NEL TAPPONE NON SUCCEDE (QUASI) NULLA: A CHAMPOLUC VINCE PRODHOMME, DEL TORO E CARAPAZ ASSIEME ALL’ARRIVO
Era la tappa più dura ma la montagna ha partorito il topolino di un solo attacco sull’ultima e più facile delle cinque salite previste, con la maglia rosa Del Toro e il suo più diretto avversario Carapaz da soli all’arrivo con una ventina di secondi di vantaggio sugli altri “big” della classifica. Troppo tardi per la vittoria di tappa, che grazie alla scarsa belligeranza in gruppo è andata al fuggitivo Nicolas Prodhomme
La diciannovesima e terzultima tappa del 108esimo Giro d’Italia è considerata da molti appassionati la più importante di questa edizione presentando ben 5 GPM, di cui tre di prima categoria, e una lunghezza che, pur inferiore a quella dei famosi tapponi di una volta, è pur sempre ragguardevole con i suoi 166 chilometri. La partenza è fissata a Biella, alle ore 12.30, e il percorso, dopo avere oltrepassato Ivrea, supera il valico di Croce Serra (GPM di terza categoria, 11 chilometri al 5%, abbastanza regolari), piega verso Nord e imbocca la valle della Dora Baltea, la più importante della Val d’Aosta, risalendo verso il capoluogo. All’altezza di Verres si devia in una valle laterale che conduce al Col Tzecore (GPM di prima categoria, ben 16 chilometri all’8% con punte del 15%), da cui si ridiscende nuovamente nella valle della Dora Baltea, passando per Saint-Vincent e Chatillon. Ben presto il percorso devia nuovamente verso Nord, arrampicandosi sino al colle di Saint Pantaléon (GPM di prima categoria, altri 16 chilometri al 7% con punte del 12%), per poi ridiscendere a Saint-Vincent, proseguire in direzione del Col de Joux (terzo GPM di prima categoria: 15 chilometri al 7% con punte del 12%) e scendere infine a Brusson nella Val d’Ayas, dove mancheranno 15 chilometri al traguardo. Da Brusson si risale al paese di Antagnod (GPM di seconda categoria, gli ultimi 4 chilometri hanno una pendenza del 6% con punte dell’11%), e infine si scende al traguardo, situato a Champoluc dopo 5 chilometri di discesa.
In un Giro caratterizzato dal crollo di buona parte dei favoriti a causa di incidenti di ogni tipo e che presenta una classifica molto corta, con i primi cinque racchiusi in tre minuti e con nessun corridore che ha mai dato l’impressione di poter dominare a suo piacimento, pronosticare l’esito di una tappa come quella odierna è molto difficile. Certamente l’ecuadoriano Richard Carapaz (EF Education – EasyPost), secondo a 41 secondi, il colombiano Egan Bernal (INEOS Grenadiers), sesto a 4’43” e il nostro giovane Giulio Pellizzari (Red Bull – BORA – hansgrohe), settimo a 5’02”, tutti ottimi scalatori, sono tra i corridori più accreditati, sia per vincere la tappa, sia per insidiare il primato dell’attuale leader della classifica, il sorprendente messicano Isaac del Toro (UAE Team Emirates – XRG), vincitore mercoledì sul traguardo di Bormio dopo un cedimento nella tappa precedente. Ma molti altri corridori, che sinora hanno risparmiato energie e non si sono fatti notare, potrebbero sorprendere, a partire dal terzo in classifica, il britannico Simon Yates (Team Visma | Lease a Bike), leader di una squadra orfana del grande Jonas Vingegaard e del desaparecido americano Sepp Kuss, del quale si sono perse le tracce dopo le grandi fatiche della stagione 2023.
La partenza avviene con un tempo eccellente, anche troppo (ben 26 gradi di temperatura), che arriva dopo il maltempo e il freddo dei giorni scorsi e potrebbe causare ulteriori difficoltà ai corridori. Sulla salita di Croce Serra diversi uomini escono dal gruppo e un po’ per volta si viene a ricreare la situazione della tappa di ieri, con una trentina di uomini in fuga e tra questi ci sono molti cacciatori di tappe, come Wout Van Aert (Team Visma | Lease a Bike), Mads Pedersen (Lidl – Trek) e il nostro Christian Scaroni (XDS Astana Team), tutti già vincitori nei giorni scorsi, ma anche Romain Bardet (Team Picnic PostNL), David Gaudu (Groupama – FDJ) e Pello Bilbao (Bahrain – Victorious). Il solo uomo di classifica presente nella fuga è il nostro Antonio Tiberi (Bahrain – Victorious), 15esimo a un quarto d’ora dalla maglia rosa, ma che non è apparso brillante nei giorni scorsi e non rappresenta un pericolo per gli uomini di classifica, tutti riuniti nel gruppo principale che segue a un paio di minuti.
A transitare primo sul GPM di Croce Serra è Mattia Cattaneo (Soudal Quick-Step); il leader della classifica degli scalatori, Lorenzo Fortunato (XDS Astana Team), non è presente nella fuga in quanto ha ormai vinto matematicamente questa classifica e non ha più interesse a transitare primo sui GPM che si succederanno oggi e domani. Sulla dura salita del Col Tzecore il vantaggio dei fuggitivi supera i due minuti e mezzo, ma qualcuno inizia a perdere terreno; cedono, fra gli altri, Pedersen e Van Aert, ma sia davanti, sia dietro nessuno si muove e pochissimo cambia nella composizione dei vari gruppi e nei distacchi. Il plotoncino dei migliori è comunque capeggiato dagli uomini della maglia rosa, che forse teme un attacco di Carapaz, il quale a sua volta ha due uomini nella fuga (fra questi il forte scalatore Georg Steinhauser, molto brillante l’anno scorso proprio al Giro, dove ha anche vinto la tappa con arrivo al passo Brocon davanti a Pogacar).
Sul Col Tzecore passa per primo Scaroni, secondo nella classifica degli scalatori; l’Astana, con ogni evidenza, vuole anche ottenere il secondo posto in questa classifica dopo essersi già assicurata il primo. Il gruppo dei fuggitivi è composto ancora da 24 corridori, mentre il gruppo dei migliori transita a quasi tre minuti. Nella discesa, lunga e pericolosa, non ci sono cadute ed è già molto di questi tempi; il vantaggio dei fuggitivi aumenta sino a tre minuti e mezzo. Dopo 92 chilometri inizia la terza salita, il Colle di Saint Pantaléon. La fatica inizia a farsi sentire e i fuggitivi cominciano a cedere. Alcuni di loro, come Scaroni, Gaudu e Bardet, si staccano mentre nel gruppo principale iniziano a tirare gli uomini di Carapaz, sia pure senza dare il massimo. Il ritardo del gruppo scende molto lentamente e la situazione cambia solo quando a tirare si mettono gli uomini di Yates, gli olandesi Wilco Kelderman e Steven Kruijswijk. A questo punto il gruppo con i primi in classifica si riduce a una quindicina di unità e il suo ritardo scende a due minuti. Nessuno dei migliori sembra voler cedere, anche se occasionalmente Bernal appare in difficoltà. In cima al colle di Saint Pantaléon i fuggitivi sono rimasti in otto: è il francese Nicolas Prodhomme (Decathlon AG2R La Mondiale Team), quest’anno in evidenza al Tour of des Alps, a transitare per primo. Il gruppo con i migliori passa a due minuti. La discesa allunga di nuovo le distanze e all’attacco del Col de Joux i migliori sono nuovamente a tre minuti dai fuggitivi. Mancano 36 chilometri all’arrivo e non è ancora successo niente di importante, se non un po’ di schermaglie fra Del Toro, Carapaz e Yates, i cui uomini si sono alternati in testa al gruppetto dei migliori. Nessuno di questi ha ceduto e l’unico motivo di interesse sembra, al momento, la prova d’orgoglio del nostro Tiberi, che è ancora nel gruppetto dei fuggitivi. Il Col de Joux inizia a mietere vittime e davanti rimangono in tre (Tiberi, Prodhomme e Carlos Verona della Lidl – Trek, vincitore ad Asiago qualche giorno fa), mentre il gruppetto dei migliori perde prima Adam Yates (UAE Team Emirates – XRG), nono in classifica, e poi Davide Piganzoli (Team Polti VisitMalta), Kruijswijk, Kelderman e Bilbao, quest’ultimo reduce dalla fuga. A metà salita il gruppetto ha ancora un minuto e mezzo da recuperare ai primi tre, dai quali si è staccato Prodhomme che sta tentando l’azione solitaria. A 5 chilometri dallo scollinamento i migliori si riportano su Verona e Tiberi e resta quindi in fuga il solo Prodhomme. Gli uomini della UAE, ancora numerosi, iniziano a tirare il gruppetto, con Rafał Majka particolarmente attivo: a due chilometri dal GPM sono ancora insieme i primi dieci della classifica generale, tranne Yates, e in più Majka, l’americano Brandon McNulty (UAE Team Emirates – XRG) e Tiberi. Prodhomme è sempre in fuga e mantiene un minuto di vantaggio. A un chilometro dalla cima Carapaz accelera, ma Yates e Del Toro gli sono subito a ruota. Prodhomme scollina per primo con 50 secondi di vantaggio sugli inseguitori e nulla cambia lungo la discesa. Sulla salita verso Antagnod Prodhomme insiste con molta convinzione, nella speranza che dietro tutti continuino a guardarsi come hanno fatto per tutta la tappa, e aumenta il suo vantaggio sino a 1 minuto e mezzo quando mancano 11 chilometri al traguardo. A 9 chilometri nulla è cambiato: Majka e McNulty tirano sempre il gruppetto dei migliori cercando di impedire ogni attacco. A 7 chilometri, infine, Carapaz attacca e Del Toro gli rimane incollato. Nessun altro riesce a seguirli, mentre davanti Prodhomme mantiene più di un minuto di vantaggio. Il solo Peliizzari fa un paio di tentativi, ma invano, mentre la coppia in fuga guadagna qualcosa, ma senza fare il vuoto sugli inseguitori. Prodhomme è primo anche ad Antagnod, a 5 chilometri dal traguardo, con un minuto di vantaggio sulla coppia Carapaz-Del Toro. Dopo altri 20 secondi passano gli altri dieci corridori rimasti nel gruppetto dei migliori. La discesa è rapida e non succede più nulla: dopo pochi minuti Prodhomme va a vincere la tappa (con un tempo complessivo di 4 ore e 50 minuti) e alle sue spalle Carapaz e Del Toro, che arrivano a 58 secondi, sprintano per il secondo posto, col messicano che prevale e guadagna un paio di secondi (solo di abbuono) sul rivale. A un minuto e 22 secondi arrivano gli altri dieci e la tappa si chiude senza il minimo scossone, sia pure con un brivido finale causato da una caduta di Pellizzari a pochi metri dal traguardo, per fortuna senza gravi conseguenze. Come ribadiscono anche in telecronaca, la montagna ha partorito il proverbiale topolino e nulla è cambiato in classifica generale. Anche il fatto che la tappa sia stata vinta da un uomo rimasto in fuga sin dai primi chilometri fa capire come tutti i migliori si siano sostanzialmente guardati dall’inizio alla fine senza mai attaccare seriamente. Isaac Del Toro è sempre più vicino a vincere, a sorpresa, il Giro d’Italia e domani si corre l’ultima tappa che potrebbe cambiare la classifica, nella speranza che chi vuole vincere il Giro si dia veramente da fare.
