MILAN VINCE SUL BAGNATO A VALENCE, MAGLIA VERDE SEMPRE PIÙ TATUATA SULLA PELLE DEL FRIULANO
Volata bagnata volata fortunata per il friulano, che a Valence batte la “maglia nera” Meeus mentre alle sue spalle l’asfalto reso viscido dalla pioggia causa una caduta a centro gruppo. Milan consolida la sua leadership nella classifica a punti e ora vede più concretamente la possibilità di tenerla fino a Parigi
Dopo la salita al leggendario Mont Ventoux, in una tappa che ha visto qualche assestamento in classifica
generale ma non gli sconvolgimenti che molti si aspettavano, il percorso del Tour de France risale il corso
del Rodano prima di tornare sulle Alpi dove, nelle giornate di giovedì e venerdì, si deciderà l’esito della
corsa più importante del mondo. La tappa odierna parte dal paese di Bollène, a una quarantina di
chilometri dal Ventoux, e arriva a Valence, cittadina capitale del dipartimento (la nostra provincia) della
Drôme dopo 160 chilometri prevalentemente pianeggianti ma che presentano, grazie ad un percorso che
nella parte centrale si allontana dal Rodano per sfiorare le Alpi, due GPM di 4° categoria, il Col du Pertuis
(3.7 km. al 5.1%) dopo 67 chilometri e il Col de Tartaiguille (3.9 km. al 3.5%) dopo 112 Km. La scarsa difficoltà presentata dalle due salite e la notevole distanza che le separa dal traguardo rendono probabile un arrivo in volata, anche perché il nostro Jonathan Milan (Lidl – Trek), attuale leader della classifica a punti, ha
bisogno di vincere oggi, o almeno di arrivare fra i primi, per tenere a distanza Tadej Pogačar (UAE Team
Emirates – XRG), che lo segue a soli 11 punti e che, dopo il ritiro di Mathieu van der Poel (Alpecin –
Deceuninck) a causa di una polmonite, è diventato il suo principale avversario. Pogacar, dopo la tappa di
ieri, guida sempre la classifica generale con 4’15” sul suo rivale storico, il danese Jonas Vingegaard (Team
Visma | Lease a Bike), mentre il terzo gradino del podio è al momento occupato dal giovane tedesco Florian
Lipowitz (Red Bull – BORA – hansgrohe). La classifica degli scalatori vede, invece, appaiati Pogacar e il giovane
Lenny Martinez (Bahrain – Victorious), una delle molte speranze del ciclismo francese.
La tappa parte alle 13.50 e dopo alcuni chilometri vanno in fuga quattro corridori di buon livello, fra i quali il
norvegese Jonas Abrahamsen (Uno-X Mobility), già vincitore della tappa di Tolosa, e il nostro Vincenzo
Albanese (EF Education – EasyPost), che non molti giorni fa ha vinto una tappa al Giro di Svizzera. Il francese
Axel Laurance (INEOS Grenadiers), due anni fa campione del mondo Under 23, si muove in ritardo e tenta a
lungo di riportarsi sui quattro, ma senza riuscirci. I fuggitivi raggiungono presto i tre minuti di vantaggio e
dopo 49 chilometri arrivano nel piccolo paese di Roche-Saint-Secret-Béconne, dove si trova il traguardo
volante che assegna abbuoni e soprattutto punti per la classifica capeggiata dal nostro Milan; questi vince
lo sprint del gruppo davanti all’eritreo Biniam Girmay (Intermarché – Wanty), che l’anno scorso aveva
primeggiato in questa classifica ma quest’anno non ha mai brillato, pur essendo al momento terzo nella speciale graduatoria. Il traguardo è comunque appannaggio di Abrahamsen, che però è lontano dalle prime posizioni.
Il vantaggio dei fuggitivi, sceso a due minuti al traguardo volante, cala ancora salendo verso il primo GPM, dove Abrahamsen transita nuovamente per primo, e si riduce ad appena 30 secondi sul gruppo, che intanto ha
perso tutti i velocisti, inclusi Milan e Tim Merlier (Soudal Quick-Step), unico corridore, oltre a Pogacar, ad
aver vinto più di una tappa (è quarto nella classifica a punti). Dopo quasi 20 chilometri di discesa, e non
senza molta fatica, i velocisti rientrano mentre davanti i fuggitivi, il cui vantaggio sta lentamente tornando
a salire, si dirigono con decisione verso il secondo GPM. Ai piedi della salita il gruppo ha poco più di un
minuto di ritardo e a due chilometri dalla cima è Wout Van Aert (Team Visma | Lease a Bike) a tentare
l’inseguimento solitario. Sul GPM è il nostro Albanese a transitare per primo; Van Aert segue a una trentina di secondi, il gruppo a circa un minuto. Dopo 10 chilometri di discesa Van Aert desiste, e si fa riassorbire dal gruppo, che insegue i fuggitivi con circa 1’10” di passivo. Intanto il tempo peggiora e comincia a piovere, cosa che causerà non pochi problemi nel finale di una tappa che ha già visto un paio di cadute, per fortuna senza conseguenze.
Lentamente il vantaggio dei fuggitivi si riduce chilometro dopo chilometro e a 20 chilometri dalla fine
sembra assestarsi sui 30 secondi. A lungo nulla cambia, ma a dieci chilometri dalla conclusione, quando il
gruppo si avvicina ancora, Abrahamsen lascia i compagni di fuga e tenta l’azione solitaria con molta
decisione. A 6 chilometri dall’arrivo mantiene ancora 9 secondi di vantaggio, ma le sue indubbie qualità di passista non gli sono sufficienti e a soli 4 chilometri dall’arrivo viene ripreso. Iniziano le manovre in vista dello sprint conclusivo e sia Milan, sia Merlier si fanno trovare attardati. Milan, tuttavia, viene portato nelle prime
posizioni dal compagno di squadra Jasper Stuyven, mentre Merlier cerca di fare tutto da solo. La differenza
si rivela fatale al velocista belga, poiché, appena passato lo striscione dell’ultimo chilometro, succede quello
che tutti temono: una caduta nelle prime posizioni taglia fuori tutti coloro che si trovano alle spalle
dell’incidente, e tra questi c’è per l’appunto Merlier, mentre solo una una decina di corridori si involano indisturbati verso il traguardo. Fra questi è presente Milan che, rimasto senza avversari, lancia la volata e vince nettamente precedendo Jordi Meeus (Red Bull – BORA – hansgrohe), il belga che in classifica generale occupa l’ultimo posto con un ritardo da Pogacar che supera abbondantemente le quattro ore. Le varie classifiche restano immutate, con Milan che mette un’ipoteca sulla vittoria finale in quella a punti, dato che ormai ne ha oltre 70 di vantaggio su Pogacar. La buona notizia è che le molte cadute di oggi non hanno causato danni ai corridori, diversamente da quelle dei giorni scorsi. Nella speranza che almeno sulle discese alpine l’asfalto non sia bagnato e non succeda niente di grave il Tour si accinge ad affrontare le tappe decisive.
Andrea Carta

Seconda vittoria italia sulle strade del Tour 2025, sempre ad opera di Jonathan Milan (foto Marco Bertorello / AFP via Getty Images)
PARET-PEINTRE SBANCA IL VENTOUX, ALLE SUE SPALLE SHOW POGACAR – VINGEGAARD
Paret- Peintre batte Healy in volata, dopo che i due si erano scattati in faccia per gran parte della salita e poi erano stati ripresi da Buitrago, Mas e Van Wilder. Vingegaard trova vari compagni lungo la strada e attacca per tre volte senza riuscire a staccare Pogacar, che lo brucia in volata. Come nell’ultimo tappone pirenaico, Pogacar corre in difesa.
Dopo il giorno di riposo, tappa completamente pianeggiante prima dell’arrivo in salita sull’iconico Monte Ventoso. Il canovaccio era sin troppo prevedibile, ovvero una fuga che avrebbe avuto della possibilità di buon esito se avesse avuto un vantaggio di almeno 6/7 minuti a inizio salita.
