VALVERDE STORY – CAPITOLO 14: DALLE CLASSICHE ALLA CLÁSICA
Non ci sono solo Freccia e Liegi nel palmares di Valverde. L’Embatido ha all’attivo anche due edizionI della classica di casa, anzi la “Clásica” per antonomasia, quella che tutti gli anni va in scena subito dopo la conclusione del Tour de France sulle tortuose strade dei Paesi Baschi. È l’unica corsa in linea spagnola inserita nel calendario UCI World Tour, che raggruppa le più importanti competizione ciclistiche professionistiche della stagione: come ricordato il murciano l’ha vinta due volte, espugnando il traguardo di San Sebastián prima nel 2008 e poi nel 2014. Riviviamo quelle due edizioni della corsa iberica prendendo inoltre l’occasione per ricordare ancora un volta Davide Rebellin, che nel 2008 fu tra i protagonisti della gara.
Clásica di San Sebastián 2008
ITALIA-SPAGNA: ATTO PRIMO
A San Sebastian Valverde imprime il suo sigillo a sette giorni dall’appuntamento olimpico, confermando i pronostici. Corsa dura fin dai primi chilometri e ottime impressioni da parte degli azzurri Bettini e Rebellin. Bene anche gli altri nazionali eccetto Cunego che soffre ancora per la caduta al Tour. Domani la partenza per Pechino da Fiumicino.
La storia degli ultimi anni si ripete: quando si tratta di grandi appuntamenti i protagonisti sono immancabilmente gli italiani e gli spagnoli. Così oggi nello scenario della classica di San Sebastian si è assistito al guanto di sfida tra l’asse italo-ispanico con la promessa di regolare i conti tra 7 giorni a Pechino per una posta in gioco, con rispetto parlando nei confronti di questa Classica, molto più prestigiosa.
Alla partenza questa mattina c’erano tutti, la crema del ciclismo internazionale senza distinzione tra corridori specializzati in corse in linea e corridori da corse a tappe. Tutti lì per studiarsi, scrutare ogni sguardo di fatica, ogni smorfia, ogni sorriso. E come se non bastasse, la corsa non ha fatto altro che mirare i riflettori sui big dimenticandosi di gregari e seconde linee. Due scatti nei primi trenta chilometri hanno decretato la trama della gara, una sentenza che escludeva dalle proprie attenzioni chi non era al top della condizione. Quaranta corridori al comando, tutti i favoriti, tutti i convocati nelle rispettive nazionali.
Dietro il gruppo che, orfano delle sue perle più pure, opta per il ritiro; forse per demoralizzazione, forse per l’andatura insostenibile. Il primo nome illustre a rimetterci è Carlos Sastre, troppo stanco per i criterium celebrativi post tour o semplicemente soddisfatto di svettare sui Campi Elisi.
L’alto de Jaizkibel, la solita più dura del percorso, differentemente dagli anni scorsi non è campo di battaglia ma ugualmente emette un duro giudizio: sulle prime rampe l’azzurro Damiano Cunego, reduce, ricordiamo, di una brutta caduta nell’ultima settimana del Tour de France perde definitivamente contatto dal gruppo lasciando il c.t. Ballerini e i sostenitori della squadra azzurra con un grosso punto interrogativo sulla sua presenza come titolare in Cina.
Come si diceva, lo Jaizkibel partorisce soltanto un timido tentativo del russo Kolobnev, subito rintuzzato da una Quick Step compatta (infatti è una delle formazioni insieme a Liquigas e Caisse d’Epargne meglio rappresentate).
La battaglia è semplicemente posticipata all’inedita breve salita dell’alto de Arkale. A dare inizio al banchetto il bielorusso Siutsou, un aperitivo che anticipa la portata più deliziosa. Al convivio infatti non si fanno attendere gli ospiti più nobili, ovvero i tre moschettieri Bettini, Rebellin e Valverde.
Il primo atto del duello Italia-Spagna datato 2008 può avere inizio. Quante volte nel recente passato ciclistico queste due nazioni si sono presentate sulla carta come le dirette avversarie nei pronostici. Una rivalità che ha inizio ad Atene 2004, ghiotto ricordo per noi italiani, che prosegue col Campionato del mondo a Verona sempre nel 2004, questa volta delizia degli spagnoli; senza poi scordare gli appuntamenti di Madrid, dove in casa loro non siamo riusciti a restituire lo sgarbo subìto l’anno precedente, di Salisburgo (ritornano i bei ricordi) e infine Stoccarda (un altro epilogo da sogno per noi). Insomma una guerra, ciclisticamente parlando all’ultimo mondiale e all’ultima Olimpiade. E’ buffo pensare che il grande protagonista, nonché giustiziere italiano sia sempre stato Bettini mentre dall’altra parte le carte nel mazzo erano diverse: Freire, Sanchez, Valverde.
