SULL’ALPE DI MERA SCOCCA L’ORA DI YATES. BERNAL RESTA IN MAGLIA ROSA
Sull’Alpe di Mera è battaglia tra i big di classifica dopo che la fuga di giornata viene ripresa proprio all’imbocco della salita finale. Simon Yates (Team Bikeexchange) scatta a poco più di 6 km dall’arrivo e mantiene un vantaggio tra i 20 e i 30 secondi che gli permette di vincere ed accorciare in classifica generale su Egan Bernal (Team INEOS Grenadiers), oggi giunto terzo ma abile a sapersi gestire. Domani ultimo tappone alpino sull’Alpe Motta prima della cronometro conclusiva di Milano.
La diciannovesima tappa che inizialmente doveva misurare 176 km ed invece è stata accorciata a 166, tagliando la scalata del Mottarone dopo la tragedia della funivia e il giustificato appello al rispetto delle vittime, parte da Abbiategrasso e termina sull’Alpe di Mera. Quest’ultima concentra praticamente tutte le difficoltà altimetriche della tappa odierna visto che i GPM di Gignese e del Passo della Corna, di quarta e di terza categoria, non presentano pendenze tali da poter provocare sconquassi. In particolare i durissimi tre km finali della salita conclusiva, con pendenze costantemente al di sopra del 10%, ci diranno se Egan Bernal (Team INEOS Grenadiers) ha superato la crisi patita sulla Sega di Ala e soprattutto se Adam Yates (Team Bikeexchange) ha concrete chance di rimonta sul colombiano, anche in considerazione delle ultime due tappe di sabato e domenica. Il primo tentativo di fuga dopo la partenza da Abbiategrasso veniva portato da cinque ciclisti intorno al km 30. I cinque in testa erano Louis Vervaeke e Dries De Bondt (Team Alpecin Fenix), Eduardo Sepulveda (Team Androni Giocattoli), Fabio Felline (Team Astana) ed Andrea Pasqualon (Team Intermarchè Wanty Gobert). Il gruppo rientrava sugli attaccanti trainato dal Team Movistar. Dopo circa 50 km riuscivano ad evadere sei ciclisti: oltre a Pasqualon, sempre presente, erano presenti nel nuovo tentativo Larry Warbasse (Team AG2R Citroen), Nicola Venchiarutti (Team Androni Giocattoli), Giovanni Aleotti (Team Bora Hansgrohe), Mark Christian (Team EOLO Kometa) e Quinten Hermans (Team Intermarchè Wanty Gobert). Questa era l’azione giusta per la fuga di giornata. Il gruppo restava comunque a distanza di sicurezza dai fuggitivi, visto che il Team Bikeexchange prendeva le redini del comando, impedendo alla fuga di dilatare il suo vantaggio. Christian si aggiudicava il primo GPM di Gignese posto al km 83 mentre Pasqualon transitava in prima posizione sul successivo traguardo volante di Baveno. Gianluca Brambilla (Team Trek Segafredo) era costretto al ritiro a causa di una caduta. Il gruppo maglia rosa aumentava l’andatura ed allo scollinamento sul Passo della Colma, sul quale transitava Warbasse in prima posizione, il ritardo rispetto ai fuggitivi era di circa un minuto e mezzo. Era forte ormai il sospetto, se non la certezza, che i big di classifica si sarebbero dati battaglia sull’Alpe di Mera anche per la vittoria di tappa. Erano in particolare gli uomini della Deceuninck Quick Step a fare il forcing in testa al gruppo. Christian si aggiudicava il secondo traguardo volante di Scopetta. I fuggitivi iniziavano la salita finale con un vantaggio di circa 20 secondi sul gruppo maglia rosa. Christian era l’ultimo dei fuggitivi ad essere ripreso dal gruppo a 7 km dall’arrivo. Il primo dei big a scattare era Joao Almeida a 6 km e mezzo dalla conclusione. Ai meno 6 rispondeva Simon Yates (Team Bikeexchange). L’inglese trainava con sé George Bennett (Team Jumbo Visma), Damiano Caruso (Team Bahrain Victorious) e Alexander Vlasov (Team Astana). Il britannico accelerava nuovamente e faceva il vuoto. A 4 km dall’arrivo Yates aveva 30 secondi di vantaggio sul gruppo maglia rosa. Sia Castroviejo che Martinez lavoravano alla grande per Bernal. A 2 km dal termine Yates aveva ancora 20 secondi di vantaggio sulla coppia Bernal-Almeida. Yates dava tutto per vincere la tappa e riusciva a tagliare il traguardo con 11 secondi di vantaggio su Almeida e 28 secondi di vantaggio su Bernal. Caruso quarto e Vlasov quinto chiudevano la top five a 32 secondi di ritardo da Yates. In classifica generale Bernal è sempre in maglia rosa con 2 minuti e 29 secondi di vantaggio su Caruso e 2 minuti e 49 secondi di vantaggio su Yates, che domani ha la possibilità di sorpassare il siciliano. Domani è in programma la ventesima tappa da Verbania all’Alpe Motta per un totale di 164 km. Si correrà per tre quarti del percorso, dal km 22 al km 135, in territorio svizzero. I tre GPM in programma, tutti di prima categoria, sono compresi nella seconda parte del tracciato e saranno decisivi per l’assestamento della classifica generale, che potrebbe anche subire qualche cambiamento nelle prime posizioni.
Giuseppe Scarfone

La vittoria di Simon Yates sull'Alpe di Mera (foto: Getty Images Sport)
BETTIOL S’INVENTA UN ALTRO FIANDRE SULLE STRADE DELL’OLTREPO’
La pronosticatissima fuga della diciottesima tappa da Rovereto a Stradella arride ad Alberto Bettiol (Team EF Education First) che raggiunge Remi Cavagna (Team Deceuninck Quick Step) sull’ultimo strappetto di Canneto Pavese, a circa 6 km dall’arrivo, rivivendo i fasti del Giro delle Fiandre 2019. Il toscano stacca il francese e va a vincere tutto solo sul traguardo di Stradella. Bernal conserva agevolmente la maglia rosa.
Inserita tra due tapponi alpini davvero esigenti, la diciottesima tappa del Giro 2021 da Rovereto a Stradella è la classica tappa della settimana finale in cui i big possono rifiatare, anche se sono pur sempre 231 km ed il finale presenta alcuni zampellotti che culminano nel muro di Cigognola, a 14 km dall’arrivo, con pendenze che arrivano al 14% e sul quale qualcuno potrebbe anche attaccare. Una tappa che comunque strizza l’occhio ai fuggitivi della prima ora. In molti proveranno ad inserirsi nella fuga di giornata ed in base al numero dei fuggitivi ed al comportamento del gruppo sapremo se i fuggitivi riusciranno a contendersi la tappa. Prima della partenza si registravano due forfait pesanti, quello di Remco Evenepoel (Team Deceuninck QUick Step) e quello di Giulio Ciccone (Team Trek Segafredo). Il giovane talento belga e l’abruzzese erano costretti ad alzare bandiera bianca dopo i postumi della caduta di ieri. Dopo vari attacchi si formava l’azione che avrebbe caratterizzato la tappa. Una maxi fuga di 23 ciclisti fuori classifica prendeva il largo intorno al km 30. L’elenco era il seguente: Andrea Vendrame (Team AG2R Citroen), Gianni Vermeersch (Team Alpecin Fenix), Simon Pellaud, Andrii Ponomar e Natnael Tesfatsion (Team Androni Giocattoli), Samuele Battistella e Gorka Izagirre (Team Astana), Filippo Zana (Team Bardiani CSF), Simone Consonni (Team Cofidis), Remi Cavagna (Team Deceuninck Quick Step), Alberto Bettiol (Team EF Education Nippo), Francesco Gavazzi e Samuele Rivi (Team EOLO Kometa), Wesley Kreder (Team Intermarchè Wanty Gobert), Patrick Bevin (Team Israel StartUp Nation), Stefano Oldani (Team Lotto Soudal), Dario Cataldo (Team Movistar), Nikias Arndt, Nico Denz e Nicolas Roche (Team DSM), Jacopo Mosca (Team Trek Segafredo) e Diego Ulissi e Max Richeze (UAE Team Emirates). Il più ‘pericoloso’ in classifica generale era Gorka Izagirre con oltre 55 minuti di ritardo da Egan Bernal (Team INEOS Grenadiers). In questo modo la fuga aveva la via libera totale da parte del gruppo. Dopo 120 km la fuga aveva 10 minuti di ritardo sul gruppo maglia rosa. Vermeersch si aggiudicava il primo traguardo volante di Cremona posto al km 134.2. A 50 km dall’arrivo il ritardo del gruppo era superiore ai 14 minuti. Il primo attacco sulla prima delle quattro salitelle era portato da Zana e Battistella, a cui si aggiungeva Denz. A poco più di 30 km dall’arrivo in testa si avvantaggiava un sestetto formato da Izagirre, Bettiol, Bevin, Oldani, Bettiol e Mosca. Sul GPM di Castana, di quarta categoria, il gruppo di testa si ricompattava. A 26 km dall’arrivo partiva Cavagna. Nel giro di mezzo km il francese guadagnava una quindicina di secondi sugli immediati inseguitori. Al suo inseguimento si portavano Roche e Bettiol. Cavagna scollinava con 25 secondi di vantaggio sugli immediati inseguitori. A 15 km dalla conclusione Cavagna aveva aumentato il proprio vantaggio sugli immediati inseguitori, che ora erano distanti 33 secondi. Bettiol aumentava l’andatura e metteva nel mirino Cavagna. Il francese aveva 12 secondi di vantaggio su Bettiol. Cavagna transitava in prima posizione sul traguardo volante di Broni. Alle sue spalle Roche aveva raggiunto Bettiol. Ma il toscano aumentava l’andatura e raggiungeva il francese a poco meno di 7 km dall’arrivo. Cavagna si staccava a poche centinaio di metri dallo scollinamento dell’ultima salitella di Canneto Pavese. Bettiol dava tutto nella discesa finale ed andava a vincere in solitaria a Stradella. Simone Consonni regolava in seconda posizione il primo gruppo dei battuti a 17 secondi da Bettiol, mentre Roche era terzo. Chiudevano la top five Arndt e Ulissi, rispettivamente quarto e quinto. Il gruppo maglia rosa giungeva a oltre 23 minuti di ritardo. Bettiol ottiene la prima vittoria stagionale mentre in classifica generale resta tutto invariato con Egan Bernal in maglia rosa davanti a Damiano Caruso (Team Bahrain Victorious) e Simon Yates (Team Bikeexchange). Domani è in programma la diciannovesima tappa da Abbiategrasso all’Alpe di Mera, per un totale di 166 km. Il GPM del Mottarone, tagliato nel rispetto delle vittime della tragedia occorsa domenica scorsa, viene sostituito con il GPM di quarta categoria di Gignese. Il finale ricalca invece quello originario. Il Passo della Colma, posto al km 127.4 farò da antipasto alla ben più impegnativa Alpe di Mera: quasi 10 km di ascesa al 9% di pendenza media. La domanda è una sola: Simon Yates può davvero insidiare il primo posto di Egan Bernal? Domani sapremo.
