POLONIA, LA PRIMA È DI OLAV KOOIJ: VOLATA VINCENTE DAVANTI A MAGNIER.
Il talento olandese della Visma | Lease a Bike sceglie il momento giusto e resiste al ritorno di Magnier. Caduta nel finale a 1,7 km dal traguardo complica l’avvicinamento.
La corsa polacca si apre subito nel segno dei velocisti. In una frazione apparentemente disegnata per loro, i tentativi di fuga non hanno vita facile. Ci provano fin dalle prime pedalate Patryk Stosz (Polonia), Donavan Grondin (Arkéa-B&B Hotels), Lars Boven (Alpecin-Deceuninck) e Nadav Raisberg (Israel-Premier Tech). Quest’ultimo perde presto contatto, lasciando ai compagni di avventura la responsabilità di tenere viva la fuga, che raggiunge un vantaggio massimo di 2’30”.
Il gruppo, però, non concede troppo spazio: a dettare il ritmo ci pensano le corazzate Ineos Grenadiers, Visma | Lease a Bike e Soudal Quick-Step, che riducono il gap a un minuto e mezzo già dopo due ore di gara, con ancora oltre cento chilometri da percorrere.
Il momento più caldo della fase centrale arriva al traguardo volante di Polkowice, dove Stosz decide di alzare bandiera bianca e farsi riprendere. Grondin e Boven resistono ancora per una ventina di chilometri, ma anche loro vengono risucchiati dal plotone a 38 km dalla linea d’arrivo. È allora che Bauke Mollema (Lidl-Trek) rompe gli schemi: uno scatto deciso gli permette di conquistare il GPM di Prochowice, prima di rialzarsi e lasciare di nuovo spazio al gruppo compatto.
Da lì in poi, è pura bagarre. Negli ultimi sette chilometri le squadre dei velocisti si sfidano senza riuscire a costruire un vero treno. L’adrenalina sale, una caduta a 1,7 km dall’arrivo complica ulteriormente la situazione e il finale diventa un concentrato di caos e nervi saldi. Tim Torn Teutenberg (Lidl-Trek) lancia lo sprint troppo lungo e viene rimontato negli ultimi metri da Olav Kooij (Visma | Lease a Bike), che azzecca il timing perfetto e firma il primo successo della corsa, resistendo al ritorno rabbioso di Paul Magnier (Soudal Quick-Step).
Antonio Scarfone
TOUR DE FRANCE FEMMES: PAULINE FERRAND-PRÉVOT VINCE ANCHE L’ULTIMA TAPPA E CHIUDE DA REGINA IN GIALLO
La campionessa francese si prende tutto: vittoria di tappa e maglia gialla. Vollering e Niewiadoma completano il podio. Gigante cede, Włodarczyk e Fisher-Black in top five.
Il Tour de France Femmes 2025 si chiude con un trionfo totale per Pauline Ferrand-Prévot. Dopo l’impresa sul Col de la Madeleine, la fuoriclasse della Visma ha dominato anche la nona e ultima tappa, con arrivo a Châtel, regalando alla Francia una vittoria dal sapore epico. A 44 anni dall’accoppiata di Hinault, il tricolore torna sul gradino più alto sia alla Parigi-Roubaix, sia al Tour.
Il finale è stato un copione perfetto per la Ferrand-Prévot: dopo aver controllato la corsa fino a 6.5 chilometri dal traguardo, ha piazzato l’attacco decisivo sullo strappo di Châtel, lasciando sul posto anche le più agguerrite inseguitrici. Demi Vollering (FDJ – SUEZ) e Katarzyna Niewiadoma (CANYON//SRAM zondacrypto) hanno completato il podio di tappa e quello finale, ma senza mai riuscire a impensierire la “regina” del Tour.
La giornata è iniziata con il tentativo di fuga delle compagne di squadra Anna van der Breggen e Femke Gerritse (Team SD Worx – Protime), poi raggiunte da Lotte Kopecky (Team SD Worx – Protime) e Lucinda Brand (Lidl – Trek). Nella discesa prevista in partenza incappavano in difficoltà la Ferrand-Prévot e Sarah Gigante (AG Insurance – Soudal Team), con la Visma costretta a ricucire lo strappo insieme alla AG Insurance. Sulla Côte d’Arâches-la-Frasse, la Van der Breggen ci riprova, mentre il gruppo delle big si assottiglia.
Sul Col du Joux Plane, salita più dura di giornata, cadono la Niewiadoma e Cédrine Kerbaol (EF Education-Oatly). La polacca si rialza subito, la francese fatica a rientrare. Intanto la Gigante lancia un primo attacco, ma poi cede in discesa sotto il forcing della Vollering. Sul Col du Corbier il gruppo si riduce a sei atlete: la Vollering, la Niewiadoma, la Ferrand-Prévot, Niamh Fisher-Black (Lidl – Trek), Dominika Włodarczyk (UAE Team ADQ) e Juliette Labous (FDJ – SUEZ).
Lo strappo finale di Châtel segna la svolta: la Vollering ci prova, ma è la Ferrand-Prévot a spezzare gli equilibri. Parte con potenza, lascia tutte dietro e vola verso il traguardo con la grazia e la ferocia delle grandi campionesse. Il suo Tour, il suo momento, la sua apoteosi.
Alle sue spalle la Vollering chiude a 20”, terza vittoria di tappa sfumata ma secondo posto in classifica generale confermato. La Niewiadoma è terza a 4’09”, ancora sul podio per il quarto anno consecutivo. La Gigante crolla in discesa, perde oltre tre minuti e scivola dalla seconda alla sesta posizione, mentre la Włodarczyk sorprende tutti con un quarto posto inatteso. La Fisher-Black, quinta, chiude un weekend da incorniciare.
La top ten si completa con la Labous, Évita Muzic (FDJ – SUEZ), la Kerbaol e Paul Rooijakkers (Fenix-Deceuninck), mentre per incontrare la prima ciclista italiana occore far scorrere la classifica fino al 13° posto, occupato dalla trentina Barbara Malcotti (Human Powered Health) con un passivo che sfiora la mezzora. Per quanto concerne le classifiche “secondarie”, Lorena Wiebes (Team SD Worx – Protime) imita
Jonathan Milan e si porta a casa a classifica a punti, Elise Chabbey (FDJ – SUEZ) è la leader tra le scalatrici, Nienke Vinke (Team Picnic PostNL) è la migliore tra le giovani, mentre la FDJ – SUEZ fa sua la speciale challenge riservata alle squadra.
