TOUR DE FRANCE 2022: SPRAZZI POSITIVI MA ANCORA NON CI SIAMO

ottobre 15, 2021
Categoria: News

Tracciato piuttosto deludente, con tappe di montagna troppo brevi, cronometro posizionate male e poche occasioni per rompere gli schemi ed attaccare da lontano. Tornano il pavè e l’Alpe d’Huez. Ottimo l’arrivo sul Granon e le diverse tappe di media montagna.

Svelato il percorso del Tour de France 2022.
Nonostante siano state offerte numerose prove del fatto che gli elevati chilometraggi favoriscono spettacolo e sorprese, sembra che i francesi, incalzati delle insane pressioni delle TV, non ne vogliano sapere.
Il tracciato che i corridori dovranno percorre dal primo al 24 luglio prevede solo una tappa di oltre 200 km e tappe di montagna che assomigliano più a prove juniores o femminili piuttosto che a frazioni di un GT.
Inutile ripetere per l’ennesima volta che, con il livellamento attuale, in tappe come quelle disegnate da Christian Prudhomme non ci si può aspettare altro se non la sparata degli ultimi due chilometri, con i gregari ancora tutti nel gruppo principale.
Nelle tappe con chilometraggio elevato ci sono partenze più tranquille e questo è vero, però man mano che si macinano chilometri in salita la fatica si fa sentire, i gregari esauriscono le energie e le differenze vengono fuori.
L’attacco di Alaphilippe ai mondiali, la Roubaix in cui sono rimasti in pochissimi quando l’arrivo era ancora distante, l’attacco di Pogacar al Lombardia sono state tutte azioni riuscite proprio perché il chilometraggio elevato ha presentato il conto e molti si sono ritrovati senza le energie per rispondere agli attacchi decisivi.
Chi ha buona memoria e un età non giovanissima ricorderà i tapponi di 250 Km e le numerose tappe over 200 (al Tour del 1998, per esempio, furono 9) che facevano accumulare fatiche e provocavano crisi.
Come si è visto negli ultimi anni un corridore come Roglic, dotato di una buona sparata finale e di una squadra forte, mira a controllare la corsa fino agli ultimissimi chilometri, se non metri, per poi partire a tutta raggranellando qualche secondo e qualche abbuono. L’azione a lunga gittata ai laghi di Covadonga all’ultima Vuelta avvenne, infatti, solo perché Roglic era stato costretto a seguire un attacco da lontano di Bernal.
Il ricordo della tappa del Grand Colombier di due anni fa è ancora vivissimo, una tappa con una salita finale lunga e impegnativa in cui la Jumbo Visma è arrivata compatta sino all’ultimo chilometro.
Tapponi di montagna di oltre 200 Km renderebbero molto più difficile questa strategia perché i gregari sarebbero costretti a tirare per moltissimi chilometri e prima o poi le energie si esaurirebbero, specialmente nella terza settimana, aprendo alla possibilità di crisi e d’inaspettati capovolgimenti di fronte.
Anche le cronometro sono piazzate piuttosto male. La prima tappa è poco più che un prologo nel quale gli scalatori perderanno secondi che, però, difficilmente andranno ad influire sulla economia della corsa, mentre la seconda crono ha un chilometraggio adeguato ma è piazzata al penultimo giorno, quando è più difficile fare la differenza.
Molto meglio sarebbe stato eliminare la crono iniziale e piazzarne una di 30 o 40 Km, altimetricamente mossa, attorno alla decima tappa in modo da dare alla classifica una fisionomia che costringa gli scalatori ad attaccare.
Positivo il fatto che le Alpi siano state riproposte in modo un po’ più serio rispetto allo scempio andato in scena quest’anno e molto positivo è il ritorno sul Col de Granon, grande ed impegnativa salita che non veniva scalata dal lontano 1986, anche se la tappa poteva essere resa più dura inserendo qualche colle in più.
Sarebbe bello proporre il Granon anche al giro d’italia, magari preceduto da Sampeyre, Agnello e Izoard in un tappone per scalatori di razza.
