IN LINEA O CONTRO IL TEMPO LA MUSICA NON CAMBIA, POGACAR FA POKER A PEYRAGUDES
Pronostico rispettato da Pogacar che si impone anche nella cronoscalata di Peyragudes davanti al principale avversario. Il danese va a riprendere Evenepoel, in grande crisi negli ultimi metri. Il belga difende la terza posizione da Lipowitz per soli 6 secondi e domani ci sarà il tappone pirenaico.
Una classica cronoscalata di soli 13 Km con una salita secca da affrontare e la musica è la stessa vista sull’ultima salita di ieri, che è stata anch’essa una sorta di cronoscalata da quando sono rimasti quasi tutti da soli.
Ha trovato conferma soprattutto il fatto che i primi due posti, salvo imprevisti, sono blindati: Tadej Pogacar (UAE Team Emirates – XRG) ha vinto anche questa tappa e Jonas Vingegaard (Team Visma | Lease a Bike) si è classificato secondo, unico a contenere il distacco sotto il minuto (36 secondi), visto che Primoz Roglic (Red Bull – BORA – hansgrohe), classificatosi terzo, ha accusato un ritardo di 1′20″, ossia ben 6 secondi al chilometro.
Confermato anche il momentaccio di Remco Evenepoel (Soudal Quick-Step), che ieri era riuscito alla meno peggio ad arrivare al traguardo non troppo distante dagli altri uomini di classifica, mentre oggi, dopo aver fatto segnare il secondo tempo al primo intermedio, ha avuto gravi difficoltà lungo la salita, tanto che, nel rettilineo finale, quando sembrava quasi fermo, è stato raggiunto e superato da Vingegaard, partito due minuti dopo di lui. Il belga, campione del mondo ed olimpico di specialità, è addirittura uscito dalla top 10 di giornata e si è classificato dodicesimo con un ritardo di 2′39″ dal vincitore
Roglic, come si diceva, pur avendo accusato un ritardo pesante si è classificato terzo e ha quindi migliorato la prestazione di ieri, quando aveva pagato un dazio altissimo, soprattutto nel finale.
Il suo compagno di scuderia Florian Lipowitz, quarto ad 1′56″, ha mancato per soli 6 secondi l’aggancio al podio provvisorio che potrà però conquistare domani, viste le gravi difficoltà in salita di Evenepoel.
Pogacar ha fatto un po’ quello che aveva fatto ieri sull’ultima salita, andando a tutta e mostrando semplicemente che il suo ritmo è superiore a quello degli altri, portandosi in testa già al primo intermedio, e la stessa cosa ha fatto Vingegaard rispetto agli altri uomini di classifica.
Il danese, che forse ieri ha avuto una giornata no, è riuscito a contenere il distacco in 36 secondi (meno di 3 secondi al chilometro) mentre ieri aveva accusato ben due minuti (sempre in 12 chilometri), tuttavia l’attuale ritardo in classifica del vincitore delle edizioni 2022 e 2023 è superiore ai 4 minuti.
Lontanissimi tutti gli altri, con il cronoman Luke Plapp (Team Jayco AlUla) che è riuscito a conquistare la quinta piazza di giornata e Matteo Jorgenson (Team Visma | Lease a Bike) che è giunto sesto e sembra aver superato la brutta giornata di ieri.
Anche Oscar Onley (Team Picnic PostNL), settimo a 2 minuti, conferma quanto visto sinora e conquista la top five ai danni di Kévin Vauquelin (Arkéa – B&B Hotels).
A questo punto, con una classifica assestata pur con diverse posizioni contese, sarà interessante vedere cosa accadrà domani nel tappone pirenaico. Il percorso prevede il classico giro della morte con Tourmalet, Aspin e Peyresourde ma l’arrivo sarà a Superbagnères, località che manca al Tour da 36 anni. La salita finale presente classici numeri da ascesa pirenaica, 12 Km al 7,3%. Le precedenti tre salite senza tratti intermedi rappresentano una notevole difficoltà, specialmente dopo due tappe dure come quelle di ieri e oggi che sicuramente si faranno sentire nelle gambe dei corridori. E siamo solo alla seconda settimana…
Benedetto Ciccarone

Pogacar esulta al termine della cronoscalata (foto Tim de Waele/Getty Images)
LECTIO MAGISTRALIS DI POGACAR AD HAUTACAM, MATTONATA PER GLI AVVERSARI
Tadej Pogacar parte su una accelerazione tremenda di Narvaez che lascia Vingegaard a qualche metro. Da lì in poi, è un assolo dell’iridato che si vendica del danese, che sulla stessa salita lo staccò due anni fa. Lontanissimi gli altri avversari, salvo un ottimo Lipowitz che conferma quanto di buono aveva fatto vedere al Delfinato.
Era dall’inizio del Tour de France che gli appassionati aspettavano il duello in salita tra i due principali favoriti per la vittoria. Complice anche un percorso un po’ in controtendenza rispetto a quello degli ultimi anni, la salita si è fatta attendere e si cercava di scrutare, di capirci qualcosa nelle piccole scaramucce che c’erano state sugli strappetti del nord della Francia.
L’indicazione esatta era, però, arrivata dalla tappa a cronometro e parlava di un Tadej Pogacar (UAE Team Emirates – XRG) in splendida forma e di un Jonas Vingegaard (Team Visma | Lease a Bike) che invece sembrava un po’ in difficoltà, anche se comunque era stato sempre pronto a rispondere alle stilettate del campione del mondo.
L’atteso duello in realtà non c’è stato. Vingegaard ha cominciato a perdere metri già sulla tremenda accelerazione impressa da Jhonatan Narvaez (UAE Team Emirates – XRG) sulle prime rampe della salita verso Hautacam.
Il danese certamente non ha il cambio di ritmo e ha voluto evitare il fuori giri, ma se in un primo momento sembrava potesse contenere lo svantaggio, andando in progressione, è bastato poco per capire che non era giornata.
Pogacar ha proseguito la salita a un ritmo impressionante, guadagnando costantemente, e l’aver attaccato a inizio salita gli ha permesso di arrivare in cima con oltre 2 minuti sul rivale.
I distacchi sugli altri corridori, però, dimostrano che il marziano è solo il campione del mondo.
L’ordine d’arrivo, infatti, parla di un Vingegaard che, a fronte di un distacco di 2′10″, da Pogacar, è riuscito a infliggere solo 13 secondi a un ottimo Florian Lipowitz (Red Bull – BORA – hansgrohe), issatosi in quarta posizione a meno di un minuto dal terzo gradino del podio di Remco Evenepoel (Soudal Quick-Step), che ora scricchiola pericolosamente.