Giuseppe Scarfone

La vittoria di Alberto Bettiol a Stradella (foto: Getty Images Sport)
MARTIN DA SOLO A SEGA DI ALA, TANTE CRISI E CLASSIFICA CHE SCRICCHIOLA
Daniel Martin, al termine della giornata in fuga, resiste al ritorno degli uomini di classifica. Bernal passa un brutto quarto d’ora, ma si salva, molti uomini di classifica in crisi, Almeida in grande spolvero sta pagando la crisi di Sestola. Ciccone fuori classifica per i postumi di una caduta.
Fino a metà dell’ultima salita, si era avuto il timore che non sarebbe successo nulla, sembravano tutti timorosi e si aveva l’impressione che il ritmo Ineos non permettesse attacchi.
Simone Yates ha provato l’allungo nel tratto più duro della salita verso Sega di Ala e Bernal sembrava rispondere molto bene ma, a seguito di 3 o 4 accelerate, la maglia rosa si è accartocciata sulla bici ed ha cominciato a perdere terreno.
C’è stato un momento in cui il capoclassifica era quasi fermo sulle durissime pendenze, poi però si è ripreso ed è riuscito a contenere il distacco al di sotto del minuto da Yates che, all’ultimo chilometro, è andato anch’egli un po’ in difficoltà.
Ottimo Almeida che, non solo ha retto agli attacchi di Yates, ma è addirittura riuscito a staccarlo nel finale. Peccato che il portoghese abbia pagato un prezzo salatissimo a Sestola perché, vedendo il suo stato attuale di condizione, si può pensare che, grazie alla sue doti a cronometro, avrebbe potuto competere sino alla fine per la vittoria finale.
Caruso ha retto molto bene, è andato su regolare ed è riuscito a raggiungere Bernal nel momento della sua crisi, purtroppo non è riuscito a staccarlo ed alla fine gli ha fatto un po’ da gregario, ma doveva anche lui difendersi dagli attacchi di Yates.
Grave crisi per tutti gli altri uomini di classifica. Ciccone, investito da corridori caduti alle sue spalle, ha avuto prima un problema alla bici in un punto in cui le ammiraglie erano lontane, poi dopo l’inseguimento andato a buon fine, è andato in crisi sulle prime rampe della salita finale ed all’arrivo si è saputo che ha riportato conseguenza alla schiena da valutare, come da valutare sono anche le condizioni di Nibali, anche lui coinvolto nella caduta, che al traguardo non muoveva il braccio destro.
Grave crisi per tutti gli altri big: Carthy, Vlasov, Bardet giungono tutti con forti ritardi.
Yates conquista il podio ma, come ha detto il suo direttore sportivo, egli punta al primo posto e pertanto dovrà inventarsi qualcosa che non sia un attacco a 3 Km dall’arrivo, perché si tratta di recuperare oltre 3 minuti e di mettersi al riparo anche in vista della cronometro finale.
Servirà una azione da lontano da grosso distacco e visto ciò che rimane, essa è possibile solo nella penultima tappa.
Ovviamente, sull’Alpe di Mera, le pendenze sono superiori, ma in quella tappa, vista anche l’espunzione del Mottarone dal percorso, non è possibile impostare un attacco da grosso distacco.
Bernal infatti, alla fine si è salvato grazie a Martinez ed anche un po’ a Caruso.
Dopo il momento più difficile, la maglia rosa ha stretto i denti ed ha contenuto il distacco.
Ad un certo punto, Bernal era quasi fermo, se avesse proseguito a quel ritmo sarebbe arrivato al traguardo con un distacco ben oltre i due minuti e la sua maglia rosa sarebbe davvero a rischio, mentre ora può comunque contare su un cospicuo vantaggio.
La mente va ovviamente al 2018, quando Yates cedette qualcosina a Partonevoso per poi crollare il giorno dopo nel tappone con il Colle delle Finestre.
Questa volta Bernal ha dalla sua il fatto che domani ci sarà una tappa per recuperare, da Rovereto a Stradella, ma attenzione ai dentelli nel finale perché a questo punto tutto fa brodo.
Per quel che riguarda la tappa, Daniel Martin che sull’ultima salita si era liberato della compagnia di tutti i suoi amici fuggitivi, è riuscito a resistere alla bagarre scoppiata dietro. Ha fatto un gran numero perché negli ultimi chilometri, nonostante fosse in fuga dal mattino, ha sostanzialmente mantenuto invariato il suo vantaggio su Yates e solo Almeida è riuscito a rosicchiare qualcosa nel finale arrivando con soli 13 secondi di ritardo.
L’atteggiamento di Yates che ha messo la squadra davanti per molti chilometri ha fatto subito pensare che egli avesse in animo anche di tentare la vittoria di tappa che ancora gli manca in questo Giro.
Vlasov sembra invece avere grossi problemi a capire il suo reale stato di condizione visto che, poco prima di staccarsi, aveva messo Felline a tirare in testa al gruppo.
In ogni caso, un’altra volta a sgretolare il gruppo è stato il ritmo degli Ineos e soprattutto quello di Castroviejo che ha ridotto il plotone della maglia rosa ad uno sparuto drappello di unità con una spietata selezione da dietro. Questo conferma la solidità del team di Bernal che è stato accompagnato sino al traguardo da un Martinez che ha dato l’impressione di poter seguire Yates e che, nonostante tutto, è ancora in classifica al settimo posto con un solo minuto di ritardo dal quarto in cui c’è un Vlasov che in salita non è in grado di reggere il ritmo dei migliori.
La prima ora di corsa è stata affrontata ad oltre 54 di media, complice la lunga discesa dalla Val di Fassa prima e dalla Val di Fiemme poi, questo ha impedito ai vari attacchi di prendere il largo ma, sulla prima salita, riesce a formarsi un drappello di corridori dal quale alla fine prende corpo una fuga con 20 uomini: Jan HIRT, Andrea PASQUALON e Quinten HERMANS (Intermarché-Wanty-Gobert); James KNOX e Pieter SERRY (Deceuninck Quick Step); Alessandro COVI e Valerio CONTI (UAE Emirates); Simone RAVANELLI (Androni Giocattoli Sidermec); Antonio PEDRERO e Matteo JORGENSON (Movistar); Giovanni CARBONI (Bardiani CSF Faizanè); Felix GROßSCHARTNER (Bora Hansgrohe); Geoffrey BOUCHARD (AG2R Citroën);Gianni MOSCON (Ineos Grenadiers);Matteo BADILATTI (Groupama-FDJ); Dries DE BONDT (Alpecin Fenix); Jacopo MOSCA (Trek Segafredo); Edward RAVASI (Eolo Kometa); Luis León SÁNCHEZ (Astana); Daniel MARTIN (Israel).
Il gruppo lascia agli attaccanti un margine superiore ai 5 minuti, finché in testa non si portano gli uomini di Adam Yates.
Sulla salita verso Passo San Valentino, sia il gruppo maglia rosa che il gruppo dei battistrada si assottigliano notevolmente. Tra i fuggitivi, scollinano in testa in quattro Pedrero, Daniel Martin e Moscon, preceduti dalla maglia azzurra Bouchard che si era staccato, ma è riuscito a rientrare ai -2 per disputare lo sprint e guadagnare punti nella speciale classifica che guida.
Nel gruppo maglia rosa invece buona difesa di Evenepoel che benché staccato dalla prime rampe della salita va avanti in progressione e riesce a riaccodarsi al gruppo maglia rosa prima di scollinare.
Nella discesa, c’è da segnalare il rientro di Ravanelli e Carboni sulla testa della corsa, ma la vera notizia è la caduta in gruppo. Risultano coinvolti tra gli altri Nieve, Schultz, Evenepoel, Caruso, Nibali e Ciccone. Non riporta conseguenze Caruso che rientra subito, mentre Ciccone, pur risalito in sella rapidamente, accusa problemi meccanici alla bici, scuote il manubrio e non riesce a scendere in modo fluido. Le ammiraglie non sono a contatto con i corridori e l’abruzzese dovrà aspettare diversi minuti prima di essere raggiunto dall’automobile della squadra dalla quale riceverà un altro mezzo per proseguire la gara.
Evenepoel invece riporta conseguenze più pesanti ma, dopo un intervento dei medici, riesce a ripartire, come del resto anche Nibali.
Ciccone dopo il cambio bici riesce a rientrare in gruppo, sfruttando la scia della lunga coda della ammiraglie.