E anche oggi, al di là del contesto due ruote sembrava più una faccenda tra nazionali che tra campioni di team diversi (ammettiamolo che abbiamo ancora sullo stomaco la partita di calcio ai recenti Europei). Stoccate da parte della Spagna e risposte da parte dell’Italia.
Bettini allunga, Valverde risponde insieme a Rebellin. Bettini ci riprova e dietro Contador va fuori combattimento. Valverde affonda Italia risponde.
Samuel Sanchez scollina per primo e promuove un’interessante azione a cinque che fa ben sperare fino al traguardo. Ancora una volta Spagna ( Sanchez e Valverde) contro Italia (Bettini e Rebellin). A fare l’intruso è il francese Moncoutie che, stanco della parte da co-protagonista decide di sua iniziativa di provare ad allungare, certamente non disprezzando la compagnia di un Rebellin in forma straordinaria.
La corrida Caisse d’Epargne non lascia molto spazio e c’è il ricongiungimento ai 4.6km all’arrivo.
Una serie di scatti ancora prima del gran finale: Menchov prima, Popovich e ancora Rebellin poi.
Ultimo chilometro e ultimo tentativo per il francese solitario Moncoutie, questa volta senza compagnia. È volata, è ancora Italia-Spagna, è ancora Bettini-Valverde. La sfida questa volta si risolve per lo spagnolo, troppo lontano per un recupero di Bettini. A separare i “litiganti” Kolobnev. L’Italia fa buon riso a cattivo gioco (tre azzurri nei primi cinque). Valverde vince, la Spagna vince, l’Italia perde la battaglia, è solo l’atto primo, i Giochi devono ancora iniziare.
Chiara Sironi
Clásica di San Sebastián 2014
A SAN SEBASTIAN RISORGE VALVERDE
Il murciano riscatta la delusione del 4° posto al Tour nella corsa basca, andandosene da solo nell’ultima discesa e bissando il successo del 2008. Decisiva la nuova salita di Bordako Tontorra. Piazza d’onore a Mollema, che regola Rodriguez e Nieve in uno sprint a tre. Buone prove di Visconti e De Marchi, attivi sul Jaizkibel e sull’ascesa conclusiva.
Non basterà a cancellare l’amarezza per il mancato podio al Tour de France, ma l’assolo con cui Alejandro Valverde ha messo la firma sulla seconda Clásica San Sebastian in carriera può quantomeno restituire il sorriso al grande sconfitto dell’ultima Grande Boucle, ritirati a parte. Una vittoria figlia della grande condizione lasciata in eredità dal Tour, ma anche di uno di quegli slanci di intraprendenza che di tanto in tanto l’ex Embatido si concede, raccogliendo quasi sempre più di quanto non gli regalino le ormai celeberrime condotte ultra-attendiste.
Certo, l’attacco di Valverde non passerà alla storia come un atto di follia sportiva: rimasto al coperto fino all’ultima scalata, il murciano si è mosso soltanto su sollecitazione di Joaquim Rodriguez, perdendo dopo qualche centinaio di metri la scia del connazionale, ma riacciuffandola giusto in cima, quando un replay degli ultimi Lombardia sembrava ormai imminente. La personalità con la quale il vincitore dell’edizione 2008 ha rinunciato ad aspettare la volata, magari facendosi poi uccellare da un tentativo all’ultimo chilometro, ignorato a favore della solita ricerca di una ruota da succhiare, ha lasciato però spiazzati.
Per la Movistar, formazione tante volte criticata per carenza di audacia, al pari del suo capitano, si è trattato di un successo ampiamente meritato, giacché è stata proprio la squadra di Unzue ad imporsi al comando del gruppo nelle battute iniziali, e ad accendere la corsa già in occasione del secondo ed ultimo passaggio sull’Alto de Jaizkibel. Ormai relegata al ruolo di terzultima salita, ad oltre 50 km dal termine, l’ascesa simbolo della Clásica ha visto entrare in azione Giovanni Visconti, evaso dal gruppo quando in testa, con pochi metri di vantaggio, pedalava David Lopez Garcia, a sua volta scattato poco dopo la neutralizzazione della lunga fuga solitaria di Txurruka, in avanscoperta dall’inizio.