Il belga si era staccato sul Col de Soulor, quando il gruppo era tirato da Tiesj Benoot (Team Visma | Lease a Bike), ed era poi faticosamente riuscito a rientrare, salvo poi staccarsi nuovamente sulla salita finale e giungere con un ritardo di 3′35″. Se si calcola il fatto che Oscar Onley (Team Picnic PostNL) e Tobias Halland Johannessen (Uno-X Mobility) sono giunti a 3 minuti (e quindi a 50 secondi dal danese) e che Kévin Vauquelin
(Arkéa – B&B Hotels) – che era sembrato in crisi – è giunto a 3′33″, ci si rende conto che, alle spalle di Pogacar, sebbene Vingegaard sia nettamente il più forte tra gli avversari dello sloveno, i distacchi subiti dagli altri nei confronti del danese non sono stai abissali. Il vantaggio in generale di Pogacar su Vingegaard (3′31″) è maggior del distacco che il danese vanta sul sesto (Onley, a 6′05″).
Insomma, in un quadro del genere, non si può far altro che constatare la superiorità netta dello sloveno su tutti gli altri. Solo una grossa crisi di Pogacar potrebbe rimettere tutto in discussione. La cosa non è affatto esclusa, visto che non solo Pogacar ha perso due Tour da Vingegaard proprio a causa di una giornata di crisi nera, ma anche che la crisi è qualcosa che in un grande giro può sempre colpire anche chi sembra padrone della corsa (vedi Ullrich nel 1998 e Simon Yates nel 2017).
La corsa è stata animata da un attacco di ben 50 corridori che ha conseguito un vantaggio massimo di circa 2 minuti. Il foltissimo gruppo era composto da Tim Wellens (UAE Emirates XRG), Tiesj Benoot (Visma | Lease a Bike), Maximilian Schachmann (Soudal Quick-Step), Harrison Sweeny (EF Education-EasyPost), Louis Barré (Intermarché-Wanty), Laurenz Rex (Intermarché-Wanty), Santiago Buitrago (Bahrain Victorious), Lenny Martinez (Bahrain Victorious), Robert Stannard (Bahrain Victorious), Fred Wright (Bahrain Victorious), Thymen Arensman (INEOS Grenadiers), Tobias Foss (INEOS Grenadiers), Axel Laurance (INEOS Grenadiers), Carlos Rodríguez (INEOS Grenadiers), Connor Swift (INEOS Grenadiers), Laurence Pithie (Red Bull – BORA – hansgrohe), Aleksandr Vlasov (Red Bull – BORA – hansgrohe), Thibau Nys (Lidl-Trek), Mattias Skjelmose (Lidl-Trek), Edward Theuns (Lidl-Trek), Guillaume Martin (Groupama-FDJ), Valentin Madouas (Groupama-FDJ), Paul Penhoët (Groupama-FDJ), Mathieu van der Poel (Alpecin-Deceuninck), Julian Alaphilippe (Tudor), Marc Hirschi (Tudor ), Michael Storer (Tudor Pro Cycling Team), Matteo Trentin (Tudor), Ben O’Connor (Team Jayco AlUla), Luke Durbridge (Jayco AlUla), Mauro Schmid (Team Jayco AlUla), Raúl García Pierna (Arkéa-B&B Hotels), Clément Venturini (Arkéa-B&B Hotels), Pablo Castrillo (Movistar Team), Iván Romeo (Movistar Team), Einer Rubio (Movistar Team), Bruno Armirail (Decathlon AG2R La Mondiale), Aurélien Paret-Peintre (Decathlon AG2R La Mondiale), Emanuel Buchmann (Cofidis), Bryan Coquard (Cofidis), Ion Izagirre (Cofidis), Dylan Teuns (Cofidis), Harold Tejada (XDS Astana Team), Simone Velasco (XDS Astana Team), Steff Cras (TotalEnergies), Thomas Gachignard (TotalEnergies), Anthony Turgis (TotalEnergies), Michael Woods (Israel – Premier Tech), Joseph Blackmore (Israel – Premier Tech), Alexey Lutsenko (Israel – Premier Tech) e Jarrad Drizners (Lotto).
L’armonia si spezza sul Col de Soulor e, mentre in gruppo i capitani fanno alzare il ritmo, davanti restano solo 14 dei 50 attaccanti.
La Visma fa il ritmo sulla salita ma la squadra non si dimostrerà all’altezza, tanto che Vingegaard rimarrà solo ai piedi della salita finale in balia degli UAE.
Davanti si mette in mostra Armirail che, quando il gruppo dei battistrada esplode, riesce a riportarsi su Woods e Skjelmose, che avevano attaccato a loro volta, ed a staccarli, presentandosi da solo ai piedi della salita finale.
Il gruppo è a quel punto tirato da Wellens che, dopo la lunga fuga, si mette al servizio di Pogacar e va chiudere sulla fuga, fino a quando Narvaez non piazza una spaventosa accelerata che mette in difficoltà anche Vingegaard.
Dai -12 sarà un assolo di Pogacar, con Vingegaard che tenterà di gestirsi ma pagherà un passivo pesante di oltre due minuti.
Grande battaglia alle spalle del danese tra Lipowitz, Onley, Johannessen, Primoz Roglic (Red Bull – BORA – hansgrohe) e Vauquelin. Alla fine Roglic pagherà il passivo più pesante, mentre Lipowitz per poco non va a riprendere Vingegaard. Gli altri arrivano tutti separati da pochi secondi con Evenepoel che arriverà insieme a Vaquelin e riuscirà a salvare la terza posizione da Lipowitz per soli 49 secondi.