Buono anche l’inserimento di diverse tappe di montagna o comunque insidiose, come quella di Mende e quella di Foix
Esaurite le considerazioni di carattere generale e le reprimende, andiamo a vedere le tappe nel dettaglio.
Si partirà da Copenaghen il primo luglio con una tappa a cronometro di 13 chilometri completamente piatta, movimentata da diverse curve a 90 gradi in contesto urbano.
Il giorno successivo da Roskilde scatterà una tappa per velocisti nella quale si dovrà fare attenzione al vento, perché nel finale si percorrerà un ponte di una quindicina di chilometri che scavalca lo stretto del Grande Belt e porterà i corridori al traguardo di Nyborg. In precedenza tre facilissime “côtes” inserita nella prima parte di gara assegnaranno assegnare la maglia a pois di leader degli scalatori
L’ultima tappa in terra danese sarà la seconda occasione per le ruote veloci del gruppo, 181 Km da Vejle a Sønderborg con altre tre modeste ascese piazzate lontano dal traguardo.
Dopo il primo giorno di riposo, il 5 luglio si entrerà in Francia con la Durkenque – Calais, tappa leggermente più movimentata rispetto a quelle danesi che prevede diverse colline, l’ultima di 1 Km al 6.5% posta a 11 Km dalla conclusione: potrebbe al massimo risolvere una questione tra i fuggitivi che quest’oggi potrebbero anche riuscire ad arrivare, anche se i principali indiziati di vittoria saranno ancora i velocisti.
La prima difficoltà vera sarà affrontata nella quinta tappa che partirà da Lilla per arrivare alle porte delle mitica foresta dell’Arenberg dopo aver affrontato 11 settori di pavè per un totale di una ventina di chilometri da percorre sulle pietre. La tappa è molto breve (solo 144,5 Km) e, come successo anche nel 2014, si arriva poco prima dell’imbocco del più leggendario settore della Parigi-Roubaix, che quindi non verrà affrontato: per gli appassionati si tratta di una grossa delusione perché il blasone e la difficoltà della foresta avrebbero certamente reso epica questa tappa. Va anche aggiunto che sarebbe stato molto semplice proporre questo settore, disegnando un circuito. Dopo aver percorso la foresta si sarebbe potuta, infatti, prendere la via Blanqui e ritornare a Wallers. Anzi, volendo essere ancor più cattivi, sarebbe stato possibile anche proporre due volte il passaggio nella foresta, vista la brevità del percorso disegnato.
In ogni caso, ci si potrà aspettare uno scossone in classifica generale, come accaduto nel 2014, perché le pietre fanno sempre danni.
Il giorno successivo si partirà dalla località belga di Binche per approdare a Longwy, dove si affronterà un finale collinare mosso ed interessante, caratterizzato da 3 GPM negli ultimi 10 Km: la Côte de Lexy (2,3 Km al 4,3%) ai – 10, il muro di Pulventeux (800 metri al 12.3%) ai – 5 e l’arrivo in cima allo strappo di Cotes des Religieuses, 1,76Km al 5,8% di pendenza media. Su questo arrivo si potrebbero vedere anche schermaglie tra i big della generale.
La settima tappa proporrà il primo arrivo in salita, La Planches des Belles Filles, al termine di una frazione di 175 Km che scatterà da Tomblaine e proporrà altri due facili GPM prima della salita finale, dove verrà riproposto l’arrivo in vetta alla terribile rampa finale al 24%, su fondo sterrato, sulla quale Giulio Ciccone compensò la delusione per la mancata vittoria di tappa con la conquista della maglia gialla.
E’ probabile che sia la lotta per la vittoria tappa, sia quella tra gli aspiranti al successo finale si decideranno sulle terribili pendenze dell’ultimo chilometro, con distacchi che alla fine saranno di pochi secondi.
