BENNETT VINCE IN SCIOLTEZZA AD OVIEDO. ROGLIČ RESTA IN MAGLIA ROSSA

settembre 7, 2019 by Redazione  
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Sul traguardo di Oviedo, dopo una caduta a un chilometro dall’arrivo che spezza il gruppo, Sam Bennett (Bora Hansgrohe) si invola senza ostacoli verso la seconda vittoria alla Vuelta 2019. Domani grande attesa per il tappone con arrivo al Santuario del Acebo.

Per quanto sia una tappa di transizione verso una domenica ed un lunedì che promettono spettacolo, la quattordicesima frazione della Vuelta 2019 da San Vicente de la Barquera ad Oviedo non pende completamente dalla parte dei velocisti. Lungo i 188 km che i ciclisti dovranno percorrere si costeggia per buoni tre quarti di tappa l’Oceano Atlantico da est ad ovest e qualche insidia dal vento può sempre capitare. Inoltre, gli ultimi 25-30 km non sono completamente piatti e bisognerà scalare anche l’Alto La Madera, unico GPM di terza categoria in programma che metterà ulteriore fatica in gambe già stanche dopo due settimane di corsa. Dopo la partenza erano sei i ciclisti che riuscivano ad evadere dal gruppo: Silvan Dillier (AG2R La Mondiale), Luka Pibernik (Bahrain-Merida), Harm Vanhoucke (Lotto Soudal), Salvatore Puccio (Team INEOS), Diego Rubio (Burgos-BH) e Stéphane Rossetto (Cofidis). In testa al gruppo si portavano uomini della Bora Hansgrohe e della Deceuninck-Quick Step per controllare la fuga, che dopo 20 km aveva un vantaggio di circa 2 minuti sul gruppo maglia rossa. Le squadre dei velocisti non permettevano che il vantaggio aumentasse più di tanto. A 60 km dall’arrivo Rossetto era il primo fuggitivo che si staccava, quando il vantaggio della fuga sul gruppo era di poco inferiore ai 2 minuti. Rubio si aggiudicava lo sprint intermedio di Gijón poi, allo scollinamento dell’Alto La Madera, ai fuggitivi non restava che una cinquantina di secondi di vantaggio sul gruppo. Le speranze di riuscita degli attaccanti venivano interrotte a 6 km dall’arrivo quando una decisa accelerazione della Mitchelton-Scott annullava la fuga. Il gruppo si preparava quindi alla volata con la Deceuninck-Quick Step che si portava nelle prima posizioni. Proprio sotto lo striscione dell’ultimo chilometro un improvviso scarto verso destra di Luka Mezgec (Mitchelton-Scott), forse toccato alla ruota posteriore, innescava la caduta di una ventina di ciclisti, tra i quali proprio lo sloveno sembrava il più dolorante, a lungo tempo disteso sull’asfalto. Nel frattempo Sam Bennett (Bora Hansgrohe), lanciato alla perfezione dai propri compagni, si involava tutto solo ai 400 metri dall’arrivo e vinceva praticamente senza volata. Secondo si classificava l’argentino Maximiliano Richeze (Deceuninck-Quick Step) mentre terzo era Tosh Van Der Sande (Lotto Soudal) con un passivo di 2″, ma poi la giuria, come da regolamento, annullava tutti i numerosi distacchi provocati dalla caduta. Bennett ottiene così la seconda vittoria alla Vuelta 2019 mentre in classifica generale resta tutto invariato con Primož Roglič (Jumbo Visma) che conduce con 2 minuti e 25 secondi di vantaggio su Alejandro Valverde (Movistar) e 3 minuti e 1 secondo di vantaggio su Tadej Pogačar (UAE-Team Emirates). Domani si torna in montagna per la frazione che Tineo condurrà al Santuario del Acebo in 154.4 km. Si tratta probabilmente dell’ultima tappa veramente dura della Vuelta 2019 (anche se prima di Madrid s’incontreranno altre impegnative 3 frazioni di montagna), con quattro GPM di prima categoria, anche piuttosto lunghi per le abitudini della corsa spagnola. La classifica generale si delineerà quasi definitivamente e Roglič dovrà avere gli occhi aperti fino alla linea del traguardo, posta al termine di un’ascesa di 8 Km al 9.7% di pendenza media.

Giuseppe Scarfone

Sam Bennett vince uno sprint fortemente selezionato dalla caduta ad un chilometro dal traguardo di Oviedo (foto Bettini)

Sam Bennett vince uno sprint fortemente selezionato dalla caduta ad un chilometro dal traguardo di Oviedo (foto Bettini)

POGAČAR, UN MACHO SUI MACHUCOS. ROGLIČ RESTA IN MAGLIA ROSSA

settembre 6, 2019 by Redazione  
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Tadej Pogačar (UAE-Team Emirates) mette tutti in fila sul durissimo finale di Los Machucos. Lo sloveno parte a 3 km dall’arrivo e gli resiste soltanto Primož Roglič (Jumbo Visma), che difende con autorità la maglia rossa. Entusiasmante la lotta per il podio con quattro ciclisti nel giro di poco più di un minuto. Domani tappa per velocisti con arrivo ad Oviedo.