All’inizio della salita finale, il margine dei 6 di testa è di 2 minuti sul gruppo. La salita è molto dura, è quella di Passo Fittanze già affrontata al Giro del Trentino in passato, ma in questo caso il traguardo sarà a Sega di Ala, un paio di chilometri prima del valico.
Le pendenze arcigne dell’ascesa finale fanno il loro, il drappello dei battostrada si sfalda sotto gli attacchi di Martin che rimane da solo intesta alla corsa, mentre dietro il ritmo degli Ineos tornati in testa, fa molte vittime
I primi a staccarsi sono Vlasov e Ciccone che probabilmente accusa i postumi della caduta ed il peso dell’inseguimento, quindi cedono anche Bardet e Carthy che verrà raggiunto e superato da Vlasov.
La corsa esplode quando attacca Adam Yates, Bernal gli salta sulla ruota con apparente facilità, seguito da Martinez, pochi metri davanti c’è Almeida.
Il portoghese fa un po’ fatica a tenere le accelerazioni di Yates ma riesce sempre a rientrare in progressione. Ad un certo punto, Bernal si stacca e Martinez lo attende, incitandolo vistosamente nei momenti più delicati, mentre Yates e Almeida proseguono nella azione.
Bernal, quasi fermo, viene raggiunto da Caruso, a quel punto stringe i denti e riesce a mantenersi a contatto con il secondo della generale.
Martin resiste al ritorno della coppia Yates Almedia e trionfa, vincendo così una tappa in ognuno dei grandi giri, mentre Almeida parte sotto il triangolo rosso e lascia sul posto Yates che comincia ad essere anche lui provato.
Bernal limita i danni a 52 secondi da Yates e perde solo 3 secondi da Caruso e da un ottimo Ulissi. Lontani tutti gli altri big.
Yates ora ha preso la terza piazza ma, come si diceva all’inizio, ora arriva la parte più difficile. Appurato che Bernal non è inattaccabile, bisognerà inventarsi qualcosa di grande per tentare il ribaltone.
Benedetto Ciccarone

Il momento della crisi di Bernal sulla salita di Sega di Ala (Getty Images Sport)
BERNAL VINCE IN MAGLIA ROSA UNA TAPPA ORRENDAMENTE MUTILATA
Egan Bernal, con un attacco sul Giau, stacca tutti e si presenta in perfetta solitudine sul traguardo di Cortina d’Ampezzo. Buona difesa di Caruso, che scavalca in generale Yates in crisi. Bardet risale posizioni e Ciccone si difende discretamente. Carthy, senza farsi troppo vedere, è ora sul podio provvisorio. Ma lo scandalo del giorno è il taglio della tappa.
Questa mattina la diretta alla partenza della tappa più dura, il tappone dolomitico, con la salita più dura del giro, il Passo Fedaia, si è aperta con una notizia sibillina.
I rappresentanti dei corridori erano in riunione con Mauro Vegni per discutere di eventuali modifiche del tracciato dovute al maltempo.
Il resto è storia, la tappa è stata mutilata in modo orrendo ed ingiustificabile, togliendo la salita più dura: il Fedaia e la Cima Coppi a Passo Pordoi, riducendo un tappone di oltre 200 chilometri ad una minitappetta rabberciata di 150 Km che è quindi diventata l’ennesima tappa per corridori esplosivi invece che una delle poche vere occasioni per corridori di fondo.
La cosa più grave è che esiste un protocollo, siglato a tutte le parti in causa, che stabilisce i casi nei quali le tappe possono subire modifiche e nessuna di queste condizioni era sussistente al momento della decisione, né probabile in base al meteo.
Non si comprende allora la ragione della esistenza d protocolli, se poi essi vengono bellamente ignorati.
L’insensatezza delle decisione si coglie ancora di più se si pensa che il Giau, che pure è stato percorso, è solo sei metri più basso del Pordoi e ben più alto del Fedaia. Se la discesa del Giau è stata percorsa, non si capisce perché si è pensato di non poter percorre in sicurezza quella del Pordoi e quella del Fedaia.
Il punto è che la decisione che poteva salvare capra e cavoli esisteva.
Si poteva disputare regolarmente la tappa e, in caso di peggioramento delle condizioni, potevano essere neutralizzate le discese, facendole percorrere molto lentamente e con i corridori ben coperti che avrebbero avuto la possibilità di fermarsi in cima e cambiarsi visto che si sarebbe ripartiti con i tempi registrati in cima alla salita.
Se la situazione fosse peggiorata si arebbero salvate almeno le salite ma, visto come è evoluta la situazione, la tappa sarebbe stata disputata regolarmente e sarebbe stata spettacolare.
Se nel gruppo maglia rosa, a metà Giau, erano in 7 chissà cosa sarebbe successo nel drittone di Malga Ciapela a 100 km all’arrivo.
Alcuni opinionisti hanno evocato il Gavia dell’88, un mantra che viene tirato in campo sempre in queste occasioni.
Va detto però che mai in questi giorni è stato ipotizzato il pericolo neve o il pericolo di temperature sotto zero, come accadde in quella occasione.
Il direttore della corsa, intervistato al processo alla tappa, si è espresso come se alcuni corridori avessero minacciato sciopero o sabotaggi.
Vegni ha detto espressamente che c’era il rischio di vedere qualche scena non molto bella in caso di disputa integrale della tappa.
In un caso così grave, però, non si può avanzare il sospetto e lasciar cadere la cosa, il direttore della corsa avrebbe dovuto tacere oppure, una volta detto quel che ha detto, fare i nomi ed i cognomi e dire quale azione di protesta era stata ventilata.
In questo modo, non solo non si è capito in definitiva alla responsabilità di chi debba essere ricondotta una scelta così scellerata, ma soprattutto ci si è trovati di fronte ad un organizzatore che ha detto che la tappa doveva essere disputata integralmente, a direttori sportivi che si sono tutti dichiarati favorevoli alla tappa integrale e corridori che hanno detto (almeno quelli intervistati sul punto) di voler correre sul tracciato originario.
Nessuno ha avuto il coraggio di assumersi la responsabilità della scelta perché si è trattato di una scelta oggettivamente assurda.
Quanto alla cronaca sportiva la selezione c’è ovviamente stata, visto che il Giau è una salita dura, ma con il tracciato originario sarebbe stata ben altra cosa, con buona pace di quanto è stato detto nel corso delle dirette della Rai da parte di diversi giornalisti ed opinionisti che hanno difeso una scelta indifendibile e che hanno detto che è comunque stata una bella tappa.
Subito dopo la partenza avvenuta sotto una pioggia battente ci sono vari allunghi.
Il più convinto è quello di Louis Vervaeke (Alpecin-Fenix) che viene però ripreso ai piedi della prima salita.
Grazie alla vivacità di Davide Formolo (UAE Team Emirates) sulla prima salita, si forma una fuga abbastanza folta composta, oltre che dal portacolori della UAE, anche da Daniel Martin (Israel Start-Up Nation), João Almeida (Deceuninck-QuickStep), , Vincenzo Nibali (Trek-Segafredo), Koen Bouwman (Jumbo-Visma), Tanel Kangert (BikeExchange), Louis Vervaeke (Alpecin-Fenix), Antonio Pedrero (Movistar), Gorka Izagirre (Astana-PremierTech), Einer Augusto Rubio (Movistar), Jan Hirt (Intermarché-Wanty-Gobert), Matteo Fabbro (Bora-Hansgrohe), Gianluca Brambilla (Trek-Segafredo), Felix Großschartner (Bora-hansgrohe), Davide Villella (Movistar), Nicolas Roche (DSM), Geoffrey Bouchard (Ag2r Citroën), Amanuel Ghebreigzabhier (Trek-Segafredo), Harm Vanhoucke (Lotto Soudal), Jan Tratnik (Bahrain Victorious), Natnael Tesfazion (Androni-Sidermec) e Márton Dina (Eolo-Kometa).
In un secondo momento, questi attaccanti vengono raggiunti da Giovanni Visconti e Samuele Zoccarato (Bardiani-Csf-Faizané), Kilian Frankiny (Qhubeka Assos), Diego Ulissi (UAE Team Emirates) e Lorenzo Fortunato (Eolo-Kometa).
Ovviamente la presenza di Almeida e di Martin, non lontanissimi in generale, non permette all’attacco di prendere il largo.
Nella discesa, il gruppo dei battistrada si spezza per iniziativa di Nibali che, con le sue doti da discesista, su una picchiata bagnata si porta dietro, Izagirre, Almeida, Pedrero, Formolo e il compagno di squadra Ghebreizgzabhier.
I sei di testa hanno un altro passo rispetto agli inseguitori ed anche il gruppo, in un primo tempo, concede sino a 6 minuti, ma poi accelera per non lasciare troppo spazio ad una fuga con Almeida.
E’ pero per opera della EF Education-Nippo che il vantaggio si polverizza. L’azione è chiaramente finalizzata a tutelare la posizione in generale di Hugh Carthy, anche se sollecitata chiaramente agli Ineos che volevano risparmiarsi.
A parere di chi scrive, gli EF potevano tranquillamente rifiutarsi di tirare, perché comunque gli Ineos non potevano permettere che una fuga con Almeida prendesse il largo e, stancare gli uomini di Bernal e risparmiare i propri, poteva rivelarsi utile anche a Carthy in caso di attacchi nella terza settimana.
La prima vittima illustra del forcing degli EF è Evenepoel, che perde contatto prima del Giau e giungerà al traguardo con un ritardo pesantissimo, uscendo di classifica. E’ tuttavia comprensibile che, dopo 9 mesi di inattività, il giovane corridore belga non abbia la forma per far classifica in una corsa di tre settimane.
