VALVERDE STORY – CAPITOLO 15: VALVERDE SIGNORE IN ROSSO SULLE VERDI CIME
Nell’ultimo decennio della sua carriera, vissuto ad un età alla quale molti corridori appendono la bici al chiodo, Valverde punta tutto sulle classiche ma lascia comunque uno spiraglio aperto anche alla corse a tappe. Non riuscirà più a ripetere l’exploit del 2009, quando si impose alla Vuelta, ma si toglierà comunque ancora belle soddisfazioni salendo in questo periodo per quattro volte sul podio finale alla Vuelta, per una al Tour e per una al Giro, al quale parteciperà per la prima volta in carriera nel 2016. Riuscirà anche a vestire per qualche giorno la maglia rossa di leader della classifica alla corsa spagnola, come fece nel 2014 dopo aver ottenuto sul traguardo delle “Cumbres Verdes” l’unica vittoria di tappa in quell’edizione della Vuelta.
28 agosto 2014 – 6a tappa: Benalmádena – La Zubia (Alto des Cumbres Verdes)
CIME VERDI INEVITABILMENTE A VALVERDE: MA CON CHE ESIBIZIONE!
Sull’alto de Cumbres Verdes bastano tre km per sparpagliare il gruppo e mettere in fila, in tutti i sensi, i migliori. La sorpresa è che tanto la selezione quanto il colpo di fioretto finale portano la firma di uno stesso atleta: il “gregario” Valverde. I reduci del Tour Froome e Contador gli stanno addosso, più opachi “Purito” e Quintana. Bene Aru.
Tappa riduzionista: una sola salita di rilievo nel finale, e pure corta. Una fuga minimalista, a due, che prende il largo: protagonisti ne sono una coppia di cocciuti dell’evasione come Mas Bonet della Caja Rural, pure a caccia di punti per la maglia a pois blu di miglior scalatore, e Pim Ligthart della Lotto. Applausi a entrambi per aver avuto l’ardire di scappare soli nell’ardente campagna andalusa, e specialmente all’olandese, capace di resistere, seppur illusoriamente, all’arrembaggio del gruppo nel primo km dell’ultima salita.
Bravi nell’accumulare il più ampio vantaggio mai raggranellato fin qui da una fuga durante questa Vuelta, però la montagna di minuti verrà sminuzzata in un pulviscolo di secondi da un gruppo che nel finale appare travolgente, sotto la spinta di Garmin prima – per Daniel Martin – e Katusha poi, ovviamente per “Purito”, con la collaborazione dell’Orica che fa pure un pensierino a Chaves. Risultato: un vero tornado, come la tromba di sabbia che saluta il passaggio del gruppo (“in un vortice di polvere gli altri vedevan siccità”…, da “Il Suonatore Jones” di Fabrizio De Andrè). Tendenti all’insignificante anche i primi allunghi dalla testa del gruppo una volta imboccata la salita finale, di Le Mevel prima e Bennett poi.
Veniamo al dunque, allora, e “il dunque” ha nome e cognome: Alejandro Valverde. Il murciano si mette in testa al gruppo e comincia a scandire un ritmo satanico. Diavolo verde! L’azione, intensa e regolare, ricorda quella del Giro dei Paesi Baschi, conclusasi allora con il contropiede beffardo subìto da parte di Contador.
Il gruppo, fino a quel punto piuttosto corposo, inizia a sfaldarsi, a sgretolarsi, a ridursi ai minimi termini. L’opera di gregariato per Quintana appare chiara, ma le centinaia di metri trascorrono, duramente, e non ci sono attacchi. Certo, i crolli non mancano: il lavoro della Garmin (Talansky – pure lui ormai fuori classifica – incluso), svanisce nel nulla di un Daniel Martin in difficoltà su un arrivo in teoria a lui adatto, fino a chiudere con un minuto di distacco… accumulato in un paio di km! Dietro Martin arriva Urán, lontano come tutto il suo team dai fasti del Giro. Evans fa un altro passo verso il ritiro, la grinta nulla può contro l’anagrafe. Van den Broeck allo sbando.
Limiteranno i danni Gesink, Barguil, Pardilla… Ma di fatto alla flamme rouge ci arrivano in testa solo nove atleti: oltre a Balaverde ci sono i quattro massimi pretendenti alla Vuelta, ovvero i due fenomeni convalescenti Contador e Froome, Quintana voglioso di conferme e Joaquim Rodriguez affamato di rivincita. Poi un Dani Navarro anch’egli respinto con violenza dal Tour (sarà una formula vincente per la Vuelta, questa di lasciare il Tour a metà?), e i promettentissimi gioiellini Aru e Chaves.
Una selezione devastante.
Froome che si aggirava a fondo gruppetto mette il naso avanti, ma senza convinzione, Contador sembra titubante, Quintana fermo come una sfinge, ai -700 metri non poteva che partire “Purito”. L’accelerazione è secca, ma non abbastanza: Valverde, proprio lui, chiude. La ruggine tra i due è troppa perché il catalano possa decidere di portarsi al traino il suo passato capitano per poi regalargli tappa e maglia e l’azione sfuma, mentre da dietro si riporta sotto Froome.
Rimangono solo “i magnifici cinque” (Chaves e Aru, nell’ordine, hanno comprensibilmente ceduto alla serie di fiammate) ma Quintana appare, a sorpresa, in difficoltà.
La meta si avvicina, e con essa la sensazione, in tutti, che Valverde sprizzi forza da tutti i pori. Dalla testa del gruppetto, da un posto “da gregario”, lancia ai -200 metri una lunghissima progressione che smonta ogni resistenza. Froome prova a riportarsi sotto da dietro, Contador gli morde la ruota a denti stretti, in un’immagine che ricorda il Delfinato, ma Valverde ha tempo perfino di esultare, concedendo alla coppia di avversari di tagliare il traguardo con il suo stesso tempo.
“Purito” a nemmeno dieci secondi (ma su una cima che sarebbe stata perfetta per lui), Quintana a dodici, Valverde in rosso. Strepitoso.
Vero è che su pendenze siffatte l’effetto della scia è ridotto se non perfino nullo (si saliva a tratti intorno ai 15km/h), il che riduce l’essenza del lavoro di “gregariato” svolto, ma vedere il medesimo corridore fare una selezione secca, chiudere su uno scatto a tutta, riportarsi in testa e prendersi d’autorità la tappa è stato uno spettacolo.
Tappa minima, ma quanta azione in soli tremila metri. E siamo solo all’inizio.
Gabriele Bugada

Valvede trionfa nel primo traguardo di montagna della Vuelta 2014 (foto Bettini)
VALVERDE STORY – CAPITOLO 14: DALLE CLASSICHE ALLA CLÁSICA
Non ci sono solo Freccia e Liegi nel palmares di Valverde. L’Embatido ha all’attivo anche due edizionI della classica di casa, anzi la “Clásica” per antonomasia, quella che tutti gli anni va in scena subito dopo la conclusione del Tour de France sulle tortuose strade dei Paesi Baschi. È l’unica corsa in linea spagnola inserita nel calendario UCI World Tour, che raggruppa le più importanti competizione ciclistiche professionistiche della stagione: come ricordato il murciano l’ha vinta due volte, espugnando il traguardo di San Sebastián prima nel 2008 e poi nel 2014. Riviviamo quelle due edizioni della corsa iberica prendendo inoltre l’occasione per ricordare ancora un volta Davide Rebellin, che nel 2008 fu tra i protagonisti della gara.
Clásica di San Sebastián 2008
ITALIA-SPAGNA: ATTO PRIMO
A San Sebastian Valverde imprime il suo sigillo a sette giorni dall’appuntamento olimpico, confermando i pronostici. Corsa dura fin dai primi chilometri e ottime impressioni da parte degli azzurri Bettini e Rebellin. Bene anche gli altri nazionali eccetto Cunego che soffre ancora per la caduta al Tour. Domani la partenza per Pechino da Fiumicino.
La storia degli ultimi anni si ripete: quando si tratta di grandi appuntamenti i protagonisti sono immancabilmente gli italiani e gli spagnoli. Così oggi nello scenario della classica di San Sebastian si è assistito al guanto di sfida tra l’asse italo-ispanico con la promessa di regolare i conti tra 7 giorni a Pechino per una posta in gioco, con rispetto parlando nei confronti di questa Classica, molto più prestigiosa.
Alla partenza questa mattina c’erano tutti, la crema del ciclismo internazionale senza distinzione tra corridori specializzati in corse in linea e corridori da corse a tappe. Tutti lì per studiarsi, scrutare ogni sguardo di fatica, ogni smorfia, ogni sorriso. E come se non bastasse, la corsa non ha fatto altro che mirare i riflettori sui big dimenticandosi di gregari e seconde linee. Due scatti nei primi trenta chilometri hanno decretato la trama della gara, una sentenza che escludeva dalle proprie attenzioni chi non era al top della condizione. Quaranta corridori al comando, tutti i favoriti, tutti i convocati nelle rispettive nazionali.
Dietro il gruppo che, orfano delle sue perle più pure, opta per il ritiro; forse per demoralizzazione, forse per l’andatura insostenibile. Il primo nome illustre a rimetterci è Carlos Sastre, troppo stanco per i criterium celebrativi post tour o semplicemente soddisfatto di svettare sui Campi Elisi.
L’alto de Jaizkibel, la solita più dura del percorso, differentemente dagli anni scorsi non è campo di battaglia ma ugualmente emette un duro giudizio: sulle prime rampe l’azzurro Damiano Cunego, reduce, ricordiamo, di una brutta caduta nell’ultima settimana del Tour de France perde definitivamente contatto dal gruppo lasciando il c.t. Ballerini e i sostenitori della squadra azzurra con un grosso punto interrogativo sulla sua presenza come titolare in Cina.
Come si diceva, lo Jaizkibel partorisce soltanto un timido tentativo del russo Kolobnev, subito rintuzzato da una Quick Step compatta (infatti è una delle formazioni insieme a Liquigas e Caisse d’Epargne meglio rappresentate).
La battaglia è semplicemente posticipata all’inedita breve salita dell’alto de Arkale. A dare inizio al banchetto il bielorusso Siutsou, un aperitivo che anticipa la portata più deliziosa. Al convivio infatti non si fanno attendere gli ospiti più nobili, ovvero i tre moschettieri Bettini, Rebellin e Valverde.
Il primo atto del duello Italia-Spagna datato 2008 può avere inizio. Quante volte nel recente passato ciclistico queste due nazioni si sono presentate sulla carta come le dirette avversarie nei pronostici. Una rivalità che ha inizio ad Atene 2004, ghiotto ricordo per noi italiani, che prosegue col Campionato del mondo a Verona sempre nel 2004, questa volta delizia degli spagnoli; senza poi scordare gli appuntamenti di Madrid, dove in casa loro non siamo riusciti a restituire lo sgarbo subìto l’anno precedente, di Salisburgo (ritornano i bei ricordi) e infine Stoccarda (un altro epilogo da sogno per noi). Insomma una guerra, ciclisticamente parlando all’ultimo mondiale e all’ultima Olimpiade. E’ buffo pensare che il grande protagonista, nonché giustiziere italiano sia sempre stato Bettini mentre dall’altra parte le carte nel mazzo erano diverse: Freire, Sanchez, Valverde.
E anche oggi, al di là del contesto due ruote sembrava più una faccenda tra nazionali che tra campioni di team diversi (ammettiamolo che abbiamo ancora sullo stomaco la partita di calcio ai recenti Europei). Stoccate da parte della Spagna e risposte da parte dell’Italia.
