GIRO DI SLOVENIA: TSARENKO TRIONFA IN SALITA A GOLTE, JOHANNESSEN NUOVO LEADER
Kyrylo Tsarenko (Solution Tech-Vini Fantini) si impone nella tappa regina del Giro di Slovenia 2025, con l’arrivo in salita a Golte. L’ucraino ha staccato nel finale l’italiano Samuele Zoccarato (Team Polti VisitMalta), conquistando una vittoria di prestigio. Sul podio anche il norvegese Anders Halland Johannessen (Uno-X Mobility), che grazie al terzo posto balza in testa alla classifica generale.
La quarta tappa del Giro di Slovenia, la più attesa e impegnativa, ha regalato uno spettacolo avvincente con una fuga da manuale e una battaglia in salita degna di una grande classica. Fin dai primi chilometri un gruppo di sei corridori – Samuele Zoccarato (Team Polti VisitMalta), Carl-Frederik Bevort (Uno-X Mobility), Kyrylo Tsarenko (Solution Tech-Vini Fantini), Anže Skok (Adria Mobil), Dominik Röber (Benotti Berthold) e Mihael Štajnar (Pogi Team Gusto Ljubljana) – ha preso il largo, guadagnando fino a cinque minuti sul gruppo.
Tra i battistrada Tsarenko e Zoccarato sono i più forti e, dopo una lunga lotta, Tsarenko impone il suo ritmo sulla salita finale di Golte (13 km al 7,5%), staccando Zoccarato a meno di 4 chilometri dal traguardo e andando a vincere con 28 secondi di margine. Il giovane azzurro si è difeso con orgoglio, chiudendo secondo, mentre a completare il podio è arrivato Anders Halland Johannessen (Uno-X Mobility), primo dei big della generale, terzo a 38 secondi.
La bagarre tra i favoriti si è accesa a circa 2,5 km dall’arrivo, quando Tao Geoghegan Hart (Lidl-Trek) e Juan Pedro Lopez (Lidl – Trek) hanno provato ad attaccare, ma senza successo. Il gruppo si è ridotto a una decina di corridori, con il leader della classifica Fabio Christen (Q36.5 Pro Cycling Team) in difficoltà negli ultimi 2500 metri, costretto a cedere oltre un minuto alla nuova maglia gialla Johannessen.
Alla vigilia dell’ultima frazione il norvege3se guida la classifica generale con 16 secondi su Felix Großschartner (UAE Team Emirates-XRG) e 19 secondi su Geoghegan Hart. Il primo degli italiani in classifica è Alex Tolio (VF Group Bardiani-CSF Faizanè), decimo a 1’32”.
Con questo risultato Tsarenko festeggia la sua quarta vittoria stagionale in appena due mesi, dopo il successo al Tour of Hainan e al Trofeo De Gasperi, mentre Johannessen dimostra di essere un serio candidato alla vittoria finale del Giro di Slovenia.
Domani la corsa si concluderà a Novo Mesto con un’ultima frazione dal finale interessante perchè nel circuito finale dovrà essere affrontato il breve ma erto muro di Trška, 1500 metri al 10.5% che potrebbero buttare all’aria il verdetto della tappa di montagna, considerati i pochi secondi che distanziano i primi 5 corridori della classifica generali, raccolti in un fazzoletto di 50 secondi.
Mario Prato

Tsarenko vince la tappa regina del Giro di Slovenia 2025 (Eurosport)
GIRO DI SLOVENIA 2025, GROENEWEGEN CONCEDE IL BIS. SUA ANCHE LA TERZA TAPPA A ORMOŽ
Il velocista olandese domina di nuovo in volata e conquista la settima vittoria in carriera nella corsa slovena. Molano secondo, bene gli italiani Parisini e Colnaghi. Fabio Christen resta leader in classifica generale.
La terza tappa del Giro di Slovenia 2025, Majšperk-Ormož di 172 chilometri, premia ancora Dylan Groenewegen. Il corridore del Team Jayco AlUla, già vincitore della frazione inaugurale, ha messo il proprio sigillo anche sul traguardo di Ormož, battendo in uno sprint serrato il colombiano Juan Sebastian Molano (UAE Team Emirates-XRG) e il tedesco Phil Bauhaus (Bahrain Victorious).
Un finale non semplice, quello di oggi, disegnato tra saliscendi, strade strette e raffiche di vento, che non ha impedito al gruppo di riassorbire la fuga del giorno e lanciarsi compatto verso l’arrivo. Il copione si è ripetuto: Molano ha provato ad anticipare la volata partendo lungo, ma Groenewegen ha reagito con lucidità cogliendo il momento giusto per superarlo sul filo dei centimetri. Per l’olandese si tratta della terza vittoria stagionale, la settima complessiva al Giro di Slovenia.
La tappa era stata animata da una lunga fuga a sei, con protagonisti Mikel Retegi (Equipo Kern Pharma), Danny van der Tuuk (Euskaltel Euskadi), Marcel Skok (Adria Mobil), Albert Gathemann (Benotti Berthold), Nejc Komac (Factor Racing) e Jon Pritržnik (Pogi Team Gusto Ljubljana). Il loro vantaggio ha superato i cinque minuti, poi a 37 chilometri dal traguardo Komac ha tentato l’azione solitaria, tenendo il gruppo a distanza fino ai -4 km, prima dell’inevitabile epilogo in volata.
Tra gli italiani si segnalano due piazzamenti importanti: Nicolò Parisini (Q36.5 Pro Cycling Team) ha chiuso ottavo, mentre Luca Colnaghi (VF Group – Bardiani CSF – Faizanè) ha ottenuto il decimo posto.
La classifica generale non subisce scossoni. Lo svizzero Fabio Christen (Q36.5) conserva la maglia di leader con 16” di vantaggio su Anders Halland Johannessen (Uno-X Mobility) e 21” su Tao Geoghegan Hart (Lidl-Trek). Primo degli italiani è Colnaghi, 12º a 1’18”.
Le parole di Groenewegen al traguardo confermano la difficoltà e il valore di questa affermazione:
“È stata una grande battaglia con Molano. Il percorso non era affatto facile, tra salite, vento e strade strette. Ma la squadra ha fatto un lavoro perfetto per mettermi nelle condizioni di vincere. Questa seconda vittoria è una spinta importante per me e per tutti i compagni”.
Domani sarà il giorno della frazione regina, con l’atteso arrivo in salita a Golte: la classifica generale è pronta a cambiare volto.
Mario Prato

Groenewegen vince la terza tappa del Giro di Slovenia (foto Sportida)
GIRO DI SLOVENIA, RUI OLIVEIRA FESTEGGIA MA LA VITTORIA VA A CHRISTEN DOPO IL DECLASSAMENTO
La seconda frazione della corsa slovena regala spettacolo, scossoni in classifica e un colpo di scena nel finale: il portoghese Rui Oliveira taglia per primo il traguardo ma viene retrocesso per sprint irregolare. Il successo e la maglia vanno all’elvetico Fabio Christen.
Il Giro di Slovenia 2025 accende subito i riflettori con una seconda tappa piena di colpi di scena. A Rogaška Slatina il primo a tagliare il traguardo è Rui Oliveira (UAE Team Emirates – XRG), ma la sua gioia dura poco perchè una manovra scorretta negli ultimi metri gli costa il declassamento, regalando così tappa e maglia verde all’elvetico Fabio Christen (Q36.5 Pro Cycling Team), già tra i più attivi di giornata. Cambia la classifica generale e cambia anche il volto della corsa, che si anima ben oltre le previsioni della vigilia.
La tappa prende vita fin dai primi chilometri grazie a una fuga composta da Diego Uriarte (Equipo Kern Pharma), Andrea Piras (Solution Tech-Vini Fantini), Teo Pečnik (Adria Mobil), Mihael Štajnar (Pogi Team Gusto Ljubljana) e lo stesso Christen. Il loro vantaggio cresce fino a superare i due minuti, ma viene eroso gradualmente durante la salita di Celjska Koča (7,8 km al 6,2%), quando la Lidl-Trek decide di alzare il ritmo, approfittando delle difficoltà del leader della classifica Dylan Groenewegen (Team Jayco AlUla), staccato dal gruppo principale.
La corsa si accende definitivamente negli ultimi 20 chilometri, quando si avvantagia un gruppo selezionato. I primi a lanciarsia all’attacco sono Oliveira e Sjoerd Bax (Q36.5 Pro Cycling Team), seguiti da Felix Großschartner (UAE Emirates XRG), Anders Halland Johannessen (Uno-X Mobility), Jakob Omrzel (Bahrain-Victorious), il vincitore del Giro d’Italia del 2020 Tao Geoghegan Hart (Lidl-Trek) e ancora Christen. I sette trovano subito l’accordo e arrivano insieme al chilometro finale con un margine sufficiente per giocarsi la vittoria. In un finale teso e combattuto, è Rui Oliveira a trovare il guizzo vincente. Rimonta Christen e taglia per primo il traguardo, festeggiando quella che sarebbe stata la sua prima vittoria da professionista. Ma la festa dura poco: la giuria analizza le immagini e rileva un’irregolarità nello sprint del portoghese, retrocedendolo all’ultima posizione del gruppetto di testa. Il successo viene così assegnato a Christen, già brillante protagonista della tappa, che si prende anche la maglia di leader della classifica generale.
