BENNETT PERDE LA TESTA, ESULTA ACKERMANN. CARAPAZ SEMPRE IN ROJA

ottobre 29, 2020 by Redazione  
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Una tappa piatta, corta e con un esito in volata facilemente prevedibile. Eppure per decretare il vincitore della 9a tappa della Vuelta a Espana è stato necessario attendere 15 minuti dopo l’arrivo dei corridori. Alla fine a festeggiare è stato Pascal Ackermann (Bora-Hansgrohe) decretato vincitore di tappa dalla giuria dopo il declassamento di Sam Bennett (Deceuninck-Quick Step), punito a causa di un paio di testate rifilate a Emils Liepins (Trek-Segafredo). Alle spalle di Ackermann si sono piazzati il belga Gerben Thijssen (Lotto-Soudal) e l’altro tedesco Max Kanter (Team Sunweb). Resta immutata la classifica generale con l’Ecuadoriano Richard Carapaz (Ineos Grenadiers) sempre in maglia roja.

La 9a tappa era sulla carta una delle frazioni più semplici dell’edizione 2020 della corsa spagnola e rappresentava un’ideale giornata di trasferimento dopo un inizio di Vuelta decisamente impegnativo e che aveva concesso solo un’occasione alle ruote veloci.
La tappa prevedeva la partenza dalla base militare Cid Campedor e l’arrivo dopo appena 157.7 km ad Aguilar del Campo al termine di un percorso totalmente pianeggiante.

Subito dopo il via si è avvantaggiata una coppia formata dal colombiano Juan Felipe Osorio (Burgos-BH) e dal basco Aritz Bagues (Caja Rural-Seguros RGA). I due attaccanti hanno rapidamente guadagnato margine sul gruppo, superando abbondantemente i 3’ già dopo appena 10 km e arrivando ad un massimo di 5’05” al km 25.
La corsa è proseguita senza particolari sussulti, ad eccezione di un paio di cadute. La prima, avvenuta intorno al km 55, ha visto protagonista un altro corridore della Caja Rural, ovvero Hector Saez. Lo spagnolo è finito a terra in modo piuttosto violento ma è comunque riuscito a ripartire dopo aver sostituito il casco, letteralmente distrutto dall’impatto con l’asfalto. La seconda caduta, avvenuta una decina di km più avanti, ha invece coinvolto il fracese Dorian Godon (Ag2r La Mondiale), stavolta con conseguenze meno vistose.
Il destino dei fuggitivi era ovviamente già scritto visto il percorso piatto e la voglia dei velocisti di giocarsi una delle poche chance a loro disposizione. Il vantaggio dei battistrada, già sceso a 2’45” a 50 km all’arrivo, è quindi lentamente calato arrivando a poco meno di 50” al primo passaggio sulla linea del traguardo (ai -35).
Il rincongiumento si è consumato qualche km dopo (a 22 km dal traguardo) principalmente grazie al lavoro svolto dagli uomini della Bora-Hansgrohe di Pascal Ackermann.
Ai -13 la corsa è stata movimentata dalla foratura occorsa al leader della Jumbo-Visma, Primoz Roglic. Lo sloveno ha approfittato del ritmo blando per rientrare rapidamente nel gruppo.

L’andatura è aumentata soltanto negli ultimi 5 km, quando in testa al gruppo sono apparsi nuovamente i corridori della Bora-Hansgrohe di Pascal Ackermann e gli uomini della Lotto-Soudal, quest’ultimi impegnati a lavorare per il giovane Gerben Thijssen. Gli uomini della formazione tedesca sono riusciti a prendere in testa l’ultimo km e a lanciare Ackermann, partito poco dopo il cartello dei 200 metri all’arrivo. Il tedesco è stato affiancato e poi superato dall’ex-compagno Sam Bennett (Deceuninck-Quick Step) che ha tagliato il traguardo a braccia alzate proprio davanti al corridore della Bora.
La festa per il Campione Irlandese è però durata poco perchè, prima ancora che avesse inizio la cerimonia di premiazione, la giuria ha comunicato il suo declassamento all’ultimo posto del gruppo a causa di due testate inflitte al lettone Emils Liepins (Trek-Segafredo) nel corso dell’ultimo km.
La vittoria è quindi andata a Pascal Ackermann, davanti ai giovani Gerben Thijssen (Lotto-Soudal) e Max Kanter (Team Sunweb). Alle loro spalle Jasper Philipsen (UAE-Team Emirates) e Jakub Mareczko (CCC Team) ancora una volta partito dalle retrovie e autore di una discreta rimonta. Completano la top ten di giornata Alexis Renard (Israel Start-Up Nation), Jon Aberasturi (Caja Rural-Seguros RGA), Lorrenzo Manzin (Total Direct Energie), Robert Stannard (Mitchelton-Scott) e Reinardt Janse Van Rensburg (NTT Pro Cycling).

Resta invariata la classifica generale che vede sempre in testa Richard Carapaz (Ineos Grenadiers) con appena 13” di vantaggio su Primoz Roglic, 28” su Daniel Martin (Israel Start-Up Nation) e 44” sul sorprendente Hugh Carthy (EF Pro Cycling).
Domani è in programma la 10a tappa, da Castro Urdiales a Suances per un totale di 185 km. La frazione dovrebbe nuovamente sorridere agli sprinter nonostante un ultimo km che presenterà delle pendenze del 4%.
La principale insidia a cui dovranno prestare attenzione gli uomini di classifica sarà il vento visto che la tappa si dipanerà quasi per intero lungo le coste della Cantabria.

Pierpaolo Gnisci

La volata che ha posto termine alla nona tappa della Vuelta (Getty Images Sport)

La volata che ha posto termine alla nona tappa della Vuelta (Getty Images Sport)

ROGLIČ RUGGISCE SULL’ALTO DE MONCALVILLO. CARAPAZ CONSERVA LA MAGLIA ROSSA

ottobre 28, 2020 by Redazione  
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Sull’Alto de Moncalvillo una lotta serrata tra i big di classifica consegna la vittoria ad un coriaceo Primož Roglič (Team Jumbo Visma) che si rifà dopo aver perso la maglia rossa a Formigal. Rochard Carapaz (Team INEOS Grenadiers) è secondo e conserva la maglia rossa per soli 13 secondi rispetto allo sloveno

