28-05-2010
maggio 29, 2010 by Redazione
Filed under Ordini d'arrivo
GIRO D’ITALIA
L’italiano Michele Scarponi (Androni Giocattoli) si è imposto nella diciannovesima tappa, Brescia – Aprica, percorrendo 195 Km in 5h27′04″, alla media di 35,772 Km/h. Ha preceduto allo sprint gli italiani Ivan Basso (Liquigas-Doimo) e Vincenzo Nibali (Liquigas-Doimo). Maglia rosa è Basso, con 51″ sullo spagnolo Arroyo Duran e 2′30″ su Nibali.
FDB INSURANCE RAS (Irlanda)
Il tedesco John Degenkolb (Germany Thuringer Energie) si è imposto nella sesta tappa, Carrick On Suir – Gorey, percorrendo 127 Km in 2h59′58”, alla media di 42,341 Km/h. Ha preceduto allo sprint il namibiano Craven e di 50″ il neozelandese Archbold. Unico italiano in gara, Alessio Signego (Japan – Nippo), si è piazzato 8° a 50″. Lo svedese Alexander Wetterhall (Sweden – Team Sprocket Pro) conserva la testa della corsa, con 8″ sull’austriaco Kugler e 59″ sul britannico Williams. Signego è 42° a 11′18″
TOUR OF BELGIUM
Il francese Jimmy Casper (Saur – Sojasun) si è imposto nella terza tappa, Knokke-Heist – Mechelen, percorrendo 192,2 Km in 4h20′15”, alla media di 44,311 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’italiano Danilo Napolitano (Team Katusha) e il belga Steegmans. Il belga Philippe Gilbert (Omega Pharma-Lotto) conserva la testa della corsa con 10″ sul francese Martias e sul lituano Vaitkus. Miglior italiano Napolitano, 8° a 25″.
BAYERN RUNDFAHRT
Il tedesco Gerald Ciolek (Team Milram) si è imposto nella terza tappa, Bayreuth – Hersbruck, percorrendo 177,3 Km in 4h25′11”, alla media di 40,115 Km/h. Ha preceduto allo sprint lo sloveno Bole e il francese Houanard. Miglior italiano Adriano Malori (Lampre-Farnese Vini), 30°. Lo spagnolo Ruben Perez Moreno (Euskaltel – Euskadi) torna in testa alla classifica, con lo stesso tempo di Ciolek. Terzo a 1″ Bole. Miglior italiano Malori, 29° a 10″.
TOUR DE GIRONDE
Il polacco Zbigniew Gucwa si è imposto nella prima tappa, Bassens – Braud St Louis, percorrendo 183,2 km in 4h07′21”, alla media di 44,439 Km/h. Ha preceduto allo sprint il francese Gonnet e il portoghese Caldeira, distanziati di 10″ in classifica generale.
GIRO DELLE PESCHE NETTARINE DI ROMAGNA
in aggiornamento
BASSO E SCARPONI, UN SOLO CORO: ALL’ATTACCO
Grande determinazione per i due corridori italiani protagonisti ieri al tappone Brescia – Aprica. Con la nuova maglia rosa che non si crea alcun problema se la strada è in ripida discesa e Michele Scarponi che punta dritto al podio finale di Verona. Ma entrambi hanno lo stesso parere sul terzo uomo in fuga ieri, Vincenzo Nibali: “E’ un grande campione”.
Foto copertina: Nibali, Basso e Scarponi in azione nel finale della tappa Brescia – Aprica (foto Bettini)
Il Giro si tinge d’azzurro sul traguardo valtellinese dell’Aprica grazie alla doppia impresa di Ivan Basso e Michele Scarponi, rispettivamente nuova Maglia Rosa e vincitore di tappa. Siamo alle battute finali, la corsa rosa è agli sgoccioli e gli obiettivi prefissati da entrambi alla partenza da Amsterdam si stanno visibilmente avvicinando.
Il varesino si dimostra, da grande professionista qual è, uno che non ha paura di nulla, nemmeno delle discese ripide come quelle affrontate oggi e che potrebbero essere percorse anche domani (il percorso definitivo della Bormio – Ponte di Legno/Tonale verrà annunciato solo stamattina verso le 10:30); infatti, Basso ammette deciso di “non essere preoccupato, di notte dormo lo stesso” quindi si propensa un’altra giornata all’attacco per la Liquigas – Doimo, apertamente ringraziata dal suo capitano in conferenza stampa. “Abbiamo fatto il lavoro che dovevamo svolgere, la squadra è stata molto unita e compatta, è grazie a loro che sia io che Nibali abbiamo recuperato posizioni in classifica” ha affermato il nuovo leader della generale.
“Scarponi oggi è stato un fedele “alleato” e dato il suo enorme contributo per portare la fuga fino all’arrivo”, dice ringraziando il vincitore di tappa.
E il buon Michele, felicissimo e anche molto ironico risponde: “E’ stata una vittoria importante, quando ci hanno riferito che chi ci inseguiva (Arroyo, Sastre, Vinokourov, Evans e Gadret, ndr) stava perdendo terreno sull’ultima salita ho cominciato a crederci a vincere questa tappa e ce l’ho fatta”.
Oggi entrambi attaccheranno. Per Scarponi il podio è a pochi secondi e non vuole lasciarselo scappare, Nibali è avanti solo di 19’’ quindi oggi, qualsiasi percorso venga affrontato, non ci saranno scuse. Le ultime montagne e la crono di Verona costituiranno le ultime fatiche di un Giro da incorniciare per tutti e due, ma non solo. Come disse Matthew Lloyd a Carrara, è un Giro davvero “romantico”. E corso da veri campioni, così come è stato apertamente definito Vincenzo Nibali sia dal suo capitano Ivan Basso che dal vincitore della 19ma tappa.
Andrea Giorgini
BORMIO – PONTE DI LEGNO / TONALE: SI PLACHERA’ LA VENDETTA DEL “DUCA”?
Se lo è per davvero legato al dito il Gavia per quel trentennale oblio nel quale l’aveva cacciato Vincenzo Torriani, che l’aveva sedotto e abbandonato dopo la prima storica scalata del Giro 1960. Da quando la corsa rosa è tornata sul passo valtellinese si può dire che non ne è mai andata giusta nessuna: prima la tremenda tappa del 1988, poi passaggi sempre più interlocutori, soffocati dalla presenza del Mortirolo. Forse, però, quest’anno sarà l’occasione buona per rivedere una grande giornata di ciclismo vissuta sulla strada del Gavia, resa ancor più particolare dal disegno di gara, che per la prima volta proporrà in discesa l’impegnativo versante di Ponte di Legno, lungo il quale difficilmente si riuscirà a recuperare il terreno perduto in salita. E poi, dulcis in fundo, a complicar la vita interverrà l’ultimo arrivo in quota del 93° Giro d’Italia.
Se esistesse una gerarchia nobiliare delle salite e se il Mortirolo è il re delle ascese italiane – con lo Zoncolan nei panni del kaiser e lo Stelvio che, dall’alto dei suoi 2758 metri, può ben definirsi il patriarca – allora al Gavia spetta a pieno titolo la nomina a duca. Un duca rigolettiano, però, che si è ampiamente vendicato di un Giro che l’ha sovente bistrattato, prima lasciandolo nell’oblio per quasi trent’anni e poi riducendolo al comprimario ruolo di “spalla” del Mortirolo. La vendetta, si sa, è un piatto che va consumato freddo e il duca Gavia l’ha servito addirittura gelido quel 5 giugno del 1988, in occasione dell’ultima storica giornata di maltempo vissuta sulla pelle dei “girini”, una giornata che riuscì ad affievolire il ricordo della tappa del 1960, quella della vittoria di Gaul a Bormio e della sfortuna di Massignan, primo in vetta e poi appiedato da tre forature nella discesa. Dopo il nulla: respinta la corsa rosa nel 1989, spariti gli ultimi tronconi sterrati, nei successivi sei “ritorni di fiamma” il Gavia ci negò azioni importanti, neppure quando era ascesa principale di tappa e col traguardo a portata di mano.
Adesso, però, a 50 anni spaccati dalla prima scalata, l’incantesimo potrebbe spezzarsi, complice l’idea – apparentemente balzana – di Zomegnan di proporre il Gavia alla rovescia, salendo dal versante più facile (anche se non lo è per nulla) – per poi lanciarsi in direzione di Ponte di Legno, affrontando la più difficile discesa del Giro 2010, una picchiata dove nemmeno un “falco” alla Savoldelli si sognerebbe di mettersi a far pazzie. Non è più la mulattiera del 1960, non c’è più lo sterrato e la strada è stata allargata, ma il lavoro dell’uomo non ha potuto cancellare i burroni, limitandosi a porre, dove necessario, delle protezioni nei tratti più esposti. Con queste premesse è facile intuire quel che accadrà: i distacchi che i cronometristi registreranno ai 2618 metri della Cima Coppi subiranno poche variazioni e si mostreranno immutati al passaggio per Ponte di Legno. La situazione, poi, non potrà che peggiorare poiché, una volta terminata la discesa, subito si riprenderà a salire alla volta del Passo del Tonale, sesto e ultimo arrivo in quota. La pendenza è lieve ma in maniera inversamente proporzionale alla fatica, che si farà sentire al termine dell’ultima tappa montana di un Giro molto esigente, a sua volta molto dispendiosa con le sue quattro ascese “over 2000”, che si porteranno in dote quasi 4000 metri di dislivello complessivi, contando anche il “basso” Tonale.
La penultima frazione prenderà le mosse da Bormio, centro principale dell’Alta Valtellina, frequentato fin dall’epoca dei romani per le sue terme, che furono citate da Paracelso, Cassiodoro e Plinio il Vecchio. Nel suo “Codice Atlantico” le menzionò anche Leonardo da Vinci, che le vide nel dicembre del 1493, quando transitò per Bormio al seguito del corteo nuziale di Bianca Maria Sforza (maritatasi per procura con Massimiliano I d’Asburgo) diretto da Milano a Innsbruck attraverso il Passo dello Stelvio. “A Bormi sono i bagni… in testa alla Valtolina è le montagne di Bormi, terribili e piene, sempre di neve. Qui nasce ermellini”. Se, dunque, fu Carlo Magno il primo uomo al comando sul Mortirolo, sarà il genio toscano la prima personalità di spicco a scollinare sul passo più alto d’Italia, già all’epoca utilizzato per comunicazioni e commerci nonostante non esistesse ancora una vera e propria strada d’accesso, che sarà realizzata solo 300 anni più tardi, su iniziativa d’un altro Asburgo, l’imperatore Ferdinando I d’Austria.
I “girini” faranno ritorno a Bormio dopo circa quattro ore di gara, completato un circuito di circa 120 Km, nel corso del quale si sconfinerà nella vicina Svizzera e si dovranno superare le prime tre ascese. Non s’incontreranno difficoltà, però, nei primi 40 Km, tracciati sulla statale che scende dolcemente verso Tirano. Il tratto iniziale si svolgerà in piano attraverso la Valdisotto, la porzione di Valtellina che maggiormente fu colpita dalla catena di calamità naturali che colpì la provincia di Sondrio nell’estate del 1987. Il mattino del 28 luglio una ciclopica frana si staccò dal Monte Zandila, 40 milioni di metri cubi di materiale in caduta libera che provocarono lo sbarramento del fiume Adda (con la conseguente formazione di un lago naturale) e la distruzione di quattro abitati, compresa la millenaria chiesa di San Martino di Serravalle, della quale si salvarono solo gli affreschi perché, bisognosi di restauro, tempo prima erano stati trasferiti a Milano, presso l’Accademia di Brera. Fu miracolosamente aggirata l’altra chiesa di San Bartolomeo de Castelaz, che conserva dipinti del XIV secolo e la cui mulattiera d’accesso fu asfaltata a tempo di record, per aggirare il corpo dell’immenso smottamento e consentire ai soccorsi l’accesso alla conca bormiese. È proprio in quell’occasione che fu migliorata anche la strada d’accesso al Gavia, di fatto consentendo al Giro di tornare sul celebre passo.
Iniziata la discesa, la corsa sfiorerà Sondalo, centro incorniciato dalla vasta Pineta di Sortenna, salubre luogo che il regime fascista individuò per crearvi un vasto complesso sanatoriale, pensato per la cura del “mal sottile” (la tubercolosi) e oggi in parte trasformatosi in un ospedale che, oltre ad essere il principale della provincia, è anche uno dei più attrezzati d’Italia per la cura delle patologie polmonari.