Mario Prato

Pauline Ferrand-Prévot vince anche l'ultima tappa: è trionfo totale per la maglia gialla (foto Szymon Gruchalski/Getty Images)
PAULINE FERRAND-PRÉVOT DOMINA IL COL DE LA MADELEINE E CONQUISTA LA MAGLIA GIALLA
Nell’ottava e penultima tappa del Tour de France Femmes 2025, Pauline Ferrand-Prévot ha dato spettacolo sul leggendario Col de la Madeleine, imponendosi con autorità e guadagnandosi la prestigiosa maglia gialla a una tappa dal termine. La campionessa francese della Visma | Lease a Bike ha staccato tutte le avversarie nella lunga salita finale, tagliando il traguardo con un vantaggio di 1’45” su Sarah Gigante (AG Insurance-Soudal Team) e di 2’15” su Niamh Fisher-Black (Lidl-Trek), ultima superstite della fuga di giornata.
Pauline Ferrand-Prévot (Team Visma | Lease a Bike), nata a Reims nel 1992, è una ciclista poliedrica, capace di eccellere sia in corse a tappe, sia nelle gare di un giorno e nelle cronometro. Dopo un anno di transizione dalla mountain bike alla strada, la sua vittoria al Tour de France Femmes 2025 segna il coronamento di un sogno a lungo inseguito: indossare la maglia gialla nella gara più importante di Francia. Nel suo palmarès spiccano il Campionato del Mondo su strada nel 2014, La Freccia Vallone nel 2014 e la Parigi-Roubaix nel 2025, confermando il suo status di leader nel ciclismo femminile mondiale.
La tappa di 111,9 km, partita da Chambery, ha visto fin dai primi chilometri un susseguirsi di attacchi e tentativi di fuga. Riejanne Markus (Lidl – Trek) e Usoa Ostolaza (Laboral Kutxa – Fundación Euskadi) sono state le prime a guadagnare terreno, seguite da altre atlete di spicco come Elise Chabbey (FDJ – SUEZ) e Marion Bunel, compagna di squadra di Ferrand-Prévot. Il gruppo maglia gialla ha mantenuto un ritmo alto, soprattutto nelle discese, grazie a Lorena Wiebes (Team SD Worx – Protime) e Kimberly Le Court-Pienaar (AG Insurance – Soudal Team), con l’obiettivo di tenere sotto controllo la fuga e preparare l’attacco decisivo.
Ai piedi della salita finale il vantaggio delle fuggitive si è assottigliato fino a circa un minuto e mezzo. È qui che la Ferrand-Prévot ha sferrato il suo attacco vincente, coadiuvata dal prezioso lavoro della compagna Bunel. La francese ha staccato prima Sarah Gigante (AG Insurance – Soudal Team), poi ha recuperato e superato anche le ultime fuggitive, lasciandosi alle spalle ogni rivale.
“Sono emozionata e felice,” ha dichiarato Ferrand-Prévot. “La maglia gialla è il mio sogno da bambina. Questa vittoria è il risultato di un lavoro di squadra incredibile e di una preparazione maniacale. Il finale è stato durissimo, ma sono riuscita a gestire lo sforzo come in mountain bike, mantenendo la giusta soglia. Domani c’è l’ultima tappa, sarà difficile e dovrò dare ancora il massimo, ma oggi mi godo questo momento.”
Anche la compagna di squadra Marion Bunel ha espresso soddisfazione: “Siamo riuscite a mettere in pratica il piano alla perfezione. È stato un lavoro di squadra straordinario, proprio come quello visto in passato da Wout van Aert al Giro d’Italia. Ora dobbiamo restare concentrate fino alla fine.”
La Gigante, seconda a 1’45”, ha ammesso la forza della vincitrice e la fatica della sua giornata, specialmente nelle discese dove ha subito qualche difficoltà. “Sono felice del risultato e della mia squadra. Sto migliorando e il secondo posto è un ottimo segnale.”
Niamh Fisher-Black (Lidl – Trek), terza, ha conseguito il medesimo piazzamento anche in classifica generale, mentre Demi Vollering (FDJ – SUEZ), pur tentando la rimonta, ha pagato uno scarto di oltre tre minuti, complici gambe non al massimo secondo il suo direttore sportivo Lars Boom.
Nonostante il dominio della Ferrand-Prévot, l’ultima tappa con salite impegnative potrebbe riservare sorprese. Jos van Emden, DS della Visma-Lease a Bike, ha invitato alla prudenza: “Ora siamo sulla hot seat, non è ancora finita. Pauline è speciale, ma dovremo lottare fino all’ultimo chilometro.”
Il Tour de France Femmes 2025 entra quindi nell’atto conclusivo con la campionessa francese pronta a difendere il suo primato e la maglia gialla per la gioia dei tifosi di casa e degli appassionati di ciclismo femminile in tutto il mondo.
Mario Prato

Braccia al cielo per Pauline Ferrand-Prévot ai quasi 2000 metri del Col de la Madeleine (foto Tim de Waele/Getty Images)
CICCONE ACCENDE UN CERO A SAN SEBASTIAN, L’ABRUZZESE TORNA ALLA VITTORIA DOPO LA CADUTA AL GIRO
Due mesi dopo la caduta che lo aveva costretto al ritiro dal Giro d’Italia Giulio Ciccone torna alle corse e subito lascia il segno alla Classica di San Sebastian
In Spagna non si corrono classiche “Monumento”, ma la corsa denominata “Classica di San Sebastian”, che si corre nel nord del paese nel mese di agosto, è di gran lunga la più importante gara in linea della penisola iberica, con nomi importanti nel suo palmares, fra cui quello di Miguel Indurain (è fra le pochissime corse in linea vinte dal campione navarro), e i nostri Bugno, Chiappucci, Casagrande, Rebellin e Bettini. In tempi recenti è stata vinta per ben tre volte da Remco Evenepoel (Soudal Quick-Step), quest’anno assente dopo la tremenda crisi sofferta al Tour e dalla quale non sembra ancora essersi ripreso. In sua assenza vanno senz’altro annoverati tra i favoriti alcuni corridori che si sono messi in luce al Giro, come lo spagnolo Juan Ayuso (UAE Team Emirates – XRG), il suo compagno di squadra Isaac Del Toro, i nostri Giulio Ciccone (Lidl – Trek, Tiberi), Christian Scaroni (XDS Astana Team) e Giulio Pellizzari (Red Bull – BORA – hansgrohe) e diversi reduci del Tour, fra i quali Oscar Onley (Team Picnic PostNL), Primož Roglič (Red Bull – BORA – hansgrohe), Marc Hirschi (Tudor Pro Cycling Team), qui vincitore l’anno scorso, Tobias Halland Johannessen (Uno-X Mobility) e Lenny Martinez (Bahrain – Victorious).