L’atteggiamento della UAE è stato di lasciar fare e permettere alla fuga di prendere esattamente 7 minuti e questo può far pensare che Tadej Pogacar non fosse interessato alla tappa o perché voleva evitare di fare troppo il cannibale per farsi amici in gruppo (viste anche le sue recenti dichiarazioni in cui ha affermato che prima della fine della carriera probabilmente nessuno del gruppo vorrà parlargli), oppure perché non si sentiva al meglio dopo il giorno di riposo in una giornata di grande caldo e su una salita secca sulla quale, nel 2021, Jonas Vingegaard (Team Visma | Lease a Bike) gli aveva fatto passare un brutto quarto d’ora.
Va detto che neppure lo stesso Vingegaard ha pensato di seguire questa strategia, ma lui era ben più interessato a provare a staccare Pogacar, anche perché sapeva che, in caso di arrivo a due, sarebbe stato battuto (cosa puntualmente accaduta, anche se non si trattava di uno sprint per la vittoria).
Il danese ha quindi mandato vari uomini in fuga per ritrovarli lungo la salita. La tattica è riuscita alla perfezione perché il due volte vincitore della Grande Boucle ha ritrovato per strada sia Tiesj Benoot, sia Victor Campenaerts, i quali hanno fatto il loro lavoro mentre, al contrario di quanto era successo sui Pirenei, la UAE oggi non è stata brillante, con il solo Adam Yates che è riuscito a restare nel gruppo maglia gialla sulla salita fino al primo allungo di Vingegaard.
Il fine, tuttavia, non è stato raggiunto perché Pogacar ha risposto colpo su colpo, anche se, sul primo scatto, ha ritardato qualche secondo.
L’impressione è che comunque, da Chalet Reynard in poi, fosse davvero complicato staccare un rivale anche a causa del vento spesso contrario.
Di questo non si sono affatto curati Valentin Paret-Peintre (Soudal Quick-Step) e Ben Healy (EF Education EasyPost), gli ultimi due reduci della fuga di giornata. I due sono stati intelligenti a non sforzarsi troppo in pianura, organizzando un plotoncino di contrattaccanti dopo il frazionamento del gruppo iniziale di 35 corridori, per poi riprendere Enric Mas (Movistar Team) – che era nel gruppo dei battistrada e si era poi avvantaggiato da solo sulla salita – arrivando ad avere quasi un minuto sugli inseguitori Julian Alaphilippe (Tudor Pro Cycling Team) e Thymen Arensman (INEOS Grenadiers), poi raggiunti anche da Santiago Buitrago (Bahrain – Victorious) e Ilan Van Wilder (Soudal Quick-Step).
Healy e Paret-Peintre non hanno fatto altro che scattarsi in faccia, cercando di staccarsi a vicenda; i tentativi sono risultati vani, tanto che alla fine i due hanno preso a studiarsi e sono stati raggiunti prima da Mas e Buitrago e poi anche da Van Wilder.
Subito dietro Vingegaard è sempre stato davanti e ha provato tre allunghi, sempre sul ritmo imposto da un compagno: il primo allungo è arrivato al termine del lavoro di Sepp Kuss, il secondo è andato in scena dopo la tirata di Benoot e il terzo al termine dell’opera di Campenaerts. Pogacar ha provato solo una volta, ma l’affondo non era molto convinto; nella punta di velocità Vingegaard aveva perso qualche metro, ma il campione del mondo non ha dato continuità, anche perché il vento contrario lo avrebbe costretto a un enorme dispendio energetico che la maglia gialla non si può permettere alla vigilia di due tapponi alpini decisivi nei quali, con ogni probabilità, Vingegaard farà il diavolo a quattro.
Il danese è in condizioni decisamente migliori rispetto ai Pirenei, i tapponi alpini con tante salite lunghe e dure sono il suo terreno preferito e Pogacar ricorda ancora bene la crisi patita sul Col de Granon nel 2022, dopo che la Visma lo aveva torturato per tutto il giorno con allunghi continui di Primox Roglic, che allora era una seria minaccia per la classifica generale.
A proposito di Roglic, oggi il capitano della Bora ha scortato il giovane Florian Lipowitz in maglia bianca e gli ha permesso di guadagnare ulteriormente su Oscar Onley (Team Picnic PostNL), rivale sia per la maglia bianca, sia per il podio. Ora Lipowitz, che inizialmente sembrava in difficoltà, ha due minuti di vantaggio su Onley, che invece sente il fiato sul collo proprio di Roglic, quinto a soli 38 secondi.
Healy, pur non avendo vinto la tappa perché bruciato in volata da Paret-Peintre, si consola scalando una posizione in generale ai danni di Carlos Rodriguez (INEOS Grenadiers) e issandosi in nona posizione con quasi tre minuti sullo spagnolo della Ineos.
Terzo posto di giornata per Buitrago, che era stato staccato ma è riuscito a rientrare nella fase di studio tra Healy e Paret-Peintre, mentre Pogacar e Vingegaard quarto e quinto separati da due secondi sono riusciti a riassorbire Mas.
Per quanto riguarda le altre classifiche, Pogacar si riprende la maglia a pois e va vicinissimo anche alla maglia verde, che però rimane sulle spalle di Jonathan Milan (Lidl – Trek). Per sperare di portarla fino a Parigi il velocista friulano non dovrà farsi sfuggire le prossime occasioni, a partire da quelle offerte dalla tappa di domani.
Benedetto Ciccarone

Valentin Paret-Peintre manda baci agli avversari dalla cima del Mont Ventoux (foto Loic Venance / AFP via Getty Images)
WELLENS, FUGA E ASSOLO VINCENTE A CARCASSONNE. POGACAR RESTA IN GIALLO
Tim Wellens (UAE Team Emirates XRG) è autore di una delle vittorie più esaltanti al Tour 2025 con un assolo di oltre 40 km. Il campione nazionale belga sfrutta le sue ottime doti di passista per mettere nel sacco i compagni di fuga e dare alla sua squadra l’ennesima vittoria del 2025
Piazzata tra Pirenei e Mont Ventoux, la quindicesima tappa del Tour 2025 da Muret a Carcassonne arride alle fughe visto che gli uomini di classifica dovrebbero riposarsi dopo tre giorni di fuoco sui Pirenei e in attesa appunto del Mont Ventoux di dopodomani. Sarà quindi una domenica all’insegna degli attacchi visto che la fuga ce ne metterà di tempo per concretizzarsi. Da non sottovalutare nemmeno il traguardo volante di Saint-Félix-Lauragais posto dopo 60 km pianeggianti, dove Jonathan Milan (Team Lidl Trek) chiederà ai suoi compagni di tenere la corsa chiusa quanto più possibile per aggiudicarsi quei punti necessari a distanziarsi da Tadej Pogacar (UAE Team Emirates), che ormai si fa minaccioso anche per quanto riguarda la maglia verde. La seconda metà della tappa è caratterizzata dai tre GP, della Côte de Saint-Ferréol, della Côte de Sorèze e del Pas du Sant, sui quali la fuga dovrebbe concretizzarsi definitivamente. La fuga prendeva forma dopo una cinquantina di Km grazie all’azione di quindici ciclisti ovvero Tim Wellens (UAE Team Emirates XRG), Victor Campenaerts e Wout van Aert (Team Visma Lease a Bike), Pascal Eenkhoorn (Team Soudal Quick Step), Neilson Powless (Team EF Education EasyPost), Matej Mohoroc (Team Bahrain Victorious), Clement Russo (Team Groupama FDJ), Kaden Groves e Mathieu van der Poel (Team Alpecin Deceuninck), Matteo Vercher (Team TotalEnergies), Tobias Lund Andresen (Team Picnic PostNL), Alexey Lutsenko e Jake Stewart (Team Israel Premier Tech), Arnaud De Lie e Jarrad Drizners (Team Lotto). Van der Poel si aggiudicava il traguardo volante di Saint-Félix-Lauragais posto al km 59.8. Mentre nel gruppo maglia gialla continuavano scatti e controscatti la fuga affrontava il primo GPM, la Côte de Saint-Ferréol posta al km 72.8, sul quale scollinava in prima posizione Lutsenko. Alla fuga si aggiungevano anche Michael Storer (Team Tudor Pro Cycling), Jasper Stuyven e Quinn Simmons (Team Lidl Trek). Storer vinceva il GPM del Pas du Sant, il più impegnativo dal punto di vista delle pendenze, posto al km 116.6. Restavano in testa oltre a Storer anche Simmons, Campenaerts e Lutsenko, fuggitivi della prima ora, ai quali si univano Carlos Rodriguez (Team INEOS Grenadiers), Aleksandr Vlasov (Team Redbull BORA Hansgrohe) e Warren Barguil (Team Picnic PostNL). A 43 km dalla conclusione Wellens attaccava da solo, aumentando il suo vantaggio sui diretti inseguitori chilometro dopo chilometro. L’assolo del campione nazionale belga ricordava quello del miglior Evenepoel, suo connazionale. Wellens andava a vincere in solitaria sul traguardo di Carcassonne con 1 minuto e 28 secondi di vantaggio su Campenaerts ed 1 minuto e 36 secondi di vantaggio su Julian Alaphilippe (Team Tudor Pro Cycling). Chiudevano la top five Wout van Aert (Team Visma Lease a Bike) in quarta posizione e Axel Laurance (Team INEOS Grenadiers) in quinta. Il gruppo maglia gialla, regolato da Ben Healy (Team EF Education EasyPost), arrivava al traguardo con oltre 6 minuti di ritardo da Wellens, il quale ottiene la sua seconda vittoria al Tour. In classifica generale Pogacar resta in maglia gialla con 4 minuti e 13 secondi di vantaggio su Jonas Vingegaard (Team Visma Lease a Bike) e 7 minuti e 53 secondi di vantaggio su Florian Lipowitz (Team Redbull BORA Hansgrohe). Martedì (domani c’è il riposo) l’arrivo sul Mont Ventoux vedrà di nuovo il ‘duello’ tra Pogacar e Vingegaard con lo sloveno che potrebbe allungare ancora in classifica generale sul danese e mettere nel mirino la quinta vittoria di tappa al Tour 2025.