Domani la cronoscalata a Peyragudes sarà un test importante per avere conferme o smentite di quanto visto oggi, in attesa del vero e proprio tappone pirenaico con il “Giro della morte” e l’arrivo a Luchon-Superbagnères
Benedetto Ciccarone

Pogacar in azione sulla salita di Hautacam (foto Marco Bertorello / AFP via Getty Images)
A TOLOSA ABRAHAMSEN CORONA LA FUGA. HEALY RESTA IN MAGLIA GIALLA, CADUTA SENZA CONSEGUENZE PER POGACAR
Jonas Abrahamsen (Team UNO X Mobility), uno dei fuggitivi della prima ora, resta da solo in testa alla tappa insieme a Mauro Schmid (Team Jayco AlUla) e lo batte in volata sul traguardo di Tolosa. Mathieu van der Poel chiude terzo dopo aver inseguito negli ultimi 60 km. Pogacar cade a 4 km dalla conclusione ma rientra in gruppo mentre Healy resta in giallo
Dopo il primo giorno di riposo il Tour 2025 riparte da Tolosa per una tappa, l’undicesima, dal finale esplosivo e molto probabilmente troppo ostico per i velocisti puri. Gente come Milan, Merlier, Groenewegen eccetera difficilmente riuscirà a superare indenne il piatto forte della tappa, ovvero la Côte de Pech David, posta a soli 9 km dall’arrivo e seppur lunga solo 800 metri con pendenze che arrivano al 20%. Negli ultimi 50 km sono presenti altre tre piccole salite categorizzate (la Côte de Montgiscard, la Côte de Corronsac e la Côte de Vieille-Toulouse) che metteranno ulteriore fatica e stress nelle gambe dei ciclisti. Ben Healy (Team EF Education EasyPost) dovrebbe avere la forza per mantenere la maglia gialla mentre per la vittoria di tappa, a meno di fuga ben assortita e lasciata andare dal gruppo, i maggiori candidati sembrano essere Mathieu van der Poel (Team Alpecin Deceuninck), Wout van Aert (Team Visma Lease a Bike) e Tadej Pogacar (UAE Team XRG). La fuga iniziale della tappa vedeva protagonisti Davide Ballerini (Team XDS Astana), Mauro Schmid (Team Jayco ALUla) e Jonas Abrahamsen (Team Uno X Mobility). Il terzetto di testa veniva raggiunto verso il km 80 dalla coppia formata da Mathieu Burgaudeau (Team TotalEnergies) e Fred Wright (Team Bahrain Victorious). Abrahamsen si aggiudicava il primo traguardo volante di Labastide-Beauvoir posto al km 97.3. Il gruppo maglia gialla non dava troppo spazio ai cinque battistrada finchè da quest’ultimo attaccavano a loro volta Wout van Aert (Team Visma Lease a Bike), Mathieu van der Poel (Team Alpecin Deceuninck), Axel Laurance (Team INEOS Grenadiers), Quinn Simmons (Team Lidl Trek) ed Arnaud De Lie (Team Lotto). Wright scollinava in prima posizione sul gpm della Côte de Montgiscard posto al km 111.6. Wright si ripeteva sul successivo gpm della Côte de Corronsac posto al km 117. Dopo che il gruppo maglia gialla diminuiva l’andatura – gli ultimi a tirare senza grossi risultati erano state Israel Premier Tech e Groupama FDJ – le fasi clou della tappa vedevano il braccio di ferro tra i cinque battistrada ed i cinque inseguitori. A 18 km dalla conclusione il vantaggio del gruppo di testa sul gruppo inseguitore era di una ventina di secondi. Abrahamsen scollinava in prima posizione sul gpm della Côte de Vieille-Toulouse posto al km 142.5. Schmid era l’unico a restare in testa insieme al ciclista norvegese. A 10 km dalla conclusione la coppia di testa aveva 20 secondi di vantaggio sul primo gruppo inseguitore formato da Simmons, Wright e Burgaudeau mentre il gruppo con Van der Poel e Van aert, ancora più dietro, sembrava ormai tagliato fuori dalla lotta per la vittoria di tappa. Abrahamsen scollinava in prima posizione insieme a Schmid. A 4 km dalla conclusione nel gruppo maglia gialla Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) era vittima di una caduta ma rientrava nel giro di una trentina di secondi scortato dai suoi uomini. Nella volata ristretta Abrahamsen aveva la meglio su Schmid mentre un generoso Van der Poel chiudeva in terza posizione a 7 secondi di ritardo. De Lie era quarto a 53 secondi di ritardo e chiudeva davanti a Van Aert. Ballerini era decimo a 1 minuto e 11 secondi di ritardo da Abrahamsen mentre il gruppo maglia gialla era regolato da Kaden Groves (Team Alpecin Deceuninck) a 3 minuti e 28 secondi di ritardo da Abrahamsen. Per il ciclista norvegese è la prima vittoria stagionale ed anche la prima vittoria in una tappa di un GT. In classifica generale rimane tutto invariato nelle primissime posizioni con Healy che resta in maglia gialla con 29 secondi di vantaggio su Pogacar e 1 minuto e 29 secondi di vantaggio su Remco Evenepoel (Team Soudal Quick Step). Domani è in programma la dodicesima tappa con i Pirenei che fanno il loro esordio al Tour. Si parte da Auch e si arriva sull’Hautacam dopo oltre 180 km. La Côte de Labatmale dopo una novantina di km farà da antipasto per i ben più esigenti Col de Soulor, Col des Bordères ed Hautacam, in cima al quale è posto l’arrivo. Sarà il primo vero scontro frontale tra coloro che aspirano alla maglia gialla.
Antonio Scarfone

La tappa la vince Abrahamsen ma il fatto del giorno è la caduta di Pogacar a 4 Km dall'arrivo
REWIND AND REPEAT SUL PUY SANCY. RICOMINCIO DA CAPO COME GIOVEDÌ
Mezzo Tour è volato via in variazioni sul tema
È innegabile: la tensione è alle stelle in vista della scalata a Lourdes Hautacam di questo prossimo giovedì, dove sono ormai attesi o pretesi miracoli di varia natura, che si tratti di ribaltare il Tour o quantomeno di disintegrare il record diabolico e bergmaniano di Bjarne Riis. È indiscutibile: per dieci tappe, su diversi terreni, sostanzialmente quasi tutti quelli previsti dal ciclismo su asfalto tranne la montagna, le prestazioni atletiche sono state eccelse, tanto da potersi battezzare senza troppe remore quali miglior cronoman al mondo colui che ha vinto la crono, migliori sprinter del momento quelli scornatisi nelle volate di gruppo, migliori classicomani forse di sempre quelli che hanno dominato gli arrivi più simili alle gare di un giorno, nonché naturalmente miglior fugaiolo colui che giovedì (scorso) ha conquistato il primo combattutissimo arrivo fra evasi della prima ora. O “seconda ora”, insomma ci siamo capiti: già non si può più dire “fuga del mattino” perché si parte all’ora di pranzo; adesso che per sganciare l’azione buona servono novanta minuti minimo di kolossal fra fuoco e fiamme, nemmeno è più appropriato riferirsi alla “prima ora”. Fatto sta che i distacchi in classifica generale sono già pesanti, gli interpreti sono di assoluto prestigio, la stanchezza è già alle stelle… ma il retrogusto resta di vaga insoddisfazione, nonostante vittorie memorabili – e ancora più memorabili sconfitte, come non pensare a van der Poel ripreso oltre la flamme rouge dopo 170 km di fuga a due col compagno Rickaert. Tuttavia nel complesso la mera “quantità di azione” è stata relativamente scarsa, proprio perché un certo appiattimento è derivato per un lato dall’esasperazione fisica imposta dalle velocità stratosferiche, e per altro verso, quasi paradossalmente, è stato imposto dal livello tecnico non eccelso che si registra al di fuori della cerchia sublime degli eletti. Un gradino troppo alto.
Arriviamo così a vedere tappe come quella di lunedì 14 luglio, festa nazionale, imbandita per massimizzare le speranze dei corridori nazionali con qualche fuga avventurosa, tracciato creativo, imprevedibile e impervio… eppure sostanziale ripetizione quasi letterale di una giornata senza infamia e senza lode come fu giovedì scorso in Normandia.