Andrea Carta

Carapaz attacca Del Toro sulla salita verso Antagnod (foto Tim de Waele/Getty Images)
NICO DENZ, FUGA PER LA VITTORIA A CESANO MADERNO. ISAAC DEL TORO CONSERVA LA MAGLIA ROSA
In una tappa in cui si capisce quasi subito che la fuga avrebbe avuto le migliori chance per la vittoria, Nico Denz (Team Redbull BORA Hansgrohe) emerge dalla fuga stessa allungando a circa 20 km dalla conclusione e non venendo più ripreso dagli altri ciclisti. Per il ciclista tedesco è la terza vittoria di tappa al Giro dopo le due conquistate nel 2023. Domani prima resa dei conti tra i big di classifica sulle montagne aostane
Prima della battaglia finale della diciannovesima e ventesima tappa, il Giro ne affronta una interlocutoria, la diciottasima, con partenza da Morbegno e arrivo a Cesano Maderno. Sono in totale 144 km in cui lo spartito tattico si dividerà equamente tra la voglia dei fuggitivi di battersi per la vittoria e quella dei velocisti di giocarsi la penultima volata dl Giro 2025. I tre gpm di Parlasco, Colle Balisio e Ravellino favoriscono i primi mentre gli ultimi 55 km completamente pianeggianti i secondi. Sarà una bella lotta per una tappa che si prevede quindi piuttosto incerta. Di sicuro i big di classifica si riposeranno per i due tapponi di venerdì e di sabato. Dopo diversi attacchi e contrattacchi si formava la fuga di una quarantina di ciclisti intorno al km 20, inaugurata da una decisa azione di Mads Pedersen (Team Lidl Trek). Oltre al danese, tra i nomi più altisonanti si segnalava quello di Wout van Aert (Team Visma Lease a Bike), mentre anche gli italiani erano presenti in buon numero con, tra gli altri, Stefano Oldani (Team Cofidis), Edoardo Zambanini (Team Bahrain Victorious), Andrea Vendrame (Decathlon AG2R LA Mondiale), Mattia Cattaneo (Team Soudal Quick Step), Davide De Pretto (Team Jayco ALUla), Diego Ulissi e Christian Scaroni (Team XDS Astana). Dopo 34 km si ritirava Juan Ayuso (UAE Team Emirates), punto da un calabrone nella tappa di ieri e ancora sofferente al ginocchio destro dopo le cadute patite in questo Giro. Scaroni vinceva il primo gpm di Parlasco posto al km 37.7. Pedersen vinceva invece il primo traguardo volante di Primaluna posto al km 45.4. Scaroni scollinava in prima posizione sul Colle Balisio, secondo gpm di giornata posto al km 54.5. Pedersen vinceva il secondo traguardo volante di Galbiate posto al km 72.1. Manuel Tarozzi (VF Group – Bardiani CSF – Faizanè) oltre a vincere il traguardo volante di Sirtori posto al km 87.1, si avvantaggiava sul gruppone di testa insieme a Rémy Rochas (Team Groupama FDJ) ed al compagno di squadra Martin Marcellusi. A 42 km dalla conclusione il terzetto di testa aveva 20 secondi di vantaggio sul primo gruppo inseguitore. Una volta ripresi i tre ciclisti di testa, ricominciavano scatti e controscatti tra i componenti della fuga. SI staccava un drappello di nove ciclisti formato da De Pretto, Nico Denz (Team Redbull BORA Hansgrohe), Edward Planckaert (Team Alpecin Deceuninck), Dries De Bondt (Decathlon AG2R La Mondiale), Daan Hoole (Team Lidl Trek), Alex Edmondson (Team Picnic PostNL), Mirco Maestri (Team Polti VisitMalta), Dylan Van Baarle (Team Visma Lease a Bike), Larry Warbasse (Team Tudor Pro Cycling), Filippo Magli (VF Group – Bardiani CSF – Faizanè) e Nicola Conci (Team XDS Astana). A 20 km dalla conclusione gli undici battistrada avevano raggiunto quasi 2 minuti di vantaggio sul primo gruppo inseguitore, che sembrava ormai tagliato fuori dalla vittoria di tappa. A 17 km dalla conclusione Denz accelerava a sua volta ed in poco tempo raggiungeva una ventina di secondi di vantaggio sul primo gruppo inseguitore. Il ciclista tedesco sfruttava le sue qualità da passista ed andava a vincere in solitaria sul traguardo di Cesano Maderlo, ottenendo un invidiabile tris di vittorie di tappa al Giro dopo le due del 2023. In seconda posizione si piazzava Maestri a 1 minuto ed 1 secondo di ritardo da Denz mentre Planckaert era terzo. Chiudevano la top five Magli in quarta posizione ed Edmondson in quinta posizione. Calma piatta nel gruppo maglia rosa che giungeva al traguardo con oltre 12 minuti di ritardo. Isaac Del Toro (UAE Team Erirates XRG) resta in maglia rosa davanti a Richard Carapaz (Team EF Education EasyPost) ed a Simon Yates (Team Visma Lease a Bike) e si prepara per i prossimi due giorni che decideranno le sorti del Giro 2025. Domani è in programma il tappone della diciannovesima tappa da Biella a Champoluc di 166 km con cinque gpm e pochissima pianura. Saranno in particolare il Col Tzecore, il Col Saint-Pamtaléom ed il Col de Joux, tutti di prima categoria e con diversi tratti con pendenze in doppia cifra, a scatenare la guerra tra gli uomini di classifica.