Bettini allunga, Valverde risponde insieme a Rebellin. Bettini ci riprova e dietro Contador va fuori combattimento. Valverde affonda Italia risponde.
Samuel Sanchez scollina per primo e promuove un’interessante azione a cinque che fa ben sperare fino al traguardo. Ancora una volta Spagna ( Sanchez e Valverde) contro Italia (Bettini e Rebellin). A fare l’intruso è il francese Moncoutie che, stanco della parte da co-protagonista decide di sua iniziativa di provare ad allungare, certamente non disprezzando la compagnia di un Rebellin in forma straordinaria.
La corrida Caisse d’Epargne non lascia molto spazio e c’è il ricongiungimento ai 4.6km all’arrivo.
Una serie di scatti ancora prima del gran finale: Menchov prima, Popovich e ancora Rebellin poi.
Ultimo chilometro e ultimo tentativo per il francese solitario Moncoutie, questa volta senza compagnia. È volata, è ancora Italia-Spagna, è ancora Bettini-Valverde. La sfida questa volta si risolve per lo spagnolo, troppo lontano per un recupero di Bettini. A separare i “litiganti” Kolobnev. L’Italia fa buon riso a cattivo gioco (tre azzurri nei primi cinque). Valverde vince, la Spagna vince, l’Italia perde la battaglia, è solo l’atto primo, i Giochi devono ancora iniziare.
Chiara Sironi
Clásica di San Sebastián 2014
A SAN SEBASTIAN RISORGE VALVERDE
Il murciano riscatta la delusione del 4° posto al Tour nella corsa basca, andandosene da solo nell’ultima discesa e bissando il successo del 2008. Decisiva la nuova salita di Bordako Tontorra. Piazza d’onore a Mollema, che regola Rodriguez e Nieve in uno sprint a tre. Buone prove di Visconti e De Marchi, attivi sul Jaizkibel e sull’ascesa conclusiva.
Non basterà a cancellare l’amarezza per il mancato podio al Tour de France, ma l’assolo con cui Alejandro Valverde ha messo la firma sulla seconda Clásica San Sebastian in carriera può quantomeno restituire il sorriso al grande sconfitto dell’ultima Grande Boucle, ritirati a parte. Una vittoria figlia della grande condizione lasciata in eredità dal Tour, ma anche di uno di quegli slanci di intraprendenza che di tanto in tanto l’ex Embatido si concede, raccogliendo quasi sempre più di quanto non gli regalino le ormai celeberrime condotte ultra-attendiste.
Certo, l’attacco di Valverde non passerà alla storia come un atto di follia sportiva: rimasto al coperto fino all’ultima scalata, il murciano si è mosso soltanto su sollecitazione di Joaquim Rodriguez, perdendo dopo qualche centinaio di metri la scia del connazionale, ma riacciuffandola giusto in cima, quando un replay degli ultimi Lombardia sembrava ormai imminente. La personalità con la quale il vincitore dell’edizione 2008 ha rinunciato ad aspettare la volata, magari facendosi poi uccellare da un tentativo all’ultimo chilometro, ignorato a favore della solita ricerca di una ruota da succhiare, ha lasciato però spiazzati.
Per la Movistar, formazione tante volte criticata per carenza di audacia, al pari del suo capitano, si è trattato di un successo ampiamente meritato, giacché è stata proprio la squadra di Unzue ad imporsi al comando del gruppo nelle battute iniziali, e ad accendere la corsa già in occasione del secondo ed ultimo passaggio sull’Alto de Jaizkibel. Ormai relegata al ruolo di terzultima salita, ad oltre 50 km dal termine, l’ascesa simbolo della Clásica ha visto entrare in azione Giovanni Visconti, evaso dal gruppo quando in testa, con pochi metri di vantaggio, pedalava David Lopez Garcia, a sua volta scattato poco dopo la neutralizzazione della lunga fuga solitaria di Txurruka, in avanscoperta dall’inizio.
Al siciliano si sono accodati altri due azzurri, Montaguti e De Marchi, e il terzetto non ha avuto difficoltà a riportarsi sul battistrada, scollinando con 14’’ su un neonato trio di contrattaccanti (Bakelants, Losada e Ten Dam) e 26’’ sul plotone.
I due drappelli all’attacco si sono fusi nella susseguente discesa, riuscendo ad accumulare anche un vantaggio massimo superiore ai 40’’, ma l’assenza di uomini Orica e Trek è risultata fatale alle sorti del tentativo. Una coalizione delle due compagini ha infatti vanificato l’azione alle pendici dell’Alto de Arkale, quando Gerrans ha lanciato una decisa ma infruttuosa offensiva di Albasini, raggiunto prima della cima.
Con Gilbert e Sagan saliti in ammiraglia attorno a metà gara, e la nuova ascesa di Bordako Tontorra a pochi chilometri dal traguardo (la classica rampa al 20% che sembra ormai essere obbligatoria in ogni corsa su suolo iberico, benché il risultato sia quasi sempre quello di neutralizzare la gara fino al muro), Purito Rodriguez ha sniffato l’occasione, ordinando ai suoi di mettere in fila il gruppo e riportare nei ranghi Grivko, firmatario di un tentativo senza speranza nella discesa dell’Arkale.
All’imbocco dell’erta finale, è stato in realtà Kolobnev, la seconda punta Katusha, il primo a muoversi, trovando la risposta prima di Albasini, poi di Nieve, infine di un quintetto composto da Slagter, Van Avermaet, Mollema e i soliti Visconti e de Marchi. Il basco della Sky è parso subito il più brillante, riuscendo a prendere il comando solitario della gara a 700 metri circa dall’ultimo scollinamento. Nel tratto più duro, però, è arrivato l’atteso attacco di Purito, seguito all’istante da Valverde. Il murciano – come detto in apertura – ha perso per un istante il treno di Rodriguez, ma l’ultimo sforzo, in vista della vetta, gli è valso il rientro sul catalano e la conquista dei galloni di naturale favorito della gara.
Come i trascorsi non idilliaci tra i due spagnoli lasciavano immaginare, la collaborazione nella coppia di testa non è stata ottimale, tanto da consentire a Simon Yates, Nieve e Mollema di rifarsi sotto, minacciando di scompaginare i piani di Valverde. È stato allora, a 4 km dal termine, che il murciano ha raccolto il coraggio a due mani e ha fatto la sua mossa, cogliendo impreparato Rodriguez, e approfittando di un rallentamento tra gli inseguitori, provocato dalla rovinosa scivolata di Yates.
La superiorità numerica non è bastata agli altri tre a ricucire, e anzi è stato proprio Valverde a guadagnare nel brevissimo tratto pianeggiante finale, potendosi così concedere quell’arrivo in parata al quale aveva dovuto rinunciare nel 2008 (vittoria in volata su Kolobnev e Rebellin).
14’’ dopo l’arrivo del vincitore, Mollema ha regolato Rodriguez e Nieve nello sprint dei più immediati inseguitori, mentre Tony Gallopin è andato a completare la top 5, dopo ulteriori 12’’, anticipando Vanendert e Zubeldia, incredibilmente riuscito anche in una gara di un giorno nel suo marchio di fabbrica: un piazzamento nei 10 senza mai offrire alle telecamere un pretesto per inquadrarlo.
Benché da San Sebastian in avanti, abitualmente, ogni considerazione tenga conto dell’avvicinarsi dell’appuntamento mondiale, la gara odierna sembra aver fornito indicazioni utili soprattutto in chiave Vuelta. In tal senso, è la prova di Joaquim Rodriguez a risultare particolarmente interessante, forse ancor più di quella di un Valverde che sfrutta i benefici del Tour. La condizione di Purito, che alla Grande Boucle ha pagato le ovvie conseguenze della caduta al Giro, appare in costante miglioramento, e il tracciato dell’ultimo GT stagionale si presenta, sulla carta, ideale per esaltare le qualità del catalano. Pur in presenza di Froome e Quintana, la chance di interrompere la catena di piazzamenti sulle tre settimane e cogliere un risultato pieno sembra ghiotta. A 35 anni, forse, sarà anche l’ultima.
Matteo Novarini

La volata vincente di Valverde sul traguardo di San Sebastián nel 2008, quando precedette il russo Kolobnev e Rebellin, che vediamo all’estremità destra della foto (foto Bettini)
VALVERDE STORY – CAPITOLO 13: FRECCIA VALLONE, ARRIVA LO TSUNAMI VALVERDE
Valverde ritrova il feeling con la Freccia otto anni dopo la sua prima vittoria alla classica vallone e si impone con un leggero margine di vantaggio sugli avversari in vetta all’arcigno muro di Huy. Ancora non potevamo saperlo, ma sarebbe stato l’atto d’apertura di un vero e proprio tsunami murciano che si abbatterà sulla Freccia Vallone per quattro anni filati, spazzando via tutti i record di vittorie in carica.
HUY, C’EST MOI… ALEJANDRO!
Alejandro Valverde fa sua per la seconda volta la Freccia Vallone dopo 8 anni, con una sparata negli ultimi 300 metri alla quale devono arrendersi un redivivo Daniel Martin ed un ancora troppo inesperto Kwiatkowski. Una fuga a tre caratterizza la corsa che si scalda negli ultimi 30 km. “Dani” Moreno e Philippe Gilbert grandi delusi di giornata, mentre per l’Italia si segnala un dignitoso 14° posto di Vincenzo Nibali ed una sfortunata caduta di Damiano Cunego, che lo esclude dalla bagarre finale. Domenica degna conclusione della Settimana delle Ardenne con la 100° edizione della Liegi-Bastogne-Liegi che, in considerazione delle ultime uscite, schiererà sicuramente una nutrita schiera di favoriti.
