lotte per la vittoria di giornata, come no. Un monumento a Mathieu van der Poel pagato da Vegni, per favore. Anche se perfino MDVP diventa gigione col passare del tempo e una volta saltato per il tappo di Prosecco l’altro fenomeno, Bini. Il monumento a De Gendt, invece, se l’è tirato su da solo in quel di Napoli. Ecco, a proposito di De Gendt, il 2012 è stato a lungo, e giustamente, il titolare della corona spinosa al “Giro più brutto che si ricordi”: perché quel Giro aveva avuto – al di là delle battaglie di giornata – “solo” l’epica giornata dello Stelvio a spiccare fra le schermaglie con poco costrutto per la generale. Quella sola tappa, però, basta a spostare poderosamente gli equilibri, unitamente all’attitudine aggressiva, anche se solo alla flamme rouge, del buon Purito, e di Hesjedal a Pampeago, naturalmente, pure lui con tempi record come quelli della Marmolada. Lotta fra Giri poveri, o poveri Giri, ma tant’è.
Un po’ come nel 2012 ciò che affossa del tutto il morale è una somma fra opportunità perse, nelle poche occasioni in cui il tracciato offriva guizzi d’ingegno, e assenza generalizzata di azioni da parte degli uomini di classifica. In generale, quel che si riassume in “fumarsi il Giro”.
Chiudiamo qui con due domande, tanto per rimuginare un po’ visto che non possiamo crogiolarci nel semplice ricordo dei momenti memorabili quest’anno alquanto latitanti. Il primo interrogativo concerne le squadre che hanno perso: erano in qualche modo conscie della propria inferiorità, sia in termini di team sia in termini di capitani, rispetto alla Bora? E se tale equilibrio o inferiorità si palesava soprattutto negli sforzi brevi e concentrati, perché non provare a mutare l’organizzazione del lavoro erogato, proponendo moduli differenti, ad esempio con intensità medio-alta su due Gpm invece che ridurre il tutto a un braccio di ferro di pura scalata negli impervi finali? Il Giro, va detto, aveva fra i suoi enormi limiti una chiara predisposizione a favore di questa seconda impostazione, divenuta rapidamente dominante. Epperò un poco di fantasia non guasta: e se l’azzardo a cui chiamava a gran voce la tappa di Potenza con la Montagna Grande di Viggiano – greggismo dei più nefasti mai visti, con la strada bloccata dai team con interessi al passeggio – poteva essere in effetti prematuro, un lusso per veri risk-takers (Astana 2015, Contador 2011, Nibali 2013), non ci sono più scuse di sorta per il modo in cui sono stati neutralizzati il Vetriolo o, autentico crimine sportivo, il Kolovrat. Perdoniamo solo la tappa valdostana perché mettere una tappa da forzature dopo Torino è un errore così grossolano del tracciatore che i team finiscono assolti. E allora bravi i Bora, perché alla fin della fiera non solo Hindley ha proposto l’unico serio attacco individuale (col supporto ben orchestrato di Kämna peraltro) fra uomini della generale, ma anche giacché l’unica volta che si è visto un team propositivo al 100%, puntando fiches pesanti, in un’azione aggressiva e concertata dal medio raggio, sono sempre stati loro, in quel di Torino. Niente di più e niente di meno, ma in uno scenario mediocre tanto basta. I Bahrain qualcosina hanno fatto, non si dica di no. Epperò senza quell’ingegno che era assolutamente indispensabile a colmare il divario fisico-tecnico inevitabilmente implicito in un Landa, figuriamoci!, quasi 33enne. Hanno tiricchiato tutti in buon ordine, ma senza rinunciare alle chance di tappa con gli uomini in avanscoperta; alzando un pochino il ritmo prima del duello finale, e tuttavia non parliamo certo di martellate feroci a scremare e infilare il gruppo. Senza con ciò disprezzare le occasionali prestazioni eroiche di un Poels o la giornata vincente di Buitrago. Ineos – che dire? – fra le proprie incarnazioni peggiori, in modalità difensiva: compatta e sciatta. Altro che il 2020, o la prima metà di 2021.
Ricordiamo fra l’altro che sono state “fumate” a ritmi letteralmente da amatori (pur di livello alto) salite come Crocedomini, Mortirolo, San Pellegrino…