Lotta acerrima per fare partire una maxi fuga, casella marcata. UAE in controllo che punta a regalare la maglia gialla, casella marcata. Visma che si produce nel finale in una salva di ternate o, stavolta, sporadici petardi (ma senza mai chiamare all’azione il proprio capitano, se non per chiudere di reazione su Pogacar): casella marcata, pure questa. Ma qui si va addirittura oltre. I nomi dei protagonisti del finale? Ben Healy, certamente. Quinn Simmons, perché no? Michael Storer, non poteva mancare. Simon Yates. Bene, bravo, bis! Quattro dei primi cinque di giovedì scorso si ritrovano a lottare par pari nel finale di quattro tappe dopo. Ovviamente possiamo considerare Mathieu van der Poel assente giustificato dopo le mattane del giorno precedente. Non mancano le variazioni sul tema, e andremo ora a ripercorrerle, ma le corrispondenze sono impressionanti: a nulla è valso che l’azione iniziale fosse stata qui immensamente più corposa, per un motivo sul quale torneremo a breve, alla fin fine torna a distinguersi su tutti quanti una selezione di atleti di matrice anglosassone, leviamo l’irlandese Dunbar (che corre per un team australiano, i Jayco) e ci mettiamo O’Connor, australiano… della medesima squadra. L’unico intruso è l’olandese Arensman, già bravo al Trentino (ribattezzato da qualche anno Tour of Alps) nel rivaleggiare in mosse a lunga gittata con Storer, ma dopotutto portacolori della più anglosassone delle formazioni, l’INEOS (ex Team Sky).
Come detto la fuga iniziale era robustissima e il motivo risiede in un’altra delle minime variazioni viste da giovedì in qua, nondimeno fra le più interessanti: la UAE di Pogacar appare fortemente debilitata per il ritiro pregresso di Almeida causa caduta e per via di un Sivakov ancora convalescente, mentre Adam Yates, a differenza del gemello, non si è ancora svegliato dal letargo dei primi giorni di competizione. Lo attendiamo sulle vette. Politt fa il suo con dignità, ma non smette di manifestare i giusti limiti della sua dimensione tecnica, Wellens impiega tutta la sua classe per fare gli straordinari, Narváez si tiene sempre qualche ultimo scudiero di Pogacar, e la coperta già risulta un po’ corta. Quindi anzitutto fallisce il tentativo di lasciar davanti zero Visma o al massimo uno solo, oltre a Simon Yates ci sarà Campenaerts, fermato infatti in appoggio ai capitani per il finale. Nessun dramma in casa UAE, comunque, anche perché proprio in questo caso il buon Marc Soler, fantasmatico a giorni alterni, dimostra al mondo intero la ragione per cui non si riesce proprio a non convocarlo: su un terreno rognoso come pochi altri, anzi come forse nessun altro, data la natura inedita di questa tappa (tantisssimo dislivello ma senza alcuna salita lunga, solo salitelle, saliscendi, strappetti e mangia-e-bevi, tutto però in dosi industriali), il catalano si esalta, spendendosi, spremendosi, staccandosi, ma poi rientrando, risalendo in testa e di lì REWIND AND REPEAT AGAIN!
Il livello di disperazione che però serpeggia fra appassionati e giornalisti, forse pure fra gli avversari, è testimoniato al meglio dalla collezione di screenshot con cui fotogramma dopo fotogramma si cerca di leggere malessere sulla faccia di Pogacar attorno a metà tappa. Possibile che lo sloveno sia pure lui mezzo influenzato come appunto già Sivakov e lo stesso Almeida (ritiro per somma di fattori, in realtà). Chi lo sa. Certo che se quanto ci si affanna a commentare o peggio a sperare è solo questo…!
Torniamo allora in testa alla corsa, con la fuga, selezionata sostanzialmente da un forcing in salita di O’Connor. Ebbene, in questo giorno della marmotta vuole il destino che si ripetano assai simili anche le dinamiche interne alla fuga stessa, solo rimescolando i nomi. Stavolta è Ben Healy a dibattersi come già l’altra volta MvdP nel dilemma fra lottare per la tappa o sognare in giallo. Come pure in quel caso, una volta messa in saccoccia una vittoria parziale, prevale il desiderio di vestire quella maglia del primato che invece i veri “principi” della classifica generale preferiscono ormai evitare come la peste per gli obblighi che impone. Pogacar, dopo le bordate contro le reti sociali (“il cancro della nostra società”) regalateci settimane addietro, si cala ora nei panni di un Mourinho per dichiarare papale papale che “è soprattutto contento di non aver l’obbligo di parlare coi giornalisti nel giorno di riposo”. Sta di fatto che l’irlandese pazzo e razionale dopo aver azzardato un’altra delle sue mosse col copyright ai meno quaranta e spicci, vistosi ripreso invece di “vendicarsi” su chi l’ha inseguito cambia del tutto atteggiamento e munificamente regala ai compagni da quel punto in poi un’oretta di dietro moto. Lui in testa a tirare regolare, gli altri in scia, nemmeno un turno simbolico. Ovviamente Healy pensa a massimizzare la velocità media della fuga, gli altri a risparmiarsi per scannarsi a scatti nel finale. E così andrà, con la peculiarità aggiunta che scatta che ti scatta gli altri si sfiniranno quasi tutti e il buon Ben, continuando a salire regolare, farà comunque terzo: dei 29” che avrà su Pogacar in classifica generale… quattro sono di abbuono!
A parte una sfuriata solitaria di Quinn Simmons degna di menzione in cronaca, resta poco altro da segnalare: Simon Yates sarà il primo a smuovere le acque, di O’Connor la prima reazione, ma l’australiano paga i suoi sforzi di scrematura a metà tappa e dopo poco cede. Torna su potente, invece, Arensman, che pencolandosi sulle sue lunghissime leve riesce a riavvicinarsi fino a 30 metri, non di più, dalla ruota di Simon. L’ultimo km è un braccio di ferro avvincente ma senza rivolgimenti. Bravi tutti.
Altra bizzarria del giorno, la prestazione del miglior francese, il tignoso, umorale e giovanissimo scalatore tascabile Lenny Martínez, un po’ Lenny Kravitz (nel sound non nell’aspetto) e un po’ nipote di esuli repubblicani spagnoli (e questo è un fatto storico!). La bizzarria non sta nella condotta di tappa, una caccia ai punti dei GPM che lo lascia esausto nel finale ma gli porta in dote la maglia a pois già vestita al Tour da… suo padre (REWIND, REPEAT). No, la stranezza sta nella foto, la foto sull’arrivo: ultimo dei fuggitivi a essere ripreso, a un km dalla fine circa, s’incaponisce a mettersi a tirare, ma tirare chi? Pogi e Vingo! Così la foto sul traguardo e l’ordine di arrivo “simulano” una sorte di arrivo a tre in cui il francese regola i due fenomeni (che ovviamente l’han lasciato passare primo).