Antonio Scarfone

Nico Denz vince a Cesano Maderno (foto: Getty Images)
DEL TORO, CAPARBIETA’ E SOSTANZA A BORMIO. PRIMA VITTORIA AL GIRO PER IL MESSICANO
Isaac Del Toro (UAE Team Emirates) vince la sua prima tappa in un GT sfruttando le sue doti da scattista al termine di una tappa dove il Mortirolo, seppur dal versante meno impegnativo di Monno, è stato il grande protagonista. Il messicano si avvantaggia su Richard Carapaz e Simon Yates che restano comunque in ballo per la maglia rosa
La diciassettesima tappa del Giro 2025 parte da San Michele all’Adige e termina a Bormio dopo 155 km. Sono tre i gpm da affrontare ovvero il Passo del Tonale, il Mortirolo (dal versante meno impegnativo di Monno) e le Motte, gpm di terza categoria posto lungo il falsopiano verso la località d’arrivo. Isaac Del Toro (UAE Team Emirates) deve difendere la sua maglia rosa da Simon Yates (Team Visma Lease a Bike) e Richard Carapaz (Team EF Education EasyPost), i ciclisti che in questo momento sembrano avere qualcosa in più del giovane messicano, specialmente alla luce della tappa di ieri. Dopo una lunga fase interlocutoria, durante la quale si segnalava il passaggio in prima posizione sul primo traguardo volante di Cles da parte di Mads Pedersen (Team Lidl Trek) si formava la fuga di giornata prima dell’inizio del Passo del Tonale. Erano ben 37 gli uomini in fuga tra i quali, per elencarne alcuni, gli onnipresenti Lorenzo Fortunato (Team XDS Astana), Georg Steinhauser (Team EF Education EasyPost), Romain Bardet (Team Picnic PostNL), Pello Bilbao (Team Bahrain Victorious) e Wilco Kelderman (Team Visma Lease a Bike). Fortunato scollinava in prima posizione mentre il gruppo maglia rosa iniziava a sfilacciarsi. La successiva scalata del Mortirolo mieterà vittime illustri come Thyman Arensman (Team INEOS Grenadiers), Michael Storer (Team Tudor Pro Cycling) ed Antonio Tiberi (Team Bahrain Victorious) mentre ancora Fortunato scollinava per primo in gruppo di testa anch’esso ridottosi decisamente. Nonostante qualche scaramuccia negli ultimi due km del Mortirolo, specialmente da parte di Richard Carapaz (Team EF Education EasyPost) che provava uno scatto ma che veniva ripreso nei primi km di discesa, il gruppo maglia rosa affrontava regolarmente la discesa e il falsopiano verso Bormio, finchè sul gpm di Le Motte i big di classifica aumentano l’andatura specialmente con un pimpante Isaac Del Toro, che fiuta la possibilità di riprendere i fuggitivi, o meglio il fuggitivo, visto che restava in testa solo Bardet. A poco più di 5 km dall’arrivo Del Toro e Carapaz riprendono definitivamente Bardet: Il messicano allungava negli ultimissimi km andando a vincere praticamente in solitaria con 4 secondi di vantaggio su Bardet e Carapaz mentre chiudevano la top five Simon Yates (Team Visma Lease a Bike) in quarta posizione e Giulio Pellizzari (Team Redbull BORA Hansgrohe) in quinta posizione, rispettivamente a 14 e 15 secondi di ritardo da Del Toro che ottiene la prima vittoria al Giro e con gli abbuoni al traguardo allunga in classifica generale visto che ora ha 41 secondi di vantaggio su Carapaz e 51 secondi di vantaggio su Simon Yates. Il discorso per la vittoria della maglia rosa sembra ormai riguardare questi tre ciclisti anche se gli ultimi due tapponi – il diciannovesimo ed il ventesimo – possono ancora offire qualche spunto di interesse. Nel frattempo domani è in programma la diciottesima tappa da Morbegno a Cesano Maderno di 144 km. I tre gpm di Parlasco, Colle Balisio e Ravellino favoriranno la fuga di giornata, che dovrà resistere al probabile ritorno del gruppo negli ultimi 50 km totalmente pianeggianti. I velocisti avranno anche loro delle buone possibilità per giocarsi la vittoria, ma la volata se la dovranno guadagnare.
Antonio Scarfone

Isaac Del Toro vince a Bormio (foto: Getty Images)
PRIMO TAPPONE A SCARONI E FORTUNATO. CRISI UAE, GENERALE SCONVOLTA
Le prime grandi salite hanno dato spettacolo con ritiri, crisi e crolli verticali. I pretendenti al podio sono ancora tanti e mancano ancora tre tappe di montagna. Pellizzari, libero da ordini di scuderia, dimostra forza e classe e rientra in top ten. Caruso quinto in generale a 38 anni.
Abbiamo dovuto aspettare l’inizio della terza settimana per vedere una grande sfida in salita, ma il primo tappone non ha tradito le aspettative. Rispetto a tappe meno dure, in cui si erano visti attacchi magari velleitari anche a grande distanza dal traguardo, oggi è successo tutto sull’ultima salita, ma la lunghezza della tappa e le numerose salite, con il durissimo Santa Barbara, hanno sicuramente fatto sentire il loro peso nell’economia generale della corsa.
La fuga formatasi nelle prime fasi di corsa ha accumulato grande vantaggio e ha consentito a due corridori compagni di squadra di resistere alla battaglia dei big e conquistare la vittoria.
Il primo colpo di scena si è avuto con il ritiro di Primoz Roglic (Red Bull – BORA – hansgrohe), che era nell’aria già dopo la tappa di domenica, mentre più sorprendente è stata la crisi di Juan Ayuso (UAE Team Emirates – XRG) già sul passo di Santa Barbara, che ha portato lo spagnolo a cedere un quarto d’ora sul traguardo di San Valentino e a uscire di fatto dai giochi di classifica. In realtà già da qualche giorno il capitano designato formazione emiratina stava accusando problemi a causa delle cadute e oggi i nodi sono venuti al pettine ben presto.
A chiudere la giornata negativa per la UAE è arrivata anche la crisi di Isaac Del Toro negli ultimi chilometri della salita finale. Il messicano ha salvato la maglia rosa ma ha visto il proprio tesoretto di vantaggio pesantemente eroso dagli attacchi di Richard Carapaz (EF Education – EasyPost) e di Simon Yates (Team Visma | Lease a Bike), senza dimenticare Derek Gee (Israel – Premier Tech) e Michael Storer (Tudor Pro Cycling Team), che pure hanno guadagnato parecchio.
Nota di merito per Giulio Pellizzari (Red Bull – BORA – hansgrohe) che, libero da ordini di scuderia, è andato all’attacco e nel finale è riuscito addirittura a staccare Carapaz, oltre ad essere stato il primo tra i big a giungere al traguardo alle spalle della coppia di testa, rientrando anche in top ten e proponendosi come possibile protagonista dei prossimi giorni che prevedono tante montagne.
I segnali negativi per Del Toro si erano comunque visti in precedenza perché, sulla salita di Santa Barbara, la UAE ha lasciato per lunghi tratti che fossero altre squadre a tirare mentre, quando si portavano in testa loro, l’andatura calava, il vantaggio dei fuggitivi aumentava e uomini in difficoltà come Egan Bernal (INEOS Grenadiers) riuscivano a rientrare agevolmente. Anche sull’ultima salita il ritmo non era sostenuto, tanto che Pellizzari era riuscito a guadagnare un minuto in un batter d’occhio.
Ai primi attacchi di Yates Del Toro aveva risposto prontamente, ma quando Carapaz è partito con una accelerazione violenta non c’è stata risposta dal messicano. Del resto Yates fa delle progressioni mentre il cambio di ritmo con strappo di Carapaz fa male. Man mano che si saliva, le difficoltà sono aumentate e Del Toro ha dovuto lasciare il passo anche a Yates ed ha concluso con un passivo di 1′51″ da Pellizzari, 1′36″ da Carapaz, 1′23″ da Gee e 54 secondi da Yates, per limitarsi ai più diretti avversari, ma anche Storer, Damiano Caruso (Bahrain – Victorious) e Bernal hanno preceduto Del Toro.
Da dimenticare, invece, la prestazione di Antonio Tiberi (Bahrain – Victorious) che – anche lui acciaccato dopo la caduta di Gorizia – ha pagato un passivo molto pesante sull’ultima salita perdendo oltre un minuto da Del Toro e ora è ottavo a 4′07″, con Pellizzari che è a soli 29 secondi dal laziale.
La tappa è iniziata sotto una pioggia battente che ha accompagnato i corridori per tutta la prima fase della giornata, per poi diradarsi sino a cessare del tutto.
Dopo un inizio concitato, con scatti e controscatti, il primo tentativo nasce per iniziativa di Joshua Tarling (Ineos Grenadiers) che, prima di esser costretto al ritiro per una caduta, porta via un drappello con Wout Van Aert (Team Visma | Lease A Bike), Darren Rafferty (EF Education – EasyPost), Lorenzo Germani (Groupama-FDJ), Jon Barrenetxea (Movistar), Xabier Mikel Azparren (Q36.5) e Josef Černý (Soudal Quick-Step).
I sei vengono successivamente raggiunti da un gruppetto formatosi per iniziativa di Pello Bilbao (Barhein Victorius) e composto anche da Simon Guglielmi (Arkea-B&B Hotels), Sylvain Moniquet (Cofidis), Dries De Bondt (Decathlon Ag2r La Mondiale Team), David Gaudu (Groupama-FDJ), Kim Heiduk (Ineos Grenadiers), Simone Petilli (Intermarché – Wanty), Jefferson Cepeda (Movistar), Gijs Leemreize (Team Picnic PostNL), Davide Bais, Mattia Bais, Mirco Maestri (Team Polti VisitMalta), Yannis Voisard (Tudor), Luca Covili (VF Group Bardiani CSF – Faizanè), Alessio Martinelli (VF Group Bardiani CSF – Faizanè), Lorenzo Fortunato (XDS Astana Team), Fausto Masnada (XDS Astana Team) e Christian Scaroni (XDS Astana Team).
Le vicende di questo folto gruppo saranno molto fluide sui vari GPM di giornata, mentre merita di essere segnalata la brutta caduta di Martinelli lungo la discesa di Carbonare, con il lombardo che verrà soccorso e portato in ospedale.
Si verifica una caduta anche nel gruppo maglia rosa, nella quale rimangono coinvolti Carapaz e Roglic, con lo sloveno che opta per il ritiro.