Alle sue spalle salgono sul podio Johannessen e un ritrovato Geoghegan Hart, che torna protagonista dopo un lungo periodo lontano dai vertici. Ottavo posto per Nicolò Parisini (Q36.5 Pro Cycling), miglior piazzato del gruppo inseguitore, giunto a 53” dal vincitore.
Con la vittoria e gli abbuoni accumulat Christen guida ora la classifica generale con 14” di vantaggio su Johannessen e 21” su Geoghegan Hart. Oliveira, inizialmente secondo, scivola al sesto posto nella generale dopo il declassamento. Il Giro di Slovenia, atteso come banco di prova per le giovani promesse e i corridori in cerca di rilancio, si conferma anche quest’anno imprevedibile e combattuto, con una lotta per la maglia verde già apertissima.
Prossimo appuntamento, la terza tappa da Majšperk›Ormož, favorevole ai velocisti. Ma con un Christen in grande forma e avversari determinati a ribaltare la situazione, lo spettacolo è tutt’altro che finito.
Mario Prato

Oliveira vince in volata ma viene declassato (foto Sportida)
GROENEWEGEN INAUGURA IL GIRO DI SLOVENIA CON UN COLPO DA MAESTRO
Il campione olandese firma la volata di Skofljica e torna al successo. Jayco AlUla impeccabile nel pilotarlo alla vittoria.
La prima tappa del Giro di Slovenia 2024 ha visto il ritorno al successo di Dylan Groenewegen. Il velocista olandese della Jayco AlUla ha conquistato la Pirano–Skofljica (170,6 km) con uno sprint deciso e perfettamente orchestrato dal suo team. Sul traguardo ha preceduto Phil Bauhaus (Bahrain Victorious) e Manuel Peñalver (Team Polti VisitMalta), mentre Luca Colnaghi (VF Group-Bardiani CSF-Faizanè) è stato il miglior italiano con un solido sesto posto.
Nel corso della giornata, il gruppo ha lasciato spazio a una fuga composta da quattro corridori, mantenendo però sempre il controllo della corsa grazie al lavoro della Jayco AlUla. Il distacco si è mantenuto stabile attorno ai due minuti fino alle battute finali, quando l’andatura si è fatta più sostenuta e i fuggitivi sono stati ripresi a meno di dieci chilometri dal traguardo.
La squadra australiana ha poi svolto un lavoro magistrale nel portare Groenewegen nelle prime posizioni al momento decisivo. Il velocista dei Paesi Bassi è stato perfettamente scortato fino all’ultima curva, dove ha lanciato una progressione irresistibile, imponendosi con autorità.
Quella odierna è la sesta vittoria di tappa di Groenewegen al Giro di Slovenia, corsa dove si conferma protagonista. Le prossime due tappe offriranno altre occasioni per i velocisti e l’olandese si candida già come uomo da battere.
Nel post-gara, Groenewegen ha commentato con soddisfazione:
«La posizione migliore in finale è stata la ruota dei miei compagni di squadra. Mi hanno tenuto davanti molto bene, tutti sapevano che soprattutto nell’ultima curva a sinistra era molto importante avere una buona posizione. Max Walscheid si è assicurato che potessi fare la curva perfetta, quindi avevo un’ottima posizione di partenza per lo sprint. Sono estremamente felice di aver vinto oggi. Nei giorni scorsi non mi sentivo perfettamente in forma, ma oggi le cose sono andate molto bene per me e per la squadra. Avevamo un piano e ci siamo attenuti ad esso in modo ordinato. La squadra merita questa vittoria dopo tutto il duro lavoro svolto durante la tappa».
Il Giro di Slovenia è appena iniziato, ma il tono è già stato dato: servirà brillantezza, strategia e – soprattutto – gambe veloci.
Mario Prato

Groenewegen vince la prima tappa del Giro di Slovenia (www.alesfevzer.com)
IL GIRO FINISCE IN GIALLO: DEL TORO MATADOR DI SE STESSO
Tappa di Roma e trionfo in rosa per lo sciame giallo Visma. Il simbolo è Wout: senza troppo brillare, fanno alla grande quel che sanno fare…
Roma ribadisce papale papale la sentenza del Sestriere: assist da manuale di Wout Van Aert, e Kooji insacca la vittoria della tappa finale.
Poco altro da ricordare in una tappa passerella, se non l’omaggio Visma alla moglie di Gesink, scomparsa prematuramente: l’ennesimo lutto nella vita di un corridore (ritiratosi l’anno scorso e per quasi vent’anni bandiera del team) per il quale i trionfi o le amarezze offerti dalla bicicletta sono stati ricacciati a forza in una prospettiva assai relativa, anche se è significativo e commovente che proprio in sella lo stesso Gesink abbia voluto rimarcare col ricordo la propria risposta a quest’altro violento scossone esistenziale.
Ancora non si è posato il poverone del Colle del Finestre, dove la sensazione generalizzata è che – nonostante la prova magistrale indiscutibilmente offerta da Simon Yates e dal suo team Visma – non abbia effettivamente vinto, anzi diciamo pure dominato, l’atleta più forte, bensì il più pronto, disposto e predisposto a giovarsi del mutuo scornarsi altrui. Anche questa è la bellezza del ciclismo, dove non tutto è scatto secco, irruenza, wattaggio, ma talora viene a galla la più profonda natura della sfida che è quella con se stessi: non tanto nel senso ovvio e quasi banale di trascendere i propri limiti atletici nello sforzo o perfino nella sofferenza, quanto in quello ben più profondo di rivedere e cesellare adeguatamente i condizionamenti impostici dal proprio ego.
È un equilibrio sottile perché senza voglia di affermarsi nello sport è difficile vincere. Ma questo è uno sport in cui per vincere bisogna essere molte volte pienamente disposti a perdere. Non si tratta solo di bluffare – capitolo pur importantissimo nel manuale della tattica in bicicletta – bensì di comportarsi in modo da accettare pienamente il rischio di una sconfitta bruciante per potersi così infilare in pertugi di possibilità che, a volte, possono diventare sfuggenti anche per il più forte di tutti.
Anzitutto, però, un grande e doveroso omaggio a Simon Yates che, pur con qualche stagione difficile, è sempre stato fra i grandi protagonisti delle corse a tappe, soprattutto i grandi giri, e perfino nell’era dei fenomeni transumani si è spesso ricavato piazzamenti di prestigio da “primo o secondo fra i mortali”, per di più militando ostinatamente, quasi a oltranza, in una squadra australiana di media caratura, il suo primo team professionistico, pur di poter fare le cose a modo proprio. Su altra scala, un atteggiamento da van der Poel ante litteram. L’anno scorso però qualcosa si era rotto, le prestazioni apparivano opache e sicuramente ormai abbondantemente scoccata la trentina le sensazioni erano di demotivazione e declino: di qui la scelta di cambiare aria in cerca di metodologie nuove. Ammettendo i limiti delle proprie prassi e priorità pregresse – del proprio personalissimo “modo di essere se stesso” insomma – pur di levarsi la curiosità di scoprire quale sarebbe stato il proprio punto di arrivo una volta accettata una guida diversa. Chissà che in ciò non abbia influito l’esempio del fratello gemello Adam, che cedette ben prima alle sirene del team britannico INEOS (britannico come i due gemelli, attesi come profeti dal proprio movimento nazionale), ricavandone una prima miglioria del rendimento sportivo, per poi dare un autentico salto verso l’alto, adempiendo al potenziale da sempre attribuitigli, con l’approdo allo squadrone UAE nelle vesti di gregario extralusso per Pogi – e qualche bella vittoria collaterale come ricompensa. Il destino ha voluto che per Simon la squadra a cui rispondere di sì fosse quel Team Visma che della UAE sono gli arcinemici, capaci in più occasioni di sopraffare il talento puro dello stratosferico capitano avversario grazie a tattiche eccellenti e preparazioni fisiche estremamente mirate.
Dalla stagione passata, nondimeno, il Team Visma, perdute sponsorizzazioni importanti, pare aver perso una parte della propria preponderanza atletica. Complici infortuni assortiti, i suoi atleti di punta apparivano nel 2024 tutti un’ombra sbiadita di quanto avessero esibito al mondo intero fra 2022 e 2023. E il 2025 sembrava partito con la stessa musica, epitome della quale il talento cristallino di Wout Van Aert ridotto spesso a correre di rimessa per poi perdere addirittura volate in teoria scontatissime. Si erano aperte allora due scuole di pensiero, in realtà in parte compossibili: da un lato chi riteneva che il Team Visma avesse ormai passato i picchi del biennio 2022 e 2023, per cui i suoi atleti sarebbero andati nel 2025 a collocarsi come già nel 2024 in un ambito di più normale competitività, magari scontando pure qualche scoria da eccesso prestazionale protratto, con la possibile eccezione dei nuovi inserti che magari si giovassero del primo impatto di metodologie innovative rispetto a team di provenienza comunque più mediocri, o addirittura giovanili; dall’altro lato, c’è invece chi considera che l’abnorme forza gravitazionale del Tour de France da rivincere a ogni costo con Vingegaard abbia, anche solo inconsapevolmente, fatto slittare in avanti il fulcro prestazionale del team, di cui si spiegherebbe così una primavera mediocre, con picchi di forma raggiunti macchinosamente, e sempre arrivati con tre o quattro settimane di ritardo.