Antonio Scarfone

Wellens esulta a Carcassonne (foto Anne-Christine Poujoulat / AFP via Getty Images)
TAPPONE PIRENAICO: POGACAR CONTROLLA, RITIRO EVENEPOEL, IMPRESA ARENSMAN
Nel tappone di Superbagnères, Pogacar si limita a controllare il tentativo di Vingegaard per poi rifilargli qualche secondo in volata. All’arrivo, tutti i big della generale davanti, salvo Arensman che aveva accumulato un buon vantaggio e riesce a conservarlo sin sul traguardo.
Tappone pirenaico, una sorta di giro della morte con la salita di Superbagnères al posto dell’Aubisque, quattro salite dure. Ci si aspettava grande battaglia tra i big e nel finale in effetti Jonas Vingegaard (Team Visma | Lease a Bike) ha proposto due scatti, riuscendo a staccare tutti eccetto la maglia gialla, che non ha però contrattaccato e, nell’intervista post gara, ha ammesso di non essersi sentito al top dopo due giorni di straordinari in cui ha maltrattato (sportivamente parlando) gli avversari.
Dopo il gran caldo un tappone con pioggia, nebbia e freddo.
Le discese pirenaiche con la nebbia fanno impressione per via delle strade strette, spesso senza protezioni laterali, e i primi chilometri di discesa dal Tourmalet hanno fatto tornare alla mente la discesa da brividi di Marco Pantani dal Col d’Agnès nel 1995 nella tappa vinta dal romagnolo sul traguardo di Guzet Neige, alla vigilia della morte di Fabio Casartelli (della quale ieri ricorreva il quarantesimo anniversario).
La discesa non è stata percorsa da Remco Evenepoel (Soudal Quick-Step), che si è ritirato quando al traguardo mancavano 100 chilometri. Il belga, che prima di salire in ammiraglia ha lasciato una borraccia in souvenir a un giovane tifoso, non ha mai trovato la condizione in salita in questo Tour. La vittoria nella cronometro di Caen e la reazione dell’altro ieri, dopo la crisi sul Soulor, avevano fatto pensare che il capitano della Soudal potesse stringere i denti, sperando in un miglioramento nella terza settimana, ma evidentemente lo sforzo che già ieri si era fatto sentire era eccessivo per le attuali condizioni dell’olimpionico, che lascia la maglia bianca e il terzo posto in generale a Florian Lipowitz (Red Bull – BORA – hansgrohe), virtualmente già conquistati ieri.
Mentre Evenepoel saliva in ammiraglia, davanti c’era una fuga composta da fior di scalatori come Simon Yates (Team Visma | Lease a Bike), Thymen Arensman (INEOS Grenadiers), Carlos Rodríguez (INEOS Grenadiers), Ben O’Connor (Team Jayco AlUla), Tobias Halland Johannessen (Uno-X Mobility), Emiel Verstrynge (Alpecin-Deceuninck), Enric Mas (Movistar Team), Gregor Mühlberger (Movistar Team), Einer Rubio (Movistar Team), Sergio Higuita (XDS Astana Team), Jordan Jegat (TotalEnergies), Aleksandr Vlasov (Red Bull – BORA – hansgrohe), Michael Storer (Tudor Pro Cycling Team), Sepp Kuss (Team Visma | Lease a Bike), Valentin Paret-Peintre (Soudal Quick-Step), Michael Woods (Israel – Premier Tech) e soprattutto Lenny Martinez (Bahrain Victorious), che si avvantaggia sul resto degli attaccanti e va a scollinare in solitudine il Tourmalet con 2 minuti di vantaggio, aggiudicandosi anche il prestigioso souvenir Jacques Goddet.
In discesa si avvantaggiano Kuss e Paret-Peintre, che si riportano su Martinez lungo la discesa del Col d’Aspin, mentre nel falsopiano che precede il Peyresourde, arrivano anche Arensman, Johannessen, Rodriguez, O’Connor, Yates e Rubio.
Il gruppo, sempre tirato dagli uomini della maglia gialla, tiene un ritmo regolare ma sostenuto e inizia ad avvicinarsi alla fuga, cosicché Arensman decide di dare nuova linfa all’azione con un primo scatto al quale rispondono Johansenn e Martinez e con un secondo allungo grazie al quale resta da solo in testa alla corsa a 36 chilometri dall’arrivo.
Il portacolori della Ineos prosegue con un ottimo ritmo e relega i primi inseguitori a oltre due minuti, mentre il gruppo maglia gialla mantiene un distacco di poco superiore, che resta stabile per buona parte della salita finale, nonostante il ritmo imposto da Yates sia tale da continuare ad assottigliare sempre di più il gruppo. Non si tratta di un ritmo per preparare l’attacco della maglia gialla, bensì un’andatura di controllo, cosa che si capisce quando Felix Gall (Decathlon AG2R La Mondiale Team) accelera senza reazioni da parte dei big.
Quando le pendenze si fanno più severe con il gruppo maglia gialla restano solo Vingegaard, Primoz Roglic (Red Bull – BORA – hansgrohe), Lipowitz, Oscar Onley (Team Picnic PostNL), Johannessen e Ben Healy (EF Education-EasyPost), mentre Kevin Vauquelin (Arkéa-B&B Hotels) si stacca ma resiste e riesce a mantenere una distanza costante.
Una volta compreso che Tadej Pogacar (UAE Team Emirates – XRG) oggi aveva intenzione di controllare, prova a partire Vingegaard con uno scatto imperioso e solo Pogacar riesce a seguirlo. Gall viene ripreso in un amen e Lipowitz riesce a difendersi, contenendo il distacco ma soprattutto distanziando i rivali in classifica.
