NIBALI STORY – CAPITOLO 24: TONFI E TRIONFI ALLA CORSA ROSA

novembre 14, 2022 by Redazione  
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Al via del 99° Giro d’Italia il favorito numero uno è proprio lui, Vincenzo Nibali, nonostante non abbia brillato nella prima parte della stagione. Dopo la vittoria al Tour of Oman nulla si è più visto della sua classe: alla Tirreno-Adriatico non ha potuto lottare per la vittoria a causa della cancellazione per neve della tappa di montagna del Monte San Vicino, al Giro del Trentino si è piazzato 21° con un ritardo di quasi sette minuti dallo spagnolo Landa, mentre alla Liegi ha concluso in 51a posizione. Al Giro la situazione sembra migliorata perché al termine del tappone dolomitico di Corvara è secondo in classifica con soli 41 secondi di ritardo dalla maglia rosa, l’olandese Steven Kruijswijk. Nelle 48 ore successivo Nibali è protagonista in negativo di due autentici “tonfi” nella cronoscalata dell’Alpe di Siusi e nella non certo impegnativa tappa di Andalo, dopo la quale scivola al quarto posto con un passivo dall’olandese lievitato a quasi 5 minuti. La squadra comincia a preoccuparsi, la situazione sembra oramai irrecuperabile ma sulle Alpi francesi l’uscita di scena di Kruijswijk per un ruzzolone nella neve scendendo dal Colle dell’Agnello riapre un Giro che sembrava finito per lo “Squalo”: coadiuvato dall’indimenticato Scarponi nel giro di due giorni Nibali ribalta a suo favore la situazione riportandosi a soli 44 secondi dalla maglia rosa nel tappa di Risoul per poi colmare con gli interessi l’inseguimento alla leadership spodestando il colombiano Esteban Chaves nel tappone di Sant’Anna di Vinadio. E il Giro è suo, per la seconda volta in carriera. Riviviamo quattro dei capitoli di quel Giro, quelli dei difficili momenti patiti tra Alto Adige e Trentino e quelli della risurrezione in terra di Francia

22 maggio – 15a tappa: cronoscalata Castelrotto – Alpe di Siusi

TRACOLLO NIBALI: KRUIJSWIJK SEMPRE PIU’ IN ROSA

Il siciliano non trova mai il ritmo e viene rallentato anche da un problema meccanico, cedendo alla fine 2’10’’ alla maglia rosa, che vede sfumare per questione di centesimi il successo di tappa a favore del sorprendente Foliforov, ma può ora gestire 2’51’’ sul più quotato degli avversari. Chaves, autore di una prova in crescendo, sale in seconda posizione, a 2’12’’. Risorge Valverde, terzo, che si porta a 38’’ soltanto dal terzo gradino del podio provvisorio.

Se ieri sera appariva prematuro assegnare a Steven Kruijswijk i gradi di nuovo favorito del Giro 2016, l’operazione appare necessaria dopo la cronoscalata dell’Alpe di Siusi. Soltanto una manciata di centesimi hanno impedito alla maglia rosa di completare una giornata pressoché perfetta, ossia quelli che lo hanno separato dal tempo vincente dello stupefacente Alexander Foliforov. Un successo frutto senz’altro anche della giornata di semi-relax che il russo si è concesso ieri, giungendo al traguardo 24’ dopo il vincitore, ma che non per questo cessa di essere uno dei risultati meno prevedibili registrati sin qui nella Corsa Rosa.
Per chi ormai punta senza mezzi termini al successo finale, in ogni caso, la seconda piazza d’onore consecutiva non costituirà un cruccio eccessivo, a confronto di quanto di buono è venuto dalla giornata odierna: il più vicino degli uomini di classifica è stato un redivivo Valverde, terzo a 23’’, ma già relegato a distanza di sicurezza dal vertice dal tappone dolomitico; Chaves, unico a reggere il passo dell’olandese sul Valparola, ha lasciato per strada 40’’, pur recuperando qualcosa nella seconda metà della prova, dopo un avvio letargico; Nibali, più diretto inseguitore stamane e per molti ancora favorito numero uno, ha disputato una prova inspiegabile, partendo piano e finendo peggio, con l’ulteriore handicap di un guaio meccanico e relativo cambio di bicicletta nel finale, per un passivo finale di 2’10’’. Tutti gli altri, a cominciare da Rafal Majka, distano ora più di quattro minuti e mezzo in classifica generale.
La graduatoria con cui il Giro si prepara al terzo ed ultimo lunedì di riposo è lontanissima da qualsiasi previsione partorita nei giorni scorsi. Kruijswijk entrerà nella settimana decisiva con 2’12’’ di vantaggio su Chaves, salito in seconda posizione. Il colombiano, attardato di 43’’ dalla maglia rosa all’interemedio dei 4.4 km, aveva fatto temere uno scarso recupero dallo sforzo di ieri, dubbio fugato però prontamente dal secondo tempo fatto segnare dal rilevamento al traguardo, 3’’ meglio anche del leader. Alla luce della costanza dimostrata sino a questo momento, unica a rivaleggiare con quella di Kruijswijk, viene naturale pensare a Chaves come alla più seria minaccia al primato. Fra i due, però, è probabilmente il sudamericano a fornire, sulla carta, le minori garanzie di tenuta col passare di giorni, e non è detto che un corridore che non ha ancora all’attivo podi nelle grandi corse a tappe sia disposto a rischiare un probabile piazzamento fra i primi tre per un difficile assalto alla maglia rosa.
Assalto che tenterà invece senza ombra di dubbio Nibali, il cui distacco è però oggi lievitato a 2’51’’. Un dato di per sé allarmante, che si aggrava ulteriormente in virtù della tremenda prestazione offerta oggi dal siciliano. Una débacle non dissimile – per impressione più che per proporzioni cronometriche – da quella che, dieci mesi fa, lo costrinse ad accantonare qualsiasi velleità di bis al Tour de France, sulle rampe della Pierre-Saint-Martin. Il problema meccanico cui si è accennato ha senz’altro contribuito, sia in modo diretto, sia complicando la ricerca di un ritmo che Nibali non aveva comunque mai trovato, ma la tanto attesa crescita di condizione sembra drammaticamente in ritardo.
Dopo il disastro odierno, il messinese dovrà inventarsi qualcosa di eccezionale per attentare alla leadership di Kruijswijk, e non potrà neppure più considerare debellata la minaccia Valverde, che lo segue ora a soli 38’’. Il murciano, dopo il tracollo del Valparola, si è ripreso a tempo di record, anche se il terreno che attende i girini nella terza settimana, all’insegna di salite in successione e alta quota, non sembra particolarmente propizio ad un suo maxi-recupero. Per rimontare 3’29’’ a Kruijswijk, peraltro, occorrerebbe almeno un’azione a lunga gittata, non certo il pezzo forte del pur vasto repertorio dell’Embatido.
Gli altri favoriti hanno invece confermato di essere destinati con ogni probabilità ad un ruolo da comprimari: Majka, 5° a 4’38’’, ha dimostrato una volta di più di non essere all’altezza dei migliori, perdendo ancora 1’09’’; Zakarin, 6° a 4’40’’, dopo un avvio lanciatissimo, ha ceduto nella seconda parte, vedendo crescere il passivo in classifica di altri 47’’; già Amador, 7° a 5’27’’ dopo una prestazione in linea con quella di ieri (+2’12’’), sembra tagliato fuori da qualsiasi discorso di podio.
La tappa di Andalo, la prima dopo il riposo, potrebbe costituire una prima occasione per saggiare la condizione di un Kruijswijk sin qui inscalfibile, la cui principale debolezza sta probabilmente nella consistenza della squadra. Sino ad oggi, il solo Battaglin è stato in grado di reggere oltre la prima scrematura, ed è facile ipotizzare che squadre come Astana e Movistar potranno isolare con relativo agio la maglia rosa, già sulla salita di Fai della Paganella martedì, e soprattutto sulle montagne del gran finale franco-piemontese. A quel punto, occorrerà però trovare il modo di sbarazzarsi del capoclassifica; impresa che, per quanto visto sin qui, e più che mai nella giornata di oggi, promette di essere molto complicata.

Matteo Novarini

24 maggio – 16a tappa: Bressanone – Andalo

LA PRIMA DI VALVERDE AL GIRO. KRUIJSWIJK PEDALA DA PADRONE

Valverde ha vinto la tappa odierna del Giro d’Italia, rimanendo sempre tra i primi e staccando con un suo allungo Vincenzo Nibali sulla salita di Fai della Paganella. Il siciliano paga pesantemente sul traguardo di Andalo e Slongo paventa esami medici per controllare le condizioni di salute dello “Squalo”. Chaves si fa sorprendere sulla Mendola e, anche lui, paga qualcosa nel finale. Zakarin, in crescendo, ora è vicino a Nibali e il podio non è più un miraggio.