Sul Giau, dopo un primo allungo di Pedrero, ci prova Formolo, che sale come di consueto con il lungo rapporto. Nibali va in difficoltà, Pedrero prima sembra accusare, poi invece raggiunge e stacca Formolo, mentre Almeida, da cronoman puro, sale in progressione e riesce a difendersi molto bene.
E’ quindi un peccato per la debalce di Sestola che ha messo Almedia fuori dai giochi per la generale.
Dietro, il forcing di Carr riduce il gruppo maglia rosa ad uno sparuto drappello composto da Hugh Carthy (EF), Egan Bernal e Dani Martinez (Ineos Grenadiers), Romain Bardet (DSM), Giulio Ciccone (Trek-Segafredo), Damiano Caruso (Bahrain Victorious) e Simon Yates (BikeExchange), mentre Alexander Vlasov (Astana-PremierTech) rimane attardato per via di un problema meccanico con la mantellina che si va ad impigliare nella ruota posteriore.
Simon Yates rimane in coda, ma stavolta non risale il gruppo, si stacca e viene raggiunto da Vlasov, mentre Bernal parte senza possibilità di replica e lascia tutti sul posto.
Alle spalle della maglia rosa, è un si salvi chi può, dietro ognuno procede con il proprio passo. Uno splendido Damiano Caruso scollina con soli 45 secondi, mentre Bardet passa a 1:13, Carthy, Ciccone e Almeida a 1:30, Vlasov e Martinez a 2:10 e Yates a 2:50.
Nella discesa, inaspettatamente, Vlasov se la cava egregiamente, mentre come era prevedibile, il discesista Bardet si riporta su Damiano Caruso. I due tagliano il traguardo di Cortina a 27 secondi dalla maglia rosa. Ciccona Carthy ed Almedia accusano circa 1 minuto e 20, Vlasov 2:11, Yates 2:37, Martinez 3:13.
In generale, Caruso si prende la seconda posizione mentre Carthy si piazza sul terzo gradino del podio. Per il quarto posto sono molto vicini Vlasov, Yates e Ciccone.
La tappa di oggi, benché mutilata in modo orrendo, ha dimostrato che con l’arrivo in discesa gli attacchi partono da più lontano e gli appassionati possono godere di azioni di più ampio respiro, invece che lo scattino a 2 Km dall’arrivo ed i distacchi si fanno più pesanti.
Gli organizzatori dovrebbero quindi capire che ciò che fa la differenza sono ancora i tapponi lunghi tra una località ed un’altra come nei tempi antichi.
Oggi, invece, si privilegiano solo gli arrivi in salita sulle cime dei monti, sui passi o nelle stazioni invernali, che però inevitabilmente vedono la corsa controllata sino agli ultimissimi chilometri.
Domani, giorno di riposo mentre mercoledì andrà in scena una tappa molto importante, con due salite dure come San Valentino e Sega di Ala che è la stessa salita del Passo Fittanze con l’arrivo posto un po’ prima della vetta per ragioni logistiche.
Benedetto Ciccarone

Bernal all'attacco nel corso della picchiata che dalla cima del Passo Giau conduce a Cortina (Getty Images Sport)
VUELTA A MURCIA, ASSOLO DI SOTO
Antonio Jesus Soto vince la Vuelta a Murcia – Costa Calida con una fuga solitaria. Seconda piazza per Angel Madrazo, chiude il podio Gonzalo Serrano
Corsa resa dura fin dalle battute iniziali a causa di scrosci di pioggia che hanno seguito i corridori durante il percorso odierno in terre di Murcia.
La fuga di giornata si forma dopo circa 20 km, composta da Gleb Brussenskiy (Astana-Premier Tech), Juan José Lobato (Euskaltel-Euskadi), Mathias Vacek (Gazprom-Rusvelo), Jesús Ezquerra (Burgos-BH) e Magnus Sheffield (Rally Cycling), ai quali qualche chilometro dopo si ricongiungono anche Nikita Stalnov (Astana-Premier Tech), Angel Madrazo (Burgos-BH) e Marcos Jurado (Electro Hiper Europa).
Questo gruppetto ritrovatosi al comando procede spedito e raggiunge un vantaggio massimo di 3’45” sul plotone trainato prevalentemente da Bahrain-Victorious, UAE Team Emirates e Movistar, le formazioni più accreditate per il successo finale quest’oggi.
L’Alto Collado Bermejo però, Cima Pantani di questa edizione, riduce sensibilmente le speranze della testa della corsa che scollina con appena 45” di margine. È nella discesa seguente che Antonio Jesus Soto (Euskaltel-Euskadi) tenta di evadere dal plotone per ricongiungersi con i battistrada, riuscendo nell’intento pochi chilometri seguenti. Poco dopo è lo stesso corridore spagnolo oggi in grande spolvero a scattare di nuovo in testa alla corsa, tenendosi sulla ruota solamente Magnus Sheffield. Si forma dunque una nuova coppia al comando con un vantaggio sui più immediati inseguitori di circa un minuto, e sul gruppo principale più dietro di 2 primi.
Arrivati all’ultima ascesa in programma quest’oggi, la Cresta del Gallo, uno scatenato Soto stacca il compagno di fuga Sheffield e prova ad involarsi in solitaria verso il traguardo, nonostante il gruppo abbia ricucito il margine con il secondo gruppetto inseguitore e si trovi adesso a soli 40”.
Allo scollinamento il distacco è di soli 20” ma tanto basta al portacolori della Euskaltel – Euskadi per giungere al traguardo in solitaria, resistendo al ritorno del gruppo nei 10 km seguenti.
Alle sue spalle la volata dei battuti è vinta da Angel Madrazo su Gonzalo Serrano (Movistar).
Lorenzo Alessandri
TW @LorenzoAle8

Lo spagnolo Soto si impone nella Vuelta a Murcia (foto EFE)
RINTOCCHI DI CAMPENAERTS A GORIZIA, ANCHE L’OLANDESE SFATA IL TABU’ GIRO
Il due volte campione europeo a cronometro ha vinto la quindicesima tappa del giro d’italia, attaccando in pianura a 22 Km dall’arrivo insieme a Riesebeek e riuscendo poi a battere allo sprint il collega olandese. Pioggia molto forte nel finale, probabile preludio alle condizioni meteo che i girini troveranno domani nel tappone dolomitico.
In casa Qhubeka Assos, si stanno togliendo più di uno sfizio. Sul traguardo di Verona, Giacomo Nizzolo ha colto la prima vittoria al Giro ed oggi, proprio nel giorno in cui Giacomo lascia il giro dopo le sofferenze dello Zoncolan, un altro eterno piazzato al Giro come Campenaerts riesce a cogliere la vittoria in una tappa adatta alle fughe ma tutt’altro che banale. I brevi strappi con pendenze arcigne presenti nel percorso non sono certo il terreno preferito per un cronoman come Campenaerts, ma lui non si è fatto scoraggiare ed ha attaccato sul suo terreno preferito: la pianura.
Con una trenata da passista di razza, si è tolto di ruota tutti i compagni di fuga con l’unica eccezione di Riesebeek. L’olandese è riuscito a resistere sino all’arrivo ai tentativi di Campenaerts di staccarlo ed anzi ha anche provato ad allungare, ma sul traguardo non aveva decisamente più le energie per disputare lo sprint, tanto che è stato battuto pur essendo riuscito a lanciare la volata nella posizione ideale.
Le caratteristiche della tappa facevano pensare ad una giornata adatta alle fughe, anche se non era peregrina l’idea di provare un’imboscata al capoclassifica, sfruttando magari un momento di disattenzione sugli strappi e sulle successiva discese tecniche. Il forte acquazzone caduto sopra la corsa nelle fasi finali e l’attesa per la tappa di domani hanno comunque consigliato agli uomini di classifica di riposare e di non sprecare energie in azioni con poche possibilità di esito positivo.
La corsa è comunque partita a velocità elevata e proprio Campenaerts promuove subito un attacco insieme ad altri corridori.
A centro gruppo però, si verifica una brutta caduta che, per numero di corridori coinvolti e conseguenze, impegna notevoli risorse sanitarie a seguito della carovana, ragion per cui la giuria decide di neutralizzare la corsa per evitare che gli atleti rimangano senza assistenza medica.
A seguito della caduta, si sono dovuti ritirare Natnael Berhane (Cofidis), Jos Van Emden (Jumbo-Visma) e Ruben Guerreiro (EF-Nippo) e soprattutto Emanuel Buchmann (Bora-Hansgrohe), sesto in generale che aveva dimostrato un’ottima gamba nella tappa di Montalcino ed anche ieri era riuscito a difendersi discretamente.
Terminato il periodo di neutralizzazione, la corsa riparte e si avvantaggiano subito 15 corridori Bauke Mollema (Trek-Segafredo), Quinten Hermans (Intermarché-Wanty Gobert Materiaux), Lars van den Berg (Groupama-FDJ), Dario Cataldo e Albert Torres (Movistar), Harm Vanhoucke e Stefano Oldani (Lotto Soudal), Nikias Arndt (DSM), Dries De Bondt e Oscar Riesebeek (Alpecin-Fenix), Łukasz Wiśniowski, Victor Campenaerts e Maximilian Walscheid (Qhubeka-Assos), Juan Sebastián Molano (UAE Team Emirates) e Simone Consonni (Cofidis).
Poco dopo, si lanciano al contrattacco Filippo Tagliani (Androni Giocattoli-Sidermec), Andrea Pasqualon (Intermarché-Wanty Gobert Materiaux), Alexis Gougeard (Ag2r Citroen) e Matteo Jorgenson (Movistar), ma questi atleti, non riuscendo a rientrare sui battistrada che si danno cambi regolari, decidono di rialzarsi.
Il gruppo ovviamente non ha nessun interesse ad andare a riprendere i fuggitivi e lascia loro un vantaggio enorme che supererà abbondantemente i 10 minuti.