La situazione con Lenny Martínez riflette il livello di assurdità generato dal dislivello prestazionale fra il danese, lo sloveno e tutti gli altri. Arrivati sullo strappo finale di 3 km e spicci, il primo ad attaccare è Remco, ma quando Pogi apre gas, l’unico a stargli incollato (quasi letteralmente) è Jonas. Gli altri sono in un attimo così indietro che non riescono a rientrare nemmeno quando i primi due rallentano per fare il “regalino” al giovinetto francese.
Fino a quel momento, comunque, tutto iterazione e reiterazione formulaica. I Visma attaccano. Pogi li ignora e mette a tirare i superstiti fra i suoi. C’è gap, salta Jorgenson. Pogi lo segue, fine dell’azione. REWIND, REPEAT. Una, due, tre, sette volte. Come già visto in ogni tappa mossa dall’inizio del Tour in qua. Vingegaard non attacca mai. A un certo punto parte Pogi, e fa subito il vuoto, con l’eccezione del danese. Vingegaard non collabora, il ritmo cala, la situazione si chiude. Finora Pogacar aveva poi chiuso la partita con uno scatto secco sulla linea, vuoi per la vittoria o per mettere in fila gli altri. Oggi eccezione, o meglio variazione sul tema, a quanto pare per “omaggiare” Lenny Martínez e la sua adolescenziale sfrontatezza o semplice alzata di fantasia.
Variazioni sul tema, solo variazioni sul tema, cui siamo grati per distinguere un giorno dall’altro e intrattenerci un po’. In attesa del prossimo giovedì che, su Hautacam, dovrebbe essere Ben diverso dallo scorso giovedì. …Oppure no!
Gabriele Bugada

Simon Yates vince la prima tappa di montagna del Tour 2025 (foto Dario Belingheri/Getty Images)
IN AUSTRIA DOMINANO DEL TORO E GLI EMIRATI
Dominio della UAE Team Emirates – XRG nel Giro d’Austria con quattro tappe su cinque conquistate e la vittoria finale di Isaac Del Toro, che ha confermato la classe dimostrata all’ultimo Giro d’Italia
Quattro tappe su cinque, fatta eccezione per la frazione conclusiva, e la formazione degli emirati ha dominato la 74a edizione del Giro d’Austria. Nella prima tappa, con partenza e arrivo a Steyr, addirittura quattro corridori dei primi cinque dell’ordine d’arrivo vestivano la casacca UAE: a vincere in solitaria è stato Felix Großschartner seguito a 5” da Rafał Majka (UAE) e dall’unico “intruso” Archie Ryan (EF Education – EasyPost), mentre con 16″ di ritardo il primo gruppo inseguitore è stato regolato da Baroncini Filippo su Isaac Del Toro.
Nella seconda tappa è stato il messicano, smaltita la delusione del Giro d’Italia, ad imporsi in volata sul traguardo di Alpendorf precedendo allo sprint Andrew August (Ineos), Héctor Alvarez (Lidl-Treck) e i compagni di squadra Groβscharter e Alessandro Covi, con la squadra degli emirati che piazza ancora tre uomini tra i primi cinque. La classifica non cambia, fatta eccezione per l’ingresso in top five di August al posto di Baroncini, che rimane staccato.
A rubare parzialmente la scena all’UAE, almeno nelle prime tappe, è stato l’ex pilota della MotoGP Aleix Espargarò, al debutto in una corsa professionistica all’età di 35 anni, iscritto con la Lidl-Trek. Purtroppo una caduta all’inizio della terza tappa, che gli ha causato la rottura del legamento di un pollice, lo ha costretto a ritirarsi per l’impossibilità di frenare, levando alla corsa anche questa distrazione dal dominio emiratino. Il corridore spagnolo, vincitore di tre gare in sella ad un’Aprilia da sempre usava la bici come allenamento e si è detto deluso, ma contento di aver dimostrato di non essere solo un acquisto di marketing.
La tappa del ritiro di Espargarò è terminata a Salisburgo dove Del Toro ha piazzato sulla salita del Gaisberg, che ospitava il traguardo, la sua seconda zampata con un’azione fulminea a 500 metri dall’arrivo, riuscendo a riprendere e sorpassare August, giunto secondo a 5”. Alle sue spalle si è piazzato ancora Groβscharter, che ha salvato la maglia di leader per 3”, seguito alla spicciolata da Ryan e Felix Engelhardt (Jayco).
Nella tappa regina, che prevedeva l’arrivo in salita ai 2024 metri di Kühtai, stazione sciistica tirolese, Del Toro ha completato la sua tripletta staccando nuovamente gli avversari: alle sue spalle hanno terminato Ryan a 4”, Majka a 6”, Enlhardt a 25” ed Esteban Chaves (EF Education – EasyPost) a 34”, mentre è pesantemente crollato l’ex leader e suo compagno di squadra è crollato Groβscharter, giunto al traguardo con più di 3 minuti di ritardo.
Nella conclusiva tappa di Feldkirch la UAE ha preferito amministrare il vantaggio conseguito, permettendo alla fuga di arrivare e lasciando spazio alle altre squadre. Torna così alla vittoria dopo oltre tre anni (se si esclude il campionato nazionale a cronometro), Bob Jungels (Ineos), che stacca tutti e si impone in solitaria con 1′45″ su Rui Costa e Florian Vermeersch, altro corridore in forma alla formazione araba.
Del Toro “vendica” così la sconfitta al Giro d’Italia imponendosi nella classifica finale con 29″ su Rayan e 47″ su Majka, mentre il migliore degli azzuri è lo scalatore lombardo Luca Vergallito (Alpecin – Deceuninck), 11° con un passivo di 4′16″. La UAE si porta ovviamente a casa la classifica a squadre, condendo il successo finale anche con la conquista delle classifiche a punti e del miglior giovane, che entrambe vedono in testa Del Toro. Un bottino quasi completo al quale manca solo la classifica dei Gran Premi della Montagna, al cui vertice si è issato il figlio d’arte Nicolas Vinokurov (XDS Astana Team)
Andrea Mastrangelo

Del Toro vince la tappa regina del Giro d'Austria
ELISA LONGO BORGHINI CONQUISTA IL SUO SECONDO GIRO D’ITALIA WOMEN
Liane Lippert vince la tappa finale all’autodromo di Imola. Sul podio finale anche Reusser e Gigante.
Il Giro d’Italia Women 2025 si chiude con il trionfo di Elisa Longo Borghini. Dopo otto tappe combattute l’azzurra della UAE Team ADQ sale sul gradino più alto del podio a dodici mesi dalla sua prima affermazione, confermandosi regina della corsa rosa. La tappa conclusiva da Forlì a Imola, con arrivo all’interno dell’Autodromo Enzo e Dino Ferrari, ha premiato nuovamente Liane Lippert (Movistar Team), che festeggia il secondo successo personale in questa edizione.