Zakarin, Valverde e Kruijswijk sono gli atleti meglio usciti dalla Bressanone – Andalo, in programma oggi al Giro, non tanto e non solo per essere arrivati in testa alla corsa sul traguardo, ma per ciò che questo ha significato in termini di classifica generale e di conferme.
Ilnur Zakarin registra un crescendo di condizione, lo stesso che l’anno scorso gli ha permesso di essere protagonista nel corso della terza settimana. Il vantaggio accumulato sul traguardo nei confronti degli avversari gli permette di portarsi a pochi secondi da Nibali in classifica generale. Valverde trova una conferma del fatto che la giornata storta vissuta sulle Dolomiti è stata solo una crisi passeggera e che le condizioni di forma sono invece buone. Oggi è riuscito a restare con Kruijswijk e, anzi, è stato proprio del murciano lo scatto che ha provocato il cedimento di Nibali. Naturalmente, la vittoria di tappa impreziosisce splendidamente anche la terza posizione provvisoria conquistata da Valverde in classifica generale.
Kruijswijk, naturalmente, esce molto bene dalla giornata di oggi, perché, nonostante la squadra abbia ceduto già sulla Mendola, la maglia rosa ha risposto colpo su colpo a tutti gli allunghi inscenati dai big per metterlo in difficoltà e, mentre gli avversari cedevano via via, lui non ha mai mollato il gruppetto principale, offrendo anche fattiva collaborazione per aumentare il vantaggio sugli inseguitori e andando altresì a sprintare sul traguardo.
Chaves si è fatto sorprendere, forse anche per inesperienza più che per ingenuità, dalla bagarre scoppiata sul Passo della Mendola ed ha dovuto condurre una tappa tutta all’inseguimento, che certamente gli sarà costata un notevole dispendio di energie. Alla fine, il secondo in generale si è difeso bene perché, anche se non è riuscito a rientrare sui primi, ha comunque raggiunto tutti gli altri, inscenando anche attacchi lungo la salita di Fai della Paganella prima e quella finale poi.
Nibali esce, invece, con le ossa rotte, al di là dei paventati possibili problemi di salute. Il siciliano sembrava volesse oggi inscenare un grande attacco e, in effetti, sul Passo della Mendola è stato proprio lo “Squalo” a farsi promotore dell’azione che ha portato in testa una decina di corridori con tutti i big, eccetto Chaves. Sulla salita di Fai della Paganella basta, però, un allungo di Valverde e il siciliano deve cedere, mollando le ruote dei tre di testa. Successivamente al ricongiungimento da parte di Chaves Nibali cede nuovamente, stavolta in seguito alle accelerate del colombiano, ed è costretto ad avanzare verso il traguardo in notevole difficoltà, pagando un pesante passivo di un minuto e 40 secondi.
Degna di menzione è anche la prestazione di Bob Jungels che è apparso in crescendo di condizione rispetto alle tappe di salita che lo avevano visto pagare dazio pesantemente. Oggi la maglia bianca è stata molto attiva nei vari gruppetti in seno ai quali si è trovata. Sul traguardo è giunto quinto a soli 37 secondi dai primi e, nel finale, è riuscito anche ad allungare su Chaves, guadagnando una manciata di secondi.
La tappa molto breve è partita subito fortissimo, complice anche il falsopiano discendente verso Bolzano. Dopo circa 13 Km di corsa allungano Mirco Maestri (Bardiani – CSF), Daniel Oss (BMC Racing Team),Simon Clarke (Cannondale Pro Cycling Team), Eugert Zhupa (Wilier-Southeast) e Pavel Brutt (Tinkoff), ma poco dopo altri atleti escono dal gruppo ed in testa si forma un gruppetto composto, oltre che dagli elementi citati, da Olivier Le Gac (FDJ), Joey Rosskopf (BMC Racing Team), Simon Clarke (Cannondale Pro Cycling Team), Matteo Trentin (Etixx – Quickstep), Pim Ligthart (Lotto Soudal) e Marco Coledan (Trek-Segafredo). inseguiti da Kluge, Txurruca e Zhupa, staccatosi dai primi.
Il gruppo, però, non concede molto spazio e riprende i fuggitivi senza che questi siano riusciti a conseguire un vantaggio superiore ai 45 secondi. Anche il successivo tentativo Clarcke, inseguito da Maestri, Kudus, Pirazzi e Taaramae, naufraga nel giro di poco. All’attacco del Passo della Mendola la situazione vede il gruppo nuovamente compatto.
La situazione non dura molto perché, dopo un timido scatto di Igor Antón, subito rintuzzato, è Ilnur Zakarin a muoversi ed il gruppo si sfilaccia alquanto, mentre la maglia rosa risponde con grande autorità. Nella successiva fase tranquilla partono Tanel Kangert (Astana Pro Team), David López (Team Sky) e Diego Ulissi (Lampre – Merida). Dopo un salto di catena prontamente risolto da Vincenzo Nibali, i big cominciano a scattarsi in faccia, ma la maglia rosa appare la più pronta a riportarsi sulla ruota di chiunque provi ad uscire, mentre al terzetto al comando si uniscono Firsanov, Jungels e Dombrowskj. Dietro prova l’allungo Nibali, con Kruijswijck che risponde insieme a Valverde e Zakarin, mentre ancora più dietro Chaves rimane imbrigliato nel gruppo, perdendo secondi sui quattro che intanto si riportano velocemente sul drappello di testa, andando così a comporre un gruppo di dieci uomini, tra i quali ci sono ottimi atleti che hanno interesse a tirare a tutta per distanziare il secondo in generale.
La fase successiva al GPM vede Kangert tirare il gruppo davanti, mentre dietro sono i compagni di squadra di Chaves a lavorare per riportare il gruppo – con Majka, Amador e Pozzovivo – sulla testa della corsa. La cosa si rivela piuttosto problematica perché davanti sono in dieci e sono tutti molto forti, per cui il vantaggio rimane per moltissimi chilometri oscillante tra i 20 e i 35 secondi.
Sulla salita di Fai della Paganella cedono man mano tutti gli uomini del drappello di testa e davanti restano solo Nibali, Zakarin, Kruijswijk e Valverde, che oggi conferma che la crisi delle Dolomiti è passata. E’, infatti, proprio il campione di Spagna in carica che rompe gli indugi, andando ad allungare e causando il cedimento di Nibali, che non risponde allo scatto e sale del proprio passo, decisamente più pesante rispetto a quello dei giorni migliori, tanto che sul siciliano si porta prontamente Firsanov, staccatosi in precedenza.
Dietro Chaves, dopo il lavoro dei compagni di squadra nel fondovalle, deve fare tutto da solo per cercare di ricucire. Su Nibali si riportano anche Jungels e López e, su questi, anche il gruppetto di Chaves che si unisce al gruppo Nibali, mentre i tre davanti continuano a comandare la corsa con un vantaggio che oscilla tra i 20 e i 40 secondi. Nonostante il lungo lavoro sulla salita di Fai il colombiano riesce a mantenere invariato il distacco dai migliori e decide anche di scattare sull’ultimo tratto della salita, dove si raggiungono pendenze del 15%. Lo scatto ancora una volta è indigesto a Nibali, che non riesce ad avere la brillantezza nel cambio di ritmo e deve rassegnarsi a salire regolare, con un passo che però non è efficace.
A questo punto si formano tre gruppetti con davanti Zakarin, Valverde e Kruijswijk, subito dietro un drappello con Chaves, Majka, Jungels, Ulissi, López e Firsanov, ancor più indietro la coppia Nibali-Pozzovivo che continua a perdere terreno molto rapidamente. Sulla salita finale, infatti, Zakarin impone un ritmo elevato per guadagnare secondi su Nibali, Majka e Chaves, situazione che va a beneficio sia della maglia rosa che di Valverde, che non mancano di offrire di tanto in tanto la loro collaborazione. Allo sprint è ovviamente Valverde ad imporsi su Kruijswijk, mentre Zakarin, forse stanco per il lavoro svolto, non partecipa allo volata e perde 8 secondi dai primi due. Dietro è Ulissi a precedere gli altri componenti del gruppo Chaves, giunto al traguardo qualche secondo dopo il corridore toscano.
Pesante il passivo di Nibali e Pozzovivo che giungono con 1 minuto e 47 di ritardo da Valverde e Kruijswijk. La generale vede ora Kruijswijk sempre più in rosa, con 3 minuti su Chaves e 3′23″ su Valverde. A 4′43″ c’è Nibali che scende dal podio e, in definitiva, in tre tappe paga 4 minuti e 45 secondi alla maglia rosa. Ora Zakarin e Majka non sono lontani per cui, se il momento negativo dello “Squalo” dovesse continuare sulle Alpi francesi, è a rischio anche la top five.
Domani giorno di relax con tappa per i velocisti ancora in gara, mentre giovedì il finale è insidioso, quasi a far venire l’acquolina in bocca per il gran finale con l’Agnello e Sant’Anna di Vinadio.

Benedetto Ciccarone

27 maggio – 19a tappa: Pinerolo – Risoul

AGNELLO DIVORATORE DI UOMINI: RISOUL SORRIDE ANCORA A NIBALI

Che cosa succederà domani? Impossibile saperlo in un Giro folle e imprevedibile: quel che è certo è che oggi è stato il giorno del riscatto di un enorme Vincenzo Nibali.

Altissima quota, al Giro, grandi montagne con pendenze in doppia cifra per molti km ad altitudini che si avvicinano più ai tremila che ai duemila metri. Questo è il Colle dell’Agnello, montagna e moloch del mito ciclista, questo è il finale di terza settimana di una gara fin qui avvincente, già ricca di colpi di scena, ma che ciò nondimeno sembra ogni volta voler rilanciare con più drammatiche svolte e con imprese memorabili.

Una fuga numerosa, di quasi trenta atleti, prende il via dopo un’ora e mezza di gara al fulmicotone (52 km/h di media su un terreno che tira leggermente all’insù), a logico correlato e dimostrazione del fatto che ci troviamo in una delle fasi chiave della gara: la Lotto Jumbo del leader non manda uomini in avanscoperta, mentre l’Astana riesce a infilare nel drappello la propria pedina più cruciale, uno Scarponi già martellante sulle Dolomiti, accompagnato da uno scudiero kazako a supporto, Kozhatayev. L’Orica del principale contendente per la maglia rosa, il giovane colombiano Chaves, manda in testa alla gara un solo uomo, ma quanto mai azzeccato, quel Rubén Plaza forte sul passo e in salita, predisposto alle maratone solitarie, tanto da entrare nella storia del ciclismo recente vincendo una delle più belle tappe dei GT degli ultimi anni, quella della Cercedilla all’ultima Vuelta, con oltre cento km di fuga solitaria su e giù per le vette della Sierra Madrilena. Per Majka ci sono un paio di fidi gregari, come il duro Petrov e il fratello di latte di Contador, Jesús Hernández. Per la Movistar ben tre scherani, i bulldozer Sutherland e Rojas a spianare la strada del più scalatore Herrada. Insomma, un gigantesco ciclone comincia a vorticare lentamente sulla corsa, anche se probabilmente Kruijswijk confida nel poter rimanere anche solo soletto, forte del suo splendido stato di forma, nell’occhio dell’uragano, stoppando ogni velleità avversaria in prima persona.

Sull’Agnello prende il largo dalla fuga un ottimo Scarponi, mentre dietro è l’Orica a sfoltire il sottobosco del gruppo con le falciate di Howson e Txurruka, inevitabile preludio alla fiammata incendiaria di Chaves. Solo Kruijswijk, in controllo, Valverde, apparentemente ancora a suo agio e Nibali, in ultima ruota, resistono, per il resto è subito sparpaglio. In breve lo stesso Nibali va in affanno e si sgancia, venendo affiancato da Zakarin e da Majka, che da bravo diesel riavvicina il gruppo di testa. Mancano una sessantina di km alla fine, siamo ben oltre i duemila metri di altitudine e di dislivello, e la battaglia è già dichiarata, con tutta l’apparenza, per di più, di avviarsi a una risoluzione rapida e feroce che confermi il podio degli uomini sembrati più brillanti, l’olandese, il colombiano e lo spagnolo.

Tuttavia, mentre l’aria diventa bianca di nebbia, nubi basse, condensa e barbagli di neve, il gruppetto, che poco a poco va a rinfoltirsi con i rientri da dietro di tutta la top ten, da Nibali a Jungels, fino a Pozzovivo ed Urán, va addentrandosi nella zona rossa. La zona del poco ossigeno a disposizione, la zona dove emerge il motore capace di lavorare sotto sforzo su quello che brucia tanto e rapido ad altissimi giri. Chaves con una progressione micidiale comanda un nuovo rimescolamento del mazzo, e il risultato stavolta è mutato: Valverde perde contatto, patendo come da lui stesso dichiarato le altissime quote, e scivola indietro con corridori più addietro di lui in generale; Zakarin stringe i denti ma finisce per cedere, sopravanzato da Majka. Il nuovo drappello di quattro eletti include Nibali, Kruijswijk, Chaves e Majka, in rigoroso ordine di brillantezza. Chaves sembra leggerissimamente appannato, pagando gli allunghi prepotenti imposti agli avversari: la sorte, insomma, fin qui toccata a Nibali in tappe precedenti. La responsabilità di corsa pesa, quando si vuole o si deve assumerla, giovane età o meno! Non solo psicologicamente, ma anzitutto nelle gambe, quando il livello è reciprocamente bilanciato e ogni tirata in testa al gruppo implica maggiori tossine accumulate. Kruijswijk appare in controllo, ma non lucidissimo. Majka è solido, ma poco brillante, e finirà per soffrire in vista dello scollinamento.
Il gruppetto guadagna terreno anche grazie all’aiuto di Kozhatayev, ripreso al momento opportuno, nell’ambito di una strategia ben ponderata, per poter dare giusto quelle due trenate che fan passare i chilometri senza che il quartetto di uomini di classifica si fermi di nuovo per studiarsi.
Nemmeno Nibali sembra che sia immune alla fatica: quando il kazako si stacca, passa lui in testa, e lancia perfino qualche timido affondo, sufficiente a mettere in croce almeno Majka; però le sue accelerazioni sono brevi, alzarsi sui pedali sembra uno sforzo immane, come se tutto l’Agnello dovesse sollevarsi di quei venti centimetri in più e non solo il corpo del ciclista. Ad ogni modo, pur poco folgorante, Nibali si dimostra il più lucido allo scollinamento (Scarponi è transitato per primo circa cinque minuti prima, inframmezzate le schegge di fuga): ancora ben coordinato, afferra la sacca con mantellina e rifornimenti, si veste rapido e poi comincia subito a sferzare le curve con decisione.

Ecco la svolta fatidica: quando ancora la carreggiata è costeggiata da due muri di neve, Kruijswijk sbanda, lui stesso ammette una distrazione nel pensare al mangiarsi una barretta. La strada rugosa, umida, incerta, è un attimo perdere il controllo e finire per capitombolare con una capriola spettacolare contro una delle pareti nevose a bordo strada. Sfortuna? Forse, ma la pressione messa sull’olandese ad ogni discesa di questo giro, costringendolo a un continuo nervosismo, unitamente all’affanno di controllare scatto dopo scatto altrui senza lasciare spazio alcuno, certamente hanno pesato sulla sua concentrazione. Rialzarsi, risettare la bici, non va, ancora non va bene, cambiarla, il tempo passa rapidissimo , fulmineo come la sagoma celeste Astana di Kozhatayev che, staccatosi da un pezzo dopo tanto tirare, ora sfreccia a fianco dell’altro K., la maglia rosa, invece arenato a bordo strada.
A proposito di “k” e cadute, c’è la kappa di Zakarin che, già dimostratosi incerto nel controllo del mezzo, ruzzola in un ghiaione, presso un torrente, perdendo bici e ruota a molti metri: le immagini sono spaventose, ma, pur costando il ritiro al russo, le conseguenze saranno meno tragiche di quanto apparisse in prima battuta, “solamente” – con virgolette d’obbligo – frattura di clavicola e scapola.