Si giungerà quindi a Grosio e Grosotto, tra i quali si rasenterà lo sperone roccioso sul quale sono state scoperte negli anni ’60 interessanti incisioni rupestri, “figlie” di quelle più celebri della non lontana Valcamonica: l’area è compresa all’interno di un apposito parco, istituito anche per salvaguardare due antichi castelli, il Nuovo e il Vecchio.
Raggiunta Mazzo non si potrà fare a meno di gettare l’occhio verso sinistra ed esprimere un pensiero memore alle fatiche profuse il giorno prima, lungo quella stradaccia infame, che si snoda nascosta tra quelle pendici boscose e che molti avranno maledetto. Così fece nel 1996 lo spagnolo Olano quando, giunto stremato all’Aprica, disse che bisognava impiccare chi aveva pensato d’asfaltare le rotte verso il Mortirolo!
La fase d’avvio si concluderà col passaggio nell’importante centro di Tirano, il cui cuore pulsante è però rappresentato dalla frazione di Madonna, sorta in prossimità del confine di stato e sviluppatasi attorno all’imponente santuario eretto sul luogo di un’apparizione mariana avvenuta il 29 settembre del 1504. Tra i numerosi fedeli qui giunti nel corso dei secoli ci fu anche un messo del celebre Richelieu, che nel 1636 recò al santuario in dono i ricchissimi paramenti liturgici personali, ricamati in oro e argento, del potente cardinale francese: fu una sorta di ringraziamento alle popolazioni locali per aver sopportato la presenza francese in valle, occupata allo scopo d’impedire agli spagnoli e agli imperiali il controllo dei passi alpini.
È arrivato il momento d’affrontare il primo dei quattro valichi di giornata, l’interminabile Forcola di Livigno. Dall’inizio dell’ascesa allo scollinamento ci saranno ben 34 Km di strada, quasi per intero da percorrersi in territorio elvetico, anche se non saranno tutti all’insù. Affrontati i primi 7,8 Km al 6,8%, infatti, la strada spianerà per quasi 8 Km costeggiando il lago di Poschiavo e poi portandosi nell’omonimo centro, il principale di una delle quattro vallate di lingua italiana del Canton Grigioni (le altre sono la Bregaglia, la Mesolcina e la Calanca, oltre al centro di Bivio, che si trova in Val Sursette). Decisamente più acclivi i restanti 18 Km, che condurrano a 2315 metri di quota superando un dislivello di 1278 metri, una pendenza media del 7,1% e una massima del 13%, raggiunta nel tratto terminale, una volta abbandonata la strada principale, che sale verso il celebre Passo del Bernina.
Rientrati in Italia, si planerà – inizialmente rapidamente e poi con dolcezza – nella conca percorsa dal torrente Spöl (localmente conosciuto come “Aqua Granda”, con il friulano Slizza e l’altoatesina Drava sono gli unici corsi d’acqua italiani a terminare il loro cammino nel Mar Nero e non nel bacino mediterraneo) e nella quale si adagia per parecchi chilometri il lungilineo abitato di Livigno, comune che vanta due primati, quello di centro più settentrionale della Lombardia e quello del più popoloso tra i 26 comuni italiani situati oltre i 1500 metri sul livello del mare. È noto anche per il suo status di “zona franca”, conseguito per la prima volta nel 1538 a seguito di speciale deroghe pattuite con l’allora Contea di Bormio e in seguito confermate dallo stato italiano, retaggio del tempo nel quale la conca di Livigno era isolata dal resto della Valtellina per l’intero periodo invernale. Infatti, la strada del Foscagno, aperta tra 1912 e 1914 per soli scopi militari, era inizialmente percorribile solo nei mesi estivi e lo rimarrà fino all’ammodernamento apportato negli anni ’50. Sarà questa la prossima meta che i “girini” raggiungeranno, passando per l’intermedio – ma più impegnativo – Passo di Eira: si salirà a quest’ultimo con 6,2 Km di strada al 6,4% per poi giungere ai 4,6 Km al 5,9% del Foscagno dopo aver affrontato una breve discesa di 3 Km, nel corso si toccherà la frazione livignasca di Trepalle. Come la città madre detiene anch’essa due record, quella di centro abitato e di parrocchia più alta d’Europa (2069 metri), mentre ha recentemente perduto quello di luogo più freddo in assoluto della nostra penisola, stabilito nell’inverno del 1956 quando fu qui registrata una temperatura di -45° C (proprio nello scorso inverno, nella Busa di Manna, sulle Pale di San Martino, la colonnina di mercurio è scesa di due tacche più in basso). A controbattere i rigori di questo luogo, ci pensò negli anni ‘50 il battagliero parroco locale, don Alessandro Parenti: era un sacerdorte dal grande cuore ma burbero nelle maniere e nelle prediche, al punto che la curia lo spedì in questa località sperduta nel cuore delle alpi, dove entrò in conflitto col parroco comunista. Giovanni Guareschi, che ebbe modo di visitare questi luoghi, s’ispirò a Trepalle e alle sue vicende quando creò i personaggi di Don Camillo e Peppone: molti sacerdoti romagnoli si sono definiti gli ispiratori di Guareschi ma sulle pagine di “Mondo Piccolo”, i racconti di satira politica che avevano per protagonisti i due personaggi in seguito portati al successo da Fernandel e Gino Cervi, si fa riferimento al fantomatico paesino montano di “Trebilie”, toponimo chiaramente ispirato al paesino valtellinese.
Scendendo per la Valdidentro, bagnata nel suo tratto terminale dal fiume Adda (le sorgenti del più lungo affluente del Po si trovano nella soprastante Valle di Fraele), si farà ritorno a Bormio, dove si attraverserà il centro storico, rasentandone il suo monumento più rappresentativo, il “Kuérc”. Con questo termine di chiara genesi dialettale (significa coperchio) è identificata la tettoia posta nel cuore della centralissima Piazza Cavour, luogo dove un tempo si tenevano le assemblee e si amministrava la giustizia. E giustizia si farà anche al Giro perché è giunta l’ora di arrampicarsi su per la valle del Frodolfo, verso il Gavia, al cospetto delle cime del gruppo dell’Ortles-Cevedale. Su tutte spiccherà il Gran Zebrù, una delle vette più elevate della Lombardia, legata alla leggenda del sovrano Johannes Zebrusius che si sarebbe isolato su questo monte dopo esser tornato da una crociata in Terrasanta, alla quale aveva partecipato per far colpo sul padre della sua amata ma che, in sua assenza, aveva fatto maritare con un altro pretendente.
Il nome del monte derivò dall’iscrizione tracciata sul masso col quale il sovrano, sentendo prossima la fine, autosigillò la propria tomba (“Joan(nes) Zebru(sius) a.d. MCCVII”) e che è visibile al limite inferiore del Ghiacciaio della Miniera.
Il lato “B” del Gavia non ha una grande pendenza media complessiva, che risulta appena del 5,6%, un risultato che quasi “stride” con il 7,9% del lato “A”, dove si registra pure un’inclinazione massima più elevata di due punti (16%). Ma il versante bormiese non è per nulla una passeggiata e vince alla grande il confronto sul piano del chilometraggio e del dislivello, dovendosi superare strada facendo un gap altimetrico di 1399 metri (36 di più) in un lasso di poco meno di 25 Km, ben 8 in più rispetto a quelli che si affronterebbero salendo da Ponte.
L’approccio è dolce e nei primi 4 Km, che salgono al 3,2%, l’unica reale insidia è rappresentata dalla strettoia tra le case di Uzza, la prima e più bassa delle sette frazioni che compongono Valfurva, il comune dei “Compagnoni”. È il cognome più diffuso nella valle, reso celebre nel mondo da personaggi quali la campionessa di sci Deborah e il mitico alpinista Achille, l’eroe del K2.
Bisogna transitare per sede municipale, la frazione di San Nicolò, e poi attendere ancora un breve tratto prima che la salita si faccia più decisa, senza però proporre ancora grandi pendenze: con 7,7 Km al 5% si giungerà nella celebre stazione turistica di Santa Caterina, posta nel luogo ove la Valfurva ha termine sdoppiandosi nelle valli dei Forni (dove si trova l’omonimo ghiacciao, uno dei principali d’Italia, purtroppo dimezzatosi nelle dimensioni a causa del surriscaldamento) e del Gavia, percorsa dall’omonimo torrente. È ovviamente lungo quest’ultima che si svolgeranno le fasi più interessanti di questa frazione, arrampicandosi per 11 Km al 7,3%, lungo una strada nel frattempo divenuta più stretta e tortuosa. Quando i “girini” avranno raggiunto il Rifugio Berni potranno considerare terminata l’ascesa, anche se al passo mancheranno ancora poco di 2 Km, piuttosto teneri.
Giungerà ora il momento più difficile della giornata, una discesa da vivere a denti stretti e freni tirati percorrendo quella che, fino all’8 giugno del 1960 era un itineriario noto solo ai militari, realizzato in occasione della prima guerra mondiale – quando vi si svolsero numerosi scontri – tornando a calcare antichissime e abbandonate rotte, frequentate già nel XIII secolo, periodo nel quale il Gavia costituiva uno dei rari passi praticabili per i commerci tra la Serenissima Repubblica di Venezia e l’Europa del Nord.
Quasi nessun “comune mortale” osava avventurarsi lassù e ne sa qualcosa quel giovane viandante che nell’autunno del 1929 tentò di valicare il passo e, sorpreso da un’improvvisa e violenta bufera di neve e rischiata la vita, ringraziò Dio d’avergli salvata la pelle facendo erigere il bel crocefisso intagliato che si nota sulla riva del Lago Bianco, all’inizio del versante valtellinese.
Le cronache tornarono a parlare del Gavia nel 1954, raccontando di una tragedia avvenuta al momento del transito di un autocarro nel punto più esposto della discesa verso Ponte: la massicciata cedette improvvisamente e il mezzo precipitò nel burrone, provocando la morte di 18 dei 23 alpini che si trovavano sul mezzo. Un cippo ricorda quel tragico evento ma i corridori, fortunamente, non lo vedranno poiché scendendo oggi si percorre una variante in galleria, realizzata negli anni ’80 proprio per evitare quel rischiossissimo tratto di strada, l’unico rimasto a presentare ancora l’originario fondo naturale.
Giunti a Ponte di Legno, dello stesso materiale i corridori si ritroveranno muscoli e gambe con tutti i “virages” stretti ai quali saranno stati fin lì obbligati dalle difficoltà della discesa. E proprio ora si dovrà ricominciare a pedalare all’insù, per gli ultimi 12 Km al 5,2% che condurrano ai 1883 del Tonale, altro testimione delle vicissitudini della Grande Guerra, tramandate dal ricordo degli oltre 800 caduti che riposano nel locale sacrario. A 95 anni dalla fine dei combattimenti, altre battaglie torneranno a imperversare tra l’Adamello e l’Ortles…. ma stavolta saranno sparati solo pacifici colpi di pedale.
I VALICHI DELLA TAPPA
Forcola di Livigno (2315m). Valicato dalla strada (SS 301, “del Foscagno”) che mette in comunicazione Livigno con Poschiavo (Svizzera) e la strada del Passo del Bernina. Vi transita il confine di stato. Si tratta di una prima assoluta per il Giro d’Italia, che l’aveva già in programma nell’edizione 2005 ma era stato costretto a rinunciarvi per il maltempo, spostando da Livigno a Madonna di Tirano la partenza della frazione di Lissone.
Passo Eira (2208m). Valicato dalla SS 301 “del Foscagno”, tra Livigno e Trepalle. Quotato 2211 sulle cartine del Giro 2010. La corsa rosa vi è salita due volte, nel finale delle tappe livignasche del 1972 e del 2005. Il primo anno scollinò in testa lo spagnolo José Manuel Fuente (primo al traguardo Eddy Merckx), mentre cinque anni fa, quando a Livigno giunse primo il colombiano Iván Parra, il passaggio sull’Eira non era considerato GPM.
Passo di Foscagno (2291m). Valicato dalla SS 301 “del Foscagno”, tra Trepalle e Valdidentro, funge da spartiacque tra il bacino del Po (Adda) e del Danubio (Inn). Nei due citati precedenti del 1972 e del 2005, il GPM fu conquistato da Fuente e da Parra.