Alla Vuelta è arrivato il momento di una delle tappe più attese delle seconda settimana. Sono 164 i km che i ciclisti dovranno percorrere da Logrono all’Alto de Moncalvillo. Il Puerto de la Rasa farà da antipasto alla salita finale, quasi 10 km con pendenza media dell’8.5%. In particolare il tratto centrale, tra il quarto e l’ottavo km, ha pendenze costantemente superiori al 10%. Molte attese ricadono sul duello tra l’attuale maglia rossa Richard Carapaz (Team INEOS Grenadiers) e Primož Roglič (Team Jumbo Visma), separati per adesso da 30 secondi in classifica generale. Ma anche Hugh Carthy (Team EF Education First) e Daniel Martin (Team Israel StartUp Nation), rispettivamente secondo e terzo della generale, sono chiamati a dire la loro in una Vuelta finora ancora incerta. Da Logrono non partiva Tom Dumoulin (Team Jumbo Visma) che così poneva anticipatamente fine ad una stagione che lo ha visto protagonista come gregario. Dopo una ventina di km dalla partenza si formava un primo tentativo di fuga che comprendeva Robert Stannard (Team Mitchelton-Scott), Stan Dewulf e Tosh van der Sande (Team Lotto Soudal), Benjamin Dyball (Team NTT Pro Cycling) ed Angel Madrazo (Team Burgos-BH), Rui Costa, Jasper Philipsen (UAE Team Emirates) e Rémi Cavagna (Team Deceuninck-Quick Step). Dopo pochi km Philipsen e Van Der Sande venivano ripresi dal gruppo ma contemporaneamente alla fuga si univa Julien Simon (Team Total Direct Energie). Il gruppo inizialmente lasciava fare e nei successivi 30 km la fuga accumulava un vantaggio superiore ai 5 minuti. Nell’avvicinamento al Puerto de la Rasa, primo GPM in programma, il gruppo maglia rossa recuperava qualcosa. All’inizio della salita il vantaggio della fuga era sceso a 4 minuti. Cavagna transitava in prima posizione sul GPM del Puerto de la Rasa. Nel tratto di avvicinamento verso l’Alto de Moncalvillo era il Team Movistar a imprimere l’accelerazione decisiva che annullava la fuga, da cui il primo a staccarsi era stato Madrazo. Il gruppo riprendeva Dewulf e Dyball, gli ultimi due componenti della fuga, sulle prime rampe dell’Alto de Moncalvillo. Era sempre la Movistar ad imporre un ritmo elevato. Valverde era il primo a scattare ed a sfaldare il gruppo maglia rossa. Il colpo decisivo lo dava però Michael Woods (Team EF Education First) che lavorava per Hugh Carthy. Proprio quest’ultimo partiva a 3 km e mezzo dall’arrivo. Alla sua ruota si piazzava Sepp Kuss (Team Jumbo Visma). Ai meno 3 partiva Richard Carapaz. Si formava un gruppetto in testa con Carapaz, Roglic, Carthy, Daniel Martin (Team Israel StartUp Nation) ed Aleksandr Vlasov (Team Astana). Il russo scattava a poco più di un km dall’arrivo e questa volta era Roglič a riprenderlo immediatamente. Lo sloveno continuava nell’azione ed andava ad imporsi a braccia alzate sul traguardo. Secondo era Carapaz a 13 secondi mentre al terzo posto si classificava Martin a 19 secondi. Roglič si rifà così dopo il passo falso di Formigal che gli aveva fatto perdere la maglia rossa per colpa di una mantellina galeotta, per così dire. In classifica generale Carapaz ha ora solo 13 secondi di vantaggio sullo sloveno, mentre Martin è terzo a 28 secondi di ritardo. Domani con la nona tappa da Castrillo del Var ad Aguilar del Campoo i velocisti tornano di scena visto che non esistono insidie altimetriche lungo il percorso. Sam Bennett (Team Deceuninck Quick Step) va per il bis mentre i big di classifica possono trascorrere un giorno di relativo riposo.

Giuseppe Scarfone

La vittoria di Roglič sull'Alto de Moncalvillo (foto Getty Images Sport)

La vittoria di Roglič sull'Alto de Moncalvillo (foto Getty Images Sport)

A VALDEGOVIA WOODS CORONA LA FUGA DI GIORNATA. CARAPAZ RESTA IN MAGLIA ROSSA

ottobre 27, 2020 by Redazione  
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A Villanueva de Valdegovia è ancora la fuga a dire la sua. Michael Woods (Team EF Education First) prima scatta sulla salita finale, poi si fa riprendere dal primo gruppo inseguitore formato da quattro ciclisti e infine sferra l’attacco vincente a poco più di 1 km dall’arrivo. Richard Carapaz (Team INEOS Grenadiers) resta in maglia rossa.

Dopo il primo giorno di riposo la Vuelta 2020 riparte da Vitoria Gasteiz con la settima tappa dal percorso non durissimo ma comunque intrigante. La doppia scalata del Puerto de Orduña, posto al km 67.3 ed al km 140.9, può nel primo caso dare il la per la fuga di giornata ma nel secondo caso offrire agli uomini di classifica l’opportunità per interessanti attacchi, visto che dopo il secondo scollinamento mancheranno 20 km all’arrivo, la maggior parte dei quali in discesa. Ecco quindi che la probabile fuga riuscirà ad arrivare all’arrivo soltanto se nel finale avrà un vantaggio sufficiente ad evitare il ritorno del gruppo maglia rossa. Dopo il mezzo flop dell’altro ieri che gli ha fatto perdere la leadership in classifica generale, pare per colpa di problemi ad indossare una mantellina, vedremo se e come Primož Roglič (Team Jumbo Visma) saprà rimettersi in carreggiata, anche se l’arrivo all’Alto de Moncalvillo di mercoledì sembra più adatto ad attacchi più ragionati. In tutto ciò Richard Carapaz (Team INEOS Grenadiers), attuale maglia rossa, è diventato un serio pretendente alla vittoria finale e vedremo in che modo riuscirà a difendersi dagli attacchi. Come previsto, dopo la partenza da Vitoria erano molti i tentativi per portare via la fuga giusta. Tra i primi attacchi degni di nota vi era quello portato da Remy Cavagna (Team Deceuninck Quick Step), Juan Pedro Lopez (Team Trek-Segafredo), Tosh Van der Sande (Team Lotto Soudal), Jonathan Hivert (Team Total Direct Energie) ed Hector Saez (Team Caja Rural-Seguros RGA) intorno al km 20. Ma il gruppo reagiva e riprendeva i fuggitivi. Le cose si facevano un po’ più interessanti sulla prima ascesa verso il Puerto de Orduña, quando tra gli attaccanti si segnalava la presenza di Alejandro Valverde (Team Movistar). Una mossa insolita da parte del campione spagnolo, che a 3 minuti di ritardo in classifica generale dalla maglia rossa Richard Carapaz Team INEOS Grenadiers), provava a movimentare la corsa. Valverde portava con sé una quindicina di ciclisti che però venivano tenuti sotto controllo dal gruppo. Era naturalmente l’INEOS a condurre l’inseguimento. Era Sepp Kuss (Team Jumbo Visma) a transitare per primo sula GPM. Un nuovo gruppo di contrattaccanti, tra cui Tim Wellens (Team Lotto Soudal), riusciva a raggiungere il gruppo Valverde in testa alla corsa nel successivo tratto pianeggiante prima della seconda salita in programma. In testa alla corsa così si segnalava un maxi gruppo di 36 ciclisti. Oltre al già citato Valverde, i più pericolosi per Carapaz erano George Bennett (Team Jumbo Visma) e Mikel Nieve (Team Mitchelton Scott), ripettivamente a 3 minuti e 22 secondi di ritardo e 4 minuti e 11 secondi di ritardo dall’ecuadorano. Dorian Godon (Team AG2R La Mondiale) si aggiudicava il traguardo intermedio di Izarra posto al km 117,3). Lo stesso francese era il più attivo e iniziava in testa la seconda ascesa del Puerto de Orduña con una ventina di secondi vantaggio sui diretti inseguitori. Il francese veniva ripreso dal primo gruppo inseguitore a 25 km dall’arrivo. Il gruppo maglia rossa aveva 1 minuto e 10 secondi di ritardo sulla testa della corsa. Era Michael Woods (Team EF Education First) a rompere gli indugi ed a scattare tutto solo a circa 3 km dallo scollinamento. Il canadese scollinava per primo con 10 secondi di vantaggi sul primo gruppo inseguitore composto da Valverde, Nans Peters (Team AG2R), Omar Fraile (Team Astana) e Guillaume Martin (Team Cofidis). Quest’ultimo era il nuovo leader virtuale della classifica GPM. Woods veniva raggiunto dai quattro al suo inseguimento a 17 km dall’arrivo. A 10 km dall’arrivo il quintetto in testa aveva una ventina di secondi di vantaggio sul primo gruppo inseguitore e 1 minuto e 30 secondi di vantaggio sul gruppo maglia rossa. La vittoria di tappa era ormai una questione fra questi cinque uomini. A 1 km e 200 metri dall’arrivo Woods sferrava l’attacco decisivo. Nessuno era in grado di raggiungerlo e così il canadese trionfava a braccia alzate sulla linea d’arrivo. A 4 secondi di ritardo Fraile si piazzava in seconda posizione mentre Valverde era terzo. Il gruppo maglia rossa arrivava al traguardo con un ritardo di 56 secondi. Woods ottiene la seconda vittoria stagionale dopo l’affermazione nella terza tappa della Tirreno Adriatico. In classifica generale Carapaz resta in maglia rossa con 18 secondi di vantaggio su Hugh Carthy (Team EF Education First) e 20 secondi di vantaggio du Daniel Martin (Team Israel StartUp Nation). Domani come accennato è in programma l’ottava tappa da Logrono all’Alto de Moncalvillo per un totale di 164 km. Il Puerto de la Rasa di seconda categoria, posto a metà percorso, farà da antipasto al ben più arcigno Alto de Moncalvillo, un hors categorie lungo quasi 10 km con il tratto centrale che ha una pendenza costantemente in doppia cifra.

