A MONTRÉAL VAN AVERMAET BRUCIA ULISSI

settembre 16, 2019 by Redazione  
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Grand Prix Cycliste de Montréal ritorna dopo tre anni nel palmarès di Greg Van Avermaet (CCC Team), che precede allo sprint, nel finale in leggera in salita, un ottimo Diego Ulissi (UAE-Team Emirates) e lo spagnolo Iván García (Bahrain-Merida).

È vero che l’età, 34 anni, probabilmente inizia a farsi sentire, ma un corridore forte non sparisce da un giorno all’altro per un limite “biologico”. Il buon Greg già nell’antipasto di venerdì al GP del Québec si era visto pimpante, come testimoniato dal terzo posto finale, e oggi era uno dei maggiori favoriti, quindi si può escludere qualsiasi sorpresa per la vittoria del belga.
Il percorso del Gran Premio di Montréal era decisamente esigente, con una salita di quasi due chilometri al 7,7% e altri strappi che rendono la gara più selettiva rispetto a quella del Québec ed è anche più lunga dato che il chilometraggio finale sfonda quota 200 per giungere a 219 chilometri. Si parte anche oggi con la solita fuga che si forma subito dopo il via, composta da cinque corridor i- Ryan Anderson e Matteo Dal Cin (Rally Cycling), Charles-Étienne Chrétien e Nicolas Zukowsky (nazionale canadese) e Guy Sagiv (Israel Cycling Academy) – che riescono a guadagnare anche dieci minuti sul gruppo. Ma La reazioni degli inseguitori arriva e a sei giri dalla conclusione il vantaggio dei battistrada già precipita sotto ai cinque minuti, mentre alla quartultima tornata è già sceso sotto al minuto, mentre in testa alla corsa resistono i due giovanissimi rappresentanti della nazionale canadese, dimostrando talento e forza.
Dal gruppo non mancano i tentativi di chi vuole attaccare, come Vincenzo Nibali (Bahrain Merida) e Remco Evenepoel (Deceuninck-Quick Step) che provano ad uscire dal plotone alzando l’andatura, senza avere troppo spazio ma creando una discreta selezione, così che i componenti del gruppo diminuiscono sempre di più. La situazione si normalizza a 30 chilometri dalla conclusione quando viene ripreso Zukowski e dal gruppo escono Jan Polanc (UAE-Team Emirates), Daryl Impey (Mitchelton-Scott) e Sep Vanmarcke (EF Education First), ripresi dopo una manciata di chilometri. Poco più tardi arriva il momento di Daniel Martin (UAE-Team Emirates), anche oggi al servizio della squadra, insieme a Jack Haig (Mitchelton-Scott), ma anche per loro il destino è segnato mentre il gruppo perde pezzi.
Si arriva così all’ultimo e decisivo giro, dove Nans Peters (AG2R La Mondiale) attacca sullo strappo più lungo portando via un gruppetto di 18 corridori, composto da nomi importanti: sono presenti, infatti, Julian Alaphilippe (Deceuninck-Quick Step), Peter Sagan (Bora-Hansgrohe) e Adam Yates (Mitchelton-Scott). Sull’ultimo strappetto parte proprio Alaphilippe, che va a riprendere Benoît Cosnefroy (AG2R La Mondiale) andando a costituire una coppia tutta francese al comando. Prima Sagan e poi Haig lavorano alacremente per riprendere i due battistrada, mettendoli nel mirino all’ultimo chilometro e riassorbendoli definitivamente a 300 metri dal traguardo. È proprio in quel momento che parte Diego Ulissi (UAE-Team Emirates) , il quale accelera sul breve tratto in salita che precede il rettilineo finale ma viene seguito come un’ombra da Van Avermaet, che prima lascia sfogare il toscano e poi lo passa negli ultimi settanta metri, aggiudicandosi la corsa per la seconda volta, dopo l’edizione del 2016.
La top ten si compone, oltre che di Van Avermaet e di Ulissi, che conferma la buona condizione in vista del mondiale, di Iván García (Bahrain-Merida),, il quale ha svolto alla perfezione il ruolo di vice Colbrelli, Tim Wellens (Lotto-Soudal), Michael Valgren (Dimension Data), un sorprendente Kristian Sbaragli (Israel Cycling Academy), Rui Costa (UAE-Team Emirates), Michael Woods (EF Education First), Peters e Bauke Mollema (Trek Segafredo). Si autoesclude dalla volata finale Sagan, giunto diciottesimo e ultimo del gruppetto di testa.

Paolo Terzi

Greg Van Avermaet vince la seconda corsa canadese di settembre davanti a Diego Ulissi (foto Bettini)

Greg Van Avermaet vince la seconda corsa canadese di settembre davanti a Diego Ulissi (foto Bettini)

BAUHAUS RITROVA LA VITTORIA A LEGNANO, TRIS CONSECUTIVO PER LA BAHRAIN-MERIDA ALLA BERNOCCHI

settembre 16, 2019 by Redazione  
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La Coppa Bernocchi è andata al velocista tedesco Phil Bauhaus, che porta a tre i successi consecutivi della Bahrain-Merida nella corsa di Legnano. Salgono sul podio Simone Consonni e Imerio Cima, usciti indenni dalla caduta che ha caratterizzato le prime fasi della volata finale.