Il circuito finale, ispirato al percorso dei Campionati Mondiali del 2020, non ha ribaltato le sorti della classifica generale. La ongo Borghini ha controllato con intelligenza ogni situazione, difendendo la Maglia Rosa conquistata nella tappa del Monte Nerone. Il momento decisivo arriva quando sull’ultima salita Liane Lippert e Anna van der Breggen (Team SD Worx – Protime) si avvantaggiano sul gruppo andandosi a giocare la vittoria allo sprint. All’interno dell’autodromo di Imola la tedesca della Movistar ha avuto la meglio sull’olandese, mentre Marlen Reusser (Movistar Team), è giunta terza a 8 secondi, regolando il gruppo delle migliori.
Elisa Longo Borghini chiude così in testa alla classifica generale con 18” sulla Reusser e 1’11” su Sarah Gigante (AG Insurance – Soudal Team), vincitrice di due tappe e della Maglia Azzurra del Gran Premio della Montagna. Antonia Niedermaier (CANYON//SRAM zondacrypto) si conferma miglior giovane e conquista la Maglia Bianca, mentre Lorena Wiebes (Team SD Worx – Protime) chiude il Giro con la Maglia Rossa della classifica a punti e con la conquista del Premio Combattività Best Western. Infine, Eleonora Ciabocco ( Team Picnic PostNL) ha vinto il Premio Carta Giovani Nazionale come miglior italiana giovane in classifica, mentre la migliore delle 21 squadre in campo è risultato il AG Insurance – Soudal Team
Al termine della corsa, La Longo Borghini ha dichiarato: “È stato un Giro incredibile per me e per la squadra. Gli ultimi otto giorni sono stati intensi: avevamo un obiettivo comune e lo abbiamo raggiunto. Sono senza parole… questa sensazione è semplicemente incredibile”.
Più tardi ha aggiunto: “Questa vittoria significa molto, anche perché venivo da una primavera dove non sono arrivati i risultati sperati. La sintesi di tutto questo credo sia la tappa di Monselice, dove siamo riuscite a portare un attacco di squadra in una frazione che sulla carta non aveva nulla da dire. Sul podio mi sono emozionata per l’affetto che hanno dimostrato i tifosi”.
Seconda classificata nella generale, la Reusser ha commentato: “Negli ultimi tre giorni non sono stata bene, ma la squadra mi ha sempre supportata. Elisa ha meritato di vincere, ma tornerò per giocarmela di nuovo”.
Sarah Gigante, terza, ha aggiunto: “Non avrei mai immaginato un Giro così. Dopo l’operazione che mi ha tenuta ferma mesi, torno in Australia con tanta gioia. È stato un Giro bellissimo”.
Grande soddisfazione anche per Liane Lippert, vincitrice della tappa conclusiva: “Vincere due tappe è un sogno. Ieri è stata una giornata deludente, ma oggi volevamo riscattarci. Marlen ha lavorato per me nel finale, è una persona speciale. Io ho solo voluto restituirle qualcosa”.
Lorena Wiebes, Maglia Rossa e Premio Combattività, ha detto: “Non era il mio primo obiettivo, ma ho deciso di lottare per portarla a casa. Oggi ero stanca, ma felice del mio Giro, che mi ha dato grande fiducia”.
Antonia Niedermaier, Maglia Bianca: “Finalmente la porto a casa. La pressione di Holmgren si è fatta sentire, ma ho saputo gestirla. È una delle gare più difficili e belle allo stesso tempo”.
Per Elisa Longo Borghini si tratta della seconda vittoria finale al Giro, traguardo che un’atleta italiana non raggiungeva dai tempi di Fabiana Luperini. Liane Lippert sale a tre successi complessivi al Giro, mentre il cambio decisivo della Maglia Rosa, giunto alla penultima tappa, è il primo dal 2020.
Mario Prato
A CHÂTEAUROUX TIM MERLIER SVERNICIA LA CONCORRENZA, MILAN SECONDO
Tim Merlier (Team Soudal Quick Step) rinnova il duello con Jonathan Milan (Team Lidl Trek) e ne esce ancora vincitore sul traguardo di Châteauroux. Terzo un redivivo Arnaud De Lie (Team Lotto)
La nona tappa del Tour 2025 vedrà ancora i velocisti all’opera dopo la volata di ieri che ha visto Jonathan Milan (Team Lidl Trek) vincere nettamente davanti a Wout van Aert (Team Visma Lease a Bike) e Kaden Groves (Team Alpecin Deceuninck) e che ha cancellato il tabù delle vittorie italiane al Tour che durava da sei anni. Oggi il corazziere di Tolmezzo può fare il bis a Châteauroux dove l’ultimo a vincere è stato Mark Cavendish nel 2021. La tappa di oggi è completamente pianeggiante e non dovrebbe quindi riservare particolari sorprese con la volata prevista al 99%. Dopo la partenza da Chinon andavano all’attacco Mathieu van der Poel e Jonas Rickaert (Team Alpecin Deceuninck). Il gruppo lasciava fare e Van der Poel per buona parte della tappa era anchela maglia gialla virtuale. Il ciclista olandese si aggiudicava il traguardo volante di La Belle Indienne, posto al km 24.2. La frattura alla costola patita nella caduta della tappa di venerdì metteva fuori causa Joao Almeida (UAE Team Emirates XRG), che era costretto al ritiro quando mancavano 84 km alla conclusione. Tadej Pogacar perdeva così un gregario fondamentale che sarebbe stato capitano in qualsiasi altra squadra. A 40 km dall’arrivo la coppia di testa aveva un vantaggio di 2 minuti sul gruppo maglia gialla, tirato dagli uomini della Lidl Trek. Rickaert dava tutto negli ultimi 30 km prendendo vento e facendo la maggior parte dell’andatura per Van der Poel, che restava da solo in testa a circa 6 km dalla conclusione. Nonostante gli sforzi il ciclista olandese veniva ripreso a soli 700 metri dal traguardo. Era la Israel Premier Tech a tirare la volata per Pascal Ackermann, ma da dietro partiva un nuovo duello tra Milan e Tim Merlier (Team Soudal Quick Step), che ancora una volta aveva la meglio sull’italiano. In terza posizione si piazzava un redivivo Arnaud De Lie (Team Lotto) mentre chiudevano la top five Pavel Bittner (Team Picnic PostNL) in quarta posizione e Paul Penhoët (Groupama – FDJ) in quinta posizione. Per Merlier è la seconda vittoria di tappa al Tour 2025. In classifica generale resta tutto invariato nelle prime posizioni con Pogacar sempre in maglia gialla davanti a Remco Evenepoal (Team Soudal Quick Step) e Kévin Vauquelin (Team Arkea B&B Hotels). Domani è la festa nazionale francese e al Tour si comincia a fare sul serio con la decima tappa da Ennezat a Le Mont-Dore di 165.3 km con ben otto GPM sui quali i big della classifica inizieranno a rodare i motori in vista dei Pirenei, in programma settimana prossima.