Dopo un paio di giorni relativamente tranquilli, che hanno visto l’arrivo di due fughe con i big di classifica a controllarsi reciprocamente, la tredicesima tappa della Vuelta 2019 si candida ad essere una di quelle decisive per la vittoria finale ed anche per le posizioni sul podio. Si parte da Bilbao e si arriva a Los Machucos dopo 166.4 km. La tappa è infarcita di GPM, ben sette. I primi sei si dividono tra seconda e terza categoria mentre l’ultimo, posto all’arrivo, è di categoria speciale e attende i ciclisti con punte in doppia cifra e spesso superiori al 20%. Da Bilbao non partiva Fabio Aru (UAE-Team Emirates), costretto al ritiro per problemi muscolari. Anche la fuga, dopo la partenza all’interno dello stadio di San Mamés, non decollava immediatamente. Nonostante alcuni tentativi, era lungo l’ascesa dell’Alto de la Escrita, primo GPM in programma, a formarsi un primo drappello di attaccanti che via via aumentava nel numero. Alla fine erano in 29 i ciclisti che riuscivano ad evadere dal gruppo: Antonio Pedrero (Movistar Team), Pierre-Roger Latour, Geoffrey Bouchard e Clément Venturini (AG2R La Mondiale), Domen Novak (Bahrain-Merida), Felix Großschartner (Bora-Hansgrohe), Philippe Gilbert (Deceuninck-Quick Step), Sergio Henao (UAE-Team Emirates), Sergio Higuita (EF Education First), Bruno Armirail (Groupama-FDJ), Thomas De Gendt (Lotto Soudal), Tsgabu Grmay e Damien Howson (Mitchelton-Scott), Louis Meintjes (Dimension Data), Wout Poels e David de la Cruz (Team Ineos), Steff Cras, Matteo Fabbro e Ruben Guerreiro (Katusha Alpecin), Robert Power e Martijn Tusveld (Sunweb), Gianluca Brambilla e Niklas Eg (Trek Segafredo), Ángel Madrazo (Burgos-BH), Sergei Chernetskii (Caja Rural-Seguros RGA), Jesús Herrada e Darwin Atapuma (Cofidis), Mikel Bizkarra ed Héctor Sáez (Euskadi-Murias). Poels transitava in prima posizione sull’Alto de la Escrita e poi il consistente gruppo dei fuggitivi accumulava un vantaggio di 3 minuti lungo la succesiva discesa. Sul successivo Alto de Ubal era Herrada a transitare per primo, mentre sul Collado de Asón toccava a Poels. Si faceva incandescende anche la lotta per la maglia a pois con Madrazo che sentiva sul collo il fiato di Herrada e di Poels. La fuga sembrava anche questa volta avere la meglio sul gruppo maglia rossa, il quale inseguiva con quasi 7 minuti di ritardo e non sembrava interessato più di tanto ad annullarla. Tra l’altro, bisognava anche considerare che tra i fuggitivi quello messo meglio in classifica generale era Higuita, che aveva un ritardo da Primož Roglič (Jumbo Visma) di 10 minuti e 21 secondi. Herrada scollinava per primo sul successivo Puerto de Alisas mentre la fuga aveva portato a quasi 9 minuti il vantaggio su un indolente gruppo maglia rossa. All’inizio del Puerto de Fuente las Varas, terzultimo GPM in programma, Sáez si ritrovava da solo in testa alla corsa con gli ex compagni di fuga a quasi 2 minuti di ritardo. Il gruppo maglia rossa inseguiva a circa 8 minuti. A 31 km dall’arrivo l’Astana prendeva in mano le redini della corsa e imprimeva un deciso cambio di ritmo al gruppo maglia rossa, che in poco tempo si riduceva a circa una quarantina di unità. Sáez nel frattempo scollinava per primo sia sul Puerto de Fuente las Varas, sia sul successivo Puerto de la Cruz de Usaño. L’accelerazione impressa dall’Astana aveva ridotto il ritardo da Sáez a poco più di 5 minuti quando mancavano 15 alla conclusione. Sull’ultima durissima ascesa verso Los Machucos Sáez veniva superato prima da Admirail e poi da Latour quando mancavano circa 4 km dall’arrivo. Nel frattempo il gruppetto maglia rossa si era avvicinato moltissimo al francese dell’AG2R; era la coppia slovena formata da Tadej Pogačar (UAE-Team Emirates) e Roglič a sferrare l’attacco decisivo e a lasciarsi alle spalle Alejandro Valverde (Movistar), Nairo Quintana (Movistar) e Miguel Ángel López (Astana). La coppia raggiungeva e superava Latour a meno di 2 km dall’arrivo e poi era Pogačar a trionfare sul traguardo con Roglič subito dietro. Al terzo posto si classificava Latour con 27 secondi di ritardo, mentre chiudevano la top five Valverde e Quintana, rispettivamente quarto e quinto. Più dietro, a 1 minuto e 1 secondo di ritardo, giungeva López, oggi sicuramente il peggiore tra i big. Pogačar, oltre a fare sua la seconda tappa alla Vuelta 2019, si porta adesso in terza posizione in classifica generale con un ritardo di 3 minuti e 1 secondo su Roglič, mentre Valverde resta in seconda posizione a 2 minuti e 25 secondi dallo sloveno. Più dietro troviamo López e Quintana, rispettivamente quarto e quinto con ritardi di 3 minuti e 18 secondi e 3 minuti e 33 secondi da Roglič. La lotta per il podio è entusiasmante e Pogačar potrà costituire una mina vagante per il finale della Vuelta. Domani è in programma la quattordicesima tappa da San Vicente de la Barquera ad Oviedo. Sarà una tappa di transizione visto che è quasi completamente piatta e presenta un solo GPM di terza categoria a 16 km dall’arrivo. Il pronostico arride ai velocisti, anche se per arrivare al traguardo dovranno “digerire” la lieve ascesa che caratterizza il chilometro conclusivo.

Giuseppe Scarfone

Dominio sloveno nella tappa cantabrica della Vuelta 2019 (Getty Images)

Dominio sloveno nella tappa cantabrica della Vuelta 2019 (Getty Images)

GILBERT, UN’ALTRA PERLA NELLO SCRIGNO DI BILBAO

settembre 5, 2019 by Redazione  
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A Bilbao, una delle prestigiose sedi del museo d’arte moderna Guggenheim, Philippe Gilbert firma un’altro capolavoro d’arte sportiva della sua luminosa carriera. All’età di 37 anni suonati, compiuti 2 mesi fa, il campione belga lascia i compagni di fuga sul muro dell’Alto de Arraiz e giunge al traguardo nella cittadina basca con 3″ di vantaggio sui più immediati inseguitori. Nulla cambia in classifica generale nei piani alti e così lo sloveno Primož Roglič conserva la maglia rossa alla vigilia dell’ostico arrivo in salita a Los Machucos

