NIBALI STORY – CAPITOLO 24: TONFI E TRIONFI ALLA CORSA ROSA

novembre 14, 2022
Categoria: News

Al via del 99° Giro d’Italia il favorito numero uno è proprio lui, Vincenzo Nibali, nonostante non abbia brillato nella prima parte della stagione. Dopo la vittoria al Tour of Oman nulla si è più visto della sua classe: alla Tirreno-Adriatico non ha potuto lottare per la vittoria a causa della cancellazione per neve della tappa di montagna del Monte San Vicino, al Giro del Trentino si è piazzato 21° con un ritardo di quasi sette minuti dallo spagnolo Landa, mentre alla Liegi ha concluso in 51a posizione. Al Giro la situazione sembra migliorata perché al termine del tappone dolomitico di Corvara è secondo in classifica con soli 41 secondi di ritardo dalla maglia rosa, l’olandese Steven Kruijswijk. Nelle 48 ore successivo Nibali è protagonista in negativo di due autentici “tonfi” nella cronoscalata dell’Alpe di Siusi e nella non certo impegnativa tappa di Andalo, dopo la quale scivola al quarto posto con un passivo dall’olandese lievitato a quasi 5 minuti. La squadra comincia a preoccuparsi, la situazione sembra oramai irrecuperabile ma sulle Alpi francesi l’uscita di scena di Kruijswijk per un ruzzolone nella neve scendendo dal Colle dell’Agnello riapre un Giro che sembrava finito per lo “Squalo”: coadiuvato dall’indimenticato Scarponi nel giro di due giorni Nibali ribalta a suo favore la situazione riportandosi a soli 44 secondi dalla maglia rosa nel tappa di Risoul per poi colmare con gli interessi l’inseguimento alla leadership spodestando il colombiano Esteban Chaves nel tappone di Sant’Anna di Vinadio. E il Giro è suo, per la seconda volta in carriera. Riviviamo quattro dei capitoli di quel Giro, quelli dei difficili momenti patiti tra Alto Adige e Trentino e quelli della risurrezione in terra di Francia

22 maggio – 15a tappa: cronoscalata Castelrotto – Alpe di Siusi

TRACOLLO NIBALI: KRUIJSWIJK SEMPRE PIU’ IN ROSA

Il siciliano non trova mai il ritmo e viene rallentato anche da un problema meccanico, cedendo alla fine 2’10’’ alla maglia rosa, che vede sfumare per questione di centesimi il successo di tappa a favore del sorprendente Foliforov, ma può ora gestire 2’51’’ sul più quotato degli avversari. Chaves, autore di una prova in crescendo, sale in seconda posizione, a 2’12’’. Risorge Valverde, terzo, che si porta a 38’’ soltanto dal terzo gradino del podio provvisorio.

