BIG MCNULTY SI PAPPA IL TROFEO CALVIA

gennaio 26, 2022 by Redazione  
Filed under News

Oggi di scena il Trofeo Calvia, gara iniziale del Challenge Mallorca 2022 della durata di cinque giorni, conquistato da Brandon McNulty (UAE Team Emirates) grazie ad un’azione solitaria confezionata a ben 60 Km dall’arrivo, azione irresistibile per un gruppetto di inseguitori arrivato con oltre 1’ di ritardo dallo statunitense, che torna alla vittoria dopo un digiuno lungo quasi tre anni

Lo scenario è quello delle Baleari con un sole che invoglia ad animare le prime fasi della corsa, ed infatti pronti via si accende la lotta per portare via la prima fuga della stagione ciclistica dell’anno 2022, a mettersi subito in evidenza abbiamo Mirco Maestri (Eolo-Kometa), James Piccoli (Israel – Premier Tech) e Pablo Montes (Electro Hiper Europa – Caldas). I tre attaccanti di giornata riescono ad avere fin dai chilometri iniziali un vantaggio di circa 6’ ai piedi del Col des Grau Gpm di seconda categoria posto a 31,5 Km di corsa. Tappa mossa, questa di apertura, con ben 5 Gpm, tre di seconda categoria e due di terza per un totale di 155 Km da percorrere. Dopo lo scollinamento il ritmo del gruppo inseguitore cambia decisamente quando verso il successivo Gpm del Coll de Sòller arrivano davanti Lotto Soudal e Movistar, che decidono di iniziare a fare sul serio, grazie all’impulso di Lotto Saudal e Movistar il vantaggio dei tre uomini di testa scende a 50” per essere definitivamente riassorbito lungo la discesa. Velocità altissima, forza fresche di inizio stagione, e parte subito un contrattacco che sorprende il gruppo, questa volta ad evadere sono Kobe Goossens (Intermarchè-Wanty-Gobert), Brandon McNulty (UAE Team Emirates), Diego Rosa (Eolo-Kometa), Einer Augusto Rubio Reyes (Movistar), Cian Uijtdebroeks (Bora-hansgrohe) e Tim Wellens (Lotto Soudal), bravi ancora Mirco Maestri (Eolo-Kometa) e James Piccoli (Israel – Premier Tech) a ritornare protagonisti in testa alla corsa. La nuova azione di attacco stenta però a crescere in termini di tempo guadagnato, soltanto 26”, complice anche i numerosi “mangia e bevi” con tratti veloci in discesa che favoriscono chi insegue. Quando tutti si aspettavano un nuovo ricongiungimento in testa ecco l’azione a sorpresa, a 63 Km dall’arrivo creata da Brandon McNulty (UAE Team Emirates), in un tratto in salita lo statunitense allunga tutto solo verso l’ascesa al Gpm del Coll den Claret ultima asperità di seconda categoria. A 50Lm dall’arrivo il vantaggio di McNulty è di 50”, intanto dietro un gruppetto numerose prova ad organizzare l’inseguimento con dentro: Vincenzo Albanese (EOK), Warren Barguil (ARK), Emanuel Buchmann (BOH), Simon Clarke (IPT), Kevin Colleoni (BEX), Raul Garcia Pierna (EKP), Elie Gesbert (ARK), Simon Geschke (COF), Kobe Goossens (IWG), Ben Hermans (IPT), Laurens Huys (IWG), Jaakko Hänninen (ACT), Matteo Jorgenson (MOV), Andreas Kron (LTS), Michael Matthews (BEX), Adria Moreno Sala (BBH), Gregor Mühlberger (MOV), Lukasz Owsian (ARK), Aurélien Paret Peintre (ACT), James Piccoli (IPT), Einer Augusto Rubio Reyes (MOV), Joel Suter (UAD), Cian Uijtdebroeks (BOH), Alejandro Valverde (MOV), Harm Vanhoucke (LTS), Davide Villella (COF), Tim Wellens (LTS), Filippo Zana (BCF) e Ben Zwiehoff (BOH). Da questo gruppo evadono successivamente Vincenzo Albanese (EOK), Emanuel Buchmann (BOH), Simon Clarke (IPT), Simon Geschke (COF), Kobe Goossens (IWG), Matteo Jorgenson (MOV), Lukasz Owsian (ARK), Joel Suter (UAD), Alejandro Valverde (MOV), Tim Wellens (LTS) e Ben Zwiehoff (BOH) e questa volta la voglia di prendere la testa della corsa sembra essere più incisiva, il gruppetto a tratti guadagna ma negli ultimi tratti di corsa, quando la strada è intervallata da piccoli strappi, lo statunitense riesce ancora a guadagnare secondi indice di una forma eccezionale. A 25 Km da Palmanova, sede di arrivo, McNulty supera il minuto vi vantaggio con il restante gruppo principale a oltre 2’:40”. Ormai è una passerella trionfale quella che avrà vissuto il 23enne in forza alla UAE Team Emirates che si gusta tutto solo il traguardo volante a 13 Km dalla conclusione e si appresta ad alzare le braccia al cielo. Prova di forza schiacciante per la prima vittoria stagionale, impreziosita dal secondo posto di Joel Suter, nuovo compagno di squadra del vincitore, terzo Vincenzo Albanese (Eolo-Kometa) che perde la volata del secondo gradino del podio. Appuntamento domani con il Trofeo d’Alcudia, seconda prova del Challenge Mallorca 2022.

Antonio Scarfone

Brandon NcNulty vince il Trofeo Calvia (foto: Getty Images)

Brandon NcNulty vince il Trofeo Calvia (foto: Getty Images)

VUELTA 2022, SPUNTI INTERESSANTI MA PERCORSO INSUFFICIENTE

dicembre 17, 2021 by Redazione  
Filed under News

Presentato il tracciato della Vuelta 2022. Un percorso piuttosto deludente, nel proporre molta monotonia e tappe di montagne praticamente tutte uguali, anche se va valutata positivamente la scelta di cercare salite inedite. Partenza dall’Olanda con cronosquadre ed una seconda prova contro il tempo a metà tracciato.