Il Giro non conferma né smentisce alcuna di queste due elucubrate teorie. Certamente fa piacere che la Visma non abbia dominato con uno strapotere fisico insultante, anzi. Emblematica la vittoria di Wout Van Aert a Siena, accettando – proprio nel teatro della sua propria rivelazione al mondo intero come fenomeno assoluto anche su strada (complice lo sterrato) – di trovarsi ora a seguire passivamente, quasi sommessamente, le ruote di uno scatenato Del Toro 21enne, senza mai dare un cambio neppure simbolico, pur di garantirsi il margine di fiato necessario a giocarsela d’esperienza nel finale. Astuzia, prudenza, saggezza, calcolo, accettazione dell’umiliazione, tattica, regole del gioco, opportunità o opportunismo, tutto però ampiamente nei limiti del bello, del poetico, della dignità di non sapersi il più forte atleticamente, ma comunque entro la fierezza di volere – e dovere – imporre a quell’altro, lui sì più forte, la necessità sportiva di superar-si, per poter vincere, cioè senza concedergli di farlo per mera inerzia fisica.
E tale è parso anche il Giro di Simon Yates e dei gregari Visma tutti. Momenti di notevole brillantezza fisica e altri di appannamento, sempre nei parametri imposti a ciascuno dal proprio talento. Il più al di sotto del proprio potenziale, Van Aert, è stato colui che si è rilevato, e di gran lunga, il più decisivo per i trionfi altrui, pilotando magistralmente lo sprinter Kooji, di per sé meno esplosivo del previsto, ma capace comunque di vincere così due tappe. La gestione perfetta sul Finestre per farsi trovare nel luogo perfetto con il massimo di forze per innestare quella trenata devastante che ha trasformato un minuto o due scarsi di vantaggio in una voragine mostruosa profonda cinque incolmabili, lunghissimi minuti. Distruggendo del tutto il morale e le opzioni strategiche di chi inseguiva. E seppur Simon Yates sia apparso la propria miglior versione, nemmeno lui ha proposto il tipo di stravolgimento dei valori in campo che si ricorda con sacro timore dall’altro Finestre britannico, quello di Froome (e del crollo di Simon, come si è ribadito a iosa in questi giorni).
Pur in tutt’altro modo – questo un Giro divertentissimo, quello uno noiosissimo – è emersa una qualche reminiscenza della vittoria 2023 da parte di Roglic, allora appunto capitano dell’alveare giallo Jumbo-Visma. Una condotta sorniona, di risparmio, di attendismo, di presenza attenta, a tratti sofferta, ma mai preponderante… fino a un colpo da KO in cui scatenare tutto il potenziale di una forma finalmente al culmine. È anche (ma col culmine anticipato di quattro tappe) lo schema vincente del Tour di Vingo 2023. Così come la giocata scacchistica facente perno su Van Aert ha ricordato l’identica chiave, seppur allora solo potenziale, del Tour 2022, quando Pogacar fu costretto a inseguire Roglic per impedire che si ricongiungesse con Van Aert là davanti. Molti, avendo visto la capacità distruttiva di questo Wout (e non certo il Super Wout 2022!) sabato in pochi km di falsopiano, avranno forse dovuto ricredersi in merito alla presunta ingenuità di Pogacar in quel frangente.
Insomma, per risolvere il giallo di questo Giro 2025 enigmatico e misterioso fino all’ultimo colosso alpino, i Visma hanno dovuto far ricorso a tutto il proprio repertorio da autentici Sherlock Holmes della bicicletta, strategie geniali e rivelazioni conclusive comprese. Sarà da capire se al Tour alzeranno ulteriormente l’asticella atletica o se sarà con queste stesse armi, compreso magari un Simon in veste di super gregario, che affronteranno la rivincita contro l’UAE, che senza Pogi è veramente apparsa più allo sbando che mai.
Ora però bisogna parlare di chi questo Giro lo ha reso così appassionante, e va detto che, al netto della bella giocata di chiusura, non sono stati certo i Visma, anzi in generale piuttosto pedissequi e complici nello spegnere ogni focolaio di battaglia.
Il merito è invece per la prima parte di Bernal e della sua INEOS, che chiudono il Giro un po’ obliati perché giunti al finale con il fiato corto e pure con la squadra accorciata dai vari ritiri. Egan è stato comunque esemplare. Campione vero nella testa, anche con gambe non all’altezza della volontà, ha usato la squadra e la strategia per smuovere la corsa in mille frangenti, peraltro venendo penalizzato da un tracciato che offriva tappe scandalosamente predisposte a una facile difesa da parte di squadroni compatti proprio quando la sua forma era al meglio. Senza farsi demoralizzare, le ha animate aprendo crepe a non finire nelle corazzate avversarie, e probabilmente inducendo quell’alzarsi imprevisto del livello di competizione durante la seconda settimana che ha messo fuori gioco tutti coloro che non fossero al meglio. Il risultato, un settimo posto non generoso nei suoi confronti (ci sarebbe stata una top 5, rispetto a un Caruso da applausi vista l’età ma comprensibilmente sparagnino nello stile di corsa) resta comunque di gran lunga il migliore nei grandi giri, dopo il tremendo incidente contro il bus che quasi gli costò la carriera o la vita a inizio 2022. Deve essere durissima per un fenomeno arrampicarsi faticosamente non mese dopo mese bensì anno dopo anno lungo la viscida parete della miglioria prestazionale, dal nulla assoluto in risultanze, il mero potersi allenare e correre (che è già moltissimo), alle prime top 10 in corse a tappe brevi, poi i podi in queste ultime, e infine lottare al vertice in un Grande Giro, e in un Giro d’Italia addirittura.
Carapaz ci ha regalato la versione migliore di se stesso. Il corridore che non sbaglia il tempo di un attacco, che coniuga l’esecuzione mirata di ogni passo con il risultato da perseguire, che raccoglie il massimo di quanto stia sul piatto. Il tutto con uno stile aggressivo, esplosivo, sorprendente. A Bismantova quell’attacco fulminante che lasciò il pubblico così incredulo da far pensare a molti “lo hanno lasciato andare”. Niente di più falso, lo dissero subito i colleghi e lo confermò la strada poi. Devastante nel tappone omerico del massacro di San Valentino, seccamente il più forte, determinato nel portarsi a ruota Pellizzari, pur consapevole che l’italiano (finalmente libero da obblighi di gregariato dopo il ritiro di Roglia) lo avrebbe infilzato in contropiede – ma Richard aveva in testa solo l’obiettivo rosa. Di nuovo eccezionale verso Bormio, prima il forcing sul Mortirolo per predisporre il terreno a che l’ultimo strappetto delle Motte divenisse potenzialmente selettivo, poi la fucilata, con Del Toro, e di nuovo con Del Toro protagonismo a due nella tappa della noia, quella valdostana, dove nondimeno i due latinos si sarebbero confermati nel finale una spanna sopra tutti in termini sia di fondo sia di esplosività. E qui forse si è annidata la serpe che sarebbe costata il Giro ad entrambi…
Perché quando Carapaz a sorpresa usa tutta la squadra per far esplodere il gruppo da inizio e salite e trasformare l’intero interminabile Finestre in un infinito anfiteatro per un duello uno contro uno (contro uno…), in Del Toro si radica un pensiero assurdo e autodistruttivo, il pensiero che confesserà candidamente poi in tutte le interviste. “Carapaz era arrogante, pensava di poterci demolire tutti, e io ho deciso che gli avrei dimostrato che quanto a me, no, non avrebbe mai potuto staccarmi”. Dall’orgoglio alla paura di vederlo incrinato il passo è breve. E dalla paura alla paralisi il passo è più breve ancora. Così Del Toro si rifiuta ostinatamente di collaborare con Carapaz che per tutto il Finestre porta il peso degli allunghi sugli inseguitori, e fin qui ci potrebbe anche stare, degli scatti per scuotere il catenaccio della maglia rosa, e pure questo potrebbe avere una logica, ma perfino il peso tutto dell’inseguimento a Simon Yates perché, questa la scusa di Del Toro a domanda esplicita, “essendo Yates terzo e Carapaz secondo, toccava a lui inseguirlo”. Ebbene, lo abbiamo visto. La colossale baggianata è il tipico grumo di pensiero a cui la mente si attacca disperatamente per giustificare a se stessa l’ingiustificabile: pur di non correre il benché minimo rischio di vedersi in qualche momento staccato da Carapaz, Del Toro ha buttato alle ortiche il Giro d’Italia. Diciamo Del Toro perché in bicicletta c’era lui e lo stile di corsa lasciava trasparire appieno il suo stato d’animo, ma la responsabilità principale, con un atleta di 21 anni, è dell’ammiraglia, che deve strillargli nell’auricolare, per una volta con giusta causa, la condotta di gara da seguire. C’era un’ora di ascesa per farlo entrare in ragione.