Si è corsa oggi la dodicesima tappa della settantaquattresima edizione della Vuelta ciclista a Españam, una fazione di 171,4 chilometri che scattava dal circuito automobilisitico di Navarra per terminare a Bilbao, città faro dei Paesi Baschi. Il percorso era pieno di insidie e adatto agli attaccanti per la presenza di un paio di ripissimi muri nel finale. Non prendeva il via Benjamin Thomas (Groupama-FDJ) che abbandonava la corsa a causa della bronchite che gli aveva provocato anche febbre alta. Il gruppo nei primissimi chilometri non lasciava spazio alla fuga, tanto che si arrivava a ranghi compatti alla prima salita, l’Alto de Azazeta, GPM di 3a categoria situato a 43 km dalla linea di partenza. In vetta all’ascesa, lunga 4,9 km e caratterizzata da una pendenza media del 3.9%, transitavano nell’ ordine Sergio Henao (UAE-Team Emirates), Tosh van der Sande (Lotto Soudal) e Robert Power (Sunweb), col colombiano che voleva insidiare Ángel MAdrazo (Burgos-BH) nella lotta per la maglia a pois. Il gruppo ritornava compatto nella discesa seguente e avrebbe viaggiato sempre compatto per molti altri chilometri mentre diversi tentativi di attacco non riuscivano mai ad andare in porto, tanco che l’emozione più avvincente nei primi 100 chilometri di corsa era l’avvento della pioggia.
Quando di chilometri all’arrivo ne mancano poco più di 60 dal gruppo evadevano ben 19 corridori – José Joaquín Rojas (Movistar ), Manuele Boaro (Astana ), Heinrich Haussler (Bahrain-Merida), Felix Großschartner (Bora-Hansgrohe), Franciscov Ventoso (CCC Team), Philippe Gilbert e Tim Declercq (Deceuninck-Quick Step), Van der Sande, Tsgabu Grmay (Mitchelton-Scott), Willie Smit (Katusha Alpecin), Nikias Arndt (Sunweb), John Degenkolb e Jacopo Mosca (Trek-Segafredo), Valerio Conti e Marco Marcato (UAE-Team Emirates), Alexander Aranburu e Jonathan Lastra (Caja Rural-Seguros RGA), Fernando Barceló e Cyril Barthe (Euskadi Basque Country – Murias) – che riuscivano a prendere 3′ di vantaggio dal resto del gruppo. Le squadre di Nairo Quintana, Alejandro Valverde Movistar) e Miguel Ángel López (Astana) mandavano così dei propri uomini all’attacco, cosa che non faceva il leader della classifica Primož Roglič (Jumbo Visma). I fuggitivi affrontavano la seconda salita di giornata, l’Alto de Urruztimendi (2.5 km, 9.2% di pendenza media) con 5′30” di vantaggio sul plotone inseguitore, con Marcato – seguito da Conti – primo a transitare in vetta. Sull’Alto El Vivero attaccavano e prendevano il largo Grmay e Großschartner, mentre nel gruppo partiva il forcing della Jumbo-Visma. Il duo di testa arriva ad accumulare 15” di vantaggio dal primo gruppo inseguitore sull’ultima asperità di giornata, l’Alto de Arraiz, muro di 2,2 Km al 12,2% di pendenza massima, sul quale si registrano picchi fino al 20%.
Sull’ultima pendenza di giornata dal gruppetto inseguitore partiva Gilbert che, raggiunti i due di testa, li superava e si portava da solo al comando della corsa quando mancavano 5 km alla linea d’arrivo. L’attacco veniva eseguito molto bene dal campione belga, che aveva gestito perfettamente le energie in precendenza. Nel gruppo maglia “roja” si susseguivano vari attacchi sul muro di Arraiz, con López molto attivo e Roglič attento a non farsi sorprendere. Invecve, il Team Movistar non mostrava alcuna velleità, con i capitani oggi a riposo.
Dopo aver fatto il vuoto Gilbert andava a vincere la dodicesima tappa della Vuelta con un’altra zampata delle sue, con la quuale lasciava il segno anche in questa edizione della corsa iberica. Tre secondi dopo il suo arrivo giungenvano al traguardo Aranburu e Barceló. Il gruppo dei big arrivava compatto dopo 3′02” con lo sloveno che manteneva senza troppi problemi la leadership alla vigilia dell’ostico arrivo in salita a Los Machucos

Luigi Giglio

Unaltro capolavoro made in Gilbert, la tappa di Bilbao della Vuelta 2019 (foto Bettini)

Un'altro capolavoro "made in Gilbert", la tappa di Bilbao della Vuelta 2019 (foto Bettini)

ITURRIA PROFETA IN PATRIA, ROGLIČ CONSERVA LA “ROJA”

settembre 4, 2019 by Redazione  
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A Urdax un’altra fuga premia questa volta Mikel Iturria (Euskadi Basque Country – Murias), abile a scattare a una ventina di chilometri dall’arrivo ed a mantenere un vantaggio sufficiente a garantirgli la prima vittoria da professionista. Con sei secondi di ritardo si piazzano Jonathan Lastra (Caja Rural) e Lawson Craddock (EF Education First). Tutto invariato nelle prime posizioni della classifica generale con Primož Roglič (Jumbo Visma) che resta saldamente in maglia rossa.