Comincia la lunghissima discesa, dura, da pedalare, come quella che già stroncò Nibali giù dal Valparola, discesa che poi diventa ancor più morbida fino al falsopiano o perfino alla leggera contropendenza. Lezione di strategia, parte seconda. Si costituiscono in breve una serie di gruppetti, che, per il diletto dello spettatore, rappresentano interessi diversi in vario modo coalizzati, inaugurando una vera e propria serie di cronocoppie, una sorta di rinato Trofeo Baracchi, che determineranno i distacchi decisivi in vista dell’ultima scalata, quella a Risoul dove Nibali suggellò il proprio trionfo nel Tour 2014. Prima Nibali e Chaves si riuniscono con Rubén Plaza, poi viene fermato Scarponi, e abbiamo dunque un primo trenino Orica-Astana, guidato da due motori di grandissima cilindrata, che va riassorbendo via via uomini della fuga (l’ultimo Monfort) i quali però, naturalmente, si mettono a ruota. Dietro ci sono Valverde e Majka, il polacco andato in difficoltà proprio sulla vetta, lo spagnolo rientrato grazie a una grande discesa; li supportano gli ex-fuggitivi Hernández per la Tinkoff ed Herrada per la Movistar. Con loro Urán, a corto di forma ma stoico e prodigo di classe ritrovata sulle grandi montagne. Ancor più dietro la maglia rosa e la maglia bianca, con la presenza di quest’ultima, vestita da Jungels, cruciale per garantire l’aiuto delle bocche da fuoco Quickstep, in special modo Verona. Una curiosità: tolto Scarponi, i gregari chiave di questa fase sono tutti spagnoli! In quest’ultimo trenino si contano un bel po’ di Movistar, riuniti attorno ad Amador, ma con Valverde davanti non lavorano, così come non lavorano i Cannondale (Cardoso e Clarke) che hanno davanti Urán. Come già nel tappone dolomitico, lì a spese di Nibali, la vera componente di fortuna, e non è tutta fortuna nemmeno questa, va attribuita agli incroci di combinatorie nei vari gruppetti, più che a cadute in buona parte imputabili a errori di chi ne è vittima.

La battaglia è ben combattuta e con forme similari, i distacchi rimangono simili, di circa un minuto, un minuto e mezzo, tra ogni gruppetto. Tutto apaertissimo.

A Risoul Scarponi profonde l’ultimo sforzo, poi tocca la capitano. Nibali alza il ritmo e con lui resta Chaves, Ulissi e Nieve, i sopravvissuti della fuga ripescati durante il lungo inseguimento per le valli francesi, fanno l’elastico. A tutta prima sembra che solo l’italiano lavori, con Chaves freddo o cinico inchiodato a ruota. Vuole evidentemente ripetere il giochino già così ben riuscito di cuocere lo squalo e poi mangiarselo. Ma da dietro la collaborazione tra Majka e Valverde comincia a dare frutti, e in un primissimo momento anche Kruijswijk sembra avvicinarsi: Chaves inizia a collaborare, e, come vedremo, quando la lotta diventa ad armi e responsabilità assunte pari, con migliaia di km sulle spalle giorno dopo giorno, e oggi migliaia di metri di dislivello accumulati ora dopo ora, l’esito non è così scontato a favore del colombiano.

Le tensioni iniziali, su una salita lunga come Risoul, possono portare la corda a rompersi, specie per atleti abituati a ottimizzare uno sforzo di 5 o 10 minuti, pur dentro a prestazioni più estese. Tutti gli inseguitori cominciano a rinculare. La maglia rosa entra in una vera e propria crisi che vede tutti i più o meno blasonati accompagnatori scattargli in faccia. Poi si riprenderà. Poi di nuovo crollerà – ma non di schianto. Davanti, in testa, il braccio di ferro fisico e mentale è tutto tra il siciliano e il colombiano. Nibali allunga, Chaves si riporta sotto con rapide accelerazioni… ma non senza aver dovuto in prima istanza mollar la ruota. Una volta, due volte, alla terza, per poco bruciante che sia lo scatto nibaliano attuale, il folletto della Orica, pur essendo finora il più forte scalatore del Giro, deve mollare la presa. E la pinna dello squalo si allontana. Nibali è solo in testa alla corsa. Un uomo solo al comando. Strategie, tattiche, calcoli, azzardi, tutti si riduce a un uno contro uno micidiale. Nessuno cede di schianto, e la pressione sale vertiginosamente.

Ma l’aria di Risoul porta a Nibali dolci ricordi, i secondi diventano minuti, Chaves si inceppa, tanto che Nieve lo riprende e dapprima lo aiuta, ma poi finisce per staccarlo. Ulissi, gliene va reso merito, tiene botta, e non perde molto dalla coppia ispanoparlante. Poi l’arrivo, le braccia alzate di Nibali, il dito al cielo, poi entrambe le mani, le lacrime, i singhiozzi dell’eroe di giornata dopo un’impresa memorabile. Era dietro di quasi cinque minuti, ora il Giro è riaperto. La maglia rosa, però, è di Chaves: stanchezza finale, la sua, o oculatezza, risparmio in vista di una tappa di domani in cui difendersi con l’agio della sua forza in salita da un Nibali comprensibilmente esausto e forse quasi appagato? Poi Majka e Valverde, due età diverse, ma in entrambi una grande solidità e regolarità. Majka cementa una top 5, Valverde vede a una quarantina di secondi il podio, se riuscirà a scalzare Kruijwijk. Sì Kruijswijk oggi arriva al traguardo con enorme tenacia, evitando con incredibile forza caratteriale di sprofondare alla deriva, ed è ancora terzo, in questo Giro meraviglioso. Si scopre una costola rotta (Visconti ci sta correndo da diversi giorni, ma non è certo una gran consolazione): che farà domani? Potrebbe anche non ripartire. O potrebbe tornare in sella per far valere la propria grande gamba. Dal basso in alto, lui, Nibali e Chaves sono racchiusi in meno di un minuto, con all’orizzone Vars, Bonette, Lombarda e Sant’Anna di Vinadio. Quattro voltre sopra i duemila metri, una delle quali prossima ai tremila, più di 4000 metri di dislivello da coprire. Attraverso tutto questo, peserà la minuzia di un minuto. Ma comunque andrà, ancora una volta abbiamo assistito a un grandissimo Giro, e in questo grandissimo Giro a una tappa eccelsa, epica, e non è un’iperbole. Ancora una volta, grazie Vincenzo Nibali.

Gabriele Bugada

28 maggio – 20a tappa: Guillestre – Sant’Anna di Vinadio

LA RIMONTA E’ COMPLETA: IL GIRO E’ DI NIBALI

Il siciliano attacca a 5 km dalla vetta del Colle della Lombarda e rifila 1’36’’ a Chaves, che incappa nella peggiore giornata del suo Giro d’Italia. Valverde, unico a limitare il passivo da Nibali insieme al redivivo Uran, scalza dal gradino più basso del podio Kruijswijk, penalizzato dai postumi della caduta di ieri. Il successo di tappa va a Taaramae, al termine di una fuga nata sul Col de Vars, che ha permesso anche a Nieve di conquistare all’ultima occasione utile la maglia di miglior scalatore.

Non è stata forse la battaglia campale che molti attendevano e auspicavano, dopo i fuochi d’artificio del Colle dell’Agnello e di Risoul, ma la ventesima e penultima tappa del Giro 2016 ha perlomeno offerto una mezzora finale difficile da dimenticare. Una mezzora iniziata dalle parti di Isola 2000, l’abominio architettonico che ammorba la Val di Ciastiglione, a cinque chilometri circa dal Colle della Lombarda, a quindici dal traguardo di Sant’Anna di Vinadio.
Il gruppo maglia rosa era allora ridotto a otto unità, pilotate dal sempre fondamentale Scarponi, dopo quasi quattro ore di gara assai più monotona del previsto.
La scalata a freddo del Col de Vars, in partenza, non aveva prodotto più di 7-8 km di vera bagarre, quelli necessari a far partire una fuga di uomini fuori classifica (Nieve, Dombrowski, Denifl, Kangert, Visconti, Atapuma, Brambilla), cui si sarebbero di lì a poco aggiunti Rybalkin e Taaramae, e poco più tardi Diego Ulissi. Una fuga che ha incontrato resistenza nulla da parte di un gruppo adeguatosi al ritmo giustamente blando della Orica-GreenEDGE di Chaves, e che ha preso definitivamente il largo sul Col de la Bonette, dai più individuato come occasione per cominciare almeno ad impostare un ritmo più esigente, e invece quasi bypassato dal gruppo al placido traino della Movistar, sostituita soltanto in vista del GPM dalla leggermente più bellicosa Tinkoff. Il vantaggio dei battistrada, fra i quali Nieve si involava solitario a conquistare i 35 punti del GPM e a sfilare la maglia azzurra di miglior scalatore dalle spalle di Cunego, si attestava allora intorno ai dieci minuti; l’ennesimo rallentamento del plotone in fondo alla lunghissima discesa, brevemente animata da una timida azione di Amador, prontamente abortita, ha di fatto sancito il buon esito della fuga.
Soltanto dopo un paio di chilometri della Lombarda, quando davanti già infuriava il batti e ribatti di scatti destinato a lanciare Rein Taaramae verso il successo solitario, dopo una serie di sfuriate tanto violente quanto effimere di Atapuma e Dombrowski, la stessa Tinkoff si incaricava di imporre un passo meno pacifico. E non prima di un terzo di salita, quando la Astana è subentrata agli uomini in giallo fluo, con un Fuglsang finalmente dedito alla causa di Nibali, la corsa fra i migliori è finalmente cominciata davvero.
Sotto i colpi del danese, il drappello dei favoriti si è assottigliato ad una quindicina di unità, fra le quali figuravano in ogni caso tutti i top 10, con l’eccezione di un Pozzovivo già disperso sulla Bonette, giunto al traguardo con tre quarti d’ora di ritardo. Perché la spia di qualcuno iniziasse ad accendersi, tuttavia, è servita l’entrata in scena del solito Scarponi, tranquillamente fra i primi cinque-sei scalatori del Giro nella terza settimana. Soltanto Nibali, Valverde, Chaves, Uran, Majka, Jungels e uno stoico Kruijswijk restavano nella sua scia a 5 km dalla vetta, quando, all’uscita da un tornante, il marchigiano ha lasciato via libera al suo capitano. Quest’ultimo è partito da seduto e dalla prima posizione, con un’azione di ispirazione froomeiana, ed è bastata quella prima accelerazione perché alla sua ruota restassero soltanto la maglia rosa e Valverde, mentre Kruijswijk si arrendeva alla costola fratturata e ai dolori assortiti conseguenti alla caduta di ieri.
Facendo tesoro della lezione imparata a proprie spese e a più riprese in questo stesso Giro, Nibali ha spostato la battaglia dal terreno dello scatto secco a quello della progressione; e dopo 500 metri circa in cui il terzetto ha proceduto in fila indiana, la terza accelerazione del siciliano ha definitivamente piegato la resistenza di Chaves.
Il colombiano ha rischiato il crollo istantaneo, perdendo per qualche istante anche la ruota di Valverde, prima di riportarsi sul murciano con un moto d’orgoglio e di tentare di imbastire in sua compagnia un inseguimento. Come ieri, il distacco fra Nibali e Chaves, dopo l’affondo decisivo, si è stabilizzato fra i sei e i nove secondi per diverse centinaia di metri, prima di cominciare a crescere gradualmente.
Quando il divario già lambiva i venti secondi, sul duo Valverde-Chaves si è riportato un redivivo Uran, che, non tardando ad onorare la promessa di fare il possibile per favorire il connazionale, ha gettato alla maglia rosa l’ultimo possibile salvagente, portandosi in testa a scandire il ritmo come il più diligente dei gregari. Ma quando, un chilometro più tardi, anche il passo di Uran si è rivelato eccessivo per il capoclassifica, ben presto riassorbito anche dal drappello di Majka e Jungels, mentre Nibali trovava per strada l’appoggio di Tanel Kangert, il passaggio di consegne in vetta alla generale era sostanzialmente cosa fatta.
In cima, Nibali poteva gestire una trentina di secondi sulla coppia Valverde-Uran, mentre Chaves cedeva già il primato virtuale, scollinando a quasi un minuto. La discesa, tanto breve quanto tecnica e spettacolare, ha visto ridursi la forbice tra Nibali e i più diretti inseguitori, ma allargarsi quella fra il siciliano e la maglia rosa, già in ritardo di venti secondi nella generale provvisoria.
La rampa conclusiva di 2300 metri, pur tutt’altro che agevole, si è trasformata in una passerella per un Nibali ancora in piena spinta, circondato finalmente, a differenza di quanto accaduto sulle strade francesi (per le quali esistono tuttavia valide giustificazioni, non necessariamente di carattere sportivo), da una folla degna del gran finale del Giro.
Sei minuti e quarantaquattro secondi dopo l’arrivo di Taaramae, vincitore su Atapuma e Dombrowski, Nibali ha così potuto tagliare il traguardo già forte della consapevolezza di aver conquistato il suo secondo Giro d’Italia. Valverde ha preceduto Uran tredici secondi più tardi, mentre per l’arrivo di Chaves, staccato nel finale anche da tutti i componenti del suo gruppetto, si è dovuto attendere ancora un minuto e ventitré. Meglio ha fatto Kruijswijk, davanti all’ormai ex leader di 7’’; una prova eccezionale alla luce delle condizioni dell’olandese, ma non sufficiente a respingere l’assalto al podio di Valverde, che lo precede ora di 33’’, arrivato anzi ad insidiare anche la piazza d’onore.
Domani, fra Cuneo e Torino, andrà in scena la tradizionale passerella, la cui prevedibile banalità non potrà comunque scalfire il ricordo di un Giro a cui nessuno potrà mai contestare il difetto della prevedibilità. Alcuni altri Giri e molti Tour, anche negli ultimi anni, hanno probabilmente potuto vantare un lotto partenti più prestigioso e dei valori in gioco superiori; ben pochi, però, hanno saputo svelare una trama tanto avvincente.