Arensman, pur molto provato, riesce a resistere benissimo e conquista una meritatissima vittoria alla sua prima partecipazione alla corsa francese.
Poco più di un minuto più tardi Pogacar non ha difficoltà a conquistare la volata contro un Vingegaard che molla negli ultimi metri, lasciando anche qualche secondo sulla strada. Gall e Lipowitz giungono ad una manciata di secondi, mentre più distanziato arriva Onley, che comunque si difende bene. Alle sue spalle, Roglic ed Healy giungono insieme, con l’irlandese che oggi si è gestito bene e rientra in top ten. Johansenn e Vaquelin chiudono la top ten di giornata.
L’ordine di arrivo, con la sola eccezione del vincitore di tappa, riflette grossomodo le posizioni della classifica genrale che quindi il tappone pirenaico ha sostanzialmente confermato.
Vingegaard, tornato in palla già ieri, ha dimostrato che non intende darsi per vinto, nonostante il cospicuo ritardo in classifica, mentre Pogacar, pur non sentendosi al top, ha risposto senza troppe difficoltà. La lotta per il podio si fa appassionante con almeno cinque uomini in corsa. Lipowitz è giovane ed è alla prima esperienza al Tour de France e quindi è da verificare come reggerà la terza settimana, specialmente rispetto al suo compagno di squadra Roglic, che ha grande esperienza e sembra in crescita. In lizza ci sono anche Vaquelin e Onley, che sono in lotta con Lipowitz anche per la conquista della maglia bianca.
Domani tappa da fughe prima del riposo e della tappa del Monte Ventoso che aprirà la terza settimana.
Benedetto Ciccarone

Arensman si impose sul ritrovato traguardo di Superbagnères (foto Marco Bertorello / AFP via Getty Images)
IN LINEA O CONTRO IL TEMPO LA MUSICA NON CAMBIA, POGACAR FA POKER A PEYRAGUDES
Pronostico rispettato da Pogacar che si impone anche nella cronoscalata di Peyragudes davanti al principale avversario. Il danese va a riprendere Evenepoel, in grande crisi negli ultimi metri. Il belga difende la terza posizione da Lipowitz per soli 6 secondi e domani ci sarà il tappone pirenaico.
Una classica cronoscalata di soli 13 Km con una salita secca da affrontare e la musica è la stessa vista sull’ultima salita di ieri, che è stata anch’essa una sorta di cronoscalata da quando sono rimasti quasi tutti da soli.
Ha trovato conferma soprattutto il fatto che i primi due posti, salvo imprevisti, sono blindati: Tadej Pogacar (UAE Team Emirates – XRG) ha vinto anche questa tappa e Jonas Vingegaard (Team Visma | Lease a Bike) si è classificato secondo, unico a contenere il distacco sotto il minuto (36 secondi), visto che Primoz Roglic (Red Bull – BORA – hansgrohe), classificatosi terzo, ha accusato un ritardo di 1′20″, ossia ben 6 secondi al chilometro.
Confermato anche il momentaccio di Remco Evenepoel (Soudal Quick-Step), che ieri era riuscito alla meno peggio ad arrivare al traguardo non troppo distante dagli altri uomini di classifica, mentre oggi, dopo aver fatto segnare il secondo tempo al primo intermedio, ha avuto gravi difficoltà lungo la salita, tanto che, nel rettilineo finale, quando sembrava quasi fermo, è stato raggiunto e superato da Vingegaard, partito due minuti dopo di lui. Il belga, campione del mondo ed olimpico di specialità, è addirittura uscito dalla top 10 di giornata e si è classificato dodicesimo con un ritardo di 2′39″ dal vincitore
Roglic, come si diceva, pur avendo accusato un ritardo pesante si è classificato terzo e ha quindi migliorato la prestazione di ieri, quando aveva pagato un dazio altissimo, soprattutto nel finale.
Il suo compagno di scuderia Florian Lipowitz, quarto ad 1′56″, ha mancato per soli 6 secondi l’aggancio al podio provvisorio che potrà però conquistare domani, viste le gravi difficoltà in salita di Evenepoel.
Pogacar ha fatto un po’ quello che aveva fatto ieri sull’ultima salita, andando a tutta e mostrando semplicemente che il suo ritmo è superiore a quello degli altri, portandosi in testa già al primo intermedio, e la stessa cosa ha fatto Vingegaard rispetto agli altri uomini di classifica.
Il danese, che forse ieri ha avuto una giornata no, è riuscito a contenere il distacco in 36 secondi (meno di 3 secondi al chilometro) mentre ieri aveva accusato ben due minuti (sempre in 12 chilometri), tuttavia l’attuale ritardo in classifica del vincitore delle edizioni 2022 e 2023 è superiore ai 4 minuti.
Lontanissimi tutti gli altri, con il cronoman Luke Plapp (Team Jayco AlUla) che è riuscito a conquistare la quinta piazza di giornata e Matteo Jorgenson (Team Visma | Lease a Bike) che è giunto sesto e sembra aver superato la brutta giornata di ieri.
Anche Oscar Onley (Team Picnic PostNL), settimo a 2 minuti, conferma quanto visto sinora e conquista la top five ai danni di Kévin Vauquelin (Arkéa – B&B Hotels).
A questo punto, con una classifica assestata pur con diverse posizioni contese, sarà interessante vedere cosa accadrà domani nel tappone pirenaico. Il percorso prevede il classico giro della morte con Tourmalet, Aspin e Peyresourde ma l’arrivo sarà a Superbagnères, località che manca al Tour da 36 anni. La salita finale presente classici numeri da ascesa pirenaica, 12 Km al 7,3%. Le precedenti tre salite senza tratti intermedi rappresentano una notevole difficoltà, specialmente dopo due tappe dure come quelle di ieri e oggi che sicuramente si faranno sentire nelle gambe dei corridori. E siamo solo alla seconda settimana…
Benedetto Ciccarone

Pogacar esulta al termine della cronoscalata (foto Tim de Waele/Getty Images)
LECTIO MAGISTRALIS DI POGACAR AD HAUTACAM, MATTONATA PER GLI AVVERSARI
Tadej Pogacar parte su una accelerazione tremenda di Narvaez che lascia Vingegaard a qualche metro. Da lì in poi, è un assolo dell’iridato che si vendica del danese, che sulla stessa salita lo staccò due anni fa. Lontanissimi gli altri avversari, salvo un ottimo Lipowitz che conferma quanto di buono aveva fatto vedere al Delfinato.
Era dall’inizio del Tour de France che gli appassionati aspettavano il duello in salita tra i due principali favoriti per la vittoria. Complice anche un percorso un po’ in controtendenza rispetto a quello degli ultimi anni, la salita si è fatta attendere e si cercava di scrutare, di capirci qualcosa nelle piccole scaramucce che c’erano state sugli strappetti del nord della Francia.
L’indicazione esatta era, però, arrivata dalla tappa a cronometro e parlava di un Tadej Pogacar (UAE Team Emirates – XRG) in splendida forma e di un Jonas Vingegaard (Team Visma | Lease a Bike) che invece sembrava un po’ in difficoltà, anche se comunque era stato sempre pronto a rispondere alle stilettate del campione del mondo.
L’atteso duello in realtà non c’è stato. Vingegaard ha cominciato a perdere metri già sulla tremenda accelerazione impressa da Jhonatan Narvaez (UAE Team Emirates – XRG) sulle prime rampe della salita verso Hautacam.
Il danese certamente non ha il cambio di ritmo e ha voluto evitare il fuori giri, ma se in un primo momento sembrava potesse contenere lo svantaggio, andando in progressione, è bastato poco per capire che non era giornata.
Pogacar ha proseguito la salita a un ritmo impressionante, guadagnando costantemente, e l’aver attaccato a inizio salita gli ha permesso di arrivare in cima con oltre 2 minuti sul rivale.
I distacchi sugli altri corridori, però, dimostrano che il marziano è solo il campione del mondo.
