CICCONE SHOW A COGNE. L’ABRUZZESE TROVA IL RISCATTO, NO CONTEST TRA I BIG.

maggio 22, 2022 by Redazione  
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Appena una settimana fa l’avevamo lasciato con gli occhi gonfi di lacrime dopo la pesante debalce subita proprio nell’attesissima tappa di casa che si concludeva in cima al Blockhaus. Una giornataccia che lo aveva messo fuori dalla lotta per la maglia rosa, ridimensionandone ancora una volta le ambizioni. Sette giorni dopo ritroviamo un Giulio Ciccone guascone che festeggia una splendida vittoria ottenuta in solitaria al termine di una lunga fuga, raddrizzando un Giro che finora gli aveva riservato molta amarezza. Il portacolori della Trek-Segafredo ha avuto la meglio sui compagni di fuga, staccando lungo la salita finale Santiago Buitrago (Bahrain-Victorius) e Hugh Carthy (EF Education-Easy Post), ultimi ad arrendersi alla foga dell’Abruzzese. Ciccone ha tagliato il traguardo con 1′31″ su Buitrago e 2′19″ su Antonio Pedrero (Movistar Team). Giornata tranquilla per gli uomini di classifica che, dopo la brutale tappa di Torino e alla viglia di un’ultima settimana durissima, hanno deciso di non attacarsi. Resta dunque immutata la classifica che vede in testa Richiard Carapaz (Ineos Grenadiers) davanti a Jai Hindley (Bora-Hansgrohe) staccato di 7″ e Joao Almeida (UAE Team Emirates) a 30″.

La 15a frazione del Giro 2022 rappresentava la prima delle 5 tappe alpine in programma: 177 km da Rivarolo Canavese a Cogne conditi da circa 4000 metri dislivello. I primi 90 km erano sostanzialmente pianeggianti. Una volta giunti al traguardo volante di Pollein (km 90,5) aveva inizio la prima salita di giornata, l’ascesa verso Pila (12,3 km al 6,9%). Una lunga discesa anticipava il passaggio per Aosta (km 120) e quindi la seconda salita di giornata che ha portato i corridori a Verrogne (13,8 km al 7,1 %). Dalla cima del gpm mancavano ancora 40 km al traguardo, di cui i primi 15 tutti in discesa (molto tecnica). Infine, dopo un brevissimo tratto di fondovalle, ai -22,4 iniziava l’ascesa finale, una salita decisamente pedalabile (pendenza media del 4,3%) e il cui tratto più complicato era quello iniziale (tratti al 7%). Un finale che non lasciava presagire grandi attacchi tra gli uomini di classifica e che invece si prestava molto ai cacciatori di tappe.

Così come già successo nelle precedenti tappe, non appena dato il via ufficiale alla corsa, sono partiti gli attacchi per entrare nella fuga di giornata. La bagarre è stata altissima anche perchè, dopo la terrbile giornata di ieri, in gruppo era forte il sentore di un no contest tra gli uomini di classifica. E così, come succede sempre quando sono in tanti a voler andare in avanscoperta, la fuga ha tardato a partire. L’azione buona è partita soltanto intorno al km 75 quando dal gruppo principale è riuscito ad evadere un drappello di 5 corridori: Remy Rochas (Cofidis), Merhawi Kudus (EF Education-EasyPost), Lawson Craddock (Team BikeExchange-Jayco), Thymen Arensman (Team DSM) ed Erik Fetter (Eolo-Kometa). Al quintetto si sono aggiunti pochi chilometri dopo altri 22 uomini: Mikaël Cherel e Nicolas Prodhomme (AG2R Citroën), Mathieu Van der Poel e Dries De Bondt (Alpecin-Fenix), David De La Cruz e Harold Tejada (Astana Qazaqstan), Santiago Buitrago (Bahrain), Luca Covili (Bardiani-CSF), Natnael Tesfatsion (Drone Hopper-Androni Giocattoli), Hugh Carthy e Julius Van den Berg (EF), Koen Bouwman, Gijs Leemreize e Sam Oomen (Jumbo-Visma), Antonio Pedrero e Iván Sosa (Movistar), Nico Denz e Martijn Tusveld (DSM), Giulio Ciccone e Bauke Mollema (Trek-Segafredo), Rui Costa e Davide Formolo (UAE Emirates).

La fuga ha proceduto d’amore e d’accordo fino all’inizio della prima salita di giornata guadagnando subito un margine superiore ai 4 minuti sul gruppone tirato dalla Ineos. Proprio sulla salita che portava a Pila, Mathieu Van der Poel ha aperto le danze (ai -79) con un attacco a dir poco velleitario. Di lì a poco il neerlandese è stato ripreso e staccato dal connazionale Bouwman che si è poi involato in solitaria, transitando per primo sul gpm e riprendendosi così la maglia azzurra vestita nell’ultima settimana da Diego Rosa. Il mai domito Van der Poel è ripartito lungo la successiva discesa, stavolta in compagnia dell’altro neerlandese Tusveld. Il duo è riuscito poi a rientrare su Bouwman al termine della discesa (-60), mentre gli ex-compagni di fuga inseguivano con oltre un minuto di ritardo. Il gruppo, decisamente disinteressato alle sorti della tappa, procedeva invece con oltre 5 minuti di ritardo.

Lo scenario è cambiato sulla seconda salita di giornata, la più dura. L’ascesa verso Verrogne ha infatti scatenato i corridori del gruppo inseguitore che nel frattempo era scivolato ad oltre un minuto e mezzo dal trio olandese. Le prime accelerazioni sono state portate da Kudus, ma è stato Giulio Ciccone a produrre il cambio di ritmo decisivo. L’abruzzese è rinvenuto sulla testa della corsa ai -48 in compagnia di Buitrago e Pedrero, mentre Van der Poel e Bouwman, perdevano contatto, imitati poco dopo anche da Tusveld (ai-46). Nel frattempo il plotone, che era arrivato a 6 minuti di distacco, aveva improvvisamente accelerato grazie all’azione degli uomini della UAE che hanno addirittura fatto fermare Formolo per dare supporto al capitano Joao Almeida. Una volta esaurita la sfuriata della UAE nel gruppo principale erano ormai rimasti circa 30 corridori, con tutti i big della classifica. Dietro al trio di testa si era invece formato un altro terzetto, comprendente Hugh Carthy e Rui Costa oltre al già citato Tusveld. Il britannico ha rotto gli indugi nella seconda parte della salita riportandosi sul trio di testa prima del passaggio sul gpm. Tusveld e Rui Costa sono invece rientrati al termine della discesa (-27) andando a formare un drappello di 6 battistrada.

Una volta iniziata l’ascesa finale, Ciccone ha ricominciato ad accelerare. Nel giro di pochi chilometri di salita, l’abruzzese è rimasto nuovamente in compagnia dei soli Buitrago e Carthy. Il ritmo di Ciccone non è pero calato e così ai -20 ha perso contatto il giovane colombiano e poco dopo, ai -18, si è dovuto arrendere anche Carthy. Ciccone si è così involato in solitaria guadagnando un minuto di vantaggio sugli inseguitori in una manciata di chilometri. Alle sue spalle Carthy è andato in difficoltà venendo ripreso e staccato prima da Buitrago e poi da Pedrero. La cavalcata di Ciccone è diventata inarrestabile e ha trovato l’apoteosi nell’ultimo chilometro, in cui il corridore della Trek ha potuto festeggiare il meritatissimo successo incitando il numeroso pubblico assiepato ai bordi della strada. Seconda posizione per Buitrago (staccato di ben 1′31″) davanti a Pedrero (2′19″) ed un esausto Hugh Carthy (3′09″). Quinta posizione per Tusveld (4′36″) che è riuscito a precedere Luca Covili (5′08″) e il trio formato da Tesfatsion, Mollema e Leemreize e giunto a 5′27″. Completa la top ten di giornata Guillaume Martin (Cofidis) evaso dal gruppo negli ultimi km di salita verso Verrogne e giunto a 6′06″. Il gruppo dei migliori ha tagliato il traguardo a 7′48″ regolato da Fabio Felline (Astana Qazaqstan Team).

La classifica generale vede le prime 9 posizione assolutamente invariate rispetto alla tappa di Torino: resta in testa Richard Carapaz (Ineos Grenadiers) con 7″ su Jai Hindley (Bora-Hansgrohe) e 30″ su Almeida. Martin grazie ai quasi 2 minuti guadagnati oggi rientra in top ten, scalzando dalla 10a posizione Alejandro Valverde, ora undicesimo.

Domani è in programma il terzo ed ultimo giorno di riposo alla viglia di una tappa, quella di martedì, che potrebbe incidere pesantemente sull’economia della corsa. I corridori saranno impegnati nella Salò-Aprica, frazione lunga 202 km e infarcita di salite. La prima difficoltà altimetrica sarà il Goletto di Cadino (19 km al 6,2%) posto dopo 59 km. Quindi, giunti ad Edolo, avrà inizio il Passo del Mortirolo (12,7 km al 7,7%) posto a 70 km dall’arrivo. Dopo la successiva discesa e un lungo tratto di fondovalle, i corridori dovranno affrontare il Teglio (5,1 km al 8,7%) e infine il temibile Valico di Santa Cristina (12,7 km al 8,1%), la cui cima sarà posta ad appena 6 km dal traguardo, quasi tutti in discesa.

Pierpaolo Gnisci

Ciccone show a Cogne (fonte:Getty Images)

Ciccone show a Cogne

UN GIRINO IN PARADISO

maggio 22, 2022 by Redazione  
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Le Alpi debuttano con un assaggio di Paradiso. La prima delle cinque tappe disegnate sulla catena alpina termina, infatti, alle porte del Parco Nazionale del Gran Paradiso con l’approdo presso le spettacolari cascate di Lillaz. Per raggiungere questo eden naturale i corridori dovranno superare due impegnative ascese – Pila e Verrogne – prima d’intraprendere quella, apparentemente più facile, che condurrà al traguardo. Ma, nonostante pendenze non eccezionali, il Paradiso per qualcuno potrebbe tramutarsi in Inferno.

