A CHÂTEAUROUX TIM MERLIER SVERNICIA LA CONCORRENZA, MILAN SECONDO
Tim Merlier (Team Soudal Quick Step) rinnova il duello con Jonathan Milan (Team Lidl Trek) e ne esce ancora vincitore sul traguardo di Châteauroux. Terzo un redivivo Arnaud De Lie (Team Lotto)
La nona tappa del Tour 2025 vedrà ancora i velocisti all’opera dopo la volata di ieri che ha visto Jonathan Milan (Team Lidl Trek) vincere nettamente davanti a Wout van Aert (Team Visma Lease a Bike) e Kaden Groves (Team Alpecin Deceuninck) e che ha cancellato il tabù delle vittorie italiane al Tour che durava da sei anni. Oggi il corazziere di Tolmezzo può fare il bis a Châteauroux dove l’ultimo a vincere è stato Mark Cavendish nel 2021. La tappa di oggi è completamente pianeggiante e non dovrebbe quindi riservare particolari sorprese con la volata prevista al 99%. Dopo la partenza da Chinon andavano all’attacco Mathieu van der Poel e Jonas Rickaert (Team Alpecin Deceuninck). Il gruppo lasciava fare e Van der Poel per buona parte della tappa era anchela maglia gialla virtuale. Il ciclista olandese si aggiudicava il traguardo volante di La Belle Indienne, posto al km 24.2. La frattura alla costola patita nella caduta della tappa di venerdì metteva fuori causa Joao Almeida (UAE Team Emirates XRG), che era costretto al ritiro quando mancavano 84 km alla conclusione. Tadej Pogacar perdeva così un gregario fondamentale che sarebbe stato capitano in qualsiasi altra squadra. A 40 km dall’arrivo la coppia di testa aveva un vantaggio di 2 minuti sul gruppo maglia gialla, tirato dagli uomini della Lidl Trek. Rickaert dava tutto negli ultimi 30 km prendendo vento e facendo la maggior parte dell’andatura per Van der Poel, che restava da solo in testa a circa 6 km dalla conclusione. Nonostante gli sforzi il ciclista olandese veniva ripreso a soli 700 metri dal traguardo. Era la Israel Premier Tech a tirare la volata per Pascal Ackermann, ma da dietro partiva un nuovo duello tra Milan e Tim Merlier (Team Soudal Quick Step), che ancora una volta aveva la meglio sull’italiano. In terza posizione si piazzava un redivivo Arnaud De Lie (Team Lotto) mentre chiudevano la top five Pavel Bittner (Team Picnic PostNL) in quarta posizione e Paul Penhoët (Groupama – FDJ) in quinta posizione. Per Merlier è la seconda vittoria di tappa al Tour 2025. In classifica generale resta tutto invariato nelle prime posizioni con Pogacar sempre in maglia gialla davanti a Remco Evenepoal (Team Soudal Quick Step) e Kévin Vauquelin (Team Arkea B&B Hotels). Domani è la festa nazionale francese e al Tour si comincia a fare sul serio con la decima tappa da Ennezat a Le Mont-Dore di 165.3 km con ben otto GPM sui quali i big della classifica inizieranno a rodare i motori in vista dei Pirenei, in programma settimana prossima.
Antonio Scarfone

A Châteauroux come a Dunkerque Tim Merlier nega la gioia del successo al nostro Milan (foto Tim de Waele / Getty Images)
SARAH GIGANTE TRIONFA SUL MONTE NERONE, MA LA NUOVA MAGLIA ROSA È ELISA LONGO BORGHINI
La settima tappa del Giro d’Italia Women 2025 ha regalato emozioni e colpi di scena: sul traguardo in salita del Monte Nerone Sarah Gigante conquista la seconda vittoria personale nella corsa rosa, mentre Elisa Longo Borghini si prende la Maglia Rosa, ribaltando la classifica generale a un giorno dal termine. La montagna ha emesso il suo verdetto, restringendo la lotta per il successo finale a tre sole protagoniste.
La tappa regina del Giro d’Italia Women 2025 ha rispettato tutte le attese. I 150 chilometri da Fermignano a Monte Nerone, con un finale di salita selettivo e impegnativo, hanno ridisegnato la classifica generale e regalato una nuova leader, Elisa Longo Borghini. L’azzurra della UAE Team ADQ ha colto l’attimo giusto per forzare il ritmo insieme alla compagna di squadra Silvia Persico, prendendo vantaggio nel tratto che precede la salita decisiva. Alle sue spalle, però, Sarah Gigante (AG Insurance – Soudal Team) ha lanciato un attacco deciso a 2.700 metri dal traguardo, staccando tutte e involandosi verso il secondo successo personale in questo Giro, dopo quello ottenuto a Pianezze.
La Gigante ha tagliato il traguardo in solitaria con 45” sulla Longo Borghini e 1’14” su Isabella Holmgren, giovane promessa della Lidl-Trek, oggi autrice di una grande prestazione. Marlen Reusser (Movistar Team), fino a ieri in Maglia Rosa, ha pagato lo sforzo nella parte conclusiva della salita ed è giunta quarta a 1’17”, perdendo il simbolo del primato a favore dell’italiana.
Al termine della tappa la Longo Borghini guida la classifica generale con 22” sulla Reusser e 1’11” sulla stessa Gigante, ormai lanciatissima in un finale che si preannuncia incandescente. Paulina Rooijakkers (Fenix-Deceuninck) e Antonia Niedermaier (CANYON//SRAM zondacrypto) seguono più distanziate con quasi 3 minuti di ritardo.