L’ordine d’arrivo, infatti, parla di un Vingegaard che, a fronte di un distacco di 2′10″, da Pogacar, è riuscito a infliggere solo 13 secondi a un ottimo Florian Lipowitz (Red Bull – BORA – hansgrohe), issatosi in quarta posizione a meno di un minuto dal terzo gradino del podio di Remco Evenepoel (Soudal Quick-Step), che ora scricchiola pericolosamente.
Il belga si era staccato sul Col de Soulor, quando il gruppo era tirato da Tiesj Benoot (Team Visma | Lease a Bike), ed era poi faticosamente riuscito a rientrare, salvo poi staccarsi nuovamente sulla salita finale e giungere con un ritardo di 3′35″. Se si calcola il fatto che Oscar Onley (Team Picnic PostNL) e Tobias Halland Johannessen (Uno-X Mobility) sono giunti a 3 minuti (e quindi a 50 secondi dal danese) e che Kévin Vauquelin
(Arkéa – B&B Hotels) – che era sembrato in crisi – è giunto a 3′33″, ci si rende conto che, alle spalle di Pogacar, sebbene Vingegaard sia nettamente il più forte tra gli avversari dello sloveno, i distacchi subiti dagli altri nei confronti del danese non sono stai abissali. Il vantaggio in generale di Pogacar su Vingegaard (3′31″) è maggior del distacco che il danese vanta sul sesto (Onley, a 6′05″).
Insomma, in un quadro del genere, non si può far altro che constatare la superiorità netta dello sloveno su tutti gli altri. Solo una grossa crisi di Pogacar potrebbe rimettere tutto in discussione. La cosa non è affatto esclusa, visto che non solo Pogacar ha perso due Tour da Vingegaard proprio a causa di una giornata di crisi nera, ma anche che la crisi è qualcosa che in un grande giro può sempre colpire anche chi sembra padrone della corsa (vedi Ullrich nel 1998 e Simon Yates nel 2017).
La corsa è stata animata da un attacco di ben 50 corridori che ha conseguito un vantaggio massimo di circa 2 minuti. Il foltissimo gruppo era composto da Tim Wellens (UAE Emirates XRG), Tiesj Benoot (Visma | Lease a Bike), Maximilian Schachmann (Soudal Quick-Step), Harrison Sweeny (EF Education-EasyPost), Louis Barré (Intermarché-Wanty), Laurenz Rex (Intermarché-Wanty), Santiago Buitrago (Bahrain Victorious), Lenny Martinez (Bahrain Victorious), Robert Stannard (Bahrain Victorious), Fred Wright (Bahrain Victorious), Thymen Arensman (INEOS Grenadiers), Tobias Foss (INEOS Grenadiers), Axel Laurance (INEOS Grenadiers), Carlos Rodríguez (INEOS Grenadiers), Connor Swift (INEOS Grenadiers), Laurence Pithie (Red Bull – BORA – hansgrohe), Aleksandr Vlasov (Red Bull – BORA – hansgrohe), Thibau Nys (Lidl-Trek), Mattias Skjelmose (Lidl-Trek), Edward Theuns (Lidl-Trek), Guillaume Martin (Groupama-FDJ), Valentin Madouas (Groupama-FDJ), Paul Penhoët (Groupama-FDJ), Mathieu van der Poel (Alpecin-Deceuninck), Julian Alaphilippe (Tudor), Marc Hirschi (Tudor ), Michael Storer (Tudor Pro Cycling Team), Matteo Trentin (Tudor), Ben O’Connor (Team Jayco AlUla), Luke Durbridge (Jayco AlUla), Mauro Schmid (Team Jayco AlUla), Raúl García Pierna (Arkéa-B&B Hotels), Clément Venturini (Arkéa-B&B Hotels), Pablo Castrillo (Movistar Team), Iván Romeo (Movistar Team), Einer Rubio (Movistar Team), Bruno Armirail (Decathlon AG2R La Mondiale), Aurélien Paret-Peintre (Decathlon AG2R La Mondiale), Emanuel Buchmann (Cofidis), Bryan Coquard (Cofidis), Ion Izagirre (Cofidis), Dylan Teuns (Cofidis), Harold Tejada (XDS Astana Team), Simone Velasco (XDS Astana Team), Steff Cras (TotalEnergies), Thomas Gachignard (TotalEnergies), Anthony Turgis (TotalEnergies), Michael Woods (Israel – Premier Tech), Joseph Blackmore (Israel – Premier Tech), Alexey Lutsenko (Israel – Premier Tech) e Jarrad Drizners (Lotto).
L’armonia si spezza sul Col de Soulor e, mentre in gruppo i capitani fanno alzare il ritmo, davanti restano solo 14 dei 50 attaccanti.
La Visma fa il ritmo sulla salita ma la squadra non si dimostrerà all’altezza, tanto che Vingegaard rimarrà solo ai piedi della salita finale in balia degli UAE.
Davanti si mette in mostra Armirail che, quando il gruppo dei battistrada esplode, riesce a riportarsi su Woods e Skjelmose, che avevano attaccato a loro volta, ed a staccarli, presentandosi da solo ai piedi della salita finale.
Il gruppo è a quel punto tirato da Wellens che, dopo la lunga fuga, si mette al servizio di Pogacar e va chiudere sulla fuga, fino a quando Narvaez non piazza una spaventosa accelerata che mette in difficoltà anche Vingegaard.
Dai -12 sarà un assolo di Pogacar, con Vingegaard che tenterà di gestirsi ma pagherà un passivo pesante di oltre due minuti.
Grande battaglia alle spalle del danese tra Lipowitz, Onley, Johannessen, Primoz Roglic (Red Bull – BORA – hansgrohe) e Vauquelin. Alla fine Roglic pagherà il passivo più pesante, mentre Lipowitz per poco non va a riprendere Vingegaard. Gli altri arrivano tutti separati da pochi secondi con Evenepoel che arriverà insieme a Vaquelin e riuscirà a salvare la terza posizione da Lipowitz per soli 49 secondi.
