NIBALI STORY – CAPITOLO 22: FINALMENTE IL LOMBARDIA

novembre 12, 2022
Categoria: News

Tra le classiche monumento il Giro di Lombardia era quella che più si adatta alle caratteristiche di Nibali, ma finora gli era sempre sfuggita: 80° nel 2005 (al primo anno da professionista), ritirato nel 2006 (e poi nel 2013) e quindi una valanga di piazzamenti piuttosto lontani dal podio con la sola eccezione dell’edizione 2010, che lo aveva visto concludere 5° con quasi un minuto di ritardo dal belga Philippe Gilbert. L’anno giusto per mettere la “classica delle foglie morte” nel palmares sembra essere il 2015, che nelle settimane precedenti lo aveva già visto imporsi in due delle tre prove del Trittico Lombardo, la Bernocchi e la Tre Valli. La condizione che non l’aveva supportato al Tour ora sembrerebbe ritrovata ma stavolta il siciliano non riesce a fare la differenza in salita ed è costretto a sfoderare le sue notevoli doti di discesista per staccare gli avversari: saluta la compagnia nella planata del Civiglio e accumula un discreto vantaggio che gli viene in gran parte eroso sulla salita di San Fermo, prima di tornare a guadagnare nella conclusiva discesa verso il traguardo di Como

IL DIGIUNO E’ FINITO: ASSOLO DI NIBALI A COMO

Il siciliano vince in solitaria il Giro di Lombardia, prima classica monumento in carriera e prima per un italiano negli ultimi sette anni. Decisivo l’attacco nella discesa del Civiglio, a 16 km dall’arrivo. Fondamentale l’apporto di Diego Rosa, che ha scortato fino a quel punto il capitano e ha rallentato a lungo il drappello inseguitore. Vana la rimonta finale di Moreno, che chiude 2°, davanti a Thibaut Pinot.