Lungo la salita di Candriai (prima parte del Monte Bondone da Trento) Ayuso rimane staccato dopo essersi fermato per un cambio di abiti e fa una gran fatica e rientrare, circostanza che – col senno di poi – rappresentava un campanello di allarme di quello che sarebbe successo lungo la successiva ascesa.
Salendo verso il Passo di Santa Barbara il gruppo di testa perde pezzi mentr dal gruppo maglia rosa, che pure si assottiglia sempre più, perde contatto proprio Ayuso quando mancano ancora oltre 40 chilometri al traguardo e si capisce che il passivo sarà pesantissimo. Vista la situazione, la squadra decide di abbandonare Ayuso al suo destino e lasciare tutti gli uomini con Del Toro.
Lungo le severe rampe del Santa Barbara provano ad allungare Storer, Florian Stork e Max Poole (Team Picnic PostNL), che saranno successivamente ripresi in discesa, mentre il gruppo maglia rosa è ormai ridotto a una quindicina di unità con tutti i big ramme Ayuso e Thymen Arensman (INEOS Grenadiers).
Il ritmo della Visma e della EF manda in difficoltà Bernal, che però riesce a rientrare quando in testa si porta la UAE, segno che Del Toro forse non è in grande giornata perché i suoi uomini tengono un ritmo più tranquillo. La mossa di per sé non sarebbe univocamente sintomatica di scarsa brillantezza da parte della maglia rosa, ma l’indizio si ricava dal diverso atteggiamento del capoclassifica, che sino a domenica era apparso piuttosto spavaldo ed esuberante.
Tra i battistrada Voisard attacca lungo la discesa, ma sulle rampe del San Valentino viene raggiunto e staccato da Fortunato, Scaroni e Cepeda.
Il terzetto dura poco perché Scaroni attacca e Cepeda non riesce a rispondere, così anche Fortunato lo saluta e va a riprendere il compagno di squadra. Nel finale Fortunato ne ha palesemente di più ma lascia la vittoria di tappa al compagno di squadra, avendo fatto man bassa di punti per la maglia azzurra su tutti i GPM oggi previsti.
L’Astana piazza così due uomini ai primi due posti e questa è anche la prima vittoria italiana al Giro 2025.
Nel gruppo della maglia rosa il primo ad attaccare è Pellizzari, che viene lasciato andare perché considerato non pericoloso in ottica classifica generale. Ma quando si muove Simon Yates Del Toro, con Carapaz a ruota, sembra riuscire a rispondere abbastanza bene. La prima legnata arriva proprio dal vincitore del Giro 2019 che, come suo costume, parte con uno scatto violentissimo al quale Del Toro non prova neppure a rispondere.
Carapaz vola e va a riprendere Pellizzari; dietro Del Toro si stacca anche da Yates e Storer, mentre su di lui rientrano altri uomini come Bernal e Caruso, che erano rimasti staccati.
Nel finale Pellizzari accelera e stacca Carapaz e Gee andando a completare un podio tutto italiano.
Del Toro ora ha un vantaggio di soli 26 secondi su Yates e 31 su Carapaz. Per lui sarà fondamentale capire se la crisi di oggi è stata una difficoltà passeggera o l’inizio di una condizione che comincia a calare. Il messicano ha speso molte energie sinora e, essendo ancora molto giovane, paga sicuramente la scarsa esperienza rispetto a senatori come Yates e Carapaz.
Nelle prossime tappe di montagna, a cominciare da quella di domani, la maglia rosa verrà certamente attaccata a testa bassa ma non solo da Carapaz e Yates, perché dietro ci sono corridori come Gee che non sono ancora tagliati fuori dai giochi per la classifica.
Infine una menzione per gli italiani che oggi si sono presi l’intero podio parziale. In classifica c’è uno splendido Caruso che, con i gradi di gregario, è quinto in generale a 38 anni davanti al suo capitano Tiberi, ottavo, mentre uno splendido Giulio è rientrato in top ten e promette battaglia sul suo terreno preferito.
Ci sono tutti gli ingredienti per un finale di Giro davvero emozionante.
Benedetto Ciccarone

Ad opera di Lorenzo Fortunato e Christian Scaroni arriva finalmente la prima vittoria italiana sulle strade del Giro 2025 (foto Tim de Waele/Getty Images)
GIRO D’ITALIA, IMPRESA DI CARLOS VERONA AD ASIAGO. DEL TORO SEMPRE PIU’ IN ROSA.
All’indomani del ritiro di Giulio Ciccone, impresa dello spagnolo di Lidl-Trek che giunge in solitaria sul traguardo della 15° tappa (Fiume Veneto – Asiago, 219 km) cogliendo il secondo successo in carriera ed è abbracciato dalla famiglia. In classifica generale si conferma padrone il messicano della UAE Team Emirates – XRG ma il grande favorito Primoz Roglic perde ulteriore terreno e si allontana dalla Maglia Rosa. Domani c’è il terzo ed ultimo giorno di riposo, si riparte martedì con il tappone da Piazzola sul Brenta a San Valentino (Brentonico).
Spettacolo sulle strade di Friuli e Veneto nel primo assaggio di salite alpine di questo Giro numero 108. A trionfare ad Asiago (Vicenza) è Carlos Verona, 32enne spagnolo nato a San Lorenzo del Escorial e corridore della idl-Trek. L’iberico è scattato all’inizio della salita di Dori (GPM di 2° categoria) e ha mantenuto un vantaggio rassicurante sui primi inseguitori, a cominciare da Filippo Zana (Team Jayco-Alula) e Gianmarco Garofoli (Soudal – Quickstep), che hanno perso terreno dopo lo scollinamento.
C’è voluto parecchio per dare il via ad una fuga, con la media delle prime due ore di corsa a ben 49 km/h. Le prime emozioni vere si sono viste sul Muro di Cà del Poggio (4°categoria), dove passa in vetta per primo Nicola Conci (XDS Astana Team) e perde terreno Antonio Tiberi. Il laziale della Bahrain – Victorious, caduto nel finale della tappa di ieri a Nova Gorica, resta attardato di ben 1′20” ma la fuga di un plotoncino di 34 corridori e il rallentamento da parte del resto del gruppo gli ha permesso di rientrare in gioco. La corsa si avvicina verso la salita simbolo della tappa di oggi, il Monte Grappa (25 km al 5.7% medio, dal versante di Romano d’Ezzelino, noto come “Strada Cadorna) e Marco Frigo (Israel – PremierTech), che corre oggi sulle strade di casa, vince il traguardo volante a Possagno. Sul Grappa prendono vantaggio Conci, Mathias Vacek (Lidl-Trek) e Davide De Pretto (Team Jayco-Alula) e successivamente è il trentino della XDS Astana a tentare l’azione solitaria, ma il terzetto viene riassorbito dai big. Ci pensa Lorenzo Fortunato (XDS Astana Team) ad andarsene per prendere altri punti in vetta al GPM rafforzando la sua Maglia Azzurra, mentre Egan Bernal (INEOS Grenadiers) prova ad attaccare la Maglia Rosa di Isaac Del Toro (UAE Team Emirates – XRG), che risponde insieme a Richard Carapaz (EF Education – EasyPost). Nella discesa del Monte Grappa se ne va ancora Frigo, che verrà ripreso alla fine di essa.
Si arriva alla parte finale di tappa e poco prima di salire a Dori (2° cat.) si forma un drappello con undici corridori: Frigo, Pello Bilbao (Bahrain – Victorious), Nicolas Prodhomme (Decathlon – AG2R La Mondiale), Gianmarco Garofoli (Soudal – Quickstep), Filippo Zana (Jayco – Alula), Romain Bardet (Picnic – PostNL), Bart Lemmen (Visma | Lease a Bike), Florian Stork (Tudor Pro Cycling Team), Filippo Fiorelli (VF – Bardiani Group – CSF- Faizanè), Christian Scaroni (XDS Astana Team) e Carlos Verona (Lidl -Trek).
Sulle prime rampe verso Dori c’è l’attacco di Verona, inseguito da Zana e Garofoli che gli stanno alle calcagna ma non ce la fanno a raggiungerlo. Verona passa indenne al comando al Red Bull KM di Enego e poi in vetta alla salita, dove va in crisi Primoz Roglic (Red Bull – BORA – hansgrohe): gli attacchi ripetuti da parte di Carapaz mettono in seria difficoltà il campione sloveno, aiutato da un brillante Giulio Pellizzari. Sull’altopiano verso Asiago il vantaggio di Verona sugli immediati inseguitori si dilata fino a 50”, ma poi lo spagnolo perde brillantezza quando mancano circa 6 km all’arrivo. Alle sue spalle Zana e Garofoli vengono ripresi da alcuni inseguitori, mentre il gruppo della Maglia Rosa è a pochi secondi, e ciò permette a Verona di trionfare da solo nel centro di Asiago, dove ad attenderlo c’era la sua famiglia, visibilmente commossa.
Seconda posizione per Stork e terzo è Bardet. In classifca Del Toro continua a guidare con 1′20” su Simon Yates (Visma | Lease a Bike) e sul compagno di squadra Juan Ayuso (UAE Team Emirates – XRG). Roglic perde ancora 1′30” dalla Maglia Rosa ed ha ora 3′53” di ritardo.