Nessuna tappa oltre i 200 Km, una assurda cronosquadre di 23 Km in apertura, nessun tappone e pochissime occasioni per fare un vero e proprio attacco da lontano. Questi sono gli ingredienti che rendono insufficiente il percorso predisposto da ASO per la prossima Vuelta a España.
Sotto questo aspetto bisogna dire che RCS, anche se aiutata dalla conformazione del territorio italiano, riesce a proporre ormai da anni percorsi di gran lunga superiori a quelli elaborati da Amaury Sport Organisation.
Tutte le tappe di montagna terminano con un arrivo in salita che è l’ascesa più difficile della giornata, con conseguente invito allo scattino dell’ultimo chilometro (visto il comportamento degli squadroni degli ultimi anni). Bisogna però dire, a parziale discolpa degli organizzatori, che gli arrivi in salita non sono le solite rampe di garage, bensì salite vere e proprie con pendenze non estreme ma che favoriscono le rasoiate degli arrampicatori che potrebbero tentare di mettere in crisi i regolaristi.
Mentre il Giro è stato infarcito di tappe da imboscate, in questa Vuelta ne troviamo solo una, quella con arrivo a Bilbao che però arriverà molto presto, quando le energie sono ancora molte nel serbatoio e quindi difficilmente potrà stimolare gli uomini di classifica.
Si partirà Utrecht con una cronosquadre di 23 Km. Ci scrive ha spesso manifestato la propria contrarietà per la partenze dall’estero. Se è comunque una croce da sopportare, non è invece tollerabile una cronometro a squadre di 23 km in un grande giro. Per le strutture delle squadre attuali e per i distacchi che si riescono oggettivamente a scavare nel ciclismo moderno, la cronosquadre appare una totale assurdità, soprattutto con un chilometraggio così elevato. Le squadre, nel ciclismo attuale, rivestono infatti un’importanza molto maggiore rispetto al passato e quindi non c’è alcun bisogno di accentuare ancor di più questo aspetto con una tappa che va a falsare la corsa, favorendo ancor di più chi già parte favorito e ha alle spalle una una squadra attrezzata. Invece di cercare di escogitare percorsi che rendano difficile controllare la corsa, si vanno a proporre scempiaggini come questa.
La seconda e la terza tappa in terra olandese (traguardi fissati ancora Utrecht e poi a Breda) saranno pianeggianti e favorevoli ai velocisti, ma sarà importante fare attenzione al vento che potrebbe giocare brutti scherzi.
Dopo il giorno d riposo la carovana si sposterà nei Paesi baschi per una tappa dal finale insidioso. Una salita di 6 Km al 5% a 16 Km dall’arrivo di Laguardia e un ultimo chilometro all’insù potrebbero inspirare i cacciatori di traguardi parziali. La successiva frazione, da Irun a Bilbao per 187 Km, sarà una delle più interessanti della corsa iberica, forse l’unica per poter uscire dagli schemi anche se arriva troppo presto. Dopo numerosi saliscendi, nel finale si affronterà per due volte la salita dell’Alto del Vivero, quasi 5 Km che presentano un paio di chilometri in cui si sfiora la doppia cifra. La prima volta sarà affrontata a 42 km dalla conclusione, la seconda a soli 14 Km da Bilbao. Qui si potrebbe certamente inventare un numero ma, come si diceva, la collocazione al quinto giorno di gara probabilmente offrirà la frazione ad una fuga.
La sesta tappa presenta il primo arrivo in salita, meta l’inedito Pico Jano. La salita finale di quasi 12 km al 6.7% sarà preceduta dalla Collada de Brenes (6.3 Km all’8.6% su strada stretta) di prima categoria sulla quale, in teoria, si potrebbe davvero tentare un primo affondo già sulla penultima salita. Ma, anche in questo caso, la collocazione alla sesta tappa non permette di poter sperare di fare davvero la differenza.
La settima tappa da Camarg a Cisterna, di 194 km, presenterà una salita di quasi 20 Km a circa metà percorso, ma il resto del tracciato è in falsopiano e quindi, se i velocisti stringeranno i denti e i ritmi non saranno elevatissimi, si potrebbe addirittura assistere ad uno sprint con il gruppo compatto.
La prima settimana sarà conclusa dalle due tappe asturiane che stavolta non saranno grandi tapponi da finale di giro. La prima proporrà l’arrivo al Colláu Fancuaya, salita inedita, dopo soli 154 Km conditi con asperità concentrate soprattutto nella prima parte. Dopo metà percorso, infatti, si incontreranno solo due piccole collinette, comunque ben lontane dall’inizio della ascesa finale che misura 10 Km ed ha una pendenza media del 7,7% con tratti in doppia cifra. Si tratta di una bella ascesa in cui gli scalatori puri potrebbero tentare nel duro tratto centrale con un chilometro al 10% di piazzare la rasoiata decisiva e poi tentare di andare all’arrivo, dato che nei successivi chilometri le pendenze sono sempre intorno al 9%. Certo, l’assenza di difficoltà credibili prima di questa ascesa finale e la brevità della tappa non aiutano ma, come finale di prima settimana, può anche andare.
I primi nove giorni si concluderanno con l’arrivo in salita ai 744 metri di Les Praeres, dopo 176 Km. Anche in questo caso, le ascese credibili sono lontane dall’arrivo e la salita finale, di 4 Km e con pendenze molto severe, inviterà gli uomini di classifica alla sparata nel finale. Va ricordato che nel 2018 la tappa con arrivo su questo traguardo fu vinta dal britannico Simon Yates, che quel giorno si reimpossessò della maglia rossa di leader della classifica generale, insegna del primato che vestirà da lì fino all’approdo finale di Madrid.
Dopo il trasferimento ed il giorno di riposo, ecco una cronometro di 31 Km con arrivo ad Alicante. La frazione è completamente pianeggiante e dedicata agli specialisti e va considerata ottima la scelta di piazzare una crono con un certo chilometraggio a metà Vuelta, cosa che purtroppo Giro e Tour non hanno fatto. La collocazione alla decima tappa dopo il giorno di riposo è ideale ed anche il chilometraggio è adeguato. Il top sarebbe stato un percorso mosso con qualche collina, ma anche così rimane una buona scelta.
L’undicesima tappa sarà riserva di caccia per gli sprinter (arrivo presso il promontorio di Cabo de Gata), mentre la dodicesima proporrà l’arrivo in salita ai 1265 metri delle Peñas Blancas, sopra Estepona, dopo oltre 170 Km di nulla. La salita finale misura 18 Km, le pendenze non sono impossibili, c’è qualche tratto duro, ma nel complesso si viaggia sempre attorno al 6%: sarà difficile scavare grossi distacchi, tuttavia il ritmo elevato potrebbe mettere in difficoltà chi dovesse incontrare una giornata no.
La tredicesima tappa da Ronda a Montilla sarà pianeggiante, mentre il copione delle giornate di montagna di questa edizione si ripeterà nella quattordicesima frazione che vede, anche in questo caso, la salita finale ai 1817 metri della Sierra de la Pandera arrivare al termine di un tracciato senza grosse difficoltà. La salita finale è molto lunga, oltre 20 km, e si divide in due tronconi, il primo molto pedalabile, e il secondo caratterizzato da un tratto di circa 3 Km nel quale l’inclinazione media della strada supera il 10%. Il tratto duro terminerà a circa 2 Km dalla conclusione, mentre gli ultimi mille metri si snoderanno praticamente in quota.
La quindicesima tappa terminerà, manco a dirlo, con un ennesimo arrivo in salita ma, in questo caso, ci sarà un po’ d pepe in più. Purtroppo la frazione misura solo 148 km, ma la salita finale verso la Sierra Nevada sarà preceduta dall’Alto del Purche, che presenta una pendenza media del 9,5% sui 6,2 Km di ascesa. Non si tratta di pendenze estreme sulle quali è impossibile scattare, ma non sono nemmeno quelle pendenze regolari sulle quali si sta bene a ruota, quindi gli scalatori potranno cercare di far valere le loro doti.
Attenzione poi alla salita finale che misura 20 Km e presenta, nella primissima parte, due chilometri al 13% di pendenza media seguiti da un altro chilometro al 10%. Successivamente, le pendenze diventano più regolari, sempre attorno al 6/7%, ma se gli scalatori saranno riusciti a staccare i rivali sul Purche e sul tratto duro iniziale la cosa potrebbe farsi interessante, anche perché si arriva 2500 metri di altitudine e si pedalerà per circa 6 km oltre i 2000 metri di quota e gli appassionati sanno quanto questo dato possa incidere sul rendimento di certi atleti. Questa è forse la tappa più difficile delle Vuelta, anche se misura solo 148 Km.
Dopo una sedicesima tappa pianeggiante (arrivo a Tomares), la diciassettesima presenterà nuovamente l’arrivo in salita al termine di un percorso piuttosto insignificante. Stavolta il traguardo sarà collocato ai 1100 metri del monastero di Tentudía, percorsa una salita finale non molto dura, lunga poco meno di 10 Km e che presenterà i tratti più impegnativi negli ultimi 4 Km finali, che salgono con una inclinazione media del 7.6%.
Anche la diciottesima tappa non presenterà salite durissime, ma arriverà a fine Vuelta, quando le energie cominceranno a scarseggirare. Lunga quasi 200 Km, presenterà nel finale la doppia scalata (da due versanti diversi) all’Alto del Piornal. Va detto che il tratto di recupero tra le due ascesa sarà molto breve, ma c’è anche il problema che entrambi i versanti della salita non presentano pendenze che permettano di fare la differenza. Il fattore decisivo, quindi, potrebbe essere rappresentato proprio dalla collocazione nell’ultima settimana ultima e dalla doppia ascesa ravvicinata.
Attenzione alla diciannovesima tappa, con partenza e arrivo a Talavera de la Reina. Sono solo 132 km ma presentano la doppia ascesa al Puerto de Pielago, niente di impossibile (8.8 Km al 5.9%) ma attenzione perché qui si potrebbe tentare il “bidone”. Basta un attimo di distrazione e si può perdere il treno buono e finire con distacchi pesanti.
L’ultima occasione per tentare di ribaltare la classifica sarà offerta la penultima tappa, l’unica di montagna nel senso classico del termine perché presenterà cinque salite. C’è da dire che nessuna di queste è impossibile, anche se la penultima, il Puerto de la Morcuera, posta a 37 chilometri dall’arrivo, è abbastanza impegnativa. L’ultima salita verso il Puerto de Cotos ha invece una pendenza media del 4,7% e terminerà a sette chilometri dalla conclusione. Tutti in quota, invece, si svolgeranno i conclusivi 7 Km verso il traguardo del Puerto de Navacerrada. La possibilità di tentare dalla Morcuera c’è, ma bisogna dire che la salita, anche se abbastanza impegnativa, non è di quelle su cui si può fare davvero la differenza. L’unica opzione potrebbe essere rappresentata dalle energie complessive ormai scarse, tuttavia la tappa non sembra di quelle che possano provocare crisi, anche se non si può dimenticare che un giovanissimo Tom Dumoulin perse la maglia rossa in favore di Fabio Aru proprio in una tappa che presentava le stesse salite di questa frazione.
L’indomani la corsa si concluderà a Madrid con la classica passerella destinata ai velocisti.
Insomma si tratta di un percorso che lascia molto a desiderare, anche perché non possiede una propria logica, con frazioni sparse a caso per la Spagna senza un disegno complessivo ed organico.
L’ossessione per gli arrivi in salita sta raggiungendo livelli paradossali, mentre si trascurano i tapponi senza arrivi in salita che presentano tante montagne dure in successione e che possono provocare crisi e soprese (così era disegnata proprio la tappa che costò la maglia a Dumoulin, ricordata poco sopra).
Indubbiamente con lo spostamento in calendario dopo il Tour, la Vuelta può vantare una partecipazione di campioni superiore al Giro d’Italia, anche se si tratta di un premio di consolazione per gli sconfitti di Giro e Tour. Tuttavia negli ultimi anni i percorsi spesso non sono stati all’altezza della situazione.

Benedetto Ciccarone

UN GIRO BELLO E VARIO MA IL CRONOMETRO PIANGE

novembre 11, 2021 by Redazione  
Filed under News

Il percorso della prossima edizione della corsa rosa è vario ed affascinante, ricco di percorsi in cui scatenare la fantasia ed inventarsi azioni interessanti e spattacolari. Mancano però i tapponi da chilometraggio elevato e i chilometri contro il tempo sono pochi e piazzati male.