Se ieri sera appariva prematuro assegnare a Steven Kruijswijk i gradi di nuovo favorito del Giro 2016, l’operazione appare necessaria dopo la cronoscalata dell’Alpe di Siusi. Soltanto una manciata di centesimi hanno impedito alla maglia rosa di completare una giornata pressoché perfetta, ossia quelli che lo hanno separato dal tempo vincente dello stupefacente Alexander Foliforov. Un successo frutto senz’altro anche della giornata di semi-relax che il russo si è concesso ieri, giungendo al traguardo 24’ dopo il vincitore, ma che non per questo cessa di essere uno dei risultati meno prevedibili registrati sin qui nella Corsa Rosa.
Per chi ormai punta senza mezzi termini al successo finale, in ogni caso, la seconda piazza d’onore consecutiva non costituirà un cruccio eccessivo, a confronto di quanto di buono è venuto dalla giornata odierna: il più vicino degli uomini di classifica è stato un redivivo Valverde, terzo a 23’’, ma già relegato a distanza di sicurezza dal vertice dal tappone dolomitico; Chaves, unico a reggere il passo dell’olandese sul Valparola, ha lasciato per strada 40’’, pur recuperando qualcosa nella seconda metà della prova, dopo un avvio letargico; Nibali, più diretto inseguitore stamane e per molti ancora favorito numero uno, ha disputato una prova inspiegabile, partendo piano e finendo peggio, con l’ulteriore handicap di un guaio meccanico e relativo cambio di bicicletta nel finale, per un passivo finale di 2’10’’. Tutti gli altri, a cominciare da Rafal Majka, distano ora più di quattro minuti e mezzo in classifica generale.
La graduatoria con cui il Giro si prepara al terzo ed ultimo lunedì di riposo è lontanissima da qualsiasi previsione partorita nei giorni scorsi. Kruijswijk entrerà nella settimana decisiva con 2’12’’ di vantaggio su Chaves, salito in seconda posizione. Il colombiano, attardato di 43’’ dalla maglia rosa all’interemedio dei 4.4 km, aveva fatto temere uno scarso recupero dallo sforzo di ieri, dubbio fugato però prontamente dal secondo tempo fatto segnare dal rilevamento al traguardo, 3’’ meglio anche del leader. Alla luce della costanza dimostrata sino a questo momento, unica a rivaleggiare con quella di Kruijswijk, viene naturale pensare a Chaves come alla più seria minaccia al primato. Fra i due, però, è probabilmente il sudamericano a fornire, sulla carta, le minori garanzie di tenuta col passare di giorni, e non è detto che un corridore che non ha ancora all’attivo podi nelle grandi corse a tappe sia disposto a rischiare un probabile piazzamento fra i primi tre per un difficile assalto alla maglia rosa.
Assalto che tenterà invece senza ombra di dubbio Nibali, il cui distacco è però oggi lievitato a 2’51’’. Un dato di per sé allarmante, che si aggrava ulteriormente in virtù della tremenda prestazione offerta oggi dal siciliano. Una débacle non dissimile – per impressione più che per proporzioni cronometriche – da quella che, dieci mesi fa, lo costrinse ad accantonare qualsiasi velleità di bis al Tour de France, sulle rampe della Pierre-Saint-Martin. Il problema meccanico cui si è accennato ha senz’altro contribuito, sia in modo diretto, sia complicando la ricerca di un ritmo che Nibali non aveva comunque mai trovato, ma la tanto attesa crescita di condizione sembra drammaticamente in ritardo.
Dopo il disastro odierno, il messinese dovrà inventarsi qualcosa di eccezionale per attentare alla leadership di Kruijswijk, e non potrà neppure più considerare debellata la minaccia Valverde, che lo segue ora a soli 38’’. Il murciano, dopo il tracollo del Valparola, si è ripreso a tempo di record, anche se il terreno che attende i girini nella terza settimana, all’insegna di salite in successione e alta quota, non sembra particolarmente propizio ad un suo maxi-recupero. Per rimontare 3’29’’ a Kruijswijk, peraltro, occorrerebbe almeno un’azione a lunga gittata, non certo il pezzo forte del pur vasto repertorio dell’Embatido.
Gli altri favoriti hanno invece confermato di essere destinati con ogni probabilità ad un ruolo da comprimari: Majka, 5° a 4’38’’, ha dimostrato una volta di più di non essere all’altezza dei migliori, perdendo ancora 1’09’’; Zakarin, 6° a 4’40’’, dopo un avvio lanciatissimo, ha ceduto nella seconda parte, vedendo crescere il passivo in classifica di altri 47’’; già Amador, 7° a 5’27’’ dopo una prestazione in linea con quella di ieri (+2’12’’), sembra tagliato fuori da qualsiasi discorso di podio.
La tappa di Andalo, la prima dopo il riposo, potrebbe costituire una prima occasione per saggiare la condizione di un Kruijswijk sin qui inscalfibile, la cui principale debolezza sta probabilmente nella consistenza della squadra. Sino ad oggi, il solo Battaglin è stato in grado di reggere oltre la prima scrematura, ed è facile ipotizzare che squadre come Astana e Movistar potranno isolare con relativo agio la maglia rosa, già sulla salita di Fai della Paganella martedì, e soprattutto sulle montagne del gran finale franco-piemontese. A quel punto, occorrerà però trovare il modo di sbarazzarsi del capoclassifica; impresa che, per quanto visto sin qui, e più che mai nella giornata di oggi, promette di essere molto complicata.

Matteo Novarini

24 maggio – 16a tappa: Bressanone – Andalo

LA PRIMA DI VALVERDE AL GIRO. KRUIJSWIJK PEDALA DA PADRONE

Valverde ha vinto la tappa odierna del Giro d’Italia, rimanendo sempre tra i primi e staccando con un suo allungo Vincenzo Nibali sulla salita di Fai della Paganella. Il siciliano paga pesantemente sul traguardo di Andalo e Slongo paventa esami medici per controllare le condizioni di salute dello “Squalo”. Chaves si fa sorprendere sulla Mendola e, anche lui, paga qualcosa nel finale. Zakarin, in crescendo, ora è vicino a Nibali e il podio non è più un miraggio.