Domani c’è l’ultimo giorno di riposo, in vista della durissima terza settimana che comincerà martedì con un vero tappone: 203 km da Piazzola sul Brenta a San Valentino (Brentonico) con le salite di Carbonare (2° cat.), Candriai (1° cat.), Passo Santa Barbara (1° cat.) e l’arrivo in quota al termine di una ascesa lunga 18.2 km al 6.1% medio, con punte massime al 14%.
Andrea Giorgini

Carlo Verona vince la prima tappa alpina del Giro d'Italia 2025 (foto Luca Bettini/AFP via Getty Images)
IN SLOVENIA VINCE ASGREEN. DEL TORO AUMENTA IL VANTAGGIO IN CLASSIFICA GENERALE COMPLICE UNA CADUTA CHE ATTARDA DIVERSI BIG
A Nova Gorica Kasper Asgreen (Team EF Education EasyPost) ottiene la prima vittoria stagionale dopo un periodo di appannamento prolungato. Una caduta a circa 20 km dal traguardo attardi diversi uomini di classifica, soprattutto Giuiolo Ciccone (Team Lidl Trek) il cui Giro è praticamente finito
Dopo l’Albania, il Giro 2025 esce di nuovo dai confini italiani per fare una capatina in Slovenia, patria di Tadej Pogacar vincitore lo scorso anno della maglia rosa. Un omaggio al campione sloveno ma anche ad una nazione che sforna ormai regolarmente ciclisti che possono dire la loro nel ciclismo che conta. SI parte da Treviso e si arriva a Nova Gorica dopo 195 km in cui il gpm di San Martino ed i due passaggi sul ripido muro di Saver, da ripetere in due occasioni, accenderanno le micce per un finale di corsa che si annuncia spettacolare e nel quale Isaac Del Toro (UAE Team Emirates) dovrà impegnarsi per difendere la maglia rosa. Dopo diversi attacchi si formava una prima fuga intorno al km 10 grazie all’azione di undici ciclisti ovvero Quinten Hermans e Fabio van der Bossche (Team Alpecin Deceuninck), Dries de Bondt e Stan Dewulf (Decathlon AG2R LA Mondiale), Kasper Asgreen (Team EF Education EasyPost), Enzo Paleni (Team Groupama FDJ), Taco van der Hoorn (Team Intermarchè Wanty), Alex Edmondson (Team Picnic PostNL), Wout van Aert (Team Visma Lease a Bike), Josef Cerny e Luke Lamperti (Team Soudal Quick Step). Una volta ripresa dal gruppo, ricominciavano scatti e controscatti e questa volta ad avvantaggiarsi erano Clement Davy (Team Groupama FDJ), Louis Meintjes (Team Intermarchè Wanty), Mirco Maestri (Team Polti VisitMalta), Martin Marcellusi (VF Group – Bardiani CSF – Faizanè) ed ancora Asgreen. Dopo qualche km Meintjes si rialzava e così restavano in quattro in testa alla corsa. Maestri vinceva il primo traguardo volante di Morsano al Tagliamento posto al km 75.6. Sotto una pioggia battente Marcelllusi si aggiudicava il secondo traguardo volante di Talmassons posto al km 99.9. Maestri vinceva infine il terzo traguardo volante di Manzano posto al km 131.9. Asgreen scollinava in prima posizione sul gpm di San Martino posto al km 156.1. Il gruppo si faceva sempre più minaccioso alle spalle dei battistrada ma una caduta ai meno 23 scompaginava le carte in tavola. Tra i ciclisti coinvolti si segnalavano molti componenti della lidl Trek tra cui Giulio Ciccone, Mads Pedersen, Mathias Vacek e Daan Hoole. Anche alcuni ciclisti di akta classifica come Primoz Roglic (Team Redbull BORA Hansgrohe), Antonio Tiberi (Team Bahrain Victorious), Juan Ayuso (UAE Team Emirates) ed Egan Bernal (Team INEOS Grenadiers) restavano attardati. Asgreen vinceva i due gpm di Saver, posti rispettivamente al km 172.6 e 186.5 ed era il più convinto a credere nell’azione dei fuggitivi. Alla fine il ciclista danese, dopo essersi involato tutto solo, riusciva a restare in testa fino al traguardo di Nova Gorica, che tagliava con 16 secondi di vantaggio su Kaden Groves (Team Alpecin Deceuninck) secondo ed Olav Kooij (Team Visma Lease a Bike) terzo. Chiudevano la top five Orluis Aular (Team Movistar) in quarta posizione e Stefano Oldani (Team Cofidis) in quinta posizione. Il gruppo giungeva al traguardo spezzettatissimo, con Ciccone il più attardato degli uomini di classifica con oltre 16 minuti di ritardo sul groppone. Per Asgreen è la prima vittoria stagionale mentre la classifica generale vede adesso Isaac Del Toro (UAE Team Emirates) in maglia rosa con 1 minuto e 20 secondi di vantaggio su Simon Yates (Team Visma Lease a Bike) ed 1 minuto e 26 secondi di vantaggio su Ayuso. Domani è in programma la quindicesima tappa da Fiume Veneto ad Asiago di 219 km con le impegnative salite di Monte Grappa e di Dori mentre nei primi 90 km sono poste quelle di Ca’ del Poggio e di Possagno che dovrebbero vedere formarsi la fuga di giornata. Quest’ultima ha concrete possibilità di riuscita, soprattutto dopo la caduta che ha segnato la tappa di oggi e che potrebeb avere ulteriori conseguenze su alcuni uomini di classifica.
Antonio Scarfone

Kasper Asgreen vince a Nova Gorica (foto: Getty Images)
PEDERSEN MAESTOSO SUL MONTE BERICO, L’ARENA DI DEL TORO SI TINGE SEMPRE PIÙ DI ROSA
Grande favorito per la vittoria odierna, Pedersen non smentisce le attese e conquista a Vicenza la sua quarta tappa al Giro d’Italia 2025. Dal canto suo Del Toro continua pian piano a rosicchiare secondi e a consolidare la sua maglia rosa
La tredicesima tappa del 108esimo Giro d’Italia si svolge interamente nella pianura veneta, con partenza da Rovigo e arrivo a Vicenza dopo 181 chilometri. Uno sguardo superficiale al percorso potrebbe far pensare che si tratti di una tappa destinata a chiudersi con una volata di gruppo, ma uno sguardo più attento rivela un finale molto complicato, caratterizzato da un circuito di 20 chilometri disegnato sui Colli Berici, anello che contiene due “muri”: la salita di Arcugnano, che è sostanzialmente lunga un chilometro con pendenza media del 9% e punte del 13%, e poi il traguardo al santuario di Monte Berico, questo da affrontare due volte, con caratteristiche analoghe, circa 1 chilometro con pendenza media dell’8% e punte del 12%. Questa salita è anche GPM di 4° categoria, mentre lungo la tappa se ne affronteranno altri due, pure di 4° categoria: dopo 31 chilometri il Passo Roverello, un’altura nei colli Euganei che si raggiunge dopo una salita di oltre 3 chilometri con pendenza del 6% e punte del 12%, e poi il passaggio a San Giovanni in Monte al chilometro 135, circa 5 chilometri al 7% con punte del 14%.
Si parte verso le 13, con tempo nuvoloso ma senza pioggia. In maglia rosa è il giovane messicano Isaac Del Toro (UAE Team Emirates – XRG) con 33 secondi di vantaggio sul compagno di squadra Juan Ayuso; la classifica è ancora molto corta e tutti i favoriti della vigilia sono racchiusi in circa 3 minuti. Nel giro di pochi chilometri parte una fuga con 9 corridori, nessuno dei quali è abbastanza avanti in classifica da destare qualche preoccupazione nel gruppo. Tra i fuggitivi va segnalato almeno il nostro Lorenzo Milesi (Movistar Team), due anni fa campione del mondo Under 23 a cronometro. In breve tempo il vantaggio del gruppetto cresce sino a superare i due minuti all’inizio della prima salita, il Passo Roverello: i distacchi rimangono immutati al GPM, dove transita per primo il nostro Mattia Bais (Team Polti VisitMalta), mentre il gruppo resta sempre compatto. A tirarlo sono gli uomini di Wout Van Aert (Team Visma | Lease a Bike), Mads Pedersen (Lidl – Trek) e Thomas Pidcock (Q36.5 Pro Cycling Team), tra i favoriti per la vittoria di tappa.