Passo di Gavia (2621m). Aperto tra il Corno dei Tre Signori e il Monte Gavia, è attraversato dalla SS 300 “del Passo di Gavia” e costituisce lo spartiacque tra la Valtellina e l’alta Valcamonica. E’ quotato 2618 sulle cartine del Giro, che l’ha inserito 11 volte nel percorso, ma in tre occasioni è stato costretto a rinunciarvi: nel 1961 la tappa Trento – Italia 61 (Passo Resia) prevedeva anche lo Stelvio ma a causa della neve si corse su di un tracciato totalmente ribaltato, con arrivo a Bormio, Stelvio al contrario e Gavia sostituito dai passi di Pennes e Monte Giovo; nel 1967 la tappa Trento – Tirano proponeva lo Stelvio come percorso principale e il Gavia come alternativa, ma andò a finire che non si riuscì a salire su nessuno dei due passi e si andò al traguardo passando dall’Aprica; nel 1989, infine, la tappa Trento – Santa Caterina Valfurva fu annullata poiché non sussisteva la possibilità di andare al traguardo per altra strada. Gli effettivi scollinamenti portano il nome di Imerio Massignan (1960, Trento – Bormio, primo il lussemburghese Charly Gaul), dell’olandese Johan van der Velde (1988, Chiesa Valmalenco – Bormio, primo il connazionale Erik Breukink), dei colombiani Hernán Buenahora (1996, Cavalese – Aprica, primo Ivan Gotti) e José Jaime González Pico (due volte, nel 1999 e nel 2000; tappe vinte rispettivamente dallo spagnolo Roberto Heras all’Aprica e da Gilberto Simoni), del croato Vladimir Miholjevic (2004, tappa Cles – Bormio 2000, primo Damiano Cunego) , dello spagnolo Juan Manuel Gárate (2006, tappa Trento – Aprica, primo Ivan Basso) e del messicano Julio Alberto Pérez Cuapio (2008, tappa Rovetta – Tirano, primo Emanuele Sella).
Passo del Tonale (1883m). Ampio valico prativo aperto tra il Monticello e la Cima di Cadì, costituisce anche il punto di separazione tra i massicci dell’Adamello e dell’Ortles-Cevedale. Sede della principale stazione di sport invernali della provincia di Trento, è valicato dalla SS 42 “del Tonale e della Mendola”, tra Ponte di Legno e Vermiglio. Vi transita il confine tra Lombardia e Trentino-Alto Adige. Nel 1933 è stata l’ultima delle quattro salite chiamata a decretare la prima classifica degli scalatori, istituita quell’anno e conquistata da Alfredo Binda, che fece suo anche il GPM del Tonale e la relativa tappa (Bolzano – Milano), oltre alla maglia rosa finale. In seguito ci si è tornati altre 22 volte, mentre non si riuscì a salire nel 1989, quando fu annullata la tappa di Santa Caterina. L’ultima volta scollinò in testa lo spagnolo Juan Manuel Gárate, nel corso della citata frazione di Aprica del 2006. Nel 1997, prima e finora unica volta, ci fu l’arrivo di tappa: salendo dal versante trentino s’impose il colombiano José Jaime González Pico, noto nell’ambiente col soprannome di “Chepe”.
Mauro Facoltosi
FOTOGALLERY
Foto copertina: Il Giro 1988 sul Gavia (foto Biblioteca Panizzi)
ALMANACCO DEL DOPO TAPPA: QUI APRICA
maggio 29, 2010 by Redazione
Filed under Approfondimenti
Dopo la presentazione della tappa e la cronaca, la giornata in rosa di ilciclismo.it si chiude con uno scrigno zeppo di golosità: pareri tecnici di campioni del passato, che conoscerete nelle prossime giornate; le notizie sulle condizioni di Damiano Cunego, pervenute direttamente dal suo direttore sportivo; la rassegna stampa internazionale; il parere dei tifosi; una rubrica umoristica in ricordo di Raimondo Vianello; le “perle” dei telecronisti e le previsioni del tempo per la tappa che verrà. Seguiteci.
Foto copertina: al raduno di Brescia Arroyo saluta il Giro con un lancio di palloncini rosa (foto Bettini)
GIRO D’ITALIA, GIRO DEL MONDO
Basso nuova maglia rosa. Domani sfida sul Gavia(Gazzetta dello Sport)
Giro, il Mortirolo lancia Basso in maglia rosa(Corriere dello Sport – Stadio)
Basso takes pink on epic stage (The Daily Telegraph)
Scarponi et Basso, ces héros (L’Equipe)
Scarponi vainqueur, Basso maillot rose (Le Monde)
David Arroyo pierde la maglia rosa pero se agarra al podio (As)
Scarponi se lleva la etapa y Arroyo se queda a las puertas del paraíso
Basso, nuevo líder (El Mundo Deportivo)
Basso enfile le maillot rose (Le Soir)
Basso prend la tête du Giro, l’étape pour Scarponi (La Dernière Heure/Les Sports)
Basso eindelijk in het roze (De Standaard)
19e étape: Scarponi vainqueur, Basso leader (actu24.be)
L’étape pour Scarponi, le général pour Basso (Sud Presse)
Basso pakt de roze trui in Giro (Het Nieuwsblad)
Ivan Basso climbs overall lead in mountains at Giro d’Italia(USA Today)
Basso Swipes the Giro d’Italia Lead and Jersey (The New York Times)
Basso grabs Giro lead, Evans fifth (The Age)
Basso moves into Giro pink (Herald Sun)
Scarponi wins 19th stage as Evans falters (The Australian)
BOX POPULI
Ecco le impressioni degli appassionati di ciclismo, gente che le corse non le segue solo davanti alla tv, ma le vive sia andando ad applaudire i campioni lungo le strade, sia ricalcando le stesse rotte e sudando in sella ad una bici.
M: Chi vince oggi? Arroyo manterrà o perderà la maglia rosa?
N: Oggi Vino li ubriaca tutti in discesa. Si augura pioggia per fare sfracelli.
S: L’accoppiata salita dura seguita da salita pedalabile mi piace tantissimo, è la soluzione che fa emergere meglio le vere forze in campo. La salita dura fa saltare i giochi di squadra lasciando i capitani soli con se stessi già a 40 km dall’arrivo: chi spende troppo per stare agganciato alla locomotiva o per non perdere troppo terreno, nella salita pedalabile non ha più la freschezza necessaria a spingere il lungo rapporto. L’Aprica dopo il Mortirolo può far più male del Mortirolo stesso, così come il Pordoi dopo il Fedaia o il Sestriere dopo il Finestre.
Vedo Arroyo perdere la maglia o conservarla per una manciata di secondi, in ogni caso oggi dovrebbe dire addio ai sogni di gloria.
G: Secondo me Arroyo tiene la maglia e vince il Giro, quei minuti della fuga saranno fatali a Basso che oggi soffrirà parecchio in discesa e comunque Arroyo gli starà vicino in salita.
Per vincere Basso dovrà dannarsi l’anima, spero ce la faccia, ma la vedo dura…
P: Straquoto, anche secondo me è proprio così. Spesso sull’Aprica i distacchi si dilatano a dismisura, perchè chi insegue si ritrova senza gregari dopo il Mortirolo.
S: Sono molto curioso di vedere cosa riuscirà a combinare Evans tra oggi e domani: in teoria, se limasse una ventina di secondi a Basso, a Verona potrebbe ancora avere le carte in regola per completare il sorpasso, ma solo com’è mi sembra molto difficile, soprattutto domani, quando la Liquigas secondo me giocherà al meglio anche la carta Nibali.
Vuoi vedere che alla fine anche i tanto bistrattati 10″ di Porto Recanati potrebbero avere il loro peso tecnico e psicologico?
S: Mi sembra di averci preso! Pensavo che Evans potesse fare di più, ma Basso si è dimostrato nettamente il più forte in salita: il Giro è suo.
J: G. ci sei andato vicino
C: Che emozioni oggi alla Tappa del Giro …
Le emozioni sono iniziate a Brescia, quando la passerella dei corridori, poco dopo mezzogiorno, è transitata proprio sotto il mio ufficio. Una bella scenografia di colori e di rumori, con la gente che salutava.
Ma non era che l’antipasto …
Poi … la magia di internet … dopo le 15,30 un occhio su un PC (per lavorare) e l’altro sul portatile sintonizzato su RAI3.
Emozioni sul Santa Cristina con Stefano Garzelli decisamente pimpante e bello da vedersi.
Emozioni sul Mortirolo con il forcing di Ivan Basso che dava la sensazione di non voler perdere Vincenzo Nibali, il suo alleato più prezioso in vista della discesa con il fondo bagnato.
Michele Scarponi che ha tenuto il passo di Ivan Basso.
Arroyo che perdeva quasi 2 minuti, ma teneva duro.
Cadel Evans un pò in difficoltà.
Il Kazaco e Sastre lì dietro a un minuto dai primi 3.
Emozioni nella discesa … e paura anche … e Arroyo che è stato grandissimo a rosicchiare secondi su secondi fino ad arrivare a soli 38 dal terzetto.
Infine, altre emozioni da Edolo all’Aprica in una salita che, grazie al modo in cui è stata percorsa dai battistrada, ha fatto più differenza del Mortirolo stesso. La faccia di Ivan Basso. La rabbia o la delusione del sogno finito di Arroyo e la vittoria di Scarponi.
Fortissima tutta la Liquigas, con Basso e Nibali tatticamente perfetti.
Fortissimo Arroyo: cede la maglia rosa con grandissimo onore.
G: Su Evans me lo auguro, ma ci sono ancora due tappe, di cui una durissima e l’altra a mio parere sottovalutata.
M: Che bella la discesa da Trivigno!
C: E la salita no? non l’avevo mai vista, quasi quasi domani ci faccio una capatina!
M: Se non l’hai capito, il tratto iniziale della salita è il Santa Cristina
H: SCARPONI: ancora una volta stupefacente, ha disputato il suo primo Giro nel 2002 e in seguito ne ha disputati altri oltre a un Tour e alcune Vuelta e mai era arrivato nei primi 10, adesso ha grandi chances di salire sul podio e questo malgrado i minuti persi dalla Liquigas nella cronosquadre e quelli persi da Arroyo a L’Aquila
BASSO: era chiaramente il più forte, intelligente la sua scelta di attendere Nibali che era in leggera difficoltà sul Mortirolo e poi la strada verso l’Aprica è fatta apposta per lui come dimostrò nel 2006; rispetto ad allora va più piano ma non troppo
NIBALI: non credo di dire un’eresia se dico che se al Tour 2009 avesse avuto questa condizione sarebbe salito sul podio; intanto grazie alla crono e alla discesa del Gavia, con Basso che ha un buon vantaggio e dunque potrebbe non aver bisogno di lui, ci salirà in questo Giro
VINOKOUROV: anche oggi lottatore ma finiscono qui le sue chances di podio, resta comunque un Giro onorevolissimo il suo se si considera che era al top già alla Liegi
GADRET: una bella conferma, fino ad oggi l’avevamo visto molto competitivo in tappe con una sola salita, oggi ha dimostrato di avere anche resistenza lui che viene dal ciclocross dove le gare durano 1 ora circa
EVANS: come talvolta gli accade ha dato tutto per rimanere con i primi sul Mortirolo ed è andato fuori giri ma questo non ha influito sul suo risultato odierno; i primi tre l’avrebbero staccato in ogni caso, sta di fatto che anche per lui il podio è precluso
ARROYO: bravissimo anche oggi, si è gestito sul Mortirolo e soprattutto ha mostrato insospettate qualità in discesa che potrebbero consentirgli domani di resistere all’attacco di Scarponi e mantenere un posto sul podio
SASTRE: il solito Sastre anonimo di questo Giro, non crolla ma non riesce in alcun modo a fare la differenza
PINOTTI: ennesima conferma, non so quanti margini di miglioramento possa avere ancora visto che è professionista ormai da 12 anni ma intanto si è conquistato definitivamente un posto nei 10
PORTE: lui invece di margini di miglioramento ne ha tantissimi e sembra addirittura in crescendo nella terza settimana di Giro, non mi stupirei se tra due o tre anni lotterà per vincere il Tour dove ci sono salite molto più adatte a lui
CUNEGO: ecco quello che succede a non fare una preparazione specifica per il Giro, già a Plan de Corones aveva dato i primi segnali negativi e a Pejo Terme si era capito che non aveva più la condizione mostrata a Montalcino e sul Terminillo; in ogni caso la sua corsa rosa resta positiva e deve convincersi che può ancora essere un corridore da corse a tappe
V: Bella tappa!! Grande Basso, grandissimo! Un plauso anche a Nibali… Ma? Scarponi?!?! Non meritava la vittoria e non ha fatto nulla per meritare di vedersela regalata! Era interessatissimo anche lui a guadagnare sugli inseguitori, dato che ha ancora speranze con domani di entrare sul podio, eppure s’è fatto tirare per quasi tutto il tempo, limitandosi a due rapidi cambi nei tratti facili dell’ultima salita, in cui rallentava più che aiutare Ivan. Ok che sul Mortirolo probabilmente era al gancio anche lui come Nibali e che in discesa è stato a guardare, ma poteva lavorare molto di più nel tratto verso Edolo e poi verso l’Aprica.