Sono molte le volte nelle quali un corridore si sente in paradiso, quando è felice per un prestigioso traguardo raggiunto o quando giunge in vetta – non importa con quale piazzamento – a una salita come lo Stelvio, in cima alla quasi è possibile letteralmente toccare il cielo con un dito. Ma c’è solo un posto dove il Paradiso con la P maiuscola è cosa concreta ed è il re dei nostri parchi nazionali, quello del Gran Paradiso per l’appunto, che quest’anno celebrerà il duecentesimo anniversario della sua istituzione e che festeggerà questo traguardo soffiando sulle candeline con il Giro d’Italia, che ha scelto di proporre un arrivo in uno dei luoghi più spettacoli del parco, le spettacolari cascate di Lillaz. Sarà l’approdo della prima delle cinque tappe alpine dell’edizione 2022, al termine di un’interminabile salita di quasi 22 Km che sulle prime non sembra particolarmente insormontabile per via della sua pendenza media bassa, che abbatte di poco la soglia del 4%. Non sarà, però, affrontata “liscia” ma preceduta da due salite ravvicinate nettamente più impegnative ed è risaputo che l’abbinamento tra un’ascesa impegnativa e una successiva più pedalabile ha spesso portato a un incremento dei distacchi subiti sui colli precedenti, che molti potrebbero affrontare senza aver del tutto smaltito le fatiche profuso nella complicata frazione di Torino, disputata ventiquattrore prima.
Si partirà da Rivarolo Canavese puntando in direzione di Agliè, borgo famoso non solo per il suo castello sabaudo ma anche per “Il Meleto”, la villa nella quale trascorreva le vacanze estive il poeta Guido Gozzano, autore tra l’altro de “L’amica di Nonna Speranza” nella quale descrisse il salotto liberty della nonna, ancora oggi visibile all’interno della dimora. Privo di difficoltà altimetriche nei primi 60 Km, il percorso imboccherà ora la strada per Ivrea andando a toccare il borgo di Parella, il cui castello – risalente al XII secolo – domina i vigneti nei quali è prodotto l’Erbaluce, vitigno noto fin dall’epoca romana, quando fu chiamato con il nome di “Alba lux”, dal quale deriva l’attuale. Giunti alle porte della città dell’Olivetti – inglobata nel complesso della celebre azienda informatica è possibile ammirare l’inattesa apparizione della chiesa di San Bernardino, famosa per il suo tramezzo affrescato – il gruppo prenderà a risalire la sponda occidentale della valle dalla Dora Baltea, evitando in questo tratto la solita strada d’accesso alla Valle d’Aosta, che si ritroverà dopo il passaggio da Quincinetto e subito prima di giungere a Carema, unico centro nel quale è consentita la produzione dell’omonimo vino DOC, divenuto celebre grazie ai dirigenti della citata Olivetti, che usavano fare dono di bottiglie di questo vino a clienti e fornitori. Per il gruppo Carema rappresenterà la porta d’accesso alla Valle d’Aosta, che accoglierà il gruppo con la stretta gola di Bard, dominata dall’omonimo e celebre forte – oggi sede del Museo delle Alpi – e all’imbocco della quale è possibile ritrovare un breve tratto dell’antica strada consolare romana delle Gallie, via selciata scavata nella roccia che oggi viene ripercorsa dai pellegrini che ricalcano le rotte dell’antica Via Francigena. Un altro castello, quello cubico di Verrès, sorveglierà il momento nel quale il gruppo abbandonerà temporaneamente la pianura per affrontare quella che i cicloamatori locali hanno battezzato “salita della Mongiovetta” dal nome del centro di Montjovet e che, dopo 4.3 Km al 4.5% (primi 2 km al 6.1%), termine alle porte di Saint-Vincent, la celebre località di villeggiatura le cui fortune poggiano sui due pilastri delle fonti termali e del Casino de la Vallée, le prime scoperte nel 1770 dal sacerdote naturalista Jean-Baptiste Perret, il secondo inaugurato il 29 marzo del 1947 e inizialmente ospitato all’interno del Grand Hotel Billia.
Arrivati a Chambave si abbandonerà nuovamente la “strada maestra” per Aosta per superare il corso della Dora e portarsi a Fénis, altra meta prediletta dai turisti che vengono in valle per ammirarvi i suoi celebri castelli e qui ne visitano uno dei più famosi che – come molti della regione – appartenne alla famiglia nobiliare degli Challant e ai suoi rami cadetti. Subito dopo i corridori ritroveranno la pianura per uno degli ultimi tratti di tranquillità di questa frazione, che vedrà pedalare i “girini” sul velluto per 15 Km fino alle porte di Aosta. Nel percorso è effettivamente previsto il passaggio sulle strade del capoluogo ma ciò accadrà quasi un’ora più tardi perché prima bisognerà superare la prima delle tre salite che caratterizzano il finale. La prossima meta dei corridori, infatti, sarà Pila, stazione di sport invernali progettata nel 1971 dall’architetto francese Laurent Chappis sul modello delle “ski total” che erano state create dal nulla in quel periodo oltralpe (Chappis, per esempio, era stato il “papà” della nota Courchevel). I “girini” non percorreranno per intero la salita perché incontreranno lo striscione del GPM in località Les Fleurs, 5 Km a valle rispetto al punto dove si trova il piazzale posto al culmine dell’ascesa, luogo che in due occasioni ospitò l’arrivo di una tappa del Corsa Rosa, frazioni vinte nel 1987 dal britannico Robert Millar e nel 1992 dal tedesco Udo Bölts. L’inevitabile taglio – il tratto conclusivo è a fondo cieco – non intaccherà le caratteristiche di una salita che rimane impegnativa pur senza particolari “esagerazioni”, una dozzina di chilometri al 6.9% con il tratto più difficile – un paio di chilometri al 9.5% – a circa metà ascesa, poco dopo il passaggio da Charvensod, centro presso il quale si trovano gli scarsi resti di un castello che in epoca medioevale costituiva la residenza estiva dei vescovi della sottostante Aosta. Verso quest’ultima ci si dirigerà una volta terminata la discesa ed esser tornati alla rotatoria dove si era iniziata la salita verso Pila. Il passaggio sulle strade di quella che un tempo era considerata la “Roma delle Alpi” – periodo del quale sono giunti ai nostri giorni l’Arco di Augusto e due teatri antichi oltre ad altre vestigia del passato – concederà una breve tregua – circa 5 Km pianeggianti – prima delle riprese delle “ostilità”, che ora avranno il volto della salita di Verrogne, leggermente più difficile rispetto a quella pocanzi affrontata. Sono complessivamente 14.3 i chilometri che si dovranno affrontare per arrivare sino a quasi 1600 metri di quota, incontrando una pendenza media del 7% e difficoltà che qualche corridore del gruppo ben ricorderà: non solo l’ascensione a Verrogne era uno degli “ingredienti” del tappone di Courmayeur del Giro del 2019 – risultato decisivo per la vittoria finale dell’ecuadoriano Richard Carapaz – ma è stata spessa inserita nel percorso del “Giro della Valle d’Aosta”, una delle principali corse a tappe riservate alla categoria U23 (gli ex dilettanti), competizione che ha avuto tra i vincitori Fabio Aru (nel 2011 e nel 2012) e il francese Thibaut Pinot (2009).
Attraversato il borgo di Saint-Nicolas, presso il quale si possono ammirare spettacolari piramidi di terra che ricordano i calanchi, l’ultima discesa di giornata avrà termine in quel di Saint-Pierre, comune situato in una delle zone più soleggiate della Valle d’Aosta e principalmente conosciuto per i suoi due castelli, quello di Sarriod de la Tour e quello di Saint-Pierre, uno dei più scenografici della regione, purtroppo chiuso per restauri da una decina d’anni. Invece, per la prima volta nella sua storia iniziata nel 1287, una settimana prima del passaggio del Giro sarà aperto alle visite quello di Aymaville, la cui elegante struttura farà da cornice all’inizio della finale ascesa verso Cogne, una salita “double face” che proporrà in apertura i due tratti più impegnativi, un primo scalino di 4.4 Km al 7.9% e uno successivo di 2500 metri al 7.8% separati da una breve contropendenza. Smessi i panni della salita cattiva, negli ultimi nove chilometri le pendenze si fanno effettivamente “paradisiache” con un’inclinazione media che si attesta al 2.7% appena ma – se sulle rampe precedenti ci sarà stata selezione e qualche “pesce grosso” avrà perso le ruote dei migliori – quello che pare un eden potrebbe trasformarsi in un inferno, con secondi e minuti a scorrer via veloci come le impetuose acque delle cascate di Lillaz….

Mauro Facoltosi

Le cascate di Lillaz e l’altimetria della quindicesima tappa (siviaggia.it)

Le cascate di Lillaz e l’altimetria della quindicesima tappa (siviaggia.it)

CIAK SI GIRO

È uno dei castelli più ammirati e fotografati della valle e non poteva non finire immortalato in qualche pellicola. Stiamo parlando del castello di Fénis, che tra i suoi inquilini ha avuto nientemeno che il conte Dracula, quello impersonato dall’attore britannico – ma italiano d’adozione – Edmund Purdom. La sua sarà un’interpretazione vampiresca tutta da ridere, che lo vedrà in scena presso il castello valdostano al fianco degli indimenticati Paolo Villaggio e Gigi Reder. È all’ombra dello scenografico maniero, infatti, che nel 1985 saranno girati gli esterni della transilvana dimora del conte nello spassoso “Fracchia contro Dracula”, mentre per le scene ambientate nei tetri interni si ripiegò su Palazzo Farnese di Caprarola (Viterbo), nei cui sotterranei fu ricreata la cripta con le bare di Dracula e della sorella Oniria (Ania Pieroni), e sugli studi di Cinecittà, dove si sfruttò anche il set all’aperto che era stato allestito l’anno precedente per il film di Benigni e Troisi “Non ci resta che piangere”. E così quella che dodici mesi prima era stata la piazza dell’immaginario borgo toscano di Frittole, in questo film diventerà la piazza del paesello dove i due protagonisti pernotteranno in una locanda la notte prima di salire al castello e nella quale Villaggio tornerà ad alloggiare anche in “Superfantozzi” del 1986, stavolta presentata per il borgo provenzale nel quale Fantozzi fa ritorno al rientro delle crociate.
Tornando nella “Vallée”, il film con Villaggio non fu l’unico qui girato perché in altre quattro pellicole si vede il castello di Fénis e in un caso si trattò di una vera e propria “apparizione a effetto” perché ne “La frusta e il corpo” del 1963, diretto da Mario Bava con lo pseudonimo di John Old, il maniero valdostano è mostrato circondato dal mare. Nessuno degli attori impegnati nelle riprese in quell’occasione si era recato in Val d’Aosta: interpreti e troupe si trovavano, infatti, sulla spiaggia laziale di Tor Caldara, vicino ad Anzio, sulle cui dune il castello fu “adagiato” con un fotomontaggio dopo esser stato ripreso in loco.

Il castello di Fenis in Fracchia contro Dracula (www.davinotti.com)

Il castello di Fenis in "Fracchia contro Dracula" (www.davinotti.com)

Cliccate qui per scoprire le altre location dei film citati

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/fracchia-contro-dracula/50002301

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/la-frusta-e-il-corpo/50000485

FOTOGALLERY

Rivarolo Canavese, Castello di Malgrà

Agliè, Villa Il Meleto

Castello di Parella

Ivrea, chiesa di San Bernardino

Tratto dell’antica strada romana delle Gallie alle porte di Bard

Castello di Verrès

Il casinò di Saint-Vincent

Castello di Fénis

Uno dei primi tornanti della salita verso Pila

Aosta, teatro romano

Aosta vista dalla strada che sale a Verrogne

Castello di Saint-Pierre

Il castello di Aymavilles visto dal tratto iniziale della salita verso Cogne

BOTTE DA ORBI AL GIRO: YATES RISORGE A TORINO, CARAPAZ SI VESTE DI ROSA

maggio 21, 2022 by Redazione  
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Una tappa emozionante, spettacolare, con attacchi e distacchi d’altri tempi. E’ questo in estrema sintesi il quadro che viene fuori dalla 13a tappa del Giro d’Italia 2022, una frazione che ha regalato colpi di scena e uno scontro frontale fra i principali protagonisti della corsa rosa iniziato quando mancavano oltre 80 km all’arrivo. A trionfare in quel di Torino è stato Simon Yates (Team BikeExchange-Jayco), tornato al successo dopo la crisi del Blockhaus che lo ha estromesso dalla lotta per la maglia rosa. Alle sue spalle Jai Hindley (Bora-Hansgrohe), Richard Carapaz (Ineos Grenadiers) ed un infinito Vincenzo Nibali, tornato ad altissimi livelli pochi giorni dopo aver annunciato il ritiro dalle corse a fine anno. La maglia rosa passa sulle spalle dell’Ecuadoriano che ora guida con appena 7” su Hindley, mentre l’ex leader Lopez è affondato ad oltre 4 minuti dopo aver provato a tenere duro.

La 14a tappa si presentava sin dalla vigilia come una frazione molto breve ma altrettanto insidiosa. Il menù di giornata proponeva infatti circa 3000 metri di dislivello condensati in appena 147 km interamente dipanati attorno alle colline Torinesi.
La prima parte del percorso prevedeva un tratto in linea di circa 70 km che portava la carovana da Santena, borgo noto per aver dato i natali a Cavour, fino al capoluogo Piemontese. Dopo un inizio sostanzialmente pianeggiante, la strada iniziava a salire col gpm di 3a categoria de Il Pilonetto (km 43,3) e la successiva salita che conduceva al parco della Rimembranza (km 63,9). A questo punto i corridori erano attesi dal duro e nervoso cirucito finale, lungo poco più di 36 km e da affrontare per ben due volte. Il circuito ricavato attorno alla città di Torino presentava ben tre salite: il Colle di Superga (5 km al 8,6%) posto ai -27, il colle della Maddalena (3,5 km al 8,1% e con punte al 20%) ai -12 e infine lo strappo del Parco del Nobile, dalla cui cima mancavano appena 4,5 km al traguardo. Una frazione altimetricamente complicata che si prestava a diverse soluzioni.

L’avvio è stato decisamente scoppiettante vista la voglia da parte di tanti di entrare nella fuga di giornata. Il primo attacco, avvenuto subito dopo il km 0, è stato orchestrato da Giulio Ciccone (Trek-Segafredo) evidentemente in cerca di riscatto dopo la pesante debacle subita sul Blockhaus. Poco dopo è stato il turno di Mathieu Van der Poel (Alpecin-Fenix) ancora una volta protagonista di un’azione in solitaria. Dopo qualche chilometro in avanscoperta il neerlandese si è però rialzato, mentre nel frattempo altri corridori provavano ad evadere. Tra gli uomini più attivi da segnalare Simon Yates (Team BikeExchange-Jayco), Diego Rosa (Eolo-Kometa) , Magnus Cort (EF Eduation-EasyPost )e Lorenzo Rota (Intermarché-Wanty-Gobert).
Il gruppo non ha però mollato la presa, anzi ha proceduto a lungo con un’andatura decisamente elevata che ha mietuto diverse ‘vittime’ già lungo l’ascesa de il Pilonetto. L’azione buona è partita proprio negli ultimi chilometri della salita per iniziativa di Joe Dombrowski (Astana Qazaqstan Team) a cui hanno risposto prima Ignatas Konovalovas (Groupama-FDJ) e poi Diego Rosa e Filippo Zana (Bardiani-CSF-Faizanè). Il quartetto è transitato sul gpm (vinto da Rosa) con pochi secondi di vantaggio sul gruppo ed ed è stato poi raggiunto lungo la successiva discesa da altri 4 uomini: Diego Camargo (EF Eduation-EasyPost), Ben Zwiehoff (Bora-Hansgrohe), Ivan Sosa (Movistar Team) e Alessandro Covi (UAE Team Emirates). Infine, intorno al km 50 sono rientrati anche Nans Peters (Ag2r Citroen Team), Sylvain Moniquet (Lotto-Soudal), James Knox (Quick Step Alpha Vinyl) e Oscar Riesebeek (Alpecin-Fenix) andando a formare un drappello di 12 corridori in testa alla corsa.