Prima vittoria tedesca nella più che centenaria storia della corsa legnanese: ad ottenerla è stato il velocista della Bahrain-Merida Phil Bauhaus al termine di una volata caratterizzata da una caduta nelle prime posizioni del gruppo che ha tagliato fuori, tra gli altri, due possibili pretendenti alla vittoria come Niccolò Bonifazio (Total Direct Énergie) e Manuel Belletti (Androni Giocattoli – Sidermec). La seconda piazza è andata a Simone Consonni (UAE-Team Emirates), la terza ad Imerio Cima (Nippo-Vini Fantini-Faizanè), poi completano la TopTen Alexander Konychev (Dimension Data for Qhubeka), Damiano Cima (fratello e compagno di squadre di Imerio), Alberto Dainese (nazionale italiana), Yevgeniy Gidich (Astana), Edwin Ávila (Israel Cycling Academy), Riccardo Stacchiotti (Giotti Victoria – Palomar) e Umberto Marengo (Neri Sottoli – Selle Italia – KTM). Per la formazione araba si è trattato della terza vittoria consecutiva nella Coppa Bernocchi dopo quelle messe a segno da Sonny Colbrelli nelle ultime due edizioni.
La conclusione in volata, abbastanza comune nella corsa legnanese, è stata messa in discussione fin dalle prime fasi di gara, quando al Km 23 si sono involati Nikita Stalnov (Astana), Mauricio Moreira (Caja Rural), Alessandro Covi (Colpack), Nicola Graziato (Sangemini-Trevigiani) e Marco Landi, stagista della Gazprom-RusVelo già visto in avanscoperta il giorno prima alla Coppa Agostoni. I cinque, nonostante un vantaggio massimo di 5’15″, hanno cominciato a perdere pezzi sul classico circuito della Valle Olona, caratterizzato dalle sei ascese al “Piccolo Stelvio”. I soli Covi e Stalnov sono riusciti a continuare la fuga, nonostante il vantaggio andasse rapidamente diminuendo fino ai meno 44, quando i due sono stati ripresi dal gruppo. Terminata l’azione dei primi fuggitivi di giornata, i vari team non si sono rilassati e, dopo una girandola di attacchi senza costrutto e cambi di velocitàm si è formato in testa un drappello “pesante” che comprendeva Marco Canola (Nippo-Vini Fantini-Faizanè), Alexey Lutsenko (Astana), Elia Viviani (nazionale italiana), Alessandro Bisolti (Androni Giocattoli-Sidermec), Giovanni Visconti e Davide Gabburo (Neri Sottoli-Selle Italia-KTM), Pierre Rolland (Vital Concept – B&B Hotels) e Fabien Grellier (Total Direct Énergie). Successivamente da questo drappello si involano in tre nomi grossi presenti in questo gruppetto, che avevano tutte le stimmate e anche l’intenzione di arrivare al traguardo, ovvero Lutsenko, Visconti e Viviani. I tre, di comune accordo, sono riusciti a tenere in scacco il gruppo inseguitore solo fino a 10 km al termine, quando la loro avventura davanti a tutti è terminata.
Dopo c’è stato solo spazio per qualche tentativo velleitario e per la preparazione della volata, con il treno della Bahrain-Merida a prendere in mano la situazione e con tutti gli altri, volenti o nolenti, a cercare di prendere la miglior posizione possibile alle spalle degli uomini in rossoblu. La cosa è costata cara a Bonifazio che, toccandosi con la ruota posteriore di colui che poi è andato a vincere, ha innescato una rocambolesca caduta ai meno 300, rimescolando così le carte tra le ruote veloci presenti nel plotone.

Mario Prato

Bauhaus sigla il terzo successo consecutivo per la Bahrain Merida alla Coppa Bernocchi (foto Bettini)

Bauhaus sigla il terzo successo consecutivo per la Bahrain Merida alla Coppa Bernocchi (foto Bettini)

JAKOBSEN METTE I SIGILLI AL PRIMO GRANDE GIRO SLOVENO

settembre 15, 2019 by Redazione  
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Fabio Jakobsen (Deceunick-Quick-Step) è il vincitore dell’ultima volata nell’ultima tappa di questa Vuelta di Spagna 2019, edizione che vedeva trionfare per la prima volta uno sloveno nella classifica finale di un Grande Giro di 3 settimane. Curiosamente il 2019 si era rivelato l’anno delle prime volte per quanto riguarda il successo finale: in terra iberica con Primož Roglič, in Italia con l’ecuadoregno Richard Carapaz e in Francia con il colombiano Egan Bernal

L’ultima tappa partiva da Fuenlabrada per terminare a Madrid dopo 106 chilometri di strada, altimetricamente senza asperità da segnalare. Mentre in corsa si effettuavano i soliti riti e festeggiamenti, tipici delle prime fasi della passerella finale, il gruppo procedeva compatto senza nessun tentativo di attacco. Da segnalare che, con la frazione odierna, sia Viacheslav Kuznetsov (Katusha Alpecin), sia Sam Bennett (Bora – Hansgrohe) raggiungevano il traguardo delle 100 tappe corse nei Grandi Giri. Al traguardo volante posizionato al chilomentro 59, al secondo passaggio dal traguardo di Madrid, il primo a transitare era Gonzalo Serrano (Caja Rural – Seguros RGA), che precedeva l’italiano Manuele Boaro (Astana). I primi a riuscire ad andare in fuga erano Daniel Martínez della EF Education First e Diego Rubio della Burgos-BH quando di chilometri all’arrivo ne mancavano 50. Il gruppo guidato dalla Bora inseguiva con soli 18” i due attaccanti, che venivano ripresi a sette chilometri dalla linea d’arrivo.
Il gruppo compatto giungeva in prossimità del traguardo e allo sprint si vedeva l’esperienza e il talento di Maximiliano Richeze (Deceuninck – Quick Step), il quale pilotava perfettamente Fabio Jakobsen verso la vittoria. Seconda posizione per Bennett, terza per Fernando Gaviria (UAE-Team Emirates). Jakobsen agguanta così la sua seconda vittoria di tappa in questa edizione della Vuelta, eguagliando Bennett. Primož Roglič (Jumbo Visma) può finalmente festeggiare una vittoria entusiasmante, cercata e meritata, dopo il terzo posto al Giro d’Italia; finalmente il talento sloveno raccoglie i frutti di una maturazione veloce in uno sport al quale si è affacciato in età non proprio giovanissima, proveniente dallo sci. Sempre Roglič è il vincitore della classifica a punti. Il secondo posto nella classifica generale va ad un eterno Alejandro Valverde (Movistar), mentre sul gradino più basso del podio sale la vera sorpresa di questa Vuelta, un altro sloveno, Tadej Pogačar (UAE-Team Emirates), che fa sua anche la classifica riservata ai giovani battendo a sorpresa il più quotato Miguel Ángel López (Astana). Altra sorpresa nella classifica scalatori, vinta dal ventisettenne francese Geoffrey Bouchard (AG2R La Mondiale).