Basso un signore: nonostante fosse in terza ruota ai 500m è andato avanti, senza seguire il turno, per accelerare ancora ed evitare questioni di volata (di fatto lasciando strada libera a Scarponi). Io fossi stato in Scarponi non avrei fatto la volata, ma mi sarei limitato a ringraziare e applaudire tutto il lavoro fatto da Basso e Nibali! Secondo me è stato spudorato: io me ne sarei vergognato tantissimo!
Comunque domani penso che ne vedremo ancora delle belle, dato che Arroyo (ma ci aggiungerei anche Evans!) ha dimostrato di poter recuperare molto in discesa su Basso…
H: H, concordo su tutte le tue riflessioni tranne che per quella su Cunego. Cunego non potrà mai più essere corridore da podio nelle grandi corse a tappe. Almeno di tre settimane. Potrebbe vincere un Giro della Svizzera, un Delfinato, ecc. Ma non un Grande Giro. E’ ammirevole, tenace, quasi commovente ma i suoi limiti sono questi. Non ha ritmo. Impossibile chiedere a chi non è campione di trasformarsi in campione. Cunego è uno che nelle grandi corse a tappe può essere soddisfatto di un decimo posto. D’altronde anche in passato ci sono stati casi di specialisti di corse in linea che hanno cercato di trasformarsi in big delle corse a tappe, mi viene in mente ad esempio Bartoli, e che non dico abbiano fallito ma non hanno completato la loro trasformazione perché si sono accorti di non avere i numeri e hanno constatato che era meglio vincere due classiche in più piuttosto che lottare per un piazzamento tra il 10° e il 12° posto nelle grandi corse a tappe.
Sugli altri concordo con le tue osservazioni.
J: Scarponi: oggi si è dato da fare quando si è reso conto che non gli avrebbero “precluso” la vittoria. All’inizio era guardingo ma poi mi son sembrati cambi regolare ed erano tutti e tre a tirare.
In tutto il Giro mi è sembrato migliore di Evans, rinunciando prima e quando si rendeva conto di non farcela ha risparmiato energie; insomma si è gestito meglio. Evans ha tenuto duro fin dove poteva ed anche oltre, ma ha pagato un paio di fuori giri calando (magari domani sarò smentito) nelle tappe finali.
V: PRECLUSO?
Se ha vinto deve solo che ringraziare Basso e Nibali, mi sembra evidente!! Basso poteva staccarli tutti sul Mortirolo e, se anche veniva ripreso e staccato in discesa, rientrava e vinceva sull’Aprica. Nibali, una volta atteso da Basso sul Mortirolo, poteva andarsene in discesa tranquillamente e – con Basso a marcare Scarponi – non veniva ripreso se non dopo l’arrivo!!
Scarponi oltre alla vittoria di tappa doveva puntare alla classifica, e quindi darsi da fare maggiormente fin da subito.
J: A quel punto se uno dei tre si fosse mosso avrebbe speso tantissimo, e domani non c’è certo il giorno di riposo. Tattica perfetta per tutti e tre. Hanno preso 3 minuti agli altri uomini di classifica e sicuramente all’arrivo erano più freschi degli inseguitori e partiranno ancora in condizione di vantaggio anche domani. Avessero fatto qualcosa di diverso avrebbero guadagnato meno e sprecato molte più energie: credo che Basso sia superiore agli altri anche dal punto di vista tattico, Nibali lo ha capito ed ha accettato il ruolo di “scudiero” per imparare ancora qualcosa, e, ne sono certo, questo gli tornerà molto utile in futuro.
S: Basso ha percorso in 44′40″ il passo… mi pare che il record rimane quello della stupefacente tappa 1996 di Gotti e Tonkov, dopo Mendola, Tonale, Gavia
Seguito da Pantani del 94 e pure Indurain (che dette il 100% per staccare Berzin ma pago’ poi sul S.Cristina) e Olano 96. Mi sa che oggi avrebberp fatto miglior figura di molti… era l’epoca nella quale non c’era il limite dei 50 di ematocrito
Comunque l’Aprica di oggi non era quella classica, hanno fatto all’inizio la stradina bassa, con quel km al 15% tuttaltro che pedalabile
Pero’ il distacco si è dilatato dopo quello strappo!
In ogni caso l’Aprica da sola è ridicola, ma diventa devastante dopo il Mortirolo! E’ incredibile ma è cosi’, io ero al lavoro, non avevo notizie, tranne che sapevo che Arroyo era a 40″ da Basso a Edolo. All’inizio ero schifato, ma poi ho pensato e detto a tutti, che erano pure loro delusi,”speriamo il falsopiano dell’Aprica gli dia 2′, poi domani lo attacca”
Quando ho letto l’sms di un’amica di un collega, con Basso maglia rosa, sono rimasto basito, si è andati molto oltre la mia più ottimistica previsione del distacco!
Ma non è finita qui, se Zomegnan rischia il Gavia e se nevichera’, tutto puo accadere specie in discesa. Oggi si decide il Giro.
con la collaborazione degli utenti del Forum dello Scalatore (www.salite.ch)
METEO GIRO
Le previsioni si riferiscono agli orari di partenza, passaggio e arrivo della frazione Bormio – Ponte di Legno / Tonale
Bormio – partenza: alternanza di piogge deboli (0,5 mm) e schiarite, temperatura 13,9°C, vento debole da SE (4 km/h), umidità al 77%
Tirano (37,8° Km): alternanza di piogge deboli (1,8 mm) e schiarite, temperatura 19,8°C, vento debole da SSW (6-10 km/h), umidità al 76%
GPM Forcola di Livigno (72,8° Km): : alternanza di piogge deboli (0,3 mm) e schiarite, temperatura 9,8°C, vento debole da SSW (5-7 km/h), umidità al 57%, limite della neve a 2860m (GPM a 2315m)
Bormio – 2° passaggio (123,5° Km): : alternanza di piogge deboli (1 mm) e schiarite, temperatura 15,2°C, vento debole da SW (7-10 km/h), umidità al 66%
Santa Caterina Valfurva (135,6° Km): alternanza di piogge deboli (1,5 mm) e schiarite, temperatura 11,6°C, vento debole da S (6-8 km/h), umidità al 69%, limite della neve a 2830m (GPM Gavia a 2618m)
Ponte di Legno (165,9° Km): alternanza di piogge deboli (1,5 mm) e schiarite, temperatura 14,8°C, vento debole da SSW (4-8 km/h), umidità al 69%
Passo del Tonale: alternanza di piogge deboli (1,5 mm) e schiarite, temperatura 8,5°C, vento debole da SSW (6-8 km/h), umidità al 67%
I MISTERI DELLA CASSAPANCA
IERI
Televideo RAI: “Nei 120 km di fuga i due non hanno mai superato i 2′ di vantaggio sugli inseguitori” (infatti, hanno avuto fino 2′50″)
Televideo RAI: “Michael Elijzen” (Michiel)
OGGI
Sgarbozza: “Il Vetriolo, la penultima salita della giornata” (sarà anche una salita al “vetriolo”, ma si chiama Mortirolo)
Savoldelli: “Ho sentito che parlevate”
Savoldelli: “Il Mortirolo è una salita talmente duro”
De Luca: “Maglia rosa Arrioyo”
Savoldelli: “Porte” (pronunciato con la e)
De Luca: “Sastr” (eh no!!! Adesso che l’aveva imparato Pancani!!!)
De Stefano: “Stiamo perdendo tempo per permettere a Fabrizio Piacente”
Novelli (a proposito dei muri di nevi a bordo della strada del Gavia): “Sono stati tagliati dalla fresa” (orpo!!! Quanto c’avranno messo???!!!)
Novelli: “Versante di Sondrio” (il Gavia sale da Bormio)
Televideo RAI: “Alexander Vinokourov” (Alexandre)
Approfittiamo dell’occasione per andare a ravanare sul fondo della cassapanca (l’avete notato, è il soprannome che è stato affibbiato al duo microfonato della RAI) e a pescare qualche strafalcione storico.
Perle bulbarelliane
“Delililimano i terreni”
“Aveva già traguardo”
“La Colombia, questo paese del Centro America”
“Manca Hincapie; hai notizie fredde di lui?”
“Abbiamo visto Zabel rientrare nel terzo fusto” (gruppo)
“Nason sarà gasatissimo ad avere la maglia rosa virtuale” (erano al Tour)
“Trentacinquella”
“Pellizotti aveva guadagnato qualche metro, non so se per sbaglio” (come si fa a guadagnare dei metri per sbaglio?)
“Alle corse del nord un Bacchio abbass…” (Basso abbacchiato)
“Il Limonte” (Liguria + Piemonte)
“Ha perso 1 minuto in 15 secondi”
“Cunego, mani basse sui pedali” (e piedi alti sul manubrio)
“Il giro termina alla fine del circuito finale”
“Il figlio più illustre di Albisola è papa Sisto VI” (era Sisto IV)
“Il figlio più illustre di Albisola è papa Sisto VI” (Sisto IV era nativo di Celle Ligure)
“Il figlio più illustre di Albisola è papa Sisto VI” (i pontefici si sono fermati al V. Nessuno ha avuto il coraggio di farsi chiamare “Sisto sesto”!!!)
ARCHIVIO ALMANACCO
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3a tappa Amsterdam – Middelburg
4a tappa Cuneo – Savigliano (cronosquadre)
8a tappa Chianciano Terme – Terminillo
9a tappa Frosinone – Cava de’ Tirreni
12a tappa Città Sant’Angelo – Porto Recanati
13a tappa: Porto Recanati – Cesenatico
15a tappa: Mestre – Monte Zoncolan
16a tappa: San Vigilio di Marebbe – Plan de Corones
17a tappa: Brunico – Peio Terme
18a tappa: Levico Terme – Brescia
NEL CERCHIO DEL TEMPO. DALL’APRICA ALL’APRICA, BASSO CAMPIONE.
Basso, Nibali, Scarponi conquistano il Mortirolo: la discesa spariglia le carte alle loro spalle, rimette tutto in discussione, ma lungo l’implacabile Aprica si impone la legge del più forte: Ivan Basso (il più forte, con la squdra più forte). Basso e Nibali si accaparrano due terzi del podio della generale, a Scarponi un’equa spartizione delle spoglie assegnerà la tappa. Gli altri sono sconfitti in classifica, ma non nel ricordo che sempre accompagnerà questo Giro epico.
Foto copertina: Basso, Scarponi e Nibali sul Mortirolo, sorvegliati da Marco Pantani (foto Bettini)
Sono passati quattro anni esatti da quando Basso tagliava questo traguardo in rosa, e oggi – di nuovo all’Aprica, di nuovo dopo il Mortirolo – il varesino torna ad indossare quella maglia agognata. È un cerchio che si chiude: proprio come circolare è l’immenso anello con cui la strada di oggi abbraccia tutte le ascese già segnate sedici anni fa dal fulgore di Pantani; dalla prima Aprica che inaugura il valzer delle montagne, alla seconda Aprica che stringe i nodi della lunga tessitura Liquigas, uno stendardo per i propri campioni, un cappio per gli avversari. La quadratura del cerchio fattosi assai spigoloso lungo la strada dell’Aquila è compiuta, il cerchio perfetto di Basso primo e Nibali terzo sul podio della generale; almeno per altre ventiquattro ore.
Scarponi vince la tappa, e anche questo è un cortocircuito di un tempo impazzito, bloccato ma infine riavviatosi nella pedalata rotonda e ritmata di Ivan: la pedalata che aveva stroncato, sbeffeggiato e seminato Simoni oggi non conosce strappi, ma solo la regolarità cronometrica dell’orologio da farsi amico fin sul traguardo. Prima Nibali poi Basso in prima persona trascurano la volata – concedendola, anzi “tirandola”, al marchigiano compagno di tanti km – in modo da raggranellare ogni secondo utile, senza disperdersi in vani bisticci. Anzi, conquistando un’amicizia di gara che si addice anche ai più forti, a differenza della passata arroganza marchio Riis.
Prima del Mortirolo, poco da segnalare: l’abituale prima ora “over 50”, la sudatissima fuga in cui gli scalatori migliori dovrebbero essere Tondo e Samoilau (il primo tradirà le attese; il secondo manterrà le proprie promesse: all’arrivo, primo tra i mortali), condita di frizzanti sudamericani di spunto veloce (Duque e Rodriguez), poi Failli, Mazzanti, Krivtsov, Bonnet, Bakelandts. Failli e Rodriguez potenzialmente utili tatticamente, avranno in effetti modo di spendere qualche attimo di disperato sudore per sostenere i rispettivi capitani, ma senza conseguenze di rilievo.