“Due vittorie di tappa sono un risultato importante — ha dichiarato Sarah Gigante subito dopo l’arrivo —. Oggi mi sentivo bene, ho attaccato nel tratto più duro perché volevo dimostrare che il successo di Pianezze non era un caso. Sono grata alla mia squadra, abbiamo corso unite tutto il giorno. Domani ci riproverò”.
In conferenza stampa, l’australiana ha aggiunto: “L’obiettivo non era la tappa, ma il recupero in classifica generale. Superare atlete come Van der Breggen, Rooijakkers e Niedermaier mi dà fiducia. Il Mondiale di Imola l’ho visto in TV, conosco il percorso e so che sarà un’altra giornata impegnativa”.
Emozionata e lucida anche Elisa Longo Borghini, raggiante al traguardo: “Tornare in Maglia Rosa è bellissimo, ci abbiamo creduto come squadra. Quando io e Persico ci siamo trovate davanti, ho capito che era il momento di rischiare. Sarah oggi è stata fortissima, merita i complimenti. Domani sarà dura difendersi, ma ci proveremo con il cuore”.
Sarah Gigante è la prima australiana dal 1998 a vincere due tappe in un’unica edizione del Giro Women, dopo Anna Wilson Millward. È anche la 21ª vittoria per l’Australia nella corsa rosa, che così raggiunge gli Stati Uniti al quarto posto per successi nazionali. Per la Longo Borghini si tratta del ventesimo podio di tappa in carriera, il terzo in questa edizione. Da segnalare infine il primo podio per la giovanissima Holmgren, la più giovane a riuscirci dal 2020.
Oggi si chiude il Giro con la tappa finale, 134 chilometri da Forlì all’Autodromo di Imol su un percorso di mezza montagna con quattro giri del circuito mondiale 2020, comprendente le salite di Mazzolano e Cima Gallisterna. L’ultima sfida si concluderà proprio sul tracciato dell’Enzo e Dino Ferrari: le emozioni non sono finite.
Mario Prato

Sarah Gigante si impome sul Monte Nerone (foto Luc Claessen / Getty Images)
MILAN INCORNA VAN AERT. IL TORO DI BUJA SI IMPONE A LAVAL INTERROMPENDO IL LUNGO DIGIUNO DI VITTORIE ITALIANE AL TOUR
L’Italia torna a far festa al Tour dopo un digiuno di vittorie che durava dal 27 luglio del 2019, giorno nel quale Vincenzo Nibali si era imposto a Val Thorens. Sei anni dopo l’affermazione dello scalatore siciliano è stato un velocista, il friulano Jonathan Milan, a interrompere questa “carestia” regolando allo sprint Wout Van Aert sul traguardo di Laval.
Dopo tre tappe che hanno causato molti spostamenti in classifica generale, con la maglia gialla che è passata sulle spalle di Tadej Pogačar (UAE Team Emirates – XRG), poi ritornata a Mathieu van der Poel (Alpecin – Deceuninck) e infine è tornata saldamente sulle spalle dello sloveno, il Tour de France presenta oggi una tappa quasi completamente pianeggiante, che quasi certamente vedrà i favoriti riposarsi in vista delle grandi salite dei prossimi giorni e i velocisti darsi battaglia sulla linea del traguardo. A voler essere pignoli, a 16 chilometri dall’arrivo si affronta un GPM di 4° categoria, la Côte de Nuillé-sur-Vicoin, ma trattandosi di soli 900 metri con una pendenza media che non raggiunge il 4%, pare veramente difficile che vi possa avvenire una qualsiasi selezione. Semmai, a scompigliare i piani dei velocisti, potrebbe rivelarsi più impegnativo l’arrivo a Laval, con 1400 metri di salita finale al 3% circa, abbastanza da mettere in difficoltà i velocisti puri ma non abbastanza da tagliarli fuori. La tappa, che parte dal paese bretone di Saint-Méen-le-Grand e si dirige verso la Francia centrale, arriva a Laval dopo 171 chilometri, precisamente nella zona dell’Espace Mayenne, sorta di polo ricreativo dove sono presenti sale da concerti e impianti sportivi (c’è anche un velodromo) e che fu inaugurato quattro anni fa da un altro arrivo del Tour, una tappa a cronometro vinta da Pogacar. Lo stesso sloveno guida ora la classifica generale con 54 secondi su Remco Evenepoel (Soudal Quick-Step) e 1 minuto e 11 seconda sulla grande promessa del ciclismo francese Kévin Vauquelin (Arkéa – B&B Hotels), che precede di pochi secondo l’altro grande favorito del Tour, il danese Jonas Vingegaard (Team Visma | Lease a Bike). Pogacar, unico corridore ad aver vinto più di una tappa, guida anche la classifica a punti, mentre il suo compagno di squadra Tim Wellens è al vertice di quella degli scalatori.