Per l’ottava tappa il Tour approderà in Svizzera da Dole viaggiando in direzione Losanna, dove il traguardo sarà posto in cima ad una salita di 5 Km al 4,5% che non provocherà distacchi tra i big ma potrebbe essere decisiva per il successo parziale. Lungo la strada si incontreranno altri 3 gpm GPM facili ed un tratto di oltre 30 Km tra il secondo ed il terzo GPM nel quale la strada si snoderà in quota, a circa 1000 metri di altitudine.
Anche la nona tappa si disputerà per gran parte in Svizzera, ma si rientrerà in Francia a 9 km dalla conclusione.Si tratterà della prima delle quattro tappe alpine, impegnativa ma non durissima, che da Aigle - la sede dell’Unione Ciclistica Internazionale – condurrà a Chatel.
Il secondo GPM, il Col de la Croix posto a circa 60 km dalla conclusione, è impegnativo (8,5 Km al 7,2%), mentre il Pas de Morgins è più lungo ma meno arcigno, 16 Km al 5,7% con scollinamento a soli 9 Km dalla conclusione, a sua volta posta al termine di un breve tratto in salita. Sul Morgins sarà possibile cercare di orchestrare un agguato per guadagnare secondi, favoriti dal tratto successivo che, tra discesa e risalita, non agevola i recuperi.
Dopo il riposo a Morzine andrà in scena una tappa con 4 GPM ed una salita finale di 20 km che però non dovrebbe provocare danni. L’ascesa che condurrà al traguardo di Megève presenta, infatti, una pendenza media del 4% e quindi è prevedibile l’arrivo di un fuga e l’assenza di ostilità tra i big, rimandate al giorno successo quando andrà in scena il tappone del Granon. Partiti da Albertville si scalerà il mitico Galibier prima dell’ascesa finale ai 2400 metri del Col du Granon, affrontato per la prima e finora unica volta nel 1986, quandoi lassù si impose lo spagnolo Eduardo Chozas, mentre Greg Lemond strappò la maglia gialla al compagno di squadra Bernard Hinault.
La salita finale misura 11 Km e presenta una pendenza costantemente intorno al 9%. Proprio la costanza dell’inclinazione che non cala mai fa di questa salita uno dei punti chiave di questa edizione del Tour de France. Purtroppo, la tappa misura solo 150 Km e il Col de Granon è preceduto solo dal Galibier che, seppur preso dal lato più tosto, potrebbe non essere sufficiente per permettere di scavare distacchi seri.
Se gli organizzatori avessero proposto questo arrivo dopo un tappone di 250 km con quattro o cinque salite sicuramente ci saremmo potuti aspettare grandi cose. Ciò non toglie che comunque la tappa è molto dura e presenta un dislivello elevato; sarà quindi una frazione chiave nell’economia della corsa.
Come nell’86, anche in questo caso il giorno successivo al Granon si andrà sui 21 tornanti dell’Alpe d’Huez, assemnte da tre anni dal percorso del Tour. Anche questa sarà una tappa molto impegnativa, con il ritorno sul Galibier (dal lato meno nobile) e la Croix-de-Fer, entrambi over 2000, prima di salire ai 1842 metri di una delle più rinomate stazioni invernali alpine.
La partenza da Briançon farà decollare la tappa già in salita e questo potrebbe condizionare la frazione se, nel corso dell’ascesa al Galibier, qualcuno volesse tentare di far saltare il controllo delle squadre. La salita verso la Croix-de-Fer va su a gradoni e presenta un tronco di 5 Km al 9% nella prima parte ed il tratto finale verso la vetta di 6,5 Km all’8,3%. Dalla fine della discesa, ci sarà però un tratto di pianura di oltre 10 Km prima di attaccare la salita finale. La battaglia tra i big qui sarà senza esclusione di colpi.
Con la tredicesima tappa si abbandoneranno le Alpi per raggiungere il Massiccio Centrale da Le Bourg-d’Oisans, con traguardo a Saint-Étienne dopo aver affrontato 5 salitelle abbastanza facili che ne fanno una tappa da fughe, anche se non va totalmente esclusa la possibilità di un arrivo allo sprint.