Matteo Novarini

Vincenzo Nibali sfoggia la maglia rosa appena conquistata a SantAnna di Vinadio (foto Getty Images Sport)

Vincenzo Nibali sfoggia la maglia rosa appena conquistata a Sant'Anna di Vinadio (foto Getty Images Sport)

13-11-2022

novembre 14, 2022 by Redazione  
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VUELTA AL ECUADOR

Il colombiano Juan Diego Hoyos (Corratec Racing America) si è imposto nella seconda tappa, El Empalme – Puerto Quito, percorrendo 203.6 Km in 5h04′06″, alla media di 42.708 Km/h. Ha preceduto allo sprint gli ecuadoriani Esteban David Villareal (Team Cys Tecnology) e Wilson Steven Haro (Team Banco Guayaquil Ecuador). Nessun italiano in gara. Il messicano Ignacio de Jesús Prado (Canel´s-ZeroUno) è ancora leader della classifica con 5″ sullo statunitense John Borstelmann (Team Rio Grande Elite) e 11″ sul connazionale Efrén Santos (Canel´s-ZeroUno).

TOUR DE OKINAWA

Lo spagnolo Benjamín Prades (Team UKYO SAGAMIHARA) si è imposto nella corsa giapponese, circuito di Nago, percorrendo 210 Km in 5h13′37″, alla media di 40.176 Km/h. Ha preceduto di 29″ il giapponese Genki Yamamoto (KINAN Racing Team) e di 35″ il connazionale José Vicente Toribio (Matrix Powertag). Nessun italiano in gara

NIBALI STORY – CAPITOLO 23: IN OMAN PER RICOMINCIARE A PENSARE AL GIRO

novembre 13, 2022 by Redazione  
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Cambiano gli obiettivi stagionali per Nibali che, dopo due anni d’assenza, decide di tornare alla Corsa Rosa con l’intenzione di andare poi a correre anche il Tour in appoggio a Fabio Aru per preparare al meglio il successivo appuntamento segnalato in rosso sull’agenda dello Squalo, le Olimpiadi di Rio di Janeiro. La marcia d’avvicinamento al Giro prevede il passaggio da una serie di corse a tappe preparatorie, il Tour de San Luis in Argentina a gennaio (dove terminerà 14 in classifica), il Tour of Oman a febbraio, la Tirreno – Adriatico a marzo e il Giro del Trentino ad aprile. In particolare, torna alla corsa araba con l’intenzione di prendersi quella vittoria che gli era sfuggita per un solo secondo nel 2012 e che non era più riuscito ad avvicinare nelle edizioni successive, alle quale si era iscritto anche per colmare questa piccola lacuna che, pur non essendo la corsa particolarmente prestigiosa, probabilmente gli “bruciava”. E stavolta ce la fa: come 4 anni prima si impone nella tappa regina con arrivo sulla Jabal Al Akhdhar e in classifica si impone con 15 secondi sul francese Bardet

SULLA GREEN MOUNTAIN LO SQUALO TRIONFA COME 4 ANNI FA. MA STAVOLTA…

Come nell’edizione 2012, è stato il campione italiano in carica Vincenzo Nibali a tagliare per primo il traguardo posto in vetta alla Green Mountain, salita simbolo di un Tour dell’Oman che presentava un percorso non particolarmente selettivo ma che ha tuttavia visto i big darsi battaglia già dalla prima tappa, con conseguenti capitolazioni anzitempo di corridori ancora indietro con la preparazione come Richie Porte. Nel 2012, però, Nibali dovette accontentarsi del secondo posto in generale alle spalle di Velits, mentre questa volta sembra aver la vittoria davvero a portata di mano.

Tutti attendevano questa giornata.
Il Tour dell’Oman, al contrario di quello del Dubai, che sinora è sempre stato preda dei velocisti, ha sempre visto nelle prime posizioni uomini di un certo peso nel panorama internazionale, specie grazie agli aggiustamenti del percorso negli anni, con l’inserimento di una tappa con arrivo in salita e la proposta di frazioni nervose, adatte agli uomini forti nelle classiche.
Probabilmente, proprio la presenza di una sola vera salita ha spinto in questa edizione i big a darsi battaglia già nelle prime due frazioni un po’ nervose, anche se il vero banco di prova e, probabilmente, il vero giudice per la vittoria finale era comunque la prova odierna, con arrivo ai oltre 1400 metri della “montagna verde”, 7 Km con pendenze arcigne che anno dato il loro verdetto.
Le differenze non sono state abissali, complice un percorso sostanzialmente senza difficoltà fino all’erta finale, ma è stato comunque possibile apprezzare chi, come Vincenzo Nibali, ha già una brillantezza che fa ben sperare e chi, come Richie Porte, è invece alla ricerca di una condizione che ancora non c’è, anche se in Febbraio può comunque starci una certa pesantezza.
La tappa ha naturalmente visto un tentativo di fuga che non ha mai assunto proporzioni preoccupanti e che il gruppo ha tenuto in ostaggio sino alle battute finali. Se si eccettua un effimero tentativo subito dopo il via ufficiale, tramontato già al sesto chilometro, la vera azione che ha caratterizzato la tappa sino ai piedi della salita finale ha visto come animatori Davide Cimolai (Lampre – Merida) e Daniel Oss (BMC), i quali hanno in breve avuto la compagnia di Christoph Pfingsten (Bora-Argon 18), Iljo Keisse (Etixx – Quick Step), Simone Antonini (Wanty – Groupe Gobert), Robin Stenuit (Wanty – Groupe Gobert), Berden de Vries (Roompot – Oranje Peloton), Stijn Steels (Topsport Vlaanderen – Baloise), Bradley White (UnitedHealthcare Pro Cycling Team) e il danese Michael Reihs (Stölting Service Group), usciti dal gruppo con qualche attimo di esitazione rispetto ai due italiani.
Il vantaggio massimo di quattro minuti è stato raggiunto dai battistrada in pochi chilometri, cosa che ha indotto il gruppo ad aumentare leggermente l’andatura fino a portarla al pari di quella degli avventurieri che, a questo punto, potevano anche mettersi il cuore in pace riguardo ad eventuali velleità di vittoria.
Ciononostante, l’azione prosegue sotto la vigilanza del gruppo fino alla salita finale. Già sulle prime rampe l’andatura del gruppo sale notevolmente, polverizzando in un batter d’occhio il vantaggio dei fuggitivi e cominciando a mieter le prime vittime tra i velocisti e tra gli uomini da classifica non ancora in forma.
Il primo a tentare la sortita è Eduardo Sepulveda (Fortuneo – Vital Concept) che vede tuttavia piombare su di lui come un rapace Vincenzo Nibali, che lo stacca imperiosamente provocandogli anche una mezza crisi. Anche Bardet reagisce prontamente e tenta di andarsene ma non riesce né ad involarsi, né a chiudere il buco aperto da Nibali con una tremenda accelerata negli ultimi 150 metri e giunge sotto lo striscione di arrivo con 9 secondi di ritardo dalla nuova maglia rossa. Terzo il compagno di squadra di Nibali, Jakob Fulgsang, seguito da un buon Dumoulin che affila le armi in vista della corsa rosa.
Ora Nibali ha in classifica un vantaggio di 15 secondi su Bardet, 24 su Fulgsang e 40 su Dumoulin.
Guardando il profilo delle prossime tappe, sembra che il Tour dell’Oman possa per la prima volta prendere la strada dell’Italia, salvo una fuga bidone nella tappa di domani che presenta una seconda parte piuttosto nervosetta.
Nibali è sembrato davvero brillante, non ha avuto alcuna difficoltà ad affilarsi a Bardet quando il francese ha cercato di accelerare il ritmo e, nel finale, è bastata una imperiosa accelerazione per togliersi di ruota il transalpino, che ha cominciato a voltarsi indietro ed ha perso 9 secondi in cento metri.

Benedetto Ciccarone

Nibali distanzia il francese Bardet a poche centinaia di metri dal traguardo della Green Mountain (foto Tim de Waele/TDWSport.com)

Nibali distanzia il francese Bardet a poche centinaia di metri dal traguardo della Green Mountain (foto Tim de Waele/TDWSport.com)

12-11-2022

novembre 13, 2022 by Redazione  
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VUELTA AL ECUADOR

Il messicano Ignacio de Jesús Prado (Canel´s-ZeroUno) si è imposto nella prima tappa, Samborondón – El Empalme, percorrendo 216.5 Km in 5h04′06″, alla media di 42.708 Km/h. Ha preceduto di 1″ lo statunitense John Borstelmann (Team Rio Grande Elite) e di 5″ il connazionale Efrén Santos (Canel´s-ZeroUno)-. Nessun italiano in gara. De Jesús Prado è il primo leader della classifica con 5″ su Borstelmann e 11″ su Santos

NIBALI STORY – CAPITOLO 22: FINALMENTE IL LOMBARDIA

novembre 12, 2022 by Redazione  
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Tra le classiche monumento il Giro di Lombardia era quella che più si adatta alle caratteristiche di Nibali, ma finora gli era sempre sfuggita: 80° nel 2005 (al primo anno da professionista), ritirato nel 2006 (e poi nel 2013) e quindi una valanga di piazzamenti piuttosto lontani dal podio con la sola eccezione dell’edizione 2010, che lo aveva visto concludere 5° con quasi un minuto di ritardo dal belga Philippe Gilbert. L’anno giusto per mettere la “classica delle foglie morte” nel palmares sembra essere il 2015, che nelle settimane precedenti lo aveva già visto imporsi in due delle tre prove del Trittico Lombardo, la Bernocchi e la Tre Valli. La condizione che non l’aveva supportato al Tour ora sembrerebbe ritrovata ma stavolta il siciliano non riesce a fare la differenza in salita ed è costretto a sfoderare le sue notevoli doti di discesista per staccare gli avversari: saluta la compagnia nella planata del Civiglio e accumula un discreto vantaggio che gli viene in gran parte eroso sulla salita di San Fermo, prima di tornare a guadagnare nella conclusiva discesa verso il traguardo di Como

IL DIGIUNO E’ FINITO: ASSOLO DI NIBALI A COMO

Il siciliano vince in solitaria il Giro di Lombardia, prima classica monumento in carriera e prima per un italiano negli ultimi sette anni. Decisivo l’attacco nella discesa del Civiglio, a 16 km dall’arrivo. Fondamentale l’apporto di Diego Rosa, che ha scortato fino a quel punto il capitano e ha rallentato a lungo il drappello inseguitore. Vana la rimonta finale di Moreno, che chiude 2°, davanti a Thibaut Pinot.