Si parte alle 13.25 e le previsioni vengono subito confermate: nessuno attacca e il gruppo procede compatto, ad andatura cicloturistica, sino allo sprint intermedio nella cittadina di Vitré, a metà corsa, vinto dal nostro Jonathan Milan (Lidl – Trek) sul velocista belga Tim Merlier (Soudal Quick-Step). Qualche chilometro dopo si muovono due corridori della Team TotalEnergies, i francesi Mathieu Burgaudeau (una tappa vinta alla Parigi-Nizza) e Mattéo Vercher (un successo al Tour du Doubs, corsa in linea minore che si disputa in Francia). Il grande caldo di oggi (ci sono circa 30 gradi e neanche una nuvola all’orizzonte) non aiuta i fuggitivi, che a fatica guadagnano un minuto sul gruppo, pur mantenendolo sino alla Côte de Nuillé-sur-Vicoin, dove è Burgaudeau a transitare per primo. Il traguardo si avvicina, il vento è favorevole, e i due compagni di squadra, come è ovvio, collaborano pienamente, spingendo a testa bassa nella speranza che nel gruppo le squadre dei velocisti tardino ad organizzarsi. Tutto è, però, vano: a 13 chilometri dall’arrivo il loro vantaggio è sceso a 30 secondi e Vercher si rialza. A 11 chilometri il solo Burgaudeau mantiene 12 secondi e quando ne mancano 9 all’arrivo viene ripreso. Nel frattempo una foratura costinge Tim Merlier (Soudal Quick-Step), tra i favoriti di oggi e già vincitore della terza tappa, a inseguire il gruppo per diversi chilometri. Lo sforzo si farà sentire e il belga rinuncerà a disputare la volata, che si riduce ad uno scontro fra Milan, tirato da Simone Consonni, Kaden Groves (Alpecin – Deceuninck), tirato da Van der Poel e Wout Van Aert (Team Visma | Lease a Bike), che sfruttando la leggera salita finale fa tutto da solo e riesce ad arrivare secondo, battendo Groves ma non Milan, che trionfa a braccia alzate riportando l’Italia sul gradino più alto del podio dopo ben sei anni (quando Vincenzo Nibali vinse a Val Thorens). Milan si riprende anche la maglia verde di leader della classifica a punti, mentre la classifica generale resta immutata e così pure quella degli scalatori, sempre capeggiata da Wellens, e quella dei giovani, che vede primo Evenepoel. Domani si replica con un’altra tappa pianeggiante.
Andrea Carta

Jonathan Milan si impone a Laval interrompendo il digiuno di vittorie italiane al Tour de France (foto Marco Bertorello / AFP via Getty Images)
LA LIPPERT VINCE A TERRE ROVERESCHE, LA REUSSER RESTA IN ROSA: LA MOVISTAR DOMINA LA SESTA TAPPA DEL GIRO D’ITALIA WOMEN
La sesta frazione del Giro d’Italia Women 2025, da Bellaria Igea Marina a Terre Roveresche, si è rivelata tutt’altro che interlocutoria. Tra fughe, scatti e risposte da leader, la Movistar Team ha messo a segno un doppio colpo: la vittoria di giornata con Liane Lippert e la conferma in Maglia Rosa per Marlen Reusser. Una tappa dal profilo movimentato che, senza rivoluzionare la classifica generale, ha comunque ristretto il cerchio delle pretendenti alla corsa rosa, alla vigilia del temuto arrivo sul Monte Nerone.
Continua a far festa la Movistar al Giro d’Italia Women, grazie alla vittoria della tedesca Liane Lippert traguardo di Orciano di Pesaro, in comune di Terre Roveresche, dove difende la Maglia Rosa di Marlen Reusser. Sul traguardo di Orciano di Pesaro, in comune di Terre Roveresche, l’ex campionessa nazionale tedesca ha anticipato di pochi secondi le olandesi Pauliena Rooijakkers (Fenix-Deceuninck) e Shirin Van Anrooij (Lidl – Trek). Il gruppo delle big ha chiuso con 1′24″ di ritardo dopo un attacco di Elisa Longo Borghini (UAE Team ADQ) sui saliscendi del finale, tentativo che non ha colto imprerata l’elvetica Marlen Reusser (Movistar Team). La compagna di squadra della vincitrice di tappa ha così conservato la Maglia Rosa con distacchi immutati sulla Longo Borghini (2° a 16″) e sull’olandese Anna van der Breggen (Team SD Worx – Protime, 3° a ‘153″), mentre grazie al tempo conquistato grazie alla fuga odierno è risalita fino al quarto posto la Rooijakkers, ora distanziata di 2’03” dalla Maglia Rosa.
“È stata una giornata fantastica, mi sentivo bene e il team mi ha dato carta bianca — ha raccontato una sorridente Lippert —. Volevo ripagare la fiducia, e vincere su un tracciato simile a quello dell’anno scorso mi ha dato la spinta giusta. La Maglia Rosa resta il nostro obiettivo principale: siamo un gruppo unito e compatto, e per Marlen faremo tutto il necessario fino a Roma”.
Dal canto suo la Reusser ha sottolineato la buona gestione della corsa: “Mi aspettavo un attacco da parte di Elisa, ma ho reagito nel modo giusto. È stata una bella giornata per il team, e sono felice per Liane. Domani ci aspetta la salita del Monte Nerone: l’ho provata qualche mese fa, e sapere cosa ci aspetta può fare la differenza”.
La sesta tappa regala così alla Lippert la 54ª vittoria tedesca nella storia del Giro Women e il primo podio per Rooijakkers e Van Anrooij. Per il terzo anno consecutivo, è la Movistar a imporsi nella tappa numero sei della corsa rosa: dopo la Van Vleuten a Canelli nel 2023 e la stessa Lippert a Chieti nel 2024, il tris è servito.
Ora su affronterà la tappa più dura dell’edizione 2025, che scatterà da Fermignano per concludersi dopo 150 Km sul Monte Nerone. Il percorso prevede una sequenza di salite sempre più dure che culmina negli ultimi 8 chilometri con pendenze medie superiori al 9% e punte fino al 12%. Sarà la tappa chiave per la Maglia Rosa, e le scalatrici avranno l’ultima parola.