L’aspetto più negativo del percorso della edizione 2022 del Giro d’Italia è l’assurda presentazione a pezzi, non solo per l’insensatezza intrinseca di una presentazione frazionata, ma anche e soprattutto perché essa non è avvenuta seguendo l’ordine della tappe, bensì la loro tipologia (volate, tappe mosse e tappe di montagna).
In primo luogo la classificazione delle tappe risulta in molti casi abbastanza arbitraria (la Diamante – Potenza è una tappa mossa o una tappa di alta montagna?); in secondo luogo la presentazione in ordine sparso ha confuso gli appassionati che dovevano scegliere tra comporre un assurdo puzzle giorno per giorno oppure lasciar perdere e aspettare il disegno complessivo.
Si è trattato di una scelta che quasi tutti i commentatori hanno criticato e che si spera non verrà riproposta in futuro.
Detto questo, il percorso è molto bello, non c’è che dire, specialmente per la distribuzione omogenea delle difficoltà e per il gran numero di tappe insidiose, ricche di trabocchetti nelle quali organizzare azioni lavorando di fantasia e nelle quali gli uomini di classifica dovranno avere mille occhi, mentre la maglia rosa di turno dovrà rischiare di stressare oltremodo la squadra per cercare di controllare la corsa.
Se i corridori decideranno di accettare questa sfida, andrà in scena uno spettacolo da non perdere.
Le note negative sostanziali sono tre.
La prima è la partenza dall’Ungheria. Si tratta di una considerazione personale di chi scrive, tuttavia, dopo tanti anni, si continua a non comprendere il senso di queste scelte di natura meramente economica.
Un conto è partire da località anche estere poste vicino ai confini nazionali, cosa diversa è partire da posti distanti che richiedono un giorno di riposo per affrontare impegnativi trasferimenti aerei con l’unico scopo di far quattrini.
Il secondo aspetto negativo è la scelta delle prove contro il tempo, mal piazzate e insufficienti per chilometraggio. La prima crono di 9 Km (distanza da prologo) non scaverà quei distacchi necessari a invogliare chi soffre contro il tempo ad attaccare su percorsi che, comunque, consentono azioni di largo respiro. Questa circostanza rischia di neutralizzare le belle tappe in linea che caratterizzano il resto del tracciato, occasioni che possono essere colte e sfruttate solo se i corridori in forma che soffrono contro il tempo avranno distacchi tali da essere costretti a tentare l’imboscata da grosso distacco. La crono finale, oltre ad avere anch’essa un chilometraggio ridotto (17 Km), arriva dopo le montagne, quando le energie saranno ridotte e sarà decisiva solo in caso di distacchi molto contenuti.
L’ideale sarebbe stato mettere, al posto della cronometro finale, una prova contro il tempo di 30/40 chilometri con terreno misto (salite, discese, pianura) intorno a metà Giro, in modo da assestare la classifica prima delle grandi montagne, e magari allungare di qualche chilometro la crono di Budapest, portandola a 20 Km.
Il terzo aspetto negativo è la mancanza di tappe (ed in particolare di tappe di montagna) con chilometraggio elevato. La stagione passata ci ha dimostrato come il chilometraggio sia una difficoltà che spesso fa la differenza e ciò è emerso in modo nelle classiche e ai campionati del mondo di Lovanio. Negli ultimi anni alla Milano – Sanremo una salita come il Poggio, che al giorno d’oggi i velocisti potrebbero mangiare a colazione, si è rivelata sempre decisiva proprio perché arriva alla soglia dei 300 Km di corsa. La Roubaix, il Lombardia, i campionati del mondo e le varie monumento. oltre alla difficoltà tradizionali, pure presentano percorsi lunghi.
In questo giro, invece, abbiamo solo due tappe che superano appena i 200 Km e sono completamente pianeggianti. 200 Km tondi tondi, invece, misura la tappa dello Sforzato, quella con Mortirolo e Santa Cristina. Manca un tappone di montagna di 230, 240 o 250 Km, che sinora era sempre stato presente.
Il sospetto è che lo spettacolo indecoroso andato in scena gli ultimi due anni, con i corridori che si sono rifiutati di correre con la pioggia e l’organizzazione che ha scandalosamente ceduto a richieste oggettivamente irricevibili, abbiano ahinoi indotto RCS a ridurre i chilometraggi.
A questi tre aspetti negativi, va aggiunta un’ulteriore osservazione. Alcuni trasferimenti appaiono un po’ eccessivi e in particolare quelli da Potenza a Napoli, quello da Jesi a Santarcangelo di Romagna, quello da Genova a Sanremo e quelli praticamente quotidiani che si affronteranno nella terza settimana-
Sarebbe il caso di cercare di partire da una località non troppo lontana rispetto a quella dell’arrivo della tappa precedente, salvo i caso in cui c’è il giorno di riposo in mezzo.
Si è già detto come la varietà delle tappe sia il punto di forza di questo Giro e a questo si deve aggiungere l’ottima scelta di proporre dure salite inedite oppure non più battute da molto tempo in punti chiave delle singole frazioni, in modo che possano risultare determinanti.
Passiamo ora alla analisi delle singole frazioni.
Il Giro prenderà il via il 6 maggio da Budapest con una tappa pianeggiante di 195 Km che terminerà a Visegrád. La frazione è pianeggiante con l’esclusione degli ultimi 5 Km, in salita con pendenza del 4.2%. Sarà inevitabilmente volata, ma potrebbe essere uno sprint non affollatissimo e alcuni velocisti puri saranno inevitabilmente tagliati fuori.
La seconda tappa sarà una cronometro di 9 Km per le vie della capitale magiara, anch’essa piatta con il finale in salita (1.3 Km al 4.7%, in parte in pavè, con pendenza massima al 14%): i distacchi tra i big ci saranno, ma resteranno contenuti a causa dello scarso chilometraggio.
Anche la terza tappa ungherese sarà dedicata ai velocisti, che si sfideranno al termine della Kaposvár Balatonfüred , frazione priva di difficoltà altimetriche di rilievo, con un unico GPM di quarta categoria a 13 Km dall’arrivo che è quasi un cavalcavia e non farà alcun danno.
Dopo il giorno di riposo per ritornare in Italia si affronterà in Sicilia il primo arrivo in salita e si tratterà dell’onnipresente Etna, da affrontare partendo da Avola.
La prima parte dell’interminabile salita finale, da Paternò a Ragalna, è la stessa percorsa in occasione della tappa del Giro del 2018 (conclusasi all’osservatorio astrofisico con vittoria del colombiano Chaves) e presenta un tratto centrale di due chilometri con pendenza media all’11% e punte del 15%. Dopo due chilometri e mezzo di discesa, ci si immette sulla strada del versante classico per affrontare gli ultimi 14 km sino ai 1892 metri del Rifugio Sapienza, dove sarà collocato il traguardo. La salita, al netto della lunga contropendenza, misura quasi 25 Km e alla quarta tappa potrebbe anche provocare qualche sensibile distacco tra i big.
La successiva frazione, da Catania a Messina, proporrà la salita della Portella Mandrazzi, che però non potrà influire granché a circa 100 Km dalla conclusione: l’epilogo più probabile è una volata di gruppo, così come accadde al Giro del 1999, quando fu proposto questo esatto percorso e allo sprint si impose l’olandese Blijlevens.
Anche il ritorno in continente proporrà un arrivo allo sprint perchè tra Palmi e Scalea non s’incontreranno asperità degne di nota.
La tappa calabrese sarà, tuttavia, il preludio a una frazione davvero interessante, la Diamante-Potenza. Già nella prima parte si affronteranno il Passo Colla ed il famoso Monte Sirino, che è stato in passato sededi arrivo, poi s’incontrerà la difficile ed inedita salita di Monte Scuro, 6 Km con pendenza media superiore al 9%. In cima mancheranno ancora 60 Km all’arrivo, ma attenzione perché il tracciato prevede ancora la salita della Sellata a oltre 1200 metri di quota e lo strappo nel centro di Potenza prima di raggiungere il traguardo. Sarà difficile vedere attacchi tra i big, perché la salita che potrebbe fare la differenza è quella di Monte Scuro che è troppo lontana dall’arrivo, ma sarà importante non distrarsi perché le conseguenze potrebbero essere molto serie. La battaglia non mancherà tra gli outsiders e tra coloro che vorranno centrare un prestigioso successo parziale o vestire la maglia rosa prima che entrino in scena i favoriti per il successo finale.
A questo punto ci sarà il trasferimento a Napoli per una frazione dedicata a Procida, capitale italiana della cultura nel 2022. La tappa vedrà partenza ed arrivo nel capoluogo campano, ma gran parte del tracciato si svilupperà nel nervoso circuito di Monte di Procida da ripetere 5 volte. Dall’ultimo passaggio in vetta alla salita che caratterizzerà l’anello (1.7 Km al 7%) mancheranno quasi 50 Km all’arrivo, ma ci saranno altri mangia e bevi da affrontare prima di raggiungere un traguardo che sembra ideale per i finisseur.
La successiva Isernia – Blockhaus, ultimo giorno di gara della prima settimana, sarà una vera e propria tappa di montagna. Dopo una prima parte tutto sommato tranquilla, con la salita a Roccaraso molto facile, si arriverà a Fara Filiorum Petri dove inizierà la salita a Passo Lanciano dal versante meno duro, quello affrontato nel 2009. Si tratta comunque di una salita di quasi 20 Km che, specie nella seconda parte, presenta anche tratti abbastanza impegnativi. Arrivati a Passo Lanciano si scenderà verso Lettomanoppello e qui occorrerà fare attenzione perché la carreggiata è stretta ed esposta, anche se abbastanza rettilinea. Si riprenderà quindi a salire, dapprima sino a Roccamorice e poi verso l’Hotel Mammarosa, preso il quale sarà posto l’arrivo. Gli ultimi 10 Km hanno una pendenza media vicina alla doppia cifra e punte del 14%. Inoltre, per gran parte dello sviluppo dell’ascesa finale non s’incontreranno alberi e, in caso di sole forte, la cosa potrebbe causare problemi. Tutti ricordano il 2017 quando Quintana staccò tutti sulle arcigne rampe del versante di Roccamorice, le stesse che videro Vincenzo Nibali. Bisogna sapersi gestire, anche perché la pendenza cala solo dopo il triangolo rosso dell’ultimo chilometro. In questa tappa gli uomini di classifica potrebbero cercare di muovere le acque già fin dalla prima ascesa a Passo Lanciano per poi lanciare l’attacco decisivo lungo l’ascesa finale.
Dopo il secondo giorno di riposo si correrà tra Pescara e Jesi una frazione dedicata ai finisseur, caratterizzata nella seconda parte da piccole colline marchigiane in rapida successione, nulla di eclatante ma sicuramente una serie di mangia e bevi molto interessante in chiave lotta per il successo parziale.
La tappa successiva sarò un tavolo da biliardo di 200 Km per la gioia dei velocisti che si sfideranno sul traguardo di Reggio Emilia, raggiunto partendo da Santarcangelo di Romagna.
La Parma – Genova, pur essendo classificata solamente di media montagna, sarà invece una frazione che potrebbe lasciare il segno anche in classifica generale. Dopo il Passo del Bocco da lato facile ci saranno due strappi (Madonna delle Grazie, 2,2 Km al 6,7 Km e Ruta – Chiesa Vecchia, 3,5 Km al 7,4%), che faranno da antipasto alla salita decisiva, l’inedito GPM di seconda categoria di Monte Becco. Si tratta di una salita di 10 Km al 7% di pendenza media, ma con tratti nei quali l’inclinazione sfiora il 9%, che scollina a 20 Km dalla conclusione, molti dei quali in discesa e resi insidiosi dalla carreggiata notevolmente ristretta. L’attacco sul Monte Becco potrebbe essere una ghiotta occasione per sorprendere gli avversari e lasciare il segno.
La Sanremo – Cuneo proporrà un percorso naturalisticamente molto bello ma dedicato agli sprinter.
Altro discorso, invece, per la Santena – Torino, frazione in cui sarà possibile inventarsi azioni interessanti. Il Colle della Maddalena (7 Km al 5,4% con gli ultimi 3 Km al 7%) verrà affrontato 3 volte metre due saranno le ascese al Bric del Duca (5,4 Km al 7,9%), salita che coincide in gran parte con la quella di Superga, punto chiave della Milano-Torino). L’ultimo passaggio dal Colle della Maddalena sarà a 26 Km dall’arrivo, ma le asperità non saranno finite perchè le brevi ma ripide rampe di Rocca Santa Brigida e del Quadrivio Raby (posto a meno di 6 Km dall’arrivo) già affrontate nei precedenti giri di circuito, completeranno il quadro di una tappa che è perfetta per organizzare imboscate. Ricorda un po’ la tappa dei muri della Tirreno Adriatico 2020 nella quale Pogacar conquistò la classifica generale con un attacco da lontano.
La tappa di montagna che chiuderà la seconda settimana si svolgerà in gran parte in Val d’Aosta, dopo la partenza dalla località piemontese di Rivarolo Canavese. Non è un tappone di quelli durissimi, ma attenzione alle prime due salite. Sia quella verso Les Fleurs (12 Km al 7% che coincidono con la prima parte della dura salita verso Pila), sia quella di Verrogne (13,4 km al 7%) sono entrambe dure, a differenza di quella molto lunga che condurrà al traguardo di Cogne in 22 Km.. La prima parte dell’ascesa finale è la più impegnativa e contiente in particolare un tratto di 3 Km al 7,1%, mentre la seconda è caratterizzata da una inclinazione molto facile, 10 Km al 3,7% che si “spengono” man mano che ci si avvicinerà al traguardo. Date le caratteristiche del finale, è difficile pensare ad un attacco dei big, anche perché un’azione sulla salita di Verrogne, pur teoricamente possibile, si scontrerebbe con i successi 40 km da percorrere e un’ascesa finale che favorisce i recuperi.
Il terzo giorno di riposo sarà utile per ricaricare le batterie in vista di quella che sarà la tappa più dura del giro.
Si tratterà dell’immancabile “wine stage”, solitamente a cronometro e quest’anno da degustare in montagne, sulle strade dello Sforzato, passito originario della Valtellina. Da Salò si percorreranno una trentina di chilometri iniziali privi di difficoltà prima di salire a Bagolino per al Goletto di Cadino, affrontato l’ultima volta nel 1998 nello storica tappa di Montecampione. È una salita vera, di quasi 20 Km con pendenze a tratti aspre, e bisognerà fare attenzione anche alla lunghissima discesa su strada a carreggiata stretta e tecnica, che nella tappa del 1998 vide Garzelli protagonista sfortunato con una caduta all’uscita da un tornante. Da Breno si percorrerà il fondovalle sino ad Edolo e quindi da Monno si affronterà il Mortirolo dal lato meno duro, che comunque presenta una pendenza media del 7,5% distribuita sui 12,8 Km di strada. Scesi a Grosio, si percorrerà la Valtellina sino a Bianzone, da dove partirà la breve ma arcigna salita verso Teglio, 5 Km all’8,7% con punte in doppia cifra. Dopo la discesa si dovranno affrontare 12,7 Km di salita per raggiungere il Valico di Santa Cristina. La prima parte coincide con il lato più duro dell’Aprica, la seconda è quella più tosta, caratterizzata da 6 Km duri con pendenza media vicina al 10%. Su questa salita si potrà fare certamente la differenza tra i big, ma sarà necessario fare corsa dura sin dall’inizio per sfaldare le squadre già sul Goletto di Cadino e sul Mortirolo. Dal Valico di Santa Cristina solo 6 Km per andare all’arrivo dell’Aprica. Per capire la durezza della parte finale della salita, i meno giovani ricorderanno che nel 1994 quel tratto bastò a Pantani per infliggere 3 minuti e mezzo a Indurain e a uno scalatore di razza come “Cacaito” Rodriguez. Tuttavia Pantani aveva in precedenza fatto il diavolo a quattro già sul Mortirolo, in modo da costringere gli avversari a spendere energie per ricucire.
Finale duro ed interessante anche per la successiva Ponte di Legno – Lavarone. Il Tonale in apertura sarà ininfluente e la tappa entrerà nel vivo solo a Pergine Valsugana, a 45 chilometri dall’arrivo, quando sarà il momento di scalare il Passo del Vetriolo, salita che porta verso la rinomata località termale dopo 10 Km di strada al 7,6%, con punte in doppia cifra. Ancor più dura sarà l’inedita salita del Menador, con scollinamento ai 1262 metri di Monte Rovere dopo 8 km al 9,6%, gli ultimi 2,5 km dei quali hanno una pendenza media dell’11,2% e una massima del 15%. Dalla cima mancheranno solo 8 km per andare al traguardo. In questo caso sarà possibile sfaldare le squadre già sulla salita di Vetriolo per poi tentare l’affondo definitivo sul Menador e cercare di incrementare ancora un po’ negli ultimi 8 Km. Qui si rischia di andare in crisi dura, anche perchè il Menador ricorda un la salita di Sega di Ala, affrontata all’ultimo Giro subito dopo aver scalato il San Valentino. Qui a rendere tecnicamente più complesso il tracciato, ci saranno gli 8 Km finali che rappresentano un’incognita da non sottovalutare. Se si arriverà in cima sfiniti, le cose si complicheranno parecchio e i distacchi potrebbero letteralmente volate.
L’indomani sulle strade della Borgo Valsugana – Treviso torneranno di scena i velocisti. Ci sarà il muro di Ca’ del Poggio da scavalcare ma è piazzato troppo lontano dall’arrivo per rappresentare un problema. Comunque,va fatto notare che si è entrati nella terza settimana e le squadre dei velocisti potrebbero essersi nel frattempo ridotte nel numero ed aver sprecato fin qui parecchie energie, soprattutto se tra le loro fila ci sono anche uomini di classifica.
Molto interessante la tappa numero 19 che vedrà il secondo e ultimo sconfinamento del giro. Si partirà da Marano Lagunare e dopo il Passo di Tanamea si entrerà il Slovenia. A 56 chilometri dalla conclusione si inizierà a salire verso il GPM del monte Kolovrat a 1145 metri. Si tratta di una salita molto impegnativa, 10 Km con una pendenza media del 9,2% e punte del 12%: da notare che l’inclinazione non scende mai sotto l’8% e ci sono lunghi tratti sempre in doppia cifra. Si scollina a 43 chilometri dalla conclusione, ma nel finale si salirà ancora verso il Santuario di Castelmonte per approcciare un’ascesa conclusiva di 6,5 Km al 6%, caratterizza da un muro al 10% in prossimità del traguardo. Il Kolovrat è una salita sulla quale si può fare la differenza perchè le sue severe pendenze sono adattissime alle rasoiate degli arrampicatori. Sarà, però, necessario organizzare bene l’attacco perché dalla cima ci sono oltre 40 Km per andare all’arrivo, di cui alcuni in discesa non tecnica e una buona decina in pianura. Bisognerà orchestrare una attacco strutturato, mandando in fuga almeno due o tre compagni di squadra da ritrovare lungo il percorso e magari improvvisare un gentleman agreement con qualche avventuriero di giornata.
L’ultimo atto in alta montagna sarà costituito dal tappone dolomitico che scatterà da Belluno e proporrà il San Pellegrino e il Passo Pordoi (Cima Coppi, 2239 metri) prima del difficile arrivo in salita sulla Marmolada, unica frazione in cui si supereranno i 2000 metri di quota
Il Passo San Pellegrino presenta i tratti più impegnativi nel finale (ultimi 5500 metri al 9% medio con una massima del 15%), ma è molto lontano dall’arrivo. La salita verso il Pordoi è mitica e intrisa di storia ma, al giorno d’oggi, non può fare grosse differenze se piazzata, come in questo caso, a oltre 40 km dall’arrivo. In un simile quadro si rischia di avere un nulla di fatto sino a Malga Ciapela, dove inizierà un drittone verso il cielo con punte del 18% sul quale sarà necessario dare anche ciò che non si ha. Sarebbe forse stato meglio, visto anche lo scarso chilometraggio della tappa, proseguire dopo il Passo Fedaia, scendendo a Canazei per poi risalire sul Pordoi. La doppia scalata al Pordoi è un classico e avrebbe reso più appetibile l’attacco da lontano. I meno giovani ricorderanno certamente l’impresa di Zaina nel 1996, che staccò sulla Marmolada scalatori fortissimi come Tonkov (che poi vinse quel Giro) e Gotti, per poi incrementare il vantaggio sulle rampe del Pordoi.
Esaurite le montagne ci sarà la crono finale di Verona che, anche se presenta l’interessante passaggio sulle Torricelle (4 Km al 5,4%), offrirà pochi chilometri per scavare distacchi, specie a fine Giro quando le energie sono al lumicino. Se la situazione dovesse presentarsi come nel 2020, con due corridori a pari tempo, questa tappa sarà decisiva. Il percorso è comunque nel complesso molto bello e vario, caratterizzato da tappe equamente distribuite e diveese salite inedite.
Rimane solo da sistemare il chilometraggio a cronometro e la collocazione delle tappe contro il tempo, perché questi due aspetti valorizzerebbero ancor più un percorso come quello proposto quest’anno.

