NIBALI STORY – CAPITOLO 23: IN OMAN PER RICOMINCIARE A PENSARE AL GIRO

novembre 13, 2022
Categoria: News

Cambiano gli obiettivi stagionali per Nibali che, dopo due anni d’assenza, decide di tornare alla Corsa Rosa con l’intenzione di andare poi a correre anche il Tour in appoggio a Fabio Aru per preparare al meglio il successivo appuntamento segnalato in rosso sull’agenda dello Squalo, le Olimpiadi di Rio di Janeiro. La marcia d’avvicinamento al Giro prevede il passaggio da una serie di corse a tappe preparatorie, il Tour de San Luis in Argentina a gennaio (dove terminerà 14 in classifica), il Tour of Oman a febbraio, la Tirreno – Adriatico a marzo e il Giro del Trentino ad aprile. In particolare, torna alla corsa araba con l’intenzione di prendersi quella vittoria che gli era sfuggita per un solo secondo nel 2012 e che non era più riuscito ad avvicinare nelle edizioni successive, alle quale si era iscritto anche per colmare questa piccola lacuna che, pur non essendo la corsa particolarmente prestigiosa, probabilmente gli “bruciava”. E stavolta ce la fa: come 4 anni prima si impone nella tappa regina con arrivo sulla Jabal Al Akhdhar e in classifica si impone con 15 secondi sul francese Bardet

SULLA GREEN MOUNTAIN LO SQUALO TRIONFA COME 4 ANNI FA. MA STAVOLTA…

Come nell’edizione 2012, è stato il campione italiano in carica Vincenzo Nibali a tagliare per primo il traguardo posto in vetta alla Green Mountain, salita simbolo di un Tour dell’Oman che presentava un percorso non particolarmente selettivo ma che ha tuttavia visto i big darsi battaglia già dalla prima tappa, con conseguenti capitolazioni anzitempo di corridori ancora indietro con la preparazione come Richie Porte. Nel 2012, però, Nibali dovette accontentarsi del secondo posto in generale alle spalle di Velits, mentre questa volta sembra aver la vittoria davvero a portata di mano.

Tutti attendevano questa giornata.
Il Tour dell’Oman, al contrario di quello del Dubai, che sinora è sempre stato preda dei velocisti, ha sempre visto nelle prime posizioni uomini di un certo peso nel panorama internazionale, specie grazie agli aggiustamenti del percorso negli anni, con l’inserimento di una tappa con arrivo in salita e la proposta di frazioni nervose, adatte agli uomini forti nelle classiche.
Probabilmente, proprio la presenza di una sola vera salita ha spinto in questa edizione i big a darsi battaglia già nelle prime due frazioni un po’ nervose, anche se il vero banco di prova e, probabilmente, il vero giudice per la vittoria finale era comunque la prova odierna, con arrivo ai oltre 1400 metri della “montagna verde”, 7 Km con pendenze arcigne che anno dato il loro verdetto.
Le differenze non sono state abissali, complice un percorso sostanzialmente senza difficoltà fino all’erta finale, ma è stato comunque possibile apprezzare chi, come Vincenzo Nibali, ha già una brillantezza che fa ben sperare e chi, come Richie Porte, è invece alla ricerca di una condizione che ancora non c’è, anche se in Febbraio può comunque starci una certa pesantezza.
La tappa ha naturalmente visto un tentativo di fuga che non ha mai assunto proporzioni preoccupanti e che il gruppo ha tenuto in ostaggio sino alle battute finali. Se si eccettua un effimero tentativo subito dopo il via ufficiale, tramontato già al sesto chilometro, la vera azione che ha caratterizzato la tappa sino ai piedi della salita finale ha visto come animatori Davide Cimolai (Lampre – Merida) e Daniel Oss (BMC), i quali hanno in breve avuto la compagnia di Christoph Pfingsten (Bora-Argon 18), Iljo Keisse (Etixx – Quick Step), Simone Antonini (Wanty – Groupe Gobert), Robin Stenuit (Wanty – Groupe Gobert), Berden de Vries (Roompot – Oranje Peloton), Stijn Steels (Topsport Vlaanderen – Baloise), Bradley White (UnitedHealthcare Pro Cycling Team) e il danese Michael Reihs (Stölting Service Group), usciti dal gruppo con qualche attimo di esitazione rispetto ai due italiani.
Il vantaggio massimo di quattro minuti è stato raggiunto dai battistrada in pochi chilometri, cosa che ha indotto il gruppo ad aumentare leggermente l’andatura fino a portarla al pari di quella degli avventurieri che, a questo punto, potevano anche mettersi il cuore in pace riguardo ad eventuali velleità di vittoria.
Ciononostante, l’azione prosegue sotto la vigilanza del gruppo fino alla salita finale. Già sulle prime rampe l’andatura del gruppo sale notevolmente, polverizzando in un batter d’occhio il vantaggio dei fuggitivi e cominciando a mieter le prime vittime tra i velocisti e tra gli uomini da classifica non ancora in forma.
Il primo a tentare la sortita è Eduardo Sepulveda (Fortuneo – Vital Concept) che vede tuttavia piombare su di lui come un rapace Vincenzo Nibali, che lo stacca imperiosamente provocandogli anche una mezza crisi. Anche Bardet reagisce prontamente e tenta di andarsene ma non riesce né ad involarsi, né a chiudere il buco aperto da Nibali con una tremenda accelerata negli ultimi 150 metri e giunge sotto lo striscione di arrivo con 9 secondi di ritardo dalla nuova maglia rossa. Terzo il compagno di squadra di Nibali, Jakob Fulgsang, seguito da un buon Dumoulin che affila le armi in vista della corsa rosa.
Ora Nibali ha in classifica un vantaggio di 15 secondi su Bardet, 24 su Fulgsang e 40 su Dumoulin.
Guardando il profilo delle prossime tappe, sembra che il Tour dell’Oman possa per la prima volta prendere la strada dell’Italia, salvo una fuga bidone nella tappa di domani che presenta una seconda parte piuttosto nervosetta.
Nibali è sembrato davvero brillante, non ha avuto alcuna difficoltà ad affilarsi a Bardet quando il francese ha cercato di accelerare il ritmo e, nel finale, è bastata una imperiosa accelerazione per togliersi di ruota il transalpino, che ha cominciato a voltarsi indietro ed ha perso 9 secondi in cento metri.

Benedetto Ciccarone

Nibali distanzia il francese Bardet a poche centinaia di metri dal traguardo della Green Mountain (foto Tim de Waele/TDWSport.com)

Nibali distanzia il francese Bardet a poche centinaia di metri dal traguardo della Green Mountain (foto Tim de Waele/TDWSport.com)

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