Mario Prato

Liane Lippert vince la sesta tappa del Giro d'Italia riservato alla donne (foto Luc Claessen/Getty Images)
POGACAR VINCE SUL “MURO DI BRETAGNA” E SI RIPRENDE LA MAGLIA GIALLA
Bella vittoria di Tadej Pogacar (UAE Team Emirates), che a Mûr-de-Bretagne vince nettamente in volata davanti a Jonas Vingegaard (Team Visma Lease a Bike) e Oscar Onley (Team Picnic PostNL). Van der Poel si stacca nel finale ed è solo ventiduesimo all’arrivo
La doppia scalata al “Muro di Bretagna”, l’ultima delle quali da affrontare in concomitanza con la linea del traguardo, è il piatto forte della settima tappa che parte da Saint-Malo e si conclude dopo 197 km. Mathieu van der Poel (Team Alpecin Deceuninck) deve difendere la sua maglia gialla dalle grinfie di Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) che lo incalza ad un solo secondo di ritardo. Le asperità altimetriche sono tutte concentrate nel finale con la doppia scalata a Mûr-de-Bretagne. La tappa ha visto il formarsi di una prima fuga dopo una ventina di chilometri dalla partenza che comprendeva sei ciclisti, ovvero Valentin Madouas (Team Groupama FDJ), Anders Halland Johannessen (Team Uno X Mobility), Jenno Berckmoes (Team Lotto), Neilson Powless (Team EF Education EasyPost) e Victor Campenaerts (Teanìm Visma Lease a Bike). Ma, dopo la reazione del gruppo e continui rimescolamenti in testa alla corsa per un’altra ventina di chilometri, alla fine la fuga di giornata vera e propria si formava grazie all’azione di Alex Baudin (Team EF Education EasyPost), Geraint Thomas (Team INEOS Grenadiers), Marco Haller (Team Tudor Pro Cycling), Ewen Costiou (Team Arkea B&B Hotels) e Ivan Garcia Cortina (Team Movistar). Nel gruppo maglia gialla erano Alpecin Deceuninck e UAE Team Emirates le squadre più attive all’inseguimento dei cinque battistrada. Garcia Cortina si aggiudicava il traguardo volante di Plédran posto al km 139.2. A circa 40 km dalla conclusione il gruppo maglia gialla accelerava e ne facevano le spese i velocisti, che perdevano progressivamente terreno. Costiou scollinava in prima posizione sul GPM della Côte du Village de Mûr-de-Bretagne, posto al km 178.8. Baudin era l’ultimo dei fuggitivi a essere ripreso dal gruppo maglia gialla quando mancavano 16 km all’arrivo. L’UAE Team Emirates aumentava il ritmo sul primo passaggio sul “muro, in vetta al quale scollinava per primo Tim Wellens. Prima della scalata finale una caduta di una decina di ciclisti metteva fuori gioco, tra gli altri, Santiago Buitrago (Team Bahrain Victorious), Enric Mas (Team Movistar), Joao Almeida (UAE Team Emirates), Eddie Dunbar (Team Jayco AlUla) e Louis Barré (Team Intermarchè Wanty). In vista del traguardo il gruppo di testa, formato da non più di 20 ciclisti, si lanciava a tutta velocità sulla salita finale il cui chilometro iniziale era il più duro. Dopo uno scatto di Remco Evenepoel (Team Soudal Quick Step) Pogacar si issava in testa con una progressione delle sue fino alla volata finale, nella quale aveva la meglio su Jonas Vingegaard (Team Visma Lease a Bike) e Oscar Onley (Team Picnic PostNL), quest’ultimo terzo a 2 secondi di ritardo dallo sloveno. Chiudevano la top five Felix Gall (Decathlon AG2 R La Mondilae) in quarta posizione e Matteo Jorgenson (Team Visma Lease a Bike) in quinta posizione. Deludeva invece Van der Poel, soltanto ventiduesimo. Per Pogacar è la seconda vittoria di tappa al Tour 2025. Lo sloveno si riprende la maglia gialla e ora in classifica generale conduce con 54 secondi di vantaggio su Evenepoel e 1 minuto e 11 secondi di vantaggio su
Kévin Vauquelin (Team Arkea B&B Hotels). Domani è in programma l’ottava tappa da Saint-Méen-le-Grand a Laval per 171.4 km. Torneranno di scena i velocisti anche se il traguardo è posto su uno zampellotto di 1.3 km al 2.9% che non dovrebbe influire più di tanto sull’esito della volata.
Antonio Scarfone

Pogacar sigla il secondo successo sulle strade del Tour 2025 (Getty Images)
CAOS E CALMA IN NORMANDIA, HEALY NE FA UNA DELLE SUE
Tappa pazza per cavalli pazzi, Pogi invece fa il ragioniere.
Quando c’è chi si domanda il perché delle dirette integrali, la risposta sta in chi pone la domanda. Spesso appassionati di troppo lungo corso che stentano a comprendere la logica della nouvelle vague di questo pazzo ciclismo anni Venti (sempre sperando con le dita incrociate fino ai crampi che dal pazzo non si sconfini nello scriteriato, o che l’allegra follia non salti a piè pari nel vortice autodistruttivo). O viceversa appassionati di troppo breve corso, assuefatti ai sopori fin quasi al triangolo rosso propinati a suo tempo dalle più svariate armate dotate di volta in volta, ciascuna a suo tempo, del “monopolio nell’uso della forza” in nome del ciclismo di Stato, dove con Stato si intende la nazione o meglio il mercato nazionale a cui vendere il prodotto, ciclismo dello status quo a senso unico dove il bullismo era un titolo di merito sbandierato con orgoglio perfino nelle autobiografie.