Una tappa pirenaica soft attende i ciclisti dopo la cronometro di Pau che ha visto il dominio di Primož Roglič (Jumbo Visma), nuova maglia rossa della Vuelta 2019. E’ l’undicesima fraziobe e inizia ufficialmente la seconda metà della corsa spagnola. Si parte da Saint-Palais e si arriva a Urdax-Dantxarinea dopo 180 km ed un paio di passaggi di confine tra Francia e Spagna; due GPM di seconda ed uno di terza categoria caratterizzano la tappa, che sembra fuori dalla portata dei velocisti, anche se l’ultimo GPM è a 30 km dall’arrivo. Più probabile che la fuga abbia successo, anche se dobbiamo considerare il comportamento delle squadre dei big proprio negli ultimi 30 km, nel caso ci sia qualche schermaglia sui GPM ravvicinati del Col d’Ispeguy e del Col de Otxondo. La fuga si formava abbastanza velocemente dopo la partenza da Saint-Palais. Dapprima si avvantaggiava un drappello di una decina di ciclisti, a cui se ne aggiungevano un altro paio qualche chilometro più avanti, andando a costituire un plotoncino di 14 uomini: Jorge Arcas (Movistar), François Bidard (AG2R La Mondiale), Gorka Izagirre (Astana), Rémi Cavagna (Deceuninck-Quick Step), Lawson Craddock (EF Education First), Benjamin Thomas (Groupama-FDJ), Damien Howson (Mitchelton-Scott), Amanuel Ghebreigzabhier e Ben O’Connor (Dimension Data), Matteo Fabbro (Katusha Alpecin), Ángel Madrazo (Burgos-BH), Alex Aranburu e Jonathan Lastra (Caja Rural-Seguros RGA) e Mikel Iturria ((Euskadi Basque Country – Murias). Dopo 50 km il vantaggio della fuga sul gruppo maglia rossa era di 6 minuti e 20 secondi. I 14 uomini in testa alla corsa iniziavano a salire le rampe del Col d’Osquich, primo GPM di giornata posto al km 77.2, con un vantaggio di 7 minuti sul gruppo. Era Madrazo a scollinare in prima posizione. La Jumbo Visma controllava la situazione senza accelerare più di tanto, anche perchè tra i fuggitivi quello messo meglio in classifica era O’Connor, distanziato di oltre 37 minuti da Roglič. E così la fuga arrivava ai piedi del Col d’Ispéguy, secondo GPM in programma, con quasi 10 minuti di vantaggio sul gruppo. Izagirre ed Aranburu attaccavano a circa 3 km dalla vetta, sulla quale era Aranburu a scollinare in prima posizione. La coppia conservava un piccolo ma interessante vantaggio di 20 secondi sul resto dei fuggitivi e si lanciava in discesa cercando di avvantaggiarsi ulteriormente. A 50 km dal termine i due in testa avevano portato il loro vantaggio a 30 secondi. Craddock era abile a riportarsi su di loro e questo terzetto iniziava a scalare il Col de Otxondo, terza ed ultima asperità altimetrica di giornata. Alcuni degli ex fuggitivi, tra cui Ghebreigzabhier e Howson, raggiungevano la testa della corsa ma erano ancora Aranburu e Izagirre ad avvantaggiarsi nella successiva discesa, segno che la coppia basca era quella che aveva le gambe migliori. Tra continui rimescolamenti e cambi di ritmo, a 30 km dal termine la testa della corsa era composta da sette uomini, mentre ormai il gruppo maglia rossa aveva tiraro i remi in barca e inseguiva a velocità da crociera, con un ritardo superiore al quarto d’ora. La squadra messa meglio era la Caja Rural con Lastra e Aranburu, che potevano adottare la migliore strategia per portare a casa la vittoria di tappa. A 25 km dall’arrivo i sette di testa venivano raggiunti da Cavagna, Arcas, Iturria e Thomas. Era proprio Iturria a contrattaccare immediatamente e a mettere tra sè ed i suoi ex compagni 20 secondi a 23 km dall’arrivo. A 20 km dal termine Iturria aveva aumentato il proprio vantaggio a 30 secondi. La tenacia del ciclista del team spagnolo era encomiabile e veniva premiata con la vittoria sul traguardo di Urdax. Il basco, alla prima vittoria da professionista, precedeva di 6 secondi Lastra e Craddock. Il gruppo maglia rossa giungeva al traguardo con un ritardo superiore ai 16 minuti, ma senza problemi per Roglič, che mantiene con tranquillità la leadership con 1 minuto e 52 secondi di vantaggio su Alejandro Valverde (Movistar) e 2 minuti e 11 secondi su Miguel Ángel López (Astana). Domani è in programma la dodicesima tappa dal Circuito de Navarra a Bilbao. Sono 4 i GPM, tutti di terza categoria, che i ciclisti dovranno affrontare, tre dei quali racchiusi negli ultimi 30 km e di questi ultimi due presentano pendenza da “muro”. Un’altra occasione quindi per ciclisti che vogliano attaccare, ma stavolta anche gli uomini di classifica avranno l’occasione per tentare di recuperare il tempo perduto da Roglič nella cronometro di ieri.

Giuseppe Scarfone

Il corridore basco Mikel Iturria vince la tappa di casa al Giro di Spagna (Getty Images)

Il corridore basco Mikel Iturria vince la tappa di "casa" al Giro di Spagna (Getty Images)

E A PAU NE RIMASE SOLO UNO: PRIMOŽ SI PRENDE LA VUELTA (O NO?)

settembre 4, 2019 by Redazione  
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Per la seconda volta quest’anno Primož Roglič si trova nella lusinghiera posizione di vedersi pressoché assegnare un GT all’altezza del giro di boa, dopo un’impressionante prestazione contro il tempo. In Italia, però…