La corsa parte dalla città di San Sebastian, importante località turistica sulle rive dell’Atlantico, e vi torna dopo 211 chilometri e altri due passaggi intermedi, dopo avere effettuato molti giri nell’entroterra dove si affrontano diversi GPM: l’Alto de Andazarrate (5.9 km al 5.7%) dopo soli 28 chilometri (3a categoria), la salita di Urraki (8.6 km al 6.9%) dopo 81 (2a categoria), quella di Alkiza (4.4 km al 6.2%) al chilometro 102 (3a categoria), il famoso Alto de Jaizkibel (7.9 km al 5.6%) al chilometro 149 (2a categoria, spesso vi si decide la corsa), il breve ma ripido Erlaitz (3.8 km al 10.6%) al chilometro 170 (1a categoria) e infine la salita di Murgil-Tontorra (2.1 km al 10.1%, 2a categoria), la cui cima è a soli 7 chilometri dall’arrivo.
Si parte alle 11.30 con un tempo sereno ma non troppo caldo e quasi subito si forma un gruppo di una dozzina di uomini di secondo piano (il più noto è probabilmente il non più giovane passista inglese Ben Swift della INEOS Grenadiers) che prende rapidamente un paio di minuti di vantaggio. Sul primo GPM transita in testa il giovane francese Alexy Faure Prost (Intermarché – Wanty), poi i chilometri passano senza che succeda nulla di importante, anche se nel gruppo gli uomini della UAE cercano di non far prendere troppo vantaggio ai fuggitivi. Anche sul secondo e sul terzo GPM è Faure Prost a passare per primo, col gruppo che segue a due minuti scarsi, ed è solo sul Jaizkibel che i fuggitivi si sfaldano, mentre dal gruppo esce il forte passista australiano Luke Plapp (Team Jayco AlUla), quest’anno in evidenza sia al Giro (dove ha vinto una tappa), sia al Tour. Tra i fuggitivi resta presto da solo il giovane francese Jordan Labrosse (Decathlon AG2R La Mondiale Team), che transita primo in cima alla salita, seguito dagli ultimi reduci della fuga ai quali si è unito Plapp, che insegue con molta decisione anche grazie all’aiuto del compagno di squadra Paul Double, che era uno dei fuggitivi. Il gruppo segue a circa un minuto e mezzo. Alla fine della discesa Plapp, in compagnia di un altro reduce della fuga, il lussemburghese Mats Wenzel (Equipo Kern Pharma), raggiunge Labrosse, mentre il gruppo si avvicina lentamente ma inesorabilmente e, ai piedi dell’Erlaitz, si trova ad un minuto soltanto di distanza. Sulle rampe del duro GPM i tre fuggitivi accusano la fatica, mentre in gruppo sia Roglic, sia Del Toro iniziano a darsi da fare in prima persona. Ben presto Roglic, Del Toro e altri corridori, fra cui il nostro Ciccone, si riportano sui fuggitivi; a cedere per ultimo è Plapp. Ciccone tenta più volte l’azione solitaria, ma in cima alla salita di Erlaitz è Del Toro a passare primo. La coppia di testa si invola in discesa, seguita da un terzetto con Roglic, Jan Christen (UAE Team Emirates – XRG) e il belga Maxim Van Gils (Red Bull – BORA – hansgrohe), presto ripresi da alcuni corridori usciti dal gruppo principale. Si forma così un gruppetto con nove uomini fra i quali si trova anche Scaroni, che rimane a lungo a circa 40 secondi da Ciccone e Del Toro. Terminata la discesa dietro il primo gruppetto di inseguitori se ne è formato un altro, che comprende Ayuso, e che segue a circa un minuto e mezzo. Col passare dei minuti la coppia di testa incrementa il vantaggio e transita dal traguardo, dove inizia il circuito finale di 17 chilometri, con un minuto sui primi inseguitori e circa due sui secondi, che poco dopo vengono riassorbiti dal gruppo principale. All’inizio della salita di Murgil-Tontorra il gruppetto con Roglic e Scaroni si avvicina sino a 35 secondi: a questo punto parte con decisione Christen, nonostante in fuga vi sia un suo compagno di squadra, e riesce velocemente a riportarsi sulla coppia di testa, che appare un po’ in crisi sulla ripida salita. A questo punto c’è il colpo di scena: Christen non si ferma e prosegue nella sua azione, con Del Toro che cede di schianto. Invece Ciccone resiste e contrattacca a sua volta staccando Christen e passando per primo in vetta alla salita con un vantaggio di una decina di secondi. Più indietro vi sono Del Toro e gli altri componenti del gruppetto in cui si trovano anche Roglic, Van Gils e Scaroni. Ciccone, ormai da solo, tenta di resistere al ritorno degli inseguitori: a 3 chilometri dalla fine i corridori rientrano a San Sebastian, dove Ciccone ha ancora 8 secondi su Christen; tutti gli altri sembrano ormai tagliati fuori dalla lotta per la vittoria. Sullo scenografico lungomare di San Sebastian Christen vede Ciccone davanti a sé, ma il corridore abruzzese non cede: entrambi pennellano le curve alla perfezione, correndo più volte il rischio di toccare il marciapiede, ma la distanza fra di loro né aumenta. né diminuisce. Ed è così, dopo un ultimo chilometro di sofferenza, che Ciccone vince a braccia alzate, riportando i nostri colori sul gradino più alto del podio in una corsa davvero importante, dopo un digiuno che durava ormai dal 2021, quando Sonny Colbrelli vinse la Parigi-Roubaix. Secondo è Christen, a 8 secondi, terzo Van Gils, che regola dopo 19 secondi il gruppetto degli inseguitori, fra i quali Del Toro, quinto, e Scaroni, ottavo. Roglic, che nel finale ha ceduto, è solo 22esimo.
Andrea Carta

Ciccone torna al successo alla Classica di San Sebastian (foto Antonio Baixauli/Getty Images)
MAEVA SQUIBAN FA DOPPIETTA AL TOUR DE FRANCE FEMMES, LE COURT SOFFRE MA CONSERVA IL PRIMATO
Ancora Maeva Squiban, ancora un’impresa in solitaria. Dopo il trionfo di ieri ad Ambert la giovane francese del UAE Team ADQ bissa a Chambéry al termine di una tappa lunga e selettiva. Va in fuga sin dai primi chilometri e domina il Col du Granier, staccando tutte e tagliando il traguardo con 51 secondi di vantaggio. Kim Le Court soffre in salita, ma rientra in discesa e resta in maglia gialla.
È il Tour de France Femmes 2025 di Maeva Squiban. La ventitreenne bretone sta vivendo il momento più luminoso della sua carriera, firmando la seconda vittoria consecutiva con un’altra prestazione maiuscola. Partita all’attacco in una fuga a diciassette, ha resistito a ogni tentativo di ricucitura e ha fatto la differenza sull’ascesa del Col du Granier, prima di presentarsi da sola sul traguardo di Chambéry, conquistando la settima tappa della corsa transalpina.