Domani la cronoscalata a Peyragudes sarà un test importante per avere conferme o smentite di quanto visto oggi, in attesa del vero e proprio tappone pirenaico con il “Giro della morte” e l’arrivo a Luchon-Superbagnères
Benedetto Ciccarone

Pogacar in azione sulla salita di Hautacam (foto Marco Bertorello / AFP via Getty Images)
A TOLOSA ABRAHAMSEN CORONA LA FUGA. HEALY RESTA IN MAGLIA GIALLA, CADUTA SENZA CONSEGUENZE PER POGACAR
Jonas Abrahamsen (Team UNO X Mobility), uno dei fuggitivi della prima ora, resta da solo in testa alla tappa insieme a Mauro Schmid (Team Jayco AlUla) e lo batte in volata sul traguardo di Tolosa. Mathieu van der Poel chiude terzo dopo aver inseguito negli ultimi 60 km. Pogacar cade a 4 km dalla conclusione ma rientra in gruppo mentre Healy resta in giallo
Dopo il primo giorno di riposo il Tour 2025 riparte da Tolosa per una tappa, l’undicesima, dal finale esplosivo e molto probabilmente troppo ostico per i velocisti puri. Gente come Milan, Merlier, Groenewegen eccetera difficilmente riuscirà a superare indenne il piatto forte della tappa, ovvero la Côte de Pech David, posta a soli 9 km dall’arrivo e seppur lunga solo 800 metri con pendenze che arrivano al 20%. Negli ultimi 50 km sono presenti altre tre piccole salite categorizzate (la Côte de Montgiscard, la Côte de Corronsac e la Côte de Vieille-Toulouse) che metteranno ulteriore fatica e stress nelle gambe dei ciclisti. Ben Healy (Team EF Education EasyPost) dovrebbe avere la forza per mantenere la maglia gialla mentre per la vittoria di tappa, a meno di fuga ben assortita e lasciata andare dal gruppo, i maggiori candidati sembrano essere Mathieu van der Poel (Team Alpecin Deceuninck), Wout van Aert (Team Visma Lease a Bike) e Tadej Pogacar (UAE Team XRG). La fuga iniziale della tappa vedeva protagonisti Davide Ballerini (Team XDS Astana), Mauro Schmid (Team Jayco ALUla) e Jonas Abrahamsen (Team Uno X Mobility). Il terzetto di testa veniva raggiunto verso il km 80 dalla coppia formata da Mathieu Burgaudeau (Team TotalEnergies) e Fred Wright (Team Bahrain Victorious). Abrahamsen si aggiudicava il primo traguardo volante di Labastide-Beauvoir posto al km 97.3. Il gruppo maglia gialla non dava troppo spazio ai cinque battistrada finchè da quest’ultimo attaccavano a loro volta Wout van Aert (Team Visma Lease a Bike), Mathieu van der Poel (Team Alpecin Deceuninck), Axel Laurance (Team INEOS Grenadiers), Quinn Simmons (Team Lidl Trek) ed Arnaud De Lie (Team Lotto). Wright scollinava in prima posizione sul gpm della Côte de Montgiscard posto al km 111.6. Wright si ripeteva sul successivo gpm della Côte de Corronsac posto al km 117. Dopo che il gruppo maglia gialla diminuiva l’andatura – gli ultimi a tirare senza grossi risultati erano state Israel Premier Tech e Groupama FDJ – le fasi clou della tappa vedevano il braccio di ferro tra i cinque battistrada ed i cinque inseguitori. A 18 km dalla conclusione il vantaggio del gruppo di testa sul gruppo inseguitore era di una ventina di secondi. Abrahamsen scollinava in prima posizione sul gpm della Côte de Vieille-Toulouse posto al km 142.5. Schmid era l’unico a restare in testa insieme al ciclista norvegese. A 10 km dalla conclusione la coppia di testa aveva 20 secondi di vantaggio sul primo gruppo inseguitore formato da Simmons, Wright e Burgaudeau mentre il gruppo con Van der Poel e Van aert, ancora più dietro, sembrava ormai tagliato fuori dalla lotta per la vittoria di tappa. Abrahamsen scollinava in prima posizione insieme a Schmid. A 4 km dalla conclusione nel gruppo maglia gialla Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) era vittima di una caduta ma rientrava nel giro di una trentina di secondi scortato dai suoi uomini. Nella volata ristretta Abrahamsen aveva la meglio su Schmid mentre un generoso Van der Poel chiudeva in terza posizione a 7 secondi di ritardo. De Lie era quarto a 53 secondi di ritardo e chiudeva davanti a Van Aert. Ballerini era decimo a 1 minuto e 11 secondi di ritardo da Abrahamsen mentre il gruppo maglia gialla era regolato da Kaden Groves (Team Alpecin Deceuninck) a 3 minuti e 28 secondi di ritardo da Abrahamsen. Per il ciclista norvegese è la prima vittoria stagionale ed anche la prima vittoria in una tappa di un GT. In classifica generale rimane tutto invariato nelle primissime posizioni con Healy che resta in maglia gialla con 29 secondi di vantaggio su Pogacar e 1 minuto e 29 secondi di vantaggio su Remco Evenepoel (Team Soudal Quick Step). Domani è in programma la dodicesima tappa con i Pirenei che fanno il loro esordio al Tour. Si parte da Auch e si arriva sull’Hautacam dopo oltre 180 km. La Côte de Labatmale dopo una novantina di km farà da antipasto per i ben più esigenti Col de Soulor, Col des Bordères ed Hautacam, in cima al quale è posto l’arrivo. Sarà il primo vero scontro frontale tra coloro che aspirano alla maglia gialla.
Antonio Scarfone

La tappa la vince Abrahamsen ma il fatto del giorno è la caduta di Pogacar a 4 Km dall'arrivo
REWIND AND REPEAT SUL PUY SANCY. RICOMINCIO DA CAPO COME GIOVEDÌ
Mezzo Tour è volato via in variazioni sul tema
È innegabile: la tensione è alle stelle in vista della scalata a Lourdes Hautacam di questo prossimo giovedì, dove sono ormai attesi o pretesi miracoli di varia natura, che si tratti di ribaltare il Tour o quantomeno di disintegrare il record diabolico e bergmaniano di Bjarne Riis. È indiscutibile: per dieci tappe, su diversi terreni, sostanzialmente quasi tutti quelli previsti dal ciclismo su asfalto tranne la montagna, le prestazioni atletiche sono state eccelse, tanto da potersi battezzare senza troppe remore quali miglior cronoman al mondo colui che ha vinto la crono, migliori sprinter del momento quelli scornatisi nelle volate di gruppo, migliori classicomani forse di sempre quelli che hanno dominato gli arrivi più simili alle gare di un giorno, nonché naturalmente miglior fugaiolo colui che giovedì (scorso) ha conquistato il primo combattutissimo arrivo fra evasi della prima ora. O “seconda ora”, insomma ci siamo capiti: già non si può più dire “fuga del mattino” perché si parte all’ora di pranzo; adesso che per sganciare l’azione buona servono novanta minuti minimo di kolossal fra fuoco e fiamme, nemmeno è più appropriato riferirsi alla “prima ora”. Fatto sta che i distacchi in classifica generale sono già pesanti, gli interpreti sono di assoluto prestigio, la stanchezza è già alle stelle… ma il retrogusto resta di vaga insoddisfazione, nonostante vittorie memorabili – e ancora più memorabili sconfitte, come non pensare a van der Poel ripreso oltre la flamme rouge dopo 170 km di fuga a due col compagno Rickaert. Tuttavia nel complesso la mera “quantità di azione” è stata relativamente scarsa, proprio perché un certo appiattimento è derivato per un lato dall’esasperazione fisica imposta dalle velocità stratosferiche, e per altro verso, quasi paradossalmente, è stato imposto dal livello tecnico non eccelso che si registra al di fuori della cerchia sublime degli eletti. Un gradino troppo alto.
Arriviamo così a vedere tappe come quella di lunedì 14 luglio, festa nazionale, imbandita per massimizzare le speranze dei corridori nazionali con qualche fuga avventurosa, tracciato creativo, imprevedibile e impervio… eppure sostanziale ripetizione quasi letterale di una giornata senza infamia e senza lode come fu giovedì scorso in Normandia.
Lotta acerrima per fare partire una maxi fuga, casella marcata. UAE in controllo che punta a regalare la maglia gialla, casella marcata. Visma che si produce nel finale in una salva di ternate o, stavolta, sporadici petardi (ma senza mai chiamare all’azione il proprio capitano, se non per chiudere di reazione su Pogacar): casella marcata, pure questa. Ma qui si va addirittura oltre. I nomi dei protagonisti del finale? Ben Healy, certamente. Quinn Simmons, perché no? Michael Storer, non poteva mancare. Simon Yates. Bene, bravo, bis! Quattro dei primi cinque di giovedì scorso si ritrovano a lottare par pari nel finale di quattro tappe dopo. Ovviamente possiamo considerare Mathieu van der Poel assente giustificato dopo le mattane del giorno precedente. Non mancano le variazioni sul tema, e andremo ora a ripercorrerle, ma le corrispondenze sono impressionanti: a nulla è valso che l’azione iniziale fosse stata qui immensamente più corposa, per un motivo sul quale torneremo a breve, alla fin fine torna a distinguersi su tutti quanti una selezione di atleti di matrice anglosassone, leviamo l’irlandese Dunbar (che corre per un team australiano, i Jayco) e ci mettiamo O’Connor, australiano… della medesima squadra. L’unico intruso è l’olandese Arensman, già bravo al Trentino (ribattezzato da qualche anno Tour of Alps) nel rivaleggiare in mosse a lunga gittata con Storer, ma dopotutto portacolori della più anglosassone delle formazioni, l’INEOS (ex Team Sky).