Nei primi due passaggi sul GPM di Gornje Cerovo, in terra slovena, non succede nulla ma nel successivo tratto i pianura, gli uomini della Qhubeka Assos tentano di sfruttare la superiorità numerica, lanciando in successione Campenaerts, Wisniowski e Walscheid.
Nessuno di questi attacchi sortisce l’esito sperato, ma Campenaerts non si dà per vinto e ci riprova a 22 chilometri dal traguardo e, con una proverbiale trenata da cronoman alla quale si affilano solo Riesebeek e Torres, riesce a guadagnare qualche secondo sugli altri attaccanti.
Nel drappello degli inseguitori, ci sono diversi scatti ma nessuno è risolutivo. Pochi metri prima di scollinare per l’ultima volta il GPM, Torres cede di schianto, lasciando davanti la coppia con Campenaerts e Riesebeek che ormai ha una vantaggio di trenta secondi sul drappello degli inseguitori che risulta composto da Mollema, Hermans, Cataldo, Consonni, De Bondt, Vanhoucke e Arndt.
Torres, a questo punto, si lascia riassorbire e tira per cercare di aiutare Cataldo a rientrare, mentre la pioggia piomba improvvisamente quanto prepotentemente sulla corsa.
Nella discesa bagnata, Campenaerts prova a sfruttare le sue doti funamboliche, ma Riesebeek pur a fatica, non si fa soprendere
Ai – 5, l’olandese prova ad allungare, ma Campenaerts non si fa sorprendere e sulla rampa ai- 4 prova a sua volta il contrattacco. Riesebeek soffre e perde anche qualche metro, ma molto caparbiamente riesce a riacciuffare la ruota dell’avversario in prossimità del triangolo rosso.
Il ritardo degli inseguitori è di 15 secondi, ma costoro non sfruttano la fase di studio tra i due di testa con Campenaerts che si volta in continuazione per sorvegliare Riesebeek che è riuscito a guadagnare la posizione migliore.
L’olandese lancia la volata, ma Campenaerts, che in un primo momento era stato superato, riesce a sua volta a passare un Riesebeek a corto di energie e vince finalmente la sua prima tappa al giro.
Successo strameritato per il due volte campione europeo cronometro, che ha saputo sfruttare con l’esperienza sia la superiorità numerica della squadra che i tratti di strada adatti alle sue caratteristiche, riuscendo a volgere a suo favore l’inerzia ella gara.
Bravo Riesebeek a resistere, ma nel finale non ne aveva davvero più.
Il gruppo, vista anche la pioggia, decide di non prendere rischi ed arriva con molta tranquillità ad oltre 17 minuti.
Domani andrà in scena il tappone dolomitico con Crosetta, Fedaia, Pordoi (Cima Coppi) e Giau prima dell’arrivo a Cortina d’Ampezzo. Il meteo dà pioggia su tutto il percorso e possibile nevischio sulle cime oltre i 2000, le condizioni meteo potrebbero giuocare un ruolo fondamentale, visto che sono in molti a soffrire le temperature rigide ed in questo senso le difficoltà maggiori potrebbero trovarsi lungo le discese.
Benedetto Ciccarone

Campenaerts vince la tappa italo-sloveno del Giro (foto Bettini)
FORTUNATO CONQUISTA LO ZONCOLAN MA LA BUONA SORTE NON C’ENTRA
Ottima prova del venticinquenne della Eolo Cometa che, in fuga dal mattino, dopo aver raggiunto Tratnik, primo a provare ad avvantaggiarsi, lo ha staccato nei chilometri finali, dove le pendenze si facevano molto severe. Vlasov fa lavorare la squadra, ma perde nel finale. E’ Yates a provare un attacco ma, ancora una volta, Bernal dimostra di avere esplosività e guadagna ancora sugli avversari.
Quando Lorenzo Fortunato si è lanciato all’inseguimento di Jan Tratnik, primo a cercare di avvantaggiarsi sugli altri fuggitivi lungo le rampe dello Zoncolan, Davide Cassani, uno che se ne intende, dalla motocronaca esprimeva le proprie perplessità sulle possibilità di Fortunato di mantenere un buon ritmo sino al traguardo. Il CT della nazionale italiana ha avuto torto, il venticinquenne della Eolo non solo ha mantenuto bene il ritmo, ma ha pure staccato inesorabilmente Tratnik quando le pendenze hanno incominciato ad incattivirsi sotto le ruote dei corridori.
Fortunato ha così firmato una grande impresa, coronando positivamente una fuga partita dal mattino in una giornata in cui molti opinionisti avevano pronosticato una battaglia tra i big per la vittoria di tappa dopo tante frazioni conclusesi in modo positivo per gli attaccanti di giornata.
Oggi, effettivamente, non è stato molto facile né portare via la fuga, né riuscire a mantenere un vantaggio tale da permettere agli attaccanti di affrontare la salita finale senza essere raggiunti.
In effetti la maglia rosa, prima a tagliare il traguardo tra gli uomini di classifica, ha centrato la terza posizione, riuscendo a rimontare più della metà dei componenti dell’attacco iniziale.
Per avvantaggiarsi sul gruppo George Bennett ed Edoardo Affini (Jumbo-Visma), Nelson Oliveira (Movistar), Lorenzo Fortunato e Vincenzo Albanese (Eolo-Kometa), Bauke Mollema e Jacopo Mosca (Trek-Segafredo), Alessandro Covi (UAE Team Emirates), Rémy Rochas (Cofidis), Jan Tratnik (Bahrain-Victorious) e Andrii Ponomar (Androni Giocattoli-Sidermec) devono percorrere diversi chilometri a 60 orari, grazie alle trenate dei passistoni come Affini.
I cambi sono regolari e il tentativo è ben strutturato, tanto che i nove contrattaccanti che avevano tentato di unirsi al drappello devono rinunciare e le accelerate di Ganna in testa al gruppo non sono sufficienti a ricucire sugli 11.
Gli Ineos abbandonano abbastanza presto l’idea di chiudere, ma ci sono molte squadre rimaste escluse che non ci stanno e tentano sia di accelerare il passo del gruppo, sia di mandare in avanscoperta degli uomini: tutto inutile i battistrada vanno fortissimo ed il gruppo deve rassegnarsi a lasciarli andare.
Il vantaggio arriva rapidamente ai 7 minuti e così gli uomini dell’Astana si incaricano di prendere in mano la situazione, segno che Alexander Vlasov, secondo in generale, ha buone sensazioni.
Il ritmo degli uomini di Martinelli è elevato, ma non riesce a far scendere più di tanto il vantaggio dei fuggitivi che continuano d buona lena con cambi regolari.
Sulla salita verso la Forcella di Monte Rest, il gruppo accelera sempre sotto l’azione degli Astana e riesce a guadagnare circa 2 minuti e mezzo sui battistrada, ma allo scollinamento il gap è ancora superiore a 6 minuti.
La formazione kazaka quindi forza anche in discesa e, a un certo punto, spezzano il gruppo con il primo drappello formato solo da Aleksandr Vlasov, Gorka Izagirre , Luis León Sánchez, Harold Tejada (Astana – Premier Tech), Pello Bilbao (Bahrain-Victorious) ed Egan Bernal (Ineos Grenadiers), con il solo Jonathan Castroviejo.
Il gruppo comunque si ricompatta grazie al lavoro delle squadre rimaste dietro, in particolare quella di Remco Evenepoel,
Nel tratto tra la fine della discesa della Forcella i Monte Rest e l’inizio della salita dello Zoncolan, i battistrada recuperano un po’ del divario perso a causa del forcing dell’Astana ed attaccano le prime rampe con circa 6 minuti di vantaggio.
Jan Tratnik, da grande passista qual è, alza il ritmo in modo graduale, senza mai alzarsi sui pedali, ma riesce comunque ad avvantaggiarsi sugli altri uomini delle fuga, nel frattempo ridottosi a causa delle defezioni di quelli che avevano lavorato di più, come ad esempio un ottimo Affini che si era speso in favore di Bennet.
Fortunato decide in breve di uscire dal drappello e portarsi all’inseguimento di Tratnik, mentre Bennett, Covi, Mollema e Oliveira proseguono regolari.
In gruppo, gli astana vengono rilevati dagli Ineos e sulla salita iniziano man mano a staccarsi le vittime dell’elevato ritmo imposto: Nibali, Attila e poco dopo anche Evenepoel.
All’inizio del tratto duro ai – 3, Fortunato si alza sui pedali e riesce a staccare Tratnik che tenta difendersi col ritmo su pendenze non molto adatte a lui.
In gruppo invece Vlasov, che con la sua condotta d gara aveva dato ad intendere di essere intenzionato a sferrare un grande attacco, comincia ad indietreggiare nelle posizioni, mentre invece Yates risale tutto il gruppo e prova addirittura ad allungare, con il solo Bernal che gli rimane attaccato. I vari Buchman, Caruso, Ciccone, Carthy e Martin sono costretti a tentare di limitare i danni alla meno peggio.
Mentre davanti Covi accelera in un tentativo davvero tardivo di recuperare, Bernal nelle ultime rampe stacca Yates che è non ha l’esplosività del finale e finisce ad 11 secondi dal capoclassifica che taglia il traguardo poco più di un minuto dopo il passaggio di Fortunato braccia al cielo.
Ciccone e Caruso chiudono a 40 secondi dalla maglia rosa, mentre gli atri uomini di classifica arrivano subito dopo un po’ alla spicciolata fino a Vlasov che paga 1 minuti e 9 a Bernal.
Yates con il suo attacco si è preso la seconda posizione in generale, mentre grazie alla debalce di Vlasov, Caruso riesce a mantenere la terza.
Bernal ha indubbiamente dimostrato un’altra volta di non avere rivali su tratti esplosivi e grandi pendenze, anche la squadra ha dimostrato di essere in grado di pilotare il capitano perfettamente con Martinez che è arrivato insieme a Ciccone e Caruso, nonostante il lavoro svolto per il capitano.