Alle sue spalle, Cédrine Kerbaol (EF Education-Oatly) ha sfruttato le sue doti di discesista per chiudere seconda a 51″, mentre Ruth Edwards (Human Powered Health), tra le ultime a mollare nella fuga, ha completato il podio. Tutte le big, comprese Pauline Ferrand-Prévot (Team Visma | Lease a Bike) , Demi Vollering (FDJ – SUEZ) e Juliette Labous (FDJ – SUEZ), sono giunte al traguardo con un minuto di ritardo. Tra loro c’era anche Kimberlu Le Court-Pienaar (AG Insurance-Soudal), che sul Col du Granier ha perso contatto ma è riuscita a rientrare in discesa, evitando di perdere la maglia gialla.
La frazione, con partenza da Bourg-en-Bresse e sviluppo iniziale pianeggiante, ha visto formarsi una fuga corposa sin dai primi chilometri. Con la Squiban sono andate all’attacco atlete di peso come Lotte Kopecky (Team SD Worx – Protime), Chloé Dygert (CANYON//SRAM zondacrypto), Shirin Van Anrooij (Lidl – Trek), Justine Ghekiere (AG Insurance – Soudal Team) e Marie Le Net (FDJ – SUEZ). Il gruppo ha lasciato spazio e il vantaggio ha superato i quattro minuti. Solo nel finale, a 35 km dall’arrivo, la Fenix-Deceuninck ha provato a rimettere ordine, ma ormai il destino della tappa era segnato.
La Squiban ha dettato legge sull’ultima salita, lasciando sul posto tutte le compagne di avventura. Dietro, il forcing di Yara Kastelijn (Fenix-Deceuninck) e Pauliena Rooijakkers (Fenix-Deceuninck) ha provocato la crisi della Le Court, che però ha saputo dosare le forze e contare sull’aiuto fondamentale della Ghekiere, rientrata dalla fuga. Quando il gruppo delle migliori ha rallentato, la mauriziana ha colto l’occasione per riportarsi sotto e salvare il simbolo del primato.
Nel finale la Kerbaol ha cercato di riaprire i giochi sfruttando la discesa, riuscendo a recuperare su alcune ex fuggitive ma non sulla vincitrice, che ha tagliato il traguardo a braccia alzate. Un successo che proietta la Squiban tra le grandi protagoniste di questa edizione del Tour, in attesa della tappa decisiva di oggi, quando l’arrivo in salita al mitico Col de la Madeleine non lascerà più margine di attesa.
Sarà il giorno della verità per la classifica generale. Le big non potranno più nascondersi e la maglia gialla sarà chiamata a un’impresa se vorrà difendere il primato. Intanto, la regina delle ultime due giornate ha un nome e un volto ben chiari: Maeva Squiban.
Mario Prato

La Squiban vince anche la settima tappa (foto Szymon Gruchalski/Getty Images))
SQUIBAN INFIAMMA LA FRANCIA: VITTORIA IN SOLITARIA NELLA SESTA TAPPA DEL TOUR DE FRANCE FEMMES 2025
Sulla strada che porta ad Ambert Maeva Squiban firma un’impresa da campionessa e riporta la bandiera francese sul gradino più alto del podio. Con un attacco deciso a oltre 30 chilometri dal traguardo la bretone del UAE Team ADQ conquista la prima tappa di montagna della Grande Boucle femminile, dimostrando classe, coraggio e una condizione invidiabile.
Con un colpo da finisseur esperta, Maeva Squiban (UAE Team ADQ) ha dominato la sesta tappa del Tour de France Femmes 2025, lasciando il segno con un’azione solitaria che l’ha portata a trionfare ad Ambert con 1’09” di vantaggio sulla connazionale Juliette Labous (FDJ-SUEZ). Terza Kimberly Le Court (AG Insurance-Soudal Team), che mantiene la maglia gialla e guadagna 8 preziosi secondi di abbuono sulle dirette rivali.
La ventitreenne di Brest, già protagonista in tappe impegnative negli anni passati, si conferma talento cristallino del ciclismo francese e simbolo della nuova generazione in rosa. Dopo essere caduta nei giorni precedenti, la Squiban ha trovato la forza per riscattarsi nella giornata più dura, attaccando con decisione sul Col du Chansert e difendendo il margine in discesa e nel tratto in salita pedalabile verso Valcivières.
Nonostante la perdita di Elisa Longo Borghini, l’UAE Team ADQ ha saputo riorganizzarsi con determinazione. Dopo i tentativi in volata di Lara Gillespie, la formazione emiratina ha trovato nella Squiban la carta vincente per lasciare il segno. Il successo della giovane bretone – la seconda francese nella storia del Tour Femmes a imporsi dopo Cédrine Kerbaol (EF Education-Oatly) – è stato accolto con entusiasmo dal gruppo e dal pubblico di casa.
La tappa, partita da Clermont-Ferrand, è stata animata sin dai primi chilometri da una fuga di dodici atlete, tra le quali si segnalavano Elise Chabbey (Canyon//SRAM zondacrypto), impegnata nella conquista della maglia a pois, e Soraya Paladin (CANYON//SRAM zondacrypto). Il gruppo ha lasciato fare fino al Col du Béal, dove il ritmo imposto dall’AG Insurance-Soudal ha iniziato a limare il vantaggio delle battistrada. In discesa si sono accesi altri fuochi d’artificio, ma la corsa si è ricompattata prima che la Squiban cogliesse il momento perfetto per lanciare il suo attacco.
Nel finale, la Labous ha tentato una reazione tardiva, riuscendo a precedere la Le Court per il secondo posto. Dietro tutte le big sono arrivate insieme, ad eccezione di Niamh Fisher-Black (Lidl – Trek), attardata da un problema meccanico. In classifica generale la Le Court aumenta il margine su Pauline Ferrand-Prévot (+26”) e su Katarzyna Niewiadoma (CANYON//SRAM zondacrypto, +30”), mentre domani si attende un’altra tappa movimentata con l’arrivo in discesa a Chambéry dopo il Col du Granier.
Maeva Squiban, con la sua azione coraggiosa, ha dimostrato di essere non solo una promessa, ma una realtà del ciclismo femminile. Alta 1,66 metri, versatile e determinata, è destinata a diventare uno dei volti simbolo della disciplina nei prossimi anni.
Mario Prato

Maeva Squiban in fuga verso Ambert (Getty Images)
KIMBERLY LE COURT RISORGE A GUÉRET E SI RIPRENDE LA MAGLIA GIALLA
Un finale da classica vallonata premia la più brillante del gruppo: Kimberly Le Court si impone a Guéret davanti alle migliori e torna in vetta alla classifica generale. Marianne Vos staccata, Vollering e Van der Breggen sul podio di tappa. Domani le montagne.