Il rivale più vicino, a poco meno di due minuti. Nella crono più lunga offerta dai tre grandi giri quest’anno (ancora complimenti ai tracciatori della Vuelta per questa decisione sana e in controtendenza), Primož Roglič sbaraglia la concorrenza e si prende tappa e maglia. La cronometro è mossa, ben articolata con uno strappetto tutto curve in apertura a indurire le gambe, poi stradine fra falsopiani e mangia-e-bevi prima di un finale più filante: ma se possiamo considerare le crono corse sui 40-45 km/h di media circa come ondulate, più prettamente pianeggianti invece per medie più alte, allora viene da dire che davvero Roglic, unico a far registrare la media dei 46 km/h, le salite non le ha sentite. Ha trasformato in un biliardo le colline prepirenaiche dove invece tutti gli altri si sono, chi più chi meno, incagliati.
Lo spettro del Giro, meno di quattro mesi fa, aleggia ancora: a metà gara, forte delle crono, Primož era dato per maglia rosa in pectore, vincitore finale pressoché scontato, con tanto di manfrine masochiste con Nibali sulle prime ascese di peso. Salvo poi scivolare ai margini del podio, con un terzo posto sgraffignato in extremis e per pochissimi secondi all’ultima tappa, ben più prossimo a esser quarto che secondo, e nemmeno parliamo del primato. Certamente va detto che questa prima metà di Vuelta è ben meno ingannevole di quanto non fosse quella strapiatta del Giro: abbiamo già avuto pendenze estreme, salite lunghe e ripetute, attacchi da lontano, e nel complesso lo sloveno si è sempre difeso con efficacia, quando non ha addirittura affondato il colpo lui stesso, tant’è che solo sei secondi lo separavano dal leader della vigilia, mai così provvisorio, vale a dire Nairo Quintana. Anche la squadra si dimostra più solida e compatta, con Bennett e Kuss ottimi in salita, Tony Martin una garanzia per il piano. Se poi si ritrovano l’esperto Gesink e il giovanissimo Powless, diventa una corazzata, anche se comunque un gradino sotto a quelle dei rivali, l’Astana di Superman López e la Movistar, farcita di fenomeni sebbene in piena crisi di spirito collettivo.
A confortare Roglič c’è anche il precedente di Simon Yates: chi viene respinto dal Giro trova talora bel riscatto alla Vuelta, che dopotutto, pur in questa versione “matura”, propone in gran parte sforzi meno protratti e concatenati, nonché più di rado caratterizzati dall’altitudine.
Quel che è certo è che si prospetta una bella seconda metà della gara spagnola, con tante occasioni per attacchi e agguati, due grandi scalatori con la necessità di farli per riprendersi due se non tre minuti, due contendenti che militano nel medesimo team, anche se da separati in casa e la ciliegina sulla torta di un quinto incomodo che, pur in altra squadra, è connazionale di Roglič, il baby fenomeno Pogačar, appena ventenne e già vincitore di tappa nonché in lizza per la generale al suo primo GT della carriera.
Dispiace un po’, se vogliamo metterla in questi termini, che la prestazione monstre di Roglič abbia eclissato il bel duello di tappa fra due specialisti del passo, il neozelandese Paddy Bevin, per cui sarebbe stata la prima affermazione di peso in carriera, dopo tanto gregariato, e il promettentissimo 24enne francese della Quickstep, Rémi Cavagna, quasi un metro e novanta e già tanti km macinati a spaccare pietre nelle semiclassiche del pavé oppure a sgroppare per gli strappi ardennesi o baschi. Secondo e terzo a un mezzo minuto da Roglič, ma separati di un paio di secondi l’uno dall’altro. Altri solidi specialisti paiono comunque appannati dalle fatiche di questo avvio di Vuelta subito tosto nonché dal percorso esigente di oggi: Craddock e Oliveira sono gli unici a restare attorno al minutino da Roglič, poi i tempi lievitano.
Qualche sequenza memorabile della crono, in ordine sparso, perché tanto nelle crono il tempo si scompone per poi ricomporsi in un quadro complessivo solo alla fine. Roglič che aggredisce il primo strappo con una violenza selvaggia e fluida, mantenendo una pedalata piena e rotonda anche in piedi sui pedali e con un rapporto di peso, accelerando a ogni uscita – e ogni entrata – di curva (in salita!). È nel primo intertempo che lo sloveno stende anche psicologicamente gli avversari, prendendosi in un terzo del tracciato quasi metà di tutto il suo vantaggio finalmente accumulato.
Splendido anche il duello con Superman López: nell’ultima sezione più schiettamente pianeggiante, il colombiano, partito due minuti prima di Roglič, è nel mirino, a meno di trenta secondi là davanti. I due ingaggiano una evidente battaglia fisica e mentale che si conclude con l’aggancio e il sorpasso solo agli ultimi cinquecento metri, con López che stringe i denti per reggere la volata e tagliare il traguardo assieme al rivale. Molti commentatori, anche illustri come Indurain, proponevano per il capitano Astana un astuto rallentamento, prendendo fiato, per poi trovarsi artatamente dietro Roglič il prima possibile: certo, non per goder della sua scia, il che sarebbe vietato, ma per usarlo come metronomo umano. Superman ha preferito propendere per lo scontro d’orgoglio, e ne è uscito a testa alta. D’altronde, per quanto visto finora su strada, sembra più plausibile, anche se arduo, che López recuperi due minuti sulla maglia rossa negli arrivi in salita piuttosto che ci riesca Valverde, ora come ora secondo in generale a 1:52”, ma parso fino adesso sostanzialmente equivalente allo sloveno quando la strada s’impenna.
Altre immagini chiave sono quelle di Quintana, ora quarto a tre minuti, quelli imbarcati oggi in una pessima crono: dapprima lo vediamo riscaldarsi in solitudine, per un tempo lunghissimo, in quel che pare un camion o un garage, appeso sulla bici come su un trespolo, con una postura innaturale, fra biciclette appese e pareti grigie. Poi lo vediamo con la tipica pedalata vuota da rapportino, sulla prima salitella, impazzendo in saltelli sull’una e l’altra gamba, proprio lui che predilige il rapporto lungo. Infine eccolo sulla retta finale, ultimo uomo sul tracciato, maledetto dal primato, affannandosi a rincorrere i 50 km/h sul piano che proprio non riesce a mantenere. Di fatto, si direbbe che Quintana e Superman López si siano scambiati per oggi le rispettive più abituali rese a cronometro. Va anche detto che la crono, disciplina così individuale, si è dimostrata nel ciclismo moderno figlia come poche altre della squadra: allenatori specifici, attenzione al mezzo, preparazione mirata, insomma, la performance individuale finisce per dipendere da con chi si corre più che da chi corre. E se con la propria squadra si è in rotta dichiarata…
Per il resto, come anticipato, merita una nota di merito la corsa dell’appena ventenne Pogačar: parte quasi forte come Roglič, col secondo tempo assoluto nella prima fase di corsa, quella con lo strappetto, poi si inchioda un po’ nell’intermedio centrale e alla fine è undicesimo a un minuto e mezzo circa. In prospettiva contendenti del futuro, risaltiamo anche le prestazioni del giovanissimo Dani Martínez della decimata Education First e del pure giovane, ma ancora per poco, Marc Soler, dopo la brutta sfuriata dell’altro giorno quando non voleva aiutare il capitano Quintana, conclusasi con tanta cenere sul capo ma soprattutto l’ennesima brutta figura generalizzata per i Movistar. Brillano rispettivamente nella parte finale e in quella centrale, completando con Pogačar un terzetto di tempi quasi equivalenti sul globale, anche se diversamente bilanciati.
Ora ci attendono due tappe di transizione, non tremende sulla carta ma insidiose, tipiche da terre basche. Poi, da venerdì a lunedì, un fine settimana lungo, anzi lunghissimo, in cui, su quattro tappe, tre saranno di montagna e di montagna assai aspra. Quindi, naturalmente, la terza settimana coi relativi tapponi. Questa Vuelta, che sembra esser durata tre settimane in una, è solo all’inizio. La pecca, finora, è forse una classifica generale un po’ vacua dopo i primi favolosi cinque posti, con vari fugaioli, alcuni giovani brillanti e molti gregari di mestiere ad accalcarsi – ma senza nemmeno troppa convinzione – per riempire la top ten.

Gabriele Bugada

Primož Roglič vola a prendersi la roja nella crono di Pau (foto Bettini)

Primož Roglič vola a prendersi la "roja" nella crono di Pau (foto Bettini)

IL MORSO DEL COBRA NON BASTA PER PORTAR VIA LA MAGLIA A STUYVEN

settembre 2, 2019 by Redazione  
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La quarta ed ultima tappa del Deutschland Tour ha visto la vittoria di Sonny Colbrelli (Bahrain Merida), che nello sprint su un arrivo adattissimo in leggera salita è riuscito a precedere il belga Yves Lampaert (Deceuninck-Quick Step) ed il norvegese Alexander Kristoff (UAE-Team Emirates). La grande volata di Colbrelli non è bastata al bresciano per rovesciare il primato di Jasper Stuyven (Trek Segafredo), che ha mantenuto la leadership per soli tre secondi.