Sei anni e 351 giorni dopo il terzo Giro di Lombardia di Damiano Cunego, è stato Vincenzo Nibali a spezzare il digiuno di vittorie italiane nelle cinque classiche monumento, accompagnato non casualmente da analoga astinenza fra Mondiali ed Olimpiadi. Ed è giusto che a porvi fine sia stato l’uomo più rappresentativo del nostro movimento, nonché colui che, nella Liegi di tre anni fa, più di ogni altro era andato vicino al successo.
Come Cunego nel 2008, e come le modeste doti di velocista del siciliano imponevano, si è trattato di una vittoria solitaria, giunta al termine di un’azione nata a 16 km dal traguardo. Si era allora all’inizio della discesa del Civiglio, e la situazione, a dispetto dell’impeccabile condotta tattica e della prevedibile superiorità complessiva della Astana, non era delle più rosee per il messinese.
La corazzata kazaka si era fatta carico del controllo della corsa sin dalle battute iniziali, preoccupandosi di addomesticare una fuga della prima ora arrivata a sfiorare i 10 minuti di vantaggio (Schumacher, Barbin, Polanc, Busato, Van Winden, Geschke, de Negri, Canola, Benedetti e Gatto i coraggiosi), e soprattutto di rintuzzare la pericolosissima controffensiva promossa dalla Etixx – Quick Step sul Ghisallo, ed in particolare nella successiva discesa. Stybar, Trentin, Verona e Wisniowski avevano infatti lanciato all’attacco Michael Kwiatkowski, al quale si erano accodati outsider come Wellens, Gesink (insieme al compagno Roosen) e Slagter, oltre ad un Izagirre inviato in qualità di stopper e ad un Nizzolo inevitabilmente destinato a soccombere alla scarsa attitudine alla salita. Il gruppo così formatosi era arrivato a contare quasi due minuti di vantaggio ai piedi della Colma di Sormano, venendo tuttavia progressivamente riportato nei ranghi dal ritmo violento scandito dalla Astana sulla terzultima ascesa di giornata.
Prima Cataldo, e quindi soprattutto Rosa e Landa, nei 2 km scarsi del Muro di Sormano, hanno disgregato il gruppo fino a ridurlo a non più di 7-8 unità, fagocitando tutti gli uomini in avanscoperta meno Kwiatkowski e Wellens, scollinati con una decina di secondi di margine.
Complice la strada ancora umida per la pioggia caduta in mattinata, da molti attesa invano anche per le fasi cruciali, Nibali e i suoi hanno affrontato la discesa con calma, consentendo alla coppia di testa di riguadagnare un altro mezzo minuto, prima di riportarla a tiro ai piedi del Civiglio, lo snodo chiave del tracciato di questa edizione del Lombardia. A giocarsi la corsa – almeno in linea teorica – restavano a quel punto ventiquattro corridori, ossia i due al comando e i ventidue componenti il gruppo principale, rinfoltitosi scendendo dalla Colma, ma comunque privo di elementi di spicco quali Gilbert, Rui Costa, Visconti, Rebellin e Cunego fra gli altri.
I più pronosticavano per il Civiglio un affondo decisivo di Nibali, che nelle classiche italiane d’autunno aveva quasi scherzato con i rivali su salite assai meno impegnative. L’attacco – anzi, gli attacchi – sono in effetti arrivati, già prima di metà salita, ma è bastato il primo scatto per accorgersi che l’azione del siciliano non era tale da fare il vuoto. Due volte Nibali ha tentato e due volte ha rinunciato dopo poche pedalate, venendo agevolmente stoppato da Esteban Chavez; e forse notando che l’uomo più temuto non aveva la gamba che molti si attendevano, gli avversari hanno preso coraggio, con Pinot prima e Nieve poi a tentare la sortita, prontamente bloccati da un impagabile Rosa, capace addirittura a sua volta di un paio di allunghi.
Un terzo e più deciso affondo di Nibali, ormai in vista della vetta, questa volta seguito da Pinot, ha sortito gli stessi scarsi effetti, e così, con il solo San Fermo della Battaglia ancora a disposizione per sbarazzarsi di rivali ben più veloci, insieme allo Squalo e al suo formidabile scudiero restavano ancora Dani Moreno, Valverde e gli stessi Pinot e Chavez, con Nieve attardato di pochi metri e pronto a rientrare ad inizio discesa.
Preso atto che la condizione forse meno perfetta del previsto e la concorrenza ben diversa rispetto a quella del Trittico Lombardo non gli avrebbero permesso di fare la differenza in salita, Nibali ha però saputo rispolverare le formidabili doti di discesista che negli ultimi anni parevano essersi un po’ appannate, forse tenute a freno anche da nuove responsabilità familiari. È bastato un allungo secco, dalla coda del gruppetto, per scavare quel solco che mai si era creato in salita, e ad un tratto è parso di rivedere il Nibali quasi scriteriato ma maledettamente divertente e spettacolare di qualche stagione fa: un paio di tornanti ripresi per i capelli, qualche passaggio in posizioni aerodinamiche che un sasso o un tombino avrebbero potuto rendere suicide, uno slalom fra moto e muro senza toccare il freno, e 5 km più tardi, in fondo alla discesa, complice il marcamento fra gli inseguitori e il grande lavoro di stopper di Rosa, il vantaggio era decollato oltre il mezzo minuto.
Ai piedi del San Fermo della Battaglia, mentre dietro ancora c’era traccia di collaborazione duratura, il margine era addirittura di 41”: sembrava praticamente fatta, finché da dietro è partita la progressione di Dani Moreno. Promosso capitano dal forfait all’ultimo minuto di Purito Rodriguez, il madrileno si è mantenuto passivo sugli scatti di Chavez e Nieve, ancora neutralizzati da Rosa, per poi passare all’azione quando ad allungare è stato Pinot, rendendosi conto che il vincitore della Milano-Torino aveva finalmente esaurito le riserve. Senza nemmeno guardare in faccia il francese, Moreno ha tirato dritto dopo il ricongiungimento, lanciandosi tutto solo all’inseguimento di un Nibali la cui azione si era parecchio appesantita.
In cima, dei 41” rilevati ai piedi della salita ne restavano appena 12, con il contatto visivo a costituire un ulteriore vantaggio per lo spagnolo, già galvanizzato dalla rimonta. La discesa, se pur se molto facile, era però oggi terreno troppo favorevole a Nibali per lasciar pensare alla rimonta, e i 1200 metri pianeggianti finali, ormai dentro Como, sono serviti soltanto ad offrire al siciliano la meritata passerella, mentre una bandierina tricolore trascinata dal vento andava ad attaccarsi sulla maglia e a ribadire quella che da un anno e mezzo campeggia in mezzo alla maglia Astana del messinese.
Moreno ha tagliato il traguardo 21” dopo Nibali, mentre Valverde, svegliatosi troppo tardi, non è riuscito a completare la rimonta su Pinot, 3° alla fine, e si è dovuto accontentare di battere di misura Rosa nello sprint per la 4a piazza. Nieve ha chiuso 6°, mentre Chavez, brillantissimo sul Civiglio, è stato rallentato dai crampi sul San Fermo, proprio subito dopo aver tentato l’attacco. Il colombiano è stato così relegato all’ottavo posto da Gallopin, riportatosi sui più diretti inseguitori nella discesa del Civiglio, al pari di Henao e Brambilla, rispettivamente 9° e 10°.
Al di là dell’enfasi che noi per primi abbiamo messo nell’esaltare la vittoria di Nibali e la fine del digiuno italiano nelle grandi classiche, ci sembra comunque doveroso sottolineare come il risultato non debba distogliere dalle difficoltà del nostro movimento, che rimangono immutate e che sono emerse in tutta la loro gravità appena una settimana fa, con la disastrosa prestazione di squadra al Mondiale di Richmond. Se nei Grandi Giri restiamo competitivi – anche se con solo due atleti in grado di puntare al podio o alla vittoria -, sono le corse di un giorno il terreno dove gli italiani faticano, e non deve trarre in inganno una vittoria ottenuta su un terreno anomalo come quello del Lombardia più duro della storia recente. Un fatto che non sminuisce certo l’impresa del messinese, ma che dimostra come il risultato non sia il frutto di una generale inversione di tendenza. I progressi evidenti di Diego Rosa fanno ben sperare per il futuro, ma è ancora decisamente troppo poco per pensare di essersi lasciati alle spalle gli anni bui.

Matteo Novarini

Vincenzo Nibali si gode il trionfo a Como (foto Tim De Waele/TDWSport.com)

Vincenzo Nibali si gode il trionfo a Como (foto Tim De Waele/TDWSport.com)

11-11-2022

novembre 12, 2022 by Redazione  
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LE TROPHÉE DE LA MAISON ROYALE

Il marocchino Adil El Arbaoui (nazionale marocchina) si è imposto nella corsa marocchina, Guelmim – Tiznit, percorrendo 130.5 Km in 3h02′09″, alla media di 42.987 Km/h. Ha preceduto di 10″ il connazionale Mohammed Saaoud (regionale marocchina) e il tedesco David Scott (Team Embrace The World). Nessun italiano in gara.

NIBALI STORY – CAPITOLO 21: MAN BASSA IN LOMBARDIA PER DIMENTICARE TOUR, VUELTA E MONDIALE

novembre 11, 2022 by Redazione  
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Archiviato un Tour e una Vuelta da dimenticare (nella corsa spagnola era stato squalificato per traino alla prima tappa) Vincenzo Nibali punta alla convocazione in maglia azzurra per gli imminenti mondiali in programma a Richmond. La spedizione oltreoceano sarà pure da cancellare dalla memoria per la nostra nazionale ma il periodo sarà comunque fertile per il corridore siciliano, che riesce ad ottenere il posto nella pattuglia azzurra grazie allo stato di forma dimostrato nelle prime due prove del Trittico Lombardo: è secondo alla Coppa Agostoni e trionfa alla Bernocchi proprio nel giorno del quale il commissario tecnico Davide Cassani annuncia i nomi dei corridori che partiranno per gli Stati Uniti. L’ultima e più prestigiosa prova del trittico, la Tre Valle Varesine, si corre più avanti in calendario, appena tre giorni dopo il rientro in Italia dell’America e qui Nibali dimostra tutta la sua classe e di aver smaltito il jet lag andando a fare sua anche la classica varesina, antipasto di quel Giro di Lombardia che qualche giorno più tardi lo vedrà trionfare in quel di Como (ma di questa vittoria ne parleremo a parte nel prossimo capitolo della Nibali Story)

COPPA AGOSTONI 2015

CLASSE 1971 SUL TRAGUARDO DI LISSONE

Davide Rebellin ha vinto a 44 anni suonati l’edizione 2015 della Coppa Agostoni, classica che apre il trittico Lombardo. Il corridore della CCC Sprandi ha battuto in volata Vincenzo Nibali che si era fatto promotore di un tentativo da lontano, dopo aver fatto lavorare la squadra per riprendere la fuga iniziale. Il veronese non ha perso la ruota del siciliano né sulla salita, né quando lo “Squalo” ha tentato un attacco ai – 3 ed è riuscito poi a batterlo in volata.