Benedetto Ciccarone

Uno scorcio della spettacolare salita del Menador, una delle salite inedite che saranno esplorate dal Giro dItalia nel 2022

Uno scorcio della spettacolare salita del Menador, una delle salite inedite che saranno "esplorate" dal Giro d'Italia nel 2022

LUTSENKO FA LA STORIA A PIAZZOLA SUL BRENTA

ottobre 16, 2021 by Redazione  
Filed under News

Si è conclusa con la fantastica cornice di Villa Contarini a Piazzola sul Brenta, Padova, la prima storica ‘gravel’ riservata ai professionisti. 132 km, gran parte in sterrato, con partenza da Jesolo, 37 atleti a sfidarsi tra strade bianche, ponti e corsi d’acqua attraversando le province di Venezia, Treviso e Padova.

L’azione decisiva è partita a circa 80 km dal traguardo quando Aleksej Lutsenko (Astana) ha lasciato il gruppo, in quel momento composto da poco più di venti atleti, e ha intrapreso un’azione solitaria d’altri tempi. Alle sue spalle il plotoncino nulla ha potuto, perdendo poco a poco terreno ed entrando nel circuito finale di Piazzola con 1’50” di ritardo.
Nel primo dei tre giri finali il gruppetto ha alzato il ritmo recuperando metà dello svantaggio, ma pagando un prezzo troppo caro in termini di energie. Così pian piano gli inseguitori hanno dovuto alzare bandiera bianca e in tutto sono rimasti in 12, ormai stremati, a rincorrere il kazako, che ha potuto amministrare il vantaggio e arrivare al traguardo a braccia alzate.
Con 41 secondi di ritardo si è classificato secondo Riccardo Minali (Intermarché Wanty Gobert), vincitore della volata di gruppo su Nathan Haas (Cofidis), Davide Martinelli (Astana), Kevin Van Melsen (Intermarché Wanty Gobert), Simone Bevilacqua (Vini Zabù), Luca e Daniele Braidot (nazionale italiana du ciclocross), Samuele Battistella (Astana) e Taco van der Hoorn (Intermarché Wanty Gobert),. Alle loro spalle il resto dei corridori alla spicciolata, con solo 19 arrivati e 18 ritirati lungo il percorso.

Andrea Mastrangelo

Lutsenko in fuga sulle strade sterrate del Veneto (foto Bettini)

Lutsenko in fuga sulle strade sterrate del Veneto (foto Bettini)

TOUR DE FRANCE 2022: SPRAZZI POSITIVI MA ANCORA NON CI SIAMO

ottobre 15, 2021 by Redazione  
Filed under News

Tracciato piuttosto deludente, con tappe di montagna troppo brevi, cronometro posizionate male e poche occasioni per rompere gli schemi ed attaccare da lontano. Tornano il pavè e l’Alpe d’Huez. Ottimo l’arrivo sul Granon e le diverse tappe di media montagna.