Giuseppe Scarfone

La vittoria di Woods a Villanueva de Valdegovia (foto Getty Images Sport)

La vittoria di Woods a Villanueva de Valdegovia (foto Getty Images Sport)

UN GIRO GRANDE, AL DI LÀ DI TUTTO: ENORME GANNA E BENTORNATO TAO

ottobre 26, 2020 by Redazione  
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La vera vittoria è arrivare a Milano. Il luogo comune diventa verità di fatto in un Giro strano, in cui la grandezza di un percorso straordinario porta per mano fino al gran finale interpreti in qualche modo incompiuti, almeno finora.

Il Giro è cominciato con una certezza: Filippo Ganna vince. E con una certezza è finito: vince Ganna Filippo. Il team Ineos, una volta mutilato dopo meno di tre tappe del suo blasonato capitano, il già vincitore del Tour 2018 Geraint Thomas, si scatena in un liberi tutti selvaggio che fa razzia di un terzo delle tappe totali, ben sette, per poi conquistare quasi a sorpresa (ma non troppo) anche la classifica generale dopo una sequela di opportunismi tattici ed esibizioni atletiche. Però la parte del leone la fa, letteralmente, il campione del mondo contro il tempo, perché quattro di quelle sette tappe le timbra lui, distruggendo la concorrenza in ogni singola cronometro disponibile, ma togliendosi pure lo sfizio di una lussuosa vittoria in linea a base di determinazione e dedizione, con una fuga fiume nel folto delle foreste silane. Oggi nel suo terreno privilegiato Ganna è stato semplicemente gigantesco: 2” al km rifilati al secondo classificato – l’attuale detentore del record dell’ora Campenaerts – in una 21ª tappa in cui, presuntamente, si appiattiscono le differenze. Clamoroso era stato anche il quasi 1” per km inflitto sui colli del Prosecco al secondo di giornata, vale a dire il suo predecessore nelle due precedenti edizioni dei mondiali a crono, Rohan Dennis, in questo caso su una prova di tre quarti d’ora nonché comprensiva di strappi e salitelle, cioè un terreno tecnico e ascendente rispetto al quale Dennis avrebbe dimostrato nelle tappe a seguire di essere, semplicemente, il più forte fra i quasi duecento atleti in gara.
È stato un vero piacere vedere Ganna sì disponibile ad assolvere i doveri di squadra ma al contempo, specie nell’interim precedente all’identificazione di Tao come nuovo capitano, libero di inventare con la fuga calabra o di spremersi a fondo contro le lancette, senza la zavorra nelle gambe di tutte quelle ore a far da mulo in testa al gruppo. C’è da sperare, dicendolo assai sottovoce, che questo andazzo continui e risparmi al buon Ganna le involuzioni patite da altri fenomeni di classe immensa ridotti a modesti vagoncini, come Boasson Hagen o Kwiatkowski e magari buon ultimo anche il nostro Moscon (al di là di quel che ci possa aver messo di suo).
Insomma, il team Ineos vince in un rovescio taoista, da yin e yang, della propria incarnazione pregressa in quanto team Sky. Invece che vestire di gran carriera la maglia per poi assopire la corsa blindandola in processioni interminabili, qui il vincitore finale non indossa la maglia rosa nemmeno per un giorno! E la vittoria in classifica generale, pur autenticamente di squadra perché servita su un piatto d’argento da un compagno, il fenomenale Dennis, arriva in un contesto nel quale gli squadroni ad alto rendimento collettivo sono parsi altri, almeno da un punto di vista squisitamente visuale: la Quickstep anzitutto, ma naturalmente anche la Sunweb (altro discorso è la gestione strategica del potenziale atletico) e perfino il team Bahrain. Poi va detto che, numeri alla mano, la classifica per squadre l’han vinta pure quella gli Ineos con una discreta mezzora proprio sulle altre tre formazioni testé citate. Ma la sensazione, ed è tutt’altro che scontato quando si parla del team inglese, è che tale eccellenza sia stata raggiunta con un’effettiva profusione di classe a tutto tondo, più che con picchi prestazionali inattesi rispetto al profilo degli atleti: resta negli occhi anche la bella prova di Narváez nella massacrante Nove Colli sotto la pioggia battente.
Più in generale, in questo Giro è stata la corsa a stimolare o certificare la grandezza dello spettacolo, più che l’iniziativa atletica dei campioni, e ancor più quando si guarda la classifica. Un vero gioiello il trionfo di Sagan nella tappa dei muri abruzzesi, fra l’altro impreziosito dalla prestazione parallela dello stesso Ganna nella fuga decisiva: il Sagan velocista o scattista appare appannato, annichilito da Ulissi sugli strappi duri ma perfino da Démare (è davvero l’Italia a far grande il transalpino) su pendenze più morbide come quelle di Matera, oltreché in volate pure. Ma grazie a un percorso splendido, e alle bizze complici di un meteo capriccioso, la qualità del purosangue ha lasciato il segno con una giornata di ciclismo indimenticabile.
È nella natura delle cose che non tutte le tappe vengano corse al fulmicotone, anche se magari per la legge del lustro qualcuno se lo sarebbe aspettato, a fare trittico col 2010 e il 2015. Tuttavia anche le tappe trappola un po’ sprecate, placidamente in pasto alla fuga, sono funzionali alla distribuzione collettiva delle risorse in termini di sponsor da soddisfare, e nella lotta fra i fuggitivi offrono spesso guizzi di grande intensità, anche se magari maggiormente apprezzabile in chiave tecnica più che da un pubblico generale avido solo di grandi nomi. Se Roccaraso, Vieste, Cesenatico o San Daniele del Friuli si sono avviate a quel copione, con in lizza presunti comprimari, Camigliatello, Tortoteto o Monselice hanno invece espresso notevoli vertici di qualità.
È il Giro nel suo complesso ad aver vinto, in questo 2020: aver potuto scalare lo Stelvio dal lato più nobile è un trionfo in sé, e lo Stelvio ha ripagato con immagini di corsa epiche, ben al di sopra della caratura, in senso stretto, di chi lo stava percorrendo. La beffa del veto francese al transito che ha sfigurato il più bel tracciato di tappa visto da molti anni in qua (Agnello e Izoard protagonisti) si è vista aggravata da uno dei problemi cronici della gestione Vegni, l’assenza di validi piani B: ma il Giro ha trionfato lo stesso, scatenando sul circuito vagamente scialpinistico del Sestriere una bagarre memorabile, addirittura conclusasi nel modo più inedito, con due ciclisti che sbarcano all’ultima tappa con il medesimo tempo.
In questo senso, ben si comprende come il virus covid – gestito con efficacia sostanzialmente pari a quella del Tour, nonostante condizioni sanitarie peggiori – non fosse nemmeno il nemico più minaccioso in sé, il che è tutto dire: i pericoli più tremendi per il Giro venivano da altre viralità, ben più incontrollabili, quelle delle reti sociali e delle buone vecchie dinamiche sociali senza rete. Il controsenso della burocrazia francese che nega il passaggio a una “bolla” quotidianamente controllata e il cui tasso di infettività era assai inferiore a quello delle zone che avrebbe solcato è solo un esempio.
Ma che dire di quei temerari comunicati per iscritto rivolti all’UCI che, da oltreoceano, ventilavano pretestuosamente o comunque senza fondamento alcuno la necessità di ridurre il Giro a due settimane, “essendone ormai compromessa la tenuta sanitaria”? Senza che l’ineffabile team manager Vaughters che li vergava ne avesse discusso con il suo personale sul campo ovviamente. E senza che, a posteriori, siano mai arrivate scuse per affermazioni che i fatti successivi spingerebbero quasi a qualificare come proditorie. Farsi pubblicità o perseguire la propria agenda interna non dovrebbere essere lecito a qualsiasi costo, tirando in ballo a sproposito questioni davvero delicate come la salute delle persone. Tanto più se poi, lanciandosi in scia, figure di spicco nel gruppo si lasciano trascinare allo sproloquio social assecondando voci incontrollate o fake news. Il Giro, per fortuna, è abbastanza sano e solido da reggere a questo tipo di comportamenti tossici.