Il Tour de France Femmes 2025 ritrova Kimberly Le Court-Pienaar. Dopo aver lasciato il simbolo del primato a Marianne Vos nelle giornate precedenti, la portacolori della AG Insurance-Soudal torna regina della corsa transalpina al termine della quinta tappa, la Chasseneuil-du-Poitou (Futuroscope) – Guéret, che ha fatto emergere qualità e ambizioni. Una frazione esigente nel finale, disegnata su colline e strappi alla maniera delle Ardenne, e proprio in un contesto simile ha colpito la vincitrice dell’ultima Liège-Bastogne-Liège, che si è lasciata alle spalle in volata un gruppo selezionato di sette atlete. Seconda si è piazzata Demi Vollering (FDJ – SUEZ), terza una rinata Anna van der Breggen (Team SD Worx – Protime) a chiudere un podio dal valore assoluto. Marianne Vos (Team Visma | Lease a Bike) ha pagato 33”, perdendo tappa e maglia.
Il grande lavoro di squadra ha fatto la differenza in casa AG Insurance-Soudal. Se Kimberly Le Court ha saputo far valere la sua brillantezza in salita e la lucidità in volata, fondamentale è stato il supporto ricevuto da Sarah Gigante, rientrata nel finale e decisiva nel tenere vivo il margine su un gruppo alle spalle privo d’accordo. “Non avrei fatto quello che ho fatto oggi senza di lei”, ha dichiarato la mauriziana a fine corsa. Una vittoria costruita con intelligenza tattica e determinazione, che rilancia la sua candidatura per la vittoria finale.
La tappa ha vissuto una prima parte ad alta velocità, segnata anche da diverse cadute e dai ritiri eccellenti, tra i quali quelli di Monica Trinca Colonel (Liv AlUla Jayco), che era la migliore italiana in classifica) e di Elisa Balsamo (Lidl – Trek), coinvolta in un incidente con Lorena Wiebes (Team SD Worx – Protime). La fuga di giornata – inizialmente composta da Anneke Dijkstra (VolkerWessels Cycling Team), Francesca Barale (PicNic Postnl), Alison Jackson (Ef Education), Catalina Anais Soto (Laboral Kutxa) e Brodie Chapman (Uae Team Adq) – non ha mai avuto troppo margine, complice il ritmo imposto dalla Movistar e successivamente dalla Fenix-Deceuninck. Le ultime fuggitive sono state riprese sull’ultima asperità, la Côte de Le Maupuy, dove la Le Court ha accelerato conquistando anche gli abbuoni e portando via con sé un gruppo ristretto.
Nel tratto successivo è stata battaglia di nervi e gambe, con Pauline Ferrand-Prévot (Team Visma | Lease a Bike), Katarzyna Niewiadoma (CANYON//SRAM zondacrypto), la Van der Breggen e la Vollering tutte nel vivo dell’azione, mentre la Vos, rimasta attardata, non è più riuscita a rientrare. La Gigante è tornata provvidenzialmente in testa a tre chilometri dal traguardo, mentre la Van der Breggen ha provato l’anticipo ai -700, subito controllata dalla Le Court, che poi ha lanciato la volata ai 200 metri e ha resistito alla rimonta tardiva della Vollering.
Il successo vale doppio: la ciclista mauriziana torna in giallo con 18” sulla Ferrand-Prévot, 23” sulla Vollering, 24” sulla Niewiadoma e 27” sulla Van der Breggen. La Gigante segue a 55”, mentre la Vos ora accusa un ritardo di oltre un minuto. Miglior italiana è Barbara Malcotti (Human Powered Health), 23° con 3′08″ di ritardo.
Le dirette interessate al successo finale guardano già alle montagne, che da domani entreranno in scena con la Clermont-Ferrand – Ambert, prima vera tappa di alta difficoltà altimetrica. Salite più lunghe, pendenze regolari e oltre 2400 metri di dislivello saranno il nuovo banco di prova. Dopo cinque giornate accese e tecniche il terreno cambierà e chi vorrà vinere il Tour dovrà dimostrare di saper brillare anche in alta quota.
Mario Prato

Kimberley Le Court Pienaar vince la quinta tappa del Tour femminile (foto Szymon Gruchalski/Getty Images)
LORENA WIEBES NON PERDONA: SECONDA VITTORIA CONSECUTIVA AL TOUR
Lorena Wiebes conferma il suo dominio tra le ruote veloci del gruppo e conquista con autorità la quarta tappa del Tour de France Femmes 2025.
Dopo il successo ad Angers la campionessa europea della SD Worx-Protime concede il bis a Poitiers, ancora davanti a una tenace Marianne Vos (Visma | Lease a Bike), che anche oggi si deve accontentare del secondo posto. Completa il podio l’irlandese Lara Gillespie (UAE Team ADQ), mentre la migliore italiana è Rachele Barbieri (Team Picnic PostNL), settima al traguardo.
Con o senza treno, contro ogni avversaria e in qualsiasi scenario: Lorena Wiebes è inarrestabile. La maglia verde domina anche la quarta frazione del Tour, trovando la seconda vittoria consecutiva e la quinta in carriera nella Grande Boucle femminile. È la prima volta che vince indossando il simbolo della classifica a punti, ulteriore testimonianza della sua supremazia. Dietro di lei ancora una volta si piazza la Vos, che in maglia gialla prova in tutti i modi a reggere l’urto, senza però riuscire a cambiare il copione rispetto alla giornata precedente.
Il plotone è ripartito con 144 atlete al via, tutte presenti nonostante la maxi-caduta della terza tappa, fatta eccezione per Eleonora Camilla Gasparrini (UAE Team ADQ) e Rebecca Koerner (Uno-X Mobility), entrambe fermate dalla febbre.
Il percorso, il meno impegnativo altimetricamente di questa edizione (780 metri di dislivello), si presta a una fuga e infatti ci prova subito Maud Rijnbeek (VolkerWessels), che viene poi raggiunta da Tota Magalhães (Movistar) e Franziska Koch (Team Picnic PostNL). Le tre arrivano ad avere 1’30” di margine, ma il vento laterale spezza il gruppo in due tronconi e cambia lo scenario: la SD Worx-Protime prende in mano la situazione, mentre le attaccanti si riducono a due, Magalhães e Koch, che vengono riprese a 4 chilometri dalla conclusione.