Antonio Scarfone

A Châteauroux come a Dunkerque Tim Merlier nega la gioia del successo al nostro Milan (foto Tim de Waele / Getty Images)
SARAH GIGANTE TRIONFA SUL MONTE NERONE, MA LA NUOVA MAGLIA ROSA È ELISA LONGO BORGHINI
La settima tappa del Giro d’Italia Women 2025 ha regalato emozioni e colpi di scena: sul traguardo in salita del Monte Nerone Sarah Gigante conquista la seconda vittoria personale nella corsa rosa, mentre Elisa Longo Borghini si prende la Maglia Rosa, ribaltando la classifica generale a un giorno dal termine. La montagna ha emesso il suo verdetto, restringendo la lotta per il successo finale a tre sole protagoniste.
La tappa regina del Giro d’Italia Women 2025 ha rispettato tutte le attese. I 150 chilometri da Fermignano a Monte Nerone, con un finale di salita selettivo e impegnativo, hanno ridisegnato la classifica generale e regalato una nuova leader, Elisa Longo Borghini. L’azzurra della UAE Team ADQ ha colto l’attimo giusto per forzare il ritmo insieme alla compagna di squadra Silvia Persico, prendendo vantaggio nel tratto che precede la salita decisiva. Alle sue spalle, però, Sarah Gigante (AG Insurance – Soudal Team) ha lanciato un attacco deciso a 2.700 metri dal traguardo, staccando tutte e involandosi verso il secondo successo personale in questo Giro, dopo quello ottenuto a Pianezze.
La Gigante ha tagliato il traguardo in solitaria con 45” sulla Longo Borghini e 1’14” su Isabella Holmgren, giovane promessa della Lidl-Trek, oggi autrice di una grande prestazione. Marlen Reusser (Movistar Team), fino a ieri in Maglia Rosa, ha pagato lo sforzo nella parte conclusiva della salita ed è giunta quarta a 1’17”, perdendo il simbolo del primato a favore dell’italiana.
Al termine della tappa la Longo Borghini guida la classifica generale con 22” sulla Reusser e 1’11” sulla stessa Gigante, ormai lanciatissima in un finale che si preannuncia incandescente. Paulina Rooijakkers (Fenix-Deceuninck) e Antonia Niedermaier (CANYON//SRAM zondacrypto) seguono più distanziate con quasi 3 minuti di ritardo.
“Due vittorie di tappa sono un risultato importante — ha dichiarato Sarah Gigante subito dopo l’arrivo —. Oggi mi sentivo bene, ho attaccato nel tratto più duro perché volevo dimostrare che il successo di Pianezze non era un caso. Sono grata alla mia squadra, abbiamo corso unite tutto il giorno. Domani ci riproverò”.
In conferenza stampa, l’australiana ha aggiunto: “L’obiettivo non era la tappa, ma il recupero in classifica generale. Superare atlete come Van der Breggen, Rooijakkers e Niedermaier mi dà fiducia. Il Mondiale di Imola l’ho visto in TV, conosco il percorso e so che sarà un’altra giornata impegnativa”.
Emozionata e lucida anche Elisa Longo Borghini, raggiante al traguardo: “Tornare in Maglia Rosa è bellissimo, ci abbiamo creduto come squadra. Quando io e Persico ci siamo trovate davanti, ho capito che era il momento di rischiare. Sarah oggi è stata fortissima, merita i complimenti. Domani sarà dura difendersi, ma ci proveremo con il cuore”.
Sarah Gigante è la prima australiana dal 1998 a vincere due tappe in un’unica edizione del Giro Women, dopo Anna Wilson Millward. È anche la 21ª vittoria per l’Australia nella corsa rosa, che così raggiunge gli Stati Uniti al quarto posto per successi nazionali. Per la Longo Borghini si tratta del ventesimo podio di tappa in carriera, il terzo in questa edizione. Da segnalare infine il primo podio per la giovanissima Holmgren, la più giovane a riuscirci dal 2020.
Oggi si chiude il Giro con la tappa finale, 134 chilometri da Forlì all’Autodromo di Imol su un percorso di mezza montagna con quattro giri del circuito mondiale 2020, comprendente le salite di Mazzolano e Cima Gallisterna. L’ultima sfida si concluderà proprio sul tracciato dell’Enzo e Dino Ferrari: le emozioni non sono finite.
Mario Prato

Sarah Gigante si impome sul Monte Nerone (foto Luc Claessen / Getty Images)
MILAN INCORNA VAN AERT. IL TORO DI BUJA SI IMPONE A LAVAL INTERROMPENDO IL LUNGO DIGIUNO DI VITTORIE ITALIANE AL TOUR
L’Italia torna a far festa al Tour dopo un digiuno di vittorie che durava dal 27 luglio del 2019, giorno nel quale Vincenzo Nibali si era imposto a Val Thorens. Sei anni dopo l’affermazione dello scalatore siciliano è stato un velocista, il friulano Jonathan Milan, a interrompere questa “carestia” regolando allo sprint Wout Van Aert sul traguardo di Laval.
Dopo tre tappe che hanno causato molti spostamenti in classifica generale, con la maglia gialla che è passata sulle spalle di Tadej Pogačar (UAE Team Emirates – XRG), poi ritornata a Mathieu van der Poel (Alpecin – Deceuninck) e infine è tornata saldamente sulle spalle dello sloveno, il Tour de France presenta oggi una tappa quasi completamente pianeggiante, che quasi certamente vedrà i favoriti riposarsi in vista delle grandi salite dei prossimi giorni e i velocisti darsi battaglia sulla linea del traguardo. A voler essere pignoli, a 16 chilometri dall’arrivo si affronta un GPM di 4° categoria, la Côte de Nuillé-sur-Vicoin, ma trattandosi di soli 900 metri con una pendenza media che non raggiunge il 4%, pare veramente difficile che vi possa avvenire una qualsiasi selezione. Semmai, a scompigliare i piani dei velocisti, potrebbe rivelarsi più impegnativo l’arrivo a Laval, con 1400 metri di salita finale al 3% circa, abbastanza da mettere in difficoltà i velocisti puri ma non abbastanza da tagliarli fuori. La tappa, che parte dal paese bretone di Saint-Méen-le-Grand e si dirige verso la Francia centrale, arriva a Laval dopo 171 chilometri, precisamente nella zona dell’Espace Mayenne, sorta di polo ricreativo dove sono presenti sale da concerti e impianti sportivi (c’è anche un velodromo) e che fu inaugurato quattro anni fa da un altro arrivo del Tour, una tappa a cronometro vinta da Pogacar. Lo stesso sloveno guida ora la classifica generale con 54 secondi su Remco Evenepoel (Soudal Quick-Step) e 1 minuto e 11 seconda sulla grande promessa del ciclismo francese Kévin Vauquelin (Arkéa – B&B Hotels), che precede di pochi secondo l’altro grande favorito del Tour, il danese Jonas Vingegaard (Team Visma | Lease a Bike). Pogacar, unico corridore ad aver vinto più di una tappa, guida anche la classifica a punti, mentre il suo compagno di squadra Tim Wellens è al vertice di quella degli scalatori.