Un mix di tradizione e modernità anche per il classico pasticcio pseudosindacale dei corridori, stavolta condito in salsa Telegram, fino a imporre a forza la decurtazione della terzultima tappa. Una maratona quasi da Sanremo con finale leggermente insidioso fra i colli astigiani è stata tradotta in giorno di riposo causa pioggia e fresco. Con le solite cattive abitudini delle coalizioni di ciclisti: si vota, ma c’è chi non può votare e non conta; si sa tutto da mesi ma si decide sulla linea del via; le ragioni addotte puzzano di favoritismi a certi atleti o squadre. Dei grandi classici, suvvia: almeno, in questo caso, sarà servito “omeopaticamente” a suscitare la veemente reazione di un pubblico che, di contro alle mode, pare aver maturato la consapevolezza del valore aggiunto che per il ciclismo rappresentano le lunghe distanze, nei GT anche in funzione dell’interrelazione degli sforzi al di là della tappa in sé. Anni e anni di riflessione fra gli appassionati paiono aver in qualche modo distillato alcune chiavi su cui scommettere per il futuro della disciplina: speriamo che queste consapevolezze relative alla natura dei tracciati prendano poco a poco piede, e non soccombano a impulsi videoludici da cicloergometro che rispondono ad altri interessi.
Chiudiamo con un paio di considerazioni finali sui quattro massimi protagonisti della lotta per la rosa (non ce ne voglia Kelderman che era stato così propositivo sull’Etna – e poi mai più).
Per cominciare, questo Giro l’ha vinto chiaramente Rohan Dennis. Non nel senso che Dennis sia una sorta di “vincitore morale”: in classifica è 35esimo a un paio d’ore di distacco, che sicuramente l’hanno aiutato a brillare quando era in testa alla gara. Ne si può dire che Dennis sia stato l’atleta più travolgente visto in corsa: come valori atletici assoluti Ganna ha segnato picchi più eclatanti, e come sensazioni in gara ha impressionato molto Almeida. Però Dennis “ha vinto il Giro” nel senso che ha fatto ciò che era necessario per vincerlo, eseguendo quella che probabilmente era l’unica combinazione di azioni che potesse mettere al compagno Tao in condizioni di trionfare. Ed eseguendola oltre la perfezione. La scalata di Piancavallo, spianata dai vari gregari Sunweb e culminata da Hindley, ha segnato forse picchi numerici superiori, ma lo Stelvio di Dennis è stato il corrispettivo di un record dell’ora (l’australiano ne è stato detentore). In salita. Il vero capolavoro, tuttavia, è stato il falsopiano precedente alla salita dei Laghi di Cancano, dove Dennis ha demolito Kelderman, fin lì ancora vincitore finale in pectore. Parimenti, Dennis ha sgretolato il gruppo dei migliori verso il Sestriere: ma il suo nuovo capolavoro tattico è stato continuare a rientrare, insistente come un incubo ricorrente, sulla coppia dei due contendenti rimasti al comando, Hindley e Tao, ogniqualvolta il ritmo scemava dopo la salva di scatti del giovane scalatore australiano. Prestazioni maiuscole da parte di un atleta dal talento innegabile, dal carattere quasi impossibile, nato in quel magico anno 1990 che però sta mettendo davanti a una crisi d’identità quasi tutti i suoi figli ciclistici: e lo stesso Dennis, prima e dopo il tormentoso cambio di team autunnale del 2019, stava accumulando più secondi posti, controprestazioni e plateaux evolutivi che altro. Non sappiamo se questo Giro sarà una svolta o l’ennesima impennata di un cavallo pazzo: quel che sappiamo di sicuro è che l’alta montagna ha regalato il terreno per esibizioni che resteranno indimenticabili.
È emblematico delle dinamiche di questo Giro che, in alta classifica, si vinca per meriti altrui, e non solo parlando della maglia rosa finale giunta per cortesia di Dennis: quando un ciclista della GC vince una tappa o avanza verso il primato, salta fuori che ha passato le fasi calde della tappa sempre a ruota. La prima tappa vinta da Tao? Sempre in scia della coppia Sunweb sul Piancavallo fino al più puro sprint da succhiaruote. E la seconda? Dietro a Dennis, o reagendo agli assalti di Hindley. Hindley che a propria volta va in maglia perché Dennis ha smontato Kelderman, e che due giorni prima aveva vinto la tappa dei Laghi di Cancano stando sempre a ruota, replicando fin nei minimi dettagli, ma a squadre invertite, il copione di Piancavallo. Proprio nella tappa dello Stelvio a vestirsi di rosa era stato Kelderman, ma pur col merito proprio di un finale in solitario, va detto che lo sforzo di infliggere il colpo del KO ad Almeida l’aveva realizzato Dennis.
Una girandola che ci parla di corridori in qualche modo incerti: i più completi a livello fisico non c’è dubbio che siano stati i primi due della GC finale. Ma a livello di iniziativa hanno espresso poco, com’è forse normale per chi ha passato i primi anni da professionista, pur con le stigmate del talento e della precocità, a navigare fra esperimenti di classifica poco riusciti o compiti di gregariato. Tanto Hindley quanto Geoghegan Hart cominciano questo Giro da gregari puri, senza ambiguità di ruolo alcuna, non dimentichiamolo. Ma non dimentichiamo nemmeno che nel 2016 seguivano dappresso Egan Bernal, quarto quell’anno nella classifica del Tour de l’Avenir, e si portavano a casa, una ciascuno, due gare cruciali del panorama giovanile italiano. Tao conquistava anche la tappa regina del Giro della Savoia davanti a un Enric Mas coetaneo (ora già capitano per la generale da alcuni anni, eppure il primo a vincere un GT è Tao). Altri nomi in quelle classifiche? Più su c’è Gaudu, che cresce bene ma con calma, e più sotto Guerreiro, O’Connor e Narváez, vincitori di tappa in questo Giro, il nostro Fabbro, poi talenti sbocciati definitivamente in questo Tour 2020 come Kamna, Peters, Dani Martínez, altri ancora vincitori di brevi corse a tappe come Sivakov o Schachmann; assieme a storie incredibili come quella di Adrien Costa o tragiche come quella di Bjorg Lambrecht. Insomma: il percorso dai 20 ai 25 anni nel ciclismo, specie se si passa presto pro, è incredibilmente imprevedibile e non sempre correlato con quanto si è intravisto prima o si vedrà dopo. Su Jai e Tao stava prendendo forma il dubbio che le strutture in cui stavano crescendo potessero farli crescere protetti o, viceversa, fagocitarli. Che cosa stia effettivamente accadendo, in realtà, lo scopriremo solo in stagioni venture: entrambi sono apparsi abbastanza al limite da non far gridare al miracolo, ma al contempo entrambi emergono in vetta legittimati da un percorso completo come pochi e di durezza degna delle migliori ere dello sport.
Chi ha impressionato davvero, e forse ancor più nella sconfitta, è il portoghese Almeida. Ancor più giovane dei rivali (fra i più giovani in assoluto, con un alto personaggio da seguire, McNulty) e dunque con un futuro ancor più misterioso, ha goduto fin da subito del supporto di uno squadrone (seppur col gregario più recalcitrante: Masnada sullo Stelvio!). Potente a cronometro, sulle salite più dure ha patito, ma ha anche sfoderato una grinta fenomenale, come già aveva fatto artigliando ogni scampolo di secondo residuo sprintando a destra e a manca. Se non si sperpera per eccesso di voglia e se non si brucia per eccesso di tenacia, questo Giro gli ha regalato un gran battesimo del fuoco.
Fra le note di cronaca, il tramonto più o meno sereno di Nibali e Fuglsang, certificato oggi da una prova a cronometro lontana dai tempi migliori, e il guizzo d’orgoglio dell’altro veterano Pozzovivo, cui una gran crono non basta ad artigliare una top ten che sarebbe stata giusto premio al recupero dal tremendo scontro con un’auto della scorsa stagione. Kelderman (n. 1991), battuto oggi da Almeida e avvicinato moltissimo da Tao, conferma con una prova discreta ma opaca i suoi limiti nella terza settimana, non solo in salita, e corrobora la sensazione di un talento che ne fa un ottimo comprimario ma nulla più, complici le relativamente frequenti cadute con fratture negli ultimi tre anni. Pello Bilbao (n. 1990) si fa apprezzare decisamente di più per atteggiamento, ma chiude affaticato con anche l’intero Tour sulla groppa: la crono non è il suo forte e Almeida se lo mangia, però anche per il basco possiamo dire che una top 5 sia la sua dimensione di onorevolissimo contendente. Decisamente più anonimi i due austriaci Konrad (n. 1989) e Pernsteiner (n. 1990): pure loro consolidano la loro dimensione di contorno. In questo senso chiudiamo con un atleta più giovane, l’unico ad essere effettivamente sulla soglia della maturità atletica, con i suoi 27 anni in arrivo fra un paio di settimane, circondato altrimenti in top 20 della generale o da atleti precocissimi di 25 anni o meno, oppure da figure fra la tarda maturità e lo sfiorito, dai 29 in su diciamo. Parliamo del bergamasco Fausto Masnada: bell’esperimento, questo di fare classifica in un GT, e inevitabilmente condizionato dalla presenza di Almeida nel team; ma tutto sommato ne rimpiangiamo molto di più la dimensione arrembante di attaccante col coltello fra i denti, forse foriera anche per lui di maggiori soddisfazioni.