Svelato il percorso del Tour de France 2022.
Nonostante siano state offerte numerose prove del fatto che gli elevati chilometraggi favoriscono spettacolo e sorprese, sembra che i francesi, incalzati delle insane pressioni delle TV, non ne vogliano sapere.
Il tracciato che i corridori dovranno percorre dal primo al 24 luglio prevede solo una tappa di oltre 200 km e tappe di montagna che assomigliano più a prove juniores o femminili piuttosto che a frazioni di un GT.
Inutile ripetere per l’ennesima volta che, con il livellamento attuale, in tappe come quelle disegnate da Christian Prudhomme non ci si può aspettare altro se non la sparata degli ultimi due chilometri, con i gregari ancora tutti nel gruppo principale.
Nelle tappe con chilometraggio elevato ci sono partenze più tranquille e questo è vero, però man mano che si macinano chilometri in salita la fatica si fa sentire, i gregari esauriscono le energie e le differenze vengono fuori.
L’attacco di Alaphilippe ai mondiali, la Roubaix in cui sono rimasti in pochissimi quando l’arrivo era ancora distante, l’attacco di Pogacar al Lombardia sono state tutte azioni riuscite proprio perché il chilometraggio elevato ha presentato il conto e molti si sono ritrovati senza le energie per rispondere agli attacchi decisivi.
Chi ha buona memoria e un età non giovanissima ricorderà i tapponi di 250 Km e le numerose tappe over 200 (al Tour del 1998, per esempio, furono 9) che facevano accumulare fatiche e provocavano crisi.
Come si è visto negli ultimi anni un corridore come Roglic, dotato di una buona sparata finale e di una squadra forte, mira a controllare la corsa fino agli ultimissimi chilometri, se non metri, per poi partire a tutta raggranellando qualche secondo e qualche abbuono. L’azione a lunga gittata ai laghi di Covadonga all’ultima Vuelta avvenne, infatti, solo perché Roglic era stato costretto a seguire un attacco da lontano di Bernal.
Il ricordo della tappa del Grand Colombier di due anni fa è ancora vivissimo, una tappa con una salita finale lunga e impegnativa in cui la Jumbo Visma è arrivata compatta sino all’ultimo chilometro.
Tapponi di montagna di oltre 200 Km renderebbero molto più difficile questa strategia perché i gregari sarebbero costretti a tirare per moltissimi chilometri e prima o poi le energie si esaurirebbero, specialmente nella terza settimana, aprendo alla possibilità di crisi e d’inaspettati capovolgimenti di fronte.
Anche le cronometro sono piazzate piuttosto male. La prima tappa è poco più che un prologo nel quale gli scalatori perderanno secondi che, però, difficilmente andranno ad influire sulla economia della corsa, mentre la seconda crono ha un chilometraggio adeguato ma è piazzata al penultimo giorno, quando è più difficile fare la differenza.
Molto meglio sarebbe stato eliminare la crono iniziale e piazzarne una di 30 o 40 Km, altimetricamente mossa, attorno alla decima tappa in modo da dare alla classifica una fisionomia che costringa gli scalatori ad attaccare.
Positivo il fatto che le Alpi siano state riproposte in modo un po’ più serio rispetto allo scempio andato in scena quest’anno e molto positivo è il ritorno sul Col de Granon, grande ed impegnativa salita che non veniva scalata dal lontano 1986, anche se la tappa poteva essere resa più dura inserendo qualche colle in più.
Sarebbe bello proporre il Granon anche al giro d’italia, magari preceduto da Sampeyre, Agnello e Izoard in un tappone per scalatori di razza.
Buono anche l’inserimento di diverse tappe di montagna o comunque insidiose, come quella di Mende e quella di Foix
Esaurite le considerazioni di carattere generale e le reprimende, andiamo a vedere le tappe nel dettaglio.
Si partirà da Copenaghen il primo luglio con una tappa a cronometro di 13 chilometri completamente piatta, movimentata da diverse curve a 90 gradi in contesto urbano.
Il giorno successivo da Roskilde scatterà una tappa per velocisti nella quale si dovrà fare attenzione al vento, perché nel finale si percorrerà un ponte di una quindicina di chilometri che scavalca lo stretto del Grande Belt e porterà i corridori al traguardo di Nyborg. In precedenza tre facilissime “côtes” inserita nella prima parte di gara assegnaranno assegnare la maglia a pois di leader degli scalatori
L’ultima tappa in terra danese sarà la seconda occasione per le ruote veloci del gruppo, 181 Km da Vejle a Sønderborg con altre tre modeste ascese piazzate lontano dal traguardo.
Dopo il primo giorno di riposo, il 5 luglio si entrerà in Francia con la Durkenque – Calais, tappa leggermente più movimentata rispetto a quelle danesi che prevede diverse colline, l’ultima di 1 Km al 6.5% posta a 11 Km dalla conclusione: potrebbe al massimo risolvere una questione tra i fuggitivi che quest’oggi potrebbero anche riuscire ad arrivare, anche se i principali indiziati di vittoria saranno ancora i velocisti.
La prima difficoltà vera sarà affrontata nella quinta tappa che partirà da Lilla per arrivare alle porte delle mitica foresta dell’Arenberg dopo aver affrontato 11 settori di pavè per un totale di una ventina di chilometri da percorre sulle pietre. La tappa è molto breve (solo 144,5 Km) e, come successo anche nel 2014, si arriva poco prima dell’imbocco del più leggendario settore della Parigi-Roubaix, che quindi non verrà affrontato: per gli appassionati si tratta di una grossa delusione perché il blasone e la difficoltà della foresta avrebbero certamente reso epica questa tappa. Va anche aggiunto che sarebbe stato molto semplice proporre questo settore, disegnando un circuito. Dopo aver percorso la foresta si sarebbe potuta, infatti, prendere la via Blanqui e ritornare a Wallers. Anzi, volendo essere ancor più cattivi, sarebbe stato possibile anche proporre due volte il passaggio nella foresta, vista la brevità del percorso disegnato.
In ogni caso, ci si potrà aspettare uno scossone in classifica generale, come accaduto nel 2014, perché le pietre fanno sempre danni.
Il giorno successivo si partirà dalla località belga di Binche per approdare a Longwy, dove si affronterà un finale collinare mosso ed interessante, caratterizzato da 3 GPM negli ultimi 10 Km: la Côte de Lexy (2,3 Km al 4,3%) ai – 10, il muro di Pulventeux (800 metri al 12.3%) ai – 5 e l’arrivo in cima allo strappo di Cotes des Religieuses, 1,76Km al 5,8% di pendenza media. Su questo arrivo si potrebbero vedere anche schermaglie tra i big della generale.
La settima tappa proporrà il primo arrivo in salita, La Planches des Belles Filles, al termine di una frazione di 175 Km che scatterà da Tomblaine e proporrà altri due facili GPM prima della salita finale, dove verrà riproposto l’arrivo in vetta alla terribile rampa finale al 24%, su fondo sterrato, sulla quale Giulio Ciccone compensò la delusione per la mancata vittoria di tappa con la conquista della maglia gialla.
E’ probabile che sia la lotta per la vittoria tappa, sia quella tra gli aspiranti al successo finale si decideranno sulle terribili pendenze dell’ultimo chilometro, con distacchi che alla fine saranno di pochi secondi.
Per l’ottava tappa il Tour approderà in Svizzera da Dole viaggiando in direzione Losanna, dove il traguardo sarà posto in cima ad una salita di 5 Km al 4,5% che non provocherà distacchi tra i big ma potrebbe essere decisiva per il successo parziale. Lungo la strada si incontreranno altri 3 gpm GPM facili ed un tratto di oltre 30 Km tra il secondo ed il terzo GPM nel quale la strada si snoderà in quota, a circa 1000 metri di altitudine.
Anche la nona tappa si disputerà per gran parte in Svizzera, ma si rientrerà in Francia a 9 km dalla conclusione.Si tratterà della prima delle quattro tappe alpine, impegnativa ma non durissima, che da Aigle - la sede dell’Unione Ciclistica Internazionale – condurrà a Chatel.
Il secondo GPM, il Col de la Croix posto a circa 60 km dalla conclusione, è impegnativo (8,5 Km al 7,2%), mentre il Pas de Morgins è più lungo ma meno arcigno, 16 Km al 5,7% con scollinamento a soli 9 Km dalla conclusione, a sua volta posta al termine di un breve tratto in salita. Sul Morgins sarà possibile cercare di orchestrare un agguato per guadagnare secondi, favoriti dal tratto successivo che, tra discesa e risalita, non agevola i recuperi.
Dopo il riposo a Morzine andrà in scena una tappa con 4 GPM ed una salita finale di 20 km che però non dovrebbe provocare danni. L’ascesa che condurrà al traguardo di Megève presenta, infatti, una pendenza media del 4% e quindi è prevedibile l’arrivo di un fuga e l’assenza di ostilità tra i big, rimandate al giorno successo quando andrà in scena il tappone del Granon. Partiti da Albertville si scalerà il mitico Galibier prima dell’ascesa finale ai 2400 metri del Col du Granon, affrontato per la prima e finora unica volta nel 1986, quandoi lassù si impose lo spagnolo Eduardo Chozas, mentre Greg Lemond strappò la maglia gialla al compagno di squadra Bernard Hinault.
La salita finale misura 11 Km e presenta una pendenza costantemente intorno al 9%. Proprio la costanza dell’inclinazione che non cala mai fa di questa salita uno dei punti chiave di questa edizione del Tour de France. Purtroppo, la tappa misura solo 150 Km e il Col de Granon è preceduto solo dal Galibier che, seppur preso dal lato più tosto, potrebbe non essere sufficiente per permettere di scavare distacchi seri.
Se gli organizzatori avessero proposto questo arrivo dopo un tappone di 250 km con quattro o cinque salite sicuramente ci saremmo potuti aspettare grandi cose. Ciò non toglie che comunque la tappa è molto dura e presenta un dislivello elevato; sarà quindi una frazione chiave nell’economia della corsa.
Come nell’86, anche in questo caso il giorno successivo al Granon si andrà sui 21 tornanti dell’Alpe d’Huez, assemnte da tre anni dal percorso del Tour. Anche questa sarà una tappa molto impegnativa, con il ritorno sul Galibier (dal lato meno nobile) e la Croix-de-Fer, entrambi over 2000, prima di salire ai 1842 metri di una delle più rinomate stazioni invernali alpine.
La partenza da Briançon farà decollare la tappa già in salita e questo potrebbe condizionare la frazione se, nel corso dell’ascesa al Galibier, qualcuno volesse tentare di far saltare il controllo delle squadre. La salita verso la Croix-de-Fer va su a gradoni e presenta un tronco di 5 Km al 9% nella prima parte ed il tratto finale verso la vetta di 6,5 Km all’8,3%. Dalla fine della discesa, ci sarà però un tratto di pianura di oltre 10 Km prima di attaccare la salita finale. La battaglia tra i big qui sarà senza esclusione di colpi.
Con la tredicesima tappa si abbandoneranno le Alpi per raggiungere il Massiccio Centrale da Le Bourg-d’Oisans, con traguardo a Saint-Étienne dopo aver affrontato 5 salitelle abbastanza facili che ne fanno una tappa da fughe, anche se non va totalmente esclusa la possibilità di un arrivo allo sprint.
Finale molto impegnativo, invece, nella quattordicesima tappa con il classico arrivo sopra Mende dopo 196 Km e tre GPM difila nella parte iniziale. A 30 km dall’arrivo si scollinerà il Col de Charpal a oltre 1400 metri di altitudine, ma il punto chiave sarà l’ascesa alla Côte de la Croix-Neuve, 3 Km con una pendenza media superiore al 10%, massime del 14,5% e scollinamento a soli 2 Km dall’arrivo. Su questo strappo si può certamente fare la differenza e i big si daranno battaglia.
La quindicesima tappa presenta un percorso collinare che condurrà il Tour da Rodez a Carcassone, dopo molti mangia e bevi. Anche questa sembra una tappa da fughe con possibilità anche per l’arrivo in volata.
Una delle tappe più interessanti sarà la sedicesima, prevista tra Limoux e Foix, nella quale sarà possibile organizzare un’imboscata che potrebbe portare anche a distacchi di una certa consistenza. Nel finale ci sono il Port de Lers, salita vera, e soprattutto il Mur de Péguère, che presenta gli ultimi 3,5 km con una pendenza media dell’11,4% e punte del 18%. Dai 1362 metri della vetta ci saranno 27 chilometri per andare al traguardo di Foix e proprio questo tratto potrebbe essere fatali a chi sarà rimasto staccato sulle arcigne rampe del muro. Se davanti si dovesse trovare un gruppetto di uomini forti, magari aiutati da gregari andati in fuga al mattino, i distacchi potrebbero dilatarsi parecchio. Vietate le distrazioni, dunque.
La seconda tappa pirenaica da Saint-Gaudens a Peyragudes misura ahinoi solo 130 Km. Si scaleranno Aspin, Horquette d’Ancizan e Val Louron prima di affrontare l’ascesa finale verso Peyragudes, 8,2 Km al 7,2% con il finale sulla terribile rampa dell’altiporto. L’epilogo più probabile è lo scattino sul rampone finale se qualcuno non riuscirà a fare danni sulle salite precedenti, cosa che appare piuttosto difficile visto che non ci sono i chilometri necessari per mettere tossine nella gambe, anche se nella terza settimana le energie potrebbero comunque cominciare a scarseggiare.
Molto breve sarà anche l’ultima tappa pirenaica, solo 144 chilometri da Lourdes ad Hautacam, e proporrà il Col d’Aubisque dal lato più duro, poi lo strappetto del Soulor, quindi il duro ed inedito Col de Spandelles (10,4 Km all’8,1%) prima dell’ascesa finale ad Hautacam, 13,6 km al 7,8%.
Attenzione perché dal termine della discesa dello Spandelles all’inizio dell’ascesa ad Hautacam ci saranno solo 5 km di pianura e quindi l’attacco sulle dure rampe dello Spandelles è possibile, anche perché questa sarà l’ultima occasione per gli scalatori. Purtroppo, come per la tappa del giorno precedente, il ridotto chilometraggio potrebbe complicare le cose, ma qui coloro che temono di perdere terreno nella cronometro dovranno cercare di staccare gli avversari più forti di loro nelle corse contro il tempo.
La tappa numero 19 (Castelnau-Magnoac – Cahors) è probabile che finisca nel palmares di un velocista, mentre la successiva che scatterà da Lacapelle-Marival sarà una cronometro con chilometraggio ideale (40 Km) ed alcuni saliscendi nel finale. In particolare, lo strappo che porta al traguardo di Rocamadour misura 1.5 Km e presenta una pendenza media vicina all’8%. Nonostante questo la prova contro il tempo è favorevole agli specialisti, anche se a questo punto conteranno parecchio le energie rimaste in corpo.
La tappa finale con partenza dalla Défense Arena e il consueto approdo a Parigi sarà la solita passerella finale a favore dei velocisti, con sette tornate del tradizionale circuito dei Campi Elisi.