I battistrada hanno raggiunto nel giro di pochi chilometri un vantaggio di circa 3 minuti (km 60), ma proprio quando sembravano destinati a prendere il largo, in testa al gruppo sono giunti i corridori della Bora-Hansgrohe, evidentemente non contenti della situazione ed intenzionati a fare la selezione.
L’impressionante azione della squadra tedesca ha fatto rapidamente crollare il distacco, sceso ad 45” già ai -75. Le trenate degli uomini della Bora hanno messo alla corda il gruppo che al primo passaggio sulla linea del traguardo (-72) era ormai ridotto a brandelli. Il ricongiungimento tra il drappello dei big e quello dei battistrada è avvenuto proprio sulle primissime rampe del Colle di Superga, ma il ritmo della Bora è continuato a restare alto, facendo staccare via via altri uomini. In breve in testa alla corsa è rimasto un gruppetto di circa 15-20 corridori di cui non facevano più parte Alejandro Valverde (Movistar Team), rimasto attardato già nelle prime fasi dell’attacco della Bora, e Guillaume Martin (Cofidis) che ha invece perso contatto proprio lungo la salita. Joao Almeida (UAE Team Emirates) staccato dopo i primi chilometri di salita è invece riuscito a rientrare sulla testa della corsa poco prima dello scollinamento. Il drappello dei battistrada uscito fuori dal Colle di Superaga era formato da appena 12 uomini: la maglia rosa Juan Pedro Lopez (Trek-Segafredo), Jay Hindley, Wilco Kelderman ed Emanuel Buchmann (Bora-Hansgrohe), Richard Carapaz (Ineos Grenadiers), Vincenzo Nibali (Astana Qazaqstan Team), Mikel Landa e Pello Bilbao (Bahrain-Victorius), Jan Hirt e Domenico Pozzovivo (Intermarché-Wanty-Gobert), Simon Yates (Team BikeExchange-Jayco) e Joao Almeida (UAE Team Emirates).

In tutta la fase successiva è stato Wilco Kelderman a scandire il ritmo nel gruppo di testa che ha continuato inesorabilmente a guadagnare su tutta i vari drappelli inseguitori. Al secondo passaggio sulla linea del traguardo, il gruppetto di Guillaume Martin aveva già 3 minuti di ritardo, mentre Valverde in compagnia di Hugh Carthy era già naufragato ad oltre 4′30”.
La corsa è riesplosa durante la seconda ascesa al Colle di Superga: una volta esaurito il lavoro di Kelderman, è stato il suo capitano Jai Hindley a riaccendere le ostilità. Il drappello si è così ulteriormente selezionato con Nibali, Hindley e Carapaz bravi a staccare il resto della compagnia, mentre la maglia rosa Lopez provava a restare attaccata con i denti allo scatenato terzetto. L’alternanza tra allunghi e rallentamenti ha però favorito il rientro dei vari Landa, Bilbao, Almeida, Pozzovivo, Buchmann e Yates. Ai -28,5 è però arrivato l’affondo di Carapaz che, dopo aver tirato il fiato, ha piazzato un scatto secco con cui si è levato tutti di ruota. L’Ecuadoriano ha guadagnato una ventina di secondi, ma gli immediati inseguitori non si sono scomposti e sono rimasti a galla grazie al grandissimo sforzo prodotto da Bilbao nel tratto di strada compreso tra Superga e Colle della Maddalena, il cui ultimo passaggio era posto ai -12. Proprio sul Maddalena si è assistito ad un nuovo e vigoroso scatto di Vincenzo Nibali, al quale ha saputo resistere solo Jai Hindley, mentre Landa e Almeida sono andati subito in difficoltà. L’azione del siciliano, in decisa crescita di condizione, ha dimezzato il gap da Carapaz che è stato raggiunto in cima alla salita prima dall’australiano, poi da Nibali e infine da Simon Yates, bravo a gestirsi e a rientrare proprio quando stava per iniziare la discesa. Alle spalle del nuovo quartetto vi era (a circa 20”) la coppia formata da Pozzovivo e Almeida, mentre Landa inseguiva con un distacco ancora maggiore in compagnia di Pello Bilbao.

I 4 battistrada hanno proseguito senza scossoni lungo la discesa, giungendo insieme allo strappo finale dove, dopo l’ennesimo tentativo di Nibali, è stato il britannico Yates a beccare l’accelerazione giusta. Ne Carapaz, ne Hindley ne Nibali hanno reagito e così il corridore della BikeExchange è riuscito a guadagnare un margine di circa 15” che ha poi difeso fin sul traguardo di Torino. Per il britannico si tratta della seconda vittoria di tappa in quest’edizione del Giro, dopo il trionfo nella crono di Budapest. Il gruppetto inseguitore è stato regolato da Hindley che ha battuto allo sprint Carapaz e il redivivo Nibali, che si è dovuto accontentare del 4° posto. Quinta posizione per Pozzovivo (a 29”) bravo a staccare nel finale un mai domo Almeida, 6° a 39”. Alle loro spalle il duo della Bahrain formato da Landa e Bilbao (a 51”) che ha anticipato Buchmann, 9° a 1′10”. 10a posizione a ben 4′25” dal vincitore per l’ormai ex maglia rosa Juan Pedro Lopez, crollato negli ultimi 20 km. Ancora più distanti gli altri uomini di classifica, con Valverde 12° ad oltre 8 minuti.

La nuova classifica generale vede una mezza rivoluzione. La maglia rosa passa sulle spalle di Richard Carapaz che ora guida con appena 7” di vantaggio su Hindley, 30” su Almeida e 59” su Landa. Seguono Domenico Pozzovivo (5° a 1′01”), Bilbao (6° a 1′52”) e Buchmann (7° ad 1′58”). Risale in 8a posizione Nibali (a 2′58”), mentre Lopez scivola in 9a piazza (a 4′04”). Ancora più dietro Valverde, decimo ad oltre 9 minuti da Carapaz.

La classifica potrebbe mutare nuovamente domani, al termine della 15a frazione che porterà i corridori da Rivarolo Canavese a Cogne dopo 177 km piuttosto complicati. La prima parte della frazione non riserverà difficoltà altimetriche, ma una volta giunti a Pollein (km 90) la strada inzierà a salire fino ai 1400 metri di Pila (12,3 km al 6,9%). Dopo la successiva discesa i corridori transiteranno per Aosta dove avrà inizio la seconda salita di giornata che porterà la carovana a Verrogne (13,8 km al 7,1%). Infine, dopo una seconda discsesa, avrà inizio la salita finale lunga oltre 22 km ma non eccessivamente dura (pendenza media del 4,3%). Una frazione che potrebbe sorridere alla fuga dopo la grande fatica fatta oggi da tutti gli uomini di classifica.

Pierpaolo Gnisci

Yates in azione durante la tappa di Torino (foto Tim de Waele / Getty Images)

Yates in azione durante la tappa di Torino (foto Tim de Waele / Getty Images)

ALLA SCOPERTA DELLE COLLINE INFAMI

maggio 21, 2022 by Redazione  
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Alla vigilia delle Alpi gli organizzatori hanno collocato una tappa “bastarda”, che potrebbe far male quanto e più di un tappone di montagne. Protagoniste saranno le colline torinesi, inserite in un tracciato che lascerà poco spazio alla tranquillità e proporrà un finale privo di respiro, con l’impegnativo Colle di Superga da ripetere due volte e la vicina Maddalena che debutterà con la stessa violenza di un impenetrabile muro.

Può una tappa di collina avere la stessa “delicatezza” di una frazione d’alta montagna? Sì, se è stata disegnata come quella che i partecipanti al Giro 2022 dovranno, alla vigilia delle Alpi, affrontare sulle strade delle cosiddette “Colline del Po”, toponimo con il quale è definita la piccola catena di bassi rilievi che fungono da “cuscinetto” tra il Monferrato e la città di Torino. Da quelle parti c’è una dura salita ben nota al gruppo, quella verso Superga, che in questa tappa dovrà essere ripetuta due volte, mentre tre saranno le ascese verso il vicino Colle della Maddalena, le ultime da un versante che nulla ha da invidiare a quello diretto alla celebre basilica. Se andiamo a vedere gli ordini d’arrivo delle più recenti edizioni della Milano-Torino, che terminava proprio al cospetto della basilica dopo la duplice scalata all’ascesa finale, ci rendiamo conto del potenziale di questo percorso, che ha l’aggravante di proporre nel complesso tremila metri di dislivello e la quasi totale assenza di momenti nei quali tirare il fiato negli ultimi 90 Km, nei quali si succederanno otto ascese (nove contando anche quella isolata da affrontare nel tratto iniziale): alla fine di questa giornata i corridori si saranno messi nelle gambe complessivamente 30 Km di salita e qualcuno potrebbe non smaltirne le fatiche e pagarne ancora un pesante dazio l’indomani nella tappa di Cogne.
L’inizio di questa delicata tappa sarà abbastanza soft poiché non s’incontreranno particolari difficoltà nei primi 37 Km, che vedranno i “girini” salpare da Santena, cittadina strettamente legata alla figura del primo capo del governo del Regno d’Italia, il conte Camillo Benso di Cavour, la cui famiglia qui possedeva un castello e nella cui cappella il Cavour è sepolto, deceduto a causa della malaria poco meno di tre mesi dopo l’Unità. Nei primi 15 Km si pedalerà in pianura, viaggiando in direzione della periferia di Chieri e della vicina Riva, per poi infilarsi nel “corridoio” che separa le “colline del Po” dal Monferrato, entrambe terre conosciute dagli appassionati di enologia. Fin qui “fermo”, transitati alle porte del centro di Andezeno il percorso diventerà per un attimo “frizzantino” proponendo un paio di dolci collinette quale aperitivo alla scorpacciata che si annuncia più avanti, la prima con meta fissata nel piccolo borgo di Marentino, presso il cui cimitero si trova l’interessante chiesa romanico lombarda di Santa Maria dei Morti. Raggiunto il vicino e panoramico centro di Sciolze – dal belvedere del colle del Fagnour la vista arriva ad abbracciare quasi per intero l’arco alpino piemontese – si scenderà in direzione del corso del Po, raggiungendolo a Gassino Torinese dove il percorso tornerà pianeggiante per poco più di 3 Km, fino alla località Sambuy. Qui si tornerà a pedalare in direzione delle colline per affrontare la prima delle nove salite principali, quella detta del “Pilonetto” dalla presenza proprio in vetta di una piccola edicola religiosa. Sono 3.6 Km al 7.2% che, di fatto, costituiscono il tratto iniziale del versante nordest della salita di Superga, quello che veniva percorso in discesa alla Milano-Torino dopo la prima scalata alla salita finale. Si procederà nuovamente in direzione di Chieri, stavolta giungendo sino alle porte della cittadina che tra il XV e il XX secolo fu sede di una tra le principali comunità ebraiche del Piemonte e che, oltre al ghetto, presenta anche altri interessanti monumenti, come il duomo gotico di Santa Maria della Scala e le chiese di San Giorgio, San Domenico, San Filippo e San Bernardino. Con uno degli ultimi tratti tranquilli di questa tappa ci si porterà a Pecetto Torinese, centro situato ai piedi del Colle della Maddalena, che dall’alto dei suoi 715 metri è la “Cima Coppi” della collina torinese, in vetta alla quale nel 1928 il fondatore della FIAT Giovanni Agnelli fece collocare il Faro della Vittoria, monumento di bronzo realizzato dallo scultore Edoardo Rubino per celebrare il decimo anniversario della vittoria nella Prima Guerra Mondiale. La prima scalata al colle sarà parziale e sarà affrontata da un versante diverso da quello più impegnativo che si affronterà più avanti, 3.8 Km al 5.8% al termine dei quali il gruppo farà l’ingresso nel circuito di circa 36 Km che accoglierà le fasi salienti di questa tappa e che dovrà essere inanellato due volte. Dieci chilometri più avanti ci sarà il primo passaggio dal traguardo, posto a cavallo dell’ultimo tratto di pianura di questa tappa, quattro chilometri e mezzo filanti seguendo il corso del Po e sfiorando poco dopo il passaggio sulla linea d’arrivo il monumento dedicato a Fausto Coppi, inaugurato nel 2002 su iniziativa dell’ex corridore piemontese Nino Defilippis, realizzato da Giuseppe Tarantino e adornato alla base da pietre provenienti dalle salite che il Campionissimo aveva domato. Giunti nella borgata Sassi si entrerà nel vivo con la prima delle due scalate dirette alla celebre basilica di Superga, fatta innalzare dal Re di Sardegna Vittorio Amedeo II di Savoia quale ex voto dopo una sconfitta subita dall’esercito francese e successivamente divenuta cappella funeraria della famiglia regnante. A differenza della Milano-Torino, i corridori non arriveranno fisicamente fino al piazzale – essendo il tratto finale a fondo cieco – ma la salita sarà affrontata quasi per intero con l’aggiunta dell’appendice verso il vicino Bric del Duca, percorrendo 4800 metri all’8.7% che presenta un picco al 18% dopo circa 2.5 Km e una feroce balza di un chilometro all’11.8% nella seconda parte dell’ascesa.
Se la salita era stata ardua, al contrario dolcissima sarà la planata lungo la sinuosa strada panoramica che collega il colle di Superga a quello di Pino Torinese, dal quale la storia della RAI è transitata a braccetto con il Giro d’Italia. Nel maggio del 1950, infatti, la futura tv di stato installò appositamente a Pino un ripetitore che consentì di trasmettere all’interno del sottostante motovelodromo di Torino le fasi finali della tappa del Giro vinta dall’abruzzese Franco Franchi, una delle tante prove generali che porteranno il 3 gennaio 1954 all’inizio ufficiale delle trasmissioni.
Dopo una lunga e momentanea interruzione della discesa, questa riprenderà poco prima di tornare ai piedi del Colle della Maddalena, che stavolta –come anticipato in precedenza – sarà affrontato da un versante molto più impegnativo rispetto a quello scalato all’ingresso del circuito. I numeri non paiono eccezionali, seppur non trascurabili, ma quel dato di 3.7 Km al 7% è notevolmente mitigato dal fatto che la seconda metà dell’ascesa è morbidissima. Invece, nella prima parte si dovrà salire dalla “Strada della Vetta”, un budello che metterà in fila i pretendenti al successo finale non solo per la carreggiata ristretta ma anche per le pendenze da micidiale muro del chilometro iniziale (media del 12.3%), in cima al quale si giungerà in uno dei luoghi più caratteristici della Collina Torinese, la Sella dell’Eremo, piccolo valico che prende il nome dal Regio Sacro Eremo fondato dal duca Carlo Emanuele I di Savoia come ringraziamento dopo la fine della pestilenza che aveva colpito Torino nel 1599 e della cui costruzione originaria sono rimaste solo alcune piccole parti, come la torre dalla quale il duca assistette alla posa della prima pietra del monastero.
Giunti in vetta alla Maddalena ci sarà una variazione di percorso rispetto al tracciato presentato a novembre e che prevedeva, a questo punto, di scendere verso Moncalieri per poi far ritorno a Torino affrontando le brevi ma ripide salite di Rocca Santa Brigida e del Quadrivio Raby, tolte in un secondo momento dal percorso perché la prima avrebbe provocato, a causa di alcuni passaggi molto stretti, non pochi problemi alle ammiraglie al seguito. Così dalla cima della Maddalena si scenderà direttamente al Quadrivio Raby attraverso la Val Salice per poi svoltare in direzione del Parco del Nobile, area verde nella quale è stato realizzato un “giardino delle farfalle” piantumando fiori in gradi di attrarre numerosi esemplari di questi spettacolari insetti. Il tratto verso il Parco del Nobile rappresenterà anche l’ultima difficoltà altimetrica della tappa, ascesa di 1600 metri all’8.1% che all’ultimo dei tre passaggi previsti metterà in palio anche gli abbuoni che in ciascuna frazione in linea sono programmati al secondo dei due traguardi volanti. A quel punto mancheranno solo 4.5 Km al traguardo, in gran parte da percorrere lungo una discesa che nel tratto finale andrà a lambire la seicentesca Villa della Regina, progettata come “casa” di campagna del cardinale Maurizio di Savoia e in seguito divenuta residenza estiva prediletta dalle due sovrane di casa Savoia che le attribuirono l’attuale nome, Anna Maria d’Orleans e Polissena d’Assia. Transitati ai piedi della più bassa tra le elevazioni della collina torinese – il Monte dei Cappuccini, dove l’antico monastero oggi ospita il Museo Nazionale della Montagna “Duca degli Abruzzi”, fino al 1942 raggiungibile anche mediante una funicolare oggi scomparsa – si farà ritorno in riva al Po per gli ultimi palpiti di una tappa da batticuore.