Il nome di Davide Rebellin ricorda sempre i tempi di Pantani e di Tonkov, i ragazzacci del 70. Rebellin è solo di un anno più giovane, è professionista dal 92 e, dopo ventitrè anni di attività agonistica impreziosita da prestigiose vittorie, ha ancora voglia di combattere in testa alla corsa. Oggi è stato straordinario per come ha interpretato la corsa: con l’esperienza del vecchio del gruppo, ma con la voglia e la grinta di un giovanissimo.
Nibali, che pure ha voglia di riscatto dopo la squalifica alla Vuelta, non ha potuto nulla contro il coriaceo quarantaquattrenne sempreverde.
La corsa è partita dalla Villa Reale di Monza e subito c’è stata bagarre per portare via alla fuga. Il tentativo riesce dopo circa 20 Km di allunghi a Gianfranco Zilioli (Androni – Sidermec), Lukas Postlberger (Bora – Argon 18), Miguel Benito (Caja Rural – Seguros RGA), Mattia Pozzo (NIPPO – Vini Fantini), Davide Ballerini (Unieuro Willier – Trevigiani) e Giacomo Tomio (Roth – Skoda), quasi subito raggiunti da Stefan Schumacher (CCC Sprandi Polkowice) e Rafael Andriato (Southeast). Anche Felix Baron Castillo (Colombia) e Michele Gazzara (MG.KVis – Vega) tentano di agganciare la fuga, ma non riescono ad accordarsi e spendono inutilmente preziose energie. Postelberg, finito a terra insieme ad altri tre compagni di fuga nella prima discesa da Lissolo, accusa un problema meccanico, perde le ruote dei battistrada e a quel punto si rialza, lasciandosi riassorbire dal gruppo tirato dall’Astana di Nibali.
La squadra del campione d’Italia inizia ad alzare i ritmi quando il vantaggio dei fuggitivi comincia ad assumere proporzioni non gradite; così, quando il gap arriva a 5 minuti, l’accelerazione in testa al gruppo provoca il rapido sgretolarsi del tesoretto temporale accumulato dai fuggitivi, fino alla definitiva capitolazione del tentativo. Proprio in concomitanza con il riassorbimento dell’ultimo strenuo resistente, Zilioli, Vincenzo Nibali e Michele Scarponi lanciano insieme l’attacco seguiti prontamente da Davide Rebellin. In prima battuta Marco Tizza (Team Idea) e Gianni Moscon (Nazionale Italiana) provano senza successo a riportarsi sugli attaccanti, tentativo che riesce ad Mauro Finetto (Southeast) ed Enrico Gasparotto (Wanty – Groupe Gobert), ma anche il loro momento dura poco dato che, sulla seconda salita a Lissolo, sono costretti ad alzare bandiera bianca.
Terminate le salite il gruppo inizia a rimontare, ma in realtà un vero scossone arriva ai – 15, con la Lampre che si porta in testa a tirare. Forse è un po’ troppo tardi perchè, quando ormai il gruppo vede gli attaccanti, questi ultimi aumentano a loro volta il ritmo, riuscendo a conservare un seppur esiguo margine di vantaggio. Ai meno tre, Nibali prova il colpo da finisseur, ma la sua azione provoca solo il distacco del compagno di squadra Scarponi che poteva essere utile in una volata, mentre Rebellin resta incollato alla ruota del siciliano, riuscendo a batterlo in volata.
Finalmente un’edizione emozionante e combattuta per una prestigiosa corsa che negli ultimi anni aveva mostrato segni di declino

Benedetto Ciccarone

COPPA BERNOCCHI

NIBALI IMPLACABILE: DI NUOVO ALL’ATTACCO E CONQUISTA LA BERNOCCHI

Davvero in pochi erano quelli che avrebbero scommesso su una Bernocchi con un epilogo diverso dalla volata a ranghi compatti. Se si guardavano i vari borsini dei favoriti, prediposti dagli appassionati di scommesse, il nome dell’ottimo sprinter Giacomo Nizzolo svettava su tutti. Il bravo sprinter milanese invece si è dovuto accontentare di regolare la volata del gruppo, come era successo anche ieri. Vincenzo Nibali, invece, non pago dell’azione messa in scena all’Agostoni, non essendo riuscito a tradurla in vittoria, si è lanciato all’attacco pure oggi, faticando non poco per conseguire quel vantaggio che alla fine gli ha permesso di trionfare, grazie ad una ulteriore accelerata negli ultimi 500 metri che non ha lasciato ai compagni di fuga alcuna possibilità di replica.

Tra il Tour de France deludente e la squalifica alla Vuelta, la stagione di Vincenzo Nibali poteva rivelarsi disastrosa. Il campione d’Italia, però, lo conosciamo, non si perde d’animo e nei primi due atti del trittico lombardo è riuscito a conquistarsi la convocazione per i prossimi mondiali, nonostante il tracciato non si addica granchè alle sue caratteristiche.
In effetti, bisogna dire che la determinazione che gli viene probabilmente dal dente avvelenato per il fallimento nei due grandi giri gli ha permesso di cogliere un primo ed un secondo posto in due corse che, negli ultimi anni, erano state riserva di caccia per le ruote velocisti.
La corsa ha offerto sin dall’inizio tentativi di attacco. Giorgio Bocchiola (D’Amico – Bottecchia), Pierre-Luc Périchon (Bretagne – Séché), Barosz Huzarski (Bora – Argon18), Felix Baron Castillo (Colombia), Alessandro Pettiti (Team Idea) e David Lozano (Team Novo Nordisk) sono i primi a tentare un’avventura che si esaurisce già al Km 20. Ben più strutturata l’azione di Frédéric Brun (Bretagne – Séché), Michele Scartezzini (MG.KVis – Vega) e Cristiano Monguzzi (Meridiana – Kamen), raggiunti nel giro di poco anche da Bakhtiyar Kozhatayev (Astana), Matteo Trentin e Federico Zurlo (Italia), Edward Ravasi (Lampre – Merida), Serghei Tvetcov e Emanuele Sella (Androni – Sidermec), Stefano Pirazzi (Bardiani – CSF), Cesare Benedetti (Bora – Argon 18), Miguel Angel Benito (Caja Rural – Seguros RGA), Michal Paluta (CCC Sprandi Polkowice), Nicolas Dougall (MTN – Qhubeka), Mamyr Stash (RusVelo), Manuel Belletti (Southeast), Cayetano Sarmiento (Colombia), Marco Marcato (Wanty – Groupe Gobert), Silvio Giorni e Davide Leone (D’Amico – Bottecchia), Luca Cappelli, Manuel Todaro e Alessandro Mariani (Team Idea) e Georg Loef (Team Stuttgart).
Proprio il numero dei partecipanti a questa azione desta preoccupazioni in gruppo, sì che NIPPO – Fantini e Wanty – Groupe Gobert, senza uomini in fuga, vanno a chiudere prima che il vantaggio assuma preoccupanti proporzioni.
In testa al gruppo l’Astana dirige le operazioni, segno che anche oggi Nibali è intenzionato a fare la corsa, e il vantaggio dei fuggitivi non supera i 3 minuti e mezzo.
Sulla penultima salita al Piccolo Stelvio, Nibali prova ad allungare, ma gli avversari, memori dell’azione di ieri e del fatto di non esser rusciti a chiudere su di lui, non sono per nulla d’accordo e il primo tentativo di allungo riesce solo a sgretolare il gruppo, che però si ricompone in breve ed annulla l’azione del campione italiano.
Ai meno 50 esce dal gruppo Emanuel Buchmann (Bora – Argon18) che non solo si riporta sulla testa della corsa ma alza pure il ritmo dei battistrada, mentre dietro Nibali prova per la seconda volta ad allungare insieme a Paolo Tiralongo (Astana) e Maciej Paterski (CCC Sprandi), sui quali si riportano in breve Kristian Sbaragli, Sonny Colbrelli (Bardiani – CSF) ed Enrico Gasparotto (Wanty – Groupe Gobert). Anche questo tentativo, però, non incontra il placet del gruppo che si riporta sui contrattaccanti.
Nibali non si accontenta e, con la testardaggine e la classe che lo caratterizzano, prova per la terza volta l’allungo e questa volta sarà quella buona. Si affilano al siciliano Carlos Quintero (Colombia), Mauro Finetto (Southeast) e Serge Pauwels (MTN – Qhubeka) che, però, deve alzare bandiera bianca. Dal gruppo Gianfranco Zilioli (Androni – Sidermec), José Mendes (Bora – Argon18) e Matteo Trentin (Etixx – QuickStep) capiscono che questa azione può essere quella buona e riescono a riportarsi sulla testa quando mancano 25 chilometri alla conclusione.
A nulla vale il tentativo del gruppo di rinvenire sul drappello degli attaccanti e Nibali negli ultimi 500 metri fa una progressione impressionante alla quale gli avversari non riescono a rispondere.
Dopo aver mancato per un nonnulla la vittoria ieri nella Agostoni, Nibali riesce a prendersi di forza una vittoria che gli regala la convocazione tra gli undici partenti per il mondiale americano.

Benedetto Ciccarone

TRE VALLI VARESINE

IL TRICOLORE SFRECCIA ALLA TRE VALLI

Vincenzo Nibali si impone in maglia di campione italiano alla Tre Valli Varesine, staccando tutti sulla salita di Bobbiate all’ultimo giro. Il siciliano conquista anche il Trittico Lombardo, in cui aveva già vinto la Bernocchi e chiuso 2° la Agostoni. Piazza d’onore alla sorpresa russa Firsanov, terzo Nizzolo. Determinante il grande lavoro della Astana, incluso quello di un Aru interamente sacrificatosi alla causa di Nibali.
La giornata di Vincenzo Nibali, cominciata meno di ventiquattro ore dopo il ritorno dagli Stati Uniti con una mezza idea di ritirarsi dalla Tre Valli Varesine alle prime avvisaglie di stanchezza, si è invece conclusa con la quarta vittoria stagionale, la seconda nel Trittico Lombardo. Smaltita la delusione di Richmond, dove nessuno si aspettava il titolo ma neppure si poteva prevedere una prova tanto anonima da parte sua, il siciliano ha ripreso nel miglior modo possibile la marcia di avvicinamento al Giro di Lombardia, grande obiettivo del finale di questo travagliato 2015.
La concorrenza – va detto – era ben diversa da quella che domenica si schiererà al via della Classica delle Foglie Morte, ma ad autorizzare ad immaginare un Nibali protagonista domenica è – più che il risultato in sé – la dimostrazione di superiorità offerta all’ultimo giro sulla salita di Bobbiate: uno scatto ai piedi della salita, rintuzzato a fatica da Nizzolo in primis e da Pinot e Rebellin in seconda battuta, e un secondo poche centinaia di metri più avanti, quando le gambe degli avversari erano impossibilitate a produrre un secondo cambio di ritmo. In cima, con 3 km scarsi ancora da percorrere, Nibali poteva vantare una decina di secondi di margine su un drappello che andava via via rinfoltendosi, nel quale Pinot tentava invano il contrattacco e nessuna formazione riusciva ad organizzare un inseguimento degno di tale nome.
La’assenza di una discesa dopo lo scollinamento ha complicato l’azione del battistrada, che non ha avuto margine per recuperare dal doppio affondo, ma quando all’ultimo chilometro il cronometro certificava un vantaggio salito a 11”, le possibilità di rientro erano ormai azzerate. Il contrattacco del sorprendente Sergey Firsanov, russo classe 1982 in forza alla RusVelo, è servito soltanto a garantirsi la piazza d’onore, relegando Nizzolo, vincitore della volata di consolazione, al terzo posto.
Grazie ai risultati di Agostoni e Bernocchi, per Nibali è arrivato anche il successo complessivo nel Trittico, ad ulteriore riprova dello stato di grazia in cui si è ripresentato alle gare dopo l’esclusione dalla Vuelta.
Come sottolineato dal vincitore stesso a caldo, con parole in questo caso non di circostanza, fondamentale ai fini del risultato è stata l’enorme mole di lavoro profusa dalla Astana nelle ore precedenti, ed in particolare da metà gara in poi, dopo la neutralizzazione di una pericolosissima fuga di diciassette uomini nata dopo 30 km, in cui si era infilato anche Thibaut Pinot. Dopo aver lasciato via libera ad una ben più addomesticabile azione a due, promossa da Pirazzi e Jeannesson, i kazaki, coadiuvati di tanto in tanto da CCC e Nippo Fantini, si sono incaricati di tenere cucita la corsa fino all’ultimo dei nove giri da percorrere a Varese, con altrettanti passaggi sulle salite del Montello e di Bobbiate. A scuotere il trenino azzurro ha provato con insistenza, nella terzultima tornata, Cesare Benedetti, prima venendo stoppato da Zardini, poi riuscendo ad avvantaggiarsi in compagnia di Scartezzini, Tonelli e Busche. Il drappello così compostosi è rientrato su Jeannesson, capace di sbarazzarsi poco prima di Pirazzi, andando a formare un quintetto che non ha comunque resistito oltre la penultima scalata del Montello.
È stato allora che la Astana ha cambiato marcia, passando dal semplice controllo della corsa ad un deciso tentativo di selezionare il gruppo grazie al forcing di Diego Rosa. Sotto l’impulso del nativo di Alba si è costituito un plotoncino di una trentina di uomini al comando, pilotato dallo stesso Rosa e da Tiralongo fino all’inizio della tornata conclusiva.
Fabio Aru, fino a quel momento rimasto coperto, ma dando sempre un’impressione di minor brillantezza rispetto a Nibali, si è a quel punto messo a completa disposizione del compagno, incaricandosi in un primo tempo di scremare ulteriormente il gruppo, e in un secondo di rintuzzare l’attacco di Andrea Fedi e la controffensiva di Felline.
Riuscita nell’intento di portare tutti assieme ai piedi dell’ascesa finale, alla corazzata kazaka è bastato a quel punto dare semaforo verde al suo leader, per il quale non sembra più così utopico il progetto di salvare una stagione complicata con il primo successo in carriera in una classica monumento. In quell’occasione, Nibali dovrà però fare a meno del supporto di Aru, cortesemente invitato (cioè obbligato) dalla dirigenza Astana a disertare il Lombardia a favore dell’imperdibile Tour of Almaty.

