BERNAL VINCE IN MAGLIA ROSA UNA TAPPA ORRENDAMENTE MUTILATA

maggio 24, 2021
Categoria: News

Egan Bernal, con un attacco sul Giau, stacca tutti e si presenta in perfetta solitudine sul traguardo di Cortina d’Ampezzo. Buona difesa di Caruso, che scavalca in generale Yates in crisi. Bardet risale posizioni e Ciccone si difende discretamente. Carthy, senza farsi troppo vedere, è ora sul podio provvisorio. Ma lo scandalo del giorno è il taglio della tappa.

Questa mattina la diretta alla partenza della tappa più dura, il tappone dolomitico, con la salita più dura del giro, il Passo Fedaia, si è aperta con una notizia sibillina.
I rappresentanti dei corridori erano in riunione con Mauro Vegni per discutere di eventuali modifiche del tracciato dovute al maltempo.
Il resto è storia, la tappa è stata mutilata in modo orrendo ed ingiustificabile, togliendo la salita più dura: il Fedaia e la Cima Coppi a Passo Pordoi, riducendo un tappone di oltre 200 chilometri ad una minitappetta rabberciata di 150 Km che è quindi diventata l’ennesima tappa per corridori esplosivi invece che una delle poche vere occasioni per corridori di fondo.
La cosa più grave è che esiste un protocollo, siglato a tutte le parti in causa, che stabilisce i casi nei quali le tappe possono subire modifiche e nessuna di queste condizioni era sussistente al momento della decisione, né probabile in base al meteo.
Non si comprende allora la ragione della esistenza d protocolli, se poi essi vengono bellamente ignorati.
L’insensatezza delle decisione si coglie ancora di più se si pensa che il Giau, che pure è stato percorso, è solo sei metri più basso del Pordoi e ben più alto del Fedaia. Se la discesa del Giau è stata percorsa, non si capisce perché si è pensato di non poter percorre in sicurezza quella del Pordoi e quella del Fedaia.
Il punto è che la decisione che poteva salvare capra e cavoli esisteva.
Si poteva disputare regolarmente la tappa e, in caso di peggioramento delle condizioni, potevano essere neutralizzate le discese, facendole percorrere molto lentamente e con i corridori ben coperti che avrebbero avuto la possibilità di fermarsi in cima e cambiarsi visto che si sarebbe ripartiti con i tempi registrati in cima alla salita.
Se la situazione fosse peggiorata si arebbero salvate almeno le salite ma, visto come è evoluta la situazione, la tappa sarebbe stata disputata regolarmente e sarebbe stata spettacolare.
Se nel gruppo maglia rosa, a metà Giau, erano in 7 chissà cosa sarebbe successo nel drittone di Malga Ciapela a 100 km all’arrivo.
Alcuni opinionisti hanno evocato il Gavia dell’88, un mantra che viene tirato in campo sempre in queste occasioni.
Va detto però che mai in questi giorni è stato ipotizzato il pericolo neve o il pericolo di temperature sotto zero, come accadde in quella occasione.
Il direttore della corsa, intervistato al processo alla tappa, si è espresso come se alcuni corridori avessero minacciato sciopero o sabotaggi.
Vegni ha detto espressamente che c’era il rischio di vedere qualche scena non molto bella in caso di disputa integrale della tappa.
In un caso così grave, però, non si può avanzare il sospetto e lasciar cadere la cosa, il direttore della corsa avrebbe dovuto tacere oppure, una volta detto quel che ha detto, fare i nomi ed i cognomi e dire quale azione di protesta era stata ventilata.
In questo modo, non solo non si è capito in definitiva alla responsabilità di chi debba essere ricondotta una scelta così scellerata, ma soprattutto ci si è trovati di fronte ad un organizzatore che ha detto che la tappa doveva essere disputata integralmente, a direttori sportivi che si sono tutti dichiarati favorevoli alla tappa integrale e corridori che hanno detto (almeno quelli intervistati sul punto) di voler correre sul tracciato originario.
Nessuno ha avuto il coraggio di assumersi la responsabilità della scelta perché si è trattato di una scelta oggettivamente assurda.
Quanto alla cronaca sportiva la selezione c’è ovviamente stata, visto che il Giau è una salita dura, ma con il tracciato originario sarebbe stata ben altra cosa, con buona pace di quanto è stato detto nel corso delle dirette della Rai da parte di diversi giornalisti ed opinionisti che hanno difeso una scelta indifendibile e che hanno detto che è comunque stata una bella tappa.
Subito dopo la partenza avvenuta sotto una pioggia battente ci sono vari allunghi.
Il più convinto è quello di Louis Vervaeke (Alpecin-Fenix) che viene però ripreso ai piedi della prima salita.
Grazie alla vivacità di Davide Formolo (UAE Team Emirates) sulla prima salita, si forma una fuga abbastanza folta composta, oltre che dal portacolori della UAE, anche da Daniel Martin (Israel Start-Up Nation), João Almeida (Deceuninck-QuickStep), , Vincenzo Nibali (Trek-Segafredo), Koen Bouwman (Jumbo-Visma), Tanel Kangert (BikeExchange), Louis Vervaeke (Alpecin-Fenix), Antonio Pedrero (Movistar), Gorka Izagirre (Astana-PremierTech), Einer Augusto Rubio (Movistar), Jan Hirt (Intermarché-Wanty-Gobert), Matteo Fabbro (Bora-Hansgrohe), Gianluca Brambilla (Trek-Segafredo), Felix Großschartner (Bora-hansgrohe), Davide Villella (Movistar), Nicolas Roche (DSM), Geoffrey Bouchard (Ag2r Citroën), Amanuel Ghebreigzabhier (Trek-Segafredo), Harm Vanhoucke (Lotto Soudal), Jan Tratnik (Bahrain Victorious), Natnael Tesfazion (Androni-Sidermec) e Márton Dina (Eolo-Kometa).