La corsa prosegue senza particolari scossoni sino ai piedi della salita di San Giovanni in Monte, quando il gruppetto dei fuggitivi si sfalda e tutti, tranne Lorenzo Germani (Groupama – FDJ), vengono ripresi a poco a poco. La salita frantuma il gruppo, dal quale esce Christian Scaroni (XDS Astana Team), finalmente in evidenza dopo che il suo brillante inizio di stagione è stato bruscamente interrotto da una caduta alle Strade Bianche. Scaroni riesce a riprendere Germani e transita primo sul GPM; sulla discesa la coppia si avvantaggia sul gruppo che si va ricompattando. All’ingresso del circuito di Vicenza il vantaggio è di circa un minuto, che potrebbe anche bastare per il successo di tappa se dietro i grandi nomi non dovessero muoversi per tempo. Il gruppo, sempre tirato dagli uomini di Pidcock e Pedersen, non sembra comunque intenzionato a lasciare troppo spazio ai fuggitivi, che iniziano la prima salita al Monte Berico con una quarantina di secondi di vantaggio. Nessuno dei due è un grande scalatore e in cima, dove passa per primo Scaroni, il vantaggio si è ridotto a una trentina di secondi. A questo punto inizia a tirare la UAE, forse in previsione di uno scatto di Del Toro o di Ayuso sull’ultima salita. Invece accade l’inevitabile: prima Germani e poi Scaroni vengono ripresi sulla salita di Arcugnano, nonostante il secondo riesca a transitare primo in cima (dove c’è un traguardo con abbuoni) con ancora un paio di metri su Ayuso e Del Toro nell’ordine. A giudicare dall’impegno profuso da questi due corridori, nessuno di loro sembra disposto, almeno non ancora, a cedere all’altro i gradi di capitano della squadra. In discesa riescono a prendere un piccolo vantaggio Mathias Vacek (Lidl – Trek) e il grande Romain Bardet (Team Picnic PostNL), mentre nel gruppo inizia a muoversi Van Aert e nelle prime posizioni si porta anche Pedersen. A 3 chilometri dalla fine Vacek e Bardet raggiungono i 15 secondi di vantaggio e a 2 chilometri ne mantengono 10. Quando finalmente arrivano ai piedi della salita di Monte Berico ne hanno ancora 8, e inizialmente sembrano in grado di resistere al ritorno al gruppo. Ma così non è: a 500 metri vengono ripresi e ai 300 metri, sulla rampa finale, parte lo sprint del gruppo, dal quale, sfoderando una potenza impressionante, esce con decisione Pedersen. Van Aert gli è subito a ruota, ma nonostante uno sforzo ai limiti del sovrumano il danese riesce a mantenere mezza bicicletta di vantaggio e va a vincere la sua quarta tappa. Alle spalle dei due fuoriclasse si difende benissimo proprio Del Toro, che a sua volta riesce a staccarsi e ad arrivare terzo a due secondi; a 5 secondi arriva il resto del gruppo, composto da circa 35 corridori divisi in più tronconi, e tra questi corridori ci sono tutti i primi della classifica generale. Primo degli italiani è Antonio Tiberi (Bahrain – Victorious), settimo. Grande vittoria dunque per Pedersen, che rafforza la sua leadership nella classifica a punti, e maglia rosa confermata per Del Toro, che porta a 38 secondi il suo vantaggio su Ayuso. Tappa tutto sommato interlocutoria, con un bel finale che però non è ancora riuscito a chiarire chi siano i corridori che lotteranno per la vittoria finale, e chi invece cederà sulle prime salite importanti.
Andrea Carta

Pedersen e Van Aert impegnati nello sprint in cima alla ripida rampa del Monte Berico (foto Dario Belingheri/Getty Images)
OLAV KOOIJ VINCE A VIADANA. ISAAC DEL TORO CONSERVA LA MAGLIA ROSA
Nella scontata volata di Viadana, arrivo della dodicesima tappa de Giro 2025. Olav Kooij (Team Visma Lease a Bike) vince di mezza ruota la volata davanti a Casper van Uden (Team Picnic PostNL) e Ben Turner (Team INEOS Grenadiers). Isaac Del Toro (UAE Team Emirates XRG) conserva la maglia rosa
Il Giro d’Italia 2025 si addentra nella seconda settimana con una tappa – la dodicesima – apparentemente disegnata per i velocisti ma il cui percorso rivela qualche insidia. SI parte da Modena a e si arriva a Viadana dopo 172 km. Le insidie di cui parlavamo sono concentrate grosso modo dal km 35 al km 95 in cui i ciclisti troveranno due gpm di terza categoria (Baiso e Borsea) ed una strada con diversi saliscendi. Se partirà una fuga consistente le squadre dei velocisti dovranno saper dosare le forze, non dargli troppo vantaggio e riprenderla negli ultimi 70 km totalmente pianeggianti. Finora nelle due volate di massa già disputatesi in questo Giro si sono avute le vittorie di Casper van Uden (Team Picnic PostNL) a Lecce e di Kaden Groves (Team Alpecin Deceuninck) a Napoli. Resta il fatto che al termine di questa tappa Isaac Del Toro (UAE Team Emirates) continuerà a vestire senza grossi patemi la maglia rosa. Dopo la partenza da Modena si registravano le prime fasi di corsa concitate con diversi ciclisti che attaccavano per andare in fuga. Dopo 4 km si formava un terzetto in testa con Giosuè Epis (Team Arkea B&B Hotels), Andrea Pietrobon (Team Polti VisitMalta) e Manuele Tarozzi (VF Group – Bardiani CSF – Faizanè). Nel giro di un paio di km i tre battistrada aumentavano decisamente il vantaggio sul gruppo maglia rosa che si disinteressava, almeno per il momento, dell’inseguimento. Tarozzi scollinava in prima posizione sul primo gpm di Baiso posto al km 40.5 mentre Pietrobon si aggiudicava il primo traguardo volante di Felina posto al km 59.5. Tarozzi scollinava in prima posizione sul gpm di Borsea, dopodichè iniziava il lungo tratto pianeggiante che conduceva al traguardo di Viadana con il gruppo che teneva costantemente nel mirino i tre battistrada. Epis vinceva il traguardo volante di Sant’Ilario d’Enza posto al km 118.6 mentre Pietrobon si aagiudicava il terzo ed ultimo traguardo volante di Brescello posto al km 139.1. A 26 km dalla conclusione la fuga veniva ripresa ed iniziavano le grandi manovre tra le squadre dei velocisti per la volata finale. La Visma Lease a Bike dominava gli ultimi km specialmente con Wout van Aert che lanciava alla perfezione Olav Kooij. Il ciclista olandese batteva di mezza ruota Casper van Uden (Team Picnic PostNL) che aveva provato ad anticipare la volata mentre terzo era Ben Turner (Team INEOS Grenadiers). Chiudevano la top five Mads Pedersen (Team Lidl Trek) in quarta posizione e Kaden Groves (Team Alpecin Deceuninck) in quinta posizione. Per Kooij è la quarta vittoria stagionale mentre la classifica generale vede sempre in maglia rosa Isaac Del Toro davanti ad Ayuso e Tiberi. Domani è in programma la tredicesima tappa da Rovigo a Vicenza di 181.4 km con un finale esplosivo adatto a finisseur e velocisti più che resistenti e dove anche gli uomini di classifica possono dire la loro. L’arrivo a Vicenza sul Monte Berico (800 metri al 7.6 di pendenza media) sarà garanzia di spettacolo.
Antonio Scarfone

Olav Kooij vince a Viadana (foto: Getty Images)
LE TRASMUTAZIONI DI BISMANTOVA: DALLO SBRINDELLIO SBUCA CARAPAZ
Il pezzo forte della seconda settimana intrattiene ma non troppo. Tappa che cambia faccia più volte, specchio di un Giro promettente ancora in cerca di identità.
“¡Latinoamérica!” esclama il colombiano Nairo Quintana quando gli si chiede un commento sulla tappa di cui è stato protagonista, ma che ha perso assieme agli altri compagni di fuga giusto nel finale, travolti sull’ultima salitella dal gruppo in rimonta – e proprio in quell’istante esatto, dal cuneo dei migliori già stirati sotto un passo sferzante si è fiondato a vincere con lunga azione da finisseur l’ecuadoriano Carapaz.
Ah, America Latina. Quanta ce n’è nella tappa di oggi, una tappa di sogni che si trasmutano in altro e poi in altro ancora, ricordandoci quella vecchia domanda – “un sogno che non si realizza è solo una bugia o è qualcosa di ancor peggiore?”.
Era un quarto di secolo che l’Appenino Tosco Emiliano attendeva il ritorno del San Pellegrino in Alpe, dalle parti del Giro del Diavolo, luogo di schiaffoni e giravolte fra, appunto, santi pellegrini e satanassi. Piccolissime Ande rosse di devozione e comunismo. La speranza, per la riapparizione mistica di questa ascesa giustamente leggendaria quanto a durezza, era che anche al Giro d’Italia partisse qualche schiaffone e s’innescasse qualche diabolico giro narrativo, nonostante i cento o quasi km alle spalle e cento da fare, divisi dal GPM come un gigantesco spartiacque, pianura di qua, mangia e bevi di là, il monumentale valico proprio di mezzo.
C’è il giovanissimo messicano Del Toro in maglia rosa a 21 anni, anche se il suo capitano sarebbe lo spagnolo Ayuso, maggiore di un solo anno e fra i favoritissimi alla partenza. Ayuso è finito acciaccato, Del Toro risulta poco collaudato sulle tre settimane; e poi: uno dei due capoccia del team, Matxin, pure spagnolo, ha in Ayuso il proprio pupillo, però Del Toro ha lo stesso procuratore (italiano) dell’onnipotente Pogi, il cui profilo “tagga in Instagram” una foto assieme al messicano. Investitura papale? Sorrisi e serpenti in squadra, il pubblico si frega le mani sperando in un culebrón (telenovela) di ripicche e tradimenti, un po’ meno gli atleti.