Benedetto Ciccarone

AL RITROVATO GIRO DEL VENETO VINCE MEURISSE, BEFFATO TRENTIN

ottobre 13, 2021 by Redazione  
Filed under News

Dieci anni! Tanto è stata l’attesa per rivedere l’arrivo dei corridori in Prato della Valle a Padova. Nove da quell’ultima edizione malinconica del Giro del Veneto – Coppa Placci, una sorta di canto del cigno che non poteva essere il sipario finale di questa storica corsa inaugurata nel 1909 con la vittoria di Luigi Pogliani.

Ritorna, dicevamo, il Giro del Veneto dopo dieci anni grazie al prezioso lavoro di Filippo Pozzato, vincitore qui nel 2009, che ha ripreso in mano il ciclismo veneto organizzando una settimana ricca di eventi cominciata oggi con lo storico Giro del Veneto e che si concluderà domenica con la Veneto Classic, gara già in odore di World Tour. Nel mezzo una corsa gravel e una gran fondo.
Entriamo nel vivo della corsa odierna, 168km, 1650m di dislivello lungo i Berici e i Colli Euganei e gran finale nella seconda piazza più grande d’Europa. Fin dai primi chilometri si creava un corposo drappello in testa con 8 atleti: Davide Bais (Eolo-Kometa), Luka Pajek (HrinkowAdvaricsCycleang), Simone Bevilacqua (Vini Zabù), Giacomo Garavaglia (Work Service Marchiol), Matteo Zurlo (ZalfEuromobil Fior), Niccolò Salvietti (Mg.k Vis VPM), Marco Grendene (Beltrami Tsa Tre Colli) e Matteo Baseggio (General Store Essegibi Curia).
Il gruppo, controllato da Astana e UAE e scremato dal saliscendi del percorso, lasciava ai fuggitivi un margine massimo di 3’40” prima di iniziare l’inesorabile recupero, terminato nell’abitato di Rovolon. A quel punto mancavano da affrontare le salite di Teolo e del temibile Roccolo. Proprio quest’ultima vedeva l’attacco deciso di Aleksej Lutsenko (Astana) e Marc Hirschi (UAE) che, vittima di una scivolata in discesa, doveva ben presto alzare bandiera bianca lasciando da solo il kazako, il quale con 25 km di pianura nel finale, nulla poteva fare contro la rimonta del gruppo.
Nei chilometri finale si vericava un susseguirsi di scatti fino a quello decisivo che vedeva avvantaggiarsi Jhonatan Restrepo (Androni), Matteo Trentin (UAE) e Xandro Meurisse (Alpecin). Trentin era il primo a lanciare la volata, preoccupato dal rientro del gruppo, più scaltro era Meurisse ad attendere il momento giusto per sopravanzare l’italiano e aggiudicarsi la vittoria. Il terzo posto era di Alberto Dainese (nazionale italiana), che regolava il gruppo seguito da Simone Consonni (Cofidis) e Alessandro Covi (UAE).

Andrea Mastrangelo

Meurisse si impone nel ritrovato Giro del Veneto (foto Bettini)

Meurisse si impone nel ritrovato Giro del Veneto (foto Bettini)

COLPO LUTSENKO A LISSONE. IL KAZAKO BATTE TRENTIN E CONQUISTA LA COPPA AGOSTONI

ottobre 11, 2021 by Redazione  
Filed under News

La terza ed ultima prova del trittico Lombardo, posta a 48 ore dal Giro di Lombardia, ha offerto l’ennesima bella prova di una stagione ormai arrivata alle battute finali. A spuntarla sul classico traguardo di Lissone è stato un pò a sopresa il kazako Alexey Lutsenko (Astana-PremierTech) capace di battere nello sprint a due un pur bravo Matteo Trentin (UAE Team Emirates). Per il trentino una delusione al termine di una stagione che non ha riservato molte soddisfazioni. Terzo posto per suo compagno di squadra Alessandro Covi che si è confermato ad alti livelli al termine di una stagione che lo ha confermato come uno dei giovani italiani di maggior talento.


Il percorso, 180 km con partenza ed arrivo in quel di Lissone, proponeva un primo tratto in linea piuttosto semplice di circa 60 km seguito da 4 giri in un circuito di 24 km in cui spiccava il tradizionale passaggio sul Lissolo, salita simbolo della corsa, preceduto dalle ascese di Sirtori e del Colle Brianza. Una volta transitati per la quarta ed ultima volta sul Lissolo, i corridori erano attesi da un tratto finae di 25 km tutto in leggera discesa che conduceva all’arrivo.

La fase iniziale della corsa si è consumata a ritmi decisamente alti e così la fuga di giornata è riuscita a formarsi soltanto al km 30 quando si sono avvantaggiati Lorenzo Fortunato (Eolo-Kometa), Filippo Fiorelli (Bardiani-CSF-Faizanè) e Thomas Champion (Cofidis). Poco dopo il terzetto è stato raggiunto da Floris De Tier (Alpecin-Fenix), Simone Bevilacqua (Vini Zabù), Federico Burchio (Work Service-Marchiol) e Francesco Carollo (Mg.Kvis-VPM) andando a formare un gruppo di sette battistrada. Il drappello di testa non è però riuscito a guadagnare un margine importante, arrivando ad un massimo di circa 3′ poco prima dell’ingresso nel circuito del Lissolo. Di lì a poco gli uomini di Astana-PremierTech e Movistar hanno iniziato a lavorare in testa al gruppo con l’obiettivo di tenere sotto controllo la fuga.

Lungo la prima scalata al Lissolo, Lorenzo Rota (Intermarché-Wanty-Gobert) ha provato il colpo a sorpresa evadendo dal gruppo principale con l’intento di riprendere i fuggitivi il cui vantaggio nel frattempo aveva già iniziato a ridursi. In corrispondenza del secondo passaggio al Colle Brianza (-85) l’inseguimento di Rota è stato finalmente portato a termine, mentre quasi contemporaneamente dal drappello di testa si staccava Federico Burchio. Il gruppo di testa si è ulteriormente ridotto al successivo passaggio (il terzo) sul Colle Brianza in virtù delle defezioni di Bevilacqua, Fiorelli, Carollo e De Tier. Anche il destino dei tre superstiti era però ormai segnato visto che il gruppo principale, ormai ridotto da una trentina di unità e sempre tirato dalla Movistar, aveva ulteriormente ridotto il gap dai fuggitivi. L’azione di Rota, Champion e Fortunato si è definitivamente spenta quando all’arrivo mancavano 53 e due passaggi sul Lissolo.

Dopo un tentativo di Simon Geschke sul penultimo passaggio sul Lissolo, ad animare la corsa è stato il suo compagno di squadra Ruben Fernandez che si è avvantaggiato lungo l’ultimo passaggio sul Colle Brianza (-36). Anche stavolta la Movistar, poi coadiuvata dall’Astana, ha lavorato sodo tenendo il fuggitivo a distanza di sicurezza prima di andare a riprenderlo ai piedi dell’ultima scalata al Lissolo. A questo punto sono entrati in scena gli uomini della Alpecin-Fenix che hanno preparato l’attacco del loro capitano, Ben Tulett (-25). Al britannico sono rimasti incollati Alejandro Valverde (Movistar Team), Alexey Lutsenko (Astana-PremierTech), Remi Rochas (Cofidis), Ben Hermans (Israel Start-Up Nation) e Alessandro Covi (UAE Team Emirates). Ai -20 sui 6 corridori di testa si aggiunto un tenace Matteo Trentin (UAE Team Emirates) che aveva perso contatto lungo la salita. A quel punto il primo gruppo inseguitore, tirato dalla Alpecin (per Kristian Sbaragli) e dalla Eolo-Kometa (per Vincenzo Albanese) era distante appena mezzo minuti dai 7 battistrada.