…Ma i tempi, ora e sempre, sono cambiati! O no? Mentre ci arrovelliamo sull’ardua questione, tuttavia, in bici si corre, e si corre effettivamente in un modo sensibilmente differente rispetto ai primi due decenni di questo secolo, quando ci si doveva accontentare dei Nibali, dei Contador, dei Quintana prima maniera, di qualche occasionale Andy Schleck o Cunego, per trovarsi a sintonizzare il televisore a mossa decisiva già attuata, certo con ancora tutto da seguire il dipanarsi della stessa con tanto di pathos nel capire se la mossa in questione sarebbe poi andata in porto o meno. Oggi quel pathos a volte viene meno proprio nei finali, quei momenti invece così caratteristici nei Giri con Cipollini quale direttore d’orchestra: un traguardo volante, un elicottero che si alza in volo, comincia la diretta, e si comincia a correre sula bici o a guardare da casa. In una tappa come quella normanna, tutto funziona al rovescio, invece.
Ci sono sempre i traguardi volanti, a fare da catalizzatore, anche perché la lotta per la maglia verde si presenta per ora convulsa e acerrima, vedendo impegnati tanto il re delle Classiche Mathieu van der Pole quanto il nostro serio candidato a erede del suddetto Cipollini, almeno quanto a potenza, ovverosia Jonathan Milan, e poi perfino, quasi involontariamente, il principe cannibale e potenziale re dei re, vale a dire Tadej Pogacar. Poca roba! Così ogni punto conta. Aggiungiamoci che a fronte di una classifica generale apparentemente già segnata, la logica degli altri rivali potrebbe essere quella di far pesare ogni km di ogni tappa, per lasciare che Pogi si affondi da solo zavorrato a piombo dalle proprie catene d’oro che gli esigono di esibirsi su tutti i palcoscenici.
Sia come sia, la parte più eccitante e imprevedibile della tappa è la prima metà, quando si susseguono infiniti tentativi di fuga, un’ebollizione continua, un flusso magmatico in cui la forma stessa del gruppo che si allunga, sfilaccia, frammenta, crea bolle che si gonfiano e scoppiano, costituisce un impareggiabile spettacolo visivo, oltreché sportivo. Nel caos di distinguono alcune note di fondo: ad esempio la Visma di Vingegaard insiste nel cercare di piazzare uomini in fuga, la UAE di Pogacar glielo nega. Un nome il cui peso abbiamo potuto ancora apprezzare al Giro, seppur non più al proprio vertice assoluto di performance, è quello di Wout Van Aert, assolutamente distrutto dal profluvio di movimenti in apertura o chiusura, perché perfino chi vuole attaccare a volte deve chiudere sulla fuga se non idonea. Molto significativo pure il tentativo di Jorgenson, capitano in seconda della Visma stessa, chiuso da Pogi in persona. Non è di semplice interpretazione che cosa cercasse di ottenere la Visma, e in che chiave: delusi dalla crono del giorno precedente hanno forse abbandonato ogni velleità di lotta per il primato assoluto, e dunque invece di gestire le proprie energie preferiscono profonderne senza requie per puntare alle tappe? Oppure l’idea è accrescere all’inverosimile la pressione su Pogacar per farlo infilare in qualche vicolo senza uscita? Più avanti nella gara parrà addirittura che l’alveare giallo-nero avesse come propria priorità “obbligare” Pogi a mantenere la maglia gialla col carico di stanchezza extra che essa implica. Piani estremamente complessi oppure idee confuse? Lo scopriremo solo nel prosieguo dell’intricato romanzo che è ogni Tour. Altro tema chiave, l’ostinazione furibonda per far scattare la fuga da parte di due nomi su tutti, Quinn Simmons e Ben Healy, due dei cavalli pazzi più riconoscibili e rappresentativi in gruppo, due capelloni, biondo e bruno, il grosso statunitense biondiccio con la sua maglia da Capitan America e i baffoni da redneck, l’irlandese piccoletto e tutto nervi, orecchini da pirata e barba incolta, ossessionato dall’aerodinamica ma poi asimmetrico e guizzante sulla bici come un Garrincha. Roviniamo la sorpresa: la fuga buona la faranno partire loro, dopo essere stati i primissimi a muoversi sul serio, e a fine giornata saranno primo e secondo sul traguardo, anche se Healy arriva solitario e dietro Simmons deve bisticciare in volata con l’australiano Storer, altro habitué delle cavalcate epiche.
Quando la fuga parte, finalmente, e che fuga, c’è dentro anche Mathieu van der Pole, poi un altro statunitense, Barta, e un altro irlandese, Dunbar (tutti in team diversi). Per rafforzare il dominio anglosassone per la Visma c’è pure Simon Yates, forse il meno adatto all’occasione, forse perciò il compromesso su cui UAE e Visma trovano un equilibrio (ma a quel punto aveva senso per la Visma? Chi lo sa). Con Harold Tejada dell’Astana è completa la lista degli otto nient’affatto hateful. La presenza di van der Pole aggiunge un altro interessante tema di strategia interno alla fuga stessa: l’olandese è in predicato di riprendersi la maglia gialla, ma per covare questa speranza deve sacrificare le proprie opzioni di vittoria, facendo il passo se e quando la fuga esita, non spendendosi alla morte per chiudere su tutti gli scatti e così via. A margine magari anche il desiderio di raccattare qualche punticino per la maglia verde, come anticipato sopra. Se già è complesso vincere in fuga quando si veste, a torto o a ragione, il mantello di favorito principale, figuriamoci facendo equilibrismi fra due o tre obiettivi differenti; e non parliamone quando la tappa prevede oltre 200 km con un dislivello quasi da tappa alpina, suddiviso però in infiniti strappetti e mangiare bevi. Una specie di super Liegi, ma se alla Liegi si corre assatanati solo dopo Bastogne e verso Liegi, ma non certo da Liegi a Bastogne, qui invece il mattatoio autentico ha preso corpo nella prima metà corsa a quasi 50 km/h di media nonostante il terreno spaccagambe . Mathieu si brucerà nel mulinello di priorità diverse, ma almeno riconquisterà la maglia gialla… per un solo secondo!