Dopo l’affermazione nel 2006, Alejandro Valverde vince la 78° edizione della Freccia Vallone grazie ad un scatto giusto al momento giusto sull’ultima delle tre ascese al Muro d’Huy. Dopo aver vinto già in questa stagione la Vuelta a Andalucía, la Vuelta a Murcia e la Roma Maxima, il murciano della Movistar si aggiudica la corsa intermedia della settimana delle Ardenne, iniziata domenica 20 Aprile con l’Amstel Gold Race e che si concluderà domenica 27 con la Liegi Bastogne Liegi, sfruttando nel migliore dei modi il grande lavoro della sua squadra. Nella cronaca della corsa si sviluppava dopo pochi chilometri dal via da Bastogne la fuga di giornata, comprendente Jonathan Clarke (UnitedHealth), Preben Van Hecke (Topsport Vlaanderen) e Ramunas Navardauskas (Garmin), il cui vantaggio non superava mai i 7 minuti, poichè il gruppo controllava il tentativo alternando in testa le squadre degli uomini più attesi. Così, il primo dei tre passaggi sul Muro di Huy, ai meno 86 km dall’arrivo, vedeva un vantaggio già inferiore ai sei minuti. In testa al gruppo faceva l’andatura la Trek in appoggio del capitano Frank Schleck. Le “côtes” da scalare – in totale 11 – rendevano la corsa interessante anche perché erano posizionate nella seconda parte del percorso. Ai meno 50 era la Lampre di Cunego a dare un’ulteriore sferzata in testa al gruppo, che guadagnava in poco tempo oltre un minuto sui tre di testa. Durante l’ascesa verso la Côte de Bousalle, ai meno 47, Clarke alzava bandiera bianca e la fuga si riduceva a sole due unità. Negli ultimi 30 km si concentravano le fasi calde della corsa: era la Movistar ad aumentare il ritmo sulla Côte d’Ahin e a far scendere ulteriormente il vantaggio della coppia di testa, ora a meno di tre minuti dal gruppo. Prima del penultimo passaggio sul Muro di Huy, di nuovo Trek e Lampre si facevano vedere nelle prime posizioni, dando man forte alla Movistar e alla Katusha. Piuttosto passiva, invece, era la BMC di Philippe Gilbert, quasi mai nel vivo della corsa. Attiva anche l’Europcar, che animava proprio il penultimo passaggio sul Muro d’Huy, ai meno 25: prima Rolland e poi Gautier scattavano e quest’ultimo in particolare riusciva a scollinare per primo all’inseguimento di Navardauskas e Van Hecke, distanti ormai non più di una trentina di secondi. Era, però, pronta la reazione, in particolare, di Katusha e Movistar, che mettevano alcuni uomini alle spalle del coraggioso francese, tra i quali Kolobnev, Caruso e Herrada López. Gautier veniva, infine, raggiunto ai meno 20. La Côte d’Ereffe, ai meno 11, dopo che Navardauskas prima e Van Hecke dopo venivano raggiunti, vedeva gli ultimi attacchi in testa al gruppo. Era prima Chris Anker Sørensen (Tinkoff Saxo) e poi Jérémy Roy (FDJ) a tentare rispettivamente l’attacco, ma in entrambi i casi era prima la Katusha e poi l’Orica GreenEDGE a rinvenire sugli attaccanti. A circa tre chilometri dall’arrivo, annullati tutti i tentativi, il gruppo si presentava ormai compatto, composto di una quarantina di atleti, ai piedi del Muro Di Huy. Una caduta metteva, però, fuori gioco Damiano Cunego, che ‘scodava’ più per disattenzioni proprie che per colpa di altri ciclisti, trascinando con sè “Purito Rodríguez (già piuttosto dolorante dopo la caduta nell’Amstel Gold Race), Fränk Schleck e Pieter Weening. La bagarre intanto era iniziata in testa al gruppo, che aveva iniziato la scalata finale al Muro di Huy. Gastauer (AG2R) provava ad anticipare tutti, ma veniva in breve tempo risucchiato dal gruppo. Era allora Bauke Mollema ad imprimere un bel ritmo, mentre il polacco Michal Kwiatkowski era alle sue spalle in rampa di lancio: il suo scatto avveniva, a tutta birra, a 500 metri dall’arrivo ma, come per l’Amstel, il troppo ardore, unito ancora all’inesperienza per questo tipo di finali, tradivano il giovane polacco che veniva raggiunto e superato da un redivivo Daniel Martin. Ma da dietro, con uno scatto ancora più incisivo, era Alejandro Valverde che ai meno 300 metri sverniciava l’irlandese ed andava a trionfare a braccia alzate sotto il traguardo. Chiudevano la top five Bauke Molelma in quarta posizione e Tom-Jelte Slagter in quinta. “Dani” Moreno e Philippe Gilbert, grandi attesi della vigilia, dovevano invece accontentarsi rispettivamente di un anonimo nono e decimo posto. 14mo e primo degli italiani si classificava Vincenzo Nibali, a dimostrazione che il lavoro svolto in altura potrà sicuramente giovargli nella Liegi-Bastogne.Liegi di domenica prossima, corsa che si adatta meglio alle sue caratteristiche e che resta aperta a molte soluzioni. Lo stesso Valverde può a ben vedere essere considerato un favorito, così come Daniel Martin che sembra essere tornato in buone condizioni ed è anche il detentore della ‘Decana’. Appuntamento quindi a domenica 27 Aprile per l’ultimo atto della settimana delle Ardenne, prima che Giro di Romandia e Giro d’Italia calamitino le attenzioni degli appassionati di ciclismo.
Giuseppe Scarfone

Valverde in cima al muro di Huy, a pochi passi dalla sua seconda Freccia Vallone (foto Tim de Waele/TDW Sport)
VALVERDE STORY – CAPITOLO 12: GLADIATORE PER UN GIORNO DOPO UN 2013 DA DIMENTICARE
Se la Vuelta del 2012 aveva riportato il sorriso sul volto di Valverde, diversamente le cose sarebbero andate nel 2013, che lo vede ancora sconfitto alle classiche alle quali tanto punta. Dopo aver vinto per il secondo anno consecutivo la Vuelta a Andalucía (suo secondo e ultimo successo stagionale), si schiera al via delle tanto attese corse del nord dove colleziona un comunque prestigioso secondo posto all’Amstel, un settimo alla Freccia e un terzo alla Liegi. Fallisce l’obiettivo Tour dopo aver perso quasi nove minuti dai migliori nella tappa di Saint-Amand-Montrond a causa del vento, fatto avvenuto nel momento nel quale era secondo in classifica. Un pochino meglio va alla Vuelta che non lo vede mai vincitore di tappa, ma almeno riesce a salire sul gradino più basso del podio a 1’36” dallo statunitense Chris Horner e terzo concluderà due settimane più tardi anche il mondiale di Firenze, penalizzato dalla lotta fratricida con il connazionale Joaquim Rodríguez, che finirà per favorire la vittoria del portoghese Rui Costa. Bisognerà attendere il 2014 per vedere il murciano cominciare a risalire la china, anche se da quel momento in poi – complice un’età non più verdissima – la sua carriera lo vedrà cogliere più soddisfazioni nelle corse di un giorno. In attesa della Freccia, che da quell’anno monopolizzerà per ben quattro edizioni consecutive, l’Embatido decide di venire a correre in Italia dove, dopo il terzo posto alla Strade Bianche, porta a casa la vittoria all’ombra del Colosseo nella Roma Maxima.
LA VENDETTA MAXIMA DI VALVERDE
Lo spagnolo si aggiudica la vittoria della Roma Maxima con un attacco a 40 chilometro dal traguardo, Quintana lancia il compagno di squadra, Pozzovivo da il colpi di frusta decisivo e poi aiuta lo spagnolo a mantenere il vantaggio pur non avendo speranze in volata. Dopo la mezza delusione di ieri Valverde centra la vittoria in una corsa incerta fino agli ultimi metri
La Roma Maxima ha visto l’attacco vincente di uno degli uomini più attesi, Alejandro Valverde, che non è affatto partito a sorpresa. I Campi di Annibale rappresentavano il punto dove lo stesso Valverde aveva dichiarato di voler provare a dare la svolta alla corsa.
Dopo il deludente terzo posto di ieri in una corsa in cui era il favorito numero uno, lo spagnolo riesce ad aggiudicarsi una corsa adatta alle sue caratteristiche, ma molto incerta per la distanza tra l’ultima salita e l’arrivo di Roma.
Favoriti erano, infatti, uomini con diverse caratteristiche; in caso di arrivo in volata Modolo e Colbrelli apparivano i più quotati, mentre, in caso di crisi dei velocisti in salita, le possibilità si spostavano su Ratto, Gilbert, Pozzato e appunto Valverde.
Il nostro Pozzovivo, invece, è apparso il più brillante in salita, ha contrattaccato nel durissimo tratto finale dei Campi di Annibale, riuscendo anche a staccare Valverde di qualche metro. E’ stata di fatto proprio l’accelerazione di Pozzovivo a creare il buco decisivo in prossimità del GPM, Valverde è riuscito a contenere il distacco in pochi metri e, dopo lo scollinamento, è riuscito agevolmente a riportarsi sullo scalatore Lucano.
Nel finale, abbiamo visto Valverde molto attivo nel tentativo di conservare il vantaggio sul gruppo ma bisogna dire che, contrariamente a quanto si poteva pensare, Pozzovivo ha fatto la sua parte, determinante per la buona riuscita dell’attacco.
La corsa è stata caratterizzata da una fuga partita nei primi chilometri di gara ed esauritasi definitivamente proprio sulle prime rampe della salita dei Campi di Annibale, grazie al lavoro in testa dei Movistar che hanno voluto portare il capitano Valverde in testa alla corsa nel punto prescelto per sferrare l’attacco.
Il primissimo tentativo è stato dell’uomo di casa Pirazzi che, però, non è riuscito a guadagnare più di 11 secondi. Quando il gruppo si riporta sul laziale, cominciano gli scatti in testa finchè non se ne vanno in sette: Thomas Damuseau (Giant Shimano), Matthias Brandle (IAM Cycling), Niccolò Bonifazio (Lampre Merida), Daniel Teklehaymanot e Dennis Van Niekerk (MTN Qhubeka), Ben Gastauer (Ag2r-La Mondiale) e Kiel Rejnen (Unitedhealtchcare). Il gruppo lascia fare e gli attaccanti riescono in breve a conseguire un vantaggio considerevole che arriva a sfiorare i 7 minuti.
Quando mancano ancora poco meno di 150 Km alla conclusione, la Movistar si pone in testa al gruppo ed il vantaggio dei fuggitivi cominicia pian piano a scendere: a 70 Km dall’arrivo è di 3 minuti e mezzo, mentre alcuni atleti perdono contatto dal gruppo.
Nella fase di avvicinamento alla salita di Rocca Priora, i Movistar rallentano leggermente ed il vantaggio dei fuggitivi torna a salire. Tuttavia, nel corso dell’ascesa passano i testa gli uomini della Bardiani che impongono un ritmo altissimo che provoca il crollo del vantaggio dei fuggitivi, fino a farlo scendere sotto il minuto ai 50 dall’arrivo.
Vedendo che il vantaggio è in costante calo, Gastauer tenta di allungare nell’ultimo chilometro della salita verso Rocca Priora; l’accelerazione consente al corridore dell’Ag2r-La Mondiale di guadagnare dapprima qualche metro poi, man mano, sempre di più sugli ormai ex compagni d’avventura. Il tentativo di Gastauer non appare, però, credibile sia in considerazione dell’esiguità del vantaggio sul gruppo, sia per via dei chilometri ancora da percorrere che non favoriscono certa la marcia di un corridore solitario.
Sulle prime rampe della salita dei Campi di Annibale, quando mancano ancora quasi 40 Km all’arrivo, allunga Alejandro Valverde, prima in modo timido poi più deciso ed il gruppo inizia a sfilacciarsi, mentre gli immediati inseguitori di Gastauer vengono ripresi.
Poco dopo il primo tentativo di allungo di Valverde, parte al contrattacco Nairo Quintana cui si accodano immediatamente Pirazzi e Pozzovivo, mentre nel gruppo è piena bagarre; il colombiano della Movistar continua a dettare un ritmo infernale e i velocisti rimangono attardati.
Nel momento in cui battistrada Gastauer viene ripreso riparte Valverde, stavolta con decisione maggiore; alla sua ruota si pone Bongiorno nel ruolo di stopper, dato che non passa mai in testa, mentre si riaccodano anche Anacona e Pozzovivo che, nel tratto diù duro della salita dopo Rocca di Papa, parte deciso e nessuno riesce a stargli a ruota. Alejandro Valverde, con una tattica molto intelligente, non risponde alla rasoiata del forte scalatore Lucano ma, mantenendo un ritmo molto alto, riesce a non farselo sfuggire alla vista e si riporta progressivamente su di lui dopo la fine del tratto duro. Alle spalle della coppia di testa si trovano Anacona, Quintana e Rabottini, a 18 secondi, che vengono presto raggiunti da un altro gruppetto cosicché dietro si forma un gruppetto di dodici uomini a circa 20 secondi: Hoogerland, Quintana, Dupont, Kangert, Nocentini, Anacona, Tschopp, Hermans, Pellizzotti Pardila Rabottini e Bongiorno.