Mauro Facoltosi

I VALICHI DELLA TAPPA

Sella di Pino (507 metri). Vi transita la Strada Provinciale 5 “di Pino” tra Reaglie e Pino Torinese, nel punto dove confluisce la panoramica proveniente da Superga. Il Giro d’Italia vi è transitato l’ultima volta nel 2005 nel corso della cronometro Chieri – Torino, vinta da Ivan Basso. È stata luogo di passaggio anche alla Milano-Torino, quando la scalata a Superga veniva affrontata dal versante di Baldissero Torinese e l’arrivo era fissato all’interno del Parco del Valentino: è nella discesa da Pino verso Reaglie che nel 1995 avvenne l’incidente che tenne lontano dalle corse per parecchi mesi Marco Pantani. Anche il Giro del Piemonte l’ha inserita in più occasioni nel suo tracciato.

Sella dell’Eremo (621 metri). Valicato dalla Strada Eremo, che mette in comunicazione diretta Torino con Pecetto Torinese evitando l’ascesa fino al Colle della Maddalena. Inedita per il Giro, in passato è stata inserita nel tracciato del Giro del Piemonte.

Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).

La basilica di Superga e l’altimetria della quattordicesima tappa (www.sermig.org)

La basilica di Superga e l’altimetria della quattordicesima tappa (www.sermig.org)

CIAK SI GIRO

Nello scorso capitolo della nostra guida alla scoperta dei luoghi del cinema italiano avevano scomodato gli “avatiani” e ora non possiamo scontentare gli “argentiani”, i fan di Dario Argento che spesso ha scelto – e non a caso, considerata la sua fama di “città magica” – Torino e i suoi dintorni per girare i suoi film. Il primo fu “Il gatto a nove code” del 1971 (suo secondo film da regista dopo una precedente esperienza come attore e diverse come sceneggiatore), al quale seguirono “4 mosche di velluto grigio” e “Profondo rosso”. A partire dal 1977 il regista romano si lancerà nel progetto di realizzare la trilogia horror delle “tre madri”, ispirata al romanzo “Suspiria De Profundis” dello scrittore inglese Thomas de Quincey. Oramai affermatosi a livello mondiale grazie al successo di “Profondo rosso”, Argento preferirà a questo punto concedersi altri set e così andrà a girare prevalentemente in Germania “Suspiria” (nel 2018 oggetto di un remake firmato da Luca Guadagnino) mentre sceglierà Roma – con una capatina negli Stati Uniti – per le riprese di “Inferno”, il secondo capitolo della trilogia, uscito nel 1980. Si dedicherà poi ad altri progetti e, dopo aver steso e risteso più volte la sceneggiatura, bisognerà attendere ben 27 anni per vedere al cinema l’ultimo capitolo della trilogia, “La terza madre”, nella quale Torino tornerà “prepotentemente” a far da scenografia alla trama, pur con la frequente intrusione di location romane. Ma stavolta Argento “sconfinerà” al di fuori del capoluogo piemontese, per raggiungere la spettacolare Abbazia di Sant’Antonio di Ranverso e il piccolo centro di Andezeno, uno dei paesini toccati dal percorso della tappa odierna: nel cimitero furono girate le scene iniziali, quella della scoperta dell’urna la cui apertura scatenerà Mater Lacrimarum, la più crudele delle tre mortifere “madri”.

Uno scorcio di Andezeno nel film La terza madre (www.davinotti.com)

Uno scorcio di Andezeno nel film "La terza madre" (www.davinotti.com)

Cliccate qui per scoprire le altre location dei film citati

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/il-gatto-a-nove-code/50000988

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/il-gatto-a-nove-code/50000988

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/profondo-rosso/50001363

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/la-terza-madre-2007/50008792/pagina/1 (su due pagine)

FOTOGALLERY

Santena, Castello Cavour

Marentino, Chiesa di Santa Maria dei Morti

L’edicola religiosa posto sulla cima della salita del Pilonetto

Duomo di Chieri

Torino, Monumento a Fausto Coppi

Basilica di Superga

Torre dell’Eremo

Colle della Maddalena, Faro della Vittoria

Villa della Regina vista dalla strada che i corridori percorreranno in discesa verso il traguardo

Monte dei Cappuccini

Chiesa della Gran Madre

UN FRANCESE RIDE, UN FRANCESE PIANGE. DÉMARE VINCE A CUNEO MENTRA BARDET LASCIA IL GIRO

maggio 20, 2022 by Redazione  
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Arnaud Demare (Team Groupama FDJ) vince la sua terza tappa del Giro 2022 battendo in volata Phil Bauhaus (Team Bahrain Victorious) e Mark Cavendish (Team Quick STep Alpha Vinyl). Dopo una trentina di km dalla partenza di Sanremo, Romain Bardet (Team DSM) è costretto al ritiro a causa di problemi intestinali. Il Giro perde un altro protagonista dopo Migel Angel Lopez alla vigilia di un week end che può dire molto in ottica classifica generale

Mentre all’orizzonte si stagliano i primi rilievi alpini, che saranno protagonisti in questo week end, oggi il Giro prosegue la risalita verso nord con la tredicesima tappa da Sanremo a Cuneo di 150 km. Una classica tappa di trasferimento come del resto le due precedenti, che non dovrebbe sconvolgere più di tanto la classifica generale. L’unico GPM del Colle di Nava, posto al km 54.1, ci dirà soltanto quali e quanti velocisti riusciranno a contendersi la vittoria di oggi, a meno di clamorose sorprese. Dallo scollinamento, mancheranno 96 km all’arrivo di Cuneo, prevalentemente pianeggianti, per cui i velocisti rimasti attardati possono rientrare con l’aiuto delle proprie squadre. Bisognerà anche vedere dove e quando si formerà la fuga di giornata, che se ben assortita potrà anche dare qualche grattacapo al rientro del gruppo. La fuga si formava verso il km 5 grazie all’azione di cinque ciclisti: Nicolas Prodhomme (Team AG2R Citroen), Filippo Tagliani (Team Drone Hopper Androni Giocattoli), Julius Van Den Berg (Team EF Education EasyPost), Mirco Maestri (Team EOLO Kometa) e Pascal Eenkhorn (Team Jumbo Visma). La fuga raggiungeva il vantaggio di quasi 4 minuti ai piedi del GPM del Colle di Nava. Si segnalava al km 35 il ritiro di Romain Bardet (Team DSM) a causa di precarie condizioni di salute che lo avevano colpito nelle ultime 24 ore. Tagliani si aggiudicava il primo traguardo volante di Pieve di Teco posto al km 43.7. A circa metà dell’ascesa verso la cima del Colle di Nava Tagliani si staccava dalla fuga che restava così formata da quattro uomini. Eenkhorn scollinava in prima posizione mentre il gruppo transitava sul Colle di Nava con un ritardo di 6 minuti e 40 km. Le squadre dei velocisti iniziavano a farsi vedere nelle prime posizioni del gruppo e l’inseguimento nei confronti della fuga sarebbe durato per parecchi km. Van den Berg si aggiudicava il secondo traguardo volante di San Michele di Mondovì posto al km 112. IL gruppo maglia gialla aumentava progressivamente l’andatura ed a farne le stese era una gruppetto di una quindicina di ciclisti in cui era presente anche Simon Yates (Team BikeExchange Jayco) e Richie Porte (Team INEOS). A 20 km dall’arrivo il vantaggio del quartetto di testa sul gruppo era di circa 2 minuti e mezzo. Erano soprattutto Team Groupama FDJ, Team Israel Premier Tech e Team Quick Step Alpha Vinyl ad alternarsi in testa al gruppo. A 12 km dall’arrivo il vantaggio della fuga era sceso a 1 minuto e 30 secondi. I lunghi rettilinei in avvicinamento a Cuneo ed il vento a favore, seppur leggero, avvicinava sempre di più il gruppo ai fuggitivi. A 4 km dall’arrivo la fuga aveva ancora 32 secondi di vantaggio sul gruppo in forte rimonta. Era una lotta sui secondi visto che il gruppo di testa non era intenzionato a mollare. Il quartetto di testa superava lo striscione dei 2 km all’arrivo avendo un vantaggio di 20 secondi sul gruppo. La decisa accelerazione della Groupama FDJ riprendeva la fuga a 600 metri dall’arrivo. Nella volata in leggera salita Arnaud Demare (Team Groupama FDJ) aveva la meglio su Phil Bauhaus (Team Bahrain Victorious) e Mark Cavendish (Team Quick Step Alpha Vinyl). Chiudevano la top five Fernando Gaviria (UAE Team Emirates) in quarta posizione ed Alberto Dainese in quinta posizione. Demare ottiene la terza vittoria di tappa al Giro 2022 ed ipoteca ormai la maglia ciclamino. In classifica generale resta tutto invariato con Juan Pedro Lopez (Team Trek Segafredo) che resta in maglia rosa davanti a Richard Carapaz (Team INEOS) e Joao Almeida (UAE Team Emirates), entrambi staccati di 12 secondi. Domani è in programma la quattordicesima tappa da Santena a Torino. Il Giro inizia a entrare nel vivo e presenta un percorso adatto alle fughe ma anche a qualche colpo di mano da parte degli uomini di classifica, che possono ingolosirsi vedendo specialmente il circuito finale di Torino da ripetere due volte. La doppia scalata del Colle di Superga e del Colle della Maddalena potrebbero dirci qualcosa anche in ottica classifica generale.