Come detto la fuga iniziale era robustissima e il motivo risiede in un’altra delle minime variazioni viste da giovedì in qua, nondimeno fra le più interessanti: la UAE di Pogacar appare fortemente debilitata per il ritiro pregresso di Almeida causa caduta e per via di un Sivakov ancora convalescente, mentre Adam Yates, a differenza del gemello, non si è ancora svegliato dal letargo dei primi giorni di competizione. Lo attendiamo sulle vette. Politt fa il suo con dignità, ma non smette di manifestare i giusti limiti della sua dimensione tecnica, Wellens impiega tutta la sua classe per fare gli straordinari, Narváez si tiene sempre qualche ultimo scudiero di Pogacar, e la coperta già risulta un po’ corta. Quindi anzitutto fallisce il tentativo di lasciar davanti zero Visma o al massimo uno solo, oltre a Simon Yates ci sarà Campenaerts, fermato infatti in appoggio ai capitani per il finale. Nessun dramma in casa UAE, comunque, anche perché proprio in questo caso il buon Marc Soler, fantasmatico a giorni alterni, dimostra al mondo intero la ragione per cui non si riesce proprio a non convocarlo: su un terreno rognoso come pochi altri, anzi come forse nessun altro, data la natura inedita di questa tappa (tantisssimo dislivello ma senza alcuna salita lunga, solo salitelle, saliscendi, strappetti e mangia-e-bevi, tutto però in dosi industriali), il catalano si esalta, spendendosi, spremendosi, staccandosi, ma poi rientrando, risalendo in testa e di lì REWIND AND REPEAT AGAIN!
Il livello di disperazione che però serpeggia fra appassionati e giornalisti, forse pure fra gli avversari, è testimoniato al meglio dalla collezione di screenshot con cui fotogramma dopo fotogramma si cerca di leggere malessere sulla faccia di Pogacar attorno a metà tappa. Possibile che lo sloveno sia pure lui mezzo influenzato come appunto già Sivakov e lo stesso Almeida (ritiro per somma di fattori, in realtà). Chi lo sa. Certo che se quanto ci si affanna a commentare o peggio a sperare è solo questo…!
Torniamo allora in testa alla corsa, con la fuga, selezionata sostanzialmente da un forcing in salita di O’Connor. Ebbene, in questo giorno della marmotta vuole il destino che si ripetano assai simili anche le dinamiche interne alla fuga stessa, solo rimescolando i nomi. Stavolta è Ben Healy a dibattersi come già l’altra volta MvdP nel dilemma fra lottare per la tappa o sognare in giallo. Come pure in quel caso, una volta messa in saccoccia una vittoria parziale, prevale il desiderio di vestire quella maglia del primato che invece i veri “principi” della classifica generale preferiscono ormai evitare come la peste per gli obblighi che impone. Pogacar, dopo le bordate contro le reti sociali (“il cancro della nostra società”) regalateci settimane addietro, si cala ora nei panni di un Mourinho per dichiarare papale papale che “è soprattutto contento di non aver l’obbligo di parlare coi giornalisti nel giorno di riposo”. Sta di fatto che l’irlandese pazzo e razionale dopo aver azzardato un’altra delle sue mosse col copyright ai meno quaranta e spicci, vistosi ripreso invece di “vendicarsi” su chi l’ha inseguito cambia del tutto atteggiamento e munificamente regala ai compagni da quel punto in poi un’oretta di dietro moto. Lui in testa a tirare regolare, gli altri in scia, nemmeno un turno simbolico. Ovviamente Healy pensa a massimizzare la velocità media della fuga, gli altri a risparmiarsi per scannarsi a scatti nel finale. E così andrà, con la peculiarità aggiunta che scatta che ti scatta gli altri si sfiniranno quasi tutti e il buon Ben, continuando a salire regolare, farà comunque terzo: dei 29” che avrà su Pogacar in classifica generale… quattro sono di abbuono!
A parte una sfuriata solitaria di Quinn Simmons degna di menzione in cronaca, resta poco altro da segnalare: Simon Yates sarà il primo a smuovere le acque, di O’Connor la prima reazione, ma l’australiano paga i suoi sforzi di scrematura a metà tappa e dopo poco cede. Torna su potente, invece, Arensman, che pencolandosi sulle sue lunghissime leve riesce a riavvicinarsi fino a 30 metri, non di più, dalla ruota di Simon. L’ultimo km è un braccio di ferro avvincente ma senza rivolgimenti. Bravi tutti.
Altra bizzarria del giorno, la prestazione del miglior francese, il tignoso, umorale e giovanissimo scalatore tascabile Lenny Martínez, un po’ Lenny Kravitz (nel sound non nell’aspetto) e un po’ nipote di esuli repubblicani spagnoli (e questo è un fatto storico!). La bizzarria non sta nella condotta di tappa, una caccia ai punti dei GPM che lo lascia esausto nel finale ma gli porta in dote la maglia a pois già vestita al Tour da… suo padre (REWIND, REPEAT). No, la stranezza sta nella foto, la foto sull’arrivo: ultimo dei fuggitivi a essere ripreso, a un km dalla fine circa, s’incaponisce a mettersi a tirare, ma tirare chi? Pogi e Vingo! Così la foto sul traguardo e l’ordine di arrivo “simulano” una sorte di arrivo a tre in cui il francese regola i due fenomeni (che ovviamente l’han lasciato passare primo).
La situazione con Lenny Martínez riflette il livello di assurdità generato dal dislivello prestazionale fra il danese, lo sloveno e tutti gli altri. Arrivati sullo strappo finale di 3 km e spicci, il primo ad attaccare è Remco, ma quando Pogi apre gas, l’unico a stargli incollato (quasi letteralmente) è Jonas. Gli altri sono in un attimo così indietro che non riescono a rientrare nemmeno quando i primi due rallentano per fare il “regalino” al giovinetto francese.
Fino a quel momento, comunque, tutto iterazione e reiterazione formulaica. I Visma attaccano. Pogi li ignora e mette a tirare i superstiti fra i suoi. C’è gap, salta Jorgenson. Pogi lo segue, fine dell’azione. REWIND, REPEAT. Una, due, tre, sette volte. Come già visto in ogni tappa mossa dall’inizio del Tour in qua. Vingegaard non attacca mai. A un certo punto parte Pogi, e fa subito il vuoto, con l’eccezione del danese. Vingegaard non collabora, il ritmo cala, la situazione si chiude. Finora Pogacar aveva poi chiuso la partita con uno scatto secco sulla linea, vuoi per la vittoria o per mettere in fila gli altri. Oggi eccezione, o meglio variazione sul tema, a quanto pare per “omaggiare” Lenny Martínez e la sua adolescenziale sfrontatezza o semplice alzata di fantasia.
Variazioni sul tema, solo variazioni sul tema, cui siamo grati per distinguere un giorno dall’altro e intrattenerci un po’. In attesa del prossimo giovedì che, su Hautacam, dovrebbe essere Ben diverso dallo scorso giovedì. …Oppure no!
Gabriele Bugada

Simon Yates vince la prima tappa di montagna del Tour 2025 (foto Dario Belingheri/Getty Images)
IN AUSTRIA DOMINANO DEL TORO E GLI EMIRATI
Dominio della UAE Team Emirates – XRG nel Giro d’Austria con quattro tappe su cinque conquistate e la vittoria finale di Isaac Del Toro, che ha confermato la classe dimostrata all’ultimo Giro d’Italia
Quattro tappe su cinque, fatta eccezione per la frazione conclusiva, e la formazione degli emirati ha dominato la 74a edizione del Giro d’Austria. Nella prima tappa, con partenza e arrivo a Steyr, addirittura quattro corridori dei primi cinque dell’ordine d’arrivo vestivano la casacca UAE: a vincere in solitaria è stato Felix Großschartner seguito a 5” da Rafał Majka (UAE) e dall’unico “intruso” Archie Ryan (EF Education – EasyPost), mentre con 16″ di ritardo il primo gruppo inseguitore è stato regolato da Baroncini Filippo su Isaac Del Toro.