Quando ormai il ricongiungimento sembrava scontato, è arrivato l’allungo proprio di Matteo Trentin (-12) a cui si è immediatamente accodato Alexey Lutsenko. Il nuovo duo di testa ha subito guadagnato qualche secondo sugli ex-compagni di fuga anche grazie all’ottimo lavoro di marcatura di Covi che ha prontamente stoppato un tentativo di rientro di Valverde. Gli inseguitori sono stati quindi ripresi dal secondo gruppo mentre Lutsenko e Trentin erano riusciti a guadagnare un margine di appena 15″ (ai -8) che hanno poi strenuamente difeso fino al traguardo. Il corridore kazako, evidentemetne meno veloce rispetto al trentino, si è posto alla ruota del corridore della UAE e ha poi lanciato la sua volata ai 200 metri dal traguardo. Trentin, probabilmente fiaccato dal precedente inseguimento, non è riuscito a superare Lutsenko e si è dovuto accontentare di un amaro secondo posto. La volata per il terzo posto è andata invece a Covi, bravo a regolare il gruppo inseguitore giunto a 12″ da Lutsenko davanti a Simone Velasco (Gazprom-Rusvelo), Vincenzo Albanese (Eolo-Kometa), Kristian Sbaragli (Alpecin-Fenix), Lorenzo Rota (Intermarchè-Wanty-Gobert), Ben Tulett (Alpecin-Fenix), Alejandro Valverde (Movistar Team) e Mattia Bais (Androni Giocattoli-Sidermec).

Pierpaolo Gnisci

Lutsenko regola Trentin a Lissone (foto: Bettini).

Lutsenko regola Trentin a Lissone (foto: Bettini).

DEMARE BRINDA ALLA FINE DELLA STAGIONE. E’ SUA LA PARIGI TOURS 2021

ottobre 10, 2021 by Redazione  
Filed under News

In un anno con più ombre che luci Arnaud Demare (Team Groupama FDJ) ritrova lo smalto dei tempi migliori e tra lo sterrato e i vigneti nei dintorni di Tours ottiene una vittoria prestigiosa alla Parigi Tours 2021 in una volata ristretta. Il francese batte Franck Bonnamour (Team B&B Hotels) e Jasper Stuyven (Team Trek Segafredo) al termine di una corsa molto combattuta.

Il percorso della Parigi – Tours 2021 è lo stesso del 2020. Si parte da Chartres e si arriva a Tour dopo 213 km. Il momento clou della corsa è compreso tra il km 162 ed il km 202: 40 km in cui saranno protagonisti nove settori di sterrati tra i vigneti francesi che seguono o precedono a loro volta sette cotes più o meno ardue da affrontare, la più dura delle quali è la Cote de la Rochère ad oltre il 10% di pendenza media. Sia i tratti di sterrato che le cotes non superano il km e mezzo di lunghezza ma la doppia presenza in quei 40 km dovrebbe far esplodere la corsa che già lo scorso anno ha visto attacchi e contrattacchi. Grazie alla nuova formula la Parigi Tours non è più una corsa adatta ai velocisti, che spesso e volentieri si sfidavano sulla mitica Avenue de Grammont per la volata finale; eppure saranno presenti diverse ruote veloci all’edizione 2021 ed in caso di corsa bloccata potranno avere le loro chances. Tra gli altri, si segnala la presenza di Jasper Philipsen (Team Alpecin Fenix), il velocista più vincente ed in forma in questo finale di stagione. Ma anche Dylan Groenewegen (Team Jumbo Visma), Jordi Meeus (Team Bora Hansgrohe), Cees Bol (Team DSM), Arnaud Demare (Team Groupama FDJ), Gerben Thijssen (Team Lotto Soudal), Christophe Laporte (Team Cofidis), Danny Van Poppel (Team Intermarchè Wanty Gobert), per citarne alcuni, sono altri velocisti di livello che avranno le loro possibilità, a patto di volata a ranghi compatti. Il Team DSM schiera ai nastri di partenza anche Casper Pedersen e Soren Kragh Andersen, i due ciclisti danesi che hanno già vinto la corsa rispettivamente nel 2020 e nel 2018. Dopo la partenza da Chartres si formava la fuga di giornata grazie all’azione di tre ciclisti: Rune Harregodts (Team Sport Vlaanderen Baloise), Gijs Leemreize (Team Jumbo Visma) e Julien Duval (Team AG2R Citroen). Dopo una ventina di km il vantaggio del terzetto al comando era di circa 4 minuti sul gruppo inseguitore tirato dagli uomini del Team Groupama FDJ. Dopo 50 km il vantaggio della fuga era salito a 5 minuti e 30 secondi. Al km 60 la fuga raggiungeva il vantaggio massimo di 7 minuti e 50 secondi dopodiché il ritmo del gruppo si faceva più elevato. Al km 80 il vantaggio della fuga era sceso a 6 minuti e 20 secondi. Dal gruppo principale si staccava un drappello di una trentina di ciclisti che raggiungeva i tre di testa a circa 70 km dall’arrivo. Erano presenti paraticamente i ciclisti più attesi come i già citati Andersen e Pedersen, Demare, Philipsen, Laporte e Van Poppel, ma anche Jasper Stuyven (Team Trek Segafredo), Connor Swift ed Amaury Capiot (Team Arkea Samsic), Sep Vanmarcke (Team Israel StartUp Nation), Floriam Vermeersh (Team Lotto Soudal) e Greg Van Avermaet (Team AG2R Citroen). Il gruppo di testa era formato precisamente da 37 ciclisti che avevano 40 secondi di vantaggio a 60 km dall’arrivo. A 46 km dall’arrivo attaccavano Stan Dewulf (Team AG2R Citroen), Connor Swift e Frederik Frison (Team Lotto Soudal). Swift era vittima di una foratura e veniva ‘sostituito’ da Franck Bonnamour (Team B&B Hotels). A 40 km dalla conclusione la coppia di testa aveva 1 minuto e 7 secondi di vantaggio sul gruppo tirato dal Team Jumbo Visma. A 30 km dall’arrivo il vantaggio era sceso a 40 secondi. Team Trek Segafredo, Team Groupama FDJ e Team Alpecin Fenix conducevano l’inseguimento in testa al gruppo. A 15 km dal termine ai tre di testa restavano 15 secondi di vantaggio su un gruppetto di sei ciclisti in cui erano presenti Arnaud Demare e Valentin Madouas (Team Groupama FDJ), Jasper Stuyven (Team Trek Segafredo), Bob Jungels (Team AG2R), Matis Louvel (Team Arkea Samsic) e Roger Adrià (Team Kern Pharma). Frison diceva addio ai sogni di gloria a causa di una foratura e così in testa restavano Dewulf e Bonnamour. La coppia di testa aveva ancora una decina di secondi di vantaggio su un’altra coppia formata da Demare e Stuyven quando mancavano 6 km alla conclusione. Demare e Stuyven raggiungevano Dewulf e Bonnamour a 500 metri dall’arrivo e nella volata a quattro Demare vinceva davanti a Bonnamour e Stuyven. Quarto era De wulf mentre il gruppo veniva regolato da Danny Van Poppel (Team Intermarchè Wanty Gobert) a 40 secondi di ritardo. Dopo un anno opaco Demare trova un bel colpo di coda proprio alla fine della stagione ottenendo una vittoria prestigiosa tra le strade di casa.

Giuseppe Scarfone

Arnaud Demare vince la Parigi Tours 2021 (foto: Bettini Photo)

Arnaud Demare vince la Parigi Tours 2021 (foto: Bettini Photo)

LOMBARDIA: POGACAR IMPARTISCE UNA LEZIONE DI CICLISMO AGLI AVVERSARI

ottobre 9, 2021 by Redazione  
Filed under News

Tadej Pogacar trionfa a Bergamo, coronando una azione partita a 35 chilometri dalla conclusione, quando il vincitore degli ultimi due Tour de France ha staccato tutti i migliori corridori del mondo.
Nella discesa da Selvino, un ottimo Fausto Masnada è riuscito a raggiungere lo sloveno e non gli ha dato cambi, ma Pogacar ha insistito nella azione e si è imposto in volata.