E poi ci sarebbe il grande rivale Roglic, vincitore nel 2023, che ha perso il suo più solido gregario (Jai Hindley, che addirittura il Giro lo aveva già vinto in prima persona pure lui nel 2022, e proprio all’ultimo giorno su Carapaz) e si trova quindi scortato, a corrente alternata, dal pur bravo scalatore italiano Pellizzari nelle vesti di scudiero più fidato. Roglic fra l’altro ha già fatto registrare una discreta quota parte del suo bilancio fisso di cadute con un paio di ruzzoloni non da poco, quindi anche lui è ammacatissimo come e più di Ayuso. Si attarda, recupera fulmineo, pare sganciato, rientra, un Giro finora enigmatico che tuttavia lo vede, guarda un po’, ancora in agguato nell’altissima classifica.
Tiberi e Ciccone le speranze italiane, e poi, come detto, ancora America Latina con altri due grandi campioni già vincitori del Giro: Egan Bernal (2021), sempre disciplinatissimo, sempre animato da una volontà d’acciaio, protagonista di un infinito ritorno verso i vertici del ciclismo dopo l’incidente potenzialmente mortale di qualche anno fa; e Carapaz (2019), che pure lui ha trascorso l’ultima mezza dozzina di stagioni a perdersi e ritrovarsi, a volte unico a tenere il passo di Pogi e Vingo in salita come nel 2021 o campione olimpico a Tokyo, altre volte ridimensionatosi a cacciatore di tappe extralusso magari con annessa maglia a pois, altre volte ancora mestamente attardato in un’abulia da poca gamba.
Da tutti questi si sogna uno squillo sull’Alpe di San Pellegrino, che svegli dal torpore tutti i diavoli del peloton e ci regali una corsa indemoniata nei cento km finali di discese, contropendenze, valli e agguati. Insomma, un tradimento di Ayuso al compagno leader in rosa, o un tradimento del gregario Del Toro al capitano spagnolo, oppure una rivoluzione campesina che scuota il vespaio e faccia cascare qualche testa coronata a favore dei peones, o al meno delle seconde linee, sia pure rientrando poi nei ranghi.
Questi i sogni del pubblico. I sogni del gruppo sono più modesti e concreti: macché classifica generale, macché tradimenti, siamo tutti già stracchi e un po’ sbatacchiati, niente ¡viva Zapata!, semmai “Viva la fuga!”. Che se ne vada una bella fuga e che si giochi la tappa.
Il problema però è che quando in gruppo sognano tutti quanti assieme, il sogno si fa rumoroso e affollato, scivoloso e profondo, convulso quasi, anche perché il sogno è lo stesso per tutti, ma nel sogno spazio per tutti non c’è: insomma, se tutti sanno che la fuga deve partire, finisce che non parte e non ci va nessuno. Perché chi resta fuori tira alla morte e riporta sotto il gruppo. Perché quando sembra chiaramente andata, allora dal gruppo anche i più dubbiosi si lanciano in avanti per agganciarla, e altri sulle loro ruote, e così facendo si tirano dietro quel che resta del gruppo grosso, e di nuovo siamo da capo, tutto da rifare. Trascorre così più di un’ora di gara sempre al di sopra dei 50 km/h nonostante sporadici strappetti e un fondovalle ascendente. Alla fine se ne va una fuga grande praticamente quanto il gruppo, quasi quaranta atleti che si precipitano contro le pendenze del San Pellegrino, da subito durissimo, come un fascio di particelle che si schianta contro un altro, sostanzialmente esplodendo in un caos di confusione tattica, pigrizia, opportunismo, e crisi immediate di chi alla fuga ci era arrivato già al gancio. Per capirci, sull’8-9% c’è in testa a tirare il colosso Pedersen per il suo gregario Vacek.
In meno di 3 km Lorenzo Fortunato, a caccia di punti pesanti per la maglia di miglior scalatore, capisce che così non va, e parte da solo. Saluti a tutti e cronoscalata solitaria. Bravo, folle e naturalmente fortunato, si prenderà in cima il bottino grosso e poi, tutto di guadagnato, in tal modo favorisce pure che si selezioni un bel quartetto di inseguitori, che lo raggiungeranno in discesa per proseguire assieme verso la meta: il più propositivo Pello Bilbao, compagno di Tiberi, che dà così adito a speranze fantasmagoriche di un attacco dell’italiano con testa di ponte davanti; il più solido in salita, Nairo Quintana, proprio lui, vincitore del Giro oltre dieci anni fa, probabilmente lo scalatore puro più forte della seconda metà degli anni ’10, in particolar modo quando il fondo la fa da padrone. C’è poi l’altresì granitico Poels, in supporto a Fortunato in casa Astana, e l’invece giovane australiano Plapp, trionfatore sabato scorso in una tappa molto simile. Ma la Storia non ama ripetersi: se non come sogno o incubo ricorrente, se non in America Latina o nelle Americhe Latine di tutto il mondo.
Il gruppo pare avviato a un controllo rigido da parte dallo squadrone UAE, perché oltre a Del Toro e Ayuso vi militano un altro paio di gregari che fanno pure classifica. Ma, proprio sulle rampe più dure, allunga secco Egan Bernal, con la maglia di campione colombiano da lui stesso disegnata ispirandosi a quelle dei grandi colombiani degli anni Ottanta. Lo sparpaglio è immediato, resta una decina scarsi di ciclisti. L’immagine è fantastica perché con tutti quegli uomini davanti che erano in fuga, e che ora stanno scivolando quasi all’indietro sulle pendenze impervie come in un cartone animato di scivoli insaponati… la confusione è subito enorme sulla strada. I migliori accelerano e rispondono a Bernal (poi supportato da Castroviejo che era in fuga), ma il trenino dei più forti deve serpeggiare fra i residuati della fuga che gli si parano davanti alla metà della velocità.
Chi c’è? Chi non c’è? Dov’è Roglic? In crisi i gemelli Yates (ciascuno in un superteam diverso)! Roglic isolato! Ayuso ingolfato! Reattivissimi Tiberi e Carapaz. Vuoi vedere che…?
Niente da fare. Allo scollinamento, ci si ferma, si scende tranquilli, che rientrino tutti i gregari. E con loro gli attardati. La rivoluzione non è oggi. Domani sicuramente no, e dopodomani men che meno. Pensiamoci forse per domenica prossima: dopo la Messa e il Grappa, o la grappa, magari. O martedì sul Santa Barbara, patrona del fuoco alle polveri. Grazie lo stesso Egan per averci fatto sognare: una tappa diversa sarebbe stata possibile.
E allora? Arriva la fuga? Vince Nairo? Vince Fortunato? Nemmeno, niente Nairo e niente fortuna. Perché, in una simmetria delirante, dopo aver tirato in salita per la prima metà del San Pellegrino in Alpe, e poi essersi arenato bello che sfondato, piomba dalle vette a tutte velocità un metorite ciclamino. Mads Pedersen riprende la testa del gruppo. E si mette a tirare. Supponiamo perché così magari il compagno e capitano per la classifica generale Ciccone potrebbe puntare alla tappa con relativi abbuoni. O semplicemente perché Pedersen sembra averci preso gusto, ha una gamba della madonna e gli altri dietro a stringere i denti. Il vantaggio della fuga evapora. Un lunghissimo ponte sul vasto greto di un piccolo fiume, il Secchia, basta da solo a tirar giù mezzo minuto fra i Gessi Triassici. Milioni di anni sono un nonnulla, figuriamoci trenta secondi. Carapaz mette pure lui la squadra. Presagi.
Tocca salire alla Pietra di Bismantova, altare titanico baciato da sole su un fondo di nuvoloni neri. E ritorniamo all’incipit del pezzo. La fuga è immolata, Carapaz – che come li sceglie lui, gli attimi fuggenti, nessun’altro – parte mani basse, fuorisella e denti stretti. Del Toro accenna un non so che. No, non può, che resti nel recinto. Non tocca oggi la sfuriata. Carapaz guadagna mezzo minuto. Dietro tira la UAE. Trenta secondi sono un nonnulla: dopo la salita non c’è discesa, perché si arriva a Castelnovo ne’ Monti con cinque km di dentelli e saliscendi. Trenta secondi non sono niente quando ti insegue il gruppo dei migliori. Ma Carapaz è un cagnaccio e sul traguardo ci arriva con dieci secondi. Dieci secondi sono tutto! Con pure i dieci di abbuono risale un po’ la classifica e vai a sapere che cosa ci combinerà la terza settimana, se viene a galla il suo fondo naturale. Magari con la voglia da campione di Bernal. Magari con lo stoicismo di Quintana. Magari con il peso piuma che vola all’insù di Einer Rubio. Magari con un Del Toro unchained, per scelta della squadra… o del “perfido” procuratore (Del Toro che fa la volata per il secondo posto col torso letteralmente girato all’indietro, come cercando platealmente Ayuso, il giro del Diavolo insomma). Insomma, magari alla terza settimana si fa la Rivoluzione – o magari vince Roglic. E la Rivoluzione la lasciamo per la quarta settimana e i suoi illustrissimi, magnifici sognatori.