Poi, su ciascun Gpm ci prova un ardito cavaliere solitario, e per ciascuno dei due il destino – essere ripreso sull’asperità susseguente – sarà identico: più velleitario e breve il tentativo di Karpets, partito sull’Aprica, più concreto Garzelli nel prendersi un minuto verso Trivigno, nel difenderlo e incrementarlo con l’aiuto di Failli, prima scendendo verso il Mortirolo e poi inerpicandovisi con valente convinzione. La Liquigas mena una cadenza da trireme in battaglia, e quattro vogatori si estenuano già sull’Aprica. Anche la vetta di Trivigno viene doppiata dalla galera verde con la stessa determinazione, che scoraggia ogni azzardo da parte di chi è in classifica, pur col riferimento dell’intrepido Garzelli davanti. Nessuno osa in discesa, l’andamento della gara viene linearizzato senza esitazioni dalla squadra di Basso.
Finalmente, il Mortirolo: i gregari completano il proprio compito, e sale in cattedra Basso. Un professore dapprima spietato con chi non riesce a seguirlo sulle guglie della fatica, poi indulgente con i primi della classe, Scarponi e il suo pupillo Nibali.
Le “discese ardite e le risalite” sembrano il perno di un’immensa clessidra: scorrono, scorrono, scorrono i granellini di sabbia, quei minuscoli secondi che si accumulano tra corridore e corridore, componendo un distacco che raramente è stabile, mentre ben più spesso – come si dice dell’amore – “o aumenta o cala”. Tuttavia il corso di questo scorrere subisce repentine inversioni.
In salita il trio di testa sommerge con intere dune di tempo gli inseguitori: Arroyo che calcola di salire del proprio passo con perfetto bilancino da orafo; Evans subito sgraziato presto sganciato mai scorato; Sastre circospetto, sornione, in perenne rimonta; Gadret con Pantani nel cuore; Vinokourov, che dopo aver scrutato forze e avversari si slancia nella sua ormai nota carica “da cavalleria polacca”, un impeto di volontà e orgoglio che gli permette di salire gli ultimi km come i migliori e di essere l’unico entro il minuto al Gpm. Escono di scena qui, persi nel deserto del tempo, Karpets e Gerdemann per primi, poco dopo Cunego, Porte, Pinotti.
Il passo alpino però inverte le pendenze e ruota con esse anche la clessidra. Il tempo inizia a scorrere al contrario. Davanti la Liquigas incoccia con la maledizione del quadrato, stavolta quadrato come le curve poco areolate che disegna Basso. Se prima era Ivan il docente, ora è discente di geometria: Vincenzo mostra, illustra con l’esempio, ma non c’è granché da fare. L’alleanza serrata come un anello dei due Liquigas sembra stringere troppo al dito: in salita Basso non ha guadagnato quanto avrebbe potuto, in discesa tocca a Nibali patire i “costi opportunità” nell’economia collettivistica della squadra. Scarponi assiste, testimone delle nozze mistiche. Chi invece non sta proprio a guardare è Arroyo: il suo tempo accelera a ritroso, il margine che lo divide dei primi viene risucchiato nei vortici di una discesa ispirata da un vento rosa, le curve diventano rettilinei e tutti coloro che gli erano innanzi vengono raggiunti e bruciati, Evans quasi preso al Gpm (giornata durissima per l’australiano), ma poi divorati Sastre e Gadret, infine anche Vinokourov.
Il kazako è un buon compagno in vista dell’eterno finale verso Aprica, e la coppia è fatta. Arroyo deve perfino frenarsi, attendere, per non rimanere solo, ma verrà poi ripagato in ottima moneta dalle trenate del vecchio colonello quando le pendenze saranno meno accentuate.
I primi ormai hanno meno di quaranta secondi. La Liquigas ha buttato via il Giro? L’unione, l’abbraccio, del capitano e del suo secondo hanno zavorrato a turno entrambi? La risposta arriva verso Corteno Golgi. Dietro, addirittura, ci si è ricompattati. Le ammiraglie di BMC e Caisse hanno vergato una duplice alleanza, e con Evans più Arroyo motivati a tirare fino alla morte, supportati da Vinokourov e magari un po’ da Sastre e Gadret il fato del deltaplano triangolare decollato dal Mortirolo appare cupo.
Invece no, qualcosa non va. Vinokourov l’aveva intuito presto, quando – raggiunto il minimo distacco dai primi, intorno al mezzo minuto – aveva esortato Arroyo a spingere ancora, di più, un ultimo sforzo disperato, invece che obbedire alle razionalissime indicazioni tecniche dell’ammiraglia. Questo è il folle stile di Vino, si sarà pensato; questo è il suo egoistico desiderio di seminare Sastre ed Evans. Oppure era magari un lampo di consapevolezza che suggeriva come la locomotiva giusta fosse là davanti, e dietro restassero vagoni ormai privi di forza motrice. 30” sono comunque eterni, il piano arduo da realizzare: ma il kazako avrebbe voluto provarci, e si agita rabbioso. Ha sentito, il suo equilibrio da animale selvaggio, che la clessidra stava una volta di più ruotando su se stessa.
Cinque individui non valgono un due collettivo. Un due “più”, perché Basso sul Mortirolo ha risparmiato energie con la propria indulgenza verso il compagno e ha gambe in avanzo. Anzi, un due “più più”, perché Scarponi, pur isolato e affaticato, non va di conserva a ruota, ma collabora anche se ogni tanto salta – e non per cattiva volontà – qualche cambio. Dietro invece le gambe proprio non sono in avanzo, ma piuttosto avanzi di gambe. La sabbia corre, corre, corre come e più che sul Mortirolo. Un minuto, uno e mezzo, due minuti, forza Basso è maglia rosa se gestiamo bene gli abbuoni, eccoci a tre minuti… Basso è maglia rosa. Punto.
Alla fine la generale recita: Arroyo a 51”, Nibali a due minuti e mezzo, tallonato da Scarponi a meno di 20”; mentre dal primo posto Evans è a quattro primi tondi, Sastre a cinque mezzo, Porte a sei e Vinokourov a 6’22”. Poi un diluvio di minuti.
Dell’arrivo si è già detto, una via di mezzo tra la parata e la cronocoppie. Scarponi, non deprivato del suo umorismo dalla fatica immane, commenta la vittoria di tappa: “l’ho spuntata io”… e strizza l’occhio.
Dopo arrivano gli sconfitti: Vinokourov è il più brillante – quanto ha fame di una vittoria di tappa, pur dopo un Giro già così encomiabile –, Gadret sorpassa in volata, ed è tutto dire, un Evans bianco come un cencio nella sua maglia rossa; poi Arroyo che saluta a mo’ di generale un pubblico sportivamente plaudente, entusiasta nel rendergli onore, ma assieme pure le insegne del primato che se ne va. Buon ultimo, al solito, Sastre.
“Sconfitti”? Sconfitti di giornata, vincenti nella storia avvincente di un Giro che sta chiudendo il proprio cerchio di fuoco nella maniera più spettacolare. L’onore di una maglia rosa difesa oltre ogni ragionevole possibilità in una discesa magica corona i giorni e giorni di sacrificio, calcolo e impegno per Arroyo. Il ferino e fiero spirito guerriero di Vinokourov che solitario compete alla pari col gruppetto dei primi, giù dal Grappa come su per il Mortirolo. La dedizione fino allo svuotamento totale di Evans. L’orgoglio di Sastre, che non ha nulla da chiedere al Giro, ma gli dona la capacità di non mollare, mai, neppure quando “c’è chi va di più”. Gadret, e il ricordo di Marco che da queste (e tante altre) strade non se ne può proprio andare.
Già, il ricordo di Marco Pantani, l’ultimo italiano (e ultimo in assoluto) a siglare la leggendaria doppietta Giro-Tour. C’è ancora un cerchio da chiudere, un’altra maledizione da sfatare. Chissà se – per chi allora avrebbe ben potuto e voluto – a oggi c’è ancora tempo, ancora forza, ancora voglia. Chissà se tempo, forza e voglia li avrà qualcun altro, un giorno. Ma con negli occhi un Giro così non costa troppa fatica aspettare. Questo è il ciclismo, un cerchio che ruota per correre ancora e ancora in avanti, facendo sempre perno su se stesso.
Gabriele Bugada
27-05-2010
maggio 28, 2010 by Redazione
Filed under Ordini d'arrivo
GIRO D’ITALIA
Il tedesco Andre Greipel (Team HTC – Columbia) si è imposto nella diciottesima tappa, Levico Terme – Brescia, percorrendo 140 Km in 3h14′59″, alla media di 43,080 Km/h. Ha preceduto allo sprint il neozelandese Dean e l’italiano Tiziano Dall’Antonia (Liquigas-Doimo). Maglia rosa è lo spagnolo David Arroyo Duran (Caisse d’Epargne), con 2′27″ sull’italiano Ivan Basso (Liquigas-Doimo) e 2′44″ sull’australiano Porte.
FDB INSURANCE RAS (Irlanda)
Il britannico Jon Tiernan-Locke (Britain Rapha Condor Sharp) si è imposto nella quinta tappa, Tipperary – Carrick On Suir, percorrendo 175 Km in 3h35′47”, alla media di 48,659 Km/h. Ha preceduto di 9″ il connazionale Williams e di 14″ l’austriaco Kugler. Unico italiano in gara, Alessio Signego (Japan – Nippo), si è piazzato 48° a 2′32″. Lo svedese Alexander Wetterhall (Sweden – Team Sprocket Pro) conserva la testa della corsa, con 8″ su Kugler e 59″ su Williams. Signego è 46° a 11′18″
TOUR OF BELGIUM
L’olandese Kenny Robert Van Hummel (Skil – Shimano) si è imposto nella seconda tappa, Eeklo – Knokke-Heist, percorrendo 162,7 Km in 3h57′53”, alla media di 41,036 Km/h. Ha preceduto allo sprint lo sloveno Bozic e il francese Casper. Miglior italiano Danilo Napolitano (Team Katusha), 22°. Il belga Philippe Gilbert (Omega Pharma-Lotto) conserva la testa della corsa con 10″ sul francese Martias e sul lituano Vaitkus. Miglior italiano Marco Marcato (Vacansoleil Pro Cycling Team), 45° a 33″.
BAYERN RUNDFAHRT
Il tedesco Robert Wagner (Skil – Shimano) si è imposto nella seconda tappa, Viechtach – Bayreuth, percorrendo 200,5 Km in 5h12′14”, alla media di 38,529 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’australiano Leigh Howard (Team HTC – Columbia) e il tedesco Radochla. Miglior italiano Davide Viganò (Sky Professional Cycling Team), 5°. Howard è il nuovo leader della classifica, con 2″ sullo spagnolo Perez Moreno e 4″ sul tedesco Plötner. Viganò è 14° a 12″.
GIRO DELLE PESCHE NETTARINE DI ROMAGNA
in aggiornamento
1990-1991 a.P.: IL MORTIROLO AVANTI PANTANI
maggio 28, 2010 by Redazione
Filed under Approfondimenti
L’impresa del “pirata” al Giro del 1994 ha quasi cancellato il ricordo delle prime due scalate in rosa al Mortirolo, ascesa che debuttò un po’ in sordina nell’edizione del 1990. A far parlare tifosi e corridori, in occasione del battesimo del passo valtellinese, furono le tremende condizioni della discesa, perché la prima volta si salì dal versante più facile, per poi scendere su Mazzo. Non ci furono lamentele, invece, dodici mesi più tardi, quando il Mortirolo fu inserito girato dal verso giusto: mancava letteralmente il fiato al termine d’una tappa breve ma devastante, dominata da un grande Franco Chioccioli, talmente esaltante da far letteralmente “impazzire” un uomo tutto d’un pezzo come Alfredo Martini.
Foto copertina: Chioccioli in azione sul Mortirolo, Giro del 1991
Si dice Mortirolo e si pensa a Pantani, a quel 5 giugno del ‘94 quando il giovane romagnolo appassionò l’Italia del pedale in una tappa destinata a essere annoverata tra le più avvincenti della storia del ciclismo recente.
Fu sulle rampe del Mortirolo, infatti, che l’allora elefantino di Cesenatico diede battaglia alla maglia rosa Berzin e a Sua Maestà Indurain: da quel giorno quella salita ripida e stretta trovò la collocazione tra le vette sacre del Giro d’Italia.