Tutti gli altri hanno provato a limitare i danni, andando al massimo possibile su pendenze sulle quali non c’è alternativa a quella di trovare il proprio ritmo e seguire quello.
Yates però ha dimostrato di esserci e le tappe che arriveranno nei prossimi giorni, in particolare quella prevista per lunedì, potrebbero rivelarsi maggiormente adatte alle sue caratteristiche.
Purtroppo, come ha sottolineato Copeland nel corso del processo alla tappa, si sente la mancanza d un corridore come Mikel Landa in grado di inventarsi azioni per mettere in difficoltà le tattiche de team Ineos.
Diciamo purtroppo non perché non si apprezzino i pregevoli gesti atletici di Egan Bernal ma perché si spera di vedere un giro incerto e combattuto sino all’ultima tappa e perché per il Giro è davvero un peccato aver perso un protagonista come Landa in grado di scompligliare le carte.
L’appuntamento con la battaglia tra i big è probabilmente per Lunedì, ma attenzione ala tappa di domani che nasconde trabocchetti ed è adatta per organizzare imboscate da parte di chi si sente battuto in una sfida testa a testa.
Benedetto Ciccarone

Lorenzo Fortunato esulta sulla vetta dello Zoncolan (Getty Images Sport)
LOPEZ CONQUISTA LA VUELTA A ANDALUCIA
Miguel Ángel López (Movistar Team) ha trovato i primi successi stagionali portando a casa la vittoria finale della Vuelta a Andalucia, oltre alla tappa regina della corsa. Antwan Tolhoek (Team Jumbo-Visma) ha concluso la corsa al secondo posto, mentre Julen Amezqueta (Caja Rural – Seguros RGA) in terza posizione finale. Le vittorie di tappa sono andate Gonzalo Serrano (Movistar Tean) nella frazione iniziale, a Ethan Hayter (INEOS Grenadiers) nella seconda e quinta tappa, a Andrè Greipel (Israel Start-Up Nation) la quarta tappa, mentre come anticipato Lopez ha trionfato nella terza tappa, quella più impegnativa.
La sessantasettesima edizione della Vuelta a Andalucia Ruta del Sol dopo essere stata spostata a causa dei casi di coronavirus in Spagna nello scorso febbraio, è stata inserita nel calendario durante il Giro d’Italia. Questa contemporaneità, chiaramente, ha inciso sulla qualità della startlist rispetto alle scorse edizioni.
Per quanto riguarda il percorso le prime tre frazioni presentavano le maggiori difficoltà con tre arrivi in salita di diverse intensità, seguite da due frazioni, sulla carta, per velocisti. La prima frazione era leggermente mossa con un finale in salita facile, la seconda più impegnativa con arrivo su un muro di ciottoli, misto mulattiera, mentre la terza tappa era la frazioni più impegnativa dal punto di vista di dislivello con un arrivo in salita non particolarmente impegnativo.
I corridori di primo piano per la classifica generale erano Miguel Ángel López (Movistar Team), Ilnur Zakarin (Gazprom – RusVelo), Antwan Tolhoek (Team Jumbo-Visma), Eddie Dunbar (INEOS Grenadiers) e Óscar Rodríguez (Astana – Premier Tech) con il corridore colombiano nettamente favorito. Altri corridori di rilievo erano l’ex campione del mondo Mads Pedersen (Trek – Segafredo), Daryl Impey e André Greipel (Israel Start-Up Nation), Alexander Kristoff e Matteo Trentin (UAE-Team Emirates), Ethan Hayter (INEOS Grenadiers), Mark Cavendish e Álvaro José Hodeg (Deceuninck – Quick Step).
Nella prima tappa di 152 chilometri da Cala de Mijas a Zahara de la Sierra i corridori doveva superare quasi 3000 metri di dislivelli continui senza nessuna salita estremamente impegnativa se non il Puerto de Mijas in apertura con i suoi 7 chilometri al 5%. Il finale era inoltre posto in cima ad uno strappo di 1500 metri al 5.8%. La fuga caratterizzava gran parte della corsa con Thomas Sprengers (Sport Vlaanderen-Baloise), Antonio Jesús Soto (Euskaltel-Euskadi) e Rui Oliveira (UAE Team Emirates) a prenderne parte con un vantaggio massimo per loro di 7 minuti. Intorno ai -25 con la fuga che conservava un paio di minuti di vantaggio, una caduta di Oliveira lo metteva fuori gioco venendo anche ripreso dal gruppo. Nel finale il gruppo spingendo molto forte andava a chiudere sui restanti fuggitivi a 13 chilometri dall’arrivo. Brutta caduta di Nicola Conci (Trek – Segafredo) ai -8, ma senza gravi conseguenze. Stijn Steels (Deceuninck – Quick Step) e Héctor Sáez (Caja Rural – Seguros RGA) provavano un allungo negli ultimi quattro chilometri, ma venivano controllati dall’incessante ritmo della Movistar Team. Il ritmo della formazione spagnola era estremamente intenso andando a creare una forte selezione. Negli ultimi 400 metri Gonzalo Serrano sfruttava il lavoro della sua squadra per fare un lungo sprint che lo portava al successo davanti a Orluis Aular (Caja Rural – Seguros RGA) e Daryl Impey. Hayter riusciva inoltre ad arrivare col loro stesso tempo, mentre la prima parte del gruppo perdeva tre secondi. Zakarin perdeva 17”, mentre Dunbar 38”. Marco Canola (Gazpromo – RusVelo) era il migliore degli italiani chiudendo al sesto posto.
Nella seconda tappa di 185 chilometri da Iznájar ad Alcalá la Real le salite da affrontare erano diverse con un totale di 3700 metri di dislivello. L’Alto de Hortichuela, 8.2km al 5.6%, veniva affrontato due volte, la prima a 64 chilometri dalla conclusione, mentre la seconda ad appena 10 chilometri dall’arrivo. Una volta giunti all’ultimo chilometri la strada andava ad inerpicarsi su una strada in cemento e a tratti ciottoli in doppia cifra per arrivare alla Fortaleza de la Mota. Come nella giornata precedente Oliveira e Soto entravano in fuga insieme ad Alvaro Cuadros (Caja Rural-Seguros Rga), Tobias Bayer (Alpecin-Fenix), Aaron Van Poucke (Sport Vlaanderen-Baloise) e Timo Roosen (Team Jumbo-Visma). Il gruppo controllava con più attenzione questo tentativo, non riuscendo mai a salire oltre ai tre minuti. Sul primo passaggio dell’Alto de Hortichuela Cuadros e Roosen se ne andavano in solitaria, per venire comunque ripresi dal gruppo nella prima parte del secondo passaggio sull’Alto de Hortichuela. L’ Equipo Kern Pharma si occupava di fare il ritmo sulla salita, Alex Kirsch (Trek – Segafredo) era il primo atleta a tentare un attacco ai -15.3, veniva seguito da Denis Nekrasov (Gazprom – RusVelo) e Ryan Gibbons (UAE-Team Emirates). Il gruppo però aumentava l’andatura con la Movistar Team chiudendo su di loro ai -14. Poco dopo era direttamente il nome più atteso, Miguel Ángel López, a partire in prima persona, venendo inseguito da Toms Skujins (Trek-Segafredo), Tsgabu Grmay (Team Bike Exchange), Tolhoek, Zakarin, Jonathan Lastra (Caja Rural-Seguros RGA), James Piccoli (Israel Start-Up Nation), Jaime Castrillo (Equipo Kern Pharma), Carlos Rodriguez (Ineos-Grenadiers) e Gibbons. In questo gruppo il lettone Skujins era il più attivo, mentre Piccoli tendeva a perdere contatto ad ogni accelerazione. Skujins in cima alla salita se ne andava in solitaria con circa 20” di vantaggio sul gruppo maglia gialla di Serrano. La mancanza d’accordo nel primo gruppo inseguitore permetteva al lettone di mantenere un discreto vantaggio, mentre i gruppi inseguitori andavano a riunirsi proprio all’inizio dello strappo conclusivo. Skuijns si difendeva bene nella prima parte in cemento, ma nel tratto ciottolato si piantava completamente permettendo il ritorno degli inseguitori che ormai salivano in maniera confusa con Hayter in grado di tenere un’andatura più alta sul terribile terreno conclusivo andando a trionfare in maniera netta. Dietro Lopez sfruttava un tratto in cemento per recuperare terreno riuscendo a chiudere al secondo posto a 7”, mentre Sven Erik Bystrøm (UAE-Team Emirates) chiudeva il podio di giornata a 10”, a 14” concludevano Carlos Rodriguez (INEOS Grenadiers) e Julien Amezqueta (Caja Rural – Seguros RGA). Serrano perdeva la maglia gialla arrivando undicesimo a 25”, ai danni di Hayter. In classifica generale poteva vantare un vantaggio di 10” su Lopez, 13” su Bystrøm, 20” su Lastra e 21” su Robert Stannard (Team BikeExchange) e Rodriguez.
La terza tappa di 177 chilometri da Beas de Segura al Puerto de Onsares a Villarrodrigo si presentava come frazione più impegnativa con i suoi 4200 metri di dislivello. In apertura il Puerto del Yelmo, 10.7km al 7%, e il Puerto de la Toba, 10km al 6%, consistevano nelle due salite più impegnativa di giornata. Mentre nella seconda parte di tappa andava affrontato l’Alto del Fustal, 14.7km al 4% con un tratto iniziale più impegnativo, ma soprattutto le due salite conclusive che avrebbero dovuto decidere la corsa. L’Alto Collado de los Yesos, 6.7km al 6.5%, terminava ad appena 15 chilometri dell’arrivo quasi interamente in discesa e in salita, dei quali gli ultimi 4 al 5.8% che portavano all’arrivo di giornata.