Gabriele Bugada

Carapaz vince ai piedi della spettacolare Pietra di Bismantova (foto Dario Belingheri/Getty Images)
LA PIOGGIA DI PISA FA “PENDERE” LA CRONO DALLA PARTE DI DAN HOOLE E ROGLIC
L’importante appuntamento con la prova contro il tempo che si concludeva nella spettacolare Piazza dei Miracoli di Pisa, all’ombra del Duomo, del battistero e soprattutto della Torre pendente, ha regalato la vittoria di tappa ad un outsider che è riuscito a spuntarla sullo specialista Tarling mentre tra i big l’orario ha favorito Roglic, che ha differenza di Ayuso e Del Toro ha disputato quasi tutta la prova su strada asciutta.
Dopo il giorno di riposo, eccoci alla tappa a cronometro di metà giro e gli appassionati sanno quanto sia difficile affrontare una corsa contro il tempo dopo il giorno di riposo.
Si tratta di una prova di 28 chilometri, sostanzialmente pianeggiante dato che la breve ascesa presente nelle fasi centrali può essere considerata trascurabile, sia per chilometraggio, sia per pendenze.
La collocazione alla decima tappa è ottima in quanto arriva a metà Giro, a fare da spartiacque tra una prima parte movimentata e una seconda in cui saranno presenti le grandi salite e quindi a costituire una cesura, anche da punto di vista della classifica generale che, dopo la cronometro, acquista la fisionomia con cui ci si presenterà ai piedi delle montagne.
Il chilometraggio, invece, è decisamente insufficiente, specialmente considerando che l’altra prova contro il tempo prevista in questo giro misurava solo 13 chilometri. Con una situazione del genere, la prova di oggi doveva misurare non meno di 40/45 chilometri, in modo da portare il chilometraggio complessivo sui 60.
Vero che nei tempi moderni gli organizzatori dei grandi giri tendono a diminuire i chilometraggi nelle prove contro il tempo, tuttavia non si può ignorare che le crono aiutano a scavare distacchi che poi costringono chi li subisce ad attaccare senza ridursi agli scatti negli ultimissimi chilometri.
Piuttosto il problema principale delle cronometro che oggi ha inciso pesantemente è proprio il fatto che molti corridori non corrono con le stesse condizioni meteo e, specialmente in caso di piogge sparse, anche corridori che partono a distanza di pochi minuti l’uno dall’altro possono trovare condizioni differenti e questo può essere determinante anche per la vittoria in un Giro d’Italia in caso di distacchi risicati.
Per quel che riguarda la vittoria di tappa essa è stata appannaggio di quei corridori che hanno corso del tutto all’asciutto. Il successo è andata a sorpresa a Daan Hoole (Lidl – Trek), che non era indicato tra i favoriti da nessun opinionista. L’olandese è riuscito a battere il superfavorito Joshua Tarling (INEOS Grenadiers), che è forse partito troppo veloce e ha pagato nel finale visto che al primo intertempo aveva un buon vantaggio.
Per quel che riguarda gli uomini di classifica, Primoz Roglic (Red Bull – BORA – hansgrohe) ha avuto il vantaggio di affrontare la prova quasi completamente all’asciutto e la cosa si è rivelata molto importante nel finale, tratto nel quale ha guadagnato su tutti gli avversari e in particolare su Juan Ayuso (UAE Team Emirates – XRG): al secondo intertempo, lo spagnolo aveva un vantaggio di 12 secondi sullo sloveno ma poi ha chiuso con un ritardo di 19 secondi, cedendo quindi 31 secondi in 8 chilometri, il che significa quasi 4 secondi al chilometro (più o meno quello che uno scalatore puro perde da uno specialista).
Egan Bernal (INEOS Grenadiers), caduto nella prima parte della prova, ha accusato un grave ritardo al primo intertempo (53 secondi da Roglic) ma si è ripreso nella seconda parte, chiudendo la prova con 1′43″ dallo sloveno, il che significa che Bernal ha accumulato 6 secondi al chilometro nei primi 8 Km e solo 2,5 nei 20 chilometri successivi. Considerando la caduta, la sua prova è stata ottima, visto che è stato tra quelli che hanno accusato meno ritardo dal capitano della Bora nella parte finale.
Al contrario di Bernal, Richard Carapaz (EF Education – EasyPost) è andato in calando, specialmente dal secondo intermedio all’arrivo: al primo intertempo accusava solo 21 secondi da Roglic (eccetto Ayuso, si era trattato del miglior risultato tra i big), al secondo il ritardo era lievitato a 48 secondi e addirittura a 1′37″ all’arrivo. L’ecuadoriano ha così preso da Roglic 2,6 secondi al chilometro nei primi 8 chilometri, 2,2 nei successivi 12 chilometri e ben 6 secondi al chilometro negli ultimi 8.
Per quel che riguarda gli italiani, si può dire che Giulio Ciccone (Lidl – Trek) ha disputato una prova tutto sommato sui suoi livelli: anche l’abruzzese ha pagato un dazio altissimo nel finale (4,75 secondi al chilometro da Roglic tra il secondo intertempo e l’arrivo) mentre nel tratto centrale, che prevedeva anche una dolcissima ascesa, è stato superlativo, limitando i danni che invece erano stati consistenti anche al primo intertempo. Alla fine, considerando le sue caratteristiche, il ritardo complessivo di 1′43″ da Roglic (3,6 secondi ai chilometro) può considerarsi in linea con le aspettative.
Antonio Tiberi (Bahrain – Victorious), miglior italiano della classifica, è partito con la strada bagnata e questo sembra aver messo un po’ di timore al laziale, che non è andato bene nei primi chilometri accusando 29 secondi da Roglic al primo intermedio r perdendo 3,6 secondi al chilometro, troppi per uno come Tiberi che nelle prove contro il tempo se l’è sempre cavata egregiamente. Nel secondo tratto, invece, si è ripreso davvero bene, diminuendo addirittura a soli 17 secondi il distacco da Roglic (un secondo al chilometro meglio dello sloveno). Di nuovo, nel finale, la pioggia ha penalizzato il laziale che è tornato a perdere dallo sloveno, anche se non come nel primo tratto, cedendo alla fine 38 secondi in totale.
Infine, per quel che riguarda la coppia di testa della UAE, Ayuso è andato molto bene sino al secondo intermedio. Nei primi 8 chilometri, nonostante la pioggia, ha ceduto solo un secondo al chilometro a Roglic mentre, nel secondo tratto, gli ha inflitto addirittura un distacco di 20 secondi recuperando 1,6 secondi al chilometro. Anche nel caso di Ayuso, la pioggia battente nel finale ha influito non poco dato che negli ultimi 8 chilometri lo spagnolo non solo ha perso il vantaggio che aveva al secondo intertempo, ma ha anche accusato un distacco di 19 secondi all’arrivo, perdendo quindi 31 secondi negli ultimi 8 chilometri.
La maglia rosa Isaac Del Toro ha, invece, avuto qualche difficoltà, anche se forse, come ha affermato il suo direttore sportivo, ha badato a non prendere troppi rischi, specie nei primi 8 chilometri, lungo i quali ha lasciato ben 34 secondi a Roglic, un secondo peggio di Ciccone.
Al secondo intermedio, la maglia rosa si è ripresa recuperando addirittura 3 secondi a Roglic mentre, nel finale, a causa della pioggia intensa ha accusato un ulteriore ritardo di 36 secondi e ha chiuso a 1′07″ dallo sloveno.
La classifica generale, rivoluzionata nei distacchi più che nelle posizioni, vede ancora Del Toro in maglia rosa, ma il ritardo del compagno di squadra Ayuso è ora di soli 25 secondi, mentre Tiberi conserva la terza posizione con un ritardo di un minuto; a soli 2 secondi c’è Simon Yates (Team Visma | Lease a Bike), autore di una buona prova, mentre Roglic è in quinta posizione con 1′18″ di ritardo.
La coppia di gregari di lusso dell’UAE (Brandon McNulty e Adam Yates) al sesto e settimo posto mette ancor più in risalto la forza di questa squadra, orfana di Pogacar, e nondimeno in grado di piazzare quattro uomini in top ten. Scivolano in ottava e nona posizione Ciccone e Carapaz, che ora accusano rispettivamente 2′07″ e 2′10″ dalla maglia rosa.
Con questa situazione di classifica, si può star certi che Ciccone e Carapaz attaccheranno in montagna, ma anche un classico attendista come Roglic non potrà limitarsi allo scattino all’ultimo chilometro nelle tappe con arrivo in salita, anche perché non ci sono i classici arrivi che lui predilige. Tecnicamente, l’arrivo in salita vero è proprio c’è solo a San Valentino e a Sestriere ma, nel secondo caso, le pendenze sono tutt’altro che severe.
Domani, invece, è prevista una tappa molto interessante con la terribile ascesa all’alpe di San Pellegrino che, anche se piazzata a 93 chilometri dall’arrivo, potrebbe lasciare il segno nei successivi chilometri se affrontata a ritmo elevato. Come frazione sembra disegnata apposta per favorire una fuga, ma attenzione alla imboscate perché già a Siena si è visto cosa può accadere.
Benedetto Ciccarone

Hoole corre all'asciutto e vince la cronometro Lucca - Pisa (foto Dario Belingheri/Getty Images)