Al siciliano si sono accodati altri due azzurri, Montaguti e De Marchi, e il terzetto non ha avuto difficoltà a riportarsi sul battistrada, scollinando con 14’’ su un neonato trio di contrattaccanti (Bakelants, Losada e Ten Dam) e 26’’ sul plotone.
I due drappelli all’attacco si sono fusi nella susseguente discesa, riuscendo ad accumulare anche un vantaggio massimo superiore ai 40’’, ma l’assenza di uomini Orica e Trek è risultata fatale alle sorti del tentativo. Una coalizione delle due compagini ha infatti vanificato l’azione alle pendici dell’Alto de Arkale, quando Gerrans ha lanciato una decisa ma infruttuosa offensiva di Albasini, raggiunto prima della cima.
Con Gilbert e Sagan saliti in ammiraglia attorno a metà gara, e la nuova ascesa di Bordako Tontorra a pochi chilometri dal traguardo (la classica rampa al 20% che sembra ormai essere obbligatoria in ogni corsa su suolo iberico, benché il risultato sia quasi sempre quello di neutralizzare la gara fino al muro), Purito Rodriguez ha sniffato l’occasione, ordinando ai suoi di mettere in fila il gruppo e riportare nei ranghi Grivko, firmatario di un tentativo senza speranza nella discesa dell’Arkale.
All’imbocco dell’erta finale, è stato in realtà Kolobnev, la seconda punta Katusha, il primo a muoversi, trovando la risposta prima di Albasini, poi di Nieve, infine di un quintetto composto da Slagter, Van Avermaet, Mollema e i soliti Visconti e de Marchi. Il basco della Sky è parso subito il più brillante, riuscendo a prendere il comando solitario della gara a 700 metri circa dall’ultimo scollinamento. Nel tratto più duro, però, è arrivato l’atteso attacco di Purito, seguito all’istante da Valverde. Il murciano – come detto in apertura – ha perso per un istante il treno di Rodriguez, ma l’ultimo sforzo, in vista della vetta, gli è valso il rientro sul catalano e la conquista dei galloni di naturale favorito della gara.
Come i trascorsi non idilliaci tra i due spagnoli lasciavano immaginare, la collaborazione nella coppia di testa non è stata ottimale, tanto da consentire a Simon Yates, Nieve e Mollema di rifarsi sotto, minacciando di scompaginare i piani di Valverde. È stato allora, a 4 km dal termine, che il murciano ha raccolto il coraggio a due mani e ha fatto la sua mossa, cogliendo impreparato Rodriguez, e approfittando di un rallentamento tra gli inseguitori, provocato dalla rovinosa scivolata di Yates.
La superiorità numerica non è bastata agli altri tre a ricucire, e anzi è stato proprio Valverde a guadagnare nel brevissimo tratto pianeggiante finale, potendosi così concedere quell’arrivo in parata al quale aveva dovuto rinunciare nel 2008 (vittoria in volata su Kolobnev e Rebellin).
14’’ dopo l’arrivo del vincitore, Mollema ha regolato Rodriguez e Nieve nello sprint dei più immediati inseguitori, mentre Tony Gallopin è andato a completare la top 5, dopo ulteriori 12’’, anticipando Vanendert e Zubeldia, incredibilmente riuscito anche in una gara di un giorno nel suo marchio di fabbrica: un piazzamento nei 10 senza mai offrire alle telecamere un pretesto per inquadrarlo.
Benché da San Sebastian in avanti, abitualmente, ogni considerazione tenga conto dell’avvicinarsi dell’appuntamento mondiale, la gara odierna sembra aver fornito indicazioni utili soprattutto in chiave Vuelta. In tal senso, è la prova di Joaquim Rodriguez a risultare particolarmente interessante, forse ancor più di quella di un Valverde che sfrutta i benefici del Tour. La condizione di Purito, che alla Grande Boucle ha pagato le ovvie conseguenze della caduta al Giro, appare in costante miglioramento, e il tracciato dell’ultimo GT stagionale si presenta, sulla carta, ideale per esaltare le qualità del catalano. Pur in presenza di Froome e Quintana, la chance di interrompere la catena di piazzamenti sulle tre settimane e cogliere un risultato pieno sembra ghiotta. A 35 anni, forse, sarà anche l’ultima.
Matteo Novarini

La volata vincente di Valverde sul traguardo di San Sebastián nel 2008, quando precedette il russo Kolobnev e Rebellin, che vediamo all’estremità destra della foto (foto Bettini)