La peculiarità della situazione è che essa non era simmetrica: senza poter staccare Del Toro, a nulla valeva a Carapaz riprendere Yates. Per lui, già vincitore di un Giro, e già secondo nel 2022, poco o nulla cambia il gradino del podio. E, sic stantibus rebus, Carapaz ha potuto e dovuto fare del tutto e di più pur di staccare Del Toro, ma non è stato possibile. Dunque amarezza tanta, ma rimpianti pochi. La possibilità per Carapaz di vincere sarebbe cominciata laddove Del Toro stesso avesse voluto, prima di tutto, vincere. Si badi bene, non una certezza di vincere, perché altrimenti Del Toro avrebbe avuto ben ragione di non imbandire la vittoria a Carapaz, e dunque di imbandirla a chi altri avesse lui voluto.
Ma esisteva eccome una terra di nessuno, una striscia nebbiosa e polverosa e tortuosa come gli ultimi km del Finestre, entro la quale Carapaz, e Del Toro, e pure Yates, certo (in terz’ordine!), si sarebbero potuti giocare la definitiva maglia rosa su un equilibrio di secondi, misurando le rispettive forze e i rispettivi sforzi. In questo modo invece Del Toro ha ottenuto ciò che si era prefisso, non perdere da Carapaz. Sicuramente penserà, e ne ha ben donde, che non sarà questa la sua ultima occasione. Ma proprio le storie personali di Bernal, e di Carapaz, e dell’America Latina tutta, insegnano che non si sa mai per davvero se la prima occasione sarà anche l’ultima (in realtà per Bernal parliamo del Tour, e per Carapaz speriamo che l’ultima non sia ancora giunta, ma il riferimento è ai Giri sfuggiti di un niente). Bernal e Carapaz hanno còlto la propria occasione maiuscola quando è toccato loro, ormai nel 2019, per entrambi, poi per il resto della carriera hanno dimostrato – e proprio non vincendo – di essersela meritata eccome. La domanda resta aperta per Del Toro, ma forse, come per quasi ogni 21enne (o 104enne) di questo mondo, la sua vera corrida in cui al contempo sopravvivere e lasciarsi sopraffare, toro e torero in uno, è ancora quella celebrata nell’arena interiore.
Gabriele Bugada

Il podio del Giro 2025 (foto Dario Belingheri/Getty Images)
LE FINESTRE PARLANO ANCORA INGLESE: YATES SI RIPRENDE QUELLO CHE AVEVA LASCIATO LASSÙ NEL 2018
Con una grande impresa Simon Yates vince il Giro d’Italia sulla stessa salita sulla quale lo aveva perduto nel 2018. Del Toro e Carapaz si marcano agevolando Yates ma gli errori più gravi sono di Del Toro e della UAE.
Una bellissima tappa ha ribaltato il Giro d’Italia grazie all’attacco di Simon Yates (Team Visma | Lease a Bike), che si è inserito nella battaglia in corso tra Isaac Del Toro (UAE Team Emirates – XRG) e Richard Carapaz (EF Education – EasyPost) e si è involato verso la Cima Coppi, trovando in discesa un passistone con un grande motore come Wout Van Aert (Team Visma | Lease a Bike), che gli ha permesso di incrementare il vantaggio nel tratto in falsopiano.
Yates ha fatto una grande impresa come quella che il connazionale Froome aveva fatto proprio ai suoi danni nel 2018 e quindi bisogna attribuirgli il merito della sua stupenda azione, ma vanno parimenti sottolineati i gravissimi errori della UAE e di Del Toro.
Il primo errore della formazione emiratina è stato quello di non inserire un uomo nella fuga, che in una tappa come quella di oggi era una mossa praticamente obbligata vieppiù pensando a che corridore aveva inserito la squadra del terzo della classifica.
Quando Carapaz ha attaccato all’inizio della salita del Colle delle Finestre Del Toro ha risposto molto bene mentre Yates ha proseguito regolare con il suo passo, comunque ottimo, e si è riportato sulla coppia. Nella girandola di scatti e attacchi Yates è stato lasciato andare e sin lì ci può anche stare, visto che non si può rispondere a tutti colpo su colpo, ma quando il vantaggio di Yates aveva superato il minuto Del Toro e Carapaz hanno fatto quasi una sorta di surplace, al punto che Derek Gee (Israel – Premier Tech), che si staccava ad ogni scatto, non solo si riportava sulla coppia dei sudamericani ma rilanciava la velocità semplicemente proseguendo con il proprio passo.
Ora un uomo in maglia rosa sotto attacco non può permettersi di giocare a chi va più piano perché ovviamente per Carapaz arrivare secondo o terzo non fa grossa differenza.
Chi rischiava di perdere il giro era Del Toro che, quindi, doveva mettersi in testa e andare al massimo che poteva per cercare di evitare che il vantaggio lievitasse troppo.
Sicuramente sulla salita avrebbe limitato i danni, visto che il gioco tattico con Carapaz è andato avanti per diversi chilometri. Allo stesso modo in discesa e nel tratto in falsopiano verso il Sestriere invece di chiedere collaborazione a Carapaz e passeggiare dopo aver ricevuto un diniego avrebbe dovuto mettersi a testa bassa e andare a tutta.
Probabilmente avrebbe perduto lo stesso, visto che Yates aveva trovato Van Aert, ma sarebbe stato certamente meglio che consegnare il giro su un piatto d’argento al britannico.
Ovviamente questo non cancella tutte le cose ottime che Del Toro ha mostrato in questo Giro d’Italia, ma quello di oggi è stato un gravissimo errore che nemmeno un giovane deve commettere. Quando Yates è davanti con un minuto di vantaggio la maglia rosa deve prendere l’iniziativa. Non era Carapaz che rischiava di perdere il Giro ma Del Toro. Ora è possibile che Del Toro fosse al limite, però certamente poteva provare ad andare del suo passo senza quasi fermarsi nei momenti in cui Carapaz rallentava per costringerlo ad andare davanti.
Yates ha giocato di esperienza, ma certamente l’errore della Uae e quello di Del Toro hanno facilitato non poco la riuscita dell’impresa.
La tappa è stata caratterizzata da una fuga di circa 30 corridori formatasi in più tempi, che è andata via nelle fasi iniziali della corsa e ha raggiunto un vantaggio massimo di circa 10 minuti
Il tentativo era composto da Timo Kielich (Alpecin-Deceuninck), Sylvain Moniquet (Cofidis), Dries De Bondt (Decathlon Ag2r La Mondiale Team), Enzo Paleni (Groupama-FDJ), Kim Heiduk (Ineos Grenadiers), Jacopo Mosca (Lidl-Trek) e Gianmarco Garofoli (Soudal Quick-Step),Francesco Busatto (Intermarché – Wanty), Mads Pedersen (Lidl-Trek), Carlos Verona (Lidl-Trek), Jon Barrenetxea (Movistar Team), Ethan Hayter (Soudal Quick-Step) e Manuele Tarozzi (VF Group Bardiani CSF – Faizanè),Quinten Hermans (Alpecin-Deceuninck), Jimmy Janssens (Alpecin-Deceuninck), Alessandro Verre (Arkea-B&B Hotels), Pello Bilbao (Bahrain Victorious), Fran Miholjević (Bahrain Victorious), Stefano Oldani (Cofidis), Andrea Vendrame (Decathlon Ag2r La Mondiale Team), Sven Erik Bystrøm (Groupama-FDJ), Kévin Geniets (Groupama-FDJ), Rémy Rochas (Groupama-FDJ), Kevin Colleoni (Intermarché – Wanty), Simon Clarke (Israel – Premier Tech), Jefferson Cepeda (Movistar Team), Chris Harper (Team Jayco AlUla), Mattia Bais (Team Polti VisitMalta), Mirco Maestri (Team Polti VisitMalta), Wout van Aert (Team Visma | Lease A Bike) e Martin Marcellusi (VF Group Bardiani CSF – Faizanè).
Sul Colle delle Finestre la fuga ha perso via via pezzi, finché non sono restati davanti solo Harper e Verre. Quest’ultimo ha provato a tenere il ritmo dell’australiano ma non è riuscito nell’impresa. Verre è stato, però, bravo e gestirsi e a non naufragare, cosa che gli ha permesso di resistere al ritorno di Yates e di guadagnare il secondo posto.