Molti la scoprirono così, in una domenica pomeriggio di tarda primavera, e parve che quella giornata memorabile andasse equiparata ad altre “prime volte” ugualmente importanti, come lo Stelvio di Coppi nel 1953, il Gavia di Massignan nel 1960 o, in tempi più recenti, il Colle delle Finestre.
Solo per chi aveva la memoria corta, in verità, il Mortirolo costituiva una novità per la corsa rosa e, a distanza di alcuni lustri, sembrano passate nel dimenticatoio le scalate che precedettero quella – pur memorabile – del 94.
Perché il Mortirolo aveva fatto la sua comparsa sulla scena del Giro quattro anni prima, nell’edizione del trionfo di Gianni Bugno.
Erano gli anni – quelli a cavallo tra la fine degli anni 80 e l’inizio del nuovo decennio – in cui i percorsi del Giro avevano subito una trasformazione rispetto a quelli che avevano caratterizzato la maggior parte delle edizioni immediatamente precedenti.
Finita l’epoca di Moser e Saronni, gli organizzatori riscoprivano vecchie salite (il Gavia nell’88, l’Etna e le Tre Cime di Lavaredo l’anno successivo) andando alla ricerca di nuove, come il Passo del Rombo e il San Pellegrino in Alpe, ad esempio.
Come il Mortirolo, la cui scoperta si inseriva in questo rinnovato contesto.
L’inedita salita lombarda fu presentata a Torriani da un suo amico della Valtellina, tale sig. Gozzi, il quale, dopo un piatto di pizzoccheri, illustrò al patron del Giro quell’ascesa.
Mai avrebbe pensato che il Mortirolo sarebbe diventato uno dei Santuari del ciclismo, destinato ad affiancarsi ai colli della leggenda di questo sport.
L’esordio del Mortirolo avvenne dunque nel Giro del ‘90.
Inserito nel percorso della diciassettesima frazione (la Moena – Aprica di 223 chilometri) e affrontato dal versante più facile, costituiva la penultima asperità di giornata, dopo il Passo di Costalunga, la Mendola e il Tonale e prima dell’arrivo all’Aprica.
Quella domenica d’inizio giugno, inondata di sole, si aspettò il Mortirolo con la curiosità che accompagna i debutti: si sapeva che la salita da Monno era ostica, ma che lo era ancora di più la discesa verso la Valtellina. Una picchiata pericolosa al punto che l’organizzazione dispose un servizio di “nettezza urbana con compressori” per spazzar via dalla strada gli aghi dei pini che, se sollevati dalla velocità delle biciclette lanciate in discesa, avrebbero potuto finire negli occhi di tifosi e degli stessi corridori.
Bugno aveva il Giro in tasca e non volle strafare. Lasciò partire una fuga di quattordici corridori prima del Tonale e, sul Mortirolo, fu il venezuelano Leonardo Sierra a rendersi protagonista di un assolo che lo portò a scollinare per primo.
Tutto qui, il Mortirolo? Ascesa seria, per carità, ma nulla di più di altri e ben più severi passi del Giro e del Tour. I primi in classifica lo avevano scalato con tranquillità. Il solo Sierra aveva raccolto la sfida con la nuova montagna e si guardò con simpatia a quel ragazzo con la faccia scura, figlio di contadini – e contadino lui stesso prima di correre in bicicletta – che l’anno prima era stato scoperto al Giro del suo Paese da Gianni Savio, che lo aveva portato in Italia in cambio di ventidue biciclette.
Fu la discesa su Mazzo la vera sorpresa. Pendenze incredibili, curve, strada stretta e cadute resero avvincente quel tuffo verso il fondovalle.
Per poco non si rischiò il dramma: Sierra cadde due volte e per due volte si rialzò; il francese Dante Rezze finì contro una roccia.
Per nulla intimorito, dopo aver percorso alcuni tratti bici alla mano Sierra proseguì caparbio verso la vittoria di tappa, tra l’entusiasmo dei radiocronisti venezuelani. Nonostante le cadute conservò un vantaggio rassicurante: Volpi fu secondo a 52”, Boyer colse la terza piazza a 1’26” e Bugno, a 2’10” superò Chiappucci nella volata per il quarto posto.
La pur bella impresa del venezuelano passò quasi sotto silenzio, a fronte delle discussioni che caratterizzarono il dopo corsa.
Incredibilmente, infatti, il Mortirolo entrò nella storia del ciclismo per la discesa, di una difficoltà che mai si era vista in una corsa a tappe.
Alcuni si chiesero se non fosse stato un azzardo piazzarla nel percorso.
Bugno (di cui un pirata dell’etere aveva annunciato la caduta, inserendosi nelle frequenze di radiocorsa) disse che la strada era orribile e pericolosa e che al Tour, probabilmente, non avrebbero osato tanto. Cipollini e Di Basco, giunti al traguardo dopo trentasei minuti dal vincitore, si erano chinati a baciare l’asfalto, quasi a voler ringraziare il Cielo di essere riusciti a rimanere in piedi.
Cesare Sangalli, il cartografo ufficiale del Giro e corresponsabile – insieme a Torriani – di avere scelto il Mortirolo, difese la nuova creatura dalle critiche, osservando che il ciclismo aveva bisogno di tali percorsi. Ricordava i tempi di Coppi e Bartali: le discese sterrate, i ciottoli grandi come uova. Il ciclismo era una sfida continua contro l’impossibile e il Mortirolo rappresentava la nuova frontiera.
La discesa del Mortirolo impressionò, ma forse sarebbe stato meglio percorrerla nel senso contrario. Battere il ferro finchè è caldo, dunque, e così il Mortirolo fu riproposto l’anno successivo.
Meritava un posto da protagonista, quella salita. E la sua collocazione nel tracciato della quindicesima tappa, la Morbegno – Aprica (a una cinquantina di chilometri dal traguardo, prima del valico di Santa Cristina e dell’ascesa finale, in una frazione breve, di appena 132 chilometri) voleva sottolineare che il protagonista di quella tappa doveva essere lui.
Un vero e proprio esame di maturità, con il quale erano chiamati a confrontarsi i primi attori della corsa rosa.
Franco Chioccoli vestiva il simbolo del primato, ma la classifica generale era quanto mai aperta.
Lo spagnolo Lejarreta, secondo a 26”, e Chiappucci, terzo a 1’23”, erano gli avversari più pericolosi. Ma anche il giovane Lelli (che aveva colto il successo a sorpresa sul Monviso ed era quarto a 1’29”) era capace di sorprendere e neppure Bugno, che aveva deluso sulle montagne piemontesi, era tagliato fuori dai giochi, considerato il distacco di 2’37”.
Il Mortirolo era il terreno ideale per verificare le condizioni e le ambizioni degli uomini di classifica: ci si aspettava battaglia e battaglia fu.
Chioccoli, Chiapucci, Lelli, Lejarreta e Sierra scandirono il ritmo nella prima parte della salita. Poi, quando mancavano sei chilometri alla vetta, Chioccioli aumentò il ritmo: Lejarreta e Sierra furono i primi a cedere.
Il terzetto di testa sembrò proseguire di buon accordo, con cambi regolari.
Poi cedette Chiappucci e, da ultimo, Lelli. Il toscano si trovò da solo e, con un rapporto che oggi parrebbe inadeguato alla durezza di quelle rampe (montava un 42 x 24) insistette nell’azione scollinando per primo in vetta, con un vantaggio di 1’10” su Chiappucci, Lelli, Gaston, Lejarreta e Bugno, autore di un ottimo recupero.
Fu l’inizio di una cavalcata memorabile, alla quale neppure lui credeva fino in fondo.
Al termine della discesa, però, il vantaggio era addirittura raddoppiato e, a quel punto, il volo della maglia rosa proseguì.
Nonostante il vento contrario e un cedimento sul Santa Cristina (affrontato dal versante più facile), Chioccioli arrivò a braccia alzate all’Aprica, tra l’entusiasmo generale. Bernard e Boyer si piazzarono ai posti d’onore, staccati di poco più di trenta secondi, precedendo Jaskula e Chiappucci, il quale non mancò di polemizzare con Bugno, colpevole a suo dire di scarsa collaborazione nell’inseguimento.
Non fu un colpo da KO, ma quel volo in rosa sul Mortirolo entusiasmò gli sportivi italiani e Chioccioli, il corridore che solo tre anni prima aveva perso la maglia rosa nella tormenta del Gavia, gettò le basi del successo finale proprio su quella nuova, terribile ascesa.
Tra le immagini indimenticabili di quella giornata, una su tutte: Alfredo Martini che, come un qualsiasi tifoso, corre in salita accanto a Chioccioli e lo incita a squarciagola.
Il Mortirolo superò l’esame a pieni voti e su quell’ascesa impervia, che fu subito definita la più dura d’Europa, fu scritto solo il primo capitolo di una lunga storia che Pantani, tre anni dopo, avrebbe arricchito con ulteriori, irripetibili emozioni.
Mario Silvano
LE SALITE DEL GIORNO: SANTA CRISTINA & MORTIROLO
Penultimo appuntamento con le descrizioni delle ascese di giornata. Oggi il testimone passa a Giacomo, esperto conoscitore delle salite valtellinesi, che ci illustra il Santa Cristina (con l’inedita appendice verso Trivigno) e il mitico Mortirolo.
Foto copertina: lo scollinamento di Trivigno (foto di Giacomo Meneghello)
La tappa odierna con partenza da Brescia ed arrivo all’Aprica sarà sicuramente una tappa combattuta, che potrebbe iniziare a dare i primi verdetti riguardo al vertice della classifica. E’ una tappa nella quale coloro che aspirano alle prime posizioni non potranno a lungo nascondersi dato che già a metà tappa, sulla salita che porta al passo di Santa Cristina, la corsa inizierà ad accendersi.
Oltre alle salite potrebbero risultare molto selettive pure le discese, abbastanza tecniche ed insidiose, anche alla luce della possibilità di una corsa su asfalto bagnato.
La prima parte della corsa, da Brescia fino a Edolo, si presta alla nascita di eventuali fughe da parte di uomini fuori classifica, con il gruppo che potrebbe lasciar fare e procedere a ritmo turistico. A Edolo si comincia a salire per circa 15km verso l’Aprica, ma si tratta di una salita molto pedalabile dove poter stare a ruota risulta di fondamentale importanza. Una volta giunti al passo dell’Aprica in 6 km di discesa, su strada ampia e con pendenze tra il 5% e il 7%, si arriva al bivio a destra per il Passo di Santa Cristina dove inizierà la prima vera salita di giornata e dove la corsa potrebbe entrare nel vivo. La salita del Santa Cristina misura 6,8 km e ha una pendenza media di poco inferiore al 10%…insomma una salita di tutto rispetto. La salita si snoda tra tratti boschivi e altri prativi con pendenze altalenanti tra l’8% e l’11%. L’unico tratto pedalabile è a metà salita circa, ma si tratta di poche centinaia di metri, mentre il tratto più impegnativo sono proprio gli 800mt finali, dove la pendenza si attesta tra l’11% e il 12%.
Una volta effettuato lo scollinamento la strada scende per 150mt dopodichè, svolta a sinistra e la salita riprende in direzione Trivigno. Ci attendono altri 3,5 km (inediti per il Giro d’Italia) di salita molto pedalabile 3%- 6% con ampi scorci sulla piana di Pian Gembro, su Adamello e sui monti che dominano l’Aprica. All’improvviso un cartello sulla sinistra della carreggiata indicante pendenza 20% ci allerta, ma è un falso allarme. La pendenza aumenta all’improvviso per circa 300mt ma non supera il 10%. Finito questo strappo inizia la discesa, non prima di aver superato un pericoloso dosso stradale.
Dopo 400mt in leggera discesa si prende a sinistra la strada per Tirano, lasciandoci a destra quella che sale in 2 km all’abitato di Trivigno e da qui in 15 km di saliscendi al Mortirolo (strada ancora chiusa al traffico veicolare). La discesa (pure questa inedita) prosegue su una bella strada per poco più di un km, dopodichè la carreggiata diventa stretta, tecnica, con diversi tornanti e con pendenze quasi sempre elevate, vicine al 10% . E’una discesa in cui bisognerà far attenzione dato il manto stradale non sempre perfetto trattandosi di una strada locale, soprattutto se dovesse essere bagnato. Come avvenuto in altre occasioni potrebbe essere proprio la discesa a risultare selettiva.
Terminata la discesa, inizia un breve tratto in leggera salita a fondovalle, da Lovero a Mazzo dove inizia il ben conosciuto Mortirolo. Per la precisione il vero nome del passo è Foppa come testimoniato dal cartello di recente sistemato e corretto, in quanto il “passo del Mortirolo” vero e proprio è raggiungibile in pochi minuti solo a piedi o in MTB. Tuttavia il cambio di nome ne lascia intatta la durezza, per fortuna o sfortuna a seconda dei punti di vista.