Gabriele Bugada

È Tao Geoghegan Hart il vincitore delledizione 2020 del Giro dItalia (foto Bettini)

È Tao Geoghegan Hart il vincitore dell'edizione 2020 del Giro d'Italia (foto Bettini)

LA PRIMA VOLTA DI ION IZAGIRRE ALLA VUELTA HA UN SAPORE DI IMPRESA

ottobre 26, 2020 by Redazione  
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Sulla salita del Formigal Gorka Izagirre (Astana) dopo una fuga ed un grande attacco piazzato nei chilometri conclusivi della salita va a conquistare la sua prima vittoria alla Vuelta. Dietro i big approfittano di una giornata da dimenticare per Primož Roglič (Team Jumbo-Visma) che cede la maglia roja a Richard Carapaz (Ineos).

Dopo il disegno della nuova tappa della Vuelta resosi necessario per via delle misure restrittive anticovid in Francia, tolti Aubisque ed arrivo in cima al Tourmalet, gli organizzatori hanno riproposto il profilo della tappa che vide, nel 2016, l’attacco di Alberto Contador e Nairo Quintana a Chris Froome ovvero il tracciato con l’Alto de Petralba, l’Alto de Cotefablo e la conclusione in salita ad Aramón Formigal. Anche quest’oggi partenza ad altissima velocità segno che qualcosa stava già animando in gruppo la voglia di portare qualche attacco ed infatti il primo tentativo di fuga di giornata è stato favorito da Remi Cavagna (Deceuninck-Quickstep), Magnus Cort Nielsen (EF Pro Cycling) e Remy Mertz (Lotto Soudal). Per loro solo pochi secondi di vantaggio tenuti sotto controllo dalla Jumbo-Visma della maglia roja Primož Roglič. Soltanto al chilometro 20 di corsa la fuga buona prende il via, vanno in avanscoperta in 23: Mattia Cattaneo e Rémi Cavagna (Deceuninck-quick Step), Julen Amezqueta (Caja Rural-Seguros RGA) e Oscar Cabedo (Burgos-BH), Rui Costa, Sergio Henao, Alexandr Riabushenko (UAE Team Emirates), Robert Power, Michael Storer, Jasha Sütterlin (Sunweb), Ion Izagirre, Gorka Izagirre (Astana), Dylan van Baarle (Ineos Grenadiers), Magnus Cort Nielsen, Michael Woods (EF Pro Cycling), Quentin Jauregui (AG2r La Mondiale), Victor Lafay, Guillaume Martin, Pierre Luc Perichon (Cofidis), Michael Valgren (NTT Pro Cycling), Jorge Arcas, Carlos Verona (Movistar), Jonathan Hivert (Total direct Energie). Il vantaggio massimo di 4’ a 50Km dalla conclusione con Gorka Izagirre quello messo meglio in classifica generale a 3’37” dal leader Roglič. Sull’Alto de Cotefablo la Jumbo-Visma ha iniziato ad accelerare leggermente ii ritmo provocando una selezione da dietro, discorso invece è accaduto in discesa grazie alla Movistar che ha spezzettato in più tronconi il gruppo principale. Un problema meccanico ha costretto Roglič a mettere piede a terra, riuscendo però a rientrare a circa 23Km dall’arrivo. Tanto nervosismo nella squadra della Jumbo-Visma, che in questa fase della corsa, anche a causa della pioggia, non è apparsa compatta attorno al proprio capitano. Davanti, intanto, sempre in discesa uno scatenato Gorka Izagirre ha allungato da solo restando da solo al comando ed iniziando l’attacco della salita di Aramón Formigal con 20” di vantaggio su ciò che rimaneva della fuga iniziale. Dissoltasi la Jumbo-Visma, dietro è stata la Movistar a condurre l’inseguimento conclusosi quando mancavano 6,5Km al traguardo. Nel tratto più duro della salita agli ultimi 3,5Km metri è stato Ion Izagirre a piazzare lo scatto vincente dopo il grande lavoro fatto del fratello Gorka che gli aveva permesso di restare al coperto nell’immediato gruppetto inseguitore. Grn bella vittoria del basco, la prima del 2020, e la prima alla Vuelta in carriera. Al secondo posto con un ritardo di 25″ è arrivata la coppia con Michael Woods e Rui Costa, poi a 27″ Rob Power, Michael Valgren e Guillaume Martin. Dietro, tra il big, si sono succeduti prima gli attacchi di David de la Cruz, David Gaudu e Marc Soler, poi quelli di Hugh Carthy e soprattutto Richard Carapaz. Apparso in difficoltà, Roglič non è riuscito a chiudere trovandosi staccato, nel finale, anche da Daniel Martin. Nel finale un sontuoso Hugh Carthy si è tolto di ruota anche Richard Carapaz andando a chiudere la tappa in ottava posizione a 48″ da Izagirre. Lo scalatore della EF Pro Cycling ha così dato 7″ a Carapaz e Soler, 26″ a Poels, 33″ a Grossschartner, 35″ a De La Cruz e Daniel Martin e ben 50″ alla maglia rossa Roglič che quest’oggi è apparso molto vulnerabile; ancor peggio è andato Enric Mas che cede ulteriori 5″ nei confronti di Roglič in una classifica generale completamente rivoluzionata rispetto a ieri. Il nuovo leader è infatti proprio l’ecuadoriano Richard Carapaz che ha adesso 18″ di vantaggio su Hugh Carthy, 20″ su Daniel Martin, 30″ su Roglič e 1’07” su Enric Mas. Domani primo giorno di riposo con la corsa che ripartirà martedì da Vitoria per arrivare a Villanueva de Valdegovía con il Puerto de Orduña che offrirà ancora battaglia tra i pretendenti alla vittoria finale.

Antonio Scarfone

La vittoria di Ion Izagirre ad Aramón Formigal (foto Getty Images Sport)

La vittoria di Ion Izagirre ad Aramón Formigal (foto Getty Images Sport)

WELLENS, CLASSE E POTENZA A SABIÑÁNIGO. ROGLIČ SEMPRE IN MAGLIA ROSSA

ottobre 24, 2020 by Redazione  
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Tim Wellens (Team Lotto Soudal), già attivo nelle fughe delle prime tappe, ci prende gusto e questa volta riesce ad entrare bella fuga vincente insieme a Guillaume Martin (Team Cofidis) ed a Thymen Arensman (Team Sunweb). Sullo strappo finale di Sabiñánigo il belga con uno scatto bruciante ha la meglio sul francese ed ottiene così la prima vittoria stagionale. Tutto invariato in classifica generale con Primož Roglič (Team Jumbo Visma) sempre in maglia rossa.