La corsa dei big è stata tutta un’altra cosa. La EF di Carapaz ha tirato per lunghi tratti sino alle prime rampe del Colle delle Finestre, quando l’ultimo uomo ha aperto il gas per lanciare l’attacco di Carapaz, che è stato molto violento e potrebbe aver causato problemi allo stesso corridorre. Del Toro ha risposto prontamente, mentre Yates ha proseguito regolare in progressione ed è riuscito a riportarsi sulla coppia di sudamericani. I primi 3 della generale hanno proseguito assieme per qualche chilometro, alternandosi negli scatti, mentre il quarto, Gee, andava su costante, come da sue caratteristiche. L’ennesimo scatto di Yates ha visto un rallentamento da parte di Carapaz e Del Toro, che si guardavano in faccia perché probabilmente entrambi aspettavano che fosse l’altro a rispondere e così, pian piano, Yates ha guadagnato secondi. L’impressione è stata che Carapaz fosse in grado di seguire Yates e questo è stato forse il più grave errore commesso dall’ecuadoriano, non certo quello di non collaborare con Del Toro (come pure vari opinionisti hanno sostenuto).
Il patatrac ha iniziato a materializzarsi quando Carapaz e Del Toro non inseguivano affatto e anzi quasi si fermavano, consentendo diverse volte il rientro di Gee. In questa fase Yates ha guadagnato oltre un minuto, divenuti un minuto e mezzo in vetta al Finestre. Nei primi chilometri della discesa il britannico ha trovato Van Aert, che si era inserito nella fuga proprio con lo scopo di aiutare il capitano, in un tratto adattissimo alla caratteristiche del belga e, a quel punto, è finita la corsa. Dietro Del Toro e Carapaz non potevano certo competere con un motore come quello di Van Aert, ciò tuttavia non giustifica comunque la totale arrendevolezza dei due, che litigavano su chi dovesse tirare.
Ovviamente, le colpe maggiori ricadono su Del Toro perché era lui in maglia rosa e Carapaz, non essendo riuscito a staccarlo sul Colle delle Finestre, non aveva più alcun interesse a collaborare, dato che per lui arrivare secondo o terzo non avrebbe fatto certo la differenza.
Se Carapaz avesse collaborato con Del Toro, anche nell’ipotesi in cui fossero riusciti a chiudere su Yates, l’ecuadoriano non avrebbe comunque vinto ma avrebbe al massimo fatto secondo, invece che terzo (cosa che per uno che il Giro lo ha vinto non avrebbe fatto grande differenza).
Del Toro, a quel punto, avrebbe dovuto provare ad andare a tutta, invece che proseguire a velocità da gita domenicale, anche se con Van Aert davanti sarebbe stato comunque difficile recuperare.
L’andatura blanda ha consentito il rientro del gruppo di Giulio Pellizzari (Red Bull – BORA – hansgrohe) e Damiano Caruso (Bahrain – Victorious) che era in ritardo di ben due minuti al GPM di Colle delle Finestre.
Terminato il lavoro di Van Aert, Yates ha proseguito di ottimo ritmo sulle dolci rampe verso Sestriere e, mentre Harper tagliava il traguardo braccia al cielo, il britannico pregustava quella maglia rosa che aveva dovuto cedere a Chris Froome proprio sul Colle delle Finestre nel 2018 (quando la tappa, però, terminò sopra Bardonecchia).
Il gruppo maglia rosa con tutti i big, eccetto Egan Bernal (INEOS Grenadiers), è arrivato con quasi 6 minuti di ritardo da Yates, che si ritrova quindi in maglia rosa con un vantaggio di poco inferiore ai 4 primi su Del Toro, con Carapaz sul gradino più basso del podio.
Ottimo Caruso che, a 38 anni, entra in top five grazie alla sua grande esperienza e solidità, mentre Pellizzari ha conquistato un ottimo sesto posto dopo aver lasciato diversi minuti sulla strada per aiutare il capitano Primoz Roglic, ritiratosi a causa di vari problemi fisici in gran parte dovuti alla cadute.
Si chiuderà domani un Giro d’Italia molto emozionante che ha visto delle belle sfide nelle tappe intermedie e insidiose forse più che sulle grandi montagne, con l’eccezione della tappa di oggi.
A questo punto, occhi puntati sul Tour de France e sulle storiche corse di preparazione, Criterium del Delfinato e Giro di Svizzera.
Benedetto Ciccarone

Yates all'attacco verso il Colle delle Finestre (Getty Images)
NEL TAPPONE NON SUCCEDE (QUASI) NULLA: A CHAMPOLUC VINCE PRODHOMME, DEL TORO E CARAPAZ ASSIEME ALL’ARRIVO
Era la tappa più dura ma la montagna ha partorito il topolino di un solo attacco sull’ultima e più facile delle cinque salite previste, con la maglia rosa Del Toro e il suo più diretto avversario Carapaz da soli all’arrivo con una ventina di secondi di vantaggio sugli altri “big” della classifica. Troppo tardi per la vittoria di tappa, che grazie alla scarsa belligeranza in gruppo è andata al fuggitivo Nicolas Prodhomme
La diciannovesima e terzultima tappa del 108esimo Giro d’Italia è considerata da molti appassionati la più importante di questa edizione presentando ben 5 GPM, di cui tre di prima categoria, e una lunghezza che, pur inferiore a quella dei famosi tapponi di una volta, è pur sempre ragguardevole con i suoi 166 chilometri. La partenza è fissata a Biella, alle ore 12.30, e il percorso, dopo avere oltrepassato Ivrea, supera il valico di Croce Serra (GPM di terza categoria, 11 chilometri al 5%, abbastanza regolari), piega verso Nord e imbocca la valle della Dora Baltea, la più importante della Val d’Aosta, risalendo verso il capoluogo. All’altezza di Verres si devia in una valle laterale che conduce al Col Tzecore (GPM di prima categoria, ben 16 chilometri all’8% con punte del 15%), da cui si ridiscende nuovamente nella valle della Dora Baltea, passando per Saint-Vincent e Chatillon. Ben presto il percorso devia nuovamente verso Nord, arrampicandosi sino al colle di Saint Pantaléon (GPM di prima categoria, altri 16 chilometri al 7% con punte del 12%), per poi ridiscendere a Saint-Vincent, proseguire in direzione del Col de Joux (terzo GPM di prima categoria: 15 chilometri al 7% con punte del 12%) e scendere infine a Brusson nella Val d’Ayas, dove mancheranno 15 chilometri al traguardo. Da Brusson si risale al paese di Antagnod (GPM di seconda categoria, gli ultimi 4 chilometri hanno una pendenza del 6% con punte dell’11%), e infine si scende al traguardo, situato a Champoluc dopo 5 chilometri di discesa.
In un Giro caratterizzato dal crollo di buona parte dei favoriti a causa di incidenti di ogni tipo e che presenta una classifica molto corta, con i primi cinque racchiusi in tre minuti e con nessun corridore che ha mai dato l’impressione di poter dominare a suo piacimento, pronosticare l’esito di una tappa come quella odierna è molto difficile. Certamente l’ecuadoriano Richard Carapaz (EF Education – EasyPost), secondo a 41 secondi, il colombiano Egan Bernal (INEOS Grenadiers), sesto a 4’43” e il nostro giovane Giulio Pellizzari (Red Bull – BORA – hansgrohe), settimo a 5’02”, tutti ottimi scalatori, sono tra i corridori più accreditati, sia per vincere la tappa, sia per insidiare il primato dell’attuale leader della classifica, il sorprendente messicano Isaac del Toro (UAE Team Emirates – XRG), vincitore mercoledì sul traguardo di Bormio dopo un cedimento nella tappa precedente. Ma molti altri corridori, che sinora hanno risparmiato energie e non si sono fatti notare, potrebbero sorprendere, a partire dal terzo in classifica, il britannico Simon Yates (Team Visma | Lease a Bike), leader di una squadra orfana del grande Jonas Vingegaard e del desaparecido americano Sepp Kuss, del quale si sono perse le tracce dopo le grandi fatiche della stagione 2023.
La partenza avviene con un tempo eccellente, anche troppo (ben 26 gradi di temperatura), che arriva dopo il maltempo e il freddo dei giorni scorsi e potrebbe causare ulteriori difficoltà ai corridori. Sulla salita di Croce Serra diversi uomini escono dal gruppo e un po’ per volta si viene a ricreare la situazione della tappa di ieri, con una trentina di uomini in fuga e tra questi ci sono molti cacciatori di tappe, come Wout Van Aert (Team Visma | Lease a Bike), Mads Pedersen (Lidl – Trek) e il nostro Christian Scaroni (XDS Astana Team), tutti già vincitori nei giorni scorsi, ma anche Romain Bardet (Team Picnic PostNL), David Gaudu (Groupama – FDJ) e Pello Bilbao (Bahrain – Victorious). Il solo uomo di classifica presente nella fuga è il nostro Antonio Tiberi (Bahrain – Victorious), 15esimo a un quarto d’ora dalla maglia rosa, ma che non è apparso brillante nei giorni scorsi e non rappresenta un pericolo per gli uomini di classifica, tutti riuniti nel gruppo principale che segue a un paio di minuti.