I 12,4 km che dalla svolta a destra presso l’abitato di Mazzo di Valtellina portano alla sommità sono davvero molto impegnativi e la salita è suddivisibile sostanzialmente in 3 parti. I primi 3,3 km che portano alla chiesa di San Matteo alternano dure rampe a tratti in cui è possibile rilanciare l’andatura, ma da qui per quasi 5 km la strada non concederà tregua e le pendenze rimarranno sempre superiori al 12% con punte al 18%.
Finalmente a poco più di 4 km, in prossimità del monumento a Pantani posto sulla destra all’uscita da un tornante, la pendenza torna a scendere al di sotto del 10%. Da qui all’arrivo, salvo qualche breve strappo (il più duro dei quali situato a 1,3 km dallo scollinamento), la pendenza rimane tra l’8% e il 9%, ma ormai la stanchezza si farà sentire e chi voleva far la differenza avrà già giocato le sue carte.
I 12,5 km di discesa sono abbastanza tecnici e potrebbero consentire recuperi o attacchi. Al termine della discesa vera e propria i corridori dovranno percorrere altri 4 km, sempre in leggera discesa e spesso battuti dal vento di fondovalle, prima di arrivare a Edolo e quindi all’ascesa finale. In questo tratto sarà di fondamentale importanza non trovarsi da soli ed aver conservato la freschezza necessaria per riuscire a spingere a fondo e non perdere tutti i secondi guadagnati con fatica.
Anche la salita finale che porta all’Aprica è molto pedalabile fino a spianare in corrispondenza dell’arrivo. Perciò verrà affrontata a velocità elevate, vicine e in alcuni tratti superiori ai 30km/h, quindi poter sfruttare la collaborazione con altri corridori risulterà essere la carta vincente. Di questo dovranno sicuramente tenerne conto eventuali attaccanti o inseguitori prima di lanciarsi in tentativi di fuga troppo isolati lungo la salita o la discesa del Mortirolo.
In questa tappa quindi servirà oltre alle gambe, molta intelligenza tattica e, per chi eventualmente volesse provare a far saltare il banco, un po’ di coraggio a far la corsa vera già dal Santa Cristina e nelle discese.
Giacomo Meneghello
BRESCIA – APRICA: MORTIROLO, BASTA LA PAROLA
Il Giro è arrivato alla stretta finale, due giornate che effettivamente rischieranno di stritolare i muscoli dei “girini” sopravvissuti alle difficoltà finora affrontati. Oggi toccherà al Mortirolo il compito di “separare le capre dai cavoli” e ci riuscirà, come solo lui sa fare, falcidiando il gruppo con i suoi 12,8 Km al 10,1%. Dopo un decennio, inoltre, si ricomporrà l’accoppiata vincente col Valico di Santa Cristina, un binomio micidiale, che nel 1994 lanciò nell’orbita dei grandi del ciclismo il giovane Marco Pantani.
C’è il Mortirolo e abbiamo detto tutto. La tremenda ascesa valtellinese basta da sola a nobilitare una frazione della corsa rosa e c’è da starne certi che registreremo gran selezione al termine della Brescia – Aprica, il primo dei due grandi tapponi che decreteranno le gerarchie definitive del Giro d’Italia. Con l’eccezione delle scalate proposte nel 1990 (nell’edizione del debutto si salì dal versante più facile, nel finale della Moena – Aprica) e nel 2004, vanificata da un tracciato che la collocava ad appena 40 Km dal via della Bormio – Presolana, la salita al Mortirolo ha sempre lasciato un’indelebile impronta sulla classifica. Anche quest’anno si annuncia una grande giornata di ciclismo, foriera di ribaltoni in classifica anche perché sarà riproposta la tremenda accoppiata con il Valico di Santa Cristina, più impegnativo rispetto al passato poichè gli organizzatori ne hanno prolungato la scalata introducendo l’inedita appendice verso Trivigno. E siccome non c’è il due senza il tre, in aggiunta si dovrà andare a superare, e per ben due volte, un’altra novità, un piccolo muro scovato in una strada parallela al solito itinerario d’accesso all’Aprica, per l’ottava volta proposta come traguardo di tappa.
Questa delicatissima tappa presenterà tutte le difficoltà concentrate nella seconda metà mentre i primi 100 Km si risolveranno in una lenta marcia d’avvicinamento al gran finale: in previsione di quanto si dovrà andare ad affrontare è impensabile – anche se non impossibile (l’anno scorso si viaggiò a 50 orari nelle prime fasi della Cuneo-Pinerolo) – che il gruppo interpreti al massimo i chilometri iniziali.
Lasciata Brescia il tracciato della 19a frazione si porterà verso il lago d’Iseo, raggiungendone le rive dopo aver toccato il centro di Provaglio d’Iseo, paese natale dei Gavazzi, noto anche per le sue torbiere (riserva naturale) e per il monastero di San Pietro in Lamosa, fondato dai cluniacensi nel 1083. Il tratto rivierasco misurerà una ventina di chilometri e sarà meno complicato rispetto a quello affrontato il giorno precedente sulla Gardesana. Si dovranno, infatti, superare solo 5 gallerie scavate nella roccia, a tutto vantaggio dell’occhio che potrà godere del panorama sul Sebino e su Montisola, la più grande isola lacustre d’Europa assieme alla svedese Visingsö. Il nome ben identifica l’isola, che appare con la vetta d’una montagna semisommersa, al cui culmine si adagia dal XIII secolo il santuario della Madonna della Ceriola, mentre il principale monumento dell’isola è la Rocca Oldofredi.
Giunti all’estremo meridionale del lago il Giro farà il suo ingresso in Valcamonica, seguendone costantemente la strada di fondovalle sino a Edolo. Dopo un fugace sconfinamento in provincia di Bergamo, giusto per il passaggio da Costa Volpino e Rogno, si tornerà nel bresciano e ci si porterà nel principale centro della valle, il vasto comune che ha in Darfo il capoluogo mentre il vero e proprio cuore pulsante delle attività è costituito dalla nota frazione di Boario Terme, presso la quale sono sfruttate sin dalla metà del XIX secolo sorgenti d’acque ricchissime di sali minerali (soprattutto ferro).
Si solcheranno strade spesso frequentate dalla corsa rosa, poiché conducono ai piedi di celebri ascese come il Montecampione (che ha reso onore al suo nome favorendo le vittorie di fuoriclasse del calibro di Hinault e Pantani), il Passo del Vivione e il Croce Dominii (toponimo da scriversi correttamente con la doppia i finale), che a suo tempo fece tribolare non poco un certo Eddy Merckx. Questa salita ha inizio nel cuore di Breno, il principale comune della media valle, dal quale i “girini” transiteranno a una settantina di chilometria dal via. Poco più avanti si giungerà a Capo di Ponte, centro tre volte meritevole di una sosta, per visitarvi l’antichissima Pieve di San Siro, il monastero di San Salvatore e, soprattutto, il “Parco nazionale delle incisioni rupestri di Naquane”, 30 ettari di massi incisi tra il periodo dell’epipaleolitico e l’età medievale, primo dei 44 siti italiani, in ordine di tempo, a essere stato insignito della denominazione “Patrimonio dell’Umanità” da parte dell’UNESCO (1979).
Giunti a Edolo si salirà una prima volta all’Aprica, permettendo così ai corridori di prendere le misure del muro che si dovrà affrontare anche nel finale, al termine di un circuito d’alta montagna lungo poco più di 80 Km. Tagliata la linea d’arrivo si scenderà per poco più di 6 Km sul versante valtellinese, per poi andare a imboccare i duri 7000 metri (media del 9,3%, massima del 14%) che condurranno al Valico di Santa Cristina, ascesa che nel 1994 riuscì a mandare in “apnea” Miguel Indurain, piegato da un ennesimo scatto di Pantani al punto che al navarro, come racconterà lo stesso corridore nelle interviste del dopo-tappa, si appannerà addirittura la vista. Giunti nel luogo dove tradizionalmente si transitava sotto lo striscione del GPM si svolterà a sinistra e, imboccata la strada panoramica che permette di raggiungere direttamente il Mortirolo dall’Aprica, la si seguirà per 4 facili chilometri (media del 4,5%), interrompendo la scalata a 1608 metri di quota, poco sotto l’abitato di Trivigno. È la più elevata frazione del comune di Tirano, verso il quale ci si dirigerà con una delle discese più impegnative e tecniche del Giro 2010, una dozzina di chilometri completamente asfaltati da non molti anni, ripidi e caratterizzati da parecchi tornanti.
Un tratto in falsopiano di circa 3 Km farà da “separè” tra la fine della discesa da Trivigno e l’attacco del Mortirolo e percorrendolo si transiterà per Tovo di Sant’Agata, antica base del passo più duro d’Italia. Da questo paese partiva la mulattiera diretta al Mortirolo e che fu percorsa nel 1859 da Giuseppe Garibaldi, giunto in Valtellina a capo dei “Cacciatori delle Alpi” per attaccare gli austriaci. Oggi questo itinerario è stato sistemato e costituisce un’impegnativa variante al già durissimo versante di Mazzo, accompagnando l’insidia delle pendenze elevate a quelle del fondo sterrato. L’eroe dei due mondi non aveva a sua disposizione una bicicletta, a differenza dei corridori che, salendo dal versante “moderno” di Mazzo, saranno impegnati per non meno di 42′40″, sempre che non sia battuto il record della scalata fatto stabilire l’8 giugno 1996 da Ivan Gotti.
Terminata la discesa e ancora sfiorata, toccata e fuga, la Valcamonica, da Edolo ci si rilancierà su per la valle di Corteno, tornando ad affrontare il muro tra Edolo e Santicolo, il mezzo chilometro al 13,8% che va a impreziosire i complessivamente pedalabili 13 Km conclusivi, caratterizzati anche dal traguardo volante posizionato nel cuore di Corteno Golgi, uno dei principali centri della valle. È la patria dell’illustre scenziato Camillo Golgi – che con Carducci fu il primo italiano a essere insignito del Premio Nobel (1906, per i suoi studi sull’istologia del sistema nervoso) – e si apre allo sbocco delle collaterali Valli di Sant’Antonio, piccola ma incantevole riserva naturale.
Ritrovata la strada “maestra” per l’Aprica, nel finale le energie in evitabile calando – nonostante pendenze che si affievoliranno man mano che ci si avvicinerà al traguardo – ergeranno in cattedra, scaglionati nelle singole fatiche, i migliori interpreti della 93a edizione del Giro d’Italia.
I VALICHI DELLA TAPPA
Sella di Breno (342m). Vi sorge l’omonimo centro.
Passo di Aprica (1113m). Ampia sella pianeggiante, lunga quasi 3 Km, che mette in comunicazione la Valtellina con la Valcamonica tramite la Valle di Corteno. È valicato dalla SS 39 “dell’Aprica” e vi sorge l’omonima stazione di sport invernali, costituita dai tre nuclei di Madonna, Mavigna e San Pietro. Quotata 1173 sulle cartine del Giro 2010, è stata affrontata alla corsa rosa 8 volte come GPM, una come traguardo volante Intergiro (nel 1992, tappa Palazzolo sull’Oglio – Aprica vinta da Marco Saligari) e una – come accadrà quest’anno – come traguardo di tappa senza gran premio (nel 2006, quando Ivan Bassso s’impose in rosa nella Trento – Aprica). Il primo a transitare in testa sotto lo striscione GPM è stato Fausto Coppi, nel corso della tappa Locarno – Brescia del Giro del 1950, vinta da Luciano Maggini. In seguito hanno conquistato questo traguardo Vittorio Adorni nel 1962 (tappa Moena – Aprica), Bruno Vicino nel 1979 (Trento – Barzio, vinta da Amilcare Sgalbazzi), lo svizzero Stefan Joho nel 1988 (la mitica tappa del Gavia, Chiesa Valmalenco – Bormio, vinta dall’olandese Erik Breukink), il venezuelano Leonardo Sierra nel 1990 (Moena – Aprica), Ivan Gotti nel 1996 (Cavalese – Aprica), Mariano Piccoli nel 2000 (Bormio – Brescia, vinta da Biagio Conte) ed Emanuele Sella nel 2008 (Rovetta – Tirano).