Finale molto impegnativo, invece, nella quattordicesima tappa con il classico arrivo sopra Mende dopo 196 Km e tre GPM difila nella parte iniziale. A 30 km dall’arrivo si scollinerà il Col de Charpal a oltre 1400 metri di altitudine, ma il punto chiave sarà l’ascesa alla Côte de la Croix-Neuve, 3 Km con una pendenza media superiore al 10%, massime del 14,5% e scollinamento a soli 2 Km dall’arrivo. Su questo strappo si può certamente fare la differenza e i big si daranno battaglia.
La quindicesima tappa presenta un percorso collinare che condurrà il Tour da Rodez a Carcassone, dopo molti mangia e bevi. Anche questa sembra una tappa da fughe con possibilità anche per l’arrivo in volata.
Una delle tappe più interessanti sarà la sedicesima, prevista tra Limoux e Foix, nella quale sarà possibile organizzare un’imboscata che potrebbe portare anche a distacchi di una certa consistenza. Nel finale ci sono il Port de Lers, salita vera, e soprattutto il Mur de Péguère, che presenta gli ultimi 3,5 km con una pendenza media dell’11,4% e punte del 18%. Dai 1362 metri della vetta ci saranno 27 chilometri per andare al traguardo di Foix e proprio questo tratto potrebbe essere fatali a chi sarà rimasto staccato sulle arcigne rampe del muro. Se davanti si dovesse trovare un gruppetto di uomini forti, magari aiutati da gregari andati in fuga al mattino, i distacchi potrebbero dilatarsi parecchio. Vietate le distrazioni, dunque.
La seconda tappa pirenaica da Saint-Gaudens a Peyragudes misura ahinoi solo 130 Km. Si scaleranno Aspin, Horquette d’Ancizan e Val Louron prima di affrontare l’ascesa finale verso Peyragudes, 8,2 Km al 7,2% con il finale sulla terribile rampa dell’altiporto. L’epilogo più probabile è lo scattino sul rampone finale se qualcuno non riuscirà a fare danni sulle salite precedenti, cosa che appare piuttosto difficile visto che non ci sono i chilometri necessari per mettere tossine nella gambe, anche se nella terza settimana le energie potrebbero comunque cominciare a scarseggiare.
Molto breve sarà anche l’ultima tappa pirenaica, solo 144 chilometri da Lourdes ad Hautacam, e proporrà il Col d’Aubisque dal lato più duro, poi lo strappetto del Soulor, quindi il duro ed inedito Col de Spandelles (10,4 Km all’8,1%) prima dell’ascesa finale ad Hautacam, 13,6 km al 7,8%.
Attenzione perché dal termine della discesa dello Spandelles all’inizio dell’ascesa ad Hautacam ci saranno solo 5 km di pianura e quindi l’attacco sulle dure rampe dello Spandelles è possibile, anche perché questa sarà l’ultima occasione per gli scalatori. Purtroppo, come per la tappa del giorno precedente, il ridotto chilometraggio potrebbe complicare le cose, ma qui coloro che temono di perdere terreno nella cronometro dovranno cercare di staccare gli avversari più forti di loro nelle corse contro il tempo.
La tappa numero 19 (Castelnau-Magnoac – Cahors) è probabile che finisca nel palmares di un velocista, mentre la successiva che scatterà da Lacapelle-Marival sarà una cronometro con chilometraggio ideale (40 Km) ed alcuni saliscendi nel finale. In particolare, lo strappo che porta al traguardo di Rocamadour misura 1.5 Km e presenta una pendenza media vicina all’8%. Nonostante questo la prova contro il tempo è favorevole agli specialisti, anche se a questo punto conteranno parecchio le energie rimaste in corpo.
La tappa finale con partenza dalla Défense Arena e il consueto approdo a Parigi sarà la solita passerella finale a favore dei velocisti, con sette tornate del tradizionale circuito dei Campi Elisi.

Benedetto Ciccarone

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