Come anticipato, la tappa sarebbe stata da vedersi alla rovescia: opzionale il finale, obbligatorie le prime due ore. In queste due ore opzionali, si segnala giusto l’attacco da manuale, perfetto, di Healy. Come spiegherà il suo DS Wegelius a fine gara, il buon Ben ha dalla sua una fine astuzia tattica, e il suo modo di correre che appare talora pazzo si basa su uno studio meticoloso del terreno e delle situazioni. Poi la sua tenuta implacabile fa il resto. Sfuggito alle grinfie delle scie e controscie, non gli si ripiglia più nemmeno un secondo. E così in un momento di assoluta stanca e relativo relax nella rapsodia di strappi e strappetti, a poco più di 40 km dal traguardo, Healy si porta in fondo al gruppetto, osserva, attende, e dal nulla lancia una fiocinata che nessuno insegue seriamente perché per i primi venti secondi nessuno ci crede, poi dall’incredulità allo scoramento il passo è subito brevissimo. Punto, set, match in una partita fatta di un solo passante perfetto (ma non scordiamoci di tutto quel che c’è voluto per arrivare a trovarsi lì). Provano un inseguimento serio solo Simmons e Storer, ma non c’è nulla da fare. Si giocheranno la piazza d’onore in volata, sul violento muro finale. Muro finale che diventa un vero calvario per van der Poel, pedalando con le unghie piantate nel manubrio e i denti quasi ficcati nella ruota anteriore. Ma la maglia è sua, per un secondo.
Dietro, l’abbiamo detto, strani giorni in casa Visma. Forse vogliono appunto che Pogi la maglia non la regali al suo amico Mathieu, fatto sta che si producono in un forcing devastante. Al termine del quale Pogacar vince, piuttosto scocciato, la volata per il nono posto. Evidentemente lui aveva fatto i propri calcoli e ad essi aveva improntato la tappa, senza pensare a scatti o scattini, ma provocato… È alla fin fine una lotta di nervi più che di gambe, a queste altezze. La curiosità degna di nota è che dopo essere stato titolare unico delle tre classifiche principali, maglia gialla della generale, verde per punti e pois della montagna, Pogacar riesce così a cederle deliberatamente tutte e tre per sottrarsi ai doveri istituzionali con podi, interviste e fotografie. L’impressione è che potrebbe, se volesse, finire il TDF indossandole tutte e tre come Merckx nel 1969. Ma il Tour è lungo e la linea fra il vincere tutto e il perdere tutto è sottile anche per i più dotati fra i fenomeni delle ruote.
Gabriele Bugada

Ben Healy vince la sesta tappa del Tour (foto Anne Christine Poujoulat / AFP via Getty Images)
WIEBES REGNA A MONSELICE: SPRINT IMPERIALE E CLASSIFICA RISCRITTA. REUSSER SEMPRE IN ROSA
Nella quinta tappa del Giro Women il vento spacca il gruppo. Wiebes firma il bis, Reusser resta in rosa
Doveva essere la giornata più tranquilla del Giro, l’ultima occasione per tirare il fiato prima del trittico di salite finali. Invece, la Mirano–Monselice si è rivelata tutt’altro che innocua. Un’imboscata orchestrata dal vento e dalle squadre più attente ha stravolto i piani delle inseguitrici e permesso a Lorena Wiebes (Team SD Worx – Protime) di firmare la sua seconda vittoria in questa edizione, la quattordicesima della stagione. Dal canto suo Marlen Reusser (Movistar Team) resta in Maglia Rosa, ma la classifica si compatta e la tensione sale.
A fare la differenza è stato un colpo di mano – o meglio di vento – a 53 chilometri dall’arrivo, quando il gruppo si è spezzato sotto l’azione congiunta di Team SD Worx – Protime e UAE Team ADQ. Tra le prime, oltre alla Maglia Rosa Reusser, sono rimaste Elisa Longo Borghini (UAE Team ADQ) e Anna van der Breggen (Team SD Worx – Protime), tutte decise a non perdere l’occasione. La fuga “buona” ha guadagnato margine e non si è più voltata indietro. La Wiebes, protetta da una squadra impeccabile, ha aspettato il momento giusto e, lanciata alla perfezione da Lotte Kopecky, ha battuto in volata la connazionale Marianne Vos (Team Visma | Lease a Bike), con Liane Lippert (Movistar Team) a completare il podio. Il gruppo delle big rimaste tagliate fuori ha accusato un pesante ritardo di 1’42”.
“Siamo state bravissime a sfruttare la situazione – ha detto Wiebes dopo l’arrivo –. Non mi sentivo al top, ma ho potuto contare su un team straordinario. Barbara Guarischi, Elena Cecchini e Lotte Kopecky mi hanno portata alla perfezione. E Anna Van der Breggen ha guadagnato terreno in classifica: una giornata perfetta.”
Anche la Reusser, ancora in rosa, ha sorriso al termine della tappa: “Non amo le giornate così nervose, ma oggi è andata meglio del previsto. Il supporto della squadra è stato fondamentale. D’ora in poi chi vuole vincere il Giro dovrà provarci da lontano: noi siamo pronte”.
Alle sue spalle, la Longo Borghini resta seconda a 16”, mentre la Van der Breggen sale in terza posizione con 1’53” di ritardo. Dietro di lei si fa vedere anche Katrine Aalerud (Uno-X Mobility), salita al quarto posto, mentre le protagoniste dei giorni scorsi hanno perso terreno prezioso.