Dopo la tappa di ieri Sonny Colbrelli (Bahrain Merida), aveva ammesso (al “Giornale di Brescia“, ndr) di “essere abbastanza stanco” dopo le tre esigenti frazioni affrontate in questo Giro di Germania; eppure quella vittoria che mancava da febbraio era un vuoto da superare per forza da parte di Sonny. E se nelle tappe precedenti è venuto a mancare sempre qualcosa, oggi è andato tutto nella direzione giusta.
Sui 159 chilometri che portavano da Eisenach a Erfurt, particolarmente impegnativi nella fase centrale per alcune salite ravvicinate e nella fase finale con il circuito di Erfurt da ripetere tre volte comprendente lo strappo sulla cui cima era posto il traguardo, lungo più di un chilometro, i movimenti non si sono fatti mancare. Una prima fuga composta da sette corridori, partita appena dopo il via, è durata fin troppo poco per essere raccontata; un tentativo più serio è stato portato avanti da Ben Gastauer (Ag2r La Mondiale) in solitaria per oltre trenta chilometri, risucchiato dalla forza del gruppo e la stessa sorte è toccata anche a Joshua Huppertz (Lotto-Kern Haus), ripreso ai meno venti dall’arrivo.
La situazione di gruppo compatto che si è avuta nel finale ha garantito la certezza della volata, da disputarsi tuttavia su un terreno insolito per gli sprinter, anche se il gruppo di testa non contava più di quaranta corridori al momento d’mboccare l’ultimo chilometro e con esso l’ultima erta. Un’azione di Vincenzo Nibali (Bahrain Merida) ha allungato il gruppo in maniera netta, lanciando indirettamente il compagno di squadra Colbrelli, prodigatosi in una volata che nessuno degli altri contendenti è riuscito a contrastare. Il bresciano della Bahrain Merida ha preceduto, Yves Lampaert (Deceuninck-Quick Step) e Alexander Kristoff (UAE-Team Emirates), mentre sono andati a completare la top ten di giornata Alexey Lutsenko (Astana), Jasper Stuyven (Trek Segafredo), Diego Ulissi (UAE-Team Emirates), Cees Bol (Sunweb), Ben Swift (Ineos), Tom-Jelte Slagter (Dimension Data) e Simon Geschke (CCC Team). Gli abbuoni non hanno cambiato la definizione della classifica generale, ufficializzando la vittoria di Stuyven che ha conservato il primato precedendo Colbrelli di 3” e Lampaert di 12”, mentre ha terminato con un buon quinto posto Ulissi, che assieme a Colbrelli si candida con buoni requisiti per essere selezionato dal CT Davide Cassani in vista dei prossimi campionati del mondo, in programma a fine mese ad Harrogate (Regno Unito).

Paolo Terzi

Sonny Colbrelli chiude con la vittoria la seconda edizione del nuovo corso del Giro di Germania (Getty Images)

Sonny Colbrelli chiude con la vittoria la seconda edizione del nuovo corso del Giro di Germania (Getty Images)

VANMARCKE TORNA AL SUCCESSO A PLOUAY

settembre 2, 2019 by Redazione  
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Sep Vanmarcke (EF – Education First) ha trionfato nella Bretagne Classic battendo Tiesj Benoot (Lotto Soudal) e Jack Haig (Mitchelton – Scott) dopo un’azione di ventidue chilometri. Il miglior italiano è stato Matteo Trentin (Mitchelton – Scott) arrivato ventiduesimo.

La cinquantatreesima edizione della Bretagne Classic presentava un percorso di 248 chilometri estremamente esigente con diverse côte e due tratti di “ribinou”, sterrato tipico della Bretagna particolarmente insidioso. Nel finale era presente il classico circuito di Plouay, che ospitò i mondiali del 2000 vinti dal lettone Romāns Vainšteins, con la Côte de Ty Marrec come ultima asperità. La fuga di giornata era formata di Romain Combaud (Delko Marseille Provence), Johan Le Bon (Vital Concept – B&B Hotels), Anthony Perez (Cofidis, Solutions Crédits) e Romain Sicard (Total Direct Énergie), che raggiungevano un vantaggio massimo di dieci minuti. Questi corridori venivano ripresi a 76 chilometri dall’arrivo, nel momento nel quale era Benoît Cosnefroy (AG2R La Mondiale) ad animare la corsa sulla Côte de Kaliforn e insieme a Simon Clarke (EF Education First) era tra i corridori più attivi nelle salite e nei tratti di sterrato seguenti; Clarke rimaneva successivamente coinvolto in una caduta insieme a Petr Vakoč (Deceuninck – Quick Step), lasciando Cosnefroy, Jack Haig (Mitchelton – Scott) e Rudy Molard (Groupama – FDJ) in testa fino ai -55, quando il gruppo di una quarantina di corridori si ricompattava. Matteo Trentin (Mitchelton – Scott), Oliver Naesen (AG2R La Mondiale) e Michael Valgren (Dimension Data) restavano attardati e riuscivano a rientrare ai -30, poco prima del primo passaggio sulla Côte de Ty Marrec dove il gruppo scoppiava con Trentin e Naesen ancora attardati, oltre alle difficoltà di Elia Viviani (Deceuninck – Quick Step). A 22.5 chilometri dall’arrivo erano Tiesj Benoot (Lotto Soudal) e Sep Vanmarcke (EF Education First) ad attaccare con Haig capace di rientrare su di loro in un secondo momento. Nel gruppo gli avversari iniziavano a guardarsi e la mancanza di gregari favoriva l’azione del terzetto, che riusciva a passare sotto allo striscione del traguardo con un vantaggio di una quarantina di secondi su un quintetto formato da Carlos Betancur (Movistar), Tony Gallopin (AG2R La Mondiale), Cyril Lemoine (Cofidis, Solutions Crédits), Florian Sénéchal (Deceuninck – Quick Step) e Matej Mohorič (Bahrain Merida). Il resto del gruppo riusciva a rientrare su di loro, ma i tre attaccanti conservavano cinquanta secondi fino all’ultimo passaggio della Côte de Ty Marrec, dove Benoot, Vanmarcke e Haig mantenevano l’accordo mentre in gruppo Greg Van Avermaet (CCC Team) attaccava inseguito da Cosnefroy, Valgren, Tim Wellens (Lotto Soudal) e Amund Grøndahl Jansen (Jumbo-Visma). L’accordo in testa terminava negli ultimi 1500 metri con Benoot che falliva il suo attacco mentre veniva sorpreso in contropiede da Vanmarcke, il quale riusciva con successo a prendere un vantaggio decisivo che lo portava finalmente al successo nel World Tour, cosa che gli mancava dalla Omloop Het Nieuwsblad del 2012. Benoot riusciva a concludere al secondo posto davanti ad Haig, mentre Valgren vinceva la volata del quarto posto davanti a Jansen.