A questo punto, il destino della coppia di testa sembrerebbe segnato poichè mancano oltre trenta chilometri alla conclusione e non sono più previste asperità, eccetto un breve strappo. Dietro inseguono in dodici mentre nella coppia di testa Pozzovivo non sembrerebbe in condizioni di collaborare dato che lo sprint non è decisamente la specialità del lucano. Dietro, tuttavia, non c’è accordo mentre Pozzovivo, seppur in misura minore, fa la sua parte nella fuga tanto che i due uomini di testa incrementano il vantaggio sugli inseguitori. Valverde, per non far calare il ritmo, accenna diverse accelerazioni specialmente su tratti con i sanpietrini. Dal gruppo inseguitore evade Rabottini, che si accorge (in verità troppo tardi) che manca l’accordo nell’inseguimento e guadagna una decina di secondi sui dieci, ma rimane nella sgradevole situazione di trovarsi da solo senza alcuna possibilità di rientrare sui due di testa. Sullo strappo dei Cappuccini Quintana appare in difficoltà e perde contatto, Bongiorno evade dal gruppetto degli inseguitori ma l’avanscoperta dura poco e al termine del tratto più ripido della discesa la coppia di testa ha ancora un buon vantaggio. I chilometri che mancano favoriscono certamente gli inseguitori, dato che si tratta di 18 chilometri in falsopiano a scendere sino al traguardo.
Ai 15 al traguardo, su una accelerazione degli insegutori Pellizzotti rimane letteralmente sulle gambe a causa di un attacco di crampi, cerca di sciogliere i muscoli ma per lui non c’è nulla da fare e perde irrimedibilmente contatto.
A 8 Km dall’arrivo, la situazione sembra decisa: davanti ci sono Valverde e Pozzovivo con oltre trenta secondi di vantaggio su Rabottini, che è restato a “bagnomaria”, e oltre 50 sul gruppo degli inseguitori. Quando mancano 6 chilometri al traguardo si verifica un colpo di scena poichè un gruppo molto nutrito con diversi velocisti si riporta sui dieci inseguitori di Rabottini e della coppia di testa e, grazie all’arrivo dei rinforzi, il gruppo inizia un recupero vertiginoso: si riporta immediatamente su Rabottini e nel giro di un paio di chilometri dimezza il passivo dalla coppia di testa. Ai 1500 metri prova a uscire dal gruppo Samuel Sánchez ma il suo tentativo viene neutralizzato quasi subito. Dopo il triangolo rosso dell’ultimo chilometro Valverde e Pozzovivo iniziano a studiarsi mentre il gruppo rinviene fortissimo. Negli ultimi metri Valverde lancia la volata appena in tempo per impedire il ritorno del gruppo che, proprio sulla linea del traguardo, assorbe Pozzovivo che conclude in quinta posizione. Il secondo posto se lo aggiudica Daide Apollonio davanti a Sonny Colbrelli che continua la splendida serie di piazzamenti ai quali ora manca solo la vittoria.
La tattica di Valverde è stata perfetta, ha prima provato un allungo per saggiare la resistenza degli avversari e quindi ha lanciato Quintana, che ha fatto un forcing davvero efficace per spianare la strada ad un ulteriore contrattacco di Valverde. Il murciano poi ha gestito alla perfezione la reazione all’attacco di Pozzovivo, non ha risposto colpo su colpo ma non si è lasciato sfuggire il contatto visivo, in modo da raggiungere Pozzovivo senza difficoltà alla fine del tratto duro e, contemporaneamente, conseguire un distacco rispetto agli altri avversari.
Pozzovivo, invece, ha adottato una tecnica discutibile aiutando, seppur timidamente, un corridore contro il quale non aveva alcuna possibilità allo sprint e senza che vi fossero ulteriori asperità sulle quali tentare di staccarlo. Il rammarico è ancora maggiore se si considera che secondo si è piazzato Apollonio, compagno di squadra di Pozzovivo.
La Roma Maxima 2014 è stata ricca di emozioni, incerta sino agli ultimi metri, con un ottimo attacco a lunga gittata il cui protagonista ha saputo costruire, chilometro dopo chilometro, le basi del successo anche in una situazione iniziale che non sembrava lasciare grandi speranze.
Valverde riscatta così la sconfitta di ieri e si propone quale protagonista di rilievo della stagione.
Quintana ha imposto un ritmo infernale per poi lanciare il contrattacco di Valverde ma ha probabilmente pagato lo sforzo e si è staccato successivamente.
In ogni caso, lo stato di forma del colombiano si vedrà nel corso della Tirreno-Adriatico, che inizierà nei prossimi giorni priva di un assoluto protagonista come Froome, vittima di un problema alla schiena. Al suo posto correrà Porte che avrebbe dovuto, invece, partecipare alla Parigi – Nizza.
Benedetto Ciccarone

Valverde affronta in testa uno dei tratti più ostici della Roma Maxima (foto Bettini)
VALVERDE STORY – CAPITOLO 11: QUATTRO SOSPIRI DI SOLLIEVO ALLA VUELTA
Alle classiche valloni non aveva brillato, al Tour aveva sofferto su tutti i fronti, la sospensione per due anni gli aveva provocato una serie depressione. Sono tutti problemi che angosciano Valverde, che si schiera al via della Vuelta del 2012 con tanti dubbi e una domanda: “Tornerò quello di prima?”. Solo la strada darà una risposta e sarà una risposta che riporterà il sorriso sul volto del murciano: non vincerà la corsa di casa, ma porterà a casa un secondo posto che fa ben sperare, un piazzamento che sa tanto di sospiro di sollievo, condito dalle tre vittorie conseguite, due sui Pirenei e una “collettiva” nella cronometro a squadra d’apertura. Alla fine solo 1’16” lo separeranno dal vincitore, il connazionale Alberto Contador.
18 agosto – 1a tappa: cronometro a squadre di Pamplona (16.5 Km)
LO SPIRITO DI MIGUELON FA VOLARE LA MOVISTAR
La formazione iberica, erede della Banesto con cui Indurain ha colto tutti i suoi maggiori successi, si impone a sorpresa nella cronosquadre di Pamplona, terra natale del campione navarro, infliggendo 10” a Omega-QuickStep, Rabobank e Bmc con Castroviejo che indossa la prima maglia rossa della Vuelta. Nelle prime posizioni anche la Sky di Froome e la Saxo Bank-Tinkoff di Contador, sfortunatissimo Gasparotto costretto al ritiro per una frattura alla clavicola.
Si è aperta con una cronometro a squadre di 16,5 km in quel di Pamplona, città nota per le corride ma soprattutto per essere la terra natale di Miguel Indurain, la 67a edizione di una Vuelta a España che strizza più che mai l’occhio agli scalatori con i suoi ben 10 arrivi all’insù, molti dei quali presentano pendenze ben oltre la doppia cifra, a fronte dei soli 39,4 km di cronometro individuale in quel di Pontevedra che vanno ad aggiungersi a quelli della frazione inaugurale. Favorito d’obbligo è l’attesissimo Alberto Contador (Saxo Bank-Tinkoff), apparso già in grande condizione all’Eneco Tour e più che mai motivato a lasciarsi alle spalle la squalifica per il caso clenbuterolo, che torna a disputare la Vuelta dopo essersi imposto nel 2008; il fuoriclasse di Pinto dovrà vedersela principalmente con i connazionali Juan Josè Cobo (Movistar), affiancato da Alejandro Valverde che all’ultimo istante ha sciolto le riserve sulla sua partecipazione, Joaquin Rodriguez (Katusha), battuto per un soffio da Hesjedal al Giro d’Italia e supportato da due gregari di lusso come Denis Menchov già due volte sul gradino più alto del podio di Madrid e Daniel Moreno, e Igor Anton (Euskaltel) che in questa stagione ha saltato sia la corsa rosa che il Tour proprio per arrivare al top nella gara a tappe iberica: tra gli stranieri il più accreditato è Chris Froome (Sky), al suo primo grande Giro da capitano dopo che alla Grande Boucle e alla Vuelta di un anno fa entrambe chiuse al secondo posto pur lavorando per Bradley Wiggins, seguito da Juergen Van den Broeck (Lotto-Belisol), ai piedi del podio all’ultimo Tour, e dal duo Rabobank composto da Robert Gesink e Bauke Mollema, a caccia di rivincite dopo le cadute che li hanno costretti ad abbandonare la corsa transalpina. Curiosità anche per la piccola ma agguerrita pattuglia colombiana composta da Nairo Quintana (Movistar), Rigoberto Uran e Sergio Henao (Sky), Walter Anacona (Lampre) e Cayetano Sarmiento (Liquigas) mentre l’Italia si presenta senza grandi frecce al proprio arco per quanto riguarda la lotta per la classifica generale, con Paolo Tiralongo (Astana), Eros Capecchi (Liquigas) e il campione nazionale a cronometro Dario Cataldo (Omega-QuickStep) che tenteranno un difficile ingresso nella top ten mentre Damiano Cunego (Lampre) dovrebbe puntare ai successi di tappa e ad affinare la preparazione per i Mondiali, similmente al 2009 quando si impose sugli arrivi in salita di Alto de Aitana e Sierra de la Pandera. Obiettivi analoghi a quelli del veronese avranno anche Philippe Gilbert e Alessandro Ballan (Bmc), Enrico Gasparotto (Astana), Lars Boom e Matti Breschel (Rabobank) e Tony Martin (Omega-QuickStep) mentre le poche frazioni che si concluderanno allo sprint vedranno protagonisti Assan Bazayev (Astana), Nacer Bouhanni (Fdj), Koldo Fernandez (Garmin), Allan Davis (Orica-GreenEdge), Ben Swift (Sky), John Degenkolb (Argos-Shimano) e i nostri Elia Viviani (Liquigas) e Daniele Bennati (RadioShack).
Un po’ per l’assenza di formazioni infarcite di superspecialisti del tic tac e un po’ per via di un percorso molto tecnico e con un impegnativo finale in leggera salita verso la suggestiva Plaza de Toros la cronosquadre si prestava a diverse possibili soluzioni, e a spuntarla piuttosto a sorpresa è stata la Movistar che ha fatto valere la sua compattezza pur avendo nel solo Castroviejo un atleta in grado di farsi valere nelle prove contro il tempo individuali; proprio il 25enne basco ha tagliato per primo il traguardo conquistando così la prima maglia rossa mentre un campanello d’allarme è suonato per Cobo che nel finale ha perso le ruote dei compagni di squadra chiudendo con un distacco di 4”. La formazione di Unzue ha fatto il vuoto dietro di sè mentre per le posizioni di rincalzo si è avuto un grandissimo equilibrio con soli 5” a separare il secondo dall’ottavo posto: la piazza d’onore con un ritardo di 10” dalla Movistar è andata all’Omega-QuickStep che trascinata da Tony Martin ha preceduto per questione di centesimi una Rabobank al di sopra delle aspettative e la Bmc di un brillante Gilbert, immediatamente seguite dal Team Sky di Froome e dall’ottima Lotto-Belisol di Van den Broeck a 12”, dalla Saxo Bank-Tinkoff di Contador a 14” e dalla Katusha di Rodriguez, che come sempre in questa stagione ha reso più di quanto non dica la somma dei valori individuali dei singoli corridori, a 15”; anche l’Euskaltel di Anton, tradizionalmente cenerentola in questo tipo di prove, si è difesa al meglio concludendo al 9° posto con un ritardo di 28”. Grande delusione di giornata la RadioShack, 17a a 55” e preceduta anche dalle nostre Liquigas e Lampre rispettivamente 14a e 16a a 41 e 54”, mentre una caduta di quattro corridori nelle prime fase di gara ha relegato la Garmin, una delle favorite della vigilia, al penultimo posto a 1′27” davanti alla sola Caja Rural: chi ha avuto purtroppo la peggio è stato Enrico Gasparotto, finito a sua volta in terra riportando la frattura alla clavicola che l’ha costretto ad abbandonare la corsa e con ogni probabilità anche a dare forfait in un Mondiale in cui avrebbe potuto dire la sua alla luce del successo dell’Amstel Gold Race in cima al Cauberg, la stessa salita che caratterizza il circuito di Valkenburg. La prima tappa in linea, 181,4 km da Pamplona a Viana, è dedicata ai velocisti ma nei giorni successivi sarà già tempo di montagne con i due consecutivi arrivi in salita di Eibar Arrate e Valdezcaray.