La fuga di giornata vedeva la comparsa per il terzo giorno di fila di Oliveira, in compagnia questa volta di Nikita Stalnov (Astana-Premier Tech), Nathan Van Hooydonck (Jumbo-Visma), Michel Ries (Trek-Segafredo ), Luis Ángel Maté e Mikel Bizkarra (Euskaltel-Euskadi), Philipp Walsleben (Alpecin-Fenix), Thomas Sprengers (Sport Vlaanderen-Baloise), Urko Berrade e Kiko Galván (Equipo Kern Pharma) e Daniel Navarro (Burgos-BH). Su di loro rientravano anche Héctor Carretero (Movistar), Julen Amezqueta (Caja Rural-Seguros RGA) e James Piccoli (Israel Start-Up Nation) sul Puerto de la Toba. Sull’Alto Collado de los Yesos iniziava la lotta tra i fuggitivi con un gruppo però ormai a solo un minuto di distanza. Piccoli portava via un tentativo comprendente anche Carretero, Amezqueta, Bizkarra e Berrade. Contemporaneamente iniziava il forcing della Movistar Team dopo aver notato un Hayter in difficoltà. Ai -18 Lopez attaccava con forza, il solo Carlos Rodriguez riusciva a rispondere in prima persona. Van Hooydonck si fermava per aiutare Tolhoek che grazie al suo aiuto riusciva a rientrare sul colombiano. Ai -16 Lopez riusciva a rientrare sulla fuga, mentre Rodriguez cedeva il passo dei primi. Carretero si metteva così al lavoro per il suo capitano. Il gruppo di testa scollinava con 1’10” di vantaggio su Hayter, mentre Rodriguez restava all’inseguimento con Lastra e Skujns.
Sotto il ritmo di Carretero perdeva contatto Berrade, portando Lopez all’ultimo chilometro. Il colombiano scatenava così le sue energie rimanenti andando a staccare prima Amezqueta e poi Bizkarra. Negli ultimi 200 metri avveniva la vera accelerazione andando a vincere senza problemi la frazione con un margine di 2” su Tolhoek, 6” su Piccoli, 17” su Amezqueta, 28” su Bizkarra, 1’25” Carretero, 1’29” Rodriguez e Skujins, 1’41” Lastra, mentre Hayter perdeva ben 2’23”. La classifica generale veniva quindi ribaltata con il colombiano saldamente al comando con 20” su Tolhoek, 55” su Amezqueta, 1’40” su Carlos Rodriguez e 1’47” su Skuijns. Si ritirava durante la frazione Mark Cavendish che aveva un’ottima opportunità nelle tappe successive per puntare a un altro successo di tappa.
La quarta tappa di 183 chilometri da Baza a Cullar Vega non presentava particolari difficoltà se non qualche salita nella prima parte di corsa. Prima della partenza il CPA (associazione ciclisti professionisti) annunciava come i corridori avevano deciso di protestare per le cattive condizioni in cui era stata organizzata la corsa. Infatti, nei giorni precedenti sono stati percorsi tratti sterrati in discesa non segnalati e strade con varie buche. Per questo motivo la corsa è stata ritardata di qualche minuto. La fuga di giornata veniva rappresentata da Aaron Van Poucke e Robbe Ghys (Sport Vlaanderen – Baloise), Luis Ángel Maté (Euskaltel – Euskadi), Benjamin Perry (Astana – Premier Tech). Isaac Canton e Ander Okamika (Burgos-BH) e Jordi Lopez (Equipo Kern Pharma). La fuga veniva controllata con Canton ultimo a resistere al ritorno del gruppo fino agli ultimi 3km. Nel finale erano UAE – Team Emirates e Israel Start-Up Nation a controllare la corsa con Trentin a pilotare il gruppo fino all’ultima curva ai -300. Qua la situazione diventava un po’ più confusa con Greipel che sfruttava lo spazio aperto nel lato destro della strada e si involava in una vittoria senza rivali. Kristoff rimaneva bloccato alle spalle di Rick Zabel (Israel Start-Up Nation) non riuscendo a sprintare regolarmente. Hodeg si piazzava al secondo posto di giornata davanti Pedersen. Il velocista colombiano sembrava avere la gamba giusta per giocarsi le sue carte, ma nella curva finale aveva perso metri da i primi corridori. A livello di classifica generale non avvenivano cambiamenti.
La tappa conclusiva di 108 chilometri da Vera a Pulpí relativamente pianeggiante con un lungo circuito finale comprendente una salita dell’Alto de la Geoda, 3.4km al 5.4% con gli ultimi 1800 metri al 7.4%. L’ultimo passaggio sul GPM era previsto a cinque chilometri dalla conclusione permettendo delle azioni per anticipare lo sprint o una selezione che possa mettere in crisi le ruote veloce. Dopo sette chilometri prende il via la fuga con Unai Cuadrado (Euskaltel – Euskadi), Julian Mertens (Sport Vlaanderen – Baloise) e
Ander Okamika (Burgos-BH) che riuscivano a mantenere un vantaggio massimo di un paio di minuti. Senza nessun patema il gruppo chiudeva su di loro a dieci chilometri dalla fine, ai piedi dell’ultimo strappo grazie al lavoro fatto durante la frazione da Movistar Team, Israel Start-Up Nation e INEOS Grenadiers. Quest’ultima formazione si occupava del ritmo nel finale andando a selezionare violentemente il gruppo di testa, con Tsgabu Grmay (Team BikeExchange) a completare il forcing facendo scollinare soltanto 13 atleti nel gruppo di testa con Robert Stannard pronto per la volata conclusiva. Diversi corridori erano leggermente attardati, ma il ritmo di Grmay non permetteva a nessuno di rientrare, tanto che Jonathan Lastra (Caja Rural – Seguros RGA) si doveva fermare per aiutare Amezqueta rimasto attardato rischiando di perdere posizioni in classifica generale. Nell’ultimo chilometro era Carlos Rodriguez a lanciare la volata al suo capitano Hayter, ma nell’ultima curva quest’ultimo perdeva qualche metro provando in un primo momento a lasciare Rodriguez giocarsi le sue chance, ma poi capendo che il suo ritmo non era sufficiente, provava a lanciare una lunga volata. Alla sua ruota si portava Impey che riusciva ad affiancarlo nel finale, ma contemporaneamente risaliva ancora più veloce Stannard sulla sinistra. Hayter era destinato probabilmente a chiudere al terzo posto, ma Impey spostandosi verso sinistra andava al contatto con Stannard provocando una caduta tra di loro fermandosi a un metro dalla linea d’arrivo. Era così Hayter a trionfare seppur sbigottito per il finale a sorpresa, al secondo posto arrivava Philipp Walsleben (Alpecin-Fenix) e terzo Skujns. Stannard visibilmente frustrato andava a faccia a faccia con un Impey ancora frastornato e a terra dolorante.
Nel frattempo Lopez poteva festeggiare per la conquista della classifica generale davanti a un convincente Tolhoek e Amezqueta che riusciva a difendere ampiamente la terza posizione ai danni di Rodriguez. Maté portava a casa la classifica di miglior scalatore, la classifica a punti andava a Hayter e Sprengers conquistava la classifica degli intermedi.
Carlo Toniatti

Lopez trionfa nella terza frazione della Vuelta a Andalucia ipotecando la classifica finale (Getty Images Sport)
NIZZOLO FIRMA LA PRIMA A VERONA
Giacomo Nizzolo sfata il tabù piazzamenti e, dopo 11 secondi posti e 5 terzi, centra la sua prima vittoria di tappa nella corsa rosa al termine di uno sprint che un caparbio Edoardo Affini aveva cercato di anticipare, in una tappa completamente pianeggiante animata da una fuga a tre che non ha mai avuto alcuna possibilità di concludersi positivamente per gli attaccanti.
“Poi si rivolse e parve di coloro
che corrono a Verona il drappo verde
per la campagna; e parve di costoro
quelli che vince non colui che perde”
(Divina Commedia Inferno XV 121, 124)
Con questa frase, Dante paragonava Brunetto Latini a colui che disputa il palio di Verona e ne esce vincitore.
Oggi, proprio nella tappa dedicata a Dante, è stato Nizzolo ad uscire vincitore di una corsa che ben può paragonarsi al palio di Verona a cui Dante assistette durante uno dei suoi due soggiorni scaligeri, prima presso Bartolomeo e poi presso Cangrande Della Scala.
La tappa partiva da Ravenna, luogo di sepoltura del sommo poeta e dove egli passò gli ultimi anni della vita, e giungeva a Verona, celeberrimo traguardo del Giro d’Italia. La città dell’arena infatti ha ospitato spesso l’atto finale della corsa rosa. L’ultima volta fu nel 2019, quando Carapaz entrò in maglia rosa nell’arena dove si concludeva la tappa a cronometro finale.
Oggi le cose sono state decisamente più semplici.
La complessità letteraria dell’opera di Dante è sufficiente ed agli organizzatori deve essere sembrato non necessario aggiungere anche una complessità ciclistica, benché i dintorni d Verona presentino molte occasioni per inserire qualche piccolo movimento che avrebbe reso il finale comunque aperto ad uno sprint di massa, ma un po’ meno banale.
Gli appassionati però non possono che essere soddisfatti della vittoria di Giacomo Nizzolo che, dopo il ritiro scandaloso di Caleb Ewan, è riuscito a conquistare finalmente una vittoria di tappa al giro.
A questo obbiettivo, il velocista milanese era andato vicinissimo almeno 11 volte con il secondo posto e 5 con il terzo e quindi ha certamente meritato di concludere positivamente questa ricerca, tuttavia dispiace per Edoardo Affini che, nel finale, ha provato la classica fagianata per beffare i velocisti che avevano messo le loro squadre a tenere cucita la corsa tutto il giorno ed era riuscito a creare un buco, chiuso solo da Nizzolo, che ha dovuto lanciare la volata lunga, rischiando d perderla.