Matteo Novarini

Vincenzo Nibali taglia il traguardo di Varese (foto Bettini)

Vincenzo Nibali taglia il traguardo di Varese (foto Bettini)

10-11-2022

novembre 11, 2022 by Redazione  
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LE TROPHÉE DE L’ANNIVERSAIRE

Il marocchino Nasser Eddine Maatougui (Sidi Ali – Unlock Team) si è imposto nella corsa marocchina, Guelmim – Sidi Ifni, percorrendo 121.5 Km in 2h50′58″, alla media di 42.64 Km/h. Ha preceduto allo sprint i connazionali Adil El Arbaoui (nazionale marocchina) e Achraf Ed Doghmy (nazionale marocchina). Nessun italiano in gara.

NIBALI STORY – CAPITOLO 20: COLPO DI PINNA DELLO SQUALO A LA TOUSSUIRE, MA LA MAGLIA GIALLA NAVIGA LONTANA

novembre 10, 2022 by Redazione  
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Ci aveva creduto Nibali, forte della vittoria dell’anno prima, del bis al campionato nazionale e della scarsità di chilometri a cronometro nel percorso del Tour 2015, che presentava solo i 13 Km della tappa d’apertura a Utrecht e i 28 della cronosquadre del nono giorno. Froome, estromesso nel 2014 da una caduta, si era presentato al via poche settimane dopo aver vinto il Delfinato ma non aveva brillato proprio nella prima crono, nella quale lo “Squalo” aveva fatto meglio per sette secondi. Trenta, invece, ne aveva guadagnati il britannico nella cronosquadre che precedeva i Pirenei, sui quali però il siciliano pativa in particolare le prime due tappe, che lo vedevano incassare un passivo di quasi sei minuti. Meglio andava nelle prime due frazioni sulle Alpi, che il nostro terminava a ridosso della maglia gialla, dalla quale aveva però da recuperare otto minuti alla vigilia degli ultimi due tapponi, un impresa quasi impossibile contro un campione del calibro di Froome. Nibali non si dava per vinto e ci provava sul mitico Col de la Croix-de-Fer, riuscendo a tenere botta fino al traguardo di La Toussuire, dove recuperava poco più di un minuto del suo svantaggio. L’indomani si affronterà l’Alpe d’Huez dove Vincenzo sarà, però, protagonista sfortunato per via di una foratura avvenuta subito prima dell’attacco dell’ascesa finale che gli tarperà definitivamente le ali.

24 luglio – 19a tappa: Saint Jean de Maurienne – La Toussuire-Les Sybelles

BENTORNATO SQUALO! IL PODIO ORA E’ VICINO

Vincenzo Nibali vince alla grande una delle tappe più dure del Tour de France con un attacco sulla salita della Croix de Fer, a quasi 60 Km dalla conclusione. Nelle fasi successive è bravo a gestirsi, riuscendo a mantenere ed incrementare il vantaggio, senza strafare in modo da reggere anche l’ultima salita. Negli ultimi chilometri paga un po’ lo sforzo ma resiste al ritorno di Quintana che, con una delle sue progressioni, stacca Froome. Ora il podio è a 1′20″ e domani, se Nibali riuscirà a recuperare la fatica, potrà tentare sull’Alpe l’assalto al terzo posto.

La più dura tappa alpina regala una grande vittoria a Vincenzo Nibali che attacca a 60 Km dalla conclusione, prendendo un rischio non indifferente, anche perchè dietro c’erano gli uomini della top ten che non avevano nessuna intenzione di perdere posizioni. Ciononostante, Vincenzo si gestisce bene nei chilometri che precedevano l’ultima salita per poi dare il massimo salendo verso La Toussuire. Ha pagato un po’ lo sforzo nel finale, poichè negli ultimi chilometri era nettamente in difficoltà ma, da grande campione qual è, è riuscito a gestire anche la difficoltà, resistendo al rientro di uno scatenato Nairo Quintana, che è riuscito a staccare Froome, ma si è mosso decisamente troppo tardi. L’azione del colombiano ha dimostrato che Froome non è inattaccabile; il keniano bianco non ha controllato Quintana, ha dovuto mollare, arrivando al traguardo sfinito e conferma, quindi, come il suo tallone d’Achille nelle grandi corse a tappe sia la terza settimana, nella quale, evidentemente, subisce un calo fisiologico. Del resto, Froome, con le sue azioni, ha dimostrato di avere una gran gamba per inscenare attacchi esplosivi negli ultimi chilometri, ma di non essere un fondista che viene fuori alla distanza. Si pensava, infatti, che l’attuale maglia gialla potesse soffrire la prima settimana nervosa, memori del minuto perso nella tappa dei ventagli del Tour 2013, invece Froome è uscito da quella settimana con la maglia gialla sulle spalle, un primato che ha poi consolidato nel primo arrivo in salita su Pirenei.
Quintana ha atteso decisamente troppo e quanto è successo oggi ha dimostrato che, se il colombiano avesse messo alla frusta il leader un po’ prima, forse ora sarebbe molto più vicino in generale. Froome non aveva mai mostrato segni di cedimento, tuttavia neppure erano stati portati attacchi tali da costringerlo a rispondere, tanto che, sui vari allunghi, i gregari riuscivano a chiudere da soli. Al primo vero attacco a viso aperto di Quintana, Froome ha pagato qualcosa anche se è riuscito a limitare i danni, difendendosi molto bene. Non sono riusciti, invece, a difendersi altrettanto bene Contador e Valverde che, nell’ultima ascesa, non hanno recuperato quasi nulla ad un Nibali che era allo scoperto da molti chilometri. Non bisogna poi dimenticare che Nibali non ha beneficiato per nulla della temporanea compagnia di Pierre Rolland, dato che il forte corridore francese non ha collaborato granché nella discesa del Mollard ed ha ceduto sulla prime rampe della salita finale verso La Toussuire. Di fatto, la cavalcata di Nibali è stata un’impresa solitaria, anche se ha trovato temporaneamente l’appoggio di Talansky.
Veniamo ora al casus belli. Lungo la salita verso il colle della Croce di Ferro, come lo definiva Gino Bartali, Froome ha avuto un problema meccanico e si è dovuto fermare qualche secondo per risolverlo. In quella circostanza, Nibali ha provato ad accelerare e nessuno lo ha seguito. Nulla di antisportivo ovviamente, questa è la corsa. Inoltre, non si può non considerare che una ventina di secondi a 60 Km dalla conclusione in una tappa di montagna non sono gran cosa, specialmente perchè Nibali davanti era solo, mentre dietro erano in gruppo. Tuttavia, già in quella occasione, Froome aveva impiegato un po’ troppo tempo a ritornare sui migliori. Può essere che abbia voluto tornare su regolare, senza sparate assurde, ma questa circostanza unita ai metri persi ieri vicino al GPM di Montvernier doveva indurre un uomo come Quintana a provare a forzare ed andare via con Nibali. Invece, il colombiano è rimasto tranquillo e, pur avendo ben tre minuti di ritardo dal keniano bianco, si è mosso solo negli ultimi 5 chilometri, racimolando circa 30 secondi.
La corsa comunque è stata animata sin da subito e Nibali aveva mostrato spirito battagliero sin dalla prime battute.
La partenza era in salita e questo, si sa, può provocare problemi a molti. Abbiamo, infatti, visto i corridori scaldare le gambe sui rulli per non farsi trovare ingolfati sulle prime rampe.
Subito dopo il via ufficiale, inizia la bagarre con Feillu che apre la girandola degli scatti. La sua azione, però, non da frutti. Riesce invece ad andarsene Joaquim “Purito” Rodriguez (Team Katusha), con Jean – Christophe Peraud (Ag2r La Mondiale), che con i suoi bendaggi, si riporta sullo spagnolo. Poco dopo si accodano anche Lieuwe Westra (Astana), José Herrada (Movistar), Alberto Losada (Katusha), Romain Sicard (Europcar), Steven Kruijswijk (LottoNL – Jumbo), Ruben Plaza (Lampre – Merida), Dylan Van Baarle (Cannondale – Garmin) e Nicolas Edet (Cofidis). La bagarre, però, non finisce qui e, dal gruppo, continuano ad uscire atleti. Il tentativo di Bauke Mollema (Trek), Mathias Frank (IAM Cycling) e Peter Sagan (Tinkoff – Saxo) non ha buon esito, mentre miglior sorte aspetta Adriano Malori (Movistar), Michele Scarponi (Astana), Christophe Riblon (Ag2r La Mondiale), Alexandre Geniez (FDJ), Michael Rogers (Tinkoff – Saxo), Tony Gallopin (Lotto Soudal), Giampaolo Caruso (Katusha), Pierre Rolland, Cyril Gautier (Europcar), Andrew Talansky, Daniel Martin (Cannondale – Garmin), Daniel Navarro (Cofidis), Jarlinson Pantano (IAM Cycling), Emanuel Buchmann, Bartosz Huzarski (Bora – Argon18) e Daniel Teklehaymanot (MTN – Qhubeka), che riescono a riportarsi sui battistrada.
Poco dopo, ad oltre 120 Km dalla conclusione, allunga Alberto Contador, ma il suo connazionale Alejandro Valverde Belmonte si riporta su di lui, facendo da stopper come già era successo. Il tentativo del pistolero si conclude quindi nel giro di pochi minuti. Più incisivo il successivo tentativo di Vincenzo Nibali, che si riporta sul gruppo di testa e si mette a ruota di Scarponi, che scandisce il ritmo. Dietro, ne approfittano Valverde e Contador, che si riaccodano al gruppo di testa, mentre la maglia gialla resta solo con Pouls che cerca di operare il ricongiungimento, andato in porto dopo lo scollinamento del Col du Chaussy.
Al termine della discesa, una strada di fondovalle di trenta chilometri dava la sensazione, rivelatasi poi esatta, che le scaramucce della prima salita fossero servite sia come test per provare un po’ la gamba e vedere le reazioni, sia come azioni per mettere alla frusta la squadra di Froome e, per quel che riguarda Nibali, in particolare per mettere in difficoltà Geraint Thomas, cosa che è poi puntualmente avvenuta e si è tradotta nell’uscita di classifica del bravo compagno di squadra di Froome, che è ora quindicesimo in generale con circa mezz’ora di ritardo dalla maglia gialla.
Nella discesa attaccano prima Bardet e poi Uran, sui quali si riportano, nel primo tratto di fondovalle, anche Rodriguez, Rogers, Pantano, Kruijswijk, Losada, Edet, Gautier, Sicard, Plaza, Malori, Herrada, Van Baarle, Tony Gallopin, Tim Wellens (Lotto Soudal), Roman Kreuziger (Tinkoff – Saxo), Tanel Kangert (Astana), Stef Clement (IAM Cycling), Stephen Cummings (MTN – Qhubeka) e successivamente anche l’eritreo Daniel Teklehaymanot.
Nel tratto pianeggiante il gruppo cala un po’ il ritmo e la fuga riesce a guadagnare un margine di un paio di minuti. Sulla salita della Croix de Fer, Rolland lancia l’attacco e se ne va da solo, mentre dietro provano ad organizzarsi Uran, Kruijswijk e Plaza. Nel gruppo della maglia gialla si portano in testa gli Astana, con Scarponi che impone un netto cambio di ritmo rispetto a quello regolare impostato dagli Sky. E’ il preludio all’accelerazione dello “Squalo”, sul quale si riportano Froome, Quintana, Valverde e Contador, mentre dietro i vari Thomas, Barguil, Frank e anche Gesink soffrono non poco.
A 4 chilometri dallo scollinamento nuova accelerazione di Nibali che arriva in concomitanza con un incidente meccanico di Froome. Nibali parte all’attacco mentre Froome deve fermarsi. Nel gruppo maglia gialla nessuno riesce a rispondere al siciliano, che se ne va da solo all’inseguimento del gruppetto con il suo compagno di squadra Talansky. Dopo l’incidente di Froome, in gruppo c’è un attimo di esitazione per capire cosa fare e questo permette a Nibali di guadagnare subito un discreto vantaggio. Nella discesa Nibali non forza e mantiene un ritardo di un minuto da Rolland e un vantaggio di 50 secondi sul gruppo maglia gialla. Su Col du Mollard la Movistar pone Herrada a scandire il passo, ma il ritmo dello spagnolo non riesce ad evitare che il distacco nei confronti dello “Squalo” continui a lievitare, fino a toccare il minuto e 50 allo scollinamento, quando Nibali raggiunge Rolland. Il francese non sembra felicissimo degli inviti del messinese a collaborare e si pone solo sporadicamente davanti nella discesa. Intanto, Bardet tenta di distanziare il gruppo in discesa, ma un problema meccanico gli impedisce di innestare il lungo rapporto nei tratti dove esso sarebbe utile e Bardet deve affrontare la discesa solo cercando le traiettorie migliori, finchè la giuria permette alla sua ammiraglia di passare il gruppo (con uno strappo alla regola) per permettere al corridore di casa di cambiare la bicicletta. Ai piedi della salita finale la coppia di testa ha un vantaggio di circa 2 minuti sul gruppo della maglia gialla, ormai ridotto ad una quidicina di unità.
Bastano poche rampe della salita finale e Rolland è costretto ad alzare bandiera bianca, si accende la spia della riserva e Nibali si risolve ad andar via da solo sulla lunga ascesa finale. A questo punto, l’unico timore del siciliano è che dietro si scateni la fine del mondo tra i grandi e che, ciò, unito allo sforzo fatto, possa ridurre il suo vantaggio mettendo a rischio la vittoria di tappa.
Contador, vedendo che il vantaggio di Nibali si va dilatando e che la sua posizione in classifica peggiora, mette in testa Rafal Majka che, però, scandisce un passo uguale a quello di Nibali, con la conseguenza che il vantaggio resta immutatom veleggiando tra i 2 minuti e 10 ed i 2 e 20.
La situazione cambia solo ai – 5, quando Quintana decide che è il momento di rompere gli indugi ed attacca la maglia gialla. Si suol dire “meglio tardi che mai” ma, in questo caso, l’attacco del leader della Movistar arriva veramente tardi. Si tratta comunque di una azione poderosa: Froome prova a rispondere, ma non c’è la solita frullata ed il keniano bianco deve limitarsi alla difesa, che comunque gli riesce abbastanza bene. Contador, Valverde e gli altri non reggono il ritmo e Nibali mantiene il vantaggio di oltre due minuti su di loro, conquistando la quarta posizione e portandosi ad 1 minuto e 20 secondi dal podio.
Quintana guadagna 30 secondi su Froome e probabilmente stasera avvertirà il rammarico dell’eccessivo attendismo che ha caratterizzato la sua condotta in corsa.
A questo punto c’è da chiedersi cosa accadrà domani.
Se Quintana deciderà di tentare il tutto per tutto potrebbe cercare di far fare un ritmo alto per staccare gli Sky nella prima parte dell’eterna salita verso la Croix de Fer e, poi, attaccare nella seconda parte della salita e vedere la risposta di Froome. Se il britannico dovesse manifestare difficoltà, l’azione potrebbe anche continuare e Nibali potrebbe affilarsi in cerca del podio. A quel punto, Quintana avrebbe il problema di Valverde, ma difficilmente il colombiano sacrificherebbe una possibile maglia gialla per il terzo posto del compagno di squadra. Potrebbe cercare di staccare Nibali, ma solo sull’Alpe dato che prima gli sarebbe anche utile. In una simile situazione, potrebbe succedere di tutto perchè Contador potrebbe avere interesse a tirare, ma Valverde si troverebbe nella spiacevole situazione (per il suo podio) di avere Quintana davanti.
Oppure potrebbe esserci la battaglia finale solo sull’Alpe, ma questo significherebbe per Quintana accontentarsi della seconda piazza proprio dopo aver verificato che Froome è attaccabile. Nibali, dal canto suo, potrebbe pagare lo sforzo di oggi.
Tuttavia, queste sono tutte supposizioni e quel che accadrà domani ce lo diranno solo le gambe dei corridori