Luigi Giglio

Primož Roglič vince il suo primo grande giro della carriera (Getty Images Sport)

Primož Roglič vince il suo primo grande giro della carriera (Getty Images Sport)

QUÉBEC, BIS DI MATTHEWS. NIENTE DA FARE PER SAGAN

settembre 15, 2019 by Redazione  
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La decima edizione del Grand Prix de Québec va all’australiano Micheal Matthews (Sunweb) che precede, in uno sprint ristretto ad una trentina di corridori, lo slovacco Peter Sagan (Bora-Hansgrohe) ed il belga Greg Van Avermaet (CCC Team).

Si respira già aria di mondiale in quel di Québec City e non è un caso che tra i primi dell’ordine d’arrivo ci sia tutta gente che sta cercando di preparare nel modo migliore l’appuntamento iridato di fine settembre. Prima di partire con la cronaca della corsa si può già affermare che non tutti i contendenti per la sfida di Harrogate sono usciti allo scoperto, poichè c’è anche chi si nasconde bene e nemmeno si vede e, al contrario, c’è anche chi esce allo scoperto per provare la gamba, magari aiutando la squadra, e questo gli basta. Insomma il mondo è bello perché è vario ed il panorama ciclistico offre un mosaico interessante per quanto riguardo le strategie.
Nel classico circuito di 12 chilometri da ripetere sedici volte, scandito da alcuni strappi impegnativi, si è svolta la solita routine iniziale con la fuga da lontano che ha caratterizzato la prima parte di gara. A promuoverla erano sei corridori – Julien Bernard (Trek-Segafredo), Lluís Mas (Movistar ), Guy Sagiv (Israel Cycling Academy), Gavin Mannion (Rally UHC Cycling), Evan Burtnik e Adam Roberge (nazionale canadese) – che riescono a guadagnare un vantaggio massimo di sei minuti sul gruppo. Le squadre dei favoriti a quel punto corrono ai ripari cercando di far diminuire il gap, il quale piano piano si abbasserà costantemente anche se la resistenza dei battistrada, come vedremo, si dimostrerà abbastanza elevata. Intanto dal gruppo si assiste ad alcuni tentativi di fuga senza successo, come quelli portati avanti da Vincenzo Nibali (Bahrain Merida) e Daniel Martin (UAE-Team Emirates), mentre la sfida tra il plotone e i fuggitivi continua.
Ai meno trenta dal traguardo, con il vantaggio che scende sotto il minuto, la situazione in testa alla corsa cambia per lo scatto di Mas che, accompagnato da Mannion, tenta il tutto per tutto per sfuggire dal ritorno del gruppo, ma sia la Sunweb che la Bora sono implacabili e al penultimo giro la situazione torna compatta.
Nell’ultimo giro la corsa si vivacizza di nuovo grazie all’attacco di Enric Mas e Nibali, che provano in discesa, ma anche in questo caso il loro tentativo ha vita corta. Sulla Côte de la Potasse parte più deciso Julian Alaphilippe (Deceuninck – Quick Step), seguito da Peter Sagan (Bora – Hansgrohe), Greg Van Avermaet (CCC Team) e Diego Ulissi (UAE-Team Emirates), ma anziché collaborare per giocarsi la vittoria all’arrivo gli atleti menzionati iniziano a fare la cosiddetta “melina”, consentendo in il ritorno di quel che resta del gruppo e dando inizia a una volata abbastanza anarchica, con Sagan che sceglie il lato sbagliato della strada, quello vicino alle transenne, mentre Matthews sceglie quello giusto e vince la corsa, bissando il successo dello scorso anno, davanti Sagan, Van Avermaet e un pimpante Ulissi.
Chiudono la top ten Jasper Stuyven (Trek – Segafredo), Tom-Jelte Slagter (Dimension Data), Alaphilippe, Timo Roosen (Jumbo-Visma), Tim Wellens (Lotto Soudal) e Benoît Cosnefroit (AG2R La Mondiale), mentre ottengono un discreto piazzamento gli italiani Alberto Bettiol (EF Education First) e Kristian Sbaragli (Israel Cycling Academy), rispettivamente dodicesimo e tredicesimo; un po’ più opaca la prova di Sonny Colbrelli (Bahrain Merida), che nel finale si è trovato senza forze e si è piazzato al 37° posto, ultimo del gruppo di testa.

Paolo Terzi

Secondo successo consecutivo per il corridore australiano nella corsa canadese (Getty Images Sport)

Secondo successo consecutivo per il corridore australiano nella corsa canadese (Getty Images Sport)

A LISSONE SOFFIA IL VENTO DELL’EST

settembre 15, 2019 by Redazione  
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Soffia il vento dell’Est sulla Coppa Agostoni. I primi tre posti dell’ordine d’arrivo sono andati ad atleti provenienti dell’ormai ex blocco sovietico. Sul podio di Lissone sono saliti infatti Riabushenko, Lutsenko e Cherkasov . Oggi a Legnano si corre la centesima edizione della Coppa Bernocchi.