Intanto, la Wiebes si prende anche la Maglia Rossa della classifica a punti, mentre Sarah Gigante (AG Insurance – Soudal Team) conserva quella azzurra dei GPM e Antonia Niedermaier (CANYON//SRAM zondacrypto) resta leader tra le giovani, pur scendendo in classifica generale.
Le salite ora non si faranno attendere: la tappa di domani porterà la carovana da Bellaria-Igea Marina a Terre Roveresche e sarà caratterizzata da numerosi strappi a quote collinari. Dopo la burrasca di oggi, il Giro è entrato definitivamente nella sua fase decisiva.
Mario Prato

Lorena Wiebes vince a Monselice (foto LaPresse)
SPETTACOLO A CAEN. EVENEPOEL VINCE LA CRONOMETRO, POGACAR NUOVA MAGLIA GIALLA
La cronometro per specialisti di Caen conferma il dominio dell’attuale campione del mondo della specialità Remco Evenepoel (Team Soudal Quick Step) che vince, anche se per “soli” 16 secondi, su un pimpante Tadej Pogacar (UAE Team Emirates XRG), nuova maglia gialla. Buon terzo posto per Edoardo Affini (Team Visma Lease a Bike) mentre deludono Vingegaard e Roglic.
Dopo le prime scaramucce tra Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) e Jonas Vingegaard (Team Visma Lease a Bike), la quinta tappa del Tour 2025 costituisce il primo vero spartiacque della corsa francese. La cronometro individuale di Caen di 33 km ci dirà molto sulle ambizioni dei ciclisti più forti e scremerà ulteriormente una classifica generale già abbastanza definita. L’uomo da battere sicuramente il campione del mondo Remco Evenepoel (Team Soudal Quick Step), che vestirà la maglia iridata di campione della specialità. Alle sue spalle una folta schiera di contendenti, con il Team Visma Lease a Bike che oltre a Vingegaard schiera due ottimi cronoman come Edoardo Affini e Matteo Jorgenson. L’attuale maglia gialla Mathieu van der Poel (Team Alpecin Deceuninck) dovrà invece difendersi e verosimilmente lascerà il simbolo del primato a qualcun altro. Evenepoel si conferma attualmente il ciclista più forte contro il tempo e, dopo un inizio piuttosto compassato, il belga aumenta i giri col passare dei chilometri e chiude con il tempo di 36 minuti e 42 secondi. Pogacar è il solito fenomeno e in proporzione a Evenepoel, pur perdendo sulla linea del traguardo 16 secondi dal belga, è sembrato il ciclista di alta classifica più in palla. Ottimo terzo posto per Edoardo Affini (Team Visma Lease a Bike), praticamente il primo dei mortali con 33 secondi di ritardo da Evenepoel. Chiudono la top five Bruno Armirail (Decathlon AG2R La Mondiale) e Kevin Vauqualin (Team Arkea B&B Hotels), quarto e quinto a 35 e 50 secondi. I ciclisti più deludenti sono stati Primoz Roglic (Red Bull – BORA – hansgrohe) e Vingegaard, che chiudono quasi a braccetto, a 1 minuto e 19 secondi di ritardo da Evenepoel il primo e due secondi più tardi il secondo. Peggio fa l’ex maglia gialla Mathieu van der Poel (Team Alpecin Deceuninck), addirittura diciannovesimo. Pogacar è la nuova maglia gialla con 42 secondi di vantaggio su Evenepoal e 59 secondi di vantaggio su Kévin Vauquelin (Arkéa – B&B Hotels). Domani è in programma la sesta tappa da Bayeux a Vire Normandie di 201.5 km con diversi saliscendi e un totale di sei GPM (cinque di terza e uno di quarta categoria). La fuga, se ben assortita, potrebbe avere qualche chance in più di successo rispetto alle prime quattro tappe, ma la lotta per la maglia verde potrebbe riservare ancora una volata di massa con il duello Merlier-Milan, anche se gli ultimi 700 metri con pendenze superiori al 10% sembrano essere davvero troppo impegnativi per entrambi.
Antonio Scarfone

Evenepoel sfreccia tra le campagne di Caen (foto Shutterstock)
SARAH GIGANTE TRIONFA A PIANEZZE, COLPO GROSSO NELL’ARRIVO IN SALITA
L’australiana vince la quarta tappa del Giro d’Italia Women. Reusser torna in Rosa, Longo Borghini è seconda nella generale
Il Giro d’Italia Women entra nel vivo con la quarta tappa, la Castello Tesino–Pianezze, che ha regalato spettacolo e grandi emozioni sul secondo arrivo in salita dell’edizione 2025. A imporsi è stata Sarah Gigante, australiana dell’AG Insurance – Soudal Team, che ha rotto gli indugi a 1500 metri dal traguardo con un’azione potente e coraggiosa. Per lei è la prima vittoria in carriera alla Corsa Rosa, una conferma del suo ritorno ad alti livelli dopo un lungo stop per problemi fisici.
Alle sue spalle, con un ritardo di 25″, Elisa Longo Borghini (UAE Team ADQ) e Marlen Reusser hanno completato il podio di giornata. L’elvetica della Movistar Team ha riguadagnato la Maglia Rosa, approfittando della crisi dell’ormai ex leader Anna Henderson (Lidl – Trek), rimasta attardata fin dalle prime rampe della salita verso Pianezze, dove ha accusato quasi 10 minuti di ritardo.