Benedetto Ciccarone

Nibali vince alla sua maniera il più duro dei tapponi alpini del Tour 2015 (foto Bettini)

Nibali vince alla sua maniera il più duro dei tapponi alpini del Tour 2015 (foto Bettini)

NIBALI STORY – CAPITOLO 19: BIS TRICOLORE COL PENSIERO ALLA MAGLIA GIALLA

novembre 9, 2022 by Redazione  
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Dopo aver vinto il Tour Nibali decide di focalizzare anche la stagione 2015 sulla Grande Boucle. Pure stavolta la marcia d’avvicinamento all’appuntamento sulle strade francesi non è prima d’inciampi, che sono numerosi, esattamente come l’anno prima: alla Tirreno va in crisi nella tappa del Terminillo e perde più di due minuti, alla Liegi è 14° dopo una caduta, al Romandia non brilla mentre sembra andare meglio al Delfinato, dove prende la maglia gialla nella seconda tappa di montagna per poi cedere pesantemente il giorno successivo. Stavolta per risollevarsi non serve nessuna lavata di capo dai dirigenti perché Nibali mette sul piatto tutto il suo orgoglio e lo dimostra al campionato nazionale, che vince per il secondo anno consecutivo imponendosi sull’impegnativo arrivo in salita a Superga

NIBALI, BIS TRICOLORE A SUPERGA NELLA SPERANZA DI UN’ALTRA DOPPIETTA AL TOUR

Vincenzo Nibali bissa il successo del 2014 vestendo nuovamente la maglia tricolore di Campione Italiano su Strada sul Colle di Superga. Corsa appassionante che dopo la fuga iniziale di cinque ciclisti ha visto l’Astana prendere in mano le redini nel finale. Nibali è stato artefice di numerosi attacchi, sia in salita che in discesa, che hanno dimostrato la freschezza e la buona condizione atletica anche in vista del Tour. Ottimo secondo Francesco Reda (Team Idea) mentre chiude il podio Diego Ulissi (Lampre Merida), deluso al traguardo, che ha peccato di una condizione calante dopo il Giro.

I Campionati Italiani di Ciclismo 2015, piuttosto al ribasso dopo i soli 14 partenti della prova a cronometro, prevedevano oggi il gran finale con la prova su strada maschile. Anche qui, la partecipazione di soli 108 ciclisti non colpiva certamente l’occhio, ma considerando le grandi manovre in vista del Tour de France potevamo almeno consolarci con la presenza di Vincenzo Nibali, campione uscente e tra i grandi favoriti della prova odierna. Il percorso, un totale di 219 km con partenza da Legnano, ricalcava per grandi linee la Milano-Torino, consueta classica autunnale, con la doppia scalata finale del Colle di Superga che aspettava i ciclisti più adatti a questo tipo di percorso e per questo il siciliano partiva con i favori del pronostico.
Già dalle prime fasi di corsa si segnalavano diversi attacchi per portare via la fuga. I primi a provarci erano Giorgio Cecchinel (Team Southeast), Riccardo Stacchiotti (Nippo-Fantini), Adriano Brogi (D’Amico-Bottecchia), Davide Viganò (Team Idea) e Manuele Boaro (Tinkoff-Saxo), che venivano ripresi quasi subito dal gruppo lanciato. Dopo continui scatti e controscatti, intorno al 30° km si sganciava finalmente la fuga buona grazie all’azione di Luca Sterbini (Bardiani – CSF), Antonio Nibali (Nippo – Fantini), Filippo Fortin (GM Cycling Team), Giorgio Cecchinel (Team Southeast) e Marco Frapporti (Androni-Sidermec). La fuga, però, non impensieriva più di tanto il gruppo, che manteneva su di essa un controllo costante, non consentendole di superare i tre minuti di vantaggio. La corsa si manteneva così piuttosto statica per i primi tre quarti del percorso, tutti in pianura, prima dell’ultima parte caratterizzata dalla doppia salita verso il colle di Superga. Il vantaggio della fuga calava lentamente ma inesorabilmente sotto l’azione in testa al gruppo delle squadre più attese, l’Astana di Nibali e la Lampre Merida di Ulissi. Ai meno 8° il vantaggio del quintetto in fuga era ormai di solo un minuto. Nel frattempo si formava un gruppetto di tre contrattaccanti che evadeva dal gruppo principale, formato da Alessandro Tonelli (Bardiani – CSF), Alesandro Petitti (Team Idea 2010) e Alessandro Bazzana (Team UnitedHealthcare). Il gruppo, però, non dava il permesso a questo nuovo contrattacco, bloccandolo quasi sul nascere. Una caduta senza troppe conseguenze coinvolgeva Andrea Manfredi (Bardiani CSF) e Rino Zampilli (Amore & Vita). Il gruppo incalzava ormai i cinque fuggitivi, che venivano ripresi poco prima dell’inizio della prima scalata verso Superga. Ricominciavano così gli scatti e i controscatti, con Sonny Colbrelli (Bardiani – CSF) che partiva a tutta ma che veniva ripreso quasi subito dal gruppo, tirato sempre da Lampre e Astana. Iniziava così la prima ascesa verso Superga, con Valerio Agnoli e Dario Cataldo (Team Astana) che si mettevano davanti a imprimere un ritmo piuttosto elevato. Il gruppo si sfaldava rapidamente con Nibali che provava un attacco poco prima dello scollinamento, che vedeva solamente una decina di ciclisti in testa, con gli attesi protagonisti tutti presenti. Nibali riprovava ad allungare in discesa, con Francesco Reda (Team Idea) e Diego Ulissi (Lampre Merida) che ricucivano prontamente sul siciliano, che rilanciava continuamente provando a giocarsi la vittoria in discesa. Il siciliano iniziava da solo la seconda e ultima ascesa verso Superga, con una decina di secondi di vantaggio sulla coppia Reda-Ulissi. Ulissi provava tutto solo a riportarsi sull’uomo dell’Astana e riusciva a prendergli la ruota a circa meno tre chilometri dall’arrivo. Anche Reda riusciva a riportarsi sulla coppia di testa. Nibali portava l’attacco decisivo a meno di 2 km dall’arrivo e con uno scatto fulmineo metteva tra sé e gli altri due una decina di secondi. L’ultimo chilometro era un’apoteosi tra due ali di folla per il campione siciliano, che tagliava il traguardo a braccia alzate e bissava la vittoria dello scorso anno. In seconda posizione Francesco Reda precedeva Diego Ulissi, mentre chiudevano la top five Gianfranco Zilioli (Androni Giocattoli) in quarta posizione e Davide Rebellin in quinta. Adesso Nibali vestirà di nuovo la maglia tricolore al Tour de France, dove lo aspettiamo con fiducia.

Giuseppe Scarfone

Nibali, splendido tris tricolore allombra della basilica di Superga (foto Bettini)

Nibali, splendido tris tricolore all'ombra della basilica di Superga (foto Bettini)

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