La tappa ha avuto il più classico e soporifero degli sviluppi.
Subito dopo il via ufficiale, vanno in fuga Samuele Rivi (Eolo-Kometa) e Umberto Marengo (Bardiani CSF Faizanè) raggiunti ben presto da Simon Pellaud (Androni-Sidermec).
La squadra del capoclassifica si disinteressa ovviamente di questo tentativo e sono quindi le squadre dei velocisti a doversi prendere la briga di controllare la corsa: Cofidis, Jumbo – Visma e UAE Team Emirates.
Il vantaggio veleggia sui 5/6 minuti, finché non interviene in testa la Qhubeka Assos che dimezza il gap, e la Deceuninck-QuickStep che, dopo il traguardo volante accelera ancora di più allungando il gruppo.
Il plotone però decide di non chiudere troppo presto sulla fuga per evitare altri attacchi e, di fatto, l’avventura dei tre speranzosi capitola ai – 7.
A quel punto il ritmo d gara aumenta sino ad arrivare in vista dello sprint.
Edoardo affini prova il colpo gobbo, sul modello di quelli che provava sesso Sorensen negli anni 90, e parte ai 600 metri, approfittando di un momento di incertezza della squadra della maglia ciclamino. L’ottimo passista riesce a prendere qualche metro e prova ad insistere, ma Nizzolo mangia la foglia e lancia la volata lunga, prendendo qualche discreto rischio. Il campione europeo la spunta solo negli ultimi 30 metri e sfata la maledizione della vittoria di tappa a giro.
Non vi sono particolari commenti da fare se non che, quando il territorio lo permette, sarebbe opportuno inserire della variabili che rendano la tappa aperta sia ad una soluzione di sprint di massa sia ad altri epiloghi.
Insomma sarebbe opportuno che i velocisti si guadagnassero la possibilità di disputare lo sprint, perché uno spettacolo come quello di oggi invoglia solo coloro che vogliono fare la pennichella lunga dopo pranzo.
Domani tappa che si concluderà sul Monte Zoncolan. Prima della difficile salita finale, c’è solo la Forcella di Monte Rest piazzata a metà percorso.
Per le caratteristiche del versate che sale da Sutrio è prevedibile che la battaglia tra i big scoppierà ai -2, quando le pendenze supereranno abbondantemente il 20%, si tratterà di dare tutto in pochi metri ed i distacchi tra i big saranno giocoforza contenuti. Sinora Bernal si è dimostrato superiore su certi terreni ma il vero giro d’Italia deve ancora iniziare.
Benedetto Ciccarone

Dopo un lungo inseguimento e un'infinita serie di piazzamenti anche per Giacomo Nizzolo arriva la gioia della vittoria al Giro d'Italia (Getty Images Sport)
FUGA E RITIRI; A BAGNO DI ROMAGNA LA SPUNTA VENDRAME
In una giornata caratterizzata da moltissimi ritiri, Vendrame ha vinto sul traguardo di Bagno di Romagna, battendo un Hamilton che, dopo essere rimasto da solo con il vincitore, non ha dato un cambio. Follia Brambilla e Bennet che pensano ad ostacolarsi, mentre gli altri due vanno via. Segnali di vita da Nibali che allunga in discesa e anticipa il gruppo di qualche secondo.
Una delle principali notizie della tappa di oggi è il nutrito bollettino dei ritiri.
Sono stati costretti ad abbandonare la carovana Gino Mader (Bahrain-Victorious), Fausto Masnada (Deceuninck Quick-Step), Alex Dowsett (Israel Start-Up Nation), Marc Soler, uomo di classifica della Movistar, e soprattutto l’ex maglia rosa Alessandro De Marchi (Israel Start-Up Nation) che è incappato in una paurosa caduta che ha tenuto gli appassionati con il fiato sospeso.
Il corridore italiano per fortuna non ha riportato i danni che la caduta aveva fatto temere ma ha comunque subito la frattura della clavicola.
La tappa di oggi ha visto protagonista una fuga in cui superstiti sono arrivati con enorme vantaggio sul gruppo della maglia rosa.
Il percorso, del resto, si prestava molto ad un tentativo de genere, con diverse salite appenniniche non impossibili ed un gruppo dei big ancora provato dopo le fatiche della tappa di ieri, desideroso di tirare il fiato in vista dello spauracchio Zoncolan, previsto per sabato.
Non è stato però facile per gli aspiranti attaccanti riuscire a centrare il tentativo giusto.
Subito dopo il via ufficiale gli scatti sono stati numerosi e continui, ma sono stati tutti neutralizzati da gruppo che, ad un certo punto, per far cessare gli allunghi ha anche alzato notevolmente il ritmo.
Tra i vari uomini con intenzioni bellicose ha messo il naso fuori anche Sagan, ma pure il suo tentativo è stato stoppato.
L’azione buona si è concretizzata dopo circa 50 km con Simone Ravanelli (Androni Giocattoli – Sidermec), Mikkel Honoré (Deceuninck – Quick-step), Vincenzo Albanese (Eolo-Kometa), Diego Ulissi (UAE-Team Emirates) e Dries De Bondt (Alpecin-Fenix) che evadono per primi per venire presto raggiunti da Gianluca Brambilla (Trek-Segafredo), Christopher Hamilton (Team DSM), Andrea Vendrame (Ag2r Citroën), Simone Petilli (Intermarché-Wanty-Gobert) e Victor Campenaerts (Qhubeka Assos) e successivamente anche da Geoffrey Bouchard (Ag2r Citroën), Natnael Tesfazion (Androni Giocattoli-Sidermec), Guy Niv (Israel Start-Up Nation) e George Bennett (Jumbo-Visma).
In un secondo momento, anche Giovanni Visconti (Bardiani CSF Faizanè) e Nicolas Edet (Cofidis) riescono ad accodarsi ai battistrada.
Il gruppo, guidato dagli Ineos, a questo punto, tira i remi in barca e lascia che i 16 uomini prendano il largo.
Il vantaggio continua a salire arrivando anche a superare i 12 minuti e la frazione vede per gran parte del percorso i due gruppi procedere separatamente.
Nella discesa del Passo della Consuma, i corridori troveranno una pioggia battente che li accompagnerà per buona parte del percorso prima di cedere il passo al sole nelle fasi finali.
Sul Passo la Calla, il gruppo di testa si fraziona ma è un falso allarme, dato che il drappello si riforma con la sola defezione di Campenaerts.
Nella discesa, perdono contatto alcuni attaccanti, tra cui anche Diego Ulissi, mentre Geoffrey Bouchard, Simone Petilli e Natnael Tesfazion riescono a contenere il distacco ed a rientrare a fine discesa.
Il punto chiave della tappa era l’ascesa al Passo e Carnaio che presenta i tre chilometri centrali molto duri, con una pendenza media del 10% e punte del 14%.
Sulla salita, Brambilla fa il diavolo a quattro, costringendo diversi uomini ad alzare bandiera bianca, ma dopo un tentativo di Bennet prontamente stoppato da Brambilla parte in contropiede Vendrame che riesce a prendere qualche metro di vantaggio, ma non a fare il vuoto, dietro ci sono George Bennett, Gianluca Brambilla, Christopher Hamilton, Nicolas Edet e Giovanni Visconti.
Gli ultimi due perdono però contatto sulla accelerazione di George Bennet, con la quale il capitano della Jumbo Visma si riporta su Vendrame con Brambilla ed Hamilton.
Nel gruppo, prova un timido allungo Giulio Ciccone al quale si accoda anche il compagno di squadra Nibali, ma l’attacco non è deciso e gli uomini della maglia rosa non hanno problemi a chiudere. Del resto vista la condizione di forma di Bernal e la presenza degli Ineos in versione “cani da guardia” nessuno ha provato una azione, oltre al fatto che le fatiche di ieri s sono fatte sentire sicuramente anche oggi.
Poco dopo il cartello dei meno 3, accade l’inspiegabile: Hamilton prova a partire, Vendrame si affila immediatamente, mentre Bennet e Brambilla si ostacolano a vicenda e ognuno dei due cerca di rifilare all’altro la responsabilità dell’inseguimento. Ovviamente con questo comportamento non riusciranno a rientrare. Davanti, Hamilton non tira un metro, ma Vendrame oltre ad essere più veloce, ha anche più energie e riesce a vincere agevolmente, pur lanciando la volata davanti.
In gruppo, Nibali prova ad allungare in discesa e riesce a tagliare il traguardo con qualche secondo sul gruppo. Un moto di orgoglio per il siciliano che forse vuole provare qualche allungo per tentare una vittoria di tappa nella terza settimana, generalmente più congeniale per un uomo di fondo come lui.
Tappa certamente adatta alle fughe e fuga è stata anche se gli organizzatori avevano provato ad inserire il trabocchetto de Carnaio. Sui chilometri centrali si poteva organizzare un attacco, mala situazione di corsa venutasi a creare, la superiorità mostrata da Bernal, la solidità della Ineos e le fatiche d ieri hnno indotto i big a prendersi una giornata di riposo.
Ve però osservato che sul traguardo Bernal è arrivato con il solo Narvaez a significare che l’intera giornata avanti a tirare si è fatta sentire anche per la squadra della maglia rosa e non è quind escluso che sulle grandi montagne la corazzata Ineos possa accusare qualche passaggio a vuoto.
Domani, tappa completamente pianeggiante per velocisti da Ravenna a Verona, dedicata al sommo poeta Dante Alighieri che a Ravenna passò gli ultimi anni della sua vita ed a Verona soggiornò ospite dei Della Scala.
Benedetto Ciccarone

La vittoria di Vendrame a Bagno di Romagna (Getty Images Sport)