La classifica generale vede ora la Reusser in testa con 16″ sulla Longo Borghini e 34″ sulla stessa Gigante. Ottima anche la prova della Maglia Bianca Antonia Niedermaier (CANYON//SRAM zondacrypto), quarta al traguardo a 34″ e quarta anche in classifica generale a 1′03″. In difficoltà, invece, si sono viste alcune delle attese protagoniste, tra le quali Anna Van der Breggen (Team SD Worx – Protime) e Juliette Labous ( FDJ – SUEZ), con la prima che ha perso quasi due minuti e la seconda più di tre.
“È incredibile – ha dichiarato Gigante all’arrivo –. Non avrei mai pensato di tornare a questo livello dopo l’intervento. Oggi ho avuto ottime sensazioni e la squadra ha creduto in me: questa vittoria è per loro, per chi mi è stato vicino anche nei momenti più bui. Il pubblico è stato straordinario, mi ha spinta fino in cima. È stata una giornata che non dimenticherò mai”.
Anche la Reusser, tornata in Maglia Rosa dopo il successo nella cronometro inaugurale, ha espresso soddisfazione: “Era l’obiettivo di giornata e tutta la squadra ha lavorato al meglio per raggiungerlo. Ora la classifica inizia a delinearsi, ma tutto può ancora succedere. Domani sarà una tappa meno impegnativa, ma il Giro insegna che non bisogna mai abbassare la guardia”.
Con la vittoria di oggi, la Gigante firma il ventesimo successo australiano nella storia del Giro d’Italia Women. Per lei è la settima vittoria in carriera, a 542 giorni di distanza dal trionfo nella tappa conclusiva del Tour Down Under. Reusser, invece, sale per la seconda volta sul podio in questa edizione, dopo la vittoria nella cronometro d’apertura a Bergamo.
La quinta tappa, la Mirano–Monselice di 120 km, rappresenta l’ultima occasione per le ruote veloci prima del trittico decisivo. Si tratta di una frazione quasi completamente pianeggiante, che attraversa le provincie di Venezia e Padova, prima del circuito finale di 14.2 km. Si tratta di in’occasione ghiotta per le velociste, ma anche un passaggio delicato per chi punta alla classifica: restare nelle prime posizioni sarà fondamentale.
Mario Prato

Sarah Gigante vince la prima delle due tappe di montagna del Giro d'Italia Women (foto Massimo Paolone/LaPresse/Shutterstock)
LORENA WIEBES REGINA DI TRENTO: SPRINT VINCENTE NELLA TERZA TAPPA DEL GIRO D’ITALIA WOMEN
La campionessa europea trionfa allo sprint, la Kopecky è terza. La Henderson resta in Maglia Rosa nonostante una caduta nel finale.
La terza tappa del Giro d’Italia Women 2025, Vezza d’Oglio–Trento di 122 chilometri, ha incoronato Lorena Wiebes. La velocista olandese del Team SD Worx – Protime si è imposta in volata grazie a una perfetta organizzazione della squadra, firmando il suo tredicesimo successo stagionale e confermando il proprio dominio negli arrivi a ranghi compatti. Sul traguardo di Trento ha preceduto Josie Nelson (Team Picnic PostNL) e la compagna di squadra Lotte Kopecky, che le ha spianato la strada in un finale teso e caotico.
La tappa, disegnata per esaltare le ruote veloci, ha vissuto il momento clou a 2500 metri dal traguardo, quando una caduta ha spezzato il gruppo proprio davanti alla Maglia Rosa Anna Henderson. La britannica della Lidl-Trek è riuscita a rialzarsi rapidamente e, seppur scivolata indietro, ha mantenuto la leadership in classifica generale. Alle sue spalle restano in agguato Marlen Reusser (Movistar Team), che grazie al secondo posto al traguardo volante di Cles ha ridotto a 13″ il suo ritardo, ed Elisa Longo Borghini (UAE Team ADQ), sempre terza a 31″.
Tra le protagoniste di giornata si segnala anche Usoa Ostolaza (Laboral Kutxa – Fundación Euskadi), che è transitata in testa sul Passo del Tonale – Cima Alfonsina Strada di questa edizione – conquistando la Maglia Azzurra riservata alla miglior scalatrice. Confermata in Maglia Bianca la tedesca Antonia Niedermaier (Canyon//SRAM zondacrypto), sempre attenta nelle fasi calde della corsa.
“Sono davvero felice – ha commentato Wiebes – vincere al Giro è sempre speciale. Oggi il merito è tutto della squadra: Kopecky ha fatto un lavoro enorme e Guarischi è stata fondamentale nel riportarci davanti dopo l’incidente. Non era una volata semplice e abbiamo evitato la caduta per un soffio. È la mia quarta vittoria al Giro, ma ogni volta è un’emozione diversa”. La sprinter olandese, con 106 successi in carriera, torna a vincere in Italia dopo la Sanremo Women e riporta l’Olanda in vetta alla classifica storica delle vittorie di tappa, superando l’Italia per 76 a 75.
In conferenza stampa Anna Henderson ha ammesso la difficoltà del finale: “La caduta è avvenuta proprio davanti a me. Sono riuscita a limitare i danni, ma domani sarà dura: l’arrivo in salita di Pianezze potrà cambiare molto nella generale. Indossare la Maglia Rosa è un onore, ma so bene che da qui alla fine dovrò lottare con le unghie per tenerla”.
La quarta tappa, Castello Tesino–Pianezze, sarà infatti una frazione chiave per le gerarchie della corsa: 142 chilometri con continui saliscendi nel Bellunese, il Muro di Ca’ del Poggio e la salita finale di 11.2 km al 7%, con punte all’11% prima del traguardo. Sarà una giornata per scalatrici e la Maglia Rosa dovrà difendersi con grinta.
Mario Prato

Lorena Wiebes vince a Trento in una volata a ranghi ridotti (Getty Images)