L’ex blocco sovietico si è impadronito del podio della Coppa Agostoni disputatasi ieri in quel di Lissone. La prova valida come prima tappa del Trittico Lombardo è andata al giovane e promettente bielorusso dell’UAE-Team Emirates Aleksandr Riabushenko, che ha avuto la meglio in una volata a due sul più esperto campione nazionale kazako Alexey Lutsenko (Astana). Terzo posto, staccato di una trentina di secondi, per il russo Nikolay Cherkasov (Gazprom-RusVelo), che si è dimostrato il più scaltro del gruppetto degli inseguitori potendo sfruttare la presenza del compagno di squadra Aleksandr Vlasov, involandosi negli ultimissimi chilomertri, quando i calcoli per la classifica della Ciclismo Cup hanno forse rallentato l’azione degli italiani presenti nel plotoncino. Ai piedi del podio sono così fermati, transitando in quest’ordine sotto il traguardo dopo 1’21”dal vincitore, Lorenzo Rota (Bardiani – CSF), Giovanni Visconti (Neri Sottoli – Selle Italia – KTM), Warren Barguil (Arkéa Samsic), Giulio Ciccone (nazionale italiana), Fausto Masnada (Androni Giocattoli – Sidermec), Vlasov e Andrea Garosio (Bahrain-Merida).
Il ventiquattrenne Riabushenko, cresciuto ciclisticamente in italia, ha così ottenuto a Lissone la sua prima vittoria da professionista dopo belle cose fatte vedere nelle categorie inferiori, nello stesso giorno nel quale un altro giovane della formazione araba conquistava la penultima tappa della Vuelta a España. Le prime parole del bielorusso dopo aver infranto il tabù che non lo vedeva mai vincitore sono state: “La gara è diventata impegnativa quando mancava ancora molto al traguardo, con una conseguente pesante selezione. Siamo rimasti in undici sull’ultimo passaggio sul Colle Brianza: in discesa, Lutsenko si è avvantaggiato e io sono riuscito ad accodarmi. Sentivo di stare bene, ma non sapevo se fossi più veloce di Lutsenko. Ho preso una buona posizione all’ultimo chilometro, ho iniziato la volata a 150 metri e ho vinto.
Sono molto contento, finalmente è arrivato il mio primo successo dopo tanti secondi posti: l’annata non era iniziata bene a causa di alcuni problemi fisici, ma poi le cose hanno preso una buona piega e la vittoria di oggi è un bel premio”.

Prima del finale che ha visto i due contendenti al successo finale avere la meglio sugli inseguitori, la Coppa Agostoni numero 73 ha visto la fuga iniziale di Luca Colnaghi (Colpack), Filippo Conca (Biesse Carrera), Juan Antonio López-Cozar (Euskadi-Murias), Marco Landi (Gazprom-Rusvelo) e Nelson Soto (Caja Rural), che sono arrivati a racimolare un vantaggio massimo di circa quattro minuti. Tutto questo è avvenuto nel tratto pianeggiante del percorso, ad inizio gara. Successivamente il tradizionale circuito del Lissolo ha, come previsto, rimescolato le carte e reso più pesante l’azione dei fuggitivi, con Conca e López-Cozar ultimi a cedere ai meno 65.
La corsa si è poi accesa nell’ultimo giro del circuito quando, dopo un tentativo infruttuoso di Masnada, si sono avvantaggiati i dieci corridori che sono andati ad occupare i primi dieci posti dell’ordine d’arrivo, oltre ai quali era presente il colombiano Edwin Ávila (Israel Cycling Academy) che ha chiuso in undicesima posizione.
L’ultima scalata al Lissolo è stata così il momento decisivo della corsa, con Avila che perdeva contatto dal gruppetto mentre Lutsenko forzava l’andatura portandosi dietro il solo Riabushenko. La coppia all’attacco ha trovato subito l’accordo e ha tenuto a distanza gli inseguitori andando a giocarsi la vittoria di una corsa che riesce sempre a mantenere il suo appeal nell’ambiente

Mario Prato

Riabushenko vince la Coppa Agostoni (foto Bettini)

Riabushenko vince la Coppa Agostoni (foto Bettini)

TOUR OF BRITAIN, FINALE NEL SEGNO DI VAN DER POEL

settembre 15, 2019 by Redazione  
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Doppio successo per Mathieu van der Poel nelle ultime due tappe del Tour of Britain, Il modo migliore per sancire la conquista della corsa a tappe britannica. Sale sul podio finale anche Matteo Trentin, primo degli “umani” alle spalle del “marziano” belga.

Nel caso ce ne fosse stato ancora bisogno ci hanno pensato le ultime due tappe del Tour of Britain ad esaltare la grandezza del talento belga Mathieu van der Poel. Il portacolori della Corendon-Circus si è infatti aggiudicato le ultime due tappe e ha sancito inderogabilmente la sua leadership. In otto giorni di gara il ciclocrossista “prestato” alla strada si è portato a casa la bellezza di tre tappe, la classifica Generale e il secondo posto nella classifica a punti, oltre ad un secondo, un quarto e un sesto posto di tappa. Uno score di tutto rispetto che ha visto come prima vittima il nostro Matteo Trentin (Mitchelton-Scott) che, dopo avendo indossato la maglia verde di leader della classifica per due giorni ed essersi piazzato in tutte le tappe in linea nella TopTen (con la ciliegina di una vittoria di tappa), nulla ha potuto contro lo strapotere del belga. Per lui la soddisfazione di aver conquistato la maglia della classifica a punti invertendo le posizioni del podio proprio con Van der Poel. La terza piazza di questa speciale classifica è andata Davide Cimolai (Israel Cycling Academy), che ha inanellato uno serie di ottimi piazzamenti, senza però mai riuscire a transitare per primo sotto lo striscione d’arrivo: per lui, infatti, sono arrivati un secondo, un terzo, due quarti e due quinti posti.
La terza piazza nella classifica generale è, invece, andata a Jesper de Buyst (Lotto Soudal), autore anche lui di una prova abbastanza costante negli otto giorni di gara, con sei piazzamenti nella TopTen.
Durante questo Tour of Britain, che ha sorriso ai colori italiani con i successi di Trentin e di Affini e i piazzamenti di Cimolai, si è messo in mostra anche Gianni Moscon. Il trentino del Team INEOS si è spesso visto in testa al gruppo per tentare l’azione da lontano. Per lui un settimo posto in classifica e, come migliori piazzamenti, il settimo posto nella tappa di venerdì e il quindicesimo posto nella cronometro di Pershore.
A consuntivo gli italiani in terra d’Albione si sono messi in luce: speriamo che questo sia di buon auspicio per gli imminenti mondiali che si correranno nello Yorkshire a fine mese.