A transitare primo sul GPM di Croce Serra è Mattia Cattaneo (Soudal Quick-Step); il leader della classifica degli scalatori, Lorenzo Fortunato (XDS Astana Team), non è presente nella fuga in quanto ha ormai vinto matematicamente questa classifica e non ha più interesse a transitare primo sui GPM che si succederanno oggi e domani. Sulla dura salita del Col Tzecore il vantaggio dei fuggitivi supera i due minuti e mezzo, ma qualcuno inizia a perdere terreno; cedono, fra gli altri, Pedersen e Van Aert, ma sia davanti, sia dietro nessuno si muove e pochissimo cambia nella composizione dei vari gruppi e nei distacchi. Il plotoncino dei migliori è comunque capeggiato dagli uomini della maglia rosa, che forse teme un attacco di Carapaz, il quale a sua volta ha due uomini nella fuga (fra questi il forte scalatore Georg Steinhauser, molto brillante l’anno scorso proprio al Giro, dove ha anche vinto la tappa con arrivo al passo Brocon davanti a Pogacar).
Sul Col Tzecore passa per primo Scaroni, secondo nella classifica degli scalatori; l’Astana, con ogni evidenza, vuole anche ottenere il secondo posto in questa classifica dopo essersi già assicurata il primo. Il gruppo dei fuggitivi è composto ancora da 24 corridori, mentre il gruppo dei migliori transita a quasi tre minuti. Nella discesa, lunga e pericolosa, non ci sono cadute ed è già molto di questi tempi; il vantaggio dei fuggitivi aumenta sino a tre minuti e mezzo. Dopo 92 chilometri inizia la terza salita, il Colle di Saint Pantaléon. La fatica inizia a farsi sentire e i fuggitivi cominciano a cedere. Alcuni di loro, come Scaroni, Gaudu e Bardet, si staccano mentre nel gruppo principale iniziano a tirare gli uomini di Carapaz, sia pure senza dare il massimo. Il ritardo del gruppo scende molto lentamente e la situazione cambia solo quando a tirare si mettono gli uomini di Yates, gli olandesi Wilco Kelderman e Steven Kruijswijk. A questo punto il gruppo con i primi in classifica si riduce a una quindicina di unità e il suo ritardo scende a due minuti. Nessuno dei migliori sembra voler cedere, anche se occasionalmente Bernal appare in difficoltà. In cima al colle di Saint Pantaléon i fuggitivi sono rimasti in otto: è il francese Nicolas Prodhomme (Decathlon AG2R La Mondiale Team), quest’anno in evidenza al Tour of des Alps, a transitare per primo. Il gruppo con i migliori passa a due minuti. La discesa allunga di nuovo le distanze e all’attacco del Col de Joux i migliori sono nuovamente a tre minuti dai fuggitivi. Mancano 36 chilometri all’arrivo e non è ancora successo niente di importante, se non un po’ di schermaglie fra Del Toro, Carapaz e Yates, i cui uomini si sono alternati in testa al gruppetto dei migliori. Nessuno di questi ha ceduto e l’unico motivo di interesse sembra, al momento, la prova d’orgoglio del nostro Tiberi, che è ancora nel gruppetto dei fuggitivi. Il Col de Joux inizia a mietere vittime e davanti rimangono in tre (Tiberi, Prodhomme e Carlos Verona della Lidl – Trek, vincitore ad Asiago qualche giorno fa), mentre il gruppetto dei migliori perde prima Adam Yates (UAE Team Emirates – XRG), nono in classifica, e poi Davide Piganzoli (Team Polti VisitMalta), Kruijswijk, Kelderman e Bilbao, quest’ultimo reduce dalla fuga. A metà salita il gruppetto ha ancora un minuto e mezzo da recuperare ai primi tre, dai quali si è staccato Prodhomme che sta tentando l’azione solitaria. A 5 chilometri dallo scollinamento i migliori si riportano su Verona e Tiberi e resta quindi in fuga il solo Prodhomme. Gli uomini della UAE, ancora numerosi, iniziano a tirare il gruppetto, con Rafał Majka particolarmente attivo: a due chilometri dal GPM sono ancora insieme i primi dieci della classifica generale, tranne Yates, e in più Majka, l’americano Brandon McNulty (UAE Team Emirates – XRG) e Tiberi. Prodhomme è sempre in fuga e mantiene un minuto di vantaggio. A un chilometro dalla cima Carapaz accelera, ma Yates e Del Toro gli sono subito a ruota. Prodhomme scollina per primo con 50 secondi di vantaggio sugli inseguitori e nulla cambia lungo la discesa. Sulla salita verso Antagnod Prodhomme insiste con molta convinzione, nella speranza che dietro tutti continuino a guardarsi come hanno fatto per tutta la tappa, e aumenta il suo vantaggio sino a 1 minuto e mezzo quando mancano 11 chilometri al traguardo. A 9 chilometri nulla è cambiato: Majka e McNulty tirano sempre il gruppetto dei migliori cercando di impedire ogni attacco. A 7 chilometri, infine, Carapaz attacca e Del Toro gli rimane incollato. Nessun altro riesce a seguirli, mentre davanti Prodhomme mantiene più di un minuto di vantaggio. Il solo Peliizzari fa un paio di tentativi, ma invano, mentre la coppia in fuga guadagna qualcosa, ma senza fare il vuoto sugli inseguitori. Prodhomme è primo anche ad Antagnod, a 5 chilometri dal traguardo, con un minuto di vantaggio sulla coppia Carapaz-Del Toro. Dopo altri 20 secondi passano gli altri dieci corridori rimasti nel gruppetto dei migliori. La discesa è rapida e non succede più nulla: dopo pochi minuti Prodhomme va a vincere la tappa (con un tempo complessivo di 4 ore e 50 minuti) e alle sue spalle Carapaz e Del Toro, che arrivano a 58 secondi, sprintano per il secondo posto, col messicano che prevale e guadagna un paio di secondi (solo di abbuono) sul rivale. A un minuto e 22 secondi arrivano gli altri dieci e la tappa si chiude senza il minimo scossone, sia pure con un brivido finale causato da una caduta di Pellizzari a pochi metri dal traguardo, per fortuna senza gravi conseguenze. Come ribadiscono anche in telecronaca, la montagna ha partorito il proverbiale topolino e nulla è cambiato in classifica generale. Anche il fatto che la tappa sia stata vinta da un uomo rimasto in fuga sin dai primi chilometri fa capire come tutti i migliori si siano sostanzialmente guardati dall’inizio alla fine senza mai attaccare seriamente. Isaac Del Toro è sempre più vicino a vincere, a sorpresa, il Giro d’Italia e domani si corre l’ultima tappa che potrebbe cambiare la classifica, nella speranza che chi vuole vincere il Giro si dia veramente da fare.