Nella seconda tappa è stato il messicano, smaltita la delusione del Giro d’Italia, ad imporsi in volata sul traguardo di Alpendorf precedendo allo sprint Andrew August (Ineos), Héctor Alvarez (Lidl-Treck) e i compagni di squadra Groβscharter e Alessandro Covi, con la squadra degli emirati che piazza ancora tre uomini tra i primi cinque. La classifica non cambia, fatta eccezione per l’ingresso in top five di August al posto di Baroncini, che rimane staccato.
A rubare parzialmente la scena all’UAE, almeno nelle prime tappe, è stato l’ex pilota della MotoGP Aleix Espargarò, al debutto in una corsa professionistica all’età di 35 anni, iscritto con la Lidl-Trek. Purtroppo una caduta all’inizio della terza tappa, che gli ha causato la rottura del legamento di un pollice, lo ha costretto a ritirarsi per l’impossibilità di frenare, levando alla corsa anche questa distrazione dal dominio emiratino. Il corridore spagnolo, vincitore di tre gare in sella ad un’Aprilia da sempre usava la bici come allenamento e si è detto deluso, ma contento di aver dimostrato di non essere solo un acquisto di marketing.
La tappa del ritiro di Espargarò è terminata a Salisburgo dove Del Toro ha piazzato sulla salita del Gaisberg, che ospitava il traguardo, la sua seconda zampata con un’azione fulminea a 500 metri dall’arrivo, riuscendo a riprendere e sorpassare August, giunto secondo a 5”. Alle sue spalle si è piazzato ancora Groβscharter, che ha salvato la maglia di leader per 3”, seguito alla spicciolata da Ryan e Felix Engelhardt (Jayco).
Nella tappa regina, che prevedeva l’arrivo in salita ai 2024 metri di Kühtai, stazione sciistica tirolese, Del Toro ha completato la sua tripletta staccando nuovamente gli avversari: alle sue spalle hanno terminato Ryan a 4”, Majka a 6”, Enlhardt a 25” ed Esteban Chaves (EF Education – EasyPost) a 34”, mentre è pesantemente crollato l’ex leader e suo compagno di squadra è crollato Groβscharter, giunto al traguardo con più di 3 minuti di ritardo.
Nella conclusiva tappa di Feldkirch la UAE ha preferito amministrare il vantaggio conseguito, permettendo alla fuga di arrivare e lasciando spazio alle altre squadre. Torna così alla vittoria dopo oltre tre anni (se si esclude il campionato nazionale a cronometro), Bob Jungels (Ineos), che stacca tutti e si impone in solitaria con 1′45″ su Rui Costa e Florian Vermeersch, altro corridore in forma alla formazione araba.
Del Toro “vendica” così la sconfitta al Giro d’Italia imponendosi nella classifica finale con 29″ su Rayan e 47″ su Majka, mentre il migliore degli azzuri è lo scalatore lombardo Luca Vergallito (Alpecin – Deceuninck), 11° con un passivo di 4′16″. La UAE si porta ovviamente a casa la classifica a squadre, condendo il successo finale anche con la conquista delle classifiche a punti e del miglior giovane, che entrambe vedono in testa Del Toro. Un bottino quasi completo al quale manca solo la classifica dei Gran Premi della Montagna, al cui vertice si è issato il figlio d’arte Nicolas Vinokurov (XDS Astana Team)
Andrea Mastrangelo

Del Toro vince la tappa regina del Giro d'Austria
ELISA LONGO BORGHINI CONQUISTA IL SUO SECONDO GIRO D’ITALIA WOMEN
Liane Lippert vince la tappa finale all’autodromo di Imola. Sul podio finale anche Reusser e Gigante.
Il Giro d’Italia Women 2025 si chiude con il trionfo di Elisa Longo Borghini. Dopo otto tappe combattute l’azzurra della UAE Team ADQ sale sul gradino più alto del podio a dodici mesi dalla sua prima affermazione, confermandosi regina della corsa rosa. La tappa conclusiva da Forlì a Imola, con arrivo all’interno dell’Autodromo Enzo e Dino Ferrari, ha premiato nuovamente Liane Lippert (Movistar Team), che festeggia il secondo successo personale in questa edizione.
Il circuito finale, ispirato al percorso dei Campionati Mondiali del 2020, non ha ribaltato le sorti della classifica generale. La ongo Borghini ha controllato con intelligenza ogni situazione, difendendo la Maglia Rosa conquistata nella tappa del Monte Nerone. Il momento decisivo arriva quando sull’ultima salita Liane Lippert e Anna van der Breggen (Team SD Worx – Protime) si avvantaggiano sul gruppo andandosi a giocare la vittoria allo sprint. All’interno dell’autodromo di Imola la tedesca della Movistar ha avuto la meglio sull’olandese, mentre Marlen Reusser (Movistar Team), è giunta terza a 8 secondi, regolando il gruppo delle migliori.
Elisa Longo Borghini chiude così in testa alla classifica generale con 18” sulla Reusser e 1’11” su Sarah Gigante (AG Insurance – Soudal Team), vincitrice di due tappe e della Maglia Azzurra del Gran Premio della Montagna. Antonia Niedermaier (CANYON//SRAM zondacrypto) si conferma miglior giovane e conquista la Maglia Bianca, mentre Lorena Wiebes (Team SD Worx – Protime) chiude il Giro con la Maglia Rossa della classifica a punti e con la conquista del Premio Combattività Best Western. Infine, Eleonora Ciabocco ( Team Picnic PostNL) ha vinto il Premio Carta Giovani Nazionale come miglior italiana giovane in classifica, mentre la migliore delle 21 squadre in campo è risultato il AG Insurance – Soudal Team
Al termine della corsa, La Longo Borghini ha dichiarato: “È stato un Giro incredibile per me e per la squadra. Gli ultimi otto giorni sono stati intensi: avevamo un obiettivo comune e lo abbiamo raggiunto. Sono senza parole… questa sensazione è semplicemente incredibile”.
Più tardi ha aggiunto: “Questa vittoria significa molto, anche perché venivo da una primavera dove non sono arrivati i risultati sperati. La sintesi di tutto questo credo sia la tappa di Monselice, dove siamo riuscite a portare un attacco di squadra in una frazione che sulla carta non aveva nulla da dire. Sul podio mi sono emozionata per l’affetto che hanno dimostrato i tifosi”.
Seconda classificata nella generale, la Reusser ha commentato: “Negli ultimi tre giorni non sono stata bene, ma la squadra mi ha sempre supportata. Elisa ha meritato di vincere, ma tornerò per giocarmela di nuovo”.
Sarah Gigante, terza, ha aggiunto: “Non avrei mai immaginato un Giro così. Dopo l’operazione che mi ha tenuta ferma mesi, torno in Australia con tanta gioia. È stato un Giro bellissimo”.
Grande soddisfazione anche per Liane Lippert, vincitrice della tappa conclusiva: “Vincere due tappe è un sogno. Ieri è stata una giornata deludente, ma oggi volevamo riscattarci. Marlen ha lavorato per me nel finale, è una persona speciale. Io ho solo voluto restituirle qualcosa”.
Lorena Wiebes, Maglia Rossa e Premio Combattività, ha detto: “Non era il mio primo obiettivo, ma ho deciso di lottare per portarla a casa. Oggi ero stanca, ma felice del mio Giro, che mi ha dato grande fiducia”.
Antonia Niedermaier, Maglia Bianca: “Finalmente la porto a casa. La pressione di Holmgren si è fatta sentire, ma ho saputo gestirla. È una delle gare più difficili e belle allo stesso tempo”.
Per Elisa Longo Borghini si tratta della seconda vittoria finale al Giro, traguardo che un’atleta italiana non raggiungeva dai tempi di Fabiana Luperini. Liane Lippert sale a tre successi complessivi al Giro, mentre il cambio decisivo della Maglia Rosa, giunto alla penultima tappa, è il primo dal 2020.
Mario Prato