Mario Prato

Il successo di Van der Poel nella frazione conclusiva (SWpix.com)

Il successo di Van der Poel nella frazione conclusiva (SWpix.com)

TROPPO POGACAR PER TUTTI: AGGREDISCE GREDOS, FA PODIO E TAPPA

settembre 15, 2019 by Redazione  
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La notizia del giorno è che Roglic, salvo scivoloni sulla passerella madrilena, ha vinto la Vuelta, il suo primo GT. Ma il nuovo arrivato che fa lustrare gli occhi è l’altro sloveno, il ventenne Pogacar.

Ultima tappa effettiva splendidamente disegnata fra i contrafforti della Sierra di Gredos, in una Spagna profonda fra Ávila e Salamanca incupita da folate gelide e pioggia: e la Vuelta si va riavvolgendo su se stessa, riassumendosi in una sintesi con retrogusto di eterno ritorno. Ancora una volta, una partenza a tutta birra con la fuga che stenta a partire perché i miliziani di Roglic sbarrano ogni scappatoia ai guerriglieri Astana, che a turno provano pressoché tutti a prendere il largo per erigere una testa di ponte al proprio capitano. Missione fallita e tappa già quasi blindata dal punto di vista strategico: intanto, però, le gambe si appesantiscono e il biglietto per la fuga diventa carissimo, oltre ad essere un biglietto di andata e ritorno, ritorno fra le grinfie del gruppo, s’intende. Fra i tanti, un quartetto si screma su uno strappo cementato incastrato nella campagna iberica: il francese Edet, già in top ten per qualche giorno e tignoso come pochi, un altro cagnaccio come Howson, gregarione di casa Mitchelton Scott, il giovane talento aragonese Samitier e infine il 25enne portoghese Ruben Guerreiro, il più attivo in salita, sempre molto aggressivo in questa seconda metà di Vuelta nonché, sostanzialmente, l’atleta che sta tenendo in piedi la compagine russo-svizzera in questa corsa. Come dicevamo, aleggia un senso di già visto, di facce ormai note; d’insistenza, purtroppo, non premiata. In questa chiave si inquadra pure il coraggioso e quasi scriteriato aggancio della fuga da parte dell’inglese dell’Ineos (ex Sky) Teo Geoghegan Hart, altro fenomeno in fieri che in più occasioni ha tentato disperatamente di raddrizzare la Vuelta clamorosamente insulsa del proprio superteam. Il londinese evade da solo dal gruppo e su terreno ondulato recupera, sempre in assolo, un paio di minuti alla testa della corsa, raggiungendola proprio mentre dietro la Jumbo del leader prende le redini del gruppo per ridurlo in breve a gregge pascolante. I quasi cinque minuti di vantaggio che la fuga ora di cinque uomini andrà accumulando serviranno tuttavia a poco: anticipiamo fin d’ora che gli ultimi due fuggitivi, proprio Guerreiro e Tao, verranno implacabilmente riassorbiti a una quarantina di km dal traguardo.
Così come è stravisto l’approccio soporifero – nonché assolutamente legittimo e sensato – della squadra del leader, è altresì un classico di questa Vuelta (e non solo) l’improvvisa ma non imprevista sfuriata Astana in vista dell’attacco del proprio capitano. Shefer, in ammiraglia, non è esattamente una cima: lo ricordiamo sempre sulle strade spagnole intento a far squalificare per traino Nibali, e in epoche anteriori dedito non si sa se consapevolmente a far decimare per doping il vivaio delle giovanili Astana.
Tanto coraggio, tanta grinta, tanta volontà, ma, francamente, un uso delle straripanti energie del team un po’ troppo schematico e dunque poco dirompente. Al ripresentarsi di qualche piccola asperità come aperitivo della principale ascesa di giornata, l’Astana s’innesca e piazza i propri gregari a martellare un ritmo via via più devastante in testa al gruppo, raggiungendo e imboccando la decisiva salita di Peña Negra a un passo assai sostenuto. Quando con l’ultima menata di Fuglsang si esaurisce il potenziale per tirare ulteriormente, Superman López piazza lo scatto secco. Che gli avversari sanno benissimo fosse in procinto di arrivare. Il conto alla rovescia può avere un impatto psicologico perché ansiogeno, ma l’effetto sorpresa ridotto a zero non aiuta. Ci vuole Roglic in persona per tappare il buco, e a reggere l’urto sono solo in quattro, vale a dire gli altri componenti di quella top five che questa Vuelta vede così ben definita nella propria composizione, sebbene poi alquanto altalenante nel proprio ordine gerarchico interno (fatto salvo il primato indiscutibile di Roglic). Ecco dunque la coppia Movistar con Valverde e Quintana, e la coppia slovena con la maglia rossa e il novellino Pogacar.
La Bora di Majka ricuce da dietro, López riprende fiato, e nel giro di quattro km la scena si ripete identica. Gruppo a pezzi sotto l’assalto all’arma bianca del capitano Astana, tutti gli altri che corrono in difesa, comprensibilmente nel caso di Roglic, meno per la coppia Movistar, che a ogni ricongiungimento diventa oltretutto una schiera di cinque o sei atleti in maglia blu.
Proprio quando lo spettatore è sul punto di rassegnarsi a vedere per il resto della salita la replica della scenetta con l’unica variante di un Superman sempre più spompato, com’è naturale, ecco lo sprazzo di novità, che poi tanto novità non è, dato che il protagonista ce ne ha offerti altri luminosi esempi in questa medesima Vuelta: Pogacar parte secco e lascia tutti a guardarsi perplessi. Mancano cinque km di salita e circa quaranta alla fine. Il terreno che manca all’arrivo è durissimo, un susseguirsi di salitelle insidiose: spazio per mantenere un vantaggio a fronte di un gruppo inseguitore, ma anche dov’è facile piantarsi di colpo.