Antonio Scarfone

Arnaud Demare vince a Cuneo (foto: Tim de Waele/Getty Images)

Arnaud Demare vince a Cuneo (foto: Tim de Waele/Getty Images)

DI VOLATA AL PIÈ DEI MONTI

maggio 20, 2022 by Redazione  
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Si scavalcano le Alpi Liguri nel viaggio verso Cuneo, dove il gruppo dovrebbe giungere più o meno compatto. L’unica vera salita sarà affrontata lontana dall’arrivo, ma l’ultima trentina di chilometri in lieve ma costante ascesa potrebbe rimanere nelle gambe di qualche sprinter.

È una tappa che potrebbe deludere gli appassionati la tredicesima del Giro d’Italia, soprattutto coloro che si saranno limitati a guardare le due “estremità” odierne. Da un lato c’è Sanremo, nome storico che richiama immediatamente alla memoria la Classicissima e il suo prestigioso e infinito albo d’oro, inaugurato nel 1907 da Lucien Petit-Breton, “nome d’arte” del corridore francese che all’anagrafe si chiamava Lucien Georges Mazan. Al capo opposto c’è Cuneo e qui il pensiero non può che volare dritto al ricordo di Fausto Coppi e della sua fantastica impresa solitaria verso Pinerolo, in quello che è il capostipite di tutti i tapponi, anche se non era certamente il primo che veniva inserito nel percorso di un grande giro. A deludere sarà l’itinerario scelto tra i due centri, anche perché s’è deciso di non buttar dentro salite che inevitabilmente si sarebbero trovate collocate parecchio lontane dal traguardo – per esempio, viaggiando dalla Liguria verso il Piemonte si poteva inserire l’ascesa a Pratonevoso da un versante inedito, ma sarebbe stata vanificata dal trovarsi isolata a più di 40 Km dall’arrivo – e di confezionare una delle ultime tappe destinate ai velocisti, dopo la quale avranno a disposizione solo quella di Treviso. Non sarà, comunque, una giornata facile per gli sprinter, sulle cui gambe potrebbero pesare le tossine accumulate sia nella lieve pendenza ascendente che caratterizza gli ultimi chilometri, sia nel tratto iniziale di questa frazione – se questa tappa dovesse prendere il via, come spesso capita, a velocità sostenuta – perché nei primi 55 Km si dovrà superare una salita non certo trascurabile come il Colle di Nava.
I primi chilometri di gara vedranno i “girini” ripercorrere a ritroso il tratto conclusivo della Milano-Sanremo (esclusi Poggio e Cipressa) in direzione di Imperia, dove il gruppo attraverserà entrambi i centri abitati che nel 1923 rinunciarono alla loro autonomia per fondersi in un solo comune, Porto Maurizio – nel cui cuore si trova il neoclassico duomo, ovviamente dedicato a San Maurizio – e Oneglia, centro che quando era ancora “single” aveva avuto l’onore di esser scelto come sede d’arrivo di una tappa del Giro d’Italia (correva l’anno 1911, la Corsa Rosa era alla sua terza edizione e a imporsi nella futura Imperia fu il pavese Giovanni Rossignoli). Voltate le spalle al mare – i “girini” lo ritroveranno la prossima e ultima volta al raduno di partenza di Marano Lagunare, tra sette giorni – la corsa si dirigerà subito verso le montagne prendendo a risalire la valle del torrente Impero in direzione del traforo, lungo quasi 2 Km, aperto nel 1980 per evitare l’ascesa sino ai 625 metri del Colle di San Bartolomeo. Non si potrà, invece, fare a meno d’affrontare la successiva e più impegnativa salita verso i 936 metri del Colle di Nava, celebre per le sue coltivazioni di lavanda i cui “effluvi” però non giungeranno ancora alle narici dei presenti, essendo l’inizio della fioritura previsto a giugno. Così sarà solo l’afrore del sudore a far da companatico ai “girini” mentre percorreranno i 10 Km al 6.7% che condurranno al passo da Pieve di Teco, lo stesso versante che fu percorso in discesa alla Milano-Sanremo del 2020, quando il “Mondiale di Primavera” fu traslocato ad agosto a causa della pandemia e a tagliare per primo lo storico traguardo di Via Roma fu uno dei corridori più attesi, il belga Wout Van Aert.
Superata la cima del Colle di Nava il gruppo entrerà in Piemonte percorrendo in veloce discesa l’alta valle del Tanaro, il sesto fiume per lunghezza della nostra nazione, che farà da compagno di viaggio dei “girini” per una quarantina abbondante di chilometri. In questo tratto di strada s’incontrerà per primo Ormea, borgo dalla suggestiva forma di cuore, e successivamente Garessio, località di villeggiatura frequentata anche dagli amanti degli sport invernali, che possono “sfogarsi” sulle piste tracciate fin dagli anni ’60 sul Monte Berlino, cuore della piccola stazione di Garessio 2000, situata presso il valico della Colla di Casotto.
Si lascerà la valle del Tanaro all’altezza del borgo di Ceva per puntare verso un centro caro non solo al Giro ma anche alla Gazzetta della Sport e che non a caso è stato scelto per ospitare il primo dei due traguardi volanti giornalieri. È San Michele Mondovì, paesello natale di Eugenio Camillo Costamagna, il giornalista che il 3 aprile 1896 fondò la Gazzetta assieme al collega Eliso Rivera, con il quale condivise la direzione della Rosea fino al 1898, quando il Rivera fu costretto alle dimissioni dopo esser stato accusato di aver preso parte alla sommossa popolare innescata dal rincaro del prezzo del pane e che sarà soffocata nel sangue dal generale Fiorenzo Bava Beccaris. Qualche chilometro più avanti il gruppo giungerà al cospetto del monumentale Santuario di Vicoforte, edificio segnalato sui principali testi di storia dell’arte per la sua cupola ellittica, la più grande esistente al mondo in tale forma, progettata dall’architetto Ascanio Vittozzi.
Un ultimo tratto in leggera discesa farà da preludio al passaggio del gruppo sulle strade della “Città del Tempo”, com’è stata ribattezzata Mondovì per le numerose meridiane che adornano i palazzi di Piazza, il più alto tra i sei “rioni” che compongono la cittadina piemontese. Mancheranno a questo punto 28 Km all’arrivo, un tratto conclusivo costantemente tracciato in lieve falsopiano ascendente che farà guadagnare nel complesso circa 165 metri di quota, condizioni che non impediranno l’arrivo in volata, anche se il gruppo potrebbe subire – a causa dell’alta velocità – un’inesorabile sforbiciata che porterà gli sprinter più in sofferenza a perdere le ruote del gruppo.
Perché la volata di Cuneo sarà per molti, ma non per tutti.

Mauro Facoltosi

I VALICHI DELLA TAPPA

Colle di San Bartolomeo (tunnel) (340 metri). Vi transita la Strada Statale 28 “del Colle di Nava” tra Chiusavecchia e Pieve di Teco. Si tratta della variante che ha preso il posto della vecchia statale per il Colle di San Bartolomeo geografico, oggi declassata a provinciale. Nel 2020 questa strada è stata percorsa nel senso opposto nel finale della Milano-Sanremo, mentre il Giro d’Italia non vi è mai transitato, anche se era previsto il passaggio nelle fasi iniziali della Imperia – Sant’Anna di Vinadio nel 2001, annullata per la protesta dei corridori in seguito ai fatti del blitz dei NAS a Sanremo, la notte precedente.
Il colle soprastante (621 metri) è stato GPM in tre occasioni, che hanno visto scollinarvi in testa il romagnolo Mario Vicini durante la Torino – Sanremo nel 1938 (vinta dal medesimo corridore), il toscano Franco Bitossi durante la Diano Marina – Torino del 1965 (primo all’arrivo Aldo Pifferi) e il veneto Claudio Bortolotto durante la Imperia – Torino del 1980, terminata con il successo in volata di Giuseppe Saronni.

Colle di Nava (934 metri). Punto più elevato della Strada Statale 28 “del Colle di Nava”, viene superato tra Pornassio e la località Ponte di Nava, frazione del comune di Ormea. Sulle cartine del Giro 2022 è quotato 936 metri. Rispetto al vicino Colle di San Bartolomeo vanta un maggior numero di passaggi della Corsa Rosa, che l’ha inserito per la prima volta nel percorso nel 1949, quando questa salita fu affrontata nel corso della Sanremo-Cuneo (la tappa che precedette di 24 ore lo svolgimento della storica Cuneo-Pinerolo), vinta da Oreste Conte dopo che in vetta al Nava era scollinato in testa il ligure Vittorio Rossello. Il Giro vi tornerà altre sei volte e a conquistarne la vetta saranno il veneto Antonio Bevilacqua nel 1951, il piemontese Giancarlo Astrua nel 1952, il citato Bitossi nel 1965, lo spagnolo Julio Jiménez nel 1966, il romagnolo Guido Neri nel 1968 e lo spagnolo Ángel Arroyo nel 1890. L’ascensione al Nava era prevista anche nella citata tappa del 2001 saltata dopo il blitz dei NAS.

Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).

Cuneo incorniciata dalle Alpi e l’altimetria della tredicesima tappa (www.lastampa.it)

Cuneo incorniciata dalle Alpi e l’altimetria della tredicesima tappa (www.lastampa.it)

CIAK SI GIRO

Non ci sono solo i “coppiani”, i “bartaliani”, i “gimondiani”… e via discorrendo. Anche i grandi registi hanno i loro fan sfegatati e così ci sono, per esempio, gli “argentiani” – che non si perdono un film del maestro del brivido Dario Argento – e gli “avatiani”, il cui idolo è il regista bolognese Pupi Avati. Davinotti, il sito cinematografico che è diventato negli anni un punto di riferimento tra i “cacciatori di location”, ha iniziato la sua attività in tal senso proprio andando a rintracciare e fotografare i luoghi filmati da Avati, che non ha quasi mai tradito la sua terra, eleggendola a luogo prediletto per girarci i suoi film. Ci sono però delle eccezioni e una di queste riguarda il film “Gli amici del bar Margherita”, che Avati ha diretto nel 2009 e che è ambientato interamente a Bologna, anche se del capoluogo emiliano non mostra nemmeno uno scorcio. La città che si vede nel film, infatti, è Cuneo, della quale viene mostrato il Duomo e a più riprese la centralissima Via Roma. E il Bar Margherita, principale set del film e luogo di ritrovo dei protagonisti? No, non è qui, non è nemmeno a Bologna e, anzi, non esiste più. Gli esterni del bar furono, infatti, girati a Roma in uno spazio all’aperto situato all’interno del complesso di Cinecittà, sfruttando una finta strada che era stata realizzata nel 2001 dallo scenografo Luciano Ricceri per il film “Concorrenza sleale” e che, con qualche inevitabile ritocco, l’anno successivo era stata trasformata in una strada della Grande Mela per “Gangs of New York” di Martin Scorsese. Divenuta nel frattempo una tappa dei tour realizzati per i turisti in visita al studi, oggi questa scenografia non è più presente perché recentemente è stata smantellata per recuperare materiale utile a realizzare nuovi set.

Il duomo di Cuneo teatro di un matrimonio ne Gli amici del bar Margherita (www.davinotti.com)

Il duomo di Cuneo teatro di un matrimonio ne "Gli amici del bar Margherita" (www.davinotti.com)

Cliccate qui per scoprire le altre location dei film

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/gli-amici-del-bar-margherita/50014924

FOTOGALLERY

Lo storico rettilineo d’arrivo di Via Roma a Sanremo

Imperia, Duomo di San Maurizio

Salendo verso il Colle di Nava

Lo scollinamento del Colle di Nava

Il fiume Tanaro all’altezza di Ormea

Santuario di Vicoforte

Uno scorcio di Piazza, il centro storico di Mondovì

Cuneo, la centralissima Piazza Duccio Galimberti

OLDANI, ALL IN A GENOVA. VITTORIA PER L’ITALIANO, LOPEZ RESTA IN MAGLIA ROSA

maggio 19, 2022 by Redazione  
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Nella fuga di giornata l’Alpecin Fenix sfrutta la superiorità con tre ciclisti e nonostante la presenza dello spauracchio Van der Poel, è il compagno di squadra Stefano Oldani ad attaccare al momento giusto ed a giocarsi la vittoria in una volata ristretta. Oldani vince sul traguardo di Genova davanti a Lorenzo Rota (Team Intermarchè Wanty Gobert) e Gijs Leemreize (Team Jumbo Visma). Juan Pedro Lopez (Team Trek Segafredo) resta in maglia rosa.