Andrea Carta

Carapaz attacca Del Toro sulla salita verso Antagnod (foto Tim de Waele/Getty Images)
NICO DENZ, FUGA PER LA VITTORIA A CESANO MADERNO. ISAAC DEL TORO CONSERVA LA MAGLIA ROSA
In una tappa in cui si capisce quasi subito che la fuga avrebbe avuto le migliori chance per la vittoria, Nico Denz (Team Redbull BORA Hansgrohe) emerge dalla fuga stessa allungando a circa 20 km dalla conclusione e non venendo più ripreso dagli altri ciclisti. Per il ciclista tedesco è la terza vittoria di tappa al Giro dopo le due conquistate nel 2023. Domani prima resa dei conti tra i big di classifica sulle montagne aostane
Prima della battaglia finale della diciannovesima e ventesima tappa, il Giro ne affronta una interlocutoria, la diciottasima, con partenza da Morbegno e arrivo a Cesano Maderno. Sono in totale 144 km in cui lo spartito tattico si dividerà equamente tra la voglia dei fuggitivi di battersi per la vittoria e quella dei velocisti di giocarsi la penultima volata dl Giro 2025. I tre gpm di Parlasco, Colle Balisio e Ravellino favoriscono i primi mentre gli ultimi 55 km completamente pianeggianti i secondi. Sarà una bella lotta per una tappa che si prevede quindi piuttosto incerta. Di sicuro i big di classifica si riposeranno per i due tapponi di venerdì e di sabato. Dopo diversi attacchi e contrattacchi si formava la fuga di una quarantina di ciclisti intorno al km 20, inaugurata da una decisa azione di Mads Pedersen (Team Lidl Trek). Oltre al danese, tra i nomi più altisonanti si segnalava quello di Wout van Aert (Team Visma Lease a Bike), mentre anche gli italiani erano presenti in buon numero con, tra gli altri, Stefano Oldani (Team Cofidis), Edoardo Zambanini (Team Bahrain Victorious), Andrea Vendrame (Decathlon AG2R LA Mondiale), Mattia Cattaneo (Team Soudal Quick Step), Davide De Pretto (Team Jayco ALUla), Diego Ulissi e Christian Scaroni (Team XDS Astana). Dopo 34 km si ritirava Juan Ayuso (UAE Team Emirates), punto da un calabrone nella tappa di ieri e ancora sofferente al ginocchio destro dopo le cadute patite in questo Giro. Scaroni vinceva il primo gpm di Parlasco posto al km 37.7. Pedersen vinceva invece il primo traguardo volante di Primaluna posto al km 45.4. Scaroni scollinava in prima posizione sul Colle Balisio, secondo gpm di giornata posto al km 54.5. Pedersen vinceva il secondo traguardo volante di Galbiate posto al km 72.1. Manuel Tarozzi (VF Group – Bardiani CSF – Faizanè) oltre a vincere il traguardo volante di Sirtori posto al km 87.1, si avvantaggiava sul gruppone di testa insieme a Rémy Rochas (Team Groupama FDJ) ed al compagno di squadra Martin Marcellusi. A 42 km dalla conclusione il terzetto di testa aveva 20 secondi di vantaggio sul primo gruppo inseguitore. Una volta ripresi i tre ciclisti di testa, ricominciavano scatti e controscatti tra i componenti della fuga. SI staccava un drappello di nove ciclisti formato da De Pretto, Nico Denz (Team Redbull BORA Hansgrohe), Edward Planckaert (Team Alpecin Deceuninck), Dries De Bondt (Decathlon AG2R La Mondiale), Daan Hoole (Team Lidl Trek), Alex Edmondson (Team Picnic PostNL), Mirco Maestri (Team Polti VisitMalta), Dylan Van Baarle (Team Visma Lease a Bike), Larry Warbasse (Team Tudor Pro Cycling), Filippo Magli (VF Group – Bardiani CSF – Faizanè) e Nicola Conci (Team XDS Astana). A 20 km dalla conclusione gli undici battistrada avevano raggiunto quasi 2 minuti di vantaggio sul primo gruppo inseguitore, che sembrava ormai tagliato fuori dalla vittoria di tappa. A 17 km dalla conclusione Denz accelerava a sua volta ed in poco tempo raggiungeva una ventina di secondi di vantaggio sul primo gruppo inseguitore. Il ciclista tedesco sfruttava le sue qualità da passista ed andava a vincere in solitaria sul traguardo di Cesano Maderlo, ottenendo un invidiabile tris di vittorie di tappa al Giro dopo le due del 2023. In seconda posizione si piazzava Maestri a 1 minuto ed 1 secondo di ritardo da Denz mentre Planckaert era terzo. Chiudevano la top five Magli in quarta posizione ed Edmondson in quinta posizione. Calma piatta nel gruppo maglia rosa che giungeva al traguardo con oltre 12 minuti di ritardo. Isaac Del Toro (UAE Team Erirates XRG) resta in maglia rosa davanti a Richard Carapaz (Team EF Education EasyPost) ed a Simon Yates (Team Visma Lease a Bike) e si prepara per i prossimi due giorni che decideranno le sorti del Giro 2025. Domani è in programma il tappone della diciannovesima tappa da Biella a Champoluc di 166 km con cinque gpm e pochissima pianura. Saranno in particolare il Col Tzecore, il Col Saint-Pamtaléom ed il Col de Joux, tutti di prima categoria e con diversi tratti con pendenze in doppia cifra, a scatenare la guerra tra gli uomini di classifica.
Antonio Scarfone

Nico Denz vince a Cesano Maderno (foto: Getty Images)
DEL TORO, CAPARBIETA’ E SOSTANZA A BORMIO. PRIMA VITTORIA AL GIRO PER IL MESSICANO
Isaac Del Toro (UAE Team Emirates) vince la sua prima tappa in un GT sfruttando le sue doti da scattista al termine di una tappa dove il Mortirolo, seppur dal versante meno impegnativo di Monno, è stato il grande protagonista. Il messicano si avvantaggia su Richard Carapaz e Simon Yates che restano comunque in ballo per la maglia rosa
La diciassettesima tappa del Giro 2025 parte da San Michele all’Adige e termina a Bormio dopo 155 km. Sono tre i gpm da affrontare ovvero il Passo del Tonale, il Mortirolo (dal versante meno impegnativo di Monno) e le Motte, gpm di terza categoria posto lungo il falsopiano verso la località d’arrivo. Isaac Del Toro (UAE Team Emirates) deve difendere la sua maglia rosa da Simon Yates (Team Visma Lease a Bike) e Richard Carapaz (Team EF Education EasyPost), i ciclisti che in questo momento sembrano avere qualcosa in più del giovane messicano, specialmente alla luce della tappa di ieri. Dopo una lunga fase interlocutoria, durante la quale si segnalava il passaggio in prima posizione sul primo traguardo volante di Cles da parte di Mads Pedersen (Team Lidl Trek) si formava la fuga di giornata prima dell’inizio del Passo del Tonale. Erano ben 37 gli uomini in fuga tra i quali, per elencarne alcuni, gli onnipresenti Lorenzo Fortunato (Team XDS Astana), Georg Steinhauser (Team EF Education EasyPost), Romain Bardet (Team Picnic PostNL), Pello Bilbao (Team Bahrain Victorious) e Wilco Kelderman (Team Visma Lease a Bike). Fortunato scollinava in prima posizione mentre il gruppo maglia rosa iniziava a sfilacciarsi. La successiva scalata del Mortirolo mieterà vittime illustri come Thyman Arensman (Team INEOS Grenadiers), Michael Storer (Team Tudor Pro Cycling) ed Antonio Tiberi (Team Bahrain Victorious) mentre ancora Fortunato scollinava per primo in gruppo di testa anch’esso ridottosi decisamente. Nonostante qualche scaramuccia negli ultimi due km del Mortirolo, specialmente da parte di Richard Carapaz (Team EF Education EasyPost) che provava uno scatto ma che veniva ripreso nei primi km di discesa, il gruppo maglia rosa affrontava regolarmente la discesa e il falsopiano verso Bormio, finchè sul gpm di Le Motte i big di classifica aumentano l’andatura specialmente con un pimpante Isaac Del Toro, che fiuta la possibilità di riprendere i fuggitivi, o meglio il fuggitivo, visto che restava in testa solo Bardet. A poco più di 5 km dall’arrivo Del Toro e Carapaz riprendono definitivamente Bardet: Il messicano allungava negli ultimissimi km andando a vincere praticamente in solitaria con 4 secondi di vantaggio su Bardet e Carapaz mentre chiudevano la top five Simon Yates (Team Visma Lease a Bike) in quarta posizione e Giulio Pellizzari (Team Redbull BORA Hansgrohe) in quinta posizione, rispettivamente a 14 e 15 secondi di ritardo da Del Toro che ottiene la prima vittoria al Giro e con gli abbuoni al traguardo allunga in classifica generale visto che ora ha 41 secondi di vantaggio su Carapaz e 51 secondi di vantaggio su Simon Yates. Il discorso per la vittoria della maglia rosa sembra ormai riguardare questi tre ciclisti anche se gli ultimi due tapponi – il diciannovesimo ed il ventesimo – possono ancora offire qualche spunto di interesse. Nel frattempo domani è in programma la diciottesima tappa da Morbegno a Cesano Maderno di 144 km. I tre gpm di Parlasco, Colle Balisio e Ravellino favoriranno la fuga di giornata, che dovrà resistere al probabile ritorno del gruppo negli ultimi 50 km totalmente pianeggianti. I velocisti avranno anche loro delle buone possibilità per giocarsi la vittoria, ma la volata se la dovranno guadagnare.
Antonio Scarfone

Isaac Del Toro vince a Bormio (foto: Getty Images)
PRIMO TAPPONE A SCARONI E FORTUNATO. CRISI UAE, GENERALE SCONVOLTA
Le prime grandi salite hanno dato spettacolo con ritiri, crisi e crolli verticali. I pretendenti al podio sono ancora tanti e mancano ancora tre tappe di montagna. Pellizzari, libero da ordini di scuderia, dimostra forza e classe e rientra in top ten. Caruso quinto in generale a 38 anni.
Abbiamo dovuto aspettare l’inizio della terza settimana per vedere una grande sfida in salita, ma il primo tappone non ha tradito le aspettative. Rispetto a tappe meno dure, in cui si erano visti attacchi magari velleitari anche a grande distanza dal traguardo, oggi è successo tutto sull’ultima salita, ma la lunghezza della tappa e le numerose salite, con il durissimo Santa Barbara, hanno sicuramente fatto sentire il loro peso nell’economia generale della corsa.
La fuga formatasi nelle prime fasi di corsa ha accumulato grande vantaggio e ha consentito a due corridori compagni di squadra di resistere alla battaglia dei big e conquistare la vittoria.
Il primo colpo di scena si è avuto con il ritiro di Primoz Roglic (Red Bull – BORA – hansgrohe), che era nell’aria già dopo la tappa di domenica, mentre più sorprendente è stata la crisi di Juan Ayuso (UAE Team Emirates – XRG) già sul passo di Santa Barbara, che ha portato lo spagnolo a cedere un quarto d’ora sul traguardo di San Valentino e a uscire di fatto dai giochi di classifica. In realtà già da qualche giorno il capitano designato formazione emiratina stava accusando problemi a causa delle cadute e oggi i nodi sono venuti al pettine ben presto.