Marco Salonna
20 agosto – 3a tappa: Faustino V – Eibar (Arrate)
A EIBAR E’ SUBITO BATTAGLIA: TAPPA E MAGLIA A VALVERDE
Entrano subito in scena i grossi calibri nel primo arrivo in salita della Vuelta, con Valverde a dar fuoco alle polveri e Alberto Contador ad animare la scalata con una raffica di scatti. All’arrivo si presentano i due spagnoli in compagnia del connazionale Rodriguez e di Chris Froome, con l’Embatido che prevale al fotofinish su Purito. Ottima prova, fra gli italiani, di Eros Capecchi, 7° a 6’’ dal vincitore.
In piacevole controtendenza con il Giro d’Italia e il Tour de France di quest’anno, è bastato attendere il terzo giorno e la prima vera salita per assistere ad un testa a testa tra i favoriti della Vuelta 2012: sulla salita di Eibar, appuntamento fisso del Giro dei Paesi Baschi, è stato Alejandro Valverde ad accendere la miccia a 5 km dal traguardo, salvo poi cedere il proscenio ad un Alberto Contador assetato di rivincita ma forse ancora privo dello smalto dei giorni migliori.
Raramente, infatti, è capitato di vedere tre corridori resistere a ben cinque sparate del madrileno, sia pure prodotte su un’ascesa ripida ma non atroce, e soprattutto dal chilometraggio contenuto (talvolta aiutate però da una moto riprese compiacente). Con il progredire dell’ascesa, è stata netta la sensazione che il pistolero continuasse nelle sue progressioni più con la forza dei nervi e delle motivazioni che con quella delle gambe, sufficiente a levare ogni volta di ruota i comprimari, ma mai tali da mettere in difficoltà lo stesso Embatido e Rodriguez, sempre incollati alla sua ruota, o Chris Froome, che ha preferito non replicare ai cambi di ritmo più bruschi, rientrando sempre con più calma.
La condizione di Contador dovrebbe solo migliorare strada facendo, e non è dunque da escludere che di qui a qualche giorno possano tornare a bastare un paio di scatti per dissuadere dalla replica anche gli avversari più ostici; per il momento, tuttavia, proprio Valverde ha destato l’impressione migliore, dando a tratti – soprattutto nella sezione finale della scalata – l’impressione di aspettare e controllare gli allunghi del vincitore dell’edizione 2008 nonché uomo da battere, installandosi poi in testa al quartetto formatosi al comando – sei volte avvantaggiatosi e cinque volte raggiunto – nel tratto di pianura e discesa finale.
Con Froome tagliato fuori dalle scarse doti di velocista e Contador sfiancato dalla raffica infinita di allunghi (ne abbiamo contati cinque in salita, più uno per chiudere su Valverde e due successivi allo scollinamento), il murciano doveva guardarsi di fatto dal solo Joaquim Rodriguez, sempre sulla difensiva ma mai apparso in affanno nel corso dell’ascesa. Pur marcato a vista, Purito aveva però trovato il varco giusto per infilare l’uomo Movistar, infilandosi all’interno in una curva a destra a 400 metri circa dal traguardo, approfittando poi del toboga finale per frustrare i propositi di rimonta dell’avversario. A vittoria ormai quasi acquisita, JRo ha però compiuto un harakiri ciclistico, smettendo di pedalare ad una cinquantina di metri dal traguardo, forse confidando nella pendenza favorevole, ma senza premurarsi di controllare la posizione di Valverde, che ha invece avuto il merito di provarci fino in fondo. Soprassedendo anche sul colpo di reni, Purito, ancora in vantaggio fino ad un nonnulla dalla linea bianca, ha definitivamente gettato la vittoria alle ortiche, da cui Valverde ha saputo raccoglierla e allegarla alla maglia rossa ormai certa.
Forte dell’ottima performance della Movistar nella cronosquadre inaugurale, Alejandro sfoggerà infatti domani le insegne del primato, in una classifica che ha già assunto una fisionomia quasi da ultima settimana, quantomeno nei nomi di testa. I tre che hanno accompagnato il neo-leader al traguardo occupano infatti la terza, quarta e quinta posizione, con ritardi che vanno dai 18’’ di JRo ai 24’’ Contador, passando per i 20’’ di Froome. A fare da cuscinetto tra sé e i rivali più accreditati, il capoclassifica trova Intxausti, oggi giunto 8°, in mezzo al gruppetto che ha ceduto solo all’ultimo allungo dei più forti.
Fra questi atleti, staccati di 6’’, oltre a Moreno, Mollema, Talansky, Gesink, Roche, Anton, Anacona e Uran, anche un ottimo Eros Capecchi, nettamente il migliore degli italiani. Pessimo, invece, il responso del primo test per Damiano Cunego, appena 37° a 1’28’’ dal vincitore, si spera solo in virtù della scelta di uscire immediatamente di classifica per puntare a successi parziali.
Sempre in ottica Mondiale, vale la pena di segnalare l’inserimento in fuga di Philippe Gilbert, che insieme a Riblon, Carrasco, Zeits, Sijmens, Rollin, Irizar e Ligthart ha dato vita all’azione che ha caratterizzato la tappa dalla prima ora, neutralizzata dal lavoro di Movistar, Sky, Saxo Bank e Omega Pharma poco prima dell’imbocco dell’ascesa finale. Dopo la prova di oggi, tuttavia, vale forse la pena di aggiungere anche il nome di Alejandro Valverde al lotto dei più seri pretendenti alla maglia iridata di Valkenburg.
Matteo Novarini
26 agosto – 9a tappa: Lleida – Andorra (Collada de la Gallina)
VALVERDE, ALTRA VITTORIA ALL’ULTIMO RESPIRO
Dopo aver attaccato per primo, a 3 km dal traguardo, il murciano della Movistar conquista il secondo successo di tappa in questa Vuelta, compiendo insieme a Joaquim Rodriguez una clamorosa rimonta ai danni di Alberto Contador negli ultimi 300 metri. Purito rafforza la leadership, rifilando 15’’ più l’abbuono per il 2° posto ad un Chris Froome molto attivo, ma in netta difficoltà nell’ultimo chilometro.
La Vuelta più bella della storia recente non si smentisce neppure nel quarto arrivo in salita nei primi otto giorni, in vetta alla breve ma ostica Collada de la Gallina. Per la terza volta, il finale si è risolto in un testa a testa fra i quattro pretendenti alla maglia rossa finale, sufficientemente forti e vicini da far dimenticare il non esaltante livello del contorno. A sorridere, come ad Eibar, sono stati soprattutto Alejandro Valverde, vittorioso come in terra basca, e Joaquim Rodriguez, secondo, stavolta senza rimpianti, al termine di una tappa che gli consente finalmente di prendere un minimo di margine sul più diretto inseguitore. Delusi, invece, Chris Froome e Alberto Contador, con quest’ultimo a trarre comunque le indicazioni più confortanti dopo l’allarmante controprestazione di Jaca, dove l’inglese aveva al contrario fornito prova di una brillantezza oggi venuta meno.
Come già nelle due occasioni cui si è accennato, i fantastici quattro si sono contesi, oltre a secondi chiave in ottica maglia rossa, anche il successo parziale, andando a raggiungere negli ultimi e più selettivi duemila metri di scalata Cameron Meyer, ultimo superstite di una fuga della prima ora che comprendeva anche Ramirez, Moinard, Buffaz, Aramendia e Keizer.
Malgrado il dispiegamento di forze del Team Sky, principale quando non unico promotore dell’inseguimento già ben prima dell’imbocco della salita finale, approcciata con il coltello fra i denti dai soliti Uran e Henao, è stato Valverde ad accendere la battaglia, sotto lo striscione dei tre chilometri al traguardo. Il cambio di ritmo è stato abbastanza violento da dissuadere tutti da una replica immediata, ma sono bastate poche centinaia di metri a Froome per riportare sotto Rodriguez, Contador e Moreno, malgrado il murciano della Movistar avesse trovato per qualche istante un gregario improvvisato nell’ex battistrada Ramirez.
Proprio il britannico, dopo qualche istante di studio, ha allungato in prima persona ad un paio di chilometri dal termine, trovando una resistenza convincente da parte del solo Contador. Il madrileno, però, ha rifiutato qualsiasi richiesta di collaborazione, malgrado sia Valverde sia il capoclassifica apparissero decisamente in affanno, costretti a mettersi al traino di Moreno per provare a rifarsi sotto. Vanificato così il vantaggio acquisito, gli stessi Froome e Contador sono stati costretti a replicare ad un affondo di Purito, prima che il leader Sky provasse una seconda volta poco dopo il triangolo rosso, stavolta con esito ben più modesto.
Forse proprio la minor incisività dell’accelerazione del nativo di Nairobi ha indotto Alberto – sino a quel momento insolitamente passivo – a provarci in prima persona, a 700 metri dalla linea bianca. Rodriguez e Valverde hanno ancora una volta delegato la risposta ad un Froome però chiaramente in riserva; soltanto a 300 metri dal traguardo i due spagnoli hanno realizzato che stavolta avrebbero dovuto far tutto da soli, quando il pur secco cambio di passo di JRo pareva ormai fuori tempo massimo. Sul più bello, tuttavia, per il battistrada si è improvvisamente spenta la luce, proprio mentre Valverde rilanciava ulteriormente l’andatura, scavalcava Rodriguez e andava in caccia del leader. Contador era ancora al comando all’ultimo tornante, ad una cinquantina di metri scarsi dallo striscione; nulla, in condizioni normali, ma la rampa di garage in cima alla quale era piazzato l’arrivo li ha resi sufficienti per consentire il sorpasso ai suoi danni tanto dell’Embatido quanto di Purito.
Costretto ad accontentarsi del terzo gradino del podio e a rinviare il ritorno alla vittoria dopo lo stop, l’uomo Saxo Bank potrà consolarsi con la riconquista dell’ideale scettro di favorito della corsa, per qualche giorno passato (non a detta tutti, per la verità) nelle mani di Froome: l’inglese ha infatti accusato qualcosa come 15’’ negli ultimi 300 metri, scivolando a 33’’ da Rodriguez in classifica generale, e conservandone appena sette e diciassette, rispettivamente, su Contador e Valverde, i più in difficoltà a Jaca.