Il Giro d’Italia 2022 supera la metà del guado con la dodicesima tappa da Parma a Genova di 204 km. Si lascia la Pianura Padana per tornare sul Mar Tirreno in una tappa adatta alle fughe. La presenza di tre GPM di terza categoria potrebbe mescolare le carte, nel caso in cui, specialmente nei 50 km conclusivi, a qualcuno venisse in mente di far esplodere la tappa. In particolare il Valico di Trensasco, posizionato ad una trentina di km dall’arrivo, presenta pendenze in doppia cifra ed anche se non supera i 5 km di lunghezza potrebbe ingolosire gli attaccanti di giornata, siano essi fugaioli o uomini di classifica. Dopo la partenza da Parma, dove si segnalava l’assenza di Caleb Ewan (Team Lotto Soudal), erano molteplici gli attacchi per portare via la fuga di giornata. Erano specialmente gli uomini del Team Alpecin Fenix ad attaccare continuamente, con il solito Mathieu Van der Poel molto attivo. Il gruppo però reagiva ed in particolare il Team Groupama FDJ era intenzionato a non lasciar partire nessuno almeno fino al primo traguardo volante di Borgo Val di Taro posto al km 56.9. E infatti proprio Arnaud Demare (Team Groupama FDJ) transitava in prima posizione, aggiudicandosi i 12 punti che rafforzavano ulteriormente il primato del francese nella classifica a punti. Dopo una settantina di km si formava la maxi fuga di giornata che, dopo alcuni ‘risciacqui’, si componeva di 25 ciclisti: Andrea Vendrame (Team AG2R Citroen), Oscar Riesebeek, Stefano Oldani e Mathieu Van der Poel (Team Alpecin Fenix), Valerio Conti (Team Astana), Santiago Buitrago e Sacha Sutterlin (Team Bahtain Victorious), Wilco Kelderman (Team BORA Hansgrohe), Simone Consonni (team Cofidis), Magnus Cort Nielsen (Team EF Education EasyPost), Vincenzo Albanese (Team EOLO Kometa), Lorenzo Rota e Rein Taaramae (Team Intermarchè Wanty Gobert), Pascal Eenkhoorn e Gijs Leemreize (Team Jumbo Visma), Michael Schwarzmann (Team Lotto Soudal), Will Barta (Team Movistar), Davide Ballerini (Team Quick Step Alpha Vinyl), Lucas Hamilton e Matteo Sobrero (Team BikeExchange Jayco), Nico Denz (Team DSM), Bauke Mollema (Team Trek Segafredo), Edoardo Zardini (Team Drone Hopper Androni Giocattoli), Luca Covili e Davide Gabburo (Team Bardiani CSF). Mollema scollinava per primo sul GPM del Passo del Bocco, mentre il gruppo maglia rosa faceva segnalare un ritardo superiore ai 5 minuti. Al successivo traguardo volante di Ferrada posto al km 134.9 era Oldani a transitare in prima posizione. Il gruppo maglia rosa aveva ormai lasciato andare la fuga che ai piedi del GPM de La Colletta aveva un vantaggio che si avvicinava ai 6 minuti. Era Rota che si avvantaggiava nell’ultimo km e andava a scollinare da solo. L’italiano veniva raggiunto in un primo momento da Leemreize e successivamente da Oldani. Il nuovo terzetto in testa alla corsa iniziava la salita verso il terzo ed ultimo GPM del Valico di Trensasco con una ventina di secondi di vantaggio sul resto della fuga, che iniziava a perdere pezzi. Rota scollinava ancora una volta in prima posizione e nella discesa il terzetto di testa cercava di avvantaggiarsi ulteriormente sugli immediati inseguitori che erano Mollema, Buitrago, Kelderman ed Hamilton. A 24 km dall’arrivo Rota, Oldani e Leemreize avevano 40 secondi di vantaggio sul primo gruppo inseguitore. A 10 km dall’arrivo il terzetto di testa aveva ancora 42 secondi sugli immediati inseguitori. A giorcarsi la vittoria di tappa erano ormai quei tre. Nella volata, più che ristretta, Oldani aveva la meglio su Rota e Leemreize mentre quarto era Mollema a 57 secondi di ritardo. Chiudeva la top five Buitrago. Il gruppo maglia rosa veniva regolato da Jacopo Mosca (Team Trek Segafredo) a 9 minuti e 8 secondi di ritardo da Oldani che ottiene la prima vittoria stagionale. Juan Pedro Lopez (Team Trek Segafredo) resta in maglia rosa con 12 secondi di vantaggio su Richard Carapaz (Team INEOS) e Joao Almeida (UAE Team Emirates). Domani è in programma la tredicesima tappa da Sanremo a Cuneo di 151 km. Il Colle di Nava, unico GPM di giornata, sarà affrontato al km 44 e la lunghezza di 10 km potrebbe fare da trampolino di lancio per la fuga di giornata. Dallo scollinamento mancheranno poco meno di 100 km all’arrivo, complessivamente pianeggianti, per cui se le squadre dei velocisti riusciranno ad organizzarsi, potranno favorire il rientro del gruppo sulla fuga e preparare i propri capitani alla volata finale.

Antonio Scarfone

Stefano Oldani vince a Genova (foto:  Tim de Waele/Getty Images)

Stefano Oldani vince a Genova (foto: Tim de Waele/Getty Images)

UNO SGUARDO DAL PONTE

maggio 19, 2022 by Redazione  
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Oggi il Giro tornerà sulla strada dove si consumò la tragedia di Wouter Weylandt per poi, nel finale di gara, affacciarsi dal Ponte San Giorgio di Genova, dove quattro anni fa il crollo del Morandi causò 43 vittime. Sarà una “tappa della memoria” destinata, però, a non lasciare un grosso segno nella storia del Giro 2022. L’organizzazione si è vista, infatti, costretto a togliere dal percorso l’interessante salita al Monte Becco per questioni di sicurezza, trasformando la tappa in una frazione interlocutoria buona per imbastire una fuga da lontano, senza escludere del tutto la possibilità di un epilogo allo sprint nel cuore della “Superba”

Può essere ribattezza la “tappa della memoria” la dodicesima frazione del Giro 2022, entrato nella seconda metà del suo cammino. Oggi si toccheranno luoghi rimasti nel cuore, negli occhi e nella memoria di tutti per due tragedie avvenuto lungo la strada, la drammatica morte del corridore belga Wouter Weylandt durante la terza tappa del Giro del 2011 e il crollo del Ponte Morandi che il 14 agosto 2018 provocò 43 vittime. Nel corso della Parma – Genova, infatti, i corridori percorreranno la discesa del Passo del Bocco dallo stesso versante nel quale perse la vita Weylandt, mentre nel finale ci sarà un breve “sconfinamento” in autostrada per transitare sul nuovo viadotto che ha preso il posto del ponte crollato. Sono i due “pilastri” attorno ai quali è stata “ricostruita” la tappa, che in origine doveva avere un percorso differente e molto più impegnativo rispetto a quello sul quale oggi si troveranno a gareggiare i “girini”. L’organizzazione è stata costretta a togliere dal tracciato l’impegnativa salita al Monte Becco, che si sarebbe dovuta affrontare a ridosso del traguardo e la cui discesa, alla luce dei sopralluoghi di rito sul tracciato, è risultata troppo pericolosa. Si sarebbe potuta farla affrontare al contrario, ma poi è arrivata la proposta delle autorità locali d’inserire nel tracciato il passaggio sul Ponte San Giorgio e così si è preferito rimodulare completamente il finale di una frazione che poteva essere insidiosa per qualche corridore di classifica e invece è divenuta un’altra giornata di trasferimento. L’ultima salita inserita sul tracciato – il Valico di Trensasco – sarà la più impegnativa delle tre che si dovranno superare, ma avrebbe potuto avere un certo peso se si fosse affrontata in prossimità del traguardo e non a una trentina di chilometri dalla conclusione; e così ci saranno buone probabilità di assistere a un arrivo allo sprint, magari non a gruppo compattissimo, anche se l’ultimo chilometro non sarà dei più semplici da gestire per i velocisti e i loro “ultimi uomini” perché tracciato in leggera ma costante ascesa.
Una lieve ascesa caratterizzerà anche la prima parte della corsa che, lasciata Parma, intraprenderà subito la dolce risalita della valle del Taro toccando dopo pochi chilometri dal via la località di Fornovo, sui libri di storia per la celebre battaglia che fu combattuta il 6 luglio 1495 durante la “Prima guerra italiana” tra l’esercito della lega italica e quello di Carlo VIII di Francia, uscito sconfitto dalla tenzone. In un contesto che pian piano si farà sempre più montano si giungerà sulle strade di Borgo Val di Taro, il centro principale della valle, noto ai cercatori di funghi per i suoi porcini IGP e caro anche alla Gazzetta perché vi nacque Bruno Raschi, il giornalista che fu vicedirettore della “Rosea” dal 1976 al 1983, anno della sua prematura scomparso, e al quale dal 2005 è intitolato uno speciale premio letterario che viene assegnato in occasione del prestigioso Premio Bancarella di Pontremoli. Sempre in lieve ma progressiva salita la corsa giungerà sulle strade di Compiano, centro d’aspetto medioevale dominato da un castello appartenuto alla famiglia Malaspina. Dopo Bedonia le pendenze si faranno un po’ più sensibili, anche se si dovranno attendere gli ultimi 6 Km al 4% del Passo del Bocco per parlare di salita vera, seppur facilissima. Raggiunto un valico che, seconda una leggenda metropolitana, avrebbe avuto tra i suoi visitatori il celebre regista Stanley Kubrick (si dice abbia trovato l’ispirazione per “Shining” dopo aver visto l’edificio in abbandono che ospita l’ex collegio estivo della Fondazione Devoto, istituzione creata per provvedere all’istruzione elementare e professionale degli orfani degli italiani emigrati), i corridori con un pizzico di timore imboccheranno la discesa in fondo alla quale undici anni fa trovò la morte Weylandt, corridore che l’anno prima sulle strade della Corsa Rosa si era imposto nella tappa di Middelburg, successo che si era affiancato a quello ottenuto nel 2008 alla Vuelta, sul traguardo di Valladolid. L’incidente avvenne in uno dei tratti meno insidiosi della discesa, dopo che ci si era lasciati alle spalle la parte più tecnica di una planata che ricorda quella del Passo del Turchino, una quindicina di chilometri al 5.6% movimentati da otto tornanti.
Giunti alle porte di Carasco ecco il cambio di percorso rispetto al “progetto” originario di questa tappa, che prevedeva a questo punto di raggiungere la vicina Chiavari e da lì imboccare la Via Aurelia in direzione del capoluogo ligure. I “girini”, invece, svolteranno a destra per imboccare la Val Fontanabuona, celebre per le sue cave di ardesia (Lavagna non è lontana), toccandone dopo pochi chilometri il centro di Cicagna, il principale della valle, presso il quale si trova il Santuario di Nostra Signora dei Miracoli, imponente edificio inaugurato nel 1937 sul luogo di una precedente chiesa, teatro quattrocento anni prima di un prodigioso miracolo che ebbe per protagonista una scolorita statua della Madonna, improvvisamente trasfiguratasi e ravvivatasi nelle tinte. Poco più avanti si toccherà Moconesi, dove è possibile visitare due interessanti musei, uno dedicato ai giocattoli e l’altro alla famiglia paterna di Cristoforo Colombo, originaria di questo luogo. Non è stato soltanto il celebre navigatore ad avere radici ben piantate in Val Fontanabuona, perché da qui partì per emigrare in quella stessa America che Colombo aveva scoperto la mamma di Frank Sinatra, nativa di Lumarzo, il centro dove per il gruppo avrà inizio la seconda delle tre salite di giornata. Sono i 9 Km al 4,3% della Colletta di Boasi (semplicemente segnalata come La Colletta sulle altimetrie ufficiali), corrispondenti alla quasi totalità del versante sudest del celebre Passo della Scoffera. Alle porte di quest’ultimo si svolterà a sinistra per intraprendere la veloce discesa verso la “Grande Genova”, l’entità territoriale venutasi a creare tra il 1874 e il 1926 con la progressione annessione al municipio del capoluogo ligure di 25 comuni dell’entroterra. Il primo tra questi a essere toccato dalla corsa sarà Struppa, presso il quale si possono ammirare l’antica chiesa di San Siro, un tempo annessa a un’abbazia, e uno dei ponti dell’Acquedotto Storico di Genova, oggi non più in funzione e trasformato in itinerario escursionistico che permette di camminare nel canale dove un tempo scorreva l’acqua. Costeggiando il corso del Bisagno – il torrente dal quale partì la disastrosa alluvione che colpì Genova il 4 novembre del 2011 provocando sei vittime e 120 sfollati – si giungerà a San Gottardo, il rione del quartiere Molassana dove inizierà il momento più difficile di questa tappa, la salita verso Trensasco. La pendenza media è del 7.9% e sono poco più di 4 i chilometri che si dovranno percorrere per raggiungere il valico, luogo dal quale parte un sentiero che permette di raggiungere in poco più di un chilometro di faticosa scarpinata il Forte Diamante, uno dei ventidue costruiti sulle alture circostanti Genova per la protezione della “Superba”. Temporaneamente sconfinati nel territorio comune di Sant’Olcese, nel corso della discesa si farà rientro nella “Grande Genova” pedalando in direzione della Val Polcevera, che il gruppo raggiungerà alle porte di Bolzaneto, dove si transiterà ai piedi del Monte Figogna, frequentata meta di pellegrinaggi diretti al Santuario di Nostra Signora della Guardia, costruito sul luogo di un’apparizione avvenuta il 29 agosto 1490 e presso il quale sono apparsi anche i “girini” quando il 22 maggio 2007 vi si concluse una tappa della Corsa Rosa, vinta dallo scalatore pugliese Leonardo Piepoli.
Lasciate le rive del Polcevera, la breve e pedalabile salita verso il quartiere di Borzoli (900 metri al 5.6%) anticiperà di qualche chilometro l’ingresso sull’Autostrada dei Fiori, sulla quale si percorreranno poco più di 2 Km tra gli svincoli “Genova Aeroporto” e “Genova Ovest”, attraversando in questo tratto la galleria che transita nelle viscere della collina di Coronata – che deriva il nome da un santuario situato poco sotto la vetta, uno dei più antichi tra quelli mariani della Liguria – prima di andare a percorrere la carreggiata sud del Ponte San Giorgio, il viadotto progettato da Renzo Piano dopo il drammatico crollo del Ponte Morandi e così battezzato in onore di uno dei quattro santi protettori di Genova (gli altri sono San Lorenzo, San Giovanni Battista e San Bernardo). Si uscirà dall’autostrada percorrendo in discesa la rampa che punta verso l’area del quartiere di Sampierdarena sulla quale troneggia la celebre Lanterna, il faro alto 77 metri che dal 1128 è uno dei simboli di Genova. Da un antico emblema del capoluogo ligure a uno dei suoi simboli più recenti il passo sarà breve e, infatti, subito dopo il gruppo imboccherà la famosa Sopraelevata, la prima strada del genere realizzata in Italia, costruita negli anni ’60 per snellire il traffico nella zona del porto, che i “girini” lanciati verso il traguardo sorvoleranno transitando aerei sopra un’altra creazione di Renzo Piano, che per le Colombiadi del 1992 progettò la ristrutturazione del Porto Antico disegnando l’edificio che ospita il più grande acquario d’Italia, la bolla detta “Biosfera” e il monumento del Bigo. E, come la celebre archistar, a questo punto le squadre dei velocisti staranno gettando le salde fondamenta di una vittoria difficile da conquistare perché da lì a breve le ultime due svolte del tracciato lanceranno verso un chilometro conclusivo in lieve salita, al termine del quale ergere le braccia alte al cielo….

