SQUIBAN INFIAMMA LA FRANCIA: VITTORIA IN SOLITARIA NELLA SESTA TAPPA DEL TOUR DE FRANCE FEMMES 2025

luglio 31, 2025 by Redazione  
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Sulla strada che porta ad Ambert Maeva Squiban firma un’impresa da campionessa e riporta la bandiera francese sul gradino più alto del podio. Con un attacco deciso a oltre 30 chilometri dal traguardo la bretone del UAE Team ADQ conquista la prima tappa di montagna della Grande Boucle femminile, dimostrando classe, coraggio e una condizione invidiabile.

Con un colpo da finisseur esperta, Maeva Squiban (UAE Team ADQ) ha dominato la sesta tappa del Tour de France Femmes 2025, lasciando il segno con un’azione solitaria che l’ha portata a trionfare ad Ambert con 1’09” di vantaggio sulla connazionale Juliette Labous (FDJ-SUEZ). Terza Kimberly Le Court (AG Insurance-Soudal Team), che mantiene la maglia gialla e guadagna 8 preziosi secondi di abbuono sulle dirette rivali.
La ventitreenne di Brest, già protagonista in tappe impegnative negli anni passati, si conferma talento cristallino del ciclismo francese e simbolo della nuova generazione in rosa. Dopo essere caduta nei giorni precedenti, la Squiban ha trovato la forza per riscattarsi nella giornata più dura, attaccando con decisione sul Col du Chansert e difendendo il margine in discesa e nel tratto in salita pedalabile verso Valcivières.
Nonostante la perdita di Elisa Longo Borghini, l’UAE Team ADQ ha saputo riorganizzarsi con determinazione. Dopo i tentativi in volata di Lara Gillespie, la formazione emiratina ha trovato nella Squiban la carta vincente per lasciare il segno. Il successo della giovane bretone – la seconda francese nella storia del Tour Femmes a imporsi dopo Cédrine Kerbaol (EF Education-Oatly) – è stato accolto con entusiasmo dal gruppo e dal pubblico di casa.
La tappa, partita da Clermont-Ferrand, è stata animata sin dai primi chilometri da una fuga di dodici atlete, tra le quali si segnalavano Elise Chabbey (Canyon//SRAM zondacrypto), impegnata nella conquista della maglia a pois, e Soraya Paladin (CANYON//SRAM zondacrypto). Il gruppo ha lasciato fare fino al Col du Béal, dove il ritmo imposto dall’AG Insurance-Soudal ha iniziato a limare il vantaggio delle battistrada. In discesa si sono accesi altri fuochi d’artificio, ma la corsa si è ricompattata prima che la Squiban cogliesse il momento perfetto per lanciare il suo attacco.
Nel finale, la Labous ha tentato una reazione tardiva, riuscendo a precedere la Le Court per il secondo posto. Dietro tutte le big sono arrivate insieme, ad eccezione di Niamh Fisher-Black (Lidl – Trek), attardata da un problema meccanico. In classifica generale la Le Court aumenta il margine su Pauline Ferrand-Prévot (+26”) e su Katarzyna Niewiadoma (CANYON//SRAM zondacrypto, +30”), mentre domani si attende un’altra tappa movimentata con l’arrivo in discesa a Chambéry dopo il Col du Granier.
Maeva Squiban, con la sua azione coraggiosa, ha dimostrato di essere non solo una promessa, ma una realtà del ciclismo femminile. Alta 1,66 metri, versatile e determinata, è destinata a diventare uno dei volti simbolo della disciplina nei prossimi anni.

Mario Prato

Maeva Squiban in fuga verso Ambert (Getty Images)

Maeva Squiban in fuga verso Ambert (Getty Images)

KIMBERLY LE COURT RISORGE A GUÉRET E SI RIPRENDE LA MAGLIA GIALLA

luglio 30, 2025 by Redazione  
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Un finale da classica vallonata premia la più brillante del gruppo: Kimberly Le Court si impone a Guéret davanti alle migliori e torna in vetta alla classifica generale. Marianne Vos staccata, Vollering e Van der Breggen sul podio di tappa. Domani le montagne.

Il Tour de France Femmes 2025 ritrova Kimberly Le Court-Pienaar. Dopo aver lasciato il simbolo del primato a Marianne Vos nelle giornate precedenti, la portacolori della AG Insurance-Soudal torna regina della corsa transalpina al termine della quinta tappa, la Chasseneuil-du-Poitou (Futuroscope) – Guéret, che ha fatto emergere qualità e ambizioni. Una frazione esigente nel finale, disegnata su colline e strappi alla maniera delle Ardenne, e proprio in un contesto simile ha colpito la vincitrice dell’ultima Liège-Bastogne-Liège, che si è lasciata alle spalle in volata un gruppo selezionato di sette atlete. Seconda si è piazzata Demi Vollering (FDJ – SUEZ), terza una rinata Anna van der Breggen (Team SD Worx – Protime) a chiudere un podio dal valore assoluto. Marianne Vos (Team Visma | Lease a Bike) ha pagato 33”, perdendo tappa e maglia.
Il grande lavoro di squadra ha fatto la differenza in casa AG Insurance-Soudal. Se Kimberly Le Court ha saputo far valere la sua brillantezza in salita e la lucidità in volata, fondamentale è stato il supporto ricevuto da Sarah Gigante, rientrata nel finale e decisiva nel tenere vivo il margine su un gruppo alle spalle privo d’accordo. “Non avrei fatto quello che ho fatto oggi senza di lei”, ha dichiarato la mauriziana a fine corsa. Una vittoria costruita con intelligenza tattica e determinazione, che rilancia la sua candidatura per la vittoria finale.
La tappa ha vissuto una prima parte ad alta velocità, segnata anche da diverse cadute e dai ritiri eccellenti, tra i quali quelli di Monica Trinca Colonel (Liv AlUla Jayco), che era la migliore italiana in classifica) e di Elisa Balsamo (Lidl – Trek), coinvolta in un incidente con Lorena Wiebes (Team SD Worx – Protime). La fuga di giornata – inizialmente composta da Anneke Dijkstra (VolkerWessels Cycling Team), Francesca Barale (PicNic Postnl), Alison Jackson (Ef Education), Catalina Anais Soto (Laboral Kutxa) e Brodie Chapman (Uae Team Adq) – non ha mai avuto troppo margine, complice il ritmo imposto dalla Movistar e successivamente dalla Fenix-Deceuninck. Le ultime fuggitive sono state riprese sull’ultima asperità, la Côte de Le Maupuy, dove la Le Court ha accelerato conquistando anche gli abbuoni e portando via con sé un gruppo ristretto.
Nel tratto successivo è stata battaglia di nervi e gambe, con Pauline Ferrand-Prévot (Team Visma | Lease a Bike), Katarzyna Niewiadoma (CANYON//SRAM zondacrypto), la Van der Breggen e la Vollering tutte nel vivo dell’azione, mentre la Vos, rimasta attardata, non è più riuscita a rientrare. La Gigante è tornata provvidenzialmente in testa a tre chilometri dal traguardo, mentre la Van der Breggen ha provato l’anticipo ai -700, subito controllata dalla Le Court, che poi ha lanciato la volata ai 200 metri e ha resistito alla rimonta tardiva della Vollering.
Il successo vale doppio: la ciclista mauriziana torna in giallo con 18” sulla Ferrand-Prévot, 23” sulla Vollering, 24” sulla Niewiadoma e 27” sulla Van der Breggen. La Gigante segue a 55”, mentre la Vos ora accusa un ritardo di oltre un minuto. Miglior italiana è Barbara Malcotti (Human Powered Health), 23° con 3′08″ di ritardo.
Le dirette interessate al successo finale guardano già alle montagne, che da domani entreranno in scena con la Clermont-Ferrand – Ambert, prima vera tappa di alta difficoltà altimetrica. Salite più lunghe, pendenze regolari e oltre 2400 metri di dislivello saranno il nuovo banco di prova. Dopo cinque giornate accese e tecniche il terreno cambierà e chi vorrà vinere il Tour dovrà dimostrare di saper brillare anche in alta quota.