La quinta tappa della Vuelta 2020 parte da Huesca e termina a Sabiñánigo dopo più di 184 km. Dopo le prime tre tappe scandite dalla lotta tra i big per la classifica generale e la quarta tappa appannaggio dei velocisti, oggi è la volta della fuga. Il percorso infatti invita all’azione quei ciclisti che hanno nel sangue la voglia di attaccare e pensiamo proprio che non vorranno lasciarsi sfuggire questa tappa, anche perché domani è in programma un’altra frazione in cui torneranno a sfidarsi i pretendenti alla vittoria finale. Dopo la partenza da Huesca erano numerosi gli attacchi per portare via la fuga. Si formava un primo gruppo di 14 ciclisti tra cui si segnalava la presenza di Mattia Cattaneo (Team Deceuninck Quick step), tra l’altro il ciclista messo meglio in classifica generale con poco più di 4 minuti di ritardo sulla maglia rossa Primož Roglič (Team Jumbo Visma). Il gruppo, tirato da Caja Rural e Burgos BH, non lasciava troppo spazio ai fuggitivi, che venivano ripresi prima dell’inizio verso l’Alto de Vio. A questo punto ricominciavano gli attacchi e si formava in testa un quartetto con Remi Cavagna (Team Deceuninck Quick Step), Andrei Amador (Team INEOS Grenadiers), Stan Dewulf (Team Lotto Soudal) e Magnus Cort Nielsen (Team EF Education First). Il gruppo però non lasciava spazio e riprendeva i quattro. Un successivo attacco di Sepp Kuss (Team Jumbo Visma) era di nuovo fermato sul nascere, anche perché lo statunitense si può considerare a tutti gli effetti uomo di classifica. A circa 4 km dallo scollinamento, un nuovo tentativo di attacco vedeva protagonisti Tim Wellens (Team Lotto Soudal), Guillaume Martin (Team Cofidis) e Thymen Arensman (Team Sunweb). L’accordo fra i tre portava Wellens a scollinare con un vantaggio di oltre un minuto sul gruppo maglia rossa, che si era improvvisamente calmato. Sul successivo Alto de Fanlo Wellens transitava ancora per primo. La fuga aumentava progressivamente il vantaggio tanto che all’inizio dell’Alto de Petralba, secondo GPM in programma, il vantaggio sul gruppo era di oltre 4 minuti. Era ancora Wellens a scollinare in prima posizione ed a diventare virtualmente il nuovo leader della classifica GPM. Gli ultimi 20 km non presentavano ulteriori difficoltà altimetriche, ad esclusione degli ultimi 500 m in costante ascesa. Proprio sull’ultimo strappo Wellens se ne andava di forza e vinceva meritatamente sul traguardo di Sabiñánigo. Secondo a 4 secondi di ritardo dal belga si classificava Martin mentre chiudeva il podio Arensman a 12 secondi. Il gruppo maglia rossa era regolato proprio da Roglič a 2 minuti e 13 secondi di ritardo da wellens. Da segnalare all’inizio dello strappetto conclusivo una caduta che coinvolgeva Gorka Izagirre (Team Astana), David Gaudu (Team Groupama FDJ), José Joaquín Rojas (Team Movistar) e soprattutto Daniel Martin (Team Israel StartUp Nation). Ma essendo la caduta avvenuta all’interno dei 3 km finali ed essendo l’arrivo di tappa considerato in pianura, il ritardo finale dei quattro al traguardo dei quattro veniva neutralizzato. Wellens ottiene la prima vittoria stagionale e come detto è la nuova maglia a pois. In classifica generale Roglič conserva la maglia rossa con 5 secondi di vantaggio su Daniel Martin e 13 secondi di vantaggio su Richard Carapaz (Team INEOS Grenadiers). Domani è in programma la quinta tappa da Biescas ad Aramon Formigal, anche se inizialmente l’arrivo era previsto sul Col du Tourmalet ma la Francia ha vietato lo sconfinamento alla carovana della Vuelta a causa delle restrizioni anti Covid e così è stata modificata la località di arrivo. Prima della scalata finale, di prima categoria, i ciclisti dovranno affrontare altri due GPM: l’Alto de Petralba al km 70 ed il Puerto de Cotefablo al km 105.5. Non è scontato che la fuga non possa arrivare alla fine, ma dopo il riposo di oggi INEOS e Jumbo Visma potrebbero decidere di fare la corsa.

Antonio Scarfone

La vittoria di Tim Wellens a Sabinanigo (foto Getty Images Sport)

La vittoria di Tim Wellens a Sabiñánigo (foto Getty Images Sport)

AL SESTRIERE E’ DUELLO HART-HINDLEY. ALL’INGLESE LA TAPPA, ALL’AUSSIE LA MAGLIA ROSA

ottobre 24, 2020 by Redazione  
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Al Sestriere si svelano i veri pretendenti di questo Giro 2020. La lotta tra Jai Hindley (Team Sunweb) e Tao Geoghegan Hart (Team INEOS Grenadiers) premia quest’ultimo per la vittoria di tappa ma l’austroliano, secondo al traguardo, accumula gli abbuoni necessari che gli consentono di indossare la maglia rosa, con lo stesso tempo dell’inglese. Wilco Kelderman (Team Sunweb) si defila ed è terzo in classifica generale. Domani la crono finale da Cernusco sul Naviglio a Milano sancirà il vincitore del Giro 2020.

L’Alba – Sestriere deciderà tanto, se non tutto, in ottica maglia rosa. La tappa piemontese, penultima frazione del Giro 2020, inizialmente doveva prevedere il passaggio sul Passo dell’Agnello ma le temperature rigide e la neve attesa in cima ha fatto propendere per un cambio di percorso con la triplice scalata finale del Sestriere. Una tappa comunque dura in cui i primi tre della classifica generale, divisi da soli 15 secondi, si daranno sicuramente battaglia in attesa della cronometro finale di domani. Dopo la partenza da Alba si formava una maxi fuga di 21 ciclisti, di cui otto italiani: Nicola Conci (Team Trek Segafredo), Matteo Sobrero (Team NTT Pro Cycling), Davide Villella (Team Movistar), Davide Cimolai (Team Israel StartUp Nation), Elia Viviani (Team Cofidis), Andrea Vendrame (Team AG2R), Filippo Fiorelli (Team Bardiani CSF) e Davide Ballerini (Team Deceuninck Quick Step). Il ciclista meglio posizionato in classifica generale era Brandon McNulty (UAE Team Emirates), ad oltre 33 minuti di ritardo da Wilco Kelderman (Team Sunweb). L’assenza nella fuga di uomini Sunweb, INEOS e Bahrain McLaren evidenziava il fatto che i primi quattro della classifica generale volevano tenersi tutti gli uomini per sé. Anche l’Astana di Jakob Fuglsang era assente nelle squadre presenti in fuga ed anzi proprio la squadra kazaka tirava in testa al gruppo per non consentire al gruppo di prendere troppo vantaggio. Dopo 40 km il vantaggio della fuga sul gruppo maglia rosa era di 6 minuti e 30 secondi. Arnaud Demare (Team Groupama FDJ) si aggiudicava il traguardo intermedio di Saluzzo. La prima scalata verso il Sestriere vedeva il gruppo di testa ridursi di unità. I primi a staccarsi erano Demare, Viviani e Vendrame. Il primo a scollinare era Fiorelli. Il gruppo maglia rosa aveva un ritardo di circa 5 minuti. Durante la seconda ascesa del Sestriere il gruppo di testa si riduceva ulteriormente, tanto che Ballerini provava l’azione isolata. Alle sue spalle restavano al suo inseguimento Geoffrey Bouchard (Team AG2R), Einer Rubio (Team Movistar), Amanuel Ghegreigzabhier (Team NTT Pro Cycling), Pieter Serry e Mikkel Honorè (Team Deceuninck Quick Step). Il gruppo maglia rosa, tirato dalla INEOS Grenadiers, era segnalato a poco più di 3 minuti di ritardo. Grazie al lavoro di Rohan Dennis si verificava lo stesso copione della tappa dell’altro ieri ai Laghi di Cancano. L’australiano trainava con sé Tao Geoghegan Hart (Team INEOS GRENADIERS) e Jai Hindley (Team Sunweb), mentre più dietro erano segnalati gli altri big della classifica generale, tra cui la maglia rosa Wilco Kelderman (Team Sunweb). Rubio raggiungeva Ballerini e lo superava, andando a conquistare il secondo passaggio sul Sestriere. Il terzetto con Hindley, maglia rosa virtuale, scollinava con 1 minuto e 30 secondi di ritardo da Rubio. Ancora più dietro il gruppo maglia rosa con Kelderman era segnalato ad oltre 2 minuti di ritardo da Rubio ed a circa 40 secondi di ritardo da Dennis, Hart e Hindley. A 9 km dal termine il gruppo di testa con Rubio, Ballerini e Serry si riuniva al gruppo con Dennis, Hart, e Hindley. Il gruppo maglia rosa inseguiva a 1 minuto e 30 secondi di ritardo. A questo punto la lotta per la maglia rosa diventava una questione tra Hart e Hindley. Quest’ultimo si aggiudicava il secondo traguardo volante. A 6 km dall’arrivo Serry, Dennis, Hart e Hindley restavano da soli in testa alla corsa. Era sempre l’australiano dell’INEOS a fare l’andatura. Dennis dava l’ultima sgasata consentendo ad Hart ed Hindley di giocarsi la vittoria. Era Hart questa volta ad avere la meglio sull’australiano nella volata a due. Dennis era terzo a 25 secondi da Hart. Più dietro in quarta posizione di classificava Joao Almeida (Team Deceuninck Quick Step)mentre chiudeva la top five Andrea Vendrame ad 1 minuto e 34 secondi da Hart. In classifica generale Hindley è la nuova maglia rosa nonostante condivida lo stesso tempo di Hart. In terza posizione Kelderman a 1 minuto e 32 secondi di ritardo. Domani l’ultima tappa a cronometro da Cernusco sul Naviglio a Milano determinerà il vincitore del Giro d’Italia 2020 in un’appassionante sfida all’ultimo secondo tra Hart ed Hindley.