Se i primi quattro restano comunque raccolti in meno di un minuto, e i rapporti di forza continuano a mutare da un giorno all’altro, non accenna invece a diminuire il gap fra questi e il resto del gruppo, anche oggi ben più evidente di quanto non dicano i 23’’ accusati da un comunque ottimo Moreno e i sei corridori giunti fra i 33 e i 44 secondi di distacco. Gesink continua ad occupare la piazza alle spalle dei papabili vincitori in classifica generale, attardato di 1’51’’, ma la sensazione è che l’olandese, mai in crisi ma sempre lontano dal dare l’idea di potersela giocare con i primi, sia destinato ad un piazzamento in top 10 – forse in top 5 – all’insegna dell’anonimato. Meglio allora i più altalenanti Moreno e Roche, 6° e 7°, non abbastanza continui ma capaci saltuariamente di dire la loro.
Si avvicinano intanto alla soglia ideale della 10a posizione Eros Capecchi, che già vi sarebbe ampiamente dentro senza la caduta di martedì, e un sorprendente Rinaldo Nocentini, oggi migliore degli italiani con un 13° posto a 1’02’’, 4’’ meglio dell’umbro della Liquigas. Molto allarmante, invece, l’ennesima prestazione incolore (aggettivo oggi eufemistico) di Damiano Cunego, 141° ad oltre 16’, a meno di un mese dal Mondiale di Valkenburg.
Matteo Novarini

Valverde alza le braccia dopo la vittoriosa rimonta sulla Collada de la Gallina (foto AFP)
DAVIDE REBELLIN, RICORDO DI UN TIFOSO
Abbiamo chiesto ad un nostro ex collaboratore tifoso di Rebellin, Francesco Gandoldi, di scrivere un ricordo del corridore veneto tragicamente scomparso alcuni giorni or sono. Ve lo proponiamo come ultimo omaggio a Davide.
Quando si piange ogni ricordo è una lacrima.
Sto completando una prova di chimica, è la primavera della mia quarta superiore. Sento un sibilo, la ruota della mia carrozzina si è forata. Interrompo il compito e torno a casa.
Durante il viaggio di rientro sono spento, atterrito. Ma penso solo al pomeriggio. Almeno c’è la Freccia Vallone, dico, anche se è impossibile che vinca.
Negli ultimi 300 metri del Muro di Huy il “vecchio” però c’è ancora e inizia con garbo quella progressione potente che, sugli strappi più arcigni, lo rendono tremendo.
Vince Rebellin e con lui vinco un po’ anch’io. È la sua terza Freccia Vallone, ha quasi 38 anni. È l’aprile 2009.
Ho conosciuto Davide nel dicembre 2010 grazie a ilciclismo.it. Mi telefonò poco prima di Natale, facendomi gli auguri. Avevo 18 anni: fu un brivido al cuore!
Per me lui era la tenacia irriducibile, il coraggio del riscatto, la resistenza alle fatiche, la severità nella preparazione, la sapienza nel dominare lo sforzo, la vocazione nella professione.
Vederlo gareggiare mi spronava a non cedere, a imitarlo nel non mollare mai la presa prima del traguardo.
Ricordo che era impaziente di riprendere l’attività, avvertivo la grinta e la fiducia per il nuovo anno, dopo due interminabili e strazianti stagioni di sosta forzata dalle corse.
Dopo qualche altra chiamata al telefono ho potuto conoscerlo meglio su Facebook, dove ci siamo scritti in varie occasioni. Sempre aperto al dialogo e generoso, anche con un semplice appassionato come me. Non l’ho mai sentito rancoroso verso il proprio mondo, non una parola animata da spirito vendicativo, nonostante il cieco ostracismo che lo aveva colpito dopo la sospensione del 2009 pesasse cupo sul suo animo. Ma Davide si era allenato a non abbattersi e a rilanciare. Sono arrivate così alcune tra le vittorie più preziose, perché maggiormente sofferte e volute: la Tre Valli Varesine a pochi mesi dal rientro alle competizioni nel 2011, premiato sul palco dal maestro Alfredo Martini, quindi tre anni più tardi il Giro dell’Emilia, dove ha saputo domare per l’ultima volta il suo San Luca, quindi l’anno successivo la Coppa Agostoni davanti ad un Nibali arrembante e al massimo della condizione.
Sempre tramite Facebook ho avuto l’occasione di incontrare sua moglie, una persona gentile e delicata, che lo supportava con passione e dedizione assoluta in ogni sua iniziativa e unita a lui anche nell’amore profondo verso gli animali.
Negli ultimi anni, da quando non sono più iscritto ai social, non avevamo più avuto contatti.
Posso dire che lui era l’atleta, colui che sa vincere il dolore. E riusciva a trasmettere questa forza eccezionale, fisica e mentale, a chi ne seguiva la carriera e la vita.
Mi diceva che in corsa la mente vale quanto le gambe. Sapendo del mio handicap questo era uno stimolo caloroso e discreto a potenziare al massimo i punti di forza e a non farsi troppo condizionare dai propri limiti.
Mi scriveva che per lui la vita da ciclista non era un sacrificio ma una gioia. Mi riferiva: meglio secondo che terzo, meglio arrivare ultimo che ritirarsi. Bisogna portare prima onore alla squadra e poi pensare a se stessi. Insegnamenti veri, che valgono sempre.
Ero in seconda media, nel 2005, quando iniziò a trapelare la notizia di un suo possibile ritiro dalle competizioni. Ha smesso di competere quest’anno, quando sto per laurearmi per la seconda volta.
Durante gli ultimi 15 anni di carriera è stato considerato vecchio. Sempre dagli altri, però.
Mi raccontava di avere lo stesso attaccamento per il ciclismo di quando aveva debuttato nel 1992, anzi forse ancora di più, perché “oggi so come bisogna correre” e perciò “ho imparato a divertirmi, senza pressioni”.
Nessuno comprendeva quanto Davide che l’agonismo non è un fatto sportivo, un dato anagrafico, ma uno stato d’animo.
L’agonismo è il debito che ognuno paga al destino.
Francesco Gandolfi
VALVERDE STORY – CAPITOLO 10: UN’ALTRA MACCHIA, POI LE FATICHE DEL TOUR
Un’altra piccola macchia arriva ad adombrare lo stellone di Valverde che, scontata la squalifica per il coinvolgimento nell’Operación Puerto, ritorna alla corse alla sua maniera imponendosi, dopo la già rammentata tappa regina del Tour Down Under, in una frazione della Parigi-Nizza e nella classifica generale della Vuelta a Andalucía, che vince per la prima volta in carriera (alla fine saranno 5, tante quanto la Freccia Vallone).Ma è proprio nelle tanto attese classiche del nord che commette il secondo e ultimo inciampo della sua carriera perché, oltre a non brillare come al solito (22° all’Amstel, 46° alla “Flèche”), viene squalificato alla Liegi per traino. Uscito con le classiche pive del sacco dalla corse di primavera ora il murciano mette l’obiettivo sul Tour, ma nemmeno qui va come sperato, a cominciare dal cronoprologo di Liegi che lo vede partire con il piede sbagliato e terminare in 116a posizione con 35” di ritardo da Fabian Cancellara. È un gap destinato a dilatarsi, tra i 2 minuti persi per una caduta di gruppo nella tappa di Metz e i pesanti distacchi patiti sulle salite dei Vosgi prima e delle Alpi poi. Quando oramai il ritardo dalla maglia gialla Chris Froome è oramai abissale, superiore alla mezz’ora, ritrova la pedalata giusta nell’ultima tappa pirenaica, nella quale va in fuga da lontano e riesce a precedere il britannico di una ventina di secondi sul traguardo di Peyragudes.
19 luglio 2012 – 17a tappa: Bagnères-de-Luchon – Peyragudes
REDIVIVO VALVERDE, FROOME ”RISPARMIA” WIGGINS
Il murciano autore fin qui di un Tour al di sotto delle attese conquista al termine di una lunga fuga la frazione pirenaica di Peyragudes davanti ai due uomini del team Sky, con il 27enne nativo di Nairobi che avrebbe potuto agevolmente staccare la maglia gialla e vincere la tappa ma rimane accanto al suo capitano. Giornata non brillantissima per Nibali che comunque limita i danni e ipoteca definitivamente il podio di Parigi.
La due giorni pirenaica di un Tour piuttosto avaro di grandi montagne si è conclusa con la frazione di 143,5 km da Bagnères-de-Luchon a Peyragudes, caratterizzata dal duro Col de Mentè in avvio, da una fase centrale di transizione con il pedalabile Col des Ares e la brevissima Côte de Burs e da un gran finale con in rapida successione il Port de Bales, ascesa più dura di giornata con i suoi 11 km al 7,7% e pendenze in doppia cifra in prossimità della vetta, e il Peyresourde prima di 3 km in discesa e altrettanti nuovamente in salita verso il traguardo. Malgrado i continui scatti nessuno è riuscito ad avvantaggiarsi nel tratto iniziale pianeggiante e il gruppo è arrivato compatto ai piedi del Col de Mentè lungo il quale ha iniziato a piovere, anche se nel prosieguo della tappa le condizioni meteo sono migliorate, e si sono avvantaggiati una trentina di atleti tra cui Valverde (Movistar), Menchov (Katusha), Monfort (RadioShack), Vanendert (Lotto-Belisol), il 9° della generale Rolland (Europcar) e i duellanti per la maglia a pois Kessiakoff (Astana) e Voeckler (Europcar), che è transitato in vetta davanti allo svedese incrementando il proprio margine che alla vigilia era di 4 punti: in ogni caso il Team Sky con uno strepitoso Boasson Hagen a scandire il ritmo non ha lasciato spazio annullando il tentativo proprio in vista dello scollinamento e l’andatura dal norvegese ha mietuto parecchie vittime, la più illustre delle quali il 5° della generale Zubeldia (RadioShack), che in cima accusava un ritardo intorno al minuto dal gruppo maglia gialla ridotto a una trentina di unità. Nella successiva discesa si sono rimescolate le carte con Voeckler e Kessiakoff che hanno proseguito nell’azione insieme a Valverde e Rui Costa (Movistar), Péraud (Ag2r), Martinez (Euskaltel), Casar (Fdj) e addirittura Nibali (Liquigas), che ha approfittato della sua abilità con la strada bagnata per avvantaggiarsi: naturalmente il Team Sky ha inseguito a tutta il siciliano che dopo un breve conciliabolo con Valverde si è lasciato riprendere dal gruppo, che ha in seguito dato via libera al resto dei fuggitivi che hanno potuto guadagnare intorno ai 2′, e del rallentamento hanno approfittato tutti gli uomini rimasti staccati in salita per rientrare.
Alla formazione della maglia gialla la fuga stava benissimo e prima che il vantaggio del gruppetto di Valverde si dilatasse troppo si sono lanciati al loro inseguimento Azanza e Izagirre (Euskaltel), Stortoni (Lampre), Kadri (Ag2r), Hoogerland (Vacansoleil), Ten Dam (Rabobank), Plaza (Movistar), Soerensen (Saxo Bank), Vinokourov (Astana), Leipheimer (Omega-QuickStep) e Weening (Orica-GreenEdge), molti dei quali peraltro già all’attacco nella tappa di ieri, che poco dopo il Col des Ares, in cima al quale così come sulla successiva Côte de Burs Voeckler è sempre transitato per primo davanti a Kessiakoff, si sono portati sugli uomini di al comando: in testa al gruppo le maglie verdi della Liquigas hanno preso il posto di quelle nere della Sky con Nibali intenzionato a conquistare il successo parziale e anche Sagan ormai sicuro della sua maglia verde che si è messo a disposizione del messinese e il vantaggio del gruppo di testa, di cui non faceva più parte Soerensen che rimasto vittima di una caduta è stato riassorbito dal plotone ha costantemente oscillato tra i 2 e i 3′ nel tratto di trasferimento verso del Port de Bales.