In un mondo di ciclopokeristi dai nervi d’acciaio, il buon Roglic, ormai del tutto privo di compagni a supporto, si sarebbe trovato una bella patata bollente da gestire, obbligato a una crono solitaria in testa al gruppo per impedire a Pogacar di accumulare quattro o cinque minuti mentre il resto sogghigna alle sue spalle. Ma, come già accaduto più e più volte in questa Vuelta, ecco che qualcun altro gli leva le castagne dal fuoco. Un classico del ciclismo, sia chiaro: se il leader appare fin troppo solido, ci si scanna per i piazzamenti senza nemmeno sognarsi di sbancarlo.
Chi altri poteva assurgere a emblema del difensivismo se non la difensivissima Movistar? C’è un’eccezione aneddotica in uno scatto isolato di Valverde, che però dopo tre pedalate in croce si ferma, platealmente alludendo al fatto che la Bora, per Majka, si fosse messa a inseguirlo in maniera alquanto inspiegabile. Innegabile, ma magari qualche colpo di pedale in più si sarebbe anche potuto dare, invece che sbracciarsi subito in segno di protesta.
Ecco quindi in azione il trenino Movistar, fatto però di gregari ormai parecchio bolliti: Pogacar mantiene un vantaggio incredibilmente stabile tra il minuto e mezzo e il minuto e tre quarti. Gli ultimi km sono in salita, e Fuglsang dà una bella scrollata quasi più per mettere nei guai i Movistar, che si scoprono sfrondatissimi, che non per il proprio capitano: Superman si è speso fino in fondo e non solo non è più in grado di attaccare, ma finirà per scivolare indietro; d’altronde, come confermerà in fase d’intervista, il suo scopo era dare tutto per ribaltare la Vuelta, dopodiché perdere posti in classifica e perfino la maglia di miglior giovane lo turbava ben poco.
Finiamo con l’ultimo scampolo di telenovela Movistar: il terzo posto di Quintana in generale viene lasciato sfumare, mentre a propria volta il colombiano fa il minimo sindacale (o qualcosa in meno) per tirare in testa al gruppo ristretto e salvare così il secondo posto di Valverde. In breve Valverde capirà di dover fare da solo, avendo peraltro fatto i fatti propri in lungo e in largo: allunga veemente, portandosi dietro Roglic e Majka, e si dedica a un prolungato forcing mirato a contenere il vantaggio di Pogacar. Gli ultimi km si fanno interminabili, fra pietraie scoscese e muschiose, nel nulla più assoluto: Pogacar però regge bene e conquista d’un colpo la tappa (la terza in questa Vuelta, un record per un ventenne!), la maglia bianca di miglior giovane a spese di López e la terza piazza a spese di Quintana. Secondo fa Valverde, che blinda così il secondo posto pure in classifica generale; in leggero quanto insignificante affanno Roglic, giusto agli ultimi duecento metri, dove si lascia scappare pure Majka e Pernsteiner. Poi tutti gli altri. Va da sé che la Movistar, come ormai in tutti i GT dell’anno, si porti a casa la classifica a squadre, un premio particolarmente paradossale perché maturato in un contesto di plateale frattura del team nonché di profondo inefficacia tattica fra egoismi e difensivismo a oltranza.
Ciò non toglie che il risultato conquistato da Valverde sia fenomenale: è ora fra i tre corridori più anziani di sempre a salire sul podio di un GT, nonché primo in assoluto di tutti i tempi in termini di top ten raccolte nella generale finale dei grandi giri… diciannove (19!) su 26 GT cominciati e 22 finiti; tra esse, nove podi. Per dieci anni, dalla Vuelta 2006 compresa a quella 2016 esclusa, Valverde ha finito tutti i grandi giri cominciati, quindici in tutto, ed è sempre arrivato fra i primi dieci della classifica generale con l’unica eccezione del Tour 2012. Stiamo parlando di un atleta per cui la classifica generale è un vizietto quasi proibito, che ha anzi limitato la vera propensione di cacciatore di tappe e campione da Classiche. L’altra faccia della medaglia è che dei cinque GT che la squadra ha vinto durante tale lunghissima (e non conclusa) carriera, uno solo è arrivato per mano dell’uomo bandiera: anzi, negli altri casi o non era al via, o dovette ritirarsi dopo poche tappe, oppure si diede la coincidenza di uno di quei – rarissimi – casi in cui Alejandro finì fuori dai dieci, ben lontano dall’alta classifica. Forse sarà un caso o forse no, ma pare che l’avere un alfiere e di questa schiatta in lotta per l’alta classifica, invece che costituire un punto di forza, diventi un punto debole in termini di vittoria assoluta del GT di turno. Troppa forza, troppo peso, troppo carisma? Sicuramente chi non ha giovato della convivenza è Quintana, appassito all’ombra di Valverde (pur avendo vinto più del compagno in termini di grandi giri e gare a tappe), e decisosi ormai troppo tardi a cercare arie più salubri altrove.
In chiusura, tutti i meritati complimenti a Roglic, vincitore su un percorso complesso e ricco come capita di rado, lungo tre settimane di corsa vera e con pochissime tappe di transizione: ha retto a tutto quel che gli è piombato addosso, dai ventagli per 220 km ai muri al 22%, ha dominato a crono e in salita è apparso inattaccabile, permettendosi anzi qualche piccola stoccata all’uno o all’altro rivale in affanno. La squadra l’ha supportato meglio che non in passato, senza tuttavia apparire impeccabile, ma a ciò hanno supplito le generose concessioni, più o meno consapevoli, di Astana e Movistar che, chi per voler troppo credere alla propria vittoria, chi per non credervi affatto e volendo salvare la piazza d’onore, hanno protetto il primato del leader in tappe critiche ove era stato isolato.