Giuseppe Scarfone

La vittoria di Tao Geoghegan Hart al Sestriere (foto Getty Images)

La vittoria di Tao Geoghegan Hart al Sestriere (foto Getty Images)

AD EJEA SFRECCIA SAM BENNETT. ROGLIČ CONSERVA LA MAGLIA ROSSA

ottobre 23, 2020 by Redazione  
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Dopo la conquista della maglia verde al Tour Sam Bennet (Deceuninck-QuickStep) fa suo il primo arrivo in volata alla Vuelta dimostrando un’ottima condizione di forma andando a riprendere a pochi metri dal traguardo Jasper Philipsen (UAE Team Emirates )nel tentativo di sorprendere l’irlandese che deve quindi accontentarsi della seconda posizione, terzo è Jakub Mareczko (CCC) che precede chi esce per il momento sconfitto dalla prima volata ovvero Pascal Ackermann (Bora-hansgrohe) al quarto posto. Invariata la classifica generale, che vede sempre conservare la maglia roja Primož Roglič con 5” di vantaggio su Daniel Martin, e 13” su Richard Carapaz

Come accaduto ieri, anche oggi la fuga di giornata nasce nei primi chilometri di tappa con il benestare del gruppo dei migliori, in quattro vanno via: Harry Tanfield (AG2R-La Mondiale), Luis Angel Maté (Cofidis), Jesús Ezquerra (Burgos-BH) e Willie Smit (Burgos-BH) arrivando ad avere in soli 10 chilometri di corsa un vantaggio di 3’45”. Gruppo che ha lasciato fare fino ai 4’ di ritardo quando in testa al plotone si sono cominciate a vedere le squadre dei velocisti, tra tutte la più attrezzata la Deceuninck-QuickStep, per l’irlandese Sam Bennet, aiutata in testa successivamente dalla Bora-Hansgrohe per Pascal Ackermann ed alla Trek-Segafredo per il nostro Matteo Moschetti. Azione in testa al gruppo inseguitore che ha permesso di dimezzare il loro ritardo e tenere i fuggitivi a tiro. Quando all’arrivo mancavano circa 100Km gli uomini di classifica aiutati dai rispettivi compegni di squadra hanno risalito le posizioni del gruppo inseguitore in quanto l’orografia della tappa condizionata da un vento traversale dava la sensazione di poter mettere in atto qualche tentativo di ventaglio ed infatti è stata proprio la squadra spagnola la Movistar ad aumentare l’andatura in testa al gruppo con un progressivo aumento della velocità per diversi chilometri mai sotto i 65Km/h. In pochissimo tempo se da una parte la fuga conservava appena a 25”, dall’altra, vista la poca intensità del vento, non riuscendo a create la selezione sperata, i Movistar desistevano dal condurre il gruppo. L’effetto elastico ha fatto sì che i quattro battistrada, potessero riacquistare ben 2’:10” di vantaggio a 50 Km dalla conclusione. Messa alle spalle la parte di tappa esposta al vento, in testa al gruppo ecco alternarsi nuovamente le squadre interessate alla volata con anche, in questa fase di corse, gli uomini della UAE Team Emirates per il loro velocista Philipsen. Situazione di corsa con il gruppo lanciatissimo e fuga ormai destinata ad essere assorbita nonostante un disperato tentativo di allungo ai meno 25Km dall’arrivo da parte di Tanfield e Smit che tutti soli hanno provato ad andarsene dai due spagnoli Angel Maté e Ezquerra. Dopo altri 10Km di corsa, in un breve tratto in salita, ancora un attacco in testa da parte di Smit tra i più decisi a non voler essere ripreso dagli inseguitori. Tutto solo al comando il sudafricano è stato però inesorabilmente ripreso dal gruppo tirato dalla Deceuninck-QuickStep a 14Km dalla conclusione. Velocità altissima fino ai meno 2km quando nella curva che immetteva sul rettilineo di arrivo gli uomini di Sam Bennet non sono stati perfetti, complice anche un rallentamento della velocità, Jasper Philipsen è sbucato in posizione migliore rilanciando e proseguendo l’azione verso l’arco di arrivo ma, da dietro, con una grande progressione Sam Bennet ha chiuso il buco ed a 50m dal traguardo ha saltato il belga andando a prendersi la prima volata della Vuelta. Al terzo posto l’italiano Jakub Mareczko. Invariata la classifica generale con Primož Roglič leader della corsa spagnola in una classifica ancora molto corta. Domani quinta tappa da Huesca a Sabiñánigo con un profilo mosso ed un GPM di seconda categoria, l’Alto de Petralba, posto a meno di 20Km dall’arrivo che potrebbe far nascere qualche attacco tra i big.

Antonio Scarfone

La vittoria di Sam Bennett ad Ejea (foto: Getty Images)

La vittoria di Sam Bennett ad Ejea (foto: Getty Images)

I CAPRICCI DI MORBEGNO NON FERMANO ČERNÝ. IL POLACCO VINCE AD ASTI E KELDERMAN RESTA IN ROSA

ottobre 23, 2020 by Redazione  
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Ad Asti, in una tappa decurtata per un ‘capriccio’ dei ciclisti, la probabile volata nei pronostici della vigilia viene meno grazie ad una fuga di 14 ciclisti che premia Josef Černý (Team CCC), partito tutto solo a poco più di 20 km dall’arrivo. Wilco Kelderman (Team Sunweb) resta in maglia rosa e domani nella triplice ascesa del Sestriere dovrà vedersela con Tao Geoghegan Hart (Team INEOS Grenadiers), con il compagno di squadra Jai Hindley pronto all’azione.