Mario Prato

Kimberley Le Court Pienaar vince la quinta tappa del Tour femminile (foto Szymon Gruchalski/Getty Images)

Kimberley Le Court Pienaar vince la quinta tappa del Tour femminile (foto Szymon Gruchalski/Getty Images)

LORENA WIEBES NON PERDONA: SECONDA VITTORIA CONSECUTIVA AL TOUR

luglio 30, 2025 by Redazione  
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Lorena Wiebes conferma il suo dominio tra le ruote veloci del gruppo e conquista con autorità la quarta tappa del Tour de France Femmes 2025.

Dopo il successo ad Angers la campionessa europea della SD Worx-Protime concede il bis a Poitiers, ancora davanti a una tenace Marianne Vos (Visma | Lease a Bike), che anche oggi si deve accontentare del secondo posto. Completa il podio l’irlandese Lara Gillespie (UAE Team ADQ), mentre la migliore italiana è Rachele Barbieri (Team Picnic PostNL), settima al traguardo.
Con o senza treno, contro ogni avversaria e in qualsiasi scenario: Lorena Wiebes è inarrestabile. La maglia verde domina anche la quarta frazione del Tour, trovando la seconda vittoria consecutiva e la quinta in carriera nella Grande Boucle femminile. È la prima volta che vince indossando il simbolo della classifica a punti, ulteriore testimonianza della sua supremazia. Dietro di lei ancora una volta si piazza la Vos, che in maglia gialla prova in tutti i modi a reggere l’urto, senza però riuscire a cambiare il copione rispetto alla giornata precedente.
Il plotone è ripartito con 144 atlete al via, tutte presenti nonostante la maxi-caduta della terza tappa, fatta eccezione per Eleonora Camilla Gasparrini (UAE Team ADQ) e Rebecca Koerner (Uno-X Mobility), entrambe fermate dalla febbre.
Il percorso, il meno impegnativo altimetricamente di questa edizione (780 metri di dislivello), si presta a una fuga e infatti ci prova subito Maud Rijnbeek (VolkerWessels), che viene poi raggiunta da Tota Magalhães (Movistar) e Franziska Koch (Team Picnic PostNL). Le tre arrivano ad avere 1’30” di margine, ma il vento laterale spezza il gruppo in due tronconi e cambia lo scenario: la SD Worx-Protime prende in mano la situazione, mentre le attaccanti si riducono a due, Magalhães e Koch, che vengono riprese a 4 chilometri dalla conclusione.
L’ultimo tratto è tortuoso, ma fortunatamente privo di nuove cadute. Kristen Faulkner (EF Education-Oatly), già protagonista sfortunata in questo Tour, finisce comunque a terra poco prima del ricongiungimento. Il gruppo si allunga, le posizioni si rimescolano: Jelena Erić prova un forcing per la Movistar, Kimberly Le Court-Pienaar (AG Insurance – Soudal Team) lavora per Shari Bossuyt, mentre il treno SD Worx-Protime è corto ma lucido. Anna van der Breggen prepara al meglio lo sprint per la Wiebes, che trova spazio vicino alle transenne grazie al lavoro di Soraya Paladin (CANYON//SRAM zondacrypto) per Chloé Dygert e si infila con potenza devastante. La Vos tenta l’aggancio, ma anche oggi deve inchinarsi. Dietro alla fuoriclasse olandese si sono piazzate nell’ordine la Gillespie (UAE Team ADQ), Eline Jansen (VolkerWessels), la Dygert (Canyon//SRAM zondacrypto), la Bossuyt (AG Insurance-Soudal)la Barbieri (Team Picnic PostNL), Ally Wollaston (Lidl-Trek); Maike van der Duin (Movistar) e la transalpina Clara Copponi (FDJ-Suez) a chiudere la TopTen di giornata
Nessuna scossa tra le big: Demi Vollering (FDJ – SUEZ) chiude nel gruppo di testa senza problemi e mantiene le sue ambizioni intatte in vista delle tappe più dure. Dietro di lei, tutte le principali avversarie tengono le ruote e si preparano alla battaglia.
Ora si disputerà la 5ª tappa da Chasseneuil-du-Poitou (Futuroscope) a Guéret di 165.8 Km. Sarà una frazione lunga e mossa, con diverse ondulazioni che si intensificano nell’ultima parte. Il gran finale è disegnato per attaccanti e scattisti: la salita di Le Maupuy (2.8 km al 5.4%, con punte al 10%) termina a 7 km dal traguardo, prima di una discesa tecnica e un’ultima rampa al 2/3%. Gli scenari sono aperti: fuga, colpo da finisseur o un altro confronto tra le big della classifica.

Mario Prato

Il bis di Lorena Wiebes sulle strade del Tour de France femminile (foto Tim de Waele/Getty Images)

Il bis di Lorena Wiebes sulle strade del Tour de France femminile (foto Tim de Waele/Getty Images)

LORENA WIEBES IMPRENDIBILE AD ANGERS, MARIANNE VOS TORNA IN MAGLIA GIALLA

luglio 29, 2025 by Redazione  
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La campionessa europea domina la volata della terza tappa. La Vos seconda e di nuovo leader, la Vollering cade nel finale e preoccupa.

Il Tour de France Femmes 2025 conosce il suo terzo volto vincente e ritrova una delle sue sprinter più iconiche, Lorena Wiebes (Team SD Worx – Protime). La 25enne olandese ha trionfato nella tappa con arrivo ad Angers, imponendosi nettamente allo sprint in una volata condizionata da una maxi-caduta a 3,5 km dall’arrivo che ha scompaginato il gruppo e messo fuori gioco alcune protagoniste, tra le quali Demi Vollering (FDJ – SUEZ) ed Elisa Balsamo (Lidl – Trek). Alle spalle della campionessa europea si è piazzata Marianne Vos (Team Visma | Lease a Bike), che grazie ai 6″ di abbuono torna a indossare la maglia gialla, scavalcando nuovamente Kimberly Le Court-Pienaar (AG Insurance – Soudal Team) in classifica.
Per Wiebes si è trattato della la quarta vittoria in carriera al Tour, la prima in questa edizione, che le consente di rinnovare la sua candidatura al successo nella classifica a punti. Una conferma importante per la velocista della SD Worx-Protime, dopo un 2024 meno brillante e la delusione dello scorso anno, quando non era riuscita a imporsi in nessuna tappa.
La giornata era iniziata con una notizia pesante, quella del ritiro della vincitrice del Giro d’Italia femminile Elisa Longo Borghini (UAE Team ADQ). L’azzurra, tra le favorite per il successo finale, è stata costretta ad abbandonare la corsa a causa di un’infezione gastrointestinale che l’aveva debilitata fin dalla prima tappa. Dopo aver lottato per due giorni, ha dovuto alzare bandiera bianc salutando amaramente il Tour.
La tappa, da La Gacilly ad Angers, si è sviluppata secondo copione nella sua fase centrale, con una fuga a quattro composta da Alison Jackson (EF Education-Oatly), Sara Martín (Movistar Team), Clémence Latimier (Arkéa – B&B Hotels Women) e Catalina Anais Soto (Laboral Kutxa – Fundación Euskadi). Le fuggitive sono riuscite a guadagnare oltre quattro minuti, ma sono state controllate con pazienza dalle squadre delle sprinter, su tutte SD Worx-Protime, Visma | Lease a Bike ed EF Education-Oatly. Lo sprint intermedio è stato terreno di sfida tra le big della classifica a punti, con la Wiebes che ha avuto la meglio sulla Vos.
Nel finale è arrivato il momento chiave della giornata. A poco più di tre chilometri dal traguardo, una curva a destra in uscita da un restringimento ha causato una caduta collettiva: a terra sono finite, tra le altre, Elisa Balsamo, Letizia Borghesi (EF Education-Oatly), Letizia Paternoster (Liv AlUla Jayco), e, soprattutto, la Vollering. La capitana della FDJ-SUEZ si è rialzata lentamente, molto dolorante, ed è stata scortata fino al traguardo dalle compagne di squadra Juliette Labous e Amber Kraak. Fortunatamente, grazie alla neutralizzazione del tempo negli ultimi 5 km, non ha perso secondi in classifica ma le sue condizioni restano in dubbio per le prossime tappe.
La volata, ormai ristretta a una ventina di atlete, è stata lanciata dalla Visma per la Vos, ma è stata la SD Worx a orchestrare alla perfezione lo sprint. Lotte Kopecky ha lanciato la compagna al momento giusto e la Wiebes ha completato il lavoro con una progressione devastante. Alle sue spalle, Vos ha provato a uscire, ma non è riuscita a superarla e si è dovuta accontentare della seconda piazza. Terzo posto per Ally Wollaston (FDJ – SUEZ), brava a restare davanti e a ottenere un risultato importante per la sua squadra dopo la disavventura occorsa alla Vollering.
La maglia gialla torna quindi nelle mani dela Vos, che con gli abbuoni ha recuperato la leadership. La Le Court-Pienaar scivola in seconda posizione, mentre restano a galla Katarzyna Niewiadoma (CANYON//SRAM zondacrypto) e Anna van der Breggen (Team SD Worx – Protime), arrivate nel gruppo di testa. Più staccate molte delle altre pretendenti, con una corsa che continua a perdere protagoniste per strada.
Oggi il Tour propone una nuova frazione potenzialmente favorevole alle velociste (, ma dopo la tappa odierna nulla può essere dato per scontato. Le condizioni di Vollering saranno sotto stretta osservazione, mentre il duello tra la Wiebes e la Vos per la maglia verde si fa sempre più avvincente. Il Tour de France Femmes, ancora una volta, non smette di sorprendere.

Mario Prato

Lorena Wiebes si impone sul traguardo di Angers (foto Tim de Waele/Getty Images)

Lorena Wiebes si impone sul traguardo di Angers (foto Tim de Waele/Getty Images)

POGI MOGIO POST PIRENEI, TOUR TARPATO: MA CI RESTERÀ SEMPRE PARIGI!

luglio 28, 2025 by Redazione  
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Super Wout riscatta una Visma svaporatasi nella terza settimana

Il Re Sole è corrucciato. Nella Francia allo zenit dell’Ancien Regime… (fra parentesi: ex post, ci sorprende sempre scoprire quanto possa averci ingannato l’interiorizzata metafora astronomica, e quanto cioè il culmine di una parabola storica, sportiva, artistica o umana possa rivelarsi assai prossimo al tramonto, così come altre volte lo è invece all’alba) …chiusa parentesi: in quella Francia ove tutto gravitava attorno a un centro unico e assoluto, le sedute di deiezione del sovrano erano uno spettacolo pressoché pubblico, soggette agli sguardi di tutta una corte che scrutava con ossessiva preoccupazione volto e corpo del sovrano per intuire dal colorito, dalle smorfie, dalle posture come fluissero gli umori e l’umore di un uomo che in sé sussumeva lo Stato tutto.
La medesima sensazione è quella che sono andate via via a trasmetterci le sessioni stampa della maglia gialla lungo questo Tour 2025. Le tensioni fra il nostro novello Piccolo Principe e la sua immagine pubblica erano andate crescendo man mano che il Principe diveniva un autentico monarca capace di dominare su tutti i terreni e tutti i mesi dell’anno. Da parte sua, Tadej già da inizio estate non si era tenuto per sé frecciate contro le reti sociali e poi contro l’apparato giornalistico, nonché – ma questo solo implicitamente, molto implicitamente – contro il loro mutuo alimentarsi di aria fritta, insinuazioni, invidie e insoddisfazioni.
E così la sala stampa è andata a sfociare nella psicanalisi quando, dal Ventoux in avanti, la cattiveria agonistica, gli scatti brucianti, lo sguardo brillante, i sorrisi solari hanno ceduto il passo ai mugugni, all’occhio spento, alla carnagione opaca, ma soprattutto al correre sulle ruote, agli scattini da ultimo striscione, al dispensare regalini e regalucci fra l’altro facendo figli e figliastri, il tutto contrapposto invece a quel dispendio di sé che aveva illuminato una terza settimana 2024 pur a classifica già ampiamente decisa (riaperta semmai dai rischi di caduta assunti in discesa nella crono nizzarda).
Pogi s’interroga sui tanti giorni lontano da casa, meditazioni che semmai associavamo fin qui al melanconico danese Vingegaard. Sul fatto che ci sia altro nella vita al di là del ciclismo. Sull’interminabile durata di un Grand Tour, per cui la terza settimana assume i contorni di quella cortina grigia di pioggia oltre la quale si schiuda finalmente un altrove di felicità o almeno serenità e meritato riposo. Pogi descrive lo smarrimento quando nelle nebbie giù dal Tourmalet tutto svanisce nella foschia, s’intravede appena la schiena di un gregario lì davanti e il resto è nulla. Dulcis in fundo: “nel corso di questo Tour de France ho appreso qualcosa di nuovo e diverso sul mondo del ciclismo, e su me stesso, che ha cambiato il mio modo di essere corridore, ma non ne posso parlare ora, lo rivelerò forse più avanti”.
Il film d’azione della prima settimana, il kolossal hollywoodiano di Hautacam, il razzo che decolla con gli Aerosmith di fondo, sfociano dalla cerniera del Ventoux nell’esistenzialismo, anzi direttamente nel mistero del più enigmatico ed esplicito – paradossi del minimalismo – fra i film di Bresson, “Un condannato a morte è fuggito (Il vento soffia dove vuole)”.
Si scatenano gli esegeti. Ipotesi prima: Re Pogi è stanco, la prima metà di Tour pirotecnica, con velocità stratosferiche in pianura, ha inevitabilmente bagnato le polveri di tutti. Gli exploit riescono a chi si è concesso qualche tappa di respiro imbarcando a giorni alterni le mezz’ore, ma chi deve tenere duro tutto il tempo in cima alla classifica generale è pesantemente logorato (non per nulla la top 10 la curano forse in nove, probabilmente un record negativo mai visto al Tour). Ipotesi seconda: Re Pogi è ammalato, l’ha detto lui stesso che aveva il raffreddore. Fra incubare, starnutire, smaltire inevitabile un calo. Ipotesi terza: Re Pogi è annoiato, pure questo l’ha detto espressamente, come riportato poco sopra, e un corridore che fa della joie de vivre l’asse portante della sua magnifica ferocia in corsa dalla noia risulta ferito a morte. Ipotesi quarta: Re Pogi è invecchiato, eh sì, la carta d’identità nello sport ha un funzionamento sui generis, dipende da quando si ha cominciato a competere al vertice, e poi la candela che brucia dai due lati brucia prima, il culmine è stato il 2024 ma adesso tocca poco a poco calare. Ipotesi quinta: Re Pogi è “comandato”, lui è un sovrano incontrastato sulla strada, e spesso non solo (decide in parte il proprio calendario, non è poco), ma il ciclismo è sport i cui risultati non si macinano solo a suon di pedali, basta d’altronde dare una scorsa agli albi d’oro, alle classifiche e alle loro varie riscritture storiche per intuire gli strati profondi di uno sport sociale, corale, intricato, cortigiano in cui le gare si decidono, certamente, in corsa, ma anche fuori dalla corsa; e ciò che accade in corsa, a propria volta, è il distillato di ordini dalla radiolina dall’ammiraglia, quindi di conversazioni fra ammiraglie, parlottare smorzato dalla moquette nei corridoi di qualche albergaccio di provincia, do ut des al tavolo di caffetterie svizzere, e su su fino alla cattedra di un tribunale, arbitro in terra del bene e del male.
Come in un pasticciaccio ambientato ad altre latitudini, frutto di altra letteratura, nello gnommero dei motivi nessuno spiega bene tutto, nessuno funziona davvero, tutti cozzano con una sfaccettatura o l’altra della realtà, ma tutti risultano in qualche modo necessari quanto insufficienti.
E allora ci accontentiamo, per adesso, della semplicità di una favola. Il Principe Felice di Oscar Wilde, a cui viene eretta una statua dorata e ingioiellata per celebrare proprio la sua spensieratezza e felicità, si accorge tardivamente proprio in quanto monumento, dall’alto del proprio piedistallo, che il mondo attorno a lui è pervaso di complessità, ingiustizia e infelicità. Non gli sovviene altra soluzione che distribuire pezzo a pezzo ai bisognosi la propria livrea preziosa, donata la quale si ritrova color grigio piombo, né d’un apice più felice in quanto il mondo è restato misero e ingiusto. A quel punto tuttavia il sindaco decide che la statua così triste non svolge più la propria funzione celebratoria e la invia dunque in fonderia per sostituirla con una propria, decisione però destinata a finire in bisticcio perché ogni notabile della cittadina vorrebbe a quel punto che la statua fosse la propria.
Il cuore del Principe però, pur spezzato, non si squaglia nemmeno nel crogiuolo della fonderia. E il nostro Pogi, arrivato a Parigi, ritrova la verve e la voglia per illuminare di giallo folgorante una giornata uggiosa di pioggia e porfido scivoloso. Nel fiammante circuito olimpico che guizza avvolto di gente fra Montmartre e il Sacro Cuore, fra negozietti e brasserie (e non più solo nella vacua vastità dei Campi Elisi, dell’Arco di Trionfo, della Defense sullo sfondo) fibrilla finalmente l’altimetria e si susseguono gli scatti. Finalmente torna la vera voglia di vincere, finalmente torna lo spettacolo e il desiderio di mettersi in gioco completamente, non conservando un’eterna, vana e volatile riserva. I tempi sono neutralizzati per la classifica generale una volta entrati nel circuito, ma una caduta grave, su un tracciato così insidioso e dovendo districarsi fra le traiettorie su discesa bagnata del kamikaze Mohoric, implicherebbe comunque la perdita del Tour, qualora non fosse possibile tagliare in sella il traguardo. Ma è tornato il Pogi generoso, e i suoi compagni di gioco sono soprattutto quegli avversari della Visma che hanno vissuto un Tour di profonda delusione e quasi sofferenza precisamente per il proprio spendersi a fondo fino al tracollo e al trascinarsi sotto il traguardo, Van Aert e Jorgenson. Il secondo decisivo tatticamente con i suoi ripetuti attacchi prima dell’ascesa finale, lavora ai fianchi la maglia gialla e ne inibisce la capacità di attacco secco in quanto lo forza a chiudere ancora e ancora. Il primo, ormai lontano dal variegato misto di trionfi multipli e su ogni tipo di tappa risalente a tre anni fa, coniuga come al Giro servizio cavalleresco al capitano con obiettivi personali isolati ma della più alta qualità. Sulla cima dello strappo contrattacca e stacca Pogi, una combinazione pressoché inedita di verbo e complemento oggetto. Da lì alla vittoria è un battito d’ali, diverso da quello quasi arrogante mimato per festeggiare vittorie passate, ma quanto più glorioso perché spiccato da una condizione diversa dalla sfacciata superiorità.
A proposito di Visma, duole dover annotare in cronaca la prestazione di Vingegaard, crudelmente riassumibile per quest’anno con un’altra favola di Oscar Wilde, Il Razzo Eccezionale. Un fuoco d’artificio speciale preparato per illuminare la festa del re racconta a tutti quanto peculiare sarà il suo sfolgorio, e nel racconto si commuove fino alle lacrime, che però inumidendolo, ne impediscono l’esplosione. Il razzo finisce dimenticato e poi raccattato da due ragazzini che ci giocano per un po’ e poi lo lasciano vicino al falò di fianco al quale si addormentano. Il razzo, asciugato dal tepore, prende finalmente fuoco e brilla con grande magnificenza da solo, in un cielo vuoto e senza gente, mentre i due ragazzini nemmeno si svegliano.
Ecco, dopo tante dichiarazioni di guerra, dopo arditi echi pantaniani di “salta lui o salto io”, questo Vingegaard non ha mai ma proprio mai dato la benché minima impressione, dopo Hautacam, di aver spalancato appieno le dighe delle proprie energie. Ha duellato col fioretto ma senza mai voler nemmeno sfiorare il rischio di vedersi svuotato, temendo forse di essere avvicinato da altri rivali (lontanissimi in classifica, eh!, così come lontanissimi ad ogni scatto dei due fenomeni). Se già non è esaltante una corsa in difesa da chi ha margini, ancora più atroce è una corsa in difesa di un… secondo posto che peraltro nessuno sta assaltando! Non è facile battere un avversario più forte, ma il ciclismo lo consente, sporadicamente. Consente sempre e comunque di provarci. In questo caso ci ha provato la Visma, come squadra, svenandosi nel tentativo. Non ci ha proprio provato il poco coraggioso capitano danese. Contador vince la Vuelta 2012 su un Purito Rodríguez più forte in quel momento non solo per la sorpresa indotta da un attacco inatteso, ma anche perché in un luogo assolutamente incongruo Contador eroga tutta la propria disponibilità fisica (e forse qualcosina in più). Purito potrebbe marcarlo, in termini atletici, ma gli subentra il dubbio se abbia senso farlo, o quali potrebbero essere le conseguenze impensate. In quell’esitazione si apre il margine per l’imprevedibile. Tadej non è Purito, certamente, e l’esito più probabile sarebbe stato comunque la sconfitta di chi avesse provato l’azzardo in questo caso, ma a differenza di quel meraviglioso inizio di Delfinato che proprio Vingegaard ci ha regalato un mesetto e spicci fa, non si è proprio visto in nessun caso un attacco inatteso, FUORI LUOGO, di Vingegaard – tale da rimanere senza forze, vulnerabile, ma istillando quindi anche nell’avversario il sacro timore rispetto all’entrare in zona di vulnerabilità. Un timore alieno al Pogi che conoscevamo ma forse non così estraneo al Pogi maturo o esistenzialista di questa terza settimana. Non lo sapremo mai.
In chiusura, standing ovation per le belle prestazioni dei corridori italiani sia in termini di classificazioni globali sia in questa ultimissima e speciale tappa parigina, il tutto nonostante un movimento nazionale la cui clamorosa difficoltà strutturale non accenna ad attenuarsi. Jonathan Milan porta a casa la maglia a verde della classifica a punti non solo vincendo due tappe, ma soprattutto lottando alla morte su ogni maledetto traguardo volante e, con questi chiari di luna, ancora di più spremendosi in tappe di montagna ad altissima concentrazione di dislivello per rientrare nel tempo massimo. A Parigi, appunto, nessuna chance per un velocista come Milan, ma a chiudere due volte sulle sfuriate di Pogi è stato un fenomenale Ballerini, che per fortuna trova ogni tanto queste giornate di grazia in cui fare rifulgere il proprio talento. Secondo posto con rimpianti ma solo sentimentali perché un risultato migliore oggi sarebbe stato inaccessibile: l’orgoglio, invece, di essersi scontrato alla pari con i migliori al mondo nel palcoscenico più gremito della corsa più mediatica e competitiva del pianeta. E nell’azione buona c’era anche, con tutta la sua sagacia, il sempre solido Trentin, per anni e anni di traversata del deserto l’unico atleta del nostro movimento ad avere una caratura costante di spessore davvero internazionale, diciamo in quell’intervallo fra il tramonto di Nibali e l’approdo su strada dei Ganna o Milan (già campioni ma all’inizio prevalentemente in pista).

Gabriele Bugada

Il podio del Tour 2025 (Eurosport)

Il podio del Tour 2025 (Eurosport)

MAVI GARCÍA REGINA A QUIMPER, KIMBERLY LE COURT-PIENAAR NUOVA MAGLIA GIALLA

luglio 27, 2025 by Redazione  
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La 41enne spagnola sorprende tutte con un’azione solitaria nel finale e conquista la tappa. La Le Court-Pienaar balza in testa alla classifica grazie alla somma dei piazzamenti.

Il Tour de France Femmes 2025 continua a regalare spettacolo e colpi di scena. Dopo il trionfo di Marianne Vos (Team Visma | Lease a Bike) nella giornata inaugurale, è toccato oggi a Mavi García scrivere una pagina memorabile sulla strada che da Brest ha portato il gruppo fino a Quimper. La veterana spagnola della Liv AlUla Jayco ha piazzato un attacco deciso a poco più di dieci chilometri dall’arrivo e, nonostante un vantaggio mai superiore ai venti secondi, ha saputo difendersi con grinta e intelligenza, resistendo al ritorno del gruppo per appena tre secondi. Un colpo da manuale che le consegna la più importante vittoria della sua lunga carriera e che le permette di festeggiare a 41 anni e mezzo con l’entusiasmo di una debuttante.
Alle sue spalle, il gruppo si è lanciato in una volata furiosa: l’olandese Lorena Wiebes (Team SD Worx – Protime) si è imposta nello sprint delle battute, precedendo la mauriziana Kiberly Le Court-Pienaar, che con il terzo posto e i 4″ di abbuono si è presa la testa della classifica generale. La campionessa africana ha ora lo stesso tempo della Vos, ma può vantare una migliore somma di piazzamenti grazie al podio odierno che va a bilanciare il quinto posto dell0olandese. È un traguardo storico per la portacolori dell’AG Insurance-Soudal, poichè ai si tratta della prima ciclista africana ad indossare la maglia gialla
La seconda tappa, con partenza da Brest, ha offerto sin dai primi chilometri un andamento movimentato. Dopo la notizia del ritiro di Charlotte Kool (Team Picnic PostNL), non partita per i postumi della caduta subita in Belgio la scorsa settimana, sono state Movistar e Team Picnic PostNL a cercare il riscatto mandando all’attacco Aude Biannic e Franziska Koch. La loro azione, seppur limitata nel vantaggio, ha animato la parte centrale della corsa, mentre dietro si muovevano le velociste per lo sprint intermedio e le specialiste dei GPM, tra le quali Silke Smulders (Liv AlUla Jayco) ed Elise Chabbey (FDJ – SUEZ), in lotta per la maglia a pois.
Il gruppo ha lasciato poco spazio alle fuggitive, riprendendole nel circuito finale. Da lì in poi la corsa è esplosa con numerosi tentativi: Katarzyna Niewiadoma (CANYON//SRAM zondacrypto) e Pauline Ferrand-Prévot (Team Visma | Lease a Bike) hanno provato ad animare l’ascesa verso il Point Bonus, seguite da altri cicliste importanti come Riejanne Markus (Lidl – Trek) e Demi Vollering (FDJ – SUEZ). Tuttavia, l’attacco decisivo è arrivato da chi meno ci si aspettava, Mavi García, che – ormai fuori classifica dopo una caduta nella prima tappa – ha colto l’attimo perfetto ai -12, resistendo alla rimonta con un finale da brividi.
Negli ultimi chilometri, i tentativi di chiudere lo spazio da parte delle big non sono stati abbastanza organizzati. Elisa Longo Borghini (UAE Team ADQ) ha confermato le difficoltà già emerse ieri, perdendo nuovamente contatto e accumulando un ritardo vicino ai due minuti. Lotte Kopecky (Team SD Worx – Protime) ha faticato ma è riuscita a rientrare nel finale per aiutare le compagne. Quando la Wiebes ha lanciato la volata era ormai troppo tardi, perchè la García era già lanciata verso la gloria.
Sullo sfondo di una giornata intensa, con scambi di attacchi, cambi di leadership e battaglie per ogni secondo, il Tour ha già mostrato il suo volto più imprevedibile. Dietro alla Le Court-Pienaar e alla Vos, la Ferrand-Prévot resta in agguato a 6″, seguita dalla Niewiadoma a 10″. Le altre pagano distacchi più consistenti, in particolare Cédrine Kerbaol (EF Education-Oatlye) e Sarah Gigante (AG Insurance – Soudal Team), staccate di 8″, mentre la Longo Borghini si ritrova ora con quasi due minuti da recuperare.
Domani si andrà ad Angers per quella che, almeno sulla carta, dovrebbe essere la prima occasione per una volata di gruppo compatto. Dopo due giornate piene di emozioni, le ruote veloci avranno finalmente la loro chance. Ma con questo Tour, nulla sembra davvero scontato.

Mario Prato

 Mavi García vince la seconda tappa del Tour femminile (foto Szymon Gruchalski/Getty Images)

Mavi García vince la seconda tappa del Tour femminile (foto Szymon Gruchalski/Getty Images)

MARIANNE VOS FIRMA LA PRIMA TAPPA DEL TOUR DE FRANCE FEMMES 2025

luglio 26, 2025 by Redazione  
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La fuoriclasse olandese trionfa a Plumelec e conquista la prima Maglia Gialla. Distacchi già significativi tra le big.

Il Tour de France Femmes 2025 si apre nel segno di Marianne Vos. La stella della Visma | Lease a Bike ha conquistato la vittoria nella tappa inaugurale, imponendosi con classe e potenza sull’ascesa finale di Plumelec. Una prova da campionessa consumata per l’atleta olandese, che si prende anche la prima maglia gialla. Alle sue spalle hanno chiuso Kimberley (Le Court) Pienaar, portacolori dell’AG Insurance-Soudal, e la compagna di squadra Pauline Ferrand-Prévot, protagonista dell’azione che ha selezionato il gruppo nel tratto decisivo.
Il finale è stato animato da un forcing perfettamente orchestrato dalla Visma, con la Ferrand-Prévot a lanciare l’azione decisiva e la Vos pronta a concretizzare lo sforzo con la sua inconfondibile progressione negli ultimi metri. Il gruppo delle migliori si è frantumato negli ultimi chilometri, con alcune delle pretendenti alla classifica generale che hanno subito già un primo passivo. Elisa Longo Borghini (UAE Team ADQ), reduce dalla vittoria al Giro d’Italia Women, ha chiuso con circa un minuto di ritardo, pagando il ritmo imposto sull’erta finale.
La giornata si è rivelata amara anche per Marlen Reusser perchè l’elvetica della Movistar ha dovuto abbandonare la corsa durante lo svolgimento della tappa, aggiungendo una nota negativa a un inizio di Tour già selettivo.
Con questa vittoria, Marianne Vos conferma il suo status di eterna protagonista del ciclismo femminile, dimostrando ancora una volta di saper leggere alla perfezione le corse e di colpire con precisione nei momenti decisivi, nonostante le quasi 40 primavere. La sua esperienza e la forza collettiva della Visma | Lease a Bike hanno fatto la differenza in una frazione breve ma intensa, che non ha lasciato spazio alla distrazione.
Il Tour riprenderà domani con la seconda tappa, da Brest a Quimper. Il percorso si preannuncia ancora più impegnativo, con una sequenza di salite nervose e pendenze importanti nella seconda parte. Il finale è particolarmente tecnico e potrebbe offrire terreno fertile per nuove azioni offensive. La Côte de Locronan e la Côte du Chemin de Trohéir, entrambe con tratti a doppia cifra di pendenza, anticipano l’erta conclusiva e lo sprint ad abbuoni di Pen ar Stang. Sarà un’altra giornata da leggere con attenzione, soprattutto per le atlete interessate alla classifica generale. Dopo quanto visto oggi, è chiaro che il Tour è già entrato nel vivo.

Mario Prato

Marianne Vos inaugura ledizione 2025 del Tour de France femminile (foto Szymon Gruchalski/Getty Images)

Marianne Vos inaugura l'edizione 2025 del Tour de France femminile (foto Szymon Gruchalski/Getty Images)

GROVES RUGGISCE SOTTO LA PIOGGIA A PONTARLIER, GRUPPO A 7 MINUTI

luglio 26, 2025 by Redazione  
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Al penultimo giorno di gara il gruppo lascia carta bianca alla fuga, che arriva al traguardo di Pontarlier con sette minuti di vantaggio sugli uomini di classifica. Vittoria a Groves, velocita in libera uscita, protagonisti anche gli italiani Velasco e Trentin

Il Tour de France si conclude con due tappe dal profilo abbastanza mosso, ma che non dovrebbero portare sconvolgimenti in nessuna delle varie classifiche. Certamente non in quella generale, sempre capeggiata da Tadej Pogačar (UAE Team Emirates – XRG) con 4’24” sul suo rivale storico Jonas Vingegaard (Team Visma | Lease a Bike), che a dispetto dei proclami bellicosi dei giorni scorsi si è limitato a controllare sulle Alpi il suo avversario, e oltre 11 minuti sul giovane tedesco Florian Lipowitz (Red Bull – BORA – hansgrohe), che va a completare un podio che, per la prima volta nella storia delle due corse a tappe, sarà lo stesso del Delfinato. Anche la maglia verde della classifica a punti sembra blindata, dal momento che Pogačar, secondo dietro al nostro Jonathan Milan (Lidl – Trek), non è sembrato molto combattivo negli ultimi giorni e difficilmente potrebbe sfilargliela anche se vincesse le ultime due tappe. Lo stesso discorso vale per la maglia a pois, che indica il leader della classifica degli scalatori, ormai saldamente sulle spalle di Pogačar dal momento che per scavalcarlo Vingegaard, secondo a 13 punti, dovrebbe vincere tutti i GPM di queste ultime tappe, cosa che sinora non ha mai destato il suo interesse; chi, invece, era interessato, vale a dire il francese terzo in classifica Lenny Martinez (Bahrain – Victorious), è stato tagliato fuori da una penalizzazione rimediata nella tappa di giovedì e dall’accorciamento di quella di ieri. Tutto questo rende molto incerto l’esito della tappa odierna, che si avvicina a Parigi allontanandosi lentamente dalle Alpi, e partirà dal paese di Nantua, situato fra Lione e Ginevra, alle 12.15 circa, per arrivare dopo 184 chilometri nella cittadina di Pontarlier dopo aver lambito a lungo il confine con la Svizzera. Lungo il percorso si incontrano ben 4 GPM, di certo poco impegnativi rispetto a quelli dei giorni scorsi: dopo 25 chilometri il Col de la Croix de la Serra (12.2 km al 4.1%) di 3a categoria, dopo 46 Km la Côte de Valfin (5.6 km al 4.3%) di 4a categoria, quindi dopo 122 Km la Côte de Thésy (3.5 km al 9%) di 2a categoria e, infine, dopo 161 Km, quindi a circa 23 Km dall’arrivo, la Côte de Longeville (2.6 km al 6%) di 4a categoria.
Si parte con un tempo pessimo: piove e la bagarre parte subito, con diversi corridori che a più riprese tentano la fuga solitaria o in piccoli gruppi; di questi il più attivo sembra il forte passista norvegese Kasper Asgreen (EF Education – EasyPost) – già vincitore di tappa al Giro e al Tour – che arriva anche a guadagnare una ventina di secondi sul gruppo. Sulla prima salita Asgreen viene ripreso, né hanno miglior fortuna gli attacchi portati da altri corridori, fra i quali si ricorda almeno Tim Wellens (UAE Team Emirates – XRG), già in passato possessore della maglia a pois. Alla fine il gruppo transita quasi compatto sul primo GPM, dove a passare per primo è il francese Louis Barré (Intermarché – Wanty), che riesce a prendere un piccolo vantaggio proprio sulle ultime rampe. Dopo altri tentativi di breve durata, che vedono mettersi in luce anche il nostro Davide Ballerini (XDS Astana Team), Wellens e Matteo Jorgenson (Team Visma | Lease a Bike) danno il via a una fuga più consistente, alla quale presto si uniscono altri corridori, fra cui i nostri Simone Velasco (XDS Astana Team), che vincerà il traguardo volante di La Chaux-du-Dombief, e Matteo Trentin (Tudor Pro Cycling Team), sino ad arrivare a 13 unità. Tra i fuggitivi va anche segnalato Jordan Jegat (Team TotalEnergies), attualmente 11esimo in classifica generale e che forse spera di scalzare l’australiano Ben O’Connor (Team Jayco AlUla), trionfatore l’altro ieri, dal decimo posto. Sul secondo GPM, la Côte de Valfin, transita primo Wellens. Dopo molti chilometri durante i quali la situazione sembra stabilizzarsi, i fuggitivi arrivano ai piedi della Côte de Thésy con ormai 2 minuti e mezzo sul gruppo. A questo punto è proprio Jegat a tentare l’azione solitaria, seguito ben presto da Harry Sweeny (EF Education – EasyPost), che transita primo sul GPM. I due corridori insistono nella loro azione, mentre dal gruppo escono altri fuggitivi, ben guidati da Wout van Aert (Team Visma | Lease a Bike), che arrivano a formare un secondo gruppetto con dentro 16 corridori, fra i quali Martinez e due tra quelli che più hanno deluso in questo Tour, Marc Hirschi (Tudor Pro Cycling Team) e Michael Storer (Tudor Pro Cycling Team). Sui saliscendi che precedono l’ultimo GPM Sweeny riesce a staccare Jegat, che viene ripreso dal primo gruppetto di fuggitivi, quello con Wellens e Jorgenson, mentre il gruppo lascia fare e cerca solo di arrivare al traguardo di Pontarlier senza che avvengano cadute, tutt’altro che improbabili col brutto tempo che continua a perseguitare i corridori. Alle spalle di Sweeny il primo gruppo di fuggitivi si fraziona presto, dividendosi in alcuni sottogruppi, ma all’inizio dell’ultimo GPM, la Côte de Longeville, tutti si ricompattano, compreso Sweeny, ma esclusi Wellens e Jorgenson, che restano in compagnia del francese Ewen Costiou (Arkéa – B&B Hotels). Più indietro il gruppo riassorbe il secondo drappello di fuggitivi, quello con Van Aert. In cima alla salita passa per primo il passista spagnolo Iván Romeo (Movistar Team): mancano 23 chilometri al traguardo ed è evidente che la fuga andrà a buon fine. I fuggitivi, che sulle ultime rampe della salita si sono nuovamente frazionati, si rimescolano ulteriormente sulla discesa, rimanendo davanti in sei. Di questi, la metà cadono ben presto sull’asfalto scivoloso, in una curva larga ma insidiosa: fra i caduti vi sono Romeo e purtroppo il nostro Velasco, che era sempre rimasto con i primi e al quale l’incidente impedirà di giocarsi la possibilità di vincere la tappa. I corridori, sotto la pioggia battente, continuano a rimescolarsi. A fine discesa, quando mancano circa 16 chilometri dall’arrivo, l’australiano Kaden Groves (Alpecin – Deceuninck), forte velocista con molte vittorie di tappa nei grandi giri, si improvvisa passista e stacca i compagni di fuga tentando l’azione solitaria con estrema decisione. Quando alle sue spalle i fuggitivi si ricompattano i chilometri che mancano sono meno di dieci e Groves ha ormai un minuto di vantaggio, mentre il gruppo segue ad oltre 5 minuti, col decimo posto di O’Connor che appare sempre più in pericolo. Il giovane passista olandese Frank van den Broek (Team Picnic PostNL) mostra di avere più energie dei suoi compagni di fuga e tenta a sua volta l’azione solitaria all’inseguimento di Groves, sia pure senza esito. È così che, mentre la pioggia smette infine di cadere, Kaden Groves va a vincere in solitaria sul traguardo di Pontarlier. Lo segue Van den Broek a 54 secondi mentre terzo, a quasi un minuto, si piazza l’altro passista olandese Pascal Eenkhoorn (Soudal Quick-Step). Velasco si “consola” regolando allo sprint i restanti fuggitivi, fra i quali vi sono Jegat, Wellens e Jorgenson. Trentin e Costiou, che facevano parte del gruppo dei fuggitivi, arrivano staccati ma sempre molto prima del gruppo, che transita dopo 7 minuti abbondanti, oltretutto spezzato in più tronconi a causa di un’incredibile caduta, per fortuna senza conseguenze, che avviene a soli 400 metri dalla linea d’arrivo. O’Connor, oggi stranamente rinunciatario, perde quindi il decimo posto in classifica generale, mentre Milan e Pogacar vincono matematicamente la classifica a punti e quella degli scalatori. Domani passerella finale a Parigi, anche se in molti si aspettano qualche sorpresa dall’impegnativo circuito conclusivo nella zona di Montmartre.

Andrea Carta

Groves vince in solitaria a Pontarlier (foto Dario Belingheri/Getty Images)

Groves vince in solitaria a Pontarlier (foto Dario Belingheri/Getty Images)

FIUTO INFALLIBILE PER ARENSMAN, LIPOWITZ AGGUANTA PODIO E MAGLIA BIANCA

luglio 25, 2025 by Redazione  
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Thymen Arensman, nel momento chiave, intuisce che il controllo tra i big avrebbe potuto lasciargli qualche possibilità di vittoria e va a tutta fino al traguardo. Lipowitz, appena Onley perde qualche metro, accelera e rimpingua il vantaggio in generale che ieri si era pericolosamente assottigliato. Vingegaard corre come secondo e lancia la volata sul traguardo, precedendo Pogacar che ha provato due brevi sgasate senza pretese.

Ieri, la tappa è stata durissima per tutti e anche gli uomini di classifica ne sono usciti molto provati. Oggi, la frazione era meno dura e il taglio della prime due salite l’ha resa ancora meno insidiosa, anche se le scorie di una corsa molto dispendiosa ieri, le settimane precedenti e il maltempo hanno consigliato prudenza e hanno spinto i primi due i generale a controllarsi come sull’ultima salita di ieri. Thymen Arensman (INEOS Grenadiers), a questo punto, sentendosi bene ha provato la scommessa ed è andato a tutta. Ha avuto ragione perché dietro c’è stato effettivamente controllo, obiettivamente Tadej Pogacar (UAE Team Emirates – XRG) e Jonas Vingegaard (Team Visma | Lease a Bike) probabilmente non avevano moltissime energien a disposizione per darsi battaglia. L’unico vero rischio per l’olandese è stato il forcing imposto da Florian Lipowitz (Red Bull – BORA – hansgrohe) appena Oscar Onley (Team Picnic PostNL), suo diretto rivale per la conquista del terzo posto finale, ha cominciato a mostrare segnali di cedimento. Ieri Lipowitz aveva accarezzato il sogno della vittoria di tappa ma non era riuscito ad agganciare Ben O’Connor (Team Jayco AlUla) ed Einer Rubio (Movistar Team) in testa alla corsa ed era andato in crisi, mentre Onley, che si era gestito molto bene, si era portato soli 23 secondi di distacco. Oggi, quando davanti sono rimasti i primi quattro della classifica, al tedesco non è sembrato vero di vedere Onley in difficoltà e, a quel punto, ha trovato le più nascoste energie per distanziare il più possibile il rivale ventiduenne.
Lipowitz ha fatto tutto senza l’aiuto di Primoz Roglic, oggi è andato in fuga con l’idea di vincere la tappa e che si è intestardito nell’azione anche quando ha visto che il gruppo non aveva nessuna intenzione di lasciare il via libera; successivamente lo sloveno è naufragato sull’ultima salita, anche perché ha obiettivamente tirato i remi in barca e ha pensato solo ad portare la bici al traguardo.
Dopo le vicende di ieri e le mille polemiche sulla tattica della Jumbo, Vingegaard, a dispetto delle dichiarazioni bellicose, si è limitato a stare tutta la tappa a ruota della maglia gialla, salvo poi lanciare una volata nel finale, tentativo al quale la maglia gialla ha risposto senza provare a forzare.
Le energie sono in effetti al lumicino per tutti e pare che il segnale della fine delle ostilità sia stato dato ieri in fondo alla discesa del Col de la Madeleine.
La cronaca della tappa di oggi inizia con il taglio delle prime due salite, la Cote d’Hery-sur-ugine e il Col de Saisiers, a causa di una epidemia di dermatite bovina che le autorità hanno deciso di affrontare con abbattimenti indiscriminati di capi di bestiame contestati dagli allevatori, che chiedevano abbattimenti selettivi e minacciavano per questo dimostrazioni potenzialmente in grado di bloccare la corsa.
La frazione, già di per sé breve, è stata ulteriormente ridotta ad un chilometraggio inferiore ai 100 Km, con il durissimo Col du Pré in apertura e il Cormet de Roselend che prevedeva una discesa molto tecnica nella prima parte e, dopo un tratto di falsopiano, la salita finale molto lunga ma con pendenze regolari adatta ai passisti scalatori più che ai grimpeur di razza (basti pensare che il record di scalata appartiene ad un corridore di 80 chili come Miguel Indurain).
Le prime fasi di gara sono controllate dalla Lidl Trek sino a che Jonathan Milan non incamera il traguardo volante per mettere sempre più al sicuro la maglia verde.
Da quel punto cominciano gli scatti e, dopo vari tentativi, si forma un gruppo con diversi corridori importanti come Roglic, Arensman, Valentin Paret-Peintre (Soudal Quick-Step), Lenny Martinez (Bahrain – Victorious) e due compagni di squadra di Vingegaard, Sepp Kuss e Victor Campenaerts, cosa che fa pensare che il danese non si sia ancora dato per vinto.
L’attacco, però, non ha vita breve, poichè non c’è accordo e molti, pur essendo usciti alla scoperto, non ne hanno. Sono Roglic e Martinez ad andarsene, venendo poi raggiunti lungo la salita anche da Paret-Peintre, ringalluzzito dalla vittoria sul Ventoux.
Il tentativo non decolla né quando in testa ci sono gli UAE, né tantomeno quando vanno a tirare gli Uno-X, accortisi delle difficoltà di Kévin Vauquelin (Arkéa – B&B Hotels), che infatti viene staccato e perderà posizioni in classifica.
Nella discesa tecnica del Cormet del Roselend Roglic lascia la compagnia degli altri due attaccanti e se ne va da solo, nonostante fosse evidente che il gruppo non avesse nessuna intenzione di lasciar perdere. Nel tratto pianeggiante Roglic viene inesorabilmente ripreso e sulla salita verso la Plagne mollerà del tutto perdendo 12 minuti. Inizialmente è Felix Gall (Decathlon AG2R La Mondiale Team) a metterci del suo, sentendo l’odore del sangue di Roglic in crisi, e manda i suoi uomini ad alzare il ritmo ma, quando capisce che il portacolori della Bora non ha intenzione di dar battaglia per mantenere la posizione, si quieta e, a quel punto, Arensman prova un primo attacco, rintuzzato da Pogacar e Vingegaard. Su una salita del genere, staccare un avversario in forma è molto difficile perché dietro si risparmia molto. Pogacar rallenta perché Vingagaard non ha intenzione di dare cambi e così Arensman, che era stato staccato dai primi due della generale, riesce a rientrare e capisce che il tatticismo tra i due potrebbe andare a suo favore. L’olandese riparte così a tutta riuscendo a guadagnare sino a trenta secondi, mentre dietro il gruppetto dei migliori, ridotto a poche unità, si ricompatta. Un’accelerazione di Pogacar a riduce il gruppo maglia gialla ai primi quattro delle classifica. Ai 3 Km dall’arrivo appare evidente che Onley non ne ha, perché altrimenti avrebbe provato ad attaccare Lipowitz e, infatti, inizia a mostrare segni di cedimento. La cosa non sembra vera al tedesco che raccoglie tutte le energie, comunica qualcosa alla radio e si mette in testa riducendo il vantaggio di Arensman. Incredibilmente i primi due delle generale non provano uno scatto che avrebbe regalato a uno dei due la vittoria di tappa. E’ il danese che prova la volata a 200 metri dall’arrivo con la maglia gialla che resta attaccata e non sembra avere particolare interesse a passare. Arensman vince così con 2 secondi di margine sul danese e, dopo il tappone pirenaico, conquista anche una tappa alpina.
Il Tour è ormai chiuso ma queste ultime due tappe hanno messo a dura prova i corridori, ieri sono arrivati tutti da soli ed anche oggi, scorrendo l’ordine di arrivo, appare chiaro come la corsa non sia andata molto diversamente. La spia della riserva è accesa per tutti, si è trattato di un Tour molto duro e le prime due settimane sono state corse senza risparmio. Inoltre oggi, forse, anche le avverse condizioni meteo hanno giocato un ruolo determinante sull’esito della corsa.
Domani è prevista una tappa adatta alla fughe prima dell’atto finale sui Campi Elisi dopo la tripla ascesa a Montmartre che potrebbe ispirare un finisseur ed evitare il tradizionale epilogo allo sprint.