In un secondo momento, questi attaccanti vengono raggiunti da Giovanni Visconti e Samuele Zoccarato (Bardiani-Csf-Faizané), Kilian Frankiny (Qhubeka Assos), Diego Ulissi (UAE Team Emirates) e Lorenzo Fortunato (Eolo-Kometa).
Ovviamente la presenza di Almeida e di Martin, non lontanissimi in generale, non permette all’attacco di prendere il largo.
Nella discesa, il gruppo dei battistrada si spezza per iniziativa di Nibali che, con le sue doti da discesista, su una picchiata bagnata si porta dietro, Izagirre, Almeida, Pedrero, Formolo e il compagno di squadra Ghebreizgzabhier.
I sei di testa hanno un altro passo rispetto agli inseguitori ed anche il gruppo, in un primo tempo, concede sino a 6 minuti, ma poi accelera per non lasciare troppo spazio ad una fuga con Almeida.
E’ pero per opera della EF Education-Nippo che il vantaggio si polverizza. L’azione è chiaramente finalizzata a tutelare la posizione in generale di Hugh Carthy, anche se sollecitata chiaramente agli Ineos che volevano risparmiarsi.
A parere di chi scrive, gli EF potevano tranquillamente rifiutarsi di tirare, perché comunque gli Ineos non potevano permettere che una fuga con Almeida prendesse il largo e, stancare gli uomini di Bernal e risparmiare i propri, poteva rivelarsi utile anche a Carthy in caso di attacchi nella terza settimana.
La prima vittima illustra del forcing degli EF è Evenepoel, che perde contatto prima del Giau e giungerà al traguardo con un ritardo pesantissimo, uscendo di classifica. E’ tuttavia comprensibile che, dopo 9 mesi di inattività, il giovane corridore belga non abbia la forma per far classifica in una corsa di tre settimane.
Sul Giau, dopo un primo allungo di Pedrero, ci prova Formolo, che sale come di consueto con il lungo rapporto. Nibali va in difficoltà, Pedrero prima sembra accusare, poi invece raggiunge e stacca Formolo, mentre Almeida, da cronoman puro, sale in progressione e riesce a difendersi molto bene.
E’ quindi un peccato per la debalce di Sestola che ha messo Almedia fuori dai giochi per la generale.
Dietro, il forcing di Carr riduce il gruppo maglia rosa ad uno sparuto drappello composto da Hugh Carthy (EF), Egan Bernal e Dani Martinez (Ineos Grenadiers), Romain Bardet (DSM), Giulio Ciccone (Trek-Segafredo), Damiano Caruso (Bahrain Victorious) e Simon Yates (BikeExchange), mentre Alexander Vlasov (Astana-PremierTech) rimane attardato per via di un problema meccanico con la mantellina che si va ad impigliare nella ruota posteriore.
Simon Yates rimane in coda, ma stavolta non risale il gruppo, si stacca e viene raggiunto da Vlasov, mentre Bernal parte senza possibilità di replica e lascia tutti sul posto.
Alle spalle della maglia rosa, è un si salvi chi può, dietro ognuno procede con il proprio passo. Uno splendido Damiano Caruso scollina con soli 45 secondi, mentre Bardet passa a 1:13, Carthy, Ciccone e Almeida a 1:30, Vlasov e Martinez a 2:10 e Yates a 2:50.
Nella discesa, inaspettatamente, Vlasov se la cava egregiamente, mentre come era prevedibile, il discesista Bardet si riporta su Damiano Caruso. I due tagliano il traguardo di Cortina a 27 secondi dalla maglia rosa. Ciccona Carthy ed Almedia accusano circa 1 minuto e 20, Vlasov 2:11, Yates 2:37, Martinez 3:13.
In generale, Caruso si prende la seconda posizione mentre Carthy si piazza sul terzo gradino del podio. Per il quarto posto sono molto vicini Vlasov, Yates e Ciccone.
La tappa di oggi, benché mutilata in modo orrendo, ha dimostrato che con l’arrivo in discesa gli attacchi partono da più lontano e gli appassionati possono godere di azioni di più ampio respiro, invece che lo scattino a 2 Km dall’arrivo ed i distacchi si fanno più pesanti.
Gli organizzatori dovrebbero quindi capire che ciò che fa la differenza sono ancora i tapponi lunghi tra una località ed un’altra come nei tempi antichi.
Oggi, invece, si privilegiano solo gli arrivi in salita sulle cime dei monti, sui passi o nelle stazioni invernali, che però inevitabilmente vedono la corsa controllata sino agli ultimissimi chilometri.
Domani, giorno di riposo mentre mercoledì andrà in scena una tappa molto importante, con due salite dure come San Valentino e Sega di Ala che è la stessa salita del Passo Fittanze con l’arrivo posto un po’ prima della vetta per ragioni logistiche.

Benedetto Ciccarone

Bernal allattacco nel corso della picchiata che dalla cima del Passo Giau conduce a Cortina (Getty Images Sport)

Bernal all'attacco nel corso della picchiata che dalla cima del Passo Giau conduce a Cortina (Getty Images Sport)

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