Nei km immediatamente precedenti l’inizio della salita hanno preso un leggero margine Izagirre, Azanza, Kadri e Plaza ma lungo l’ascesa si è prodotta una selezione naturale al termine della quale è venuto fuori Valverde che si è involato in solitudine inseguito da Martinez e Rui Costa e poco più indietro da Kadri e Leipheimer mentre tutti gli altri sono stati lentamente ma inesorabilmente inghiottiti dal gruppo; ci si attendeva già in questa salita un attacco di Nibali ma il siciliano si è mantenuto a ruota di Nerz e Basso con il giovane tedesco che ha scandito un ritmo in linea con quello di Valverde, e in cima il gruppo maglia gialla composto da circa 25 corridori con tutti gli uomini di classifica, compreso un Zubeldia in ripresa rispetto al Col de Mentè, è scollinato con un distacco di 2′ dal murciano, leggermente aumentato nella successiva discesa.
Per riprendere lo spagnolo era necessario che Nibali attaccasse fin dai piedi del Peyresourde ma, una volta esauritosi il lavoro di Nerz, si è portato al comando Basso con un ritmo non sostenutissimo che ha fatto sì che Scarponi (Lampre), l’unico italiano ancora presente con i migliori accanto ai due Liquigas, Zubeldia, Evans (Bmc) e Brajkovic (Astana) perdessero contatto e che tutti gli uomini ancora inframezzati tra Valverde e il gruppo dei big venissero ripresi, ma che non era sufficiente per riprendere il leader della Movistar: era questo il chiaro segnale che lo Squalo dello Stretto non era in grande giornata e ad accorgersene per primo è stato Van den Broeck (Lotto-Belisol), il suo più diretto avversario per un posto sul podio, che dapprima ha lanciato Vanendert e successivamente si è mosso in prima persona seguito prontamente da Rolland (Europcar) e Pinot (Fdj), con Nibali che seppur a fatica è riuscito a riportarsi sotto marcato stretto da Froome e Wiggins e con a ruota anche Van Garderen (Bmc) e Horner (RadioShack) che hanno scollinato in cime al Peyresourde a poco più di 1′ da Valverde che iniziava ad accusare pesantemente la fatica.
Ingolositi dal successo di tappa a portata di mano e dalla possibilità di distanziare Nibali i due uomini del Team Sky hanno preso in mano la situazione e all’inizio dello strappo finale verso Peyragudes Froome ha prodotto una violenta accelerazione alla quale ha retto inizialmente il solo Wiggins, che però come già nel finale della tappa di La Toussuire è stato in seguito incapace di rimanere a ruota del compagno di squadra, di gran lunga il corridore più forte visto in azione in questo Tour: il britannico nato in Kenya avrebbe potuto saltare agevolmente Valverde e guadagnare talmente tanto sulla maglia gialla da mettere in discussione il successo finale ma, ligio agli ordini di scuderia, si è letteralmente fermato ad attendere il suo capitano e i due sono arrivati insieme al traguardo a 19” dallo spagnolo, che dopo due settimane deludenti aveva già dato segnali di ripresa nella tappa di ieri e che conquista un successo parziale alla Grande Boucle che gli mancava dal 2008, quando si impose in quel di Plumelec. 4° a 22” ha chiuso un Pinot brillantemente ripresosi dopo i problemi fisici che ne avevano condizionato il rendimento nei giorni scorsi, 5° e 6° a 26” Rolland e Van den Broeck, 7° a 37” un Nibali che ha comunque limitato al minimo i danni, 8° a 54” Van Garderen che ha messo in ghiaccio la sua maglia bianca, 9° a 1′02” Horner e 10° a 1′11” Daniel Martin (Garmin), con Evans 18° a 2′10” e Zubeldia 22° a 3′17”: distacchi dunque più contenuti del previsto che consegnano una classifica generale che vede Wiggins in testa con 2′05” su Froome, 2′41” su Nibali, 5′53” su Van den Broeck, 8′30” su Van Garderen e 9′57” su Evans e che difficilmente cambierà almeno per le prime tre posizioni nella maxi-crono di Chartres del penultimo giorno; prima però i corridori dovranno affrontare la 18a tappa, 222,5 km vallonati da Blagnac a Brive-la-Gaillarde che si prestano a una fuga da lontano anche se non è da scartare neppure l’ipotesi di una volata di gruppo.
Marco Salonna

Unica gioia per Valverde sulle strade del Tour 2012, il murciano vince il tappone pirenaico di Peyragudes (foto Bettini)
VALVERDE STORY – CAPITOLO 9: CUCÙ, SONO TORNATO
Se guardate il palmares di Valverde troverete un “buco” nell’elenco delle sue vittorie, un vuoto di due anni che è l’unica macchia della sua travolgente carriera. A imporre questa battuta d’arresto è il Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna che si muove con dodici mesi di ritardo rispetto al CONI, che per il coinvolgimento del murciano nell’Operación Puerto, l’inchiesta sul doping che aveva nel 2006 terremotato il ciclismo spagnolo (e non solo), nel 2008 lo aveva “bandito” dalle corse disputate sul suolo italiano. Il 31 maggio 2010 il TAS stabilisce così un periodo di sospensione di due anni, retroattivo per quel che riguarda la stagione in corso e così vengono cancellate con un colpo di spugna le cinque vittorie conseguite nella prima parte dell’anno, tra le quali la prestigiosa affermazione nella classifica generale del Giro di Romandia, mentre non vengono annullati i successi ottenuti negli anni precedenti, sebbene ci siano delle richieste in tal senso. Per tornare a riappendersi un numero di gara sulla schiena Valverde deve così attendere il 17 gennaio del 2012, giorno della partenza del Tour Down Under. E subito dimostra di esser tornato ai suoi livelli imponendosi nella tappa più impegnativa della corsa australiana, quella con l’arrivo in salita a Willunga Hill, fallendo di un amen la conquista della classifica generale, nella quale farà registrare il medesimo tempo del corridore di casa Simon Gerrans, considerato vincitore assoluto in virtù di un miglior piazzamento nella classifica a punti.
VALVERDE-GERRANS, LOTTA SUL FILO DI LANA
I due grandi favoriti del Tour Down Under si danno battaglia sul muro di Willunga Hill con il murciano che la spunta in volata ma nella classifica generale il neocampione australiano lo precede per la somma dei piazzamenti. Tutto si deciderà dunque nella frazione conclusiva di Adelaide
Le prime quattro frazioni del Tour Down Under si sono rivelate molto più impegnative del previsto vuoi per la velocità sostenuta, vuoi per le condizioni atmosferiche con caldo e forte vento e vuoi perchè a metà gennaio molti corridori sono ancora all’inizio della preparazione ma di grandi difficoltà altimetriche non ce ne sono state, a differenza della quinta tappa che con il suo arrivo a Willunga Hill in cima a uno strappo di 3 km al 7,6% di pendenza media era quella che sulla carta avrebbe deciso la classifica generale. La corsa è vissuta sulla fuga di O’Grady (GreenEdge), Miyazawa (Saxo Bank), Haas (Garmin), Fenn (Omega-QuickStep), Goddaert (Ag2r) e un De Gendt (Vacansoleil) uscito dalle zone alte della generale per via della debacle nella frazione di Tanunda: l’emergente olandese era comunque il miglior piazzato tra i battistrada con un ritardo di 7′51” dalla maglia ocra Kohler (BMC) ed è per questo che la formazione del leader ha fatto in modo che il distacco del gruppo si mantenesse intorno agli 8′, con il chiaro intento di non perdere il primato ma soprattutto quello di far sì che la fuga arrivasse al traguardo in modo che atleti come Valverde (Movistar) e Gerrans (Ag2r), decisamente più avvezzi di Kohler ad ascese come quella degli ultimi 3 km, non potessero prendere secondi di abbuono.
Naturalmente le altre squadre non sono state a guardare e la Movistar e la RadioShack di Machado, altro uomo molto adatto al finale, hanno preso il comando delle operazioni iniziando a ridurre il gap dai basttistrada e riuscendo anche complice il vento laterale a spezzare il gruppo in diversi tronconi: per un certo tratto davanti sono rimasti una trentina con Lloyd (Lampre) unico tra i nomi di punta rimasto attardato ma più avanti il plotone si è ricompattato. Sul primo dei due passaggi a Willunga Hill quando mancavano 30 km alla conclusione Haas, vincitore nella passata stagione della Japan Cup, è riamsto solo al comando ma dopo lo scollinamento è stato raggiunto da un gruppo che il forcing di Lopez (Movistar) aveva ridotto a non più di 25 unità.
Il gruppetto si è mantenuto compatto fino a 4 km dal traguardo quando hanno preso il largo Machado, Pate (Sky), il sempre attivissimo Dennis (nazionale australiano) e Gutierrez (Movistar) che aveva però la funzione di stopper per favorire Valverde: sulle prime rampe dello strappo finale Dennis e Machado sono rimasti soli al comando ma sotto il triangolo rosso dell’ultimo km sono stati ripresi da Valverde, Gerrans, Bakelandts (Radioshack), Boasson Hagen e il redivivo Rogers (Sky) e Javier Moreno (Movistar) mentre Kohler pur lottando strenuamente non ce l’ha fatta a rimanere con questi uomini. Rogers ha tentato di partire lungo ma in breve Gerrans e Valverde hanno fatto la differenza con il murciano che è uscito dalla scia dell’australiano e lo ha beffato negli ultimi metri, iniziando con il piede giusto la sua stagione di rientro alle gare dopo la lunga squalifica. Machado è giunto 3° a 2”, Rogers 4° a 4”, Dennis 5° a 7”, un comunque convincente Boasson Hagen 6° a 12” e Moreno e Bakelandts 7° e 8° a 13” mentre vanno segnalati l’11° posto a 29” di Matthews (Rabobank) che dimostra di non essere solo uno sprinter, il 17° a 1′18” di Kohler e il 19° a 1′50” di un Ballan (BMC) che appare bene avviato nel suo cammino di avvicinamento al top della forma per le classiche del Nord.
In classifica generale Gerrans e Valverde hanno ora lo stesso identico tempo con Machado a 8”, Rogers e Dennis a 14” e Boasson Hagen a 18”: il circuito della frazione conclusiva di Adelaide è piatto come un biliardo ma non mancherà lo spettacolo con i due uomini di testa che si daranno battaglia negli sprint intermedi e in quello finale con l’australiano che può contare sul fatto che in caso di arrivo a pari tempo vanta una somma di piazzamenti migliore rispetto a quella dello spagnolo e avrebbe quindi la meglio.