Carlo Toniatti

Sep Vanmarcke vince ledizione 2019 della classica bretone (foto Bettini)

Sep Vanmarcke vince l'edizione 2019 della classica bretone (foto Bettini)

POGAČAR, CHE SHOW A CORTALS D’ENCAMP! QUINTANA NUOVA MAGLIA ROSSA.

settembre 1, 2019 by Redazione  
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A Cortals d’Encamp, nella tappa finora più elettrizzante della Vuelta 2019, attacchi e contrattacchi sono il preludio alla vittoria di Tadej Pogačar (UAE-Team Emirates), alla prima vittoria da professionista in una tappa di un grande giro. Nairo Quintana (Movistar), secondo di giornata, è la nuova maglia rossa ma nella prossima crono di Pau la perderà quasi certamente a vantaggio di Primož Roglič (Jumbo Visma), secondo a soli 6 secondi dal colombiano

La nona tappa della Vuelta 2019 è lunga poco meno di 95 km ma è un concentrato di salite. Da Andorra La Vella a Cortals d’Encamp sono 5 i GPM in programma e la pianura è quasi inesistente. Dopo la fuga di ieri che ha di nuovo stravolto la classifica generale con Nicolas Edet (Cofidis) in maglia rossa, stavolta i big torneranno ad impadronirsi dei piani alti della classifica. Dopo la partenza da Andorra si saliva subito in direzione Coll d’Ordino, dov’era posto il primo GPM al km 17. Su questa prima e regolare salita il gruppo imprimeva già un ritmo elevato, che faceva rimbalzare i velocisti nelle retrovie. Si formava una maxi fuga di una trentina di ciclisti tra i quali erano presenti anche compagni degli uomini di classifica come il terzetto della Jumbo Visma formato da Neilson Powless, Robert Gesink e Sepp Kuss; c’erano anche due corridori dell’Astana (Jakob Fuglsang e Gorka Izagirre) e due della Movistar (Marc Soler e Antonio Pedrero). Se questi uomini erano andati in avanscoperta per favorire un successivo attacco dei propri capitani, erano altresì presenti uomini da fuga come Pierre-Roger Latour (AG2R La Mondiale), Hermann Pernsteiner (Bahrain Merida), Felix Großschartner (Bora Hansgrohe), Lawson Craddock (EF Education First), Thomas De Gendt (Lotto Soudal), Ruben Guerreiro (Katusha Alpecin), Robert Power (Sunweb) e Jesús Herrada (Cofidis). Non mancavano altri ciclisti che, partiti da Torrevieja con le carte in regola per fare classifica, avevano finora piuttosto deluso le aspettative: tra di essi i nomi più altisonanti erano quelli di Wouter Poels (Team INEOS) e di Wilco Kelderman (Sunweb). Unico italiano presente era Matteo Fabbro (Katusha Alpecin). Era Mikel Bizkarra (Euskadi Basque Country – Murias) a scollinare in prima posizione sul Coll d’Ordino. A 50 km dall’arrivo la fuga aveva un vantaggio sul gruppo maglia rossa che sfiorava i 4 minuti. Carl Fredrik Hagen (Lotto Soudal), già protagonista nella fuga di ieri, era la virtuale maglia rossa. Sugli aspri tornanti del Coll de la Gallina, secondo GPM in programma e certamente il più duro con diversi tratti superiori al 10%, il Team Movistar tirava il gruppo maglia rossa. Dalla fuga provavano a staccarsi Tai Gheoghegan Hart (Team INEOS) e Geoffrey Bouchard (AG2R La Mondiale). Era quest’ultimo ad accelerare ulteriormente ed ad accumulare chilometro dopo chilometro secondi preziosi sul gruppo dei fuggitivi, ormai scoppiato. Come scoppiato era anche il gruppo maglia rossa, con Nicolas Edet diperso nelle retrovie. Il ritmo imposto da Jumbo e Astana aveva ridotto il gruppo dei big di classifica ad una decina di unità e, come già accaduto in alcune tappe precedenti, i più in forma – ovvero Miguel Ángel López (Astana), Primož Roglič (Jumbo Visma), Alejandro Valverde e Nairo Quintana (Movistar) – restavano da soli a circa 20 km dall’arrivo. Ai meno 18, sulle prime rampe dell’Alto de la Comella, era proprio López a partire in contropiede. Valverde, Quintana e Roglič non rispondevano all’attacco di “Superman”, il quale guadagnava una ventina di secondi sui diretti avversari. Bouchard, nel frattempo, a 14 km dal termine manteneva 1 minuto di vantaggio sugli ex compagni di fuga. López trovava per strada Fuglsang che gli dava un aiuto non indifferente. Era di una quarantina di secondi, a 13 km dall’arrivo, il vantaggio di López sul gruppo Valverde, nel quale erano rientrati altri ciclisti come Tadej Pogačar (UAE-Team Emirates) e Rafał Majka (Bora Hansgrohe). Nel frattempo Geoghegan Hart e Ben O’Connor (Dimension Data) avevano raggiunto Bouchard in testa alla corsa. Da dietro López e il gruppo Valverde rinvenivano prepotentemente sui tre di testa. Sulla salita finale verso il traguardo di Cortals d’Encamp avveniva il più classico dei rimescolamenti. I tre di testa venivano ripresi da López, che a sua volta veniva ripreso dal gruppo Valverde. Contrattaccavano così a circa 3 km dall’arrivo Quintana e Pogačar, con lo sloveno particolarmente attivo che accelerava ripetutamente e infine staccava il colombiano a poco più di un chilometro dall’arrivo. Pogačar si imponeva così in una tappa scoppiettante che ha riservato molte sorprese nel finale, complici anche la pioggia e un tratto sterrato di 4 Km che si doveva percorrere subito prima d’imboccare l’ascesa conclusiva. Con 23 secondi di ritardo giungeva Quintana mentre dopo 48 secondi Roglič aveva la meglio su Valverde per la terza posizione. Tappa da dimenticare per gli italiani con Gianluca Brambilla (Trek – Segafredo) primo dei nostri al traguardo dopo quasi 8 minuti e l’atteso Fabio Aru (UAE-Team Emirates) sprofondato ad oltre mezz’ora. In classifica generale Quintana è la nuova maglia rossa con 6 secondi di vantaggio su Roglič e 17 secondi di vantaggio su Valverde. Domani è in programma il primo giorno di riposo mentre martedì si ripartirà da Pau con una cronometro individuale di 36 Km nella quale lo sloveno potrà sferrare l’attacco alla maglia rossa.