L’ultimo tratto è tortuoso, ma fortunatamente privo di nuove cadute. Kristen Faulkner (EF Education-Oatly), già protagonista sfortunata in questo Tour, finisce comunque a terra poco prima del ricongiungimento. Il gruppo si allunga, le posizioni si rimescolano: Jelena Erić prova un forcing per la Movistar, Kimberly Le Court-Pienaar (AG Insurance – Soudal Team) lavora per Shari Bossuyt, mentre il treno SD Worx-Protime è corto ma lucido. Anna van der Breggen prepara al meglio lo sprint per la Wiebes, che trova spazio vicino alle transenne grazie al lavoro di Soraya Paladin (CANYON//SRAM zondacrypto) per Chloé Dygert e si infila con potenza devastante. La Vos tenta l’aggancio, ma anche oggi deve inchinarsi. Dietro alla fuoriclasse olandese si sono piazzate nell’ordine la Gillespie (UAE Team ADQ), Eline Jansen (VolkerWessels), la Dygert (Canyon//SRAM zondacrypto), la Bossuyt (AG Insurance-Soudal)la Barbieri (Team Picnic PostNL), Ally Wollaston (Lidl-Trek); Maike van der Duin (Movistar) e la transalpina Clara Copponi (FDJ-Suez) a chiudere la TopTen di giornata
Nessuna scossa tra le big: Demi Vollering (FDJ – SUEZ) chiude nel gruppo di testa senza problemi e mantiene le sue ambizioni intatte in vista delle tappe più dure. Dietro di lei, tutte le principali avversarie tengono le ruote e si preparano alla battaglia.
Ora si disputerà la 5ª tappa da Chasseneuil-du-Poitou (Futuroscope) a Guéret di 165.8 Km. Sarà una frazione lunga e mossa, con diverse ondulazioni che si intensificano nell’ultima parte. Il gran finale è disegnato per attaccanti e scattisti: la salita di Le Maupuy (2.8 km al 5.4%, con punte al 10%) termina a 7 km dal traguardo, prima di una discesa tecnica e un’ultima rampa al 2/3%. Gli scenari sono aperti: fuga, colpo da finisseur o un altro confronto tra le big della classifica.
Mario Prato

Il bis di Lorena Wiebes sulle strade del Tour de France femminile (foto Tim de Waele/Getty Images)
LORENA WIEBES IMPRENDIBILE AD ANGERS, MARIANNE VOS TORNA IN MAGLIA GIALLA
La campionessa europea domina la volata della terza tappa. La Vos seconda e di nuovo leader, la Vollering cade nel finale e preoccupa.
Il Tour de France Femmes 2025 conosce il suo terzo volto vincente e ritrova una delle sue sprinter più iconiche, Lorena Wiebes (Team SD Worx – Protime). La 25enne olandese ha trionfato nella tappa con arrivo ad Angers, imponendosi nettamente allo sprint in una volata condizionata da una maxi-caduta a 3,5 km dall’arrivo che ha scompaginato il gruppo e messo fuori gioco alcune protagoniste, tra le quali Demi Vollering (FDJ – SUEZ) ed Elisa Balsamo (Lidl – Trek). Alle spalle della campionessa europea si è piazzata Marianne Vos (Team Visma | Lease a Bike), che grazie ai 6″ di abbuono torna a indossare la maglia gialla, scavalcando nuovamente Kimberly Le Court-Pienaar (AG Insurance – Soudal Team) in classifica.
Per Wiebes si è trattato della la quarta vittoria in carriera al Tour, la prima in questa edizione, che le consente di rinnovare la sua candidatura al successo nella classifica a punti. Una conferma importante per la velocista della SD Worx-Protime, dopo un 2024 meno brillante e la delusione dello scorso anno, quando non era riuscita a imporsi in nessuna tappa.
La giornata era iniziata con una notizia pesante, quella del ritiro della vincitrice del Giro d’Italia femminile Elisa Longo Borghini (UAE Team ADQ). L’azzurra, tra le favorite per il successo finale, è stata costretta ad abbandonare la corsa a causa di un’infezione gastrointestinale che l’aveva debilitata fin dalla prima tappa. Dopo aver lottato per due giorni, ha dovuto alzare bandiera bianc salutando amaramente il Tour.
La tappa, da La Gacilly ad Angers, si è sviluppata secondo copione nella sua fase centrale, con una fuga a quattro composta da Alison Jackson (EF Education-Oatly), Sara Martín (Movistar Team), Clémence Latimier (Arkéa – B&B Hotels Women) e Catalina Anais Soto (Laboral Kutxa – Fundación Euskadi). Le fuggitive sono riuscite a guadagnare oltre quattro minuti, ma sono state controllate con pazienza dalle squadre delle sprinter, su tutte SD Worx-Protime, Visma | Lease a Bike ed EF Education-Oatly. Lo sprint intermedio è stato terreno di sfida tra le big della classifica a punti, con la Wiebes che ha avuto la meglio sulla Vos.
Nel finale è arrivato il momento chiave della giornata. A poco più di tre chilometri dal traguardo, una curva a destra in uscita da un restringimento ha causato una caduta collettiva: a terra sono finite, tra le altre, Elisa Balsamo, Letizia Borghesi (EF Education-Oatly), Letizia Paternoster (Liv AlUla Jayco), e, soprattutto, la Vollering. La capitana della FDJ-SUEZ si è rialzata lentamente, molto dolorante, ed è stata scortata fino al traguardo dalle compagne di squadra Juliette Labous e Amber Kraak. Fortunatamente, grazie alla neutralizzazione del tempo negli ultimi 5 km, non ha perso secondi in classifica ma le sue condizioni restano in dubbio per le prossime tappe.
La volata, ormai ristretta a una ventina di atlete, è stata lanciata dalla Visma per la Vos, ma è stata la SD Worx a orchestrare alla perfezione lo sprint. Lotte Kopecky ha lanciato la compagna al momento giusto e la Wiebes ha completato il lavoro con una progressione devastante. Alle sue spalle, Vos ha provato a uscire, ma non è riuscita a superarla e si è dovuta accontentare della seconda piazza. Terzo posto per Ally Wollaston (FDJ – SUEZ), brava a restare davanti e a ottenere un risultato importante per la sua squadra dopo la disavventura occorsa alla Vollering.
La maglia gialla torna quindi nelle mani dela Vos, che con gli abbuoni ha recuperato la leadership. La Le Court-Pienaar scivola in seconda posizione, mentre restano a galla Katarzyna Niewiadoma (CANYON//SRAM zondacrypto) e Anna van der Breggen (Team SD Worx – Protime), arrivate nel gruppo di testa. Più staccate molte delle altre pretendenti, con una corsa che continua a perdere protagoniste per strada.
Oggi il Tour propone una nuova frazione potenzialmente favorevole alle velociste (, ma dopo la tappa odierna nulla può essere dato per scontato. Le condizioni di Vollering saranno sotto stretta osservazione, mentre il duello tra la Wiebes e la Vos per la maglia verde si fa sempre più avvincente. Il Tour de France Femmes, ancora una volta, non smette di sorprendere.
Mario Prato

Lorena Wiebes si impone sul traguardo di Angers (foto Tim de Waele/Getty Images)
POGI MOGIO POST PIRENEI, TOUR TARPATO: MA CI RESTERÀ SEMPRE PARIGI!