Gabriele Bugada

Lo sloveno Pogacar vince lultima tappa di montagna della Vuelta 2019 (foto Bettini)

Lo sloveno Pogacar vince l'ultima tappa di montagna della Vuelta 2019 (foto Bettini)

A TOLEDO CAVAGNA TRIONFA IN SOLITARIA. ROGLIČ RESTA IN MAGLIA ROSSA

settembre 13, 2019 by Redazione  
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Rémi Cavagna (Deceuninck-Quick Step) saluta i suoi compagni di fuga e se ne va a 23 km dall’arrivo. Il gruppo maglia rossa, atteso da un ultimo chilometro infernale, lo rivede soltanto all’arrivo, tagliato con pochi secondi di ritardo dal francese. Primož Roglič (Jumbo Visma) resta in maglia rossa mentre la maglia verde inizia a scricchiolare visto che Sam Bennett (Bora-Hansgrohe), secondo di tappa, può ancora insidiare lo sloveno a due tappe dal termine.

Sono 165 i km che i ciclisti percorreranno tra Ávila e Toledo. L’unico GPM inserito nel tracciato è posto al km 12 dalla partenza e potrebbe innescare la fuga di giornata, che a nostro arrivo ha poche possibilità di arrivare poichè i velocisti vorranno provare a testarsi su un arrivo davvero impegnativo: l’ultimo chilometro prevede, infatti, l’ascesa verso la città vecchia di Toledo con tratti in pavè e curve con percentuale in doppia cifra – vicina la 15% – che, pur tagliando fuori i velocisti puri, potrebbe riservare qualche chance di vittoria, o quantomeno di piazzamento, a gente come Sam Bennett (Bora Hansgrohe), che col tempo ha migliorato la tenuta sugli strappi breve e che può ancora togliere la maglia verde dalle spalle di Primož Roglič (Jumbo Visma). La fuga di giornata si formava abbastanza presto ed era composta da 10 uomini: Silvan Dillier (AG2R La Mondiale), Domen Novak (Bahrain-Merida), Rémi Cavagna (Deceuninck-Quick Step), Lawson Craddock (EF Education First), Bruno Armirail (Groupama-FDJ), Tsgabu Grmay (Mitchelton-Scott), Ben O’Connor (Dimension Data), David de la Cruz (Team Ineos), Nikias Arndt (Sunweb) e Peter Stetina (Trek-Segafredo). Sull’Alto de la Paramera Admirail scollinava per primo. Il gruppo per il momento lasciava fare ed il vantaggio della fuga saliva a circa 3 minuti. A poco a poco, però, le squadre dei velocisti – specialmente Sunweb, CCC Team e Bora-Hansgrohe – piazzavano alcuni uomini a tirare in testa al gruppo in modo da far scendere progressivamente il vantaggio della fuga. Al km 75 la testa della corsa aveva 1 minuto e 40 secondi di vantaggio sul gruppo maglia rossa. A 65 km dall’arrivo una caduta nel gruppo coinvolgeva alcuni ciclisti, tra i quali due nomi “caldi”, il capoclassifica Roglič e Miguel Ángel López (Astana), quarto della generale. Vista la situazione il Team Movistar accelerava il ritmo ma soltanto per una decina di chilometri, dopodichè un rallentamento generale nel gruppo Valverde consentiva a Roglič e López di rientrare comodamente. A 50 km dall’arrivo la fuga aveva ancora 1 minuto e 30 secondi di vantaggio. A 23 km dall’arrivo Cavagna rompeva gli indugi e scattava dal gruppo di testa. Il francese sfruttava le sue doti da passista per aumentare il vantaggio sugli ex compagni di fuga. Il gruppo maglia rossa si avvicinava pericolosamente sotto la spinta di Bora-Hansgrohe, Sunweb e Bahrain-Merida, ma Cavagna teneva duro dando tutto se stesso negli ultimi 10 km e soprattutto sul difficile finale in salita. Il francese trionfava a braccia alzate avendo la meglio per soli 5 secondi su Bennett e Zdeněk Štybar (Deceuninck-Quick Step), conquistando così la prima vittoria in carriera in un grande giro. La top five di tappa era completata da Philippe Gilbert (Deceuninck-Quick Step) e Alejandro Valverde (Movistar), rispettivamente quarto e quinto. In classifica generale Roglič resta in maglia rossa con 2 minuti e 50 secondi di vantaggio su Valverde e 3 minuti e 31 secondi su Nairo Quintana (Movistar). Domani è in programma la penultima tappa da Arenas de San Pedro a Plataforma de Gredos, poco più di 190 km costellati di difficoltà altimetriche, considerato che soltanto i primi 15 km saranno in pianura. Sei GPM – due di prima, due di seconda e due di terza categoria – si faranno sentire nelle gambe di tutti al termine del terzo grande giro dell’anno e il maltempo previsto per la giornata di sabata potrebbe complicare il tutto.

Giuseppe Scarfone

Il francese Cavagna resiste al ritorno del gruppo e vince sul difficile traguardo di Toledo (Getty Images Sport)

Il francese Cavagna resiste al ritorno del gruppo e vince sul difficile traguardo di Toledo (Getty Images Sport)

ROGLIČ SUPERA INDENNE ANCHE IL TAPPONE DELLE MONTAGNE MADRILENE, VITTORIA AD HIGUITA

settembre 12, 2019 by Redazione  
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Parla colombiano la diciottesima tappa della Vuelta di Spagna, un tappone dove un altro giovane sale alla ribalta, Sergio Higuita, ventiduenne giovane scalatore della EF Education First, che oggi coglieva il suo primo successo da professionista.