Giuseppe Scarfone

Tadej Pogačar vince il tappone pirenaico della 74a edizione del Giro di Spagna (Getty Images)

Tadej Pogačar vince il tappone pirenaico della 74a edizione del Giro di Spagna (Getty Images)

GIRO DI GERMANIA: ASGREEN BATTE STUYVEN, CHE SI CONSOLA CON LA MAGLIA DI LEADER

settembre 1, 2019 by Redazione  
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La terza tappa del Deutschland Tour è terminata con colpo di mano effettuato da Kasper Asgreen (Deceuninck-Quick Step) e Jasper Stuyven (Trek-Segafredo) e con uno sprint a due vinto dal corridore danese sul belga; il primo gruppetto, regolato da Sonny Colbrelli (Bahrain Merida) giungeva a 17”.

Nelle previsioni per la tappa odierna già si era detto che si poteva trattare di una frazione aperta a tutte le soluzioni, ma nel finale, battagliato anche oggi, è successo quello che non ti aspetti. È stato sufficiente per Kasper Asgreen (Deceuninck-Quick Step), tallonato da Jasper Stuyven (Trek-Segafredo), alzare la velocità nell’ultima discesa e guadagnare prima qualche metro, poi qualche secondo, nei confronti del gruppetto principale, gap mantenuto fino all’arrivo.
La tappa, lunga 189 chilometri, nel complesso si poteva considerarla impegnativa, sebbene non impossibile, disegnata con un finale mosso, caratterizzato da tre strappi impegnativi ma brevi negli ultimi trenta chilometri, con l’ultimo di questi posto a dieci chilometri dal traguardo di Eisenach.
Nella parte iniziale della corsa si forma una fuga composta da tre corridori di spessore, Julian Alaphilippe (Deceuninck-Quick Step), Mads Pedersen (Trek-Segafredo) e Miká Heming (Dauner D&DQ-Akkon). I battistrada, nel corso della loro azione, riusciranno a guadagnare anche sette minuti sul gruppo, ma alla lunga sia la fatica, sia la defezione di Heming – che alza bandiera bianca ad una sessantina di chilometri dal traguardo – complicherà la loro azione, che si concluderà a meno di trenta chilometri dalla conclusione.
Sull’ultimi strappo è Alexey Lutsenko (Astana) che prova a far saltare il banco, ma la sua azione gli consente solo di guadagnare i secondi d’abbuono previsti allo “sprint bonus” e sarà un gruppetto di 16 corridori a giocarsi la vittoria. Quando forse un altro sprint appariva come la soluzione più probabile, ecco il colpo di scena: Asgreen accelera in discesa e con Stuyven trova subito l’accordo. La coppia al comando guadagna sempre più terreno anche perché tra gli inseguitori regna una buona dose di anarchia. Sono i due di testa a giocarsela allo sprint, ma non c’è storia perchè Asgreen vince nettamente, favorito dal fatto che Stuyven era in lotta per la maglia di leader ed è arrivato al traguardo senza energie sufficienti per una volata di potenza. Dietro di loro, a 17”, giunge quel che era rimasto del gruppo, regolato da Sonny Colbrelli (Bahrain Merida) su Yves Lampaert (Deceuninck-Quick Step), Tom-Jelte Slagter (Dimension Data), Marc Hirschi (Sunweb), Toms Skujiņš (EF Education First), Jens Keukelaire (Lotto-Soudal), Diego Ulissi (UAE-Emirates) e Jhonatan Narváez (Ineos). La nuova classifica generale vede quindi Stuyven nuovo leader, con un vantaggio di 13” su Colbrelli e 18” su Lutsenko. Oggi impegnativa frazione conclusiva di 159 Km da Eisenach e Erfurt, con un tracciato di media montagna nella fase centrale e un circuito cittadino finale da ripetere due volte, caratterizzato da una lieve salitella che conduce al traguardo.

Paolo Terzi

La vittoria di Asgreen ad Eisenach (foto Bettini)

La vittoria di Asgreen ad Eisenach (foto Bettini)

LA VUELTA CAMBIA ANCORA LEADER: ARRIVA LA FUGA, VINCE ARNDT, EDET IN ROSSO

agosto 31, 2019 by Redazione  
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Dopo tre arrivi in salita consecutivi e alla vigilia dei Pirenei il gruppo oggi s’è preso una giornata di riposo straordinaria e ha lasciato campo libero alla fuga di giornata, giunta al traguardo con quasi 10 minuti di vantaggio e con un nuovo capoclassifica, il francese Nicolas Edet. Gloria anche per il vincitore, il tedesco Nikias Arndt

L’ottava tappa era sicuramente una frazione invitante per una fuga. 166,9km mossi, un solo GPM di seconda categoria a trenta chilometri dal traguardo e un arrivo in leggera salita. Il tutto dopo tre arrivi in salita e un gruppo che avrebbe volentieri “riposato” in vista delle fatiche future.
È così che dopo 19 km sono ben ventuno i componenti della fuga di giornata che decide di lasciare il gruppo, con quest’ultimo che ki rivedrà solo dopo l’arrivo di Igualada.
Gli attaccanti procedono di comune accordo fino al GPM del Puerto de Montserrat quando, con oltre 6’ di vantaggio, davanti cominciano le schermaglie. A scollinare per primo è Peter Stetina (Trek-Segafredo) davanti a Fernando Barcelò (Euskadi Basque Country – Murias) e Jesús Herrada (Cofidis), ma il loro vantaggio non è sufficiente per arrivare: il primo a rientrare è Alexander Aranburu (Caja Rural), seguito da tutti gli altri.
Seguono altri tentativi, ma sotto la “flamme rouge” viene riassorbito anche l’ultimo a provarci, Zdeněk Štybar (Deceuninck Quick-Step).
In volata ha la meglio Nikias Arndt (Sunweb) su Aranburu e Tosh Van der Sande (Lotto Soudal). Grazie al pesante ritardo del gruppo maglia rossa, giunto ad Igualada oltre nove minuti dopo, subisce un ribaltone la classifica generale con Nicolas Edet (Cofidis) che scalza tutti e veste la maglia rossa con 2’21″ di vantaggio su Dylan Teuns (Bahrain Merida) e 3′01″ sull’ex capoclassifica Miguel Ángel López. Primož Roglič (Jumbo Visma) e Alejandro Valverde (Movistar) lo seguono ad una manciata di secondi alla vigilia del tappone pirenaico andorrano di domenica, poco meno di 100 km infarciti d’impegnative salite, cinque per la precisione tra le quali due di prima categoria e una di categoria “speciale”, con traguardo finale ai 2095 metri di Cortals d’Encamp.

Andrea Mastrangelo

Vittoria sotto la pioggia per Nikias Arndt alla Vuelta a España (Getty Images)

Vittoria sotto la pioggia per Nikias Arndt alla Vuelta a España (Getty Images)

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