Super Wout riscatta una Visma svaporatasi nella terza settimana
Il Re Sole è corrucciato. Nella Francia allo zenit dell’Ancien Regime… (fra parentesi: ex post, ci sorprende sempre scoprire quanto possa averci ingannato l’interiorizzata metafora astronomica, e quanto cioè il culmine di una parabola storica, sportiva, artistica o umana possa rivelarsi assai prossimo al tramonto, così come altre volte lo è invece all’alba) …chiusa parentesi: in quella Francia ove tutto gravitava attorno a un centro unico e assoluto, le sedute di deiezione del sovrano erano uno spettacolo pressoché pubblico, soggette agli sguardi di tutta una corte che scrutava con ossessiva preoccupazione volto e corpo del sovrano per intuire dal colorito, dalle smorfie, dalle posture come fluissero gli umori e l’umore di un uomo che in sé sussumeva lo Stato tutto.
La medesima sensazione è quella che sono andate via via a trasmetterci le sessioni stampa della maglia gialla lungo questo Tour 2025. Le tensioni fra il nostro novello Piccolo Principe e la sua immagine pubblica erano andate crescendo man mano che il Principe diveniva un autentico monarca capace di dominare su tutti i terreni e tutti i mesi dell’anno. Da parte sua, Tadej già da inizio estate non si era tenuto per sé frecciate contro le reti sociali e poi contro l’apparato giornalistico, nonché – ma questo solo implicitamente, molto implicitamente – contro il loro mutuo alimentarsi di aria fritta, insinuazioni, invidie e insoddisfazioni.
E così la sala stampa è andata a sfociare nella psicanalisi quando, dal Ventoux in avanti, la cattiveria agonistica, gli scatti brucianti, lo sguardo brillante, i sorrisi solari hanno ceduto il passo ai mugugni, all’occhio spento, alla carnagione opaca, ma soprattutto al correre sulle ruote, agli scattini da ultimo striscione, al dispensare regalini e regalucci fra l’altro facendo figli e figliastri, il tutto contrapposto invece a quel dispendio di sé che aveva illuminato una terza settimana 2024 pur a classifica già ampiamente decisa (riaperta semmai dai rischi di caduta assunti in discesa nella crono nizzarda).
Pogi s’interroga sui tanti giorni lontano da casa, meditazioni che semmai associavamo fin qui al melanconico danese Vingegaard. Sul fatto che ci sia altro nella vita al di là del ciclismo. Sull’interminabile durata di un Grand Tour, per cui la terza settimana assume i contorni di quella cortina grigia di pioggia oltre la quale si schiuda finalmente un altrove di felicità o almeno serenità e meritato riposo. Pogi descrive lo smarrimento quando nelle nebbie giù dal Tourmalet tutto svanisce nella foschia, s’intravede appena la schiena di un gregario lì davanti e il resto è nulla. Dulcis in fundo: “nel corso di questo Tour de France ho appreso qualcosa di nuovo e diverso sul mondo del ciclismo, e su me stesso, che ha cambiato il mio modo di essere corridore, ma non ne posso parlare ora, lo rivelerò forse più avanti”.
Il film d’azione della prima settimana, il kolossal hollywoodiano di Hautacam, il razzo che decolla con gli Aerosmith di fondo, sfociano dalla cerniera del Ventoux nell’esistenzialismo, anzi direttamente nel mistero del più enigmatico ed esplicito – paradossi del minimalismo – fra i film di Bresson, “Un condannato a morte è fuggito (Il vento soffia dove vuole)”.
Si scatenano gli esegeti. Ipotesi prima: Re Pogi è stanco, la prima metà di Tour pirotecnica, con velocità stratosferiche in pianura, ha inevitabilmente bagnato le polveri di tutti. Gli exploit riescono a chi si è concesso qualche tappa di respiro imbarcando a giorni alterni le mezz’ore, ma chi deve tenere duro tutto il tempo in cima alla classifica generale è pesantemente logorato (non per nulla la top 10 la curano forse in nove, probabilmente un record negativo mai visto al Tour). Ipotesi seconda: Re Pogi è ammalato, l’ha detto lui stesso che aveva il raffreddore. Fra incubare, starnutire, smaltire inevitabile un calo. Ipotesi terza: Re Pogi è annoiato, pure questo l’ha detto espressamente, come riportato poco sopra, e un corridore che fa della joie de vivre l’asse portante della sua magnifica ferocia in corsa dalla noia risulta ferito a morte. Ipotesi quarta: Re Pogi è invecchiato, eh sì, la carta d’identità nello sport ha un funzionamento sui generis, dipende da quando si ha cominciato a competere al vertice, e poi la candela che brucia dai due lati brucia prima, il culmine è stato il 2024 ma adesso tocca poco a poco calare. Ipotesi quinta: Re Pogi è “comandato”, lui è un sovrano incontrastato sulla strada, e spesso non solo (decide in parte il proprio calendario, non è poco), ma il ciclismo è sport i cui risultati non si macinano solo a suon di pedali, basta d’altronde dare una scorsa agli albi d’oro, alle classifiche e alle loro varie riscritture storiche per intuire gli strati profondi di uno sport sociale, corale, intricato, cortigiano in cui le gare si decidono, certamente, in corsa, ma anche fuori dalla corsa; e ciò che accade in corsa, a propria volta, è il distillato di ordini dalla radiolina dall’ammiraglia, quindi di conversazioni fra ammiraglie, parlottare smorzato dalla moquette nei corridoi di qualche albergaccio di provincia, do ut des al tavolo di caffetterie svizzere, e su su fino alla cattedra di un tribunale, arbitro in terra del bene e del male.
Come in un pasticciaccio ambientato ad altre latitudini, frutto di altra letteratura, nello gnommero dei motivi nessuno spiega bene tutto, nessuno funziona davvero, tutti cozzano con una sfaccettatura o l’altra della realtà, ma tutti risultano in qualche modo necessari quanto insufficienti.
E allora ci accontentiamo, per adesso, della semplicità di una favola. Il Principe Felice di Oscar Wilde, a cui viene eretta una statua dorata e ingioiellata per celebrare proprio la sua spensieratezza e felicità, si accorge tardivamente proprio in quanto monumento, dall’alto del proprio piedistallo, che il mondo attorno a lui è pervaso di complessità, ingiustizia e infelicità. Non gli sovviene altra soluzione che distribuire pezzo a pezzo ai bisognosi la propria livrea preziosa, donata la quale si ritrova color grigio piombo, né d’un apice più felice in quanto il mondo è restato misero e ingiusto. A quel punto tuttavia il sindaco decide che la statua così triste non svolge più la propria funzione celebratoria e la invia dunque in fonderia per sostituirla con una propria, decisione però destinata a finire in bisticcio perché ogni notabile della cittadina vorrebbe a quel punto che la statua fosse la propria.