Tadej Pogacar ha vinto la centoquindicesima edizione del Giro di Lombardia, la classica delle foglie morte che, come da tradizione, chiude la stagione delle corse serie.
Lo sloveno ha impartito una lezione di ciclismo ai migliori del mondo, dimostrando che non è lo squadrone di Alaphilppe, né la mazzata dell’ultimo chilometro in salita di Roglic, bensì l’attacco da lontano a testa bassa ed a tutta, l’arma vincente nelle vere corse, quelle dure, quelle lunghe, quelle complicate.
Sulla salita più dura, quella di Passo Ganda, è stato lesto a rispondere ad una accelerazione di Nibali e poi ad andar via da solo nonostante mancassero 35 km all’arrivo con i migliori del mondo ad inseguire e pezzi anche molto sfavorevoli ad un solo corridore, come il tratto tra la fine della discesa di Selvino e l’inizio dello strappo di Bergamo Alta.
Pogacar non è nuovo a queste azioni, sia alla Tirreno Adriatico che all’ultimo Tour de France si è avventurato in azioni solitarie da lontano, concludendole positivamente ed oggi ha conquistato la seconda monumento del 2021.
Un uomo per tutte le stagioni e forte su tutti i terreni, che potrà vincere ancora molto vista la sua giovane età.
Primoz Roglic, nonostante il bel successo alla Milano Torino dopo una vuelta stradominata, oggi non era al top, ma comunque difficilmente sarebbe riuscito a contrastare il connazionale perché il capitano della Jumbo non ha nell’attacco da lontano la migliore arma. Roglic preferisce aspettare i finali e tentare di dare la botta. Al Tour 2020, ha sempre messo alla frusta la squadra per tentare di tenere cucita la corsa per tentare di avvantaggiarsi nel finale e sappiamo tutti come è andata a finire. La Vuelta gli era favorevole per il tipo di finali che presentavano le tappe importanti. Anche la Milano Torino aveva un finale che gli sorrideva, ma oggi il tracciato non era l’ideale per lui.
Innanzitutto, sullo strappo di Bergamo alta, avrebbe avuto un cliente bruttissimo come il campione del mondo e, prima di arrivare lì, c’era il terreno per tentare una azione incisiva e seria come è difatti avvenuto.
Julian Alaphilippe, uno dei favoriti della vigilia, è rimasto sorpreso dalla azione di Pogacar, ma non ha cercato di andare a chiudere egli stesso, preferendo incaricare Masnada di fare il forcing. Errore enorme costituito dalla solita strategia dei big nel ciclismo moderno di entrare in gioco in prima persona solo nel finale. Per fortuna ora c’è un campione che riesce a scombinare i piani.
Gli altri corridori hanno fatto quel che potevano, dopo la discesa, quando Masnada si era lanciato da solo all’inseguimento di Pogacar, non avevano nessuna voglia di riportare sotto Alaphilippe che, con la scusa di Masnada davanti, si rifiutava di tirare.
A quel punto, l’accordo è saltato e la corsa si è virtualmente chiusa.
Anche Pogacar però ha avuto i suoi grattacapi, dato che a Masnada è stato ordinato di non collaborare con la scusa di Alaphilippe dietro.
Pogacar però, lasciato da solo a tirare in pianura su un rettifilo, non si è scoraggiato ed ha continuato la sua azione nonostante la passività di Masnada. Non ha commesso l’errore di Alaphilppe che voleva sfruttare il lavoro degli altri, ha proseguito, ha anche cercato di staccare Masnada sullo strappo senza riuscirci e poi lo ha battuto in volata.
Quando c’è la classe i giochi tattici stanno a zero.
La Deceuninck ha tentato di sfruttare due punte come Masnada e Alaphilippe in due gruppi diversi, in modo da dare ad entrambi il motivo per non tirare, ma questo non è servito. Il vincitore di oggi non ha pensato alle tattiche, ma solo ad andare a tutta ed ha avuto ragione.
Sin dalla partenza ci sono stati vari tentativi di attacco, ma solo sulla salita del Ghisallo, affrontata dal lato men duro, si è formata la fuga di giornata.
Mattia Bais (Androni-Sidermec), Jan Bakelants (Intermarché-Wanty-Gobert), Victor Campenaerts (Qhubeka NextHash), Thomas Champion (Cofidis), Andrea Garosio (Bardiani-CSF-Faizanè), Amanuel Ghebreigzabhier (Trek-Segafredo), Christopher Hamilton (Team DSM), Domen Novak (Bahrain Victorious), Davide Orrico (Vini Zabù) e Tim Wellens (Lotto Soudal) si avvantaggiano e riescono ad ottenere disco verde dal gruppo.
Il vantaggio arriva sino a superare i 6 primi ma, a questo punto, le squadre dei favoriti, ed in particolare la Jumbo, aumentano il ritmo per ridurre il distacco, cosa che avviene puntualmente sulla salita della Roncola.
Lungo la discesa, si sono formati dei gruppetti separati che si sono però rapidamente ricompattati.
L’azione di erosione del vantaggio è proseguita sulla salita verso Berbenno, ma è sulla salita verso Dossena che iniziano a muoversi le acque. Davanti, la fuga perde pezzi e dietro cercano di portarsi in avanscoperta vari corridori, finché non si avvantaggiano George Bennett (Jumbo-Visma), Fausto Masnada (Deceuninck-QuickStep), Pavel Sivakov (Ineos Grenadiers), Ben Tulett (Alpecin-Fenix) e Michael Storer (Team DSM), senza però riuscire a conquistare un vantaggio definitivo.
Nella fase successiva, verso Zambla Alta, si avvantaggiano Romain Bardet (Team DSM), Marc Hirschi (UAE Team Emirates), Jonas Vingegaard (Jumbo-Visma), Masnada e Sivakov.
A questo punto, è la Movistar, rimasta fuori, ad alzare il ritmo per chiudere.
E’ in questa fase che alcuni corridori, tra cui anche Evenepoel, Simon Yates, Uran e Vlasov, rimangono leggermente attardati, palesando le loro difficoltà.
Lungo la discesa, il gruppo di spezza e i battistrada vengono ripresi ma, nel successivo tratto prima di attaccare la salita del Passo Ganda, c’è un generale ricompattamento ed il tentativo di Rota ed Orrico ha vita breve.
Sulla salita, il ritmo di Benoot prima e di Tao Geoghegan Hart (Ineos Grenadiers) poi provoca la definitiva capitolazione di Evenepoel, Simon Yates, Uran e Vlasov che erano riusciti a ricucire i metri di ritardo accusato verso Zambla Alta.
E’ però Vincenzo Nibali a rompere gli indugi, seguito prima da Majka poi da Pogacar e quindi da Bardet e Sivakov.
Il vincitore degli ultimi due Tour de France però, nonostante la qualità degli uomini con lui, capisce che, per riuscire a guadagnarsi la possibilità di andare all’arrivo, è necessario un cambio di ritmo ed accelera andando via da solo.
Mentre gli altri vengono ripresi, Pogacar riesce in breve a guadagnare una trentina di secondi sul gruppo tirato da Masnada che, ad un certo punto, si perde gli altri uomini e rimane nel mezzo, finché Yates non accelera e si riporta su di lui. In seguito a questi movimenti, il gruppo all’inseguimento è formato da Adam Yates, Fausto Masnada, Julian Alaphilippe (DQT), Romain Bardet (DSM), David Gaudu (GFC), Primož Roglič (TJV), Alejandro Valverde (MOV) e Michael Woods (ISN) e Vingegaard che si accoda poco dopo.
Nella discesa, Alaphilippe prova ad allungare, ma Valverde fa buona guardia, si lancia quindi Masnada che riesce ad eludere il controllo tra i big.
Nel successivo tratto in falsopiano verso Selvino, Pogacar riesce a dilatare il vantaggio sul gruppo dei migliori sino a 45 secondi, ma Masnada si avvicina pericolosamente. Nella discesa, con moltissimi tornanti (che venne affrontata in salita nella cronometro del giro d’italia del 95) Masnada riesce poco alla volta a chiudere sul battistrada e riceve l’ordine di non tirare, visto che, in una volata con Pogacar, sarebbe nettamente sfavorito e visto che dietro c’era Alaphilippe adattissimo ad un finale come quello di Bergamo.
Tuttavia, dietro, anche Alaphilippe tenta di fare il furbo, proprio utilizzando la presenza di Masnada davanti per non tirare. A questo punto, gli altri big non hanno nessuno voglia di sfiancarsi per far piacere al campione del mondo e tirano i remi in barca. Pogacar invece non si fa innervosire dall’atteggiamento passivo di Masnada e prosegue nell’azione. Sullo strappo di Bergamo, tenta anche di staccare Masnada, ma oggi il corridore di casa aveva una forma straordinaria e quel quid pluris di quando si corre sulle poprie strade che gli ha permesso di resistere alla sfuriata di Pogacar.
In volata, comunque non c’è storia e lo sloveno vince abbastanza agevolmente sul bravissimo bergamasco conquistando la seconda monumento in stagione dopo la Liegi Bastogne Liegi.
Nel gruppo, Roglic che era sembrato in difficoltà ha disputato lo sprint per cercare di conquistare il gradino più basso del podio, ma è stato battuto da Adam Yates che si è così “vendicato” della sconfitta alla Milano Torino.
Come sempre, il giro di Lombardia ha offerto un grande spettacolo, con una vera battaglia tra i corridori più forti al mondo, uomini da classiche e da grandi giri si sono presentati ai nastri di partenza con ambizioni di vittoria.
Alla fine, ha vinto il più coraggioso che probabilmente è anche il più forte che ha però avuto il merito di rischiare con una azione solitaria, da lontano e molto dispendiosa, sapendo di essere inseguito dall’elite del ciclismo mondiale.
Sono azioni come quella di oggi che tengono gli appassionati incollati allo schermo per lunghe ore e sono anche gli elevati chilometraggi che permettono simili spettacoli, perché in una corsa sotto i 200 Km certe azioni non sono fattibili nel ciclismo moderno, con le differenze sempre più appiattite a causa della tecnologia esasperata.
L’unico elemento che riesce ancora a far emergere le differenze ed a permettere azioni come quella che abbiamo visto oggi è proprio il chilometraggio elevato e la durezza del tracciato.
Si spera che gli organizzatori delle corse capiscano e si regolino di conseguenza, visto che un ritorno all’antico non sarebbe solo nostalgia del passato, ma un atto di amore verso questo meraviglioso sport.

Benedetto Ciccarone

La vittoria di Pogacar nella Classica delle Foglie Morte (foto Bettini)

La vittoria di Pogacar nella Classica delle Foglie Morte (foto Bettini)

GRANDE WALLS, IL GRAN PIEMONTE E’ TUO!

ottobre 7, 2021 by Redazione  
Filed under News

Matthew Walls (Team Bora Hansgrohe) vince a Borgosesia il Gran Piemonte 2021 battendo in volata Giacomo Nizzolo (Team Qhubeka NextHash) ed Olav Kooij (Team Jumbo Visma).

L’edizione 2021 del Gran Piemonte è lunga 168 km ed ha un percorso privo di insidie altimetriche rilevanti. Da Rocca Canavese a Borgosesia sono 168 i km che i ciclisti dovranno affrontare e dopo il maltempo dei giorni scorsi che ha condizionato le prime due gare del Trittico Lombardo, sul Piemonte risplende un sole quasi primaverile che già ieri ha illuminato la splendida vittoria di Primoz Roglic a Superga, al termine di un’appassionante Milano Torino. Oggi saranno i velocisti protagonisti e tra di loro è presente una nutrita schiera di italiani che potrebbe fare bene: Elia Viviani (Team Cofidis), Giacomo Nizzolo (Team Qhubeka NextHash), Matteo Moschetti (Team Trek Segafredo), Jakub Mareczko (Team Vini Zabù), Matteo Trentin (UAE Team Emirates) sono alcuni di questi. Ma anche alcuni giovani velocisti stranieri sono venuti in Piemonte per ben figurare e tra di loro si segnalano l’inglese Matthew Walls (Team Bora Hansgrohe), e la coppia olandese formata da Olav Kooij (Team Jumbo Visma) ed Arvid De Kleijn (Team Rally Cycling). La fuga di giornata, partita intorno al km 13, ha visto la presenza di cinque ciclisti: Manuele Boaro (Team Astana-PremierTech), Sylvain Moniquet (Team Lotto Soudal), Marc Soler (Team Movistar), Mattias Skjelmose (Team Trek-Segafredo) e Marco Frapporti (Team Vini Zabù). Le squadre dei velocisti hanno controllato la fuga che non ha mai superato i 3 minuti di vantaggio. Il gruppo si riportava sui fuggitivi a 27 km dall’arrivo. Negli ultimi 25 km si registrava un vano attacco da parte di Txomin Juaristi (Team Euskaltel Euskadi), subito ripreso dal gruppo, ed una scivolata di Olav Koiij, a circa 16 km dall’arrivo, subito rientrato in gruppo con l’aiuto dei compagni di squadra. Il gruppo sfilava compatto ma molto allungato sotto la bandiera rossa dell’ultimo km ed alcune squadre come l’INEOS Grenadiers e la Cofidis, a causa di uno spartitraffico, restavano un po’ attardate compromettendo la volata dei capitani designati, Elia Viviani ed Ethan Hayter. Era Matthew Walls ad imporsi in volata su Giacomo Nizzolo ed Olav Kooij. Chiudevano la top five Matteo Trentin in quarta posizione e Biniam Ghirmay (Team Intermarchè Wanty Gobert) in quinta posizione. Walls ottiene la seconda vittoria stagionale dopo aver vinto la quarta tappa del Giro di Norvegia lo scorso 22 Agosto. Dopo la due giorni piemontese si ritorna adesso in Lombardia per disputare un attesissimo Giro di Lombardia sabato 9 Ottobre. Una classica delle foglie morte più viva che mai con Primoz Roglic (Team Jumbo Visma) che parte come grande favorito dopo le recenti vittorie al Giro dell’Emilia ed alla Milano Torino.

Antonio Scarfone

Matthew Walls vince il Gran Piemonte 2021 (foto: Bettini Photo)

Matthew Walls vince il Gran Piemonte 2021 (foto: Bettini Photo)

« Pagina precedentePagina successiva »