Marco Salonna

La sfida tra Valverde e Gerrans sul traguardo di Willunga (Photo: © Mark Gunter/Cyclingnews)
VALVERDE STORY – CAPITOLO 8: FINALMENTE LA VUELTA (L’ULTIMO AMARILLO)
Il regno di Valverde è solido ma non troppo alla Vuelta 2009. Alla vigilia delle ultime due tappe decisive, la frazione di Segovia con la doppia ascesa al Puerto de Navacerrada e la cronometro di Toledo, il murciano ha soli 32 secondi di vantaggio sull’olandese Robert Gesink e 1’10” sul connazionale Samuel Sánchez, passista scalatore che nel 2007 si era imposto nell’ultima crono della Vuelta. Bisogna provare a mandarli in crisi e il tentativo riesce con il primo, che termina la tappa di Segovia con più di 4 minuti di ritardo da Valverde, secondo al traguardo almeno fino al 2019, anno nel quale l’UCI sancirà la squalifica retroattiva per doping del vincitore di quella tappa e dell’edizione 2011 della Vuelta (che sarà assegnata postuma a Chris Froome), lo spagnolo Juan José Cobo. Nella crono Sánchez riuscirà, invece, a far meglio di Valverde, strappandogli però solo mezzo minuto e lasciando definitivamente la maglia amarillo sulle spalle per 55 secondi. E l’Embatido passerà alla storia anche per essere stato l’ultimo a indossarla perché dall’anno successivo l’organizzazione stabilirà che il leader della classifica vestirà di rosso e il primo a farlo a Madrid sarà un italiano, Vincenzo Nibali.
18 Settembre 2009 – 20a tappa: Ávila – Segovia
COBO, DA ACE(R)BO A MATURATO
Nell’ultima occasione utile per provare a smuovere dal potere Alejandro Valverde, gli uomini di classifica rimangono piuttosto abbottonati e pensano esclusivamente a difendersi. E allora è il turno di Juan Jose Cobo Acebo che, sull’ultimo strappetto saluta la compagnia e guadagna quei 50 metri sufficienti per vincere la tappa. Affonda Gesink, Basso controlla mentre impressiona in positivo anche oggi Paolo Tiralongo.
Doveva e poteva essere l’ultima chance per far saltare il banco a questa Vuelta ma nessuno ha voluto/potuto affondare il coltello nella piaga e allora tutto è rimasto esattamente uguale a questa mattina alla partenza da Avila. Oddio, proprio tutto no. Se Valverde è contento che nessuno ha attaccato la sua leadership, è ancora più contento della debacle di Robert Gesink che è passato dall’essere l’uomo più vicino allo spagnolo (31 secondi appena) a lottare domani a Toledo per rimanere nei primi 10 (adesso è a cinque minuti e mezzo) e il murciano ringrazia sentitamente. Con questo mini-ribaltone sale al secondo posto Samuel Sanchez e al terzo Ivan Basso. Vedremo quello che domani il varesino riuscirà a fare, ma chiudere in bellezza sarebbe un bel segnale anche in vista di Mendrisio.
Ma i bei segnali arrivano anche da Paolino Tiralongo che, dopo una vita a tirar la carretta a Damiano Cunego, in questa Vuelta ha finalmente avuto l’occasione e le gambe, per una volta in carriera, di stare con i migliori fin sotto il traguardo e non solo fino ai meno cinque chilometri dal traguardo. E così, prima da scudiero del veronese nelle due tappe conquistate, e adesso da solo, il siciliano, assieme a Samuel Sanchez, è stato colui che c’ha creduto di più nel finale per andare a riprendere Cobo ma senza riuscirvi. Adesso, complice la disfatta di Gesink, va ad issarsi al 6° posto classifica. Vedremo se lo saprà difendere.
Nella prima parte di frazione, quella più pianeggiante, se ne va la fuga di giornata: non sono i soliti 16 dei giorni scorsi ma soltanto tre, vale a dire Christophe Riblon (Ag2r), Daniel Martin (Garmin) e Eduard Vorganov (Xacobeo-Galicia). I tre viaggiano di comune accordo e raggiungono un vantaggio massimo superiore ai sette minuti. Il gruppo controlla, con la Caisse d’Epairgne del capo classifica Valverde a tenere alto il ritmo per non lasciarli scappare più di tanto: oggi si punta anche al successo di tappa. Con i fuggitivi che reggono per un centinaio di chilometri, il primo colpo di scena arriva sulle rampe che portano alla vetta (1.785m) del Puerto de la Morcuera che fa la vittima illustre, vale a dire Robert Gesink che non riesce ad esprimersi al meglio dopo la caduta nella tappa di due giorni fa. L’olandese della Rabobank sperava di resistere al ritmo dei Caisse ma ben presto si accorge di doversi fare da parte e tralasciare tutte le sue ambizioni di successo finale.
Come ieri ad Avila, anche oggi a La Granja a farla da padrone è il freddo e la pioggia, per una Spagna che, nonostante la fine di settembre, non è stata certo calda e accogliente come in passato. Intorno ai meno 30 dalla fine la fuga viene annullata e in contropiede provano ad andarsene Hoogerland (Vacansoleil), Kolobnev (Saxo) e Martinez (Xacobeo), ma il gruppo li tiene per un po’ ad una ventina di secondi, in assoluto controllo. All’inizio dell’ultima salita, la seconda scalata al Puerto de Navacerrada, c’è tutta l’Euskaltel davanti per provare a far dura la corsa e favorire un eventuale scatto di SSG. E, di fatti, poco dopo metà salita è proprio il basco a rompere gli indugi e scattare secco in faccia agli altri: Gesink ha già mollato definitivamente e alla sua rasoiata riescono comunque a rispondere Valverde, Basso, Evans e Mosquera. Dopo la sfuriata qualcuno riesce a rientrare e quasi in cima è proprio Cobo a provare l’allungo e alle sue spalle si fionda subito Sanchez. Il gruppetto si ricompone pronti a giocarsi la tappa, con un occhio di riguardo alla discesa visto il fondo reso viscido dalla pioggia. Ai meno cinque ci prova Mosquera ma c’è l’ombra di Valverde, Daniel Moreno, che rintuzza subito l’attacco. Ed allora ecco che ai meno quattro ci prova con decisione Tiralongo ma ancora una volta Moreno chiude. Il momento decisivo, quindi, è ai 2000 metri dalla fine quando parte Juan Cobo Acebo con uno scatto perentorio al quale il gregario della Caisse d’Epairgne non riesce a replicare. L’uomo della Fuji prende subito quei 5-6 secondi che gli consentiranno di guardarsi le spalle tre volte nel rettilineo d’arrivo e di alzare comodamente le braccia al cielo, mentre dietro di lui Valverde non voleva lasciare nemmeno le briciole andandosi a prendere la piazza d’onore, con Evans a chiudere il podio.
Domani ventesima e penultima tappa: la crono decisiva. 27,5km nei dintorni di Toledo. Di primo acchito, sembra un percorso da specialisti con lunghi tratti di falsopiano e un’unica salitella (ma non Gpm) poco dopo metà percorso. Il vantaggio di Valverde sembra rassicurante e forse il murciano, a questo punto, la può solo perdere questa Vuelta.
Saverio Melegari
19 Settembre 2009 – 21a tappa: circuito a cronometro di Segovia
VALVERDE CONSACRATO NELLA TAPPA DI MILLAR
Millar conquista la seconda crono alla Vuelta dopo la squalifica, lo fa mentre la corsa spagnola incorona Valverde come corridore per grandi giri dopo le tante debacle e in una tappa che vede Samuel Sanchez rosicchiare qualche secondo al leader della generale ed assestarsi sul secondo gradino del podio. Al terzo si issa Evans che con una discreta prova scavalca Ivan Basso.
L’ultima tappa decisiva della Vuelta, prima della passerella conclusiva di domani a Madrid, assesta definitivamente la classifica generale che ora vede in amarillo Valverde (Caisse d’Epargne), finalmente sul gradino più alto del podio dopo anni in cui una debacle giornaliera lo relegava a battagliare per le posizioni di rincalzo nei GT. Un prevedibile secondo posto per il connazionale Samuel Sanchez (Euskaltel) che nella tappa odierna rosicchia 30” al leader della generale, al Murciano restano comunque 55” in vista della tappa conclusiva: una formalità. Il basco ha concluso un’ottima cronometro facendo solo 5” peggio del vincitore Millar (Garmin). Il cronoman inglese ha chiuso in meno di 36’ coprendo i 29km del percorso ad una media stratosferica di 46km/h guadangnando negli ultimi 19km più di 1’ a Gilbert (Silence) che sorprendentemente deteneva il miglior primo intertempo. Come prevedibile il belga già dopo 19km finiva per naufragare nelle posizioni di rincalzo a mezzo minuto dal leader Millar, dietro al britannico e al basco: Evans (Silence) che con una buona prova scalza l’italiano Ivan Basso e si appresta a salire sul gradino più basso del podio domani nella capitale spagnola. Al varesino rimanevano appena 14” da gestire nella tappa odierna, ma l’italiano, discreto cronoman prima della squalifica, non riesce a fare meglio del 18° posto a 1’03” da Millar e 54” dall’avversario diretto Evans. Basso scende quindi al quarto posto davanti a Mosquera (Xacobeo) 64°oggi. Più indietro Gesink (Rabobank) vittima di una caduta due giorni or sono che lo ha fatto scivolare dal terzo al sesto posto, quindi Rodriguez (Caisse d’Epargne) che grazie alla prestazione di oggi si riprende il settimo posto che ieri gli aveva rubato Tiralongo (Lampre). Chiudono la top ten Deignan (Cervelo) e Cobo (Fuji).
Per Evans un terzo posto nella generale così come nella cronometro “conclusiva”, a 9” da Millar e 4” da Samuel Sanchez. Per l’australiano una maledizione che non gli consente di fare meglio del podio nei grandi giri, dopo una sfilza di secondi posti eccoarrivare questo terzo gradino del podio, salvo sorprese, e forse fine delle speranze. Per molti questa era l’ultima chiamata per un corridore classe ’77.
Nella calda Toledo, sovrastata da un sole battente, Valverde ha gestito bene tutta la gara chiudendo al settimo posto lasciando al migliore circa 1” e mezzo al km per tutta la tappa, segno di una maturità ormai raggiunta e di una forma fisica importante che lo potrà rendere uno dei protagonisti dei prossimi mondiali di Mendrisio. Davanti a lui oggi si sono piazzati Cesar Veloso (Xacobeo) quarto autore di una “signora crono” sempre nelle prime posizioni fina dai chilometri iniziale, Kreuziger (Liquigas) e Gilbert (Silence) che dopo l’exploit di inizio gara ha pagato 34” sul traguardo, dietro al murciano, invece, chiudono nei dieci Herrero (Xacobeo) 1” dopo il connazionale, nono Del Nero (Fuji) e decimo Westra (Vacansoleil). Basso 18° primo italiano e per vedere Tiralongo bisogna scendere di altre 52 posizioni fino alla 70° piazza. Da lui non ci si aspettava di certo una grande crono e l’ottavo posto nella generale è davvero la bella sorpresa di questa Vuelta. Ci riserviamo lo spazio per fare i complimenti a tutti i corridori, per l’impegno e per la fatica prima ancora che per le prestazione, il tutto nonostane una Vuelta un po’ amara di emozioni, qualcuno direbbe “poche ma buone” anche se noi preferiremmo la filosofia del “viva l’abbnondanza”, ma in un momento di crisi bisogna accontentarsi di tutto.
Andrea Mastrangelo

Valverde veste per l'ultima volta la maglia amarillo sul podio di Madrid (foto Bettini)
CIAO DAVIDE, SALUTACI MICHELE!
La redazione de ilciclismo.it si stringe alla famiglia Rebellin per la tragica scomparsa di Davide. Un abbraccio anche a tutti gli appassionati di ciclismo e ai suoi tifosi (e in particolare al nostro ex collaboratore Francesco).
Davide, ora correrai in eterno tra gli angeli.
E non dimenticare di salutarci Michele