VALVERDE STORY – CAPITOLO 15: VALVERDE SIGNORE IN ROSSO SULLE VERDI CIME

dicembre 11, 2022
Categoria: News

Nell’ultimo decennio della sua carriera, vissuto ad un età alla quale molti corridori appendono la bici al chiodo, Valverde punta tutto sulle classiche ma lascia comunque uno spiraglio aperto anche alla corse a tappe. Non riuscirà più a ripetere l’exploit del 2009, quando si impose alla Vuelta, ma si toglierà comunque ancora belle soddisfazioni salendo in questo periodo per quattro volte sul podio finale alla Vuelta, per una al Tour e per una al Giro, al quale parteciperà per la prima volta in carriera nel 2016. Riuscirà anche a vestire per qualche giorno la maglia rossa di leader della classifica alla corsa spagnola, come fece nel 2014 dopo aver ottenuto sul traguardo delle “Cumbres Verdes” l’unica vittoria di tappa in quell’edizione della Vuelta.

28 agosto 2014 – 6a tappa: Benalmádena – La Zubia (Alto des Cumbres Verdes)

CIME VERDI INEVITABILMENTE A VALVERDE: MA CON CHE ESIBIZIONE!

Sull’alto de Cumbres Verdes bastano tre km per sparpagliare il gruppo e mettere in fila, in tutti i sensi, i migliori. La sorpresa è che tanto la selezione quanto il colpo di fioretto finale portano la firma di uno stesso atleta: il “gregario” Valverde. I reduci del Tour Froome e Contador gli stanno addosso, più opachi “Purito” e Quintana. Bene Aru.

Tappa riduzionista: una sola salita di rilievo nel finale, e pure corta. Una fuga minimalista, a due, che prende il largo: protagonisti ne sono una coppia di cocciuti dell’evasione come Mas Bonet della Caja Rural, pure a caccia di punti per la maglia a pois blu di miglior scalatore, e Pim Ligthart della Lotto. Applausi a entrambi per aver avuto l’ardire di scappare soli nell’ardente campagna andalusa, e specialmente all’olandese, capace di resistere, seppur illusoriamente, all’arrembaggio del gruppo nel primo km dell’ultima salita.
Bravi nell’accumulare il più ampio vantaggio mai raggranellato fin qui da una fuga durante questa Vuelta, però la montagna di minuti verrà sminuzzata in un pulviscolo di secondi da un gruppo che nel finale appare travolgente, sotto la spinta di Garmin prima – per Daniel Martin – e Katusha poi, ovviamente per “Purito”, con la collaborazione dell’Orica che fa pure un pensierino a Chaves. Risultato: un vero tornado, come la tromba di sabbia che saluta il passaggio del gruppo (“in un vortice di polvere gli altri vedevan siccità”…, da “Il Suonatore Jones” di Fabrizio De Andrè). Tendenti all’insignificante anche i primi allunghi dalla testa del gruppo una volta imboccata la salita finale, di Le Mevel prima e Bennett poi.
Veniamo al dunque, allora, e “il dunque” ha nome e cognome: Alejandro Valverde. Il murciano si mette in testa al gruppo e comincia a scandire un ritmo satanico. Diavolo verde! L’azione, intensa e regolare, ricorda quella del Giro dei Paesi Baschi, conclusasi allora con il contropiede beffardo subìto da parte di Contador.
Il gruppo, fino a quel punto piuttosto corposo, inizia a sfaldarsi, a sgretolarsi, a ridursi ai minimi termini. L’opera di gregariato per Quintana appare chiara, ma le centinaia di metri trascorrono, duramente, e non ci sono attacchi. Certo, i crolli non mancano: il lavoro della Garmin (Talansky – pure lui ormai fuori classifica – incluso), svanisce nel nulla di un Daniel Martin in difficoltà su un arrivo in teoria a lui adatto, fino a chiudere con un minuto di distacco… accumulato in un paio di km! Dietro Martin arriva Urán, lontano come tutto il suo team dai fasti del Giro. Evans fa un altro passo verso il ritiro, la grinta nulla può contro l’anagrafe. Van den Broeck allo sbando.
Limiteranno i danni Gesink, Barguil, Pardilla… Ma di fatto alla flamme rouge ci arrivano in testa solo nove atleti: oltre a Balaverde ci sono i quattro massimi pretendenti alla Vuelta, ovvero i due fenomeni convalescenti Contador e Froome, Quintana voglioso di conferme e Joaquim Rodriguez affamato di rivincita. Poi un Dani Navarro anch’egli respinto con violenza dal Tour (sarà una formula vincente per la Vuelta, questa di lasciare il Tour a metà?), e i promettentissimi gioiellini Aru e Chaves.
Una selezione devastante.
Froome che si aggirava a fondo gruppetto mette il naso avanti, ma senza convinzione, Contador sembra titubante, Quintana fermo come una sfinge, ai -700 metri non poteva che partire “Purito”. L’accelerazione è secca, ma non abbastanza: Valverde, proprio lui, chiude. La ruggine tra i due è troppa perché il catalano possa decidere di portarsi al traino il suo passato capitano per poi regalargli tappa e maglia e l’azione sfuma, mentre da dietro si riporta sotto Froome.
Rimangono solo “i magnifici cinque” (Chaves e Aru, nell’ordine, hanno comprensibilmente ceduto alla serie di fiammate) ma Quintana appare, a sorpresa, in difficoltà.
La meta si avvicina, e con essa la sensazione, in tutti, che Valverde sprizzi forza da tutti i pori. Dalla testa del gruppetto, da un posto “da gregario”, lancia ai -200 metri una lunghissima progressione che smonta ogni resistenza. Froome prova a riportarsi sotto da dietro, Contador gli morde la ruota a denti stretti, in un’immagine che ricorda il Delfinato, ma Valverde ha tempo perfino di esultare, concedendo alla coppia di avversari di tagliare il traguardo con il suo stesso tempo.
“Purito” a nemmeno dieci secondi (ma su una cima che sarebbe stata perfetta per lui), Quintana a dodici, Valverde in rosso. Strepitoso.
Vero è che su pendenze siffatte l’effetto della scia è ridotto se non perfino nullo (si saliva a tratti intorno ai 15km/h), il che riduce l’essenza del lavoro di “gregariato” svolto, ma vedere il medesimo corridore fare una selezione secca, chiudere su uno scatto a tutta, riportarsi in testa e prendersi d’autorità la tappa è stato uno spettacolo.
Tappa minima, ma quanta azione in soli tremila metri. E siamo solo all’inizio.

Gabriele Bugada

Valvede trionfa nel primo traguardo di montagna della Vuelta 2014 (foto Bettini)

Valvede trionfa nel primo traguardo di montagna della Vuelta 2014 (foto Bettini)

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