Sei anni e 351 giorni dopo il terzo Giro di Lombardia di Damiano Cunego, è stato Vincenzo Nibali a spezzare il digiuno di vittorie italiane nelle cinque classiche monumento, accompagnato non casualmente da analoga astinenza fra Mondiali ed Olimpiadi. Ed è giusto che a porvi fine sia stato l’uomo più rappresentativo del nostro movimento, nonché colui che, nella Liegi di tre anni fa, più di ogni altro era andato vicino al successo.
Come Cunego nel 2008, e come le modeste doti di velocista del siciliano imponevano, si è trattato di una vittoria solitaria, giunta al termine di un’azione nata a 16 km dal traguardo. Si era allora all’inizio della discesa del Civiglio, e la situazione, a dispetto dell’impeccabile condotta tattica e della prevedibile superiorità complessiva della Astana, non era delle più rosee per il messinese.
La corazzata kazaka si era fatta carico del controllo della corsa sin dalle battute iniziali, preoccupandosi di addomesticare una fuga della prima ora arrivata a sfiorare i 10 minuti di vantaggio (Schumacher, Barbin, Polanc, Busato, Van Winden, Geschke, de Negri, Canola, Benedetti e Gatto i coraggiosi), e soprattutto di rintuzzare la pericolosissima controffensiva promossa dalla Etixx – Quick Step sul Ghisallo, ed in particolare nella successiva discesa. Stybar, Trentin, Verona e Wisniowski avevano infatti lanciato all’attacco Michael Kwiatkowski, al quale si erano accodati outsider come Wellens, Gesink (insieme al compagno Roosen) e Slagter, oltre ad un Izagirre inviato in qualità di stopper e ad un Nizzolo inevitabilmente destinato a soccombere alla scarsa attitudine alla salita. Il gruppo così formatosi era arrivato a contare quasi due minuti di vantaggio ai piedi della Colma di Sormano, venendo tuttavia progressivamente riportato nei ranghi dal ritmo violento scandito dalla Astana sulla terzultima ascesa di giornata.
Prima Cataldo, e quindi soprattutto Rosa e Landa, nei 2 km scarsi del Muro di Sormano, hanno disgregato il gruppo fino a ridurlo a non più di 7-8 unità, fagocitando tutti gli uomini in avanscoperta meno Kwiatkowski e Wellens, scollinati con una decina di secondi di margine.
Complice la strada ancora umida per la pioggia caduta in mattinata, da molti attesa invano anche per le fasi cruciali, Nibali e i suoi hanno affrontato la discesa con calma, consentendo alla coppia di testa di riguadagnare un altro mezzo minuto, prima di riportarla a tiro ai piedi del Civiglio, lo snodo chiave del tracciato di questa edizione del Lombardia. A giocarsi la corsa – almeno in linea teorica – restavano a quel punto ventiquattro corridori, ossia i due al comando e i ventidue componenti il gruppo principale, rinfoltitosi scendendo dalla Colma, ma comunque privo di elementi di spicco quali Gilbert, Rui Costa, Visconti, Rebellin e Cunego fra gli altri.
I più pronosticavano per il Civiglio un affondo decisivo di Nibali, che nelle classiche italiane d’autunno aveva quasi scherzato con i rivali su salite assai meno impegnative. L’attacco – anzi, gli attacchi – sono in effetti arrivati, già prima di metà salita, ma è bastato il primo scatto per accorgersi che l’azione del siciliano non era tale da fare il vuoto. Due volte Nibali ha tentato e due volte ha rinunciato dopo poche pedalate, venendo agevolmente stoppato da Esteban Chavez; e forse notando che l’uomo più temuto non aveva la gamba che molti si attendevano, gli avversari hanno preso coraggio, con Pinot prima e Nieve poi a tentare la sortita, prontamente bloccati da un impagabile Rosa, capace addirittura a sua volta di un paio di allunghi.
Un terzo e più deciso affondo di Nibali, ormai in vista della vetta, questa volta seguito da Pinot, ha sortito gli stessi scarsi effetti, e così, con il solo San Fermo della Battaglia ancora a disposizione per sbarazzarsi di rivali ben più veloci, insieme allo Squalo e al suo formidabile scudiero restavano ancora Dani Moreno, Valverde e gli stessi Pinot e Chavez, con Nieve attardato di pochi metri e pronto a rientrare ad inizio discesa.
Preso atto che la condizione forse meno perfetta del previsto e la concorrenza ben diversa rispetto a quella del Trittico Lombardo non gli avrebbero permesso di fare la differenza in salita, Nibali ha però saputo rispolverare le formidabili doti di discesista che negli ultimi anni parevano essersi un po’ appannate, forse tenute a freno anche da nuove responsabilità familiari. È bastato un allungo secco, dalla coda del gruppetto, per scavare quel solco che mai si era creato in salita, e ad un tratto è parso di rivedere il Nibali quasi scriteriato ma maledettamente divertente e spettacolare di qualche stagione fa: un paio di tornanti ripresi per i capelli, qualche passaggio in posizioni aerodinamiche che un sasso o un tombino avrebbero potuto rendere suicide, uno slalom fra moto e muro senza toccare il freno, e 5 km più tardi, in fondo alla discesa, complice il marcamento fra gli inseguitori e il grande lavoro di stopper di Rosa, il vantaggio era decollato oltre il mezzo minuto.
Ai piedi del San Fermo della Battaglia, mentre dietro ancora c’era traccia di collaborazione duratura, il margine era addirittura di 41”: sembrava praticamente fatta, finché da dietro è partita la progressione di Dani Moreno. Promosso capitano dal forfait all’ultimo minuto di Purito Rodriguez, il madrileno si è mantenuto passivo sugli scatti di Chavez e Nieve, ancora neutralizzati da Rosa, per poi passare all’azione quando ad allungare è stato Pinot, rendendosi conto che il vincitore della Milano-Torino aveva finalmente esaurito le riserve. Senza nemmeno guardare in faccia il francese, Moreno ha tirato dritto dopo il ricongiungimento, lanciandosi tutto solo all’inseguimento di un Nibali la cui azione si era parecchio appesantita.
In cima, dei 41” rilevati ai piedi della salita ne restavano appena 12, con il contatto visivo a costituire un ulteriore vantaggio per lo spagnolo, già galvanizzato dalla rimonta. La discesa, se pur se molto facile, era però oggi terreno troppo favorevole a Nibali per lasciar pensare alla rimonta, e i 1200 metri pianeggianti finali, ormai dentro Como, sono serviti soltanto ad offrire al siciliano la meritata passerella, mentre una bandierina tricolore trascinata dal vento andava ad attaccarsi sulla maglia e a ribadire quella che da un anno e mezzo campeggia in mezzo alla maglia Astana del messinese.
Moreno ha tagliato il traguardo 21” dopo Nibali, mentre Valverde, svegliatosi troppo tardi, non è riuscito a completare la rimonta su Pinot, 3° alla fine, e si è dovuto accontentare di battere di misura Rosa nello sprint per la 4a piazza. Nieve ha chiuso 6°, mentre Chavez, brillantissimo sul Civiglio, è stato rallentato dai crampi sul San Fermo, proprio subito dopo aver tentato l’attacco. Il colombiano è stato così relegato all’ottavo posto da Gallopin, riportatosi sui più diretti inseguitori nella discesa del Civiglio, al pari di Henao e Brambilla, rispettivamente 9° e 10°.
Al di là dell’enfasi che noi per primi abbiamo messo nell’esaltare la vittoria di Nibali e la fine del digiuno italiano nelle grandi classiche, ci sembra comunque doveroso sottolineare come il risultato non debba distogliere dalle difficoltà del nostro movimento, che rimangono immutate e che sono emerse in tutta la loro gravità appena una settimana fa, con la disastrosa prestazione di squadra al Mondiale di Richmond. Se nei Grandi Giri restiamo competitivi – anche se con solo due atleti in grado di puntare al podio o alla vittoria -, sono le corse di un giorno il terreno dove gli italiani faticano, e non deve trarre in inganno una vittoria ottenuta su un terreno anomalo come quello del Lombardia più duro della storia recente. Un fatto che non sminuisce certo l’impresa del messinese, ma che dimostra come il risultato non sia il frutto di una generale inversione di tendenza. I progressi evidenti di Diego Rosa fanno ben sperare per il futuro, ma è ancora decisamente troppo poco per pensare di essersi lasciati alle spalle gli anni bui.

Matteo Novarini

Vincenzo Nibali si gode il trionfo a Como (foto Tim De Waele/TDWSport.com)

Vincenzo Nibali si gode il trionfo a Como (foto Tim De Waele/TDWSport.com)

Commenta la notizia