Mauro Facoltosi

I VALICHI DELLA TAPPA

Passo del Bocco (956 metri). È la depressione che separa l’omonimo monte dal Vailera, attraversata dalla SP 26 bis “di Valmogliana” che mette in comunicazione Santa Maria del Taro con Montemoggio. Nei pressi del passo confluiscono altre due rotabili asfaltate provenienti da Borzonasca (attraverso il Passo del Ghiffi, 1068 metri) e da Varese Ligure (passando per il Passo Malanotte, 1050 metri). Non va confuso con un altro quasi omonimo valico ligure, il Passo del Bocco di Bargone (908 metri), valicato da una strada sterrata che mette in comunicazione Bargone con Maissana. Quotato 957 metri sulle cartine del Giro 2011, è stato affrontato sei volte come GPM e una come arrivo di tappa, terminal di una cronoscalata atipica (gli ultimi chilometri erano in discesa) disputata nel 1994, partita da Chiavari e vinta dalla maglia rosa Evgenij Berzin. Gli altri conquistatori del Bocco sono stati lo spagnolo Federico Bahamontes nel 1956 (tappa Rapallo – Lecco vinta da Giorgio Albani), il veronese Flaviano Vicentini nel 1966 (Genova – Viareggio, vinta da Giovanni Knapp), il britannico Robert Millar nel 1987 (Imperia – Borgo Val di Taro, vinta da Moreno Argentin), il portoghese Acacio Da Silva (1991, Sala Baganza – Savona, vinta da Maximilian Sciandri), l’elvetico Steve Zampieri nel 2004 (Novi Ligure – Pontremoli, vinta da Damiano Cunego), mentre nella drammatica Reggio Emilia – Rapallo del 2011, vinta dallo spagnolo Ángel Vicioso, pochi minuti prima del tragico incidente di Weylandt era transitato per primo in vetta al Bocco Gianluca Brambilla.

Colletta di Boasi (tunnel – 642 metri). Quotata 615 sulle cartine del Giro 2022, mette in comunicazione la Val Fontanabuona con la Val Bisagno ed è attraversata dalla SP 77 “di Boasi”, tra l’omonima località e il Passo della Scoffera. Viene affrontata per la prima volta quest’anno come GPM, mentre la poco soprastante Scoffera (674 metri) ha ospitato il traguardo della montagna in quattro occasioni, che hanno visto transitare in testa Aldo Moser nel 1958 (tappa Mondovì – Chiavari, vinta da Silvano Ciampi), Giuseppe Saronni nel 1978 (Novi Ligure – La Spezia, vinta dallo stesso corridore), Flavio Zappi nel 1984 (Lerici – Alessandria, vinta da Sergio Santimaria) e l’elvetico Pascal Richard nel 1994 (Lavagna – Bra, vinta da Massimo Ghirotto), occasione nella quale non si salì fino al valico ma si terminò la scalata all’imbocco della sottostante galleria.

Valico di Trensasco (394 metri). Valicato dalla SP 80 “di Trensasco” tra San Gottardo e Bolzaneto, è quotato 392 sulle cartine del Giro 2022. Il Giro vi è salito due volte, la prima durante la tappa La Spezia – Varazze del 1997 (vinta da Giuseppe Di Grande) e la seconda nel finale della Camaiore – Santuario di Nostra Signora della Guardia del 2007, conquista da Leonardo Piepoli. Soltanto in quest’ultima occasione il passaggio in vetta fu considerato valido come GPM (sulle cartine ufficiali figurava con il nome di Campi, frazione di Sant’Olcese poco sottostante il valico) e fu conquistato da Fortunato Baliani.

Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).

Il nuovo Ponte San Giorgio di Genova e l’altimetria della dodicesima tappa (www.arcadata.com)

Il nuovo Ponte San Giorgio di Genova e l’altimetria della dodicesima tappa (www.arcadata.com)

CIAK SI GIRO

C’è un film totalmente girato all’estero che ha un location in Italia e per ammirarla bisogna recarsi nel porto antico di Genova. A pochi metri dall’acquario progettato da Renzo Piano è, infatti, ormeggiato il Neptune, il vascello realizzato nel 1986 dallo scenografo francese Pierre Guffroy e dal suo collega italiano Bruno Cesari e che rappresentò la principale location di “Pirati”, film che valse al regista franco-polacco Roman Polański ben due “César”, il corrispettivo francese dell’Oscar, uno dei quali assegnato proprio per la scenografia. Realizzato in acciaio e legno d’iroko, il vascello era ed è perfettamente navigante e per questo motivo sarà nel 2011 temporaneamente rimosso dal porto di Genova per esser trasferito sul set di “Neverland – La vera storia di Peter Pan”, miniserie nella quale la nave interpreterà il “ruolo” della Jolly Roger di Capitan Uncino. Se, però, volete “immergervi” nei luoghi dove effettivamente Polański aveva fatto veleggiare il Neptune dovrete precipitarvi all’aeroporto e volare fino alle lontane Seychelles: è sulla spiaggia di Anse Gouvernement, sull’isola di Praslin, che approdano il vascello e il pirata Thomas Bartholomew Red, interpretato da Walter Matthau, l’attore statunitense che due anni più tardi approderà per davvero in Italia per recitare al fianco di Roberto Benigni nel film “Il piccolo diavolo”, campione d’incassi della stagione cinematografica 1988-89. Ironia della sorte, complici anche gli alti costi profusi nella costruzione del vascello, “Pirati” fu invece un autentico flop al botteghino.

Scena di Pirati girata alle Seychelles con il veliero costruito appositamente per il film e oggi ormeggiato nel Porto Antico di Genova (www.davinotti.com)

Scena di "Pirati" girata alle Seychelles con il veliero costruito appositamente per il film e oggi ormeggiato nel Porto Antico di Genova (www.davinotti.com)

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https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/pirati/50009880

FOTOGALLERY

Parma, Palazzo della Pilotta

Borgo Val di Taro vista dal ponte sul fiume Taro

Castello di Compiano

Passo del Bocco

Il muro con il ricordo di Wouter Weylandt nel punto dove il corridore belga perse la vita al Giro 2011

Cicagna, Santuario di Nostra Signora dei Miracoli

La casa natale della famiglia paterna di Cristoforo Colombo (https://storico.beniculturali.it)

La casa natale della famiglia paterna di Cristoforo Colombo (https://storico.beniculturali.it)

Struppa, Chiesa di San Siro

Viadotto dell’antico acquedotto di Genova alle porte di Struppa

Forte Diamante

Santuario della Madonna della Guardia

Santuario di Nostra Signora Incoronata

Ponte San Giorgio

La Lanterna di Genova vista dalla Sopraelevata

Il tratto della Sopraelevata che transita accanto al porto antico di Genova

IL DAINO SFRECCIA PIÙ VELOCE DEL MISSILE, IMPRESA DEL PADOVANO A REGGIO EMILIA

maggio 18, 2022 by Redazione  
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Alberto Dainese (Team DSM) trionfa a Reggio Emilia con una volata sontuosa, il velocista padovano è artefice di un recupero fantastico su Fernando Gaviria (UAE Team Emirates) secondo, e Arnaud Démare (Groupama-FDJ) partito troppo presto sarà sopravanzato in terza posizione anche da Simone Consonni (Cofidis). Leggera variazione in classifica generale con Richard Carapaz (Ineos Grenadiers), che con 3″ di abbuono guadagnati al traguardo volante rosicchia secondi preziosi alla maglia rosa di Juan Pedro Lopez (Trek-Segafredo).