Zakarin, Valverde e Kruijswijk sono gli atleti meglio usciti dalla Bressanone – Andalo, in programma oggi al Giro, non tanto e non solo per essere arrivati in testa alla corsa sul traguardo, ma per ciò che questo ha significato in termini di classifica generale e di conferme.
Ilnur Zakarin registra un crescendo di condizione, lo stesso che l’anno scorso gli ha permesso di essere protagonista nel corso della terza settimana. Il vantaggio accumulato sul traguardo nei confronti degli avversari gli permette di portarsi a pochi secondi da Nibali in classifica generale. Valverde trova una conferma del fatto che la giornata storta vissuta sulle Dolomiti è stata solo una crisi passeggera e che le condizioni di forma sono invece buone. Oggi è riuscito a restare con Kruijswijk e, anzi, è stato proprio del murciano lo scatto che ha provocato il cedimento di Nibali. Naturalmente, la vittoria di tappa impreziosisce splendidamente anche la terza posizione provvisoria conquistata da Valverde in classifica generale.
Kruijswijk, naturalmente, esce molto bene dalla giornata di oggi, perché, nonostante la squadra abbia ceduto già sulla Mendola, la maglia rosa ha risposto colpo su colpo a tutti gli allunghi inscenati dai big per metterlo in difficoltà e, mentre gli avversari cedevano via via, lui non ha mai mollato il gruppetto principale, offrendo anche fattiva collaborazione per aumentare il vantaggio sugli inseguitori e andando altresì a sprintare sul traguardo.
Chaves si è fatto sorprendere, forse anche per inesperienza più che per ingenuità, dalla bagarre scoppiata sul Passo della Mendola ed ha dovuto condurre una tappa tutta all’inseguimento, che certamente gli sarà costata un notevole dispendio di energie. Alla fine, il secondo in generale si è difeso bene perché, anche se non è riuscito a rientrare sui primi, ha comunque raggiunto tutti gli altri, inscenando anche attacchi lungo la salita di Fai della Paganella prima e quella finale poi.
Nibali esce, invece, con le ossa rotte, al di là dei paventati possibili problemi di salute. Il siciliano sembrava volesse oggi inscenare un grande attacco e, in effetti, sul Passo della Mendola è stato proprio lo “Squalo” a farsi promotore dell’azione che ha portato in testa una decina di corridori con tutti i big, eccetto Chaves. Sulla salita di Fai della Paganella basta, però, un allungo di Valverde e il siciliano deve cedere, mollando le ruote dei tre di testa. Successivamente al ricongiungimento da parte di Chaves Nibali cede nuovamente, stavolta in seguito alle accelerate del colombiano, ed è costretto ad avanzare verso il traguardo in notevole difficoltà, pagando un pesante passivo di un minuto e 40 secondi.
Degna di menzione è anche la prestazione di Bob Jungels che è apparso in crescendo di condizione rispetto alle tappe di salita che lo avevano visto pagare dazio pesantemente. Oggi la maglia bianca è stata molto attiva nei vari gruppetti in seno ai quali si è trovata. Sul traguardo è giunto quinto a soli 37 secondi dai primi e, nel finale, è riuscito anche ad allungare su Chaves, guadagnando una manciata di secondi.
La tappa molto breve è partita subito fortissimo, complice anche il falsopiano discendente verso Bolzano. Dopo circa 13 Km di corsa allungano Mirco Maestri (Bardiani – CSF), Daniel Oss (BMC Racing Team),Simon Clarke (Cannondale Pro Cycling Team), Eugert Zhupa (Wilier-Southeast) e Pavel Brutt (Tinkoff), ma poco dopo altri atleti escono dal gruppo ed in testa si forma un gruppetto composto, oltre che dagli elementi citati, da Olivier Le Gac (FDJ), Joey Rosskopf (BMC Racing Team), Simon Clarke (Cannondale Pro Cycling Team), Matteo Trentin (Etixx – Quickstep), Pim Ligthart (Lotto Soudal) e Marco Coledan (Trek-Segafredo). inseguiti da Kluge, Txurruca e Zhupa, staccatosi dai primi.
Il gruppo, però, non concede molto spazio e riprende i fuggitivi senza che questi siano riusciti a conseguire un vantaggio superiore ai 45 secondi. Anche il successivo tentativo Clarcke, inseguito da Maestri, Kