ROGLIČ RUGGISCE SULL’ALTO DE MONCALVILLO. CARAPAZ CONSERVA LA MAGLIA ROSSA

ottobre 28, 2020 by Redazione  
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Sull’Alto de Moncalvillo una lotta serrata tra i big di classifica consegna la vittoria ad un coriaceo Primož Roglič (Team Jumbo Visma) che si rifà dopo aver perso la maglia rossa a Formigal. Rochard Carapaz (Team INEOS Grenadiers) è secondo e conserva la maglia rossa per soli 13 secondi rispetto allo sloveno

Alla Vuelta è arrivato il momento di una delle tappe più attese delle seconda settimana. Sono 164 i km che i ciclisti dovranno percorrere da Logrono all’Alto de Moncalvillo. Il Puerto de la Rasa farà da antipasto alla salita finale, quasi 10 km con pendenza media dell’8.5%. In particolare il tratto centrale, tra il quarto e l’ottavo km, ha pendenze costantemente superiori al 10%. Molte attese ricadono sul duello tra l’attuale maglia rossa Richard Carapaz (Team INEOS Grenadiers) e Primož Roglič (Team Jumbo Visma), separati per adesso da 30 secondi in classifica generale. Ma anche Hugh Carthy (Team EF Education First) e Daniel Martin (Team Israel StartUp Nation), rispettivamente secondo e terzo della generale, sono chiamati a dire la loro in una Vuelta finora ancora incerta. Da Logrono non partiva Tom Dumoulin (Team Jumbo Visma) che così poneva anticipatamente fine ad una stagione che lo ha visto protagonista come gregario. Dopo una ventina di km dalla partenza si formava un primo tentativo di fuga che comprendeva Robert Stannard (Team Mitchelton-Scott), Stan Dewulf e Tosh van der Sande (Team Lotto Soudal), Benjamin Dyball (Team NTT Pro Cycling) ed Angel Madrazo (Team Burgos-BH), Rui Costa, Jasper Philipsen (UAE Team Emirates) e Rémi Cavagna (Team Deceuninck-Quick Step). Dopo pochi km Philipsen e Van Der Sande venivano ripresi dal gruppo ma contemporaneamente alla fuga si univa Julien Simon (Team Total Direct Energie). Il gruppo inizialmente lasciava fare e nei successivi 30 km la fuga accumulava un vantaggio superiore ai 5 minuti. Nell’avvicinamento al Puerto de la Rasa, primo GPM in programma, il gruppo maglia rossa recuperava qualcosa. All’inizio della salita il vantaggio della fuga era sceso a 4 minuti. Cavagna transitava in prima posizione sul GPM del Puerto de la Rasa. Nel tratto di avvicinamento verso l’Alto de Moncalvillo era il Team Movistar a imprimere l’accelerazione decisiva che annullava la fuga, da cui il primo a staccarsi era stato Madrazo. Il gruppo riprendeva Dewulf e Dyball, gli ultimi due componenti della fuga, sulle prime rampe dell’Alto de Moncalvillo. Era sempre la Movistar ad imporre un ritmo elevato. Valverde era il primo a scattare ed a sfaldare il gruppo maglia rossa. Il colpo decisivo lo dava però Michael Woods (Team EF Education First) che lavorava per Hugh Carthy. Proprio quest’ultimo partiva a 3 km e mezzo dall’arrivo. Alla sua ruota si piazzava Sepp Kuss (Team Jumbo Visma). Ai meno 3 partiva Richard Carapaz. Si formava un gruppetto in testa con Carapaz, Roglic, Carthy, Daniel Martin (Team Israel StartUp Nation) ed Aleksandr Vlasov (Team Astana). Il russo scattava a poco più di un km dall’arrivo e questa volta era Roglič a riprenderlo immediatamente. Lo sloveno continuava nell’azione ed andava ad imporsi a braccia alzate sul traguardo. Secondo era Carapaz a 13 secondi mentre al terzo posto si classificava Martin a 19 secondi. Roglič si rifà così dopo il passo falso di Formigal che gli aveva fatto perdere la maglia rossa per colpa di una mantellina galeotta, per così dire. In classifica generale Carapaz ha ora solo 13 secondi di vantaggio sullo sloveno, mentre Martin è terzo a 28 secondi di ritardo. Domani con la nona tappa da Castrillo del Var ad Aguilar del Campoo i velocisti tornano di scena visto che non esistono insidie altimetriche lungo il percorso. Sam Bennett (Team Deceuninck Quick Step) va per il bis mentre i big di classifica possono trascorrere un giorno di relativo riposo.

Giuseppe Scarfone

La vittoria di Roglič sull'Alto de Moncalvillo (foto Getty Images Sport)

La vittoria di Roglič sull'Alto de Moncalvillo (foto Getty Images Sport)

LA ETAPA DEL DÍA: LOGROÑO – ALTO DE MONCALVILLO

ottobre 28, 2020 by Redazione  
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È il primo arrivo in salita “serio” dopo quelli pedalabili affrontati verso la Laguna Negra de Vinuesa e Formigal, che già hanno comunque provocato una certa selezione. Ci sarà sicuramente spazio per altri distacchi importanti

Terzo arrivo in salita per la Vuelta 2020 e stavolta non si tratterà di un’ascesa della pendenze pedalabili, come era stato nel caso della Laguna Negra de Vinuesa e del Formigal. In entrambi le occasioni si è verificato un certo e inatteso scompiglio in classifica e, a guardare le inclinazioni che si incontreranno negli ultimi 11 Km, anche il Moncalvillo promette scintille, che potrebbe essere ben più “ustionanti”. Una pendenza media del 7.6% può apparire come non eccezionale, ma bisogna considerare che nel tratto iniziale la salita non “morde” e si fa veramente impegnativa una volta superato il quarto chilometro, quando al traguardo mancheranno circa 7 Km e si dovranno ancora superare 700 metri di dislivello, numeri che “coniugati” fanno salire la pendenza media al 9.5%.

METEO

Logroño : cielo coperto, 16.6°C, vento debole da W (5-9 Km/h), umidità al 67%
Najera (34.5 Km): cielo coperto, 15.8°C (percepiti 14°C), vento moderato da WSW (10 Km/h), umidità al 77%
Villamediana de Iregua (71 Km): cielo coperto, 17.8°C, vento debole da W (7-10 Km/h), umidità al 63%
Almarza de Cameros (117.8) : cielo coperto, 13.6°C (percepiti 12°C), vento debole da W (10-13 Km/h), umidità al 70%
Alto de Moncalvillo: previsioni non disponibili

GLI ORARI DELLA VUELTA

Segnaliamo che la corsa non sarà seguita dalla RAI

13.03: partenza da Logroño
14.40: inizio diretta su Eurosport 1 (a circa 65 Km dalla partenza)
15.30-15.50: traguardo volante di Jalón de Cameros
15.50-16.10: scollinamento Puerto de la Rasa
16.50-17.15: inizio salita finale
17.05-17.30: arrivo sul Moncalvillo

UN PO’ DI STORIA

L’ascesa alla Sierra del Moncalvillo, appartenente alla catena del Sistema Iberico e situata nella comunità autonoma della Rioja, è una delle novità proposte dalla Vuelta 2020. Il luogo dove si concluderà la tappa, poco distante dalla principale vetta della sierra (Monte Serradero, 1495 metri), si trova ad una cinquantina di chilometri da Logroño, che non è soltanto il centro dal quale scatterà questa frazione ma anche il capoluogo della Rioja: grazie a questo “ruolo” vi sono già concluse 18 frazioni della Vuelta, tappe che in due occasioni hanno visto trionfare corridori italiani, il bresciano Ernesto Bono nel 1962 e il veneto Ncola Minali nel 1995, che l’anno successivo ha fatto sua anche una tappa che scattava da questo centro per concludersi a Sabiñánigo, dove si è giunti sabato scorso. Più vicina alla vetta del Serradero è la cittadina di Nájera, conosciuta per le cicogne che hanno scelto i camini delle abitazioni del centro storico per porvi i propri nidi: la Vuelta qui si è “annidata” una sola volta, nel 1990, quando ad imporsi fu il tedesco Bernd Gröne

Vista panoramica della cima del Monte Serradero e, in trasparenza, laltimetria dellottava tappa (www.windy.com)

Vista panoramica della cima del Monte Serradero e, in trasparenza, l'altimetria dell'ottava tappa (www.windy.com)

27-10-2020

ottobre 27, 2020 by Redazione  
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VUELTA A ESPAÑA

Il canadese Michael Woods (EF Pro Cycling) si è imposto nella settima tappa, Vitoria-Gasteiz › Villanueva de Valdegovia, percorrendo 159.7 Km in 3h48′16″ alla media di 41.98 Km/h. Ha preceduto di 4″ gli spagnoli Omar Fraile Matarranz (Astana Pro Team) e Alejandro Valverde Belmonte (Movistar Team). Miglior italiano Davide Formolo (UAE-Team Emirates), 10° a 13″. L’ecuadoregno Richard António Carapaz Montenegro (INEOS Grenadiers) è ancora in maglia rossa con 18″ sul britannico Hugh Carthy (EF Pro Cycling) e 20″ sull”irlandese Daniel Martin (Israel Start-Up Nation). Miglior italiano Mattia Cattaneo (Deceuninck – Quick Step), 15° a 3′46″

VUELTA A GUATEMALA

Il guatemalteco Juan Mardoqueo Vásquez (Hino-One-La Red) si è imposto nella quinta tappa, Suchitepéquez – Cerro El Baúl, percorrendo 106 Km in 3h29′59″ alla media di 30.29 Km/h. Ha preceduto di 3′05″ il connazionale Francisco Osweli González Sacalxot (Decorabanos) e di 3′06″ l’ecuadoregno Byron Patricio Guamá De La Cruz(Best PC Ecuador). Nessun italiano in gara. Vásquez è il nuovo leader della classifica con 4′08″ sul colombiano Santiago Ordoñez (Canel’s Pro Cycling) e 5′59″ sul guatemalteco Edgar Geovany Torres Yuman (Hino-One-La Red)

A VALDEGOVIA WOODS CORONA LA FUGA DI GIORNATA. CARAPAZ RESTA IN MAGLIA ROSSA

ottobre 27, 2020 by Redazione  
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A Villanueva de Valdegovia è ancora la fuga a dire la sua. Michael Woods (Team EF Education First) prima scatta sulla salita finale, poi si fa riprendere dal primo gruppo inseguitore formato da quattro ciclisti e infine sferra l’attacco vincente a poco più di 1 km dall’arrivo. Richard Carapaz (Team INEOS Grenadiers) resta in maglia rossa.

Dopo il primo giorno di riposo la Vuelta 2020 riparte da Vitoria Gasteiz con la settima tappa dal percorso non durissimo ma comunque intrigante. La doppia scalata del Puerto de Orduña, posto al km 67.3 ed al km 140.9, può nel primo caso dare il la per la fuga di giornata ma nel secondo caso offrire agli uomini di classifica l’opportunità per interessanti attacchi, visto che dopo il secondo scollinamento mancheranno 20 km all’arrivo, la maggior parte dei quali in discesa. Ecco quindi che la probabile fuga riuscirà ad arrivare all’arrivo soltanto se nel finale avrà un vantaggio sufficiente ad evitare il ritorno del gruppo maglia rossa. Dopo il mezzo flop dell’altro ieri che gli ha fatto perdere la leadership in classifica generale, pare per colpa di problemi ad indossare una mantellina, vedremo se e come Primož Roglič (Team Jumbo Visma) saprà rimettersi in carreggiata, anche se l’arrivo all’Alto de Moncalvillo di mercoledì sembra più adatto ad attacchi più ragionati. In tutto ciò Richard Carapaz (Team INEOS Grenadiers), attuale maglia rossa, è diventato un serio pretendente alla vittoria finale e vedremo in che modo riuscirà a difendersi dagli attacchi. Come previsto, dopo la partenza da Vitoria erano molti i tentativi per portare via la fuga giusta. Tra i primi attacchi degni di nota vi era quello portato da Remy Cavagna (Team Deceuninck Quick Step), Juan Pedro Lopez (Team Trek-Segafredo), Tosh Van der Sande (Team Lotto Soudal), Jonathan Hivert (Team Total Direct Energie) ed Hector Saez (Team Caja Rural-Seguros RGA) intorno al km 20. Ma il gruppo reagiva e riprendeva i fuggitivi. Le cose si facevano un po’ più interessanti sulla prima ascesa verso il Puerto de Orduña, quando tra gli attaccanti si segnalava la presenza di Alejandro Valverde (Team Movistar). Una mossa insolita da parte del campione spagnolo, che a 3 minuti di ritardo in classifica generale dalla maglia rossa Richard Carapaz Team INEOS Grenadiers), provava a movimentare la corsa. Valverde portava con sé una quindicina di ciclisti che però venivano tenuti sotto controllo dal gruppo. Era naturalmente l’INEOS a condurre l’inseguimento. Era Sepp Kuss (Team Jumbo Visma) a transitare per primo sula GPM. Un nuovo gruppo di contrattaccanti, tra cui Tim Wellens (Team Lotto Soudal), riusciva a raggiungere il gruppo Valverde in testa alla corsa nel successivo tratto pianeggiante prima della seconda salita in programma. In testa alla corsa così si segnalava un maxi gruppo di 36 ciclisti. Oltre al già citato Valverde, i più pericolosi per Carapaz erano George Bennett (Team Jumbo Visma) e Mikel Nieve (Team Mitchelton Scott), ripettivamente a 3 minuti e 22 secondi di ritardo e 4 minuti e 11 secondi di ritardo dall’ecuadorano. Dorian Godon (Team AG2R La Mondiale) si aggiudicava il traguardo intermedio di Izarra posto al km 117,3). Lo stesso francese era il più attivo e iniziava in testa la seconda ascesa del Puerto de Orduña con una ventina di secondi vantaggio sui diretti inseguitori. Il francese veniva ripreso dal primo gruppo inseguitore a 25 km dall’arrivo. Il gruppo maglia rossa aveva 1 minuto e 10 secondi di ritardo sulla testa della corsa. Era Michael Woods (Team EF Education First) a rompere gli indugi ed a scattare tutto solo a circa 3 km dallo scollinamento. Il canadese scollinava per primo con 10 secondi di vantaggi sul primo gruppo inseguitore composto da Valverde, Nans Peters (Team AG2R), Omar Fraile (Team Astana) e Guillaume Martin (Team Cofidis). Quest’ultimo era il nuovo leader virtuale della classifica GPM. Woods veniva raggiunto dai quattro al suo inseguimento a 17 km dall’arrivo. A 10 km dall’arrivo il quintetto in testa aveva una ventina di secondi di vantaggio sul primo gruppo inseguitore e 1 minuto e 30 secondi di vantaggio sul gruppo maglia rossa. La vittoria di tappa era ormai una questione fra questi cinque uomini. A 1 km e 200 metri dall’arrivo Woods sferrava l’attacco decisivo. Nessuno era in grado di raggiungerlo e così il canadese trionfava a braccia alzate sulla linea d’arrivo. A 4 secondi di ritardo Fraile si piazzava in seconda posizione mentre Valverde era terzo. Il gruppo maglia rossa arrivava al traguardo con un ritardo di 56 secondi. Woods ottiene la seconda vittoria stagionale dopo l’affermazione nella terza tappa della Tirreno Adriatico. In classifica generale Carapaz resta in maglia rossa con 18 secondi di vantaggio su Hugh Carthy (Team EF Education First) e 20 secondi di vantaggio du Daniel Martin (Team Israel StartUp Nation). Domani come accennato è in programma l’ottava tappa da Logrono all’Alto de Moncalvillo per un totale di 164 km. Il Puerto de la Rasa di seconda categoria, posto a metà percorso, farà da antipasto al ben più arcigno Alto de Moncalvillo, un hors categorie lungo quasi 10 km con il tratto centrale che ha una pendenza costantemente in doppia cifra.

Giuseppe Scarfone

La vittoria di Woods a Villanueva de Valdegovia (foto Getty Images Sport)

La vittoria di Woods a Villanueva de Valdegovia (foto Getty Images Sport)

LA ETAPA DEL DÍA: VITORIA-GASTEIZ – VILLANUEVA DE VALDEGOVIA

ottobre 27, 2020 by Redazione  
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Giornata doppiamente insidiosa alla Vuelta, che propone la doppia scalata al Puerto de Orduña subito dopo un giorno di riposo che diversi corridori soffrono più di altri perchè interviene ad interrompere il ritmo di gara

Chi, dopo il giorno di riposo – momento che diversi corridori mal digeriscono perchè interviene ad interrompere il ritmo di gara consolidatosi nella tappe precedenti – e dopo una prima settimana di corsa decisamente impegnativa, si aspettava una ripartenza facile rimarrà deluso, “piacevolmente” deluso se si è posseduti dallo spirito del marchese De Sade. La tappa con la quale la Vuelta si rimette in marcia, infatti, pur non essendo catalogabile come frazione d’alta montagna, propone il Puerto de Orduña, salita di quasi 8 Km al 7.6% che dovrà essere ripetuta due volte, la prima molto lontano dal traguardo – quando all’arrivo mancheranno poco meno di 100 Km – e la seconda molto più vicina al traguardo, distante una ventina di chilometri. Difficilmente dovrebbe esserci sorprese e azioni in salita degli uomini di classifica, anche se non va escluso un tentativo di Primož Roglič, se lo sloveno vorrà approfittare di questa prima occasione utile per recuperare il terreno inattesamente perduto domenica salendo verso Formigal. Più probabile l’arrivo della fuga, come successo sabato a Sabiñánigo con la vittoria di Tim Wellens

METEO

Vitoria-Gasteiz: cielo coperto, 10.1°C (percepiti 2°C), vento moderato da SW (25-36 Km/h), umidità al 73%
Orduña – 1° passaggio (57.6 Km): cielo coperto con possibilità di deboli e isolate precipitazioni, 13°C (percepiti 6°C), vento moderato da SSW (25-33 Km/h), umidità al 73%
Orduña – 2° passaggio (131.1 Km): cielo coperto con possibilità di deboli e isolate precipitazioni, 13°C (percepiti 6°C), vento moderato da SSW (24-33 Km/h), umidità al 76%
Villanueva de Valdegovia: previsioni non disponibili

GLI ORARI DELLA VUELTA

Segnaliamo che la corsa non sarà seguita dalla RAI

13.22: partenza da Vitoria-Gasteiz
14.40: inizio diretta su Eurosport 1 (a circa 50 Km dalla partenza)
14.55-15.05: primo scollinamento Puerto de Orduña
16.05-16.25: traguardo volante di Izarra
16.40-17.00: secondo scollinamento Puerto de Orduña
17.00-17.30: arrivo a Villanueva de Valdegovia

UN PO’ DI STORIA

La località d’arrivo è la princiale frazione di Valdegovia, comune basco che accoglierà per la prima volta la Vuelta dopo aver ospitato due anni fa l’arrivo di una tappa del Giro dei Paesi Baschi vinta dall’australiano Jay McCarthy, che precedette allo sprint il bielorusso Aleksandr Riabushenko e il polacco Michał Kwiatkowski. A circa 25 km di distanza si trova Miranda de Ebro, il centro più vicino a Valdegovia ad aver ospitato in passato conclusioni della Vuelta. Cinque sono le tappe qui terminate, in altrettante edizioni consecutive della corsa spagnola: si sono qui imposti nel 1973 il “cannibale” Eddy Merckx, nel 1974 lo spagnolo Augustin Tamames, nel 1975 l’olandese Hennie Kuiper, nel 1976 il belga Freddy Maertens e nel 1977 il belga Jean-Philippe Vandenbrande.

Vista panoramica su Valdegovia e, in trasparenza, laltimetria della settima tappa della Vuelta (wikipedia)

Vista panoramica su Valdegovia e, in trasparenza, l'altimetria della settima tappa della Vuelta (wikipedia)

26-10-2020

ottobre 26, 2020 by Redazione  
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VUELTA A ESPAÑA

Giorno di riposo

VUELTA A GUATEMALA

Il panamense Christofer Robín Jurado López (nazionale panamense) si è imposto nella quarta tappa, cronometro individuale Champerico – Retalhuleu, percorrendo 43 Km in 59′05″ alla media di 43.67 Km/h. Ha preceduto di 1′00″ il colombiano Santiago Ordoñez (Canel’s Pro Cycling) e di 1′11″ il guatemalteco Manuel Oseas Rodas Ochoa (Decorabanos). Nessun italiano in gara. Jurado López è il nuovo leader della classifica con 1′00″ su Ordoñez e 2′27″ sul guatemalteco Edgar Geovany Torres Yuman (Hino-One-La Red)

GIRO 2020: LE PAGELLE

ottobre 26, 2020 by Redazione  
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Da Tao Geoghegan Hart in giù ecco le pagelle dell’insolito Giro d’Italia autunnale terminato poche ore fa a Milano con la vittoria del corridore britannico

TAO GEOGHEGAN HART: Era partito come gregario per supportare Geraint Thomas, ma dopo l’addio del gallese per problemi fisici prende in mano la squadra, e che squadra, e vince meritatamente il Giro d’Italia 2020. Recupera il terreno perso sull’Etna, supportato da una Ineos Grenadiers in formato super con Ganna, Castrovejo e soprattutto un grande Dennis. Il venticinquenne britannico scala posizione su posizione, vincendo anche due tappe impegnative con classe e mestiere come quella di Piancavallo e Sestriere. Arriva alla crono finale con qualche decimo di secondo di ritardo da Hindley, ma già dai primi metri di strada è stato subito chiaro chi avrebbe vinto l’edizione numero 103 della Corsa Rosa. VOTO: 10

ARNAUD DÉMARE: In volata non c’è storia, è lui il velocista più forte del Giro d’Italia 2020. Quando si arriva in volata, lo sprinteur della Groupama-FDJ non ha rivali. Ha un treno formidabile e lo fa funzionare alla grande; le sue notevoli capacità gli permettono di vincere quattro tappe su quattro arrivi in volata. Meritatamente conquista anche la classifica a punti. VOTO: 9

FILIPPO GANNA: Il Giro d’Italia proponeva nel suo percorso tre cronometro, due sulla corta distanza e una di 34 km. Ganna le conquista tutte e tre di forza e prepotenza, un treno. Il corridore della Ineos non contento vince anche una splendida tappa in linea nella nebbia di Camigliatello Silano, condendo il tutto con un gran lavoro per Tao Geoghegan Hart. Qualcuno vede somiglianze con Cancellara? VOTO: 9

JAI HINDLEY: Sul Sestriere conquista per qualche decimo di secondo la Maglia Rosa, che proverà inutilmente a difendere con le unghie e con i denti nella crono finale di Milano. Qualche rimpianto per la condotta di gara da parte della Sunweb, ma per il buon Hindley un secondo posto che fa ben sperare e lo proietta nel futuro delle corse a tappe. VOTO: 8,5

JOÃO ALMEIDA: Una delle più belle sorprese di questo Giro d’Italia 2020. Il ventiduenne portoghese conquista la Maglia Rosa nella terza tappa, sull’Etna, e la difende per ben 15 giorni, fino a quando lo Stelvio ridisegna la classifica generale. Bene a cronometro, bene in montagna dove va vicino più volte a vincere la tappa. Chiude quarto in classifica generale, risultato notevole se si pensa che il corridore della Deceuninck-Quick Step era alla sua partecipazione in una corsa a tappe di tre settimane. Un talento cristallino contraddistinto anche da una buon carattere e dall’autorità con la quale guida i compagni di squadra. In futuro vedremo scintille nei duelli tra lui, Hindley e Geoghegan Hart. VOTO: 8,5

FAUSTO MASNADA: Il bergamasco della Deceuninck-Quick Step corre un Giro d’Italia strepitoso. Lavora e spiana la strada al capitano Almeida, si sacrifica e riesce nello stesso tempo a terminare nono nella classifica generale. Il futuro ciclistico italiano delle corse tappe. VOTO: 8

DIEGO ULISSI: Parli di Ulissi e pensi alle tappe vinte al Giro, eppure non ne vinceva una dall’edizione del 2016, cosa strana per un corridore dalle sue caratteristiche. Quest’anno non si fa sfuggire l’occasione vincendo due frazioni bellissime, ad Agrigento e a Monselice . VOTO: 7,5

ROHAN DENNIS: L’australiano della Ineos Grenadiers si ritrova dopo un’annata no. Nella crono di Valdobbiadene viene battuto solo dal compagno di squadra Ganna. Nell’ultima settimana si immola con un lavoro unico e generoso per il capitano Geoghegan Hart spianando le montagne, soprattutto sul Sestriere dove il suo ritmo ha fatto male a tanti pretendenti per la maglia rosa, soprattutto a Kelderman. Gregario fondamentale. VOTO: 7,5

BEN SWIFT: Un velocista che finisce diciottesimo in classifica genrale è tutto dire. Piazzato in volata, si fa in quattro anche nelle altre tappe in supporto del capitano Geoghegan Hart. VOTO: 7

WILCO KELDERMAN: L’olandese si ritrova ad essere uno dei grandi favoriti per la maglia rosa dopo il ritiro di Thomas, Yates e Kruijswijk e le prestazioni non incoraggianti di Fuglsang e Nibali. Con le sue doti da cronoman e il buon passo in salita si ritrova maglia rosa dopo la tappa sullo Stelvio. Hindely gli scalpita in casa e la Sunweb non gestisce la corsa nei migliori dei modi. lasciando il via libera alla tattica dell’armata Ineos Grenadiers. Cede troppo presto sul Sestriere. Finirà sul gradino più basso del podio a Milano. VOTO: 7

BEN O’CONNOR: Il venticinquenne della NTT Pro Cycling corre un ottimo Giro d’Italia. Conclude alla grande una terza settimana dove vince a Madonna di Campiglio e si rende pericoloso nelle altre tappe montane. VOTO: 7

JACOPO GUARNIERI: Nei successi di Démare c’è molto di Guarnieri. Il corridore lombardo svolge un lavoro encomiabile nelle volate pilotando il francese con agilità e sveltezza allo sprint finale. Ad oggi, il miglior ”pesce pilota” che ci sia. VOTO: 7

PELLO BILBAO: Quinto in classifica generale, nonostante provenisse da un Toru de France fatto a mille per capitan Landa. Lo spagnolo ha un buon rendimento nelle tre settimane, ha una regolarità di performance che gli consente tranquillamente di far classifica. Purtroppo per vincere questo non basta, serve di più, e al momento quella cattiveria e quell’estro del fuoriclasse al buon Pello manca. Per il podio, in futuro, gli servirà quel coraggio di rischiare in più. VOTO: 7

PETER SAGAN: Il fenomeno slovacco mancava da tanto tempo al Giro d’Italia. Cerca la vittoria di tappa in più occasioni, arrivando secondo per ben quattro volte, finchè a Tortoreto non riesce nel gran numero. Non riesce a portarsi a casa la maglia ciclamino a causa di un agguerrito Démare. VOTO: 7

RUBEN GUERRIERO: Il portoghese è il vincitore della classifica scalatori del Giro d’Italia 2020. Vittoria di tappa a Roccaraso e poi sempre in fuga per consolidare la sua maglia blu. Il ciclista della EF Pro Cycling onora al meglio la sua prima partecipazione alla Corsa Rosa. VOTO: 7

ALEX DOWSETT: Vince nella tappa di Vieste in una delle tante fughe di questo giro, consentendo alla Israel Start-Up Nation di vincere la loro prima tappa nella storia del Giro d’Italia. VOTO: 6,5

BRANDON MCNULTY: Lo statunitense ventiduenne della UAE-Team Emirates corre un ottimo Giro d’Italia che fa ben sperare per il futuro. Va bene a crono, terzo a Valdobbiadene, e si difende in montagna. Chiude quindicesimo nella classifica generale. VOTO: 6,5

HERMANN PERNSTEINER: A Madonna di Campiglio centra un bel secondo posto. Grazie alle fughe e ad una buona tenuta nella terza settimana riesce a entrare anche nella top ten generale. VOTO: 6,5

JAN TRATNIK: Lavora per il capitano Pello Bilbao e quando può va all’attacco, come a San Daniele del Friuli dove riesce ad aggiudicarsi una tappa importante. VOTO: 6,5

JHONATAN NARVÁEZ: In un Giro a firma Ineos Granadiers, anche l’ecuadoregno mette il sigillo nella fuga di Cesenatico. VOTO: 6,5

JONATHAN KLÉVER CAICEDO: Il ciclista ecuadoregno della EF Pro Cycling vince la prima tappa di montagna del Giro, quella con arrivo sull’Etna, partendo con la fuga di giornata. Riprova ad attaccare nelle fughe nelle tappe seguenti senza risultati. VOTO: 6,5

MATTEO FABBRO: Il friulano della Bora Hansgrohe è una piacevole conferma, lavora bene quando la strada inizia a salire, specie nelle prime due settimane. Un lavoro che sia Majka, sia Konrad hanno potuto ben apprezzare. VOTO: 6,5

PATRICK KONRAD: L’austriaco della Bora Hansgrohe, dopo il settimo posto del 2018, anche quest’anno prova e riesce a fare classifica centrendo un buon ottavo posto finale. Regolarista. VOTO: 6,5

ANDREA VENDRAME: Tanta generosità per il veneto. I risutati non arrivano, ma corre sempre all’attacco onorando la partecipazione a questo strano Giro d’Italia 2020. VOTO: 6

JAKOB FUGLSANG: Anche se in passato ha dimostrato di saper far classifica in un Grande Giro, anche se mai vicino a vincerlo, arrivava alla partenza della Corsa Rosa con buone aspettative, le quali aumentavano dopo gli addii di Yates, Thomas e Kruijswijk. I ritiri di López e Vlasov nelle prime due tappe lo eleggono a capitano unico in casa Astana, ma invece deve inchinarsi alle nuove leve del ciclismo mondiale. Chiuderà il suo Giro a Milano in sesta posizione. VOTO: 6

GIOVANNI VISCONTI: Il siciliano trentasettenne della Vini Zabù è un attaccante nato, vederlo in fuga per conquistare una tappa o la maglia azzurra è un piacere. Va vicino alla vittoria sull’Etna, la maglia azzurra la porta sulle spalle per due giornate. Abbandona il Giro per una tendinite dopo aver onorato la Corsa Rosa come sempre. VOTO: 6

JOSEF ČERNÝ: Nella tappa mozzata di Asti il ceco della CCC Team riesce a portare a casa la sua prima affermazione in una tappa di un Grande Giro. VOTO: 6

MATTIA BAIS: Il corridore dell’Androni vince la speciale classifica “Fuga Bianchi”. VOTO: 6

MARTIJN TUSVELD: L’olandese del Team Sunweb si rivela un ottimo gregario per la coppia Hindley-Kelderman. Partecipa alla sua prima corsa rosa e si dimostra gregario affidabile e solido. VOTO: 6

SIMON PELLAUD: Lo svizzero dell’Androni Giocattoli – Sidermec è il migliore del suo team e ottiene un quinto posto nella tappa di Cesenatico che però è ben lontano dal salvare il team di Savio da un Giro d’Italia insufficiente. Vince la classifica dei traguardi volanti. VOTO: 6

VINCENZO NIBALI: Trentasei primavere sono tante, anche per un Campionissimo come lui. La freschezza delle nuove leve del ciclismo mondiale corrono e fanno male, ci sta. Per il siciliano un settimo posto che gli rende onore ma non giustizia per una carriera strepitosa. A lui un grazie di cuore per aver retto il peso del ciclismo italiano nelle corse a tappe dell’ultimo decennio. VOTO: 6

DOMENICO POZZOVIVO: Il corridore lucano non riesce ad entrare nella top ten generale, tanta buona volontà ma con l’età che avanza deve dire addio definitivamente ai suoi sogni di centrare il podio al Giro d’Italia. VOTO: 5,5

FABIO FELLINE: Il terzo posto di Matera è poca cosa per un corridore del suo livello. VOTO: 5,5

FILIPPO FIORELLI: Il siciliano parte forte nelle prime due settimane del Giro, sempre in fuga in cerca di fortuna. Purtroppo per lui i risultati non sono stati incoraggianti. VOTO: 5,5

NATHAN HAAS: Ce lo aspettavamo nelle fughe, invece nulla. VOTO: 5,5

SERGIO SAMITIER: Il venticinquenne spagnolo si ritrova capitano del Team Movistar; è autore di una corsa generosa che non porta i risultati sperati, ma che gli servirà per farsi le ossa per il futuro. VOTO: 5,5

SIMON CLARKE: Cresce di condizione nella seconda settimana e prova a fare il colpaccio in più occasioni, ma la gamba non è quella degli anni migliori. VOTO: 5,5

THOMAS DE GENDT: Il belga è il più combattivo del Giro d’Italia, corre come sempre all’attacco, come sua natura, ma non riesce a portare a casa i risultati sperati. VOTO: 5,5

ÁLVARO HODEG: Male nelle volate, lontano dal salto di qualità atteso. VOTO: 5

DAVIDE VILLELLA: In una Movistar lanciata all’attacco il lombardo era uno dei più attesi; invece lo si vede poco, molto poco. VOTO: 5

GIOVANNI CARBONI: Un passo indietro rispetto lo scorso anno. Una condotta di gara anonima dove non riesce ad entrare nelle fughe vincenti e dove non riesce nemmeno a far classifica. VOTO: 5

ILNUR ZAKARIN: Il russo non prova a far classifica ma si lancia negli attacchi di giornata per tentar di conquistare qualche tappa: non ci andrà mai vicino. VOTO: 5

LOUIS MEINTIJES: Il sudafricano della NTT Pro Cycling è un lontano parente del corridore che faceva classifica al Tour de France. Corre senza ambizioni, senza meta. VOTO: 5

RAFAŁ MAJKA: Il polacco cede nella terza settimana dopo aver condotto una corsa anonima. Un brutto colpo per il corridore della Bora Hansgrohe. Proverà a rilanciarsi con la UAE-Team Emirates. VOTO: 5

ELIA VIVIANI: Vedere un campione com lui arrivare lontano dalla vittoria in volata è un colpo al cuore. Arriva quinto nella tappa di Villafranca e nelle successive non arriverà nemmeno allo sprint. VOTO: 4,5

ADAM HANSEN: Dopo la sceneggiata alla partenza da Morbegno nella diciannovesima tappa, per il trentanovenne corridore della Lotto Soudal è giunta l’ora della meritata pensione. Una figuraccia che il Giro d’Italia non meritava. VOTO: 3

Luigi Giglio

Il podio del Giro 2020 (Getty Images Sport)

Il podio del Giro 2020 (Getty Images Sport)

UN GIRO GRANDE, AL DI LÀ DI TUTTO: ENORME GANNA E BENTORNATO TAO

ottobre 26, 2020 by Redazione  
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La vera vittoria è arrivare a Milano. Il luogo comune diventa verità di fatto in un Giro strano, in cui la grandezza di un percorso straordinario porta per mano fino al gran finale interpreti in qualche modo incompiuti, almeno finora.

Il Giro è cominciato con una certezza: Filippo Ganna vince. E con una certezza è finito: vince Ganna Filippo. Il team Ineos, una volta mutilato dopo meno di tre tappe del suo blasonato capitano, il già vincitore del Tour 2018 Geraint Thomas, si scatena in un liberi tutti selvaggio che fa razzia di un terzo delle tappe totali, ben sette, per poi conquistare quasi a sorpresa (ma non troppo) anche la classifica generale dopo una sequela di opportunismi tattici ed esibizioni atletiche. Però la parte del leone la fa, letteralmente, il campione del mondo contro il tempo, perché quattro di quelle sette tappe le timbra lui, distruggendo la concorrenza in ogni singola cronometro disponibile, ma togliendosi pure lo sfizio di una lussuosa vittoria in linea a base di determinazione e dedizione, con una fuga fiume nel folto delle foreste silane. Oggi nel suo terreno privilegiato Ganna è stato semplicemente gigantesco: 2” al km rifilati al secondo classificato – l’attuale detentore del record dell’ora Campenaerts – in una 21ª tappa in cui, presuntamente, si appiattiscono le differenze. Clamoroso era stato anche il quasi 1” per km inflitto sui colli del Prosecco al secondo di giornata, vale a dire il suo predecessore nelle due precedenti edizioni dei mondiali a crono, Rohan Dennis, in questo caso su una prova di tre quarti d’ora nonché comprensiva di strappi e salitelle, cioè un terreno tecnico e ascendente rispetto al quale Dennis avrebbe dimostrato nelle tappe a seguire di essere, semplicemente, il più forte fra i quasi duecento atleti in gara.
È stato un vero piacere vedere Ganna sì disponibile ad assolvere i doveri di squadra ma al contempo, specie nell’interim precedente all’identificazione di Tao come nuovo capitano, libero di inventare con la fuga calabra o di spremersi a fondo contro le lancette, senza la zavorra nelle gambe di tutte quelle ore a far da mulo in testa al gruppo. C’è da sperare, dicendolo assai sottovoce, che questo andazzo continui e risparmi al buon Ganna le involuzioni patite da altri fenomeni di classe immensa ridotti a modesti vagoncini, come Boasson Hagen o Kwiatkowski e magari buon ultimo anche il nostro Moscon (al di là di quel che ci possa aver messo di suo).
Insomma, il team Ineos vince in un rovescio taoista, da yin e yang, della propria incarnazione pregressa in quanto team Sky. Invece che vestire di gran carriera la maglia per poi assopire la corsa blindandola in processioni interminabili, qui il vincitore finale non indossa la maglia rosa nemmeno per un giorno! E la vittoria in classifica generale, pur autenticamente di squadra perché servita su un piatto d’argento da un compagno, il fenomenale Dennis, arriva in un contesto nel quale gli squadroni ad alto rendimento collettivo sono parsi altri, almeno da un punto di vista squisitamente visuale: la Quickstep anzitutto, ma naturalmente anche la Sunweb (altro discorso è la gestione strategica del potenziale atletico) e perfino il team Bahrain. Poi va detto che, numeri alla mano, la classifica per squadre l’han vinta pure quella gli Ineos con una discreta mezzora proprio sulle altre tre formazioni testé citate. Ma la sensazione, ed è tutt’altro che scontato quando si parla del team inglese, è che tale eccellenza sia stata raggiunta con un’effettiva profusione di classe a tutto tondo, più che con picchi prestazionali inattesi rispetto al profilo degli atleti: resta negli occhi anche la bella prova di Narváez nella massacrante Nove Colli sotto la pioggia battente.
Più in generale, in questo Giro è stata la corsa a stimolare o certificare la grandezza dello spettacolo, più che l’iniziativa atletica dei campioni, e ancor più quando si guarda la classifica. Un vero gioiello il trionfo di Sagan nella tappa dei muri abruzzesi, fra l’altro impreziosito dalla prestazione parallela dello stesso Ganna nella fuga decisiva: il Sagan velocista o scattista appare appannato, annichilito da Ulissi sugli strappi duri ma perfino da Démare (è davvero l’Italia a far grande il transalpino) su pendenze più morbide come quelle di Matera, oltreché in volate pure. Ma grazie a un percorso splendido, e alle bizze complici di un meteo capriccioso, la qualità del purosangue ha lasciato il segno con una giornata di ciclismo indimenticabile.
È nella natura delle cose che non tutte le tappe vengano corse al fulmicotone, anche se magari per la legge del lustro qualcuno se lo sarebbe aspettato, a fare trittico col 2010 e il 2015. Tuttavia anche le tappe trappola un po’ sprecate, placidamente in pasto alla fuga, sono funzionali alla distribuzione collettiva delle risorse in termini di sponsor da soddisfare, e nella lotta fra i fuggitivi offrono spesso guizzi di grande intensità, anche se magari maggiormente apprezzabile in chiave tecnica più che da un pubblico generale avido solo di grandi nomi. Se Roccaraso, Vieste, Cesenatico o San Daniele del Friuli si sono avviate a quel copione, con in lizza presunti comprimari, Camigliatello, Tortoteto o Monselice hanno invece espresso notevoli vertici di qualità.
È il Giro nel suo complesso ad aver vinto, in questo 2020: aver potuto scalare lo Stelvio dal lato più nobile è un trionfo in sé, e lo Stelvio ha ripagato con immagini di corsa epiche, ben al di sopra della caratura, in senso stretto, di chi lo stava percorrendo. La beffa del veto francese al transito che ha sfigurato il più bel tracciato di tappa visto da molti anni in qua (Agnello e Izoard protagonisti) si è vista aggravata da uno dei problemi cronici della gestione Vegni, l’assenza di validi piani B: ma il Giro ha trionfato lo stesso, scatenando sul circuito vagamente scialpinistico del Sestriere una bagarre memorabile, addirittura conclusasi nel modo più inedito, con due ciclisti che sbarcano all’ultima tappa con il medesimo tempo.
In questo senso, ben si comprende come il virus covid – gestito con efficacia sostanzialmente pari a quella del Tour, nonostante condizioni sanitarie peggiori – non fosse nemmeno il nemico più minaccioso in sé, il che è tutto dire: i pericoli più tremendi per il Giro venivano da altre viralità, ben più incontrollabili, quelle delle reti sociali e delle buone vecchie dinamiche sociali senza rete. Il controsenso della burocrazia francese che nega il passaggio a una “bolla” quotidianamente controllata e il cui tasso di infettività era assai inferiore a quello delle zone che avrebbe solcato è solo un esempio.
Ma che dire di quei temerari comunicati per iscritto rivolti all’UCI che, da oltreoceano, ventilavano pretestuosamente o comunque senza fondamento alcuno la necessità di ridurre il Giro a due settimane, “essendone ormai compromessa la tenuta sanitaria”? Senza che l’ineffabile team manager Vaughters che li vergava ne avesse discusso con il suo personale sul campo ovviamente. E senza che, a posteriori, siano mai arrivate scuse per affermazioni che i fatti successivi spingerebbero quasi a qualificare come proditorie. Farsi pubblicità o perseguire la propria agenda interna non dovrebbere essere lecito a qualsiasi costo, tirando in ballo a sproposito questioni davvero delicate come la salute delle persone. Tanto più se poi, lanciandosi in scia, figure di spicco nel gruppo si lasciano trascinare allo sproloquio social assecondando voci incontrollate o fake news. Il Giro, per fortuna, è abbastanza sano e solido da reggere a questo tipo di comportamenti tossici.
Un mix di tradizione e modernità anche per il classico pasticcio pseudosindacale dei corridori, stavolta condito in salsa Telegram, fino a imporre a forza la decurtazione della terzultima tappa. Una maratona quasi da Sanremo con finale leggermente insidioso fra i colli astigiani è stata tradotta in giorno di riposo causa pioggia e fresco. Con le solite cattive abitudini delle coalizioni di ciclisti: si vota, ma c’è chi non può votare e non conta; si sa tutto da mesi ma si decide sulla linea del via; le ragioni addotte puzzano di favoritismi a certi atleti o squadre. Dei grandi classici, suvvia: almeno, in questo caso, sarà servito “omeopaticamente” a suscitare la veemente reazione di un pubblico che, di contro alle mode, pare aver maturato la consapevolezza del valore aggiunto che per il ciclismo rappresentano le lunghe distanze, nei GT anche in funzione dell’interrelazione degli sforzi al di là della tappa in sé. Anni e anni di riflessione fra gli appassionati paiono aver in qualche modo distillato alcune chiavi su cui scommettere per il futuro della disciplina: speriamo che queste consapevolezze relative alla natura dei tracciati prendano poco a poco piede, e non soccombano a impulsi videoludici da cicloergometro che rispondono ad altri interessi.
Chiudiamo con un paio di considerazioni finali sui quattro massimi protagonisti della lotta per la rosa (non ce ne voglia Kelderman che era stato così propositivo sull’Etna – e poi mai più).
Per cominciare, questo Giro l’ha vinto chiaramente Rohan Dennis. Non nel senso che Dennis sia una sorta di “vincitore morale”: in classifica è 35esimo a un paio d’ore di distacco, che sicuramente l’hanno aiutato a brillare quando era in testa alla gara. Ne si può dire che Dennis sia stato l’atleta più travolgente visto in corsa: come valori atletici assoluti Ganna ha segnato picchi più eclatanti, e come sensazioni in gara ha impressionato molto Almeida. Però Dennis “ha vinto il Giro” nel senso che ha fatto ciò che era necessario per vincerlo, eseguendo quella che probabilmente era l’unica combinazione di azioni che potesse mettere al compagno Tao in condizioni di trionfare. Ed eseguendola oltre la perfezione. La scalata di Piancavallo, spianata dai vari gregari Sunweb e culminata da Hindley, ha segnato forse picchi numerici superiori, ma lo Stelvio di Dennis è stato il corrispettivo di un record dell’ora (l’australiano ne è stato detentore). In salita. Il vero capolavoro, tuttavia, è stato il falsopiano precedente alla salita dei Laghi di Cancano, dove Dennis ha demolito Kelderman, fin lì ancora vincitore finale in pectore. Parimenti, Dennis ha sgretolato il gruppo dei migliori verso il Sestriere: ma il suo nuovo capolavoro tattico è stato continuare a rientrare, insistente come un incubo ricorrente, sulla coppia dei due contendenti rimasti al comando, Hindley e Tao, ogniqualvolta il ritmo scemava dopo la salva di scatti del giovane scalatore australiano. Prestazioni maiuscole da parte di un atleta dal talento innegabile, dal carattere quasi impossibile, nato in quel magico anno 1990 che però sta mettendo davanti a una crisi d’identità quasi tutti i suoi figli ciclistici: e lo stesso Dennis, prima e dopo il tormentoso cambio di team autunnale del 2019, stava accumulando più secondi posti, controprestazioni e plateaux evolutivi che altro. Non sappiamo se questo Giro sarà una svolta o l’ennesima impennata di un cavallo pazzo: quel che sappiamo di sicuro è che l’alta montagna ha regalato il terreno per esibizioni che resteranno indimenticabili.
È emblematico delle dinamiche di questo Giro che, in alta classifica, si vinca per meriti altrui, e non solo parlando della maglia rosa finale giunta per cortesia di Dennis: quando un ciclista della GC vince una tappa o avanza verso il primato, salta fuori che ha passato le fasi calde della tappa sempre a ruota. La prima tappa vinta da Tao? Sempre in scia della coppia Sunweb sul Piancavallo fino al più puro sprint da succhiaruote. E la seconda? Dietro a Dennis, o reagendo agli assalti di Hindley. Hindley che a propria volta va in maglia perché Dennis ha smontato Kelderman, e che due giorni prima aveva vinto la tappa dei Laghi di Cancano stando sempre a ruota, replicando fin nei minimi dettagli, ma a squadre invertite, il copione di Piancavallo. Proprio nella tappa dello Stelvio a vestirsi di rosa era stato Kelderman, ma pur col merito proprio di un finale in solitario, va detto che lo sforzo di infliggere il colpo del KO ad Almeida l’aveva realizzato Dennis.
Una girandola che ci parla di corridori in qualche modo incerti: i più completi a livello fisico non c’è dubbio che siano stati i primi due della GC finale. Ma a livello di iniziativa hanno espresso poco, com’è forse normale per chi ha passato i primi anni da professionista, pur con le stigmate del talento e della precocità, a navigare fra esperimenti di classifica poco riusciti o compiti di gregariato. Tanto Hindley quanto Geoghegan Hart cominciano questo Giro da gregari puri, senza ambiguità di ruolo alcuna, non dimentichiamolo. Ma non dimentichiamo nemmeno che nel 2016 seguivano dappresso Egan Bernal, quarto quell’anno nella classifica del Tour de l’Avenir, e si portavano a casa, una ciascuno, due gare cruciali del panorama giovanile italiano. Tao conquistava anche la tappa regina del Giro della Savoia davanti a un Enric Mas coetaneo (ora già capitano per la generale da alcuni anni, eppure il primo a vincere un GT è Tao). Altri nomi in quelle classifiche? Più su c’è Gaudu, che cresce bene ma con calma, e più sotto Guerreiro, O’Connor e Narváez, vincitori di tappa in questo Giro, il nostro Fabbro, poi talenti sbocciati definitivamente in questo Tour 2020 come Kamna, Peters, Dani Martínez, altri ancora vincitori di brevi corse a tappe come Sivakov o Schachmann; assieme a storie incredibili come quella di Adrien Costa o tragiche come quella di Bjorg Lambrecht. Insomma: il percorso dai 20 ai 25 anni nel ciclismo, specie se si passa presto pro, è incredibilmente imprevedibile e non sempre correlato con quanto si è intravisto prima o si vedrà dopo. Su Jai e Tao stava prendendo forma il dubbio che le strutture in cui stavano crescendo potessero farli crescere protetti o, viceversa, fagocitarli. Che cosa stia effettivamente accadendo, in realtà, lo scopriremo solo in stagioni venture: entrambi sono apparsi abbastanza al limite da non far gridare al miracolo, ma al contempo entrambi emergono in vetta legittimati da un percorso completo come pochi e di durezza degna delle migliori ere dello sport.
Chi ha impressionato davvero, e forse ancor più nella sconfitta, è il portoghese Almeida. Ancor più giovane dei rivali (fra i più giovani in assoluto, con un alto personaggio da seguire, McNulty) e dunque con un futuro ancor più misterioso, ha goduto fin da subito del supporto di uno squadrone (seppur col gregario più recalcitrante: Masnada sullo Stelvio!). Potente a cronometro, sulle salite più dure ha patito, ma ha anche sfoderato una grinta fenomenale, come già aveva fatto artigliando ogni scampolo di secondo residuo sprintando a destra e a manca. Se non si sperpera per eccesso di voglia e se non si brucia per eccesso di tenacia, questo Giro gli ha regalato un gran battesimo del fuoco.
Fra le note di cronaca, il tramonto più o meno sereno di Nibali e Fuglsang, certificato oggi da una prova a cronometro lontana dai tempi migliori, e il guizzo d’orgoglio dell’altro veterano Pozzovivo, cui una gran crono non basta ad artigliare una top ten che sarebbe stata giusto premio al recupero dal tremendo scontro con un’auto della scorsa stagione. Kelderman (n. 1991), battuto oggi da Almeida e avvicinato moltissimo da Tao, conferma con una prova discreta ma opaca i suoi limiti nella terza settimana, non solo in salita, e corrobora la sensazione di un talento che ne fa un ottimo comprimario ma nulla più, complici le relativamente frequenti cadute con fratture negli ultimi tre anni. Pello Bilbao (n. 1990) si fa apprezzare decisamente di più per atteggiamento, ma chiude affaticato con anche l’intero Tour sulla groppa: la crono non è il suo forte e Almeida se lo mangia, però anche per il basco possiamo dire che una top 5 sia la sua dimensione di onorevolissimo contendente. Decisamente più anonimi i due austriaci Konrad (n. 1989) e Pernsteiner (n. 1990): pure loro consolidano la loro dimensione di contorno. In questo senso chiudiamo con un atleta più giovane, l’unico ad essere effettivamente sulla soglia della maturità atletica, con i suoi 27 anni in arrivo fra un paio di settimane, circondato altrimenti in top 20 della generale o da atleti precocissimi di 25 anni o meno, oppure da figure fra la tarda maturità e lo sfiorito, dai 29 in su diciamo. Parliamo del bergamasco Fausto Masnada: bell’esperimento, questo di fare classifica in un GT, e inevitabilmente condizionato dalla presenza di Almeida nel team; ma tutto sommato ne rimpiangiamo molto di più la dimensione arrembante di attaccante col coltello fra i denti, forse foriera anche per lui di maggiori soddisfazioni.

Gabriele Bugada

È Tao Geoghegan Hart il vincitore delledizione 2020 del Giro dItalia (foto Bettini)

È Tao Geoghegan Hart il vincitore dell'edizione 2020 del Giro d'Italia (foto Bettini)

LA PRIMA VOLTA DI ION IZAGIRRE ALLA VUELTA HA UN SAPORE DI IMPRESA

ottobre 26, 2020 by Redazione  
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Sulla salita del Formigal Gorka Izagirre (Astana) dopo una fuga ed un grande attacco piazzato nei chilometri conclusivi della salita va a conquistare la sua prima vittoria alla Vuelta. Dietro i big approfittano di una giornata da dimenticare per Primož Roglič (Team Jumbo-Visma) che cede la maglia roja a Richard Carapaz (Ineos).

Dopo il disegno della nuova tappa della Vuelta resosi necessario per via delle misure restrittive anticovid in Francia, tolti Aubisque ed arrivo in cima al Tourmalet, gli organizzatori hanno riproposto il profilo della tappa che vide, nel 2016, l’attacco di Alberto Contador e Nairo Quintana a Chris Froome ovvero il tracciato con l’Alto de Petralba, l’Alto de Cotefablo e la conclusione in salita ad Aramón Formigal. Anche quest’oggi partenza ad altissima velocità segno che qualcosa stava già animando in gruppo la voglia di portare qualche attacco ed infatti il primo tentativo di fuga di giornata è stato favorito da Remi Cavagna (Deceuninck-Quickstep), Magnus Cort Nielsen (EF Pro Cycling) e Remy Mertz (Lotto Soudal). Per loro solo pochi secondi di vantaggio tenuti sotto controllo dalla Jumbo-Visma della maglia roja Primož Roglič. Soltanto al chilometro 20 di corsa la fuga buona prende il via, vanno in avanscoperta in 23: Mattia Cattaneo e Rémi Cavagna (Deceuninck-quick Step), Julen Amezqueta (Caja Rural-Seguros RGA) e Oscar Cabedo (Burgos-BH), Rui Costa, Sergio Henao, Alexandr Riabushenko (UAE Team Emirates), Robert Power, Michael Storer, Jasha Sütterlin (Sunweb), Ion Izagirre, Gorka Izagirre (Astana), Dylan van Baarle (Ineos Grenadiers), Magnus Cort Nielsen, Michael Woods (EF Pro Cycling), Quentin Jauregui (AG2r La Mondiale), Victor Lafay, Guillaume Martin, Pierre Luc Perichon (Cofidis), Michael Valgren (NTT Pro Cycling), Jorge Arcas, Carlos Verona (Movistar), Jonathan Hivert (Total direct Energie). Il vantaggio massimo di 4’ a 50Km dalla conclusione con Gorka Izagirre quello messo meglio in classifica generale a 3’37” dal leader Roglič. Sull’Alto de Cotefablo la Jumbo-Visma ha iniziato ad accelerare leggermente ii ritmo provocando una selezione da dietro, discorso invece è accaduto in discesa grazie alla Movistar che ha spezzettato in più tronconi il gruppo principale. Un problema meccanico ha costretto Roglič a mettere piede a terra, riuscendo però a rientrare a circa 23Km dall’arrivo. Tanto nervosismo nella squadra della Jumbo-Visma, che in questa fase della corsa, anche a causa della pioggia, non è apparsa compatta attorno al proprio capitano. Davanti, intanto, sempre in discesa uno scatenato Gorka Izagirre ha allungato da solo restando da solo al comando ed iniziando l’attacco della salita di Aramón Formigal con 20” di vantaggio su ciò che rimaneva della fuga iniziale. Dissoltasi la Jumbo-Visma, dietro è stata la Movistar a condurre l’inseguimento conclusosi quando mancavano 6,5Km al traguardo. Nel tratto più duro della salita agli ultimi 3,5Km metri è stato Ion Izagirre a piazzare lo scatto vincente dopo il grande lavoro fatto del fratello Gorka che gli aveva permesso di restare al coperto nell’immediato gruppetto inseguitore. Grn bella vittoria del basco, la prima del 2020, e la prima alla Vuelta in carriera. Al secondo posto con un ritardo di 25″ è arrivata la coppia con Michael Woods e Rui Costa, poi a 27″ Rob Power, Michael Valgren e Guillaume Martin. Dietro, tra il big, si sono succeduti prima gli attacchi di David de la Cruz, David Gaudu e Marc Soler, poi quelli di Hugh Carthy e soprattutto Richard Carapaz. Apparso in difficoltà, Roglič non è riuscito a chiudere trovandosi staccato, nel finale, anche da Daniel Martin. Nel finale un sontuoso Hugh Carthy si è tolto di ruota anche Richard Carapaz andando a chiudere la tappa in ottava posizione a 48″ da Izagirre. Lo scalatore della EF Pro Cycling ha così dato 7″ a Carapaz e Soler, 26″ a Poels, 33″ a Grossschartner, 35″ a De La Cruz e Daniel Martin e ben 50″ alla maglia rossa Roglič che quest’oggi è apparso molto vulnerabile; ancor peggio è andato Enric Mas che cede ulteriori 5″ nei confronti di Roglič in una classifica generale completamente rivoluzionata rispetto a ieri. Il nuovo leader è infatti proprio l’ecuadoriano Richard Carapaz che ha adesso 18″ di vantaggio su Hugh Carthy, 20″ su Daniel Martin, 30″ su Roglič e 1’07” su Enric Mas. Domani primo giorno di riposo con la corsa che ripartirà martedì da Vitoria per arrivare a Villanueva de Valdegovía con il Puerto de Orduña che offrirà ancora battaglia tra i pretendenti alla vittoria finale.

Antonio Scarfone

La vittoria di Ion Izagirre ad Aramón Formigal (foto Getty Images Sport)

La vittoria di Ion Izagirre ad Aramón Formigal (foto Getty Images Sport)

25-10-2020

ottobre 25, 2020 by Redazione  
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GIRO D’ITALIA

L’italiano Filippo Ganna (INEOS Grenadiers) si è imposto nella ventunesima ed ultima tappa, cronometro individuale Cernusco sul Naviglio – Milano, percorrendo 15.7 Km in 17′16″ alla media di 54.56 Km/h. Ha preceduto di 32″ il belga Victor Campenaerts (NTT Pro Cycling) e l’australiano Rohan Dennis (INEOS Grenadiers). Il britannico Tao Geoghegan Hart (INEOS Grenadiers) si impone in classifica con 39″ sull’australiano Jai Hindley (Team Sunweb) e 1′29″ sull’olandese Wilco Kelderman (Team Sunweb). Miglior italiano Vincenzo Nibali (Trek-Segafredo), 7° a 8′15″

VUELTA A ESPAÑA

Lo spagnolo Ion Izagirre Insausti (Astana Pro Team) si è imposto nella sesta tappa, Biescas – Aramón Formigal, percorrendo 146.4 Km in 3h41′00″ alla media di 39.75 Km/h. Ha preceduto di 25″ il canadese Michael Woods (EF Pro Cycling) e il portoghese Rui Alberto Faria da Costa (UAE-Team Emirates). Miglior italiano Mattia Cattaneo (Deceuninck – Quick Step), 7° a 38″. L’ecuadoregno Richard António Carapaz Montenegro (INEOS Grenadiers) è la nuova maglia rossa con 18″ sul britannico Hugh Carthy (EF Pro Cycling) e 20″ sull”irlandese Daniel Martin (Israel Start-Up Nation). Miglior italiano Cattaneo, 15° a 3′46″

VUELTA A GUATEMALA

Il panamense Roberto Carlos González Castillero (nazionale panamense) si è imposto anche nella terza tappa, Guatemala City – Coatepeque, percorrendo 218 Km in 5h09′16″ alla media di 42.29 Km/h. Ha preceduto allo sprint i guatemaltechi Alfredo Esteban Ajpacajá Tax (Decorabanos) e Sergio Geovani Chumil Gonzalez (Ejercito de Guatemala). Nessun italiano in gara. González Castillero è ancora leader della classifica con 4″ sul guatemalteco Leonardo González Lares (Add Chimaltenango-Comayma-Linaflor) e 39″ sul guatemalteco Edgar Geovany Torres Yuman (Hino-One-La Red)

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