Tappa di trasferimento quest’oggi al Giro d’Italia 2022 da Santarcangelo di Romagna a Reggio Emilia, piatta come il tappeto di un biliardo offre ai velocisti un’occasione ghiottissima per la vittoria di tappa. La fuga della prima ora non tarda a formarsi, ci provano Filippo Tagliani (Drone Hopper – Androni Sidermec) e Luca Rastelli (Bardiani CSF Faizanè) evasi in pratica subito dopo il chilometro zero. Per loro vantaggio massimo di 5’ dopo le prime due ore di corsa, solo a questo punto nel gruppo suona la sveglia, quando, a portarsi in testa sono gli uomini della maglia ciclamino. Al primo traguardo volante transita per primo Tagliani, la volata del gruppo è vinta da Mark Cavendish (Quick-Step Alpha Vinyl), su Giacomo Nizzolo (Israel-Premier Tech) e Arnaud Dèmare (Groupama-FDJ). Il ritmo di chi insegue sale e così il ritardo del gruppo è ora a 4’ per poi, qualche chilometro dopo scendere a soli 2’, è un cambio di passo per portare sia i capitani per la classifica generale sia i velocisti deputati alla volata in testa. La fuga viene così inesorabilmente annullata pochi chilometri dopo il passaggio da Bologna con la Bahrain Victorious, la Cofidis e la Groupama-FDJ a condurre il gruppo. In una tappa così semplice l’unica variabile che può condizionare la corsa è il vento, vento che in questo tratto di corsa c’è ma non spira laterale e non consente di creare ventagli ma solo un generale nervosismo in testa al gruppo. La Ineos si schiera così davanti a proteggere Richard Carapaz, è una mossa, in realtà, studiata con molta probabilità fin dal mattino perché al traguardo volante di San Giovanni in Persiceto l’ecuadoregno transita per primo ben scortato dai suoi compagni che vanno anche a togliere i restanti secondi abbuono, tre secondi quindi guadagnati in classifica generale a 12” dalla maglia rosa. Questa accelerazione in testa miete la prima eccellente vittima, Caleb Ewan (Lotto Soudal) non riesce a tenere la coda del gruppo, solo grazie ad un grande lavoro di Thomas De Gendt e Roger Kluge riesce poco dopo a riportarsi nel plotone, ma sono preziose energie lasciate per strada in vista della volata finale. Subito dopo il cartello che segna 50 Km al traguardo prova un allungo Dries De Bondt (Alpecin-Fenix), per lui vantaggio massimo di 1’:45”. Il belga spinge il rapporto più duro ed inizialmente sembra imprendibile, dietro le squadre devono impegnarsi a fondo, ai meno 40 Km il gruppo si porta a 40”, ai meno 25 Km il gap è di 20”, ad inseguire si portano anche Quick-Step Alpha Vinyl e Team DSM che insieme alla Groupama-FDJ si portano ai meno 4 Km a 15” da De Bondt. Grande prova di forza del belga che viene riassorbito soltanto in vista del triangolo rosso. In testa si porta la Groupama-FDJ per lanciare, ben posizionato è anche Mark Cavendish (Quick-Step Alpha Vinyl) scortato da Davide Ballerini. La volata viene accesa da Dèmare con Fernando Gaviria (UAE Team Emirates) lesto ad affiancare il francese, sembra un affare dei due in un arrivo a loro congeniale, ma da dietro, sulla sede stradale di sinistra spunta come una freccia Alberto Dainese (Team DSM), che svernicia il colombiano e va così a conquistare il primo successo in un grande giro, terzo Simone Consonni (Cofidis), quarto Arnaud Démare (Groupama-FDJ), quinto Caleb Ewan (Lotto Soudal), soltanto sesto Mark Cavendish (Quick-Step Alpha Vinyl). Torna così al Giro la prima vittoria italiana nell’undicesima tappa e fiorisce tutta la classe di Alberto Dainese che siamo certi potrà ancora regalarsi e regalarci emozioni bellissime come quelle vissute oggi. Domani tappa trabocchetto da Parma a Genova, che si presta alle fughe, ma viste le scaramucce di oggi è probabile possa accadere qualcosa anche tra gli uomini di classifica!

Antonio Scarfone

UNA MANO DI PIANURA

maggio 18, 2022 by Redazione  
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Esattamente nel mezzo del cammino del Giro 2022 spunta una bella prateria, l’unica frazione totalmente pianeggiante. Sarà la più lunga – 203 Km spaccati – ma anche la più facile, affrontando la quale bisognerà comunque tenere alto il livello d’attenzione.

Osservare un’altimetria come quella della tappa di Reggio Emilia ha un effetto un po’ straniante. È un po’ come soffermarsi davanti ad una parete totalmente bianca e morire dalla voglia di aggiungerci qualcosa, un quadro, una mensola, una lampada. Lo stesso capita con le tappe totalmente piatte, vere e proprie rarità in un ciclismo sempre più mediatico, che deve sempre escogitare qualcosa per accalappiare l’interesse degli appassionati, che altrimenti potrebbero scegliere di non mettersi davanti alla tv per assistere a una frazione noiosa, di quelle che il gruppo corre con l’unica intenzione di arrivare al traguardo. Così questo tipo di tappe è stato “abbandonato” quasi ovunque e si cerca sempre d’”inquinarne” la purezza della pianura inserendo piccole ascese qua e là, possibilmente in vista del finale. Ma dalla Pianura Padana non c’è tanto da cavar salite e così ecco scodellata una tappa di totale calma piatta, ma non per questo scevra d’insidie. Su percorsi del genere bisogna sempre tenere alta l’attenzione, anche perché l’assenza di asperità invoglia il gruppo all’alta velocità e in tal contesto curve, rotatorie e altre varie ed eventuali possono trasformarsi in trappole. D’altronde cadute, forature e altre sfortune di corsa sono il pane quotidiano del ciclismo e possono tradursi in tempo prezioso perduto in una giornata nella quale non se ne dovrebbe perdere. E poi, anche se oggi si correrà lontano dal mare, bisognerà sempre tenere in considerazione l’eventuale presenza del vento, che negli spazi sconfinati della pianura ha campo libero per le sue scorribande…
Oggi le danze (anzi il “liscio”, visto il profilo altimetrico e la circostanza che si partirà dalle terre natali del popolare ballo) si apriranno a Santarcangelo di Romagna, il centro nel cui castello si consumarono le gesta di Paolo Malatesta e Francesca da Polenta, i peccaminosi cognati che ispirarono a Dante Alighieri il quinto canto dell’Inferno. Lasciato il raduno di partenza ci si allontanerà veloci seguendo la direttrice della Via Emilia, che sarà percora costantemente nei primi 100 Km giungendo ben presto sulle strade di Cesena, dominate dalle basse colline sulle quali troneggiano la Rocca Malatestiana e il complesso abbaziale di Santa Maria del Monte, conosciuto per la sua sterminata collezione di ex voto (quasi 700 pezzi). Le prossime mete dei “girini” saranno i centri di Forlimpopoli, nel cui cuore si può ammirare la Rocca Albornoziana, e di Forlì, all’uscita dal quale sarà certamente in strada ad attendere il passaggio del gruppo Ercole Baldini, il vincitore del Giro del 1958, che abita nella frazione di Villanova, in una villetta dove è anche allestito un museo a lui intitolato. I corridori non avranno certo il tempo per visitarlo perché tireranno dritti sull’antica strada consolare concepita da Marco Emilio Lepido per congiungere in linea retta Placentia con Ariminun, le odierne Piacenza e Rimini. Dopo altri frenetici chilometri di gara – a questo punto potrebbero essere ancora in corso le grandi manovre che anticipano l’avvio della fuga di giornata – il plotone piomberà in quel di Faenza, cittadina celebre per la produzione di ceramiche di pregio, un campionario del quale è visibile nel MIC (Museo Internazionale delle Ceramiche), istituzione importante al punto da esser stata riconosciuta dall’UNESCO nel 2011 “Monumento testimone di una cultura di pace”. Alle soglie del settantesimo chilometro di gara si arriverà quindi in quel di Imola, dove ciclismo e automobilismo – due sport così distanti tra loro – vanno a braccetto sulla pista dell’Autodromo Enzo e Dino Ferrari, che non solo ha ospitato appassionanti edizioni del Gran Premio di San Marino di Formula 1 (l’ultima disputata nel 2006 e vinta da Michael Schumacher) ma anche competizione ciclistiche come due mondiali di ciclismo, nel 1968 e nel 2020, e l’arrivo di diverse edizioni della Coppa Placci, storica competizione uscita dal calendario nel 2010.
Transitati ai piedi del colle di Dozza – il borgo medioevale famoso per i suoi murales moderni – il gruppo tirerà dritto in direzione di Bologna, dove si percorreranno i viali che cingono il capoluogo emiliano sul lato delle colline, andando a sfiorare gli storici Giardini Margherita, 26 ettari di verde che costituiscono il principale parco cittadino, inaugurato il 6 luglio 1879 con l’intitolazione alla Regina Margherita, la consorte del re d’Italia Umberto I°, la stessa sovrana alla quale dieci anni più tardi sarà dedicata a Napoli la più celebre delle pizze.
Dopo il passaggio da Bologna il tracciato abbandonerà la Via Emilia per inoltrarsi nella Pianura Padana in direzione di San Giovanni in Persiceto, centro nel quale si possono ascoltare – presso la collegiata di San Giovanni Battista – i rintocchi della più antica campana esistente in terra bolognese, fusa nel 1318. Si toccherà quindi Crevalcore, cittadina nota agli appassionati di ciclismo poiché dal 2011 al 2019 è stata presenza fissa nel tracciato della Settimana Internazionale di Coppi e Bartali, ospitando arrivi di tappe a cronometro o destinate ai velocisti. Attraversata la vicina Camposanto, nel 1743 teatro di una cruenta battaglia della Guerra di successione austriaca che vide contrapporsi l’esercito austro-piemontese e le truppe spagnole, il percorso dell’undicesima frazione cambierà direzione puntando prima verso Cavezzo e poi su Carpi, dove il gruppo transiterà a due passi dalla centralissima Piazza dei Martiri, sulla quale si affacciano la Cattedrale di Santa Maria Assunta e il Castello dei Pio, complesso composto di più edifici innalzati tra l’XI e il XVII secolo.
Il traguardo finale bussa oramai alle porte e dopo il passaggio da Correggio, paese natale del pittore rinascimentale Antonio Allegri (soprannominato, per l’appunto, il “Correggio”), si faranno più accese le fasi preparatorie di un inevitabile arrivo allo sprint all’ombra del Tricolore, che a Reggio sventolò per la prima volta il 7 gennaio 1797. Storia di 225 anni fa che ha attraversato due secoli e continua a narrare le gesta degli italiani che hanno fatto grande la nostra nazione. E, chissà, magari sarà proprio uno dei nostri a farsi onore su un traguardo caro al Giro anche per un altro fattore: reggiano d’adozione era, infatti, il nizzardo Armando Cougnet, che della Corsa Rosa fu ideatore e primo direttore, dal 1909 fino al 1946 quando, al momento della ripresa dopo il forzato stop della Seconda Guerra Mondiale, decise di lasciare il comando a un promettente e giovane milanese, il ventisettenne Vincenzo Torriani.

Mauro Facoltosi

La pianura reggiana e l’altimetria dell’undicesima tappa (Foto di Sergio Barbieri, www.flickr.com)

La pianura reggiana e l’altimetria dell’undicesima tappa (Foto di Sergio Barbieri, www.flickr.com)

CIAK SI GIRO

Un regista che non ti aspetti. Alzi la mano chi avesse mai sospetto che Liguabue – il cantante, non il pittore – nel suo curriculum non abbia solo pluripremiati album ma anche libri e film. Dei primi ne ha scritti sei e il primo, “Fuori e dentro il borgo”, pubblicato nel 1997, gli consentì di farsi notare anche in quel campo, vincendo subito due premi letterari, tra i quali quello intitolato alla scrittrice romana Elsa Morante. Quel successo, forse insperato anche per lui, lo convinse a fare il passo successivo e a misurarsi come regista per mettere in immagini alcuni dei racconti che componevano il suo libro. L’anno successivo esce così al cinema “Radiofreccia” e il successo stavolta sarà ancora maggiore rispetto a quello riscosso dodici mesi prima perché il “Liga” si porterà a casa un cospicuo bottino di premi: tre David di Donatello, due Nastri d’Argento e quattro Ciak d’Oro, ai quali si affiancherà nel 2006 un prestigioso riconoscimento a livello mondiale quando il suo film sarà trasmesso nientemeno che a New York, in occasione di una rassegna organizzata dal MoMA (Museum of Modern Art). Ispirato da alcuni dei racconti che compongono “Fuori e dentro il borgo”, il film racconta la storia di una radio locale, Radiofreccia appunto, prossima alla chiusura. Per le riprese – che consacrarono ufficialmente Stefano Accorsi tra i grandi attori italiani dopo il successo del precedente “Jack Frusciante è uscito dal gruppo” – la rockstar emiliana scelse le terre che ben conosceva e nelle quali aveva ambientato anche le storie raccontate dal libro: è così, a parte un paio di capatine a Carpi, Reggiolo a Borgoforte, gran parte del film fu girato a Correggio, dove Ligabue era nato il 13 marzo 1960, e diversi scorci della cittadina emiliana si possono ritrovare nel film, dal centralissimo Corso Mazzini – che una ventina di anni prima era stato set del drammatico film di Gianni Puccini ispirato alle vicende degli antifascisti fratelli Cervi – all’ex caserma dei carabinieri, dai quartieri industriali alle campagne circostanti il “borgo” narrato nel libro, velata autobiografia del “Liga”, anche se questi non compare mai, né nelle pagine dell’opera prima, né nel film.

Corso Mazzini di Correggio visto in Radiofreccia (www.davinotti.com)

Corso Mazzini di Correggio visto in "Radiofreccia" (www.davinotti.com)

Cliccate qui per scoprire le altre location dei film citati

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/radiofreccia/50007965

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/i-sette-fratelli-cervi/50023510

FOTOGALLERY

Il castello di Santarcangelo di Romagna

La Rocca Malatestiana di Cesena

La Rocca Albornoziana di Forlimpopoli

Faenza, Museo Internazionale delle Ceramiche

L’autodromo di Imola

Uno scorcio del borgo di Dozza

Il laghetto dei Giardini Margherita a Bologna

San Giovanni in Persiceto, cattedrale di San Giovanni Battista

Carpi, Piazza dei Martiri

Reggio Emilia, Basilica di San Prospero

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