Valico di Santa Cristina (1427m). Si trova nei pressi della congiunzione delle strade che salgono a Trivigno da Tresenda e dall’Aprica. Il Giro l’ha affrontata tre volte, sempre in abbinamento al Mortirolo e sempre in occasione di frazioni terminate nella vicina Aprica. Anche per questo l’uomo primo al comando sul GPM è risultato poi il vincitore della tappa: Franco Chioccioli nel 1991 (il primo anno si salì dal versante più facile, tappa Morbegno – Aprica), Marco Pantani nel 1994 (Merano – Aprica) e lo spagnolo Roberto Heras nel 1999 (Madonna di Campiglio – Aprica).
Passo della Foppa (1852m). È il valico comunemente identificato come Mortirolo, attraversato da una strada provinciale che mette in comunicazione Monno con Mazzo di Valtellina. Sulle cartine del Giro è quotato 1854 metri. In realtà, il vero Mortirolo si trova altrove. Anzi, ne esistono due, il Passo del Mortirolo-Nord e il Passo del Mortirolo-Sud, entrambi alti 1896 metri. Il primo si trova a nord est della Foppa ed è raggiunto da una strada sterrata a fondo cieco, che si stacca dal tratto terminale del versante Edolo / Monno – Foppa; il valico sud, invece, è toccato da una strada di cresta asfaltata che permette di raggiungere la Foppa direttamente dall’Aprica, passando per Trivigno. Per i passaggi della corsa rosa vi inviamo all’apposito articolo.
Mauro Facoltosi
FOTOGALLERY
Foto copertina: salendo al Mortirolo (www.math.ethz.ch)
ALMANACCO DEL DOPO TAPPA: QUI BRESCIA
maggio 28, 2010 by Redazione
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Dopo la presentazione della tappa e la cronaca, la giornata in rosa di ilciclismo.it si chiude con uno scrigno zeppo di golosità: pareri tecnici di campioni del passato, che conoscerete nelle prossime giornate; le notizie sulle condizioni di Damiano Cunego, pervenute direttamente dal suo direttore sportivo; la rassegna stampa internazionale; il parere dei tifosi; una rubrica umoristica in ricordo di Raimondo Vianello; le “perle” dei telecronisti e le previsioni del tempo per la tappa che verrà. Seguiteci.
Foto copertina: il gruppo sfila sulla Gardesana (foto Bettini)
GIRO D’ITALIA, GIRO DEL MONDO
È arrivata l’ora della verità. Oggi l’assalto al Mortirolo(Gazzetta dello Sport)
Greipel vince la 18ª, Arroyo resta in maglia rosa rosa(Corriere dello Sport – Stadio)
Greipel sprints to victory (The Daily Telegraph)
Greipel se montre enfin(L’Equipe)
Arroyo : “Basso et Evans attaqueront jusqu’à la fin” (Le Monde)
Arroyo pone en juego su maglia en el Mortirolo (As)
El Mortirolo pone a prueba a Arroyo
Greipel se hace con la décimoctava etapa (El Mundo Deportivo)
Greipel enfin (Le Soir)
Victoire de Greipel au sprint (La Dernière Heure/Les Sports)
Greipel wint eindelijk zijn Girorit (De Standaard)
Andre Greipel breaks away to win 18th stage of Giro d’Italia(USA Today)
Porte, Evans maintain third and fourth in Tour of Italy (The Age)
Evans, Porte retain their places (Herald Sun)
Greipel wins stage, Aussies still top four (The Daily Telegraph – Australia)
Greipel triumphiert(Die Welt)
Greipel sprintet zu Etappensieg (Frankfurter Allgemeine Zeitung)
Sprinter Greipel holt Etappensieg (Westdeutsche Allgemeine Zeitung)
BOX POPULI
Ecco le impressioni degli appassionati di ciclismo, gente che le corse non le segue solo davanti alla tv, ma le vive sia andando ad applaudire i campioni lungo le strade, sia ricalcando le stesse rotte e sudando in sella ad una bici.
M: Volata o fuga? Il tratto delle 30 gallerie potrebbe incidere?
V: Ma quanto è “inutile” da uno a dieci questa tappa?!? Io direi almeno 20… Il Giro arriva a Pejo ieri e domani all’Aprica e fan scendere i corridori a Brescia… Mah! Giusto per rendere ridicola anche metà tappa di domani!
No comment poi il trasferimento addirittura l’ultimo giorno per fare la crono a Verona… Resto dell’idea che questo Giro sia stato tracciato non male: malissimo!
Oggi arriverà una fuga.. Le squadre delle ruote veloci (quelle poche presenti) non riuscivano a controllare la corsa ad inizio Giro, figuriamoci adesso!
E: La volta sembra scritta nel destino. Quindi dico Greipel!
M: Che il Giro sia disegnato male, sono d’accordo.
Che questa sia una tappa inutile, insomma: lasciamola qualche soddisfazione anche ai velocisti, per lo meno a quelli che sono riusciti a sopravvivere alle due settimane infernali appena trascorse. E poi un altro giorno di relativo riposo farà bene a tutti i corridori, in vista delle ultime 3 tappe.
G: Bè insomma, il Giro disegnato male…magari a te non piace, a me si, a un altro no.
Ho visto che anche al Tour a volte fanno dei percorsi troppo facili o troppo duri, a volte con tante tappe per velocisti e a volte tante crono, come ai tempi di Indurain.
Non mi sembra che sia un brutto Giro, le tappe così possono non piacere, ma ci sono sempre state. Drastico!
J: Bravo. Io preferisco 2 tappe per velocisti nell’ultima settimana piuttosto che 5 nella prima! E’ uno stimolo per non ritirarsi dalla corsa; per me un velocista che tiene duro sulle montagne e vince l’ultima tappa vale di più di un Cipollini che ne infila 5 nella prima settimana e poi si ritira.
P: Mah, in realtà non mi pare di ricordare che Cipollini fosse solito ritirarsi “per prassi” dopo le prime tappe. Anzi, lo ricordo più volte transitare con il gruppo dei velocisti sui passi alpini (Mortirolo incluso) dell’ultima settimana. O mi sbaglio? Uno che si ritira(va) sempre era McEwen.
J: Cipollini soleva ritirarsi al Tour, ed infatti ad un certo punto non lo hanno più voluto, nemmeno con la maglia di campione del mondo. Al Giro arrivava spesso fino in fondo (e aggiungerei una piccola cattiveria: … forse perchè il pubblico italiano lo spingeva in salita, mentre in Francia no!! Lo vidi arrancare nel 2002 (o 2003) sul Fedaia e salire, come tanti altri già staccatissimi, grazie all’aiuto del pubblico)
P: Greipel vince se riescono a controllare la corsa nel finale… non c’è solo lui di velocista, ormai?
V: Forse non ci siamo capiti del tutto. Più che un discorso sulla durezza, intendevo proprio come disegno delle tappe! Fan fare ai corridori spostamenti inutili. Che ci siano tappe per velocisti è anche giusto, anche alla fine. Fa ridere che ieri siano arrivati a Pejo, oggi a Brescia, domani all’Aprica e dopodomani al Tonale: in questo senso la tappa di oggi era totalmente inutile! (anche perchè la tappa di ieri non era poi durissima… Aveva senso lasciare le tre tappe “di montagna” vicine e poi spostarsi. Ma per lasciare il tappone al sabato han costretto allo spostamento finale: piazzare al penultimo giorno una salita vicino a Verona no eh? Se lasciavano l’arrivo classico a Milano tutto filava più liscio…
Ma vabbè: speriamo di goderci domani e dopo delle belle tappe!
M: Anch’io intendevo “disegnato male” dal punto di vista dei trasferimenti. Per quanto riguarda la tappa di oggi, bravo Greipel, che si è fatto la volata da solo ed ha beffato il Team Sky, l’unico con un treno ancora molto compatto, mentre la Liquigas ha sbagliato qualcosa, perché Dall’Antonia ha perso Sabatini ed hanno fatto due volate distinte.
con la collaborazione degli utenti del Forum dello Scalatore (www.salite.ch)
GIRO A SEGNO
Rubrica semiseria sul Giro 2010, in ricordo del grande Raimondo Vianello
Cassani ha smascherato la bici elettrica…
utilizzata in corsa dal 2004…
In molte squadre c’è il panico e i corridori si chiedono:
ma adesso ci tocca pedalare???
by Napo
METEO GIRO
Le previsioni si riferiscono agli orari di partenza, passaggio e arrivo della frazione Brescia – Aprica
Brescia: poco nuvoloso, temperatura 21,1°C, vento debole da ESE (6 km/h), umidità al 64%
Boario Terme (53,6° Km): pioggia debole (1,1 mm), temperatura 19,8°C, vento debole da E (4 km/h), umidità al 74%
Edolo – 1° passaggio (97,2° Km): pioggia debole (1,5 mm), temperatura 16,8°C, vento debole da S (4-8 km/h), umidità al 78%
Aprica – 1° passaggio (112,9° Km): pioggia debole (1,8 mm), temperatura 11°C, vento debole da SSE (4-9 km/h), umidità al 84%
Mazzo di Valtellina (150,1° Km): alternanza di piogge deboli (0,9 mm) e schiarite, temperatura 17,8°C, vento debole da S (5-9 km/h), umidità al 81%
Edolo – 2° passaggio (179,4° Km): nuvole sparse, temperatura 17,8°C, vento debole da SSW (3-6 km/h), umidità al 73%, possibilità di debolissimi piovaschi (0,2 mm)
Aprica – arrivo: pioggia debole (0,6 mm), temperatura 12°C, vento debole da SSE (4-6 km/h), umidità al 78%
I MISTERI DELLA CASSAPANCA
IERI
Monier a Piacente: “Je suis parti au début de la dernière bosse” (sono partito all’inizio dell’ultima salita)
Traduzione di Piacente ai telespettatori: “E’ stata una tappa molto nervosa”
OGGI
Frapporti: “Vedrò di nascondermi dietro le gallerie” (chi ti credi di essere? Il Copperfield?)
Zandegù: “La canzoncina che ha vinto il Giro di Francia nel 1965″
Sgarbozza: “Grepel”
Pancani: “Sembra la classica tappa per velocisti, ma non ne sono rimasti pochi” (c’è un non di troppo)
Pancani: “Ecco le immagini registrate stamani alla partenza” (la tappa è partita alle 13.30)
Cassani: “Dopo il Santa Cristina si sale ancora per tre chilometri” (4 Km)
Pancani: “La tappa di dopodomani che dovremmo seguire ora ora”
Pancani: “Voci della radiomercato” (che è? Francè, illuminaci)
Pancani: “Il gruppo sta violentemente recuperando” (si stanno a corcà?)
Pancani: “Greipel va a segnare la tappa”
Grafica 3D della tappa Brescia – Aprica: “Lumezzate” (Lumezzane)
Cassani: “Santa Caterina, questa è una salita molto impegnativa” (Santa Cristina)
Cassani: “Vorrei approfondire il discorso su questo discorso”
Plastina (commentando le webcam dell’Aprica): “La situazione qui è nuvolosa”
Cainero (intervista sul Messaggero Veneto): “Dipenderà anche dal disegno del prossimo Giro che secondo le intenzioni dovrebbe partire da Vienna” (Torino)
La perla della giornata è di Mura
“Sgarbossa”
Lo storpiator cortese è vendicato!!!!!!!!!!!!!!
Approfittiamo dell’occasione per andare a ravanare sul fondo della cassapanca (l’avete notato, è il soprannome che è stato affibbiato al duo microfonato della RAI) e a pescare qualche strafalcione storico.
Oggi vi proponiamo strafalcioni extra-ciclistici pronunciati dai giornalisti “seri”
Paolo Frajese: “il Capodanno del 2000 è un evento che capita una sola volta all’anno”
Gioacchino Bonsignore (TG5): “Una notizia da far accapponare i capelli” (sicuramente l’avrà sentita Marge Simpson)
Luca Giurato: “Il Corriere della Sorca” (aaaaaarrrghhhh!!)
Rosanna Cancellieri: “Inaugurata a Siracusa, città natale del grande matematico, una mostra dedicata ad Archimede Pitagorico” (è il papero di Walt Disney)
Emilio Fede: “Il Festival di Sanremo è stato vinto da Fior di Tonno e Liolà Ponce” (così è, caro Emilio, se ti pare)
ARCHIVIO ALMANACCO
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3a tappa Amsterdam – Middelburg
4a tappa Cuneo – Savigliano (cronosquadre)
8a tappa Chianciano Terme – Terminillo
9a tappa Frosinone – Cava de’ Tirreni
12a tappa Città Sant’Angelo – Porto Recanati
13a tappa: Porto Recanati – Cesenatico
15a tappa: Mestre – Monte Zoncolan
16a tappa: San Vigilio di Marebbe – Plan de Corones