Il cuore del Principe però, pur spezzato, non si squaglia nemmeno nel crogiuolo della fonderia. E il nostro Pogi, arrivato a Parigi, ritrova la verve e la voglia per illuminare di giallo folgorante una giornata uggiosa di pioggia e porfido scivoloso. Nel fiammante circuito olimpico che guizza avvolto di gente fra Montmartre e il Sacro Cuore, fra negozietti e brasserie (e non più solo nella vacua vastità dei Campi Elisi, dell’Arco di Trionfo, della Defense sullo sfondo) fibrilla finalmente l’altimetria e si susseguono gli scatti. Finalmente torna la vera voglia di vincere, finalmente torna lo spettacolo e il desiderio di mettersi in gioco completamente, non conservando un’eterna, vana e volatile riserva. I tempi sono neutralizzati per la classifica generale una volta entrati nel circuito, ma una caduta grave, su un tracciato così insidioso e dovendo districarsi fra le traiettorie su discesa bagnata del kamikaze Mohoric, implicherebbe comunque la perdita del Tour, qualora non fosse possibile tagliare in sella il traguardo. Ma è tornato il Pogi generoso, e i suoi compagni di gioco sono soprattutto quegli avversari della Visma che hanno vissuto un Tour di profonda delusione e quasi sofferenza precisamente per il proprio spendersi a fondo fino al tracollo e al trascinarsi sotto il traguardo, Van Aert e Jorgenson. Il secondo decisivo tatticamente con i suoi ripetuti attacchi prima dell’ascesa finale, lavora ai fianchi la maglia gialla e ne inibisce la capacità di attacco secco in quanto lo forza a chiudere ancora e ancora. Il primo, ormai lontano dal variegato misto di trionfi multipli e su ogni tipo di tappa risalente a tre anni fa, coniuga come al Giro servizio cavalleresco al capitano con obiettivi personali isolati ma della più alta qualità. Sulla cima dello strappo contrattacca e stacca Pogi, una combinazione pressoché inedita di verbo e complemento oggetto. Da lì alla vittoria è un battito d’ali, diverso da quello quasi arrogante mimato per festeggiare vittorie passate, ma quanto più glorioso perché spiccato da una condizione diversa dalla sfacciata superiorità.
A proposito di Visma, duole dover annotare in cronaca la prestazione di Vingegaard, crudelmente riassumibile per quest’anno con un’altra favola di Oscar Wilde, Il Razzo Eccezionale. Un fuoco d’artificio speciale preparato per illuminare la festa del re racconta a tutti quanto peculiare sarà il suo sfolgorio, e nel racconto si commuove fino alle lacrime, che però inumidendolo, ne impediscono l’esplosione. Il razzo finisce dimenticato e poi raccattato da due ragazzini che ci giocano per un po’ e poi lo lasciano vicino al falò di fianco al quale si addormentano. Il razzo, asciugato dal tepore, prende finalmente fuoco e brilla con grande magnificenza da solo, in un cielo vuoto e senza gente, mentre i due ragazzini nemmeno si svegliano.
Ecco, dopo tante dichiarazioni di guerra, dopo arditi echi pantaniani di “salta lui o salto io”, questo Vingegaard non ha mai ma proprio mai dato la benché minima impressione, dopo Hautacam, di aver spalancato appieno le dighe delle proprie energie. Ha duellato col fioretto ma senza mai voler nemmeno sfiorare il rischio di vedersi svuotato, temendo forse di essere avvicinato da altri rivali (lontanissimi in classifica, eh!, così come lontanissimi ad ogni scatto dei due fenomeni). Se già non è esaltante una corsa in difesa da chi ha margini, ancora più atroce è una corsa in difesa di un… secondo posto che peraltro nessuno sta assaltando! Non è facile battere un avversario più forte, ma il ciclismo lo consente, sporadicamente. Consente sempre e comunque di provarci. In questo caso ci ha provato la Visma, come squadra, svenandosi nel tentativo. Non ci ha proprio provato il poco coraggioso capitano danese. Contador vince la Vuelta 2012 su un Purito Rodríguez più forte in quel momento non solo per la sorpresa indotta da un attacco inatteso, ma anche perché in un luogo assolutamente incongruo Contador eroga tutta la propria disponibilità fisica (e forse qualcosina in più). Purito potrebbe marcarlo, in termini atletici, ma gli subentra il dubbio se abbia senso farlo, o quali potrebbero essere le conseguenze impensate. In quell’esitazione si apre il margine per l’imprevedibile. Tadej non è Purito, certamente, e l’esito più probabile sarebbe stato comunque la sconfitta di chi avesse provato l’azzardo in questo caso, ma a differenza di quel meraviglioso inizio di Delfinato che proprio Vingegaard ci ha regalato un mesetto e spicci fa, non si è proprio visto in nessun caso un attacco inatteso, FUORI LUOGO, di Vingegaard – tale da rimanere senza forze, vulnerabile, ma istillando quindi anche nell’avversario il sacro timore rispetto all’entrare in zona di vulnerabilità. Un timore alieno al Pogi che conoscevamo ma forse non così estraneo al Pogi maturo o esistenzialista di questa terza settimana. Non lo sapremo mai.
In chiusura, standing ovation per le belle prestazioni dei corridori italiani sia in termini di classificazioni globali sia in questa ultimissima e speciale tappa parigina, il tutto nonostante un movimento nazionale la cui clamorosa difficoltà strutturale non accenna ad attenuarsi. Jonathan Milan porta a casa la maglia a verde della classifica a punti non solo vincendo due tappe, ma soprattutto lottando alla morte su ogni maledetto traguardo volante e, con questi chiari di luna, ancora di più spremendosi in tappe di montagna ad altissima concentrazione di dislivello per rientrare nel tempo massimo. A Parigi, appunto, nessuna chance per un velocista come Milan, ma a chiudere due volte sulle sfuriate di Pogi è stato un fenomenale Ballerini, che per fortuna trova ogni tanto queste giornate di grazia in cui fare rifulgere il proprio talento. Secondo posto con rimpianti ma solo sentimentali perché un risultato migliore oggi sarebbe stato inaccessibile: l’orgoglio, invece, di essersi scontrato alla pari con i migliori al mondo nel palcoscenico più gremito della corsa più mediatica e competitiva del pianeta. E nell’azione buona c’era anche, con tutta la sua sagacia, il sempre solido Trentin, per anni e anni di traversata del deserto l’unico atleta del nostro movimento ad avere una caratura costante di spessore davvero internazionale, diciamo in quell’intervallo fra il tramonto di Nibali e l’approdo su strada dei Ganna o Milan (già campioni ma all’inizio prevalentemente in pista).
Gabriele Bugada

Il podio del Tour 2025 (Eurosport)