Si parte alle 13.25 e le previsioni vengono subito confermate: nessuno attacca e il gruppo procede compatto, ad andatura cicloturistica, sino allo sprint intermedio nella cittadina di Vitré, a metà corsa, vinto dal nostro Jonathan Milan (Lidl – Trek) sul velocista belga Tim Merlier (Soudal Quick-Step). Qualche chilometro dopo si muovono due corridori della Team TotalEnergies, i francesi Mathieu Burgaudeau (una tappa vinta alla Parigi-Nizza) e Mattéo Vercher (un successo al Tour du Doubs, corsa in linea minore che si disputa in Francia). Il grande caldo di oggi (ci sono circa 30 gradi e neanche una nuvola all’orizzonte) non aiuta i fuggitivi, che a fatica guadagnano un minuto sul gruppo, pur mantenendolo sino alla Côte de Nuillé-sur-Vicoin, dove è Burgaudeau a transitare per primo. Il traguardo si avvicina, il vento è favorevole, e i due compagni di squadra, come è ovvio, collaborano pienamente, spingendo a testa bassa nella speranza che nel gruppo le squadre dei velocisti tardino ad organizzarsi. Tutto è, però, vano: a 13 chilometri dall’arrivo il loro vantaggio è sceso a 30 secondi e Vercher si rialza. A 11 chilometri il solo Burgaudeau mantiene 12 secondi e quando ne mancano 9 all’arrivo viene ripreso. Nel frattempo una foratura costinge Tim Merlier (Soudal Quick-Step), tra i favoriti di oggi e già vincitore della terza tappa, a inseguire il gruppo per diversi chilometri. Lo sforzo si farà sentire e il belga rinuncerà a disputare la volata, che si riduce ad uno scontro fra Milan, tirato da Simone Consonni, Kaden Groves (Alpecin – Deceuninck), tirato da Van der Poel e Wout Van Aert (Team Visma | Lease a Bike), che sfruttando la leggera salita finale fa tutto da solo e riesce ad arrivare secondo, battendo Groves ma non Milan, che trionfa a braccia alzate riportando l’Italia sul gradino più alto del podio dopo ben sei anni (quando Vincenzo Nibali vinse a Val Thorens). Milan si riprende anche la maglia verde di leader della classifica a punti, mentre la classifica generale resta immutata e così pure quella degli scalatori, sempre capeggiata da Wellens, e quella dei giovani, che vede primo Evenepoel. Domani si replica con un’altra tappa pianeggiante.
Andrea Carta

Jonathan Milan si impone a Laval interrompendo il digiuno di vittorie italiane al Tour de France (foto Marco Bertorello / AFP via Getty Images)
LA LIPPERT VINCE A TERRE ROVERESCHE, LA REUSSER RESTA IN ROSA: LA MOVISTAR DOMINA LA SESTA TAPPA DEL GIRO D’ITALIA WOMEN
La sesta frazione del Giro d’Italia Women 2025, da Bellaria Igea Marina a Terre Roveresche, si è rivelata tutt’altro che interlocutoria. Tra fughe, scatti e risposte da leader, la Movistar Team ha messo a segno un doppio colpo: la vittoria di giornata con Liane Lippert e la conferma in Maglia Rosa per Marlen Reusser. Una tappa dal profilo movimentato che, senza rivoluzionare la classifica generale, ha comunque ristretto il cerchio delle pretendenti alla corsa rosa, alla vigilia del temuto arrivo sul Monte Nerone.
Continua a far festa la Movistar al Giro d’Italia Women, grazie alla vittoria della tedesca Liane Lippert traguardo di Orciano di Pesaro, in comune di Terre Roveresche, dove difende la Maglia Rosa di Marlen Reusser. Sul traguardo di Orciano di Pesaro, in comune di Terre Roveresche, l’ex campionessa nazionale tedesca ha anticipato di pochi secondi le olandesi Pauliena Rooijakkers (Fenix-Deceuninck) e Shirin Van Anrooij (Lidl – Trek). Il gruppo delle big ha chiuso con 1′24″ di ritardo dopo un attacco di Elisa Longo Borghini (UAE Team ADQ) sui saliscendi del finale, tentativo che non ha colto imprerata l’elvetica Marlen Reusser (Movistar Team). La compagna di squadra della vincitrice di tappa ha così conservato la Maglia Rosa con distacchi immutati sulla Longo Borghini (2° a 16″) e sull’olandese Anna van der Breggen (Team SD Worx – Protime, 3° a ‘153″), mentre grazie al tempo conquistato grazie alla fuga odierno è risalita fino al quarto posto la Rooijakkers, ora distanziata di 2’03” dalla Maglia Rosa.
“È stata una giornata fantastica, mi sentivo bene e il team mi ha dato carta bianca — ha raccontato una sorridente Lippert —. Volevo ripagare la fiducia, e vincere su un tracciato simile a quello dell’anno scorso mi ha dato la spinta giusta. La Maglia Rosa resta il nostro obiettivo principale: siamo un gruppo unito e compatto, e per Marlen faremo tutto il necessario fino a Roma”.
Dal canto suo la Reusser ha sottolineato la buona gestione della corsa: “Mi aspettavo un attacco da parte di Elisa, ma ho reagito nel modo giusto. È stata una bella giornata per il team, e sono felice per Liane. Domani ci aspetta la salita del Monte Nerone: l’ho provata qualche mese fa, e sapere cosa ci aspetta può fare la differenza”.
La sesta tappa regala così alla Lippert la 54ª vittoria tedesca nella storia del Giro Women e il primo podio per Rooijakkers e Van Anrooij. Per il terzo anno consecutivo, è la Movistar a imporsi nella tappa numero sei della corsa rosa: dopo la Van Vleuten a Canelli nel 2023 e la stessa Lippert a Chieti nel 2024, il tris è servito.
Ora su affronterà la tappa più dura dell’edizione 2025, che scatterà da Fermignano per concludersi dopo 150 Km sul Monte Nerone. Il percorso prevede una sequenza di salite sempre più dure che culmina negli ultimi 8 chilometri con pendenze medie superiori al 9% e punte fino al 12%. Sarà la tappa chiave per la Maglia Rosa, e le scalatrici avranno l’ultima parola.
Mario Prato

Liane Lippert vince la sesta tappa del Giro d'Italia riservato alla donne (foto Luc Claessen/Getty Images)