Doveva essere la tappa più lunga del Giro 2020 con i suoi 253 km da Morbegno ad Asti. E invece, questa mattina prima della partenza un nutrito gruppo di ciclisti capitanato da Adam Hansen (Team Lotto Soudal) ha protestato con l’organizzazione per l’eccessiva lunghezza della tappa e delle difficili condizioni meteo, visto che pioveva con insistenza. E’ stato così presa la decisione di far partire in modo fittizio la tappa da Morbegno e spostare la partenza ufficiale ad Abbiategrasso, che i ciclisti avrebbero raggiunto in pullman. Una decisione che fa storcere un po’ il naso agli appassionati di ciclismo ma che comunque, vista l’assenza di insidie altimetriche con il prevedibilissimo arrivo in volata, in fondo ci può anche stare, tenuto conto dell’eccezionalità delle varie situazioni venutesi a creare, non ultima il fatto di gareggiare a fine Ottobre. E così, dopo la ‘nuova’ partenza da Abbiategrasso, con soli 124 km da affrontare fino all’arrivo di Asti, si formava la fuga di giornata ad opera di quattordici ciclisti: Simon Pellaud (Team Androni Giocattoli), Giovanni Carboni (Team Bardiani CSF), Josef Černý (Team CCC), Nathan Haas e Marco Mathis (Team Cofidis), Iljo Keisse (Team Deceuninck Quick Step), Simon Clarke e Lachlan Morton (Team EF Education First), Alex Dowsett (Team Israel StartUp Nation), Sander Armèe (Team Lotto Soudal), Albert Torres (team Movistar), Victor Campenaerts (Team NTT Pro Cycling), Jacopo Mosca (Team Trek Segafredo) ed Etienne Van Empel (Team Vini Zabù KTM). Al traguardo intermedio di Vigevano era Pellaud a transitare in prima posizione. Nella prima metà della tappa la fuga accumulava un vantaggio massimo di circa 1 minuto e 20 secondi ma il gruppo maglia gialla la teneva nel mirino, visto che in testa si alternavano gli uomini della Bora Hansgrohe e della Groupama FDJ. Era troppo ghiotta infatti l’occasione, per i velocisti rimasti in corsa, specialmente Arnaud Demare e Peter Sagan, di arrivare in volata in quel di Asti. Eppure, complice un rallentamento nel gruppo maglia rosa, la fuga resisteva al comando ed anzi guadagnava qualcosa. A 50 km dall’arrivo il suo vantaggio sul gruppo maglia rosa era superiore ai 3 minuti. Il gruppo maglia rosa mollava del tutto, anche perché la fuga era formata da diverse squadre né Bora Hansgrohe nè Groupama FDJ trovavano la collaborazione di altre squadre per ricucire sui fuggitivi. A 40 km dall’arrivo i quattordici uomini di testa avevano oltre 6 minuti di vantaggio sul gruppo. Pellaud si aggiudicava il secondo sprint intermedio di Masio, dopodiché su uno zampellotto a circa 30 km dall’arrivo iniziavano scatti e contro scatti nel gruppo di testa. A 22 km dall’arrivo era Černý a sferrare un deciso attacco. Il forte passista polacco guadagnava una ventina di secondi di vantaggio sui più diretti inseguitori. A 8 km dall’arrivo Černý aveva 30 secondi di vantaggio su Campenaerts, Armèe, Mosca, Keisse e Clarke. A 3 km dall’arrivo il vantaggio del polacco sugli inseguitori era sceso a 17 secondi. Černý stringeva i denti e vinceva sul traguardo di Asti, consegnando alla sua squadra la prima vittoria del Giro 2020. In seconda posizione a 18 secondi di ritardo si classificava Campenaerts mentre Jacopo Mosca era terzo a 26 secondi. Il gruppo maglia rosa arrivava con un ritardo si oltre 11 minuti. In classifica generale resta tutto invariato con Wilco Keldermann che resta in maglia rosa con 12 secondi di vantaggio sul compagno di squadra Jai Hindley e 15 secondi di vantaggio su Tao Geoghegan Hart (Team INEOS Grenadiers). Domani la penultima tappa da Alba al Sestriere, dopo il taglio necessario del Colle dell’Agnello, prevede la triplice scalata della rinomata località piemontese. E’ aperta la lotta per la maglia rosa tra Tao Geoghegan Hart (Team INEOS Grenadiers) e la coppia della Sunweb Kerdermann/Hindley, primo mini capitolo di due appassionanti atti che si concluderanno domenica nella cronometro individuale da Cernusco sul Naviglio a Milano.

Giuseppe Scarfone

La vittoria di Černý ad Asti (foto Getty Images)

La vittoria di Černý ad Asti (foto Getty Images)

NELLA LAGUNA NEGRA RISPLENDE DAN MARTIN

ottobre 22, 2020 by Redazione  
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Sull’inedita salita di prima categoria è Dan Martin (Israel Start-Up Nation) a piazzare la stoccata vincente sulla maglia roja Primož Roglič (Jumbo-Visma) e Richard Carapaz (Ineos-Granadiers). Perdono invece terreno Esteban Chaves (Mitchelton-Scott) e Marc Soler (Movistar) a causa di una foratura nel finale verso l’ascesa conclusiva, male anche Alejandro Valverde (Movistar).

La terza frazione della corsa spagnola è priva alla partenza di Thibaut Pinot (Groupama-FDJ) e Matej Mohorič (Bahrain-McLaren), ritiratisi dalla corsa in una stagione da dimenticare per entrambi, senza alcun successo in quest’anno particolare. La fuga odierna parte subito e va con via con cinque uomini lontani in classifica generale: Mark Donovan (Team Sunweb), Aritz Bagües (Caja Rural-Seguros RGA), Wille Smit (Burgos-BH), Niki Terpstra (Total Direct Energie) e Tosh Van Der Sande (Lotto Soudal) arriveranno ad avere un vantaggio massimo di circa 5’. Prima dell’attacco della prima salita di giornata l’Alto de Oncala è la Jumbo-Visma di Primož Roglič a mettersi in testa a tirare, sui primi chilometri di salita i gialloneri sono aiutati dagli uomini della EF Pro Cycling. Al GPM passa per primo Van der Sande con il vantaggio dei cinque in testa ormai dimezzato e tenuto sotto controllo a 2’:50” ai meno 86 Km dall’arrivo. Dopo la discesa, il lungo tratto in pianura ha visto portarsi in testa anche la Movistar e così la fuga ormai veniva riassorbita ai 59 km dal traguardo. Visti i tanti chilometri pianeggianti la strada ha offerto la possibilità di assistere ad un nuovo tentativo di attacco promosso a 50 chilometri all’arrivo, ad avvantaggiarsi sono stati Valentin Ferron e Paul Ourselin (Total Direct Energie), Hector Saez (Caja Rural-Seguros RGA) e Angel Madrazo (Burgos-BH) allo scoperto fino all’imbocco della Laguna Negra con 30” di vantaggio. Altissimo il ritmo all’inseguimento con i capitani in testa a prendere la salita nelle prime posizioni e con la Ineos-Granadiers a fare un ritmo sostenuto, segno evidente di come Carapaz stesse bene. Proprio poco dopo l’inizio della salita di Laguna Negra, dopo che i quattro in fuga sono stati ripresi, due forature costringono prima Marc Soler (Movistar) e poi Esteban Chaves (Mitchelton-Scott) a mettere piede a terra e prendere le bici dei rispettivi compagni di squadra costringendoli ad un inseguimento, senza esito positivo, alla testa della corsa. Davanti un ritrovato Chris Froome in versione gregario per Carapaz. A metà salita provano un allungo prima Kenny Elissonde (Trek-Segafredo), poi Clement Champoussin (Ag2r La Mondiale) e infine Aleksandr Vlasov (Astana) quest’oggi apparso brillante sempre con i migliori, ma per loro il ritmo dietro è tenuto alto e sono subito ripresi dal gruppo maglia rossa. Ai 700 metri conclusivi, dove le pendenze sono in doppia cifra il gruppo dei migliori è lanciato da Sepp Kuss (Jumbo-Visma), gran lavoro per portare Roglič davanti e lanciarlo ai 500 metri finali, ma dalla ruota dello sloveno sbuca Dan Martin che ai 150 metri dall’arrivo va conquistare il durissimo arrivo di Laguna Negra e far sua la tappa più dura di questi tre giorni, secondo Roglič, terzo Carapaz allo stesso tempo. In quarta posizione a 4” Wout Poels (Bahrain- McLaren) quinto a 5” Aleksandr Vlasov (Astana). In classifica generale Roglič resta al comando con adesso 5” su Dan Martin e 13” Richard Carapaz. Domani partenza da Array ed arrivo a Ejea de los Caballeros per una tappa con finale pianeggiante in cui il pallino del gioco passa ai velocisti.

Antonio Scarfone

La vittoria di Daniel Martin sullinedita traguardo della Laguna Negra di Vinuesa (foto Bettini)

La vittoria di Daniel Martin sull'inedita traguardo della Laguna Negra di Vinuesa (foto Bettini)

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