La diciottesima tappa della Vuelta si corre tra Colmenar Viejo a Becerril de la Sierra, è una frazione montana con ben quattro gran premio della montagna di prima di categoria da scalare nei suoi 177.5 km. La fuga non riusciva a partire subito, nonostante i ripetuti attacchi portati da vari ciclisti prima della salita del Puerto de Navacerrada. Sulle pendici del monte iberico il corridore a tentare con più insistenza l’attacco era Wout Poels (Team Ineos), che – dopo uno dei tanti tentativi – non vedendo nessuno che lo seguiva decideva di proseguire da solo scalando in solitaria il GPM. Alle sue spalle partiva in ritardo un gruppetto di inseguitori, tra i quali Geoffrey Bouchard (AG2R La Mondiale) che oggi avrebbe guadagnato ancora più punti nella classifica dedicata agli scalatori. Poels, intanto, non si fermava e continuava con 45″ sui primi inseguitori. Nella successiva discesa 11 uomini raggiungevano lo scalatore olandese in testa: Bouchard, Sergio Higuita (EF Education First), Tobias Ludvigsson (Groupama-FDJ), Louis Meintjes (Dimension Data) alla ricerca di se stesso, Nick Schultz (Mitchelton-Scott), Tao Geoghegan Hart (Ineos) sempre pronto all’attacco, Nelson Oliveira (Movistar), Omar Fraile (Astana), Neilson Powless (Jumbo-Visma), Jonas Koch (CCC Team) e Óscar Rodríguez (Euskadi Basque Country-Murias); in pratica tutti i big, ad iniziare dalla maglia “roja” Primož Roglič (Jumbo-Visma), avevano messo un proprio uomo nella fuga. Al km 70 Hermann Pernsteiner (Bahrain-Merida) con una coraggiosa azione in solitaria riusciva ad entrare nella fuga, che nel frattempo riusciva a superare i cinque di minuti di vantaggio. Lungo la seconda scalata alla Morcuera, la salita più dura di giornata, l’Astana di Miguel Ángel López rompeva gli indugi e – grazie al duro lavoro dei fratelli Izagirre, degli italiani Manuele Boaro e Dario Cataldo e del polivalente Jakob Fuglsang, apriva la strada all’attacco del capitano colombiano, che avveniva a 61 km dall’arrivo. Roglič non si lasciava intimorire mettendo in testa a guidare l’inseguimento il fidato Sepp Kuss, già vincitore di una tappa in questa Vuelta. Il ritmo dello statunitense faceva male a molti, tanto che nel gruppo dei migliori non rimanevano che il suo capitano, Alejandro Valverde, Nairo Quintana e Marc Soler della Movistar, Tadej Pogačar dell’UAE-Team Emirates, Rafał Majka della Bora-Hansgrohe) e, una delle più belle sorprese di quest’edizione della corsa iberica, Carl Fredrik Hagen della Lotto Soudal Kuss finiva il suo lavoro e poi in discesa, a 38 km dalla fine, il gruppo maglia rossa rientra su López, che non era riuscito a sfruttare nemmeno l’aiuto di Fraile, appositamente fermato tra gli uomini in fuga.
Tra i fuggitivi Sergio Higuita attaccava in discesa a oltre 50 km dalla fine, scendendo in picchiata dalla Morcuera a velocità molto sostenuta faceva il vuoto avvantaggiandosi di oltre un minuto sui diretti rivali. I primi chilometri facili del Puerto de Cotos non rappresentavano nessuna difficoltà per il giovane colombiano, mentre da dietro López provava nuovamente ad attaccare, ma Roglič e un sofferente Pogačar rispondevano colpo su colpo. Un attacco più deciso del capitano del Team Astana avveniva a 6 km dal GPM: Valverde e Roglič rispondevano presente, Majka li avrebbe raggiunti più tardi, mentre Pogačar e Quintana venivano staccati.
Sull’ultimo GPM di giornata Higuita transitava con 40″ su Roglič, Valverde, López e Majka e un minuto su Pogačar, mentre Quintana aveva 20″ di passivo dallo sloveno. Sfruttando ancora le sue doti di discesista, Higuita arrivava ai piedi del dentello finale con più di mezzo minuto di vantaggio. Lo scalatore colombiano aveva raggiunto il suo scopo, quello del primo successo da professionista, mentre alle sue spalle López si sfiancava senza l’aiuto di nessun altro perchè Valverde non voleva infierire su Quintana, Majka non ne aveva e Roglič non aveva nessun interesse (salvo quello di staccare lo sfinito López nei metri finali).
Dopo la felice giornata di ieri, si concretizzava un’altra tappa difficile per Quintana che pagava gli sforzi e veniva costretto a cedere il secondo posto in classifica al suo compagno di squadra Alejando Valverde. Scivolava in quinta posizione Pogačar, scavalcato da un aggressivo López per soli 32 secondi. Proprio López e Pogačar sono in lotta per la classifica riservata ai giovani, al momento la più incerta. Missione compiuta, invece, per il francese Bouchard che ha praticamente “blindato” la maglia a pois di miglior scalatore della Vuelta.

Luigi Giglio

Higiuita vince il tappone della Sierra de Guadarrama (Getty Images Sport)

Higiuita vince il tappone della Sierra de Guadarrama (Getty Images Sport)

LA CRONOMETRO PREMIA AFFINI E VAN DER POEL

settembre 12, 2019 by Redazione  
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La cronometro odierna del Tour of Britain parla italiano grazie al promettente Edoardo Affini, autore di una prova “maiuscola”. Il seppur onorevole tredicesimo posto di Matteo Trentin non ha permesso al trentino di mantenere la maglia verde, tornata sulle spalle di Mathieu van der Poel.

Edoardo Affini, mantovano della Mitchelton-Scott, si è imposto con il tempo di 16’39” nella cronometro di 14.4 km disputata a Pershore, valida come sesta frazione della corsa a tappe britannica.
Alle spalle del giovane e promettente cronoman si sono piazzati Sebastian Langeveld (EF Education First) e Dylan van Baarle (Team Ineos) a 7”, con una differenza tra i due di soli pochi decimi. Seguono Luke Durbridge (Mitchelton-Scott) a 8″, Tanel Kangert (EF Education First) a 10″, Mathieu van der Poel (Corendon-Circus) a 12″, Alex Dowsett (Katusha Alpecin) a 13″, Jos van Emden (Jumbo-Visma) a 16″, Pavel Sivakov (Team Ineos) a 17″ e Frederik Frison (Lotto Soudal) a 20″.
Matteo Trentin (Mitchelton-Scott), tredicesimo a 21″, è stato autore di una più che buona prova ma non sufficiente per mantenere la maglia verde di leader. Il nuovo capoclassifica è ora Mathieu van der Poel con un vantaggio sull’italiano di 6″ mentre terzo Pavel Sivakov (Team Ineos) a 24”.
Domani si corre la frazione dal finale più impegnativo, 189 Km da Warwick al Burton Dassett Country Park, dove il traguardo sarà posto al termine di una salita di 1500 metri al 5.9% che dovrà essere presa di petto tre volte negli ultimi 26 Km.

Mario Prato

Edoardo Affini in azione nella crono del Tour of Britain 2019 (foto SWpix.com)

Edoardo Affini in azione nella crono del Tour of Britain 2019 (foto SWpix.com)

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