A chiudere la giornata negativa per la UAE è arrivata anche la crisi di Isaac Del Toro negli ultimi chilometri della salita finale. Il messicano ha salvato la maglia rosa ma ha visto il proprio tesoretto di vantaggio pesantemente eroso dagli attacchi di Richard Carapaz (EF Education – EasyPost) e di Simon Yates (Team Visma | Lease a Bike), senza dimenticare Derek Gee (Israel – Premier Tech) e Michael Storer (Tudor Pro Cycling Team), che pure hanno guadagnato parecchio.
Nota di merito per Giulio Pellizzari (Red Bull – BORA – hansgrohe) che, libero da ordini di scuderia, è andato all’attacco e nel finale è riuscito addirittura a staccare Carapaz, oltre ad essere stato il primo tra i big a giungere al traguardo alle spalle della coppia di testa, rientrando anche in top ten e proponendosi come possibile protagonista dei prossimi giorni che prevedono tante montagne.
I segnali negativi per Del Toro si erano comunque visti in precedenza perché, sulla salita di Santa Barbara, la UAE ha lasciato per lunghi tratti che fossero altre squadre a tirare mentre, quando si portavano in testa loro, l’andatura calava, il vantaggio dei fuggitivi aumentava e uomini in difficoltà come Egan Bernal (INEOS Grenadiers) riuscivano a rientrare agevolmente. Anche sull’ultima salita il ritmo non era sostenuto, tanto che Pellizzari era riuscito a guadagnare un minuto in un batter d’occhio.
Ai primi attacchi di Yates Del Toro aveva risposto prontamente, ma quando Carapaz è partito con una accelerazione violenta non c’è stata risposta dal messicano. Del resto Yates fa delle progressioni mentre il cambio di ritmo con strappo di Carapaz fa male. Man mano che si saliva, le difficoltà sono aumentate e Del Toro ha dovuto lasciare il passo anche a Yates ed ha concluso con un passivo di 1′51″ da Pellizzari, 1′36″ da Carapaz, 1′23″ da Gee e 54 secondi da Yates, per limitarsi ai più diretti avversari, ma anche Storer, Damiano Caruso (Bahrain – Victorious) e Bernal hanno preceduto Del Toro.
Da dimenticare, invece, la prestazione di Antonio Tiberi (Bahrain – Victorious) che – anche lui acciaccato dopo la caduta di Gorizia – ha pagato un passivo molto pesante sull’ultima salita perdendo oltre un minuto da Del Toro e ora è ottavo a 4′07″, con Pellizzari che è a soli 29 secondi dal laziale.
La tappa è iniziata sotto una pioggia battente che ha accompagnato i corridori per tutta la prima fase della giornata, per poi diradarsi sino a cessare del tutto.
Dopo un inizio concitato, con scatti e controscatti, il primo tentativo nasce per iniziativa di Joshua Tarling (Ineos Grenadiers) che, prima di esser costretto al ritiro per una caduta, porta via un drappello con Wout Van Aert (Team Visma | Lease A Bike), Darren Rafferty (EF Education – EasyPost), Lorenzo Germani (Groupama-FDJ), Jon Barrenetxea (Movistar), Xabier Mikel Azparren (Q36.5) e Josef Černý (Soudal Quick-Step).
I sei vengono successivamente raggiunti da un gruppetto formatosi per iniziativa di Pello Bilbao (Barhein Victorius) e composto anche da Simon Guglielmi (Arkea-B&B Hotels), Sylvain Moniquet (Cofidis), Dries De Bondt (Decathlon Ag2r La Mondiale Team), David Gaudu (Groupama-FDJ), Kim Heiduk (Ineos Grenadiers), Simone Petilli (Intermarché – Wanty), Jefferson Cepeda (Movistar), Gijs Leemreize (Team Picnic PostNL), Davide Bais, Mattia Bais, Mirco Maestri (Team Polti VisitMalta), Yannis Voisard (Tudor), Luca Covili (VF Group Bardiani CSF – Faizanè), Alessio Martinelli (VF Group Bardiani CSF – Faizanè), Lorenzo Fortunato (XDS Astana Team), Fausto Masnada (XDS Astana Team) e Christian Scaroni (XDS Astana Team).
Le vicende di questo folto gruppo saranno molto fluide sui vari GPM di giornata, mentre merita di essere segnalata la brutta caduta di Martinelli lungo la discesa di Carbonare, con il lombardo che verrà soccorso e portato in ospedale.
Si verifica una caduta anche nel gruppo maglia rosa, nella quale rimangono coinvolti Carapaz e Roglic, con lo sloveno che opta per il ritiro.
Lungo la salita di Candriai (prima parte del Monte Bondone da Trento) Ayuso rimane staccato dopo essersi fermato per un cambio di abiti e fa una gran fatica e rientrare, circostanza che – col senno di poi – rappresentava un campanello di allarme di quello che sarebbe successo lungo la successiva ascesa.
Salendo verso il Passo di Santa Barbara il gruppo di testa perde pezzi mentr dal gruppo maglia rosa, che pure si assottiglia sempre più, perde contatto proprio Ayuso quando mancano ancora oltre 40 chilometri al traguardo e si capisce che il passivo sarà pesantissimo. Vista la situazione, la squadra decide di abbandonare Ayuso al suo destino e lasciare tutti gli uomini con Del Toro.
Lungo le severe rampe del Santa Barbara provano ad allungare Storer, Florian Stork e Max Poole (Team Picnic PostNL), che saranno successivamente ripresi in discesa, mentre il gruppo maglia rosa è ormai ridotto a una quindicina di unità con tutti i big ramme Ayuso e Thymen Arensman (INEOS Grenadiers).
Il ritmo della Visma e della EF manda in difficoltà Bernal, che però riesce a rientrare quando in testa si porta la UAE, segno che Del Toro forse non è in grande giornata perché i suoi uomini tengono un ritmo più tranquillo. La mossa di per sé non sarebbe univocamente sintomatica di scarsa brillantezza da parte della maglia rosa, ma l’indizio si ricava dal diverso atteggiamento del capoclassifica, che sino a domenica era apparso piuttosto spavaldo ed esuberante.
Tra i battistrada Voisard attacca lungo la discesa, ma sulle rampe del San Valentino viene raggiunto e staccato da Fortunato, Scaroni e Cepeda.
Il terzetto dura poco perché Scaroni attacca e Cepeda non riesce a rispondere, così anche Fortunato lo saluta e va a riprendere il compagno di squadra. Nel finale Fortunato ne ha palesemente di più ma lascia la vittoria di tappa al compagno di squadra, avendo fatto man bassa di punti per la maglia azzurra su tutti i GPM oggi previsti.
L’Astana piazza così due uomini ai primi due posti e questa è anche la prima vittoria italiana al Giro 2025.
Nel gruppo della maglia rosa il primo ad attaccare è Pellizzari, che viene lasciato andare perché considerato non pericoloso in ottica classifica generale. Ma quando si muove Simon Yates Del Toro, con Carapaz a ruota, sembra riuscire a rispondere abbastanza bene. La prima legnata arriva proprio dal vincitore del Giro 2019 che, come suo costume, parte con uno scatto violentissimo al quale Del Toro non prova neppure a rispondere.
Carapaz vola e va a riprendere Pellizzari; dietro Del Toro si stacca anche da Yates e Storer, mentre su di lui rientrano altri uomini come Bernal e Caruso, che erano rimasti staccati.
Nel finale Pellizzari accelera e stacca Carapaz e Gee andando a completare un podio tutto italiano.
Del Toro ora ha un vantaggio di soli 26 secondi su Yates e 31 su Carapaz. Per lui sarà fondamentale capire se la crisi di oggi è stata una difficoltà passeggera o l’inizio di una condizione che comincia a calare. Il messicano ha speso molte energie sinora e, essendo ancora molto giovane, paga sicuramente la scarsa esperienza rispetto a senatori come Yates e Carapaz.
Nelle prossime tappe di montagna, a cominciare da quella di domani, la maglia rosa verrà certamente attaccata a testa bassa ma non solo da Carapaz e Yates, perché dietro ci sono corridori come Gee che non sono ancora tagliati fuori dai giochi per la classifica.
Infine una menzione per gli italiani che oggi si sono presi l’intero podio parziale. In classifica c’è uno splendido Caruso che, con i gradi di gregario, è quinto in generale a 38 anni davanti al suo capitano Tiberi, ottavo, mentre uno splendido Giulio è rientrato in top ten e promette battaglia sul suo terreno preferito.
Ci sono tutti gli ingredienti per un finale di Giro davvero emozionante.
Benedetto Ciccarone

Ad opera di Lorenzo Fortunato e Christian Scaroni arriva finalmente la prima vittoria italiana sulle strade del Giro 2025 (foto Tim de Waele/Getty Images)