Seconda domanda: Bora e Hindley, bene, bravi, bis. Le ragioni di chi si prende la ragione. Ma col senno di poi. In sé, come valutare la strategia post Torino? Ovviamente l’incognita chiave è il reale potenziale di Hindley, che non è detto fosse noto nemmeno al team o a lui stesso. Se però Hindley ne aveva un po’ di più di quanto visto sulla strada, mantenere le carte coperte può essere stata una furbata da pokeristi… o anche no. È vero che così segni il tuo gol vincente al 90esimo e nessuno ti può rimontare, niente imboscate o assalti disperati da fronteggiare. Tuttavia è pur vero che se la palla non entra, perdi tutto ma proprio tutto, o comunque finisci in un pasticcio non da poco. Le grandinate previste si materializzano, e Hindley reagisce così così. Una caduta che intacca la forma. Carapaz non abbocca e invece che crollare regge sui suoi ritmi visti in precedenza, perdendo magari una ventina di secondi scarsi (un Landa cotto e Hugh Carthy hanno incassato solo 49” d’altronde; e già è un miracolo, in meno di tre km…). Se Hindley davvero è entrato in forma via via e ne aveva tanto quanto vistosi in quel lampo finale, allora quest’attesa esasperata che tanto ha premiato avrebbe anche potuto tradursi in un errore madornale. Un’assunzione di rischi probabilmente eccessiva, oltreché – apparente paradosso! – un modo di correre sparagnino che ammazza lo spettacolo, ma questa è un’altra storia.
Se invece Hindley ha dato tutti gli altri giorni il massimo che aveva, o poco meno, c’è di che rimanere basiti dal salto prestazionale. Per poi tornare all’equilibrio nella crono, corsa, come detto, con l’aggressività di chi ancora volesse dimostrare qualcosa, non con estrema prudenza. Se è così che è andata, possiamo parlare di vincitore quasi aleatorio, pur nei parametri di un atleta che già ha ampiamente dimostrato (nel ridotto campione a disposizione) ottima crescita prestazionale attraverso le tre settimane – anche se gli scettici snobbano questo concetto – e focalizzazione in picchi di rendimento straordinari su occasioni mirate.
Concludiamo con il doveroso applauso a Nibali, ai piedi del podio, pur lontano dagli stambecchi. Giro meno adatto a lui per il suo addio non si poteva disegnare, con tutti quei muri finali a schiacciare la fantasia. Certamente una sua impresa, foss’anche fallita, foss’anche per la tappa, avrebbe strappato questo Giro al suo destino di capofila della colonna infame dei “Giri brutti”. Ma ciò non toglie nulla a lui, a cui nulla si può chiedere visto che una resa del genere nell’anno del ritiro è semplicemente brutale. E si noti che avrebbe comunque potuto correre pian piano a raccogliere fiori e applausi senza che ciò potesse essere in alcun modo criticabile. Porta all’Astana in dura crisi punti preziosissimi, pesantissimi: per averne una misura, il suo risultato al Giro da solo vale oltre il 50% di tutti i punti raccolti da tutto il resto del team fin da inizio stagione. E se Contador chiuse quinto la sua ultima Vuelta attaccando sui cavalcavia, Nibali chiude quarto il suo ultimo Giro confermando ciò che è sempre stato, un professionista eclatante, che va al sodo, e andando al sodo incide a fondo sulla realtà del ciclismo finanche nel suo ultimo anno di carriera. Nibali ama correre in bici, non sfugge a nessuno, ma al contempo Nibali oltre a trasmettere la sua passione per questo sport ci rammenta costantemente (col suo mero agire, per fortuna non con prediche) che il ciclismo non è un gioco, è roba seria. Una percezione profonda legata all’eterna precarietà che permea ogni aspetto di questo sport, al suo non essere mai abbastanza di massa, mai abbastanza dominante, mai abbastanza lussuoso, mai abbastanza straricco, mai abbastanza “a posto”, una percezione insomma che in qualche modo ci fornisce un importante controcanto per quando sentiamo, come a questo Giro, che “non ci hanno fatto divertire abbastanza”.

Gabriele Bugada

Jai Hindley accolto da trionfatore nellArena di Verona (foto Tim de Waele/Getty Images))

Jai Hindley accolto da trionfatore nell'Arena di Verona (foto Tim de Waele/Getty Images))

« Pagina precedentePagina successiva »