Benedetto Ciccarone

Dopo il tappone pirenaicio di Luchon-Superbagnères Thymen Arensman vince anche sulle Alpi a La Plagne (Getty Images)

Dopo il tappone pirenaicio di Luchon-Superbagnères Thymen Arensman vince anche sulle Alpi a La Plagne (Getty Images)

LA TAPPA REGINA E’ DI BEN O’CONNOR, POGACAR GUADAGNA ANCORA

luglio 24, 2025 by Redazione  
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L’australiano della Jayco – Alula centra la fuga perfetta e va a vincere sul Col de la Loze la frazione n.18 della Grande Boucle 2025. Secondo posto per Tadej Pogacar (UAE Team Emirates – XRG), che guadagna ulteriore tempo nei confronti di Jonas Vingegaard (Visma|Lease a Bike) in classifica generale. Domani c’è la terza ed ultima tappa alpina, da Albertville a La Plagne.

Come al Giro d’Italia, quando Chris Harper trionfò al Sestriere, la Jayco – Alula si prende anche la tappa regina del Tour de France (Vif – Courchevel/Col de la Loze, 171.5 km), tagliando al primo posto il traguardo posto ai 2304 metri della vetta più alta di questa edizione grazie all’exploit di Ben O’Connor, capitano della squadra australiana.
Ci sono da scalare tre GPM Hors Categorie oggi per un totale di 5450 metri di dislivello: il Col du Glandon (1924 m), il Col de la Madeleine (2000 m) ed il Col de la Loze, per la prima volta scalato da Courchevel, versante di 26 km ma meno duro di quello di Meribel, dove si trovano rampe anche al 20%.
Dopo il traguardo volante vinto da Jonathan Milan, sempre più in maglia verde, la corsa si scatena sul Glandon, dove partono in 15 e tra questi ci sono anche Primoz Roglic (Red Bull – Bora – Hansgrohe) e Felix Gall (Decathlon – AG2R La Mondiale). Lo sloveno con il passare del tempo arriva a diventare terzo in classifica generale virtuale scalzando il compagno di squadra Florian Lipowitz. Sul Glandon passa in testa la maglia a pois Lenny Martinez (Bahrain – Victorious), che verrà poi raggiunto in discesa verso La Chambre. Sulla Madeleine c’è vera bagarre, con Jonas Vingegaard (Team Visma | Lease a Bike) che sferra il suo primo attacco ai -71 dall’arrivo e raggiunge i battistrada, tra i quali c’è Matteo Jorgenson, gregario di lusso per il danese. I giallo-neri della Visma si lanciano nella lunga discesa ma nel tratto di fondovalle sono O’Connor, Einer Rubio (Movistar Team) e lo stesso Jorgenson ad attaccare. Sulle prime rampe verso Courchevel si staccano prima l’americano e poi il colombiani, con O’Connor che continua la sua azione solitaria, mentre alle sue spalle i big rimangono guardinghi. L’australiano si porta dunque a casa la sua seconda tappa in carriera al Tour (vinse a Tignes nel 2021 davanti ai nostri Mattia Cattaneo e Sonny Colbrelli).
Per il secondo posto Tadej Pogacar (UAE Team Emirates – XRG) attacca e scavalca Rubio a poche centinaia di metri dall’arrivo, cosa che faranno poco dopo anche Vingegaard e Oscar Onley (Team Picnic PostNL). In classifica ora il fuoriclasse sloveno ha un vantaggio di 4′26” sul rivale danese e ben 11′01 su Florian Lipowitz (Red Bull – BORA – hansgrohe). Domani c’è l’ultimo tappone alpino, da Albertville a La Plagne: sono solo 129 km ma con le salite della Côte ‘Héry-sur-Ugine (2° cat.), del Col des Saisies (1° cat.), del Col du Pré (HC), del Cormet de Roselend (2° cat.) e quela salita finale di 21 chilometri che porterà fino a 2063 metri sul livello del mare. Qui, irragiungibili i primi due della classifica, si deciderà chi salirà sul terzo gradino del podio.

Andrea Giorgini

Ben OConnor si impone ai quasi 2300 metri del Col de la Loze (foto Dario Belingheri/Getty Images)

Ben O'Connor si impone ai quasi 2300 metri del Col de la Loze (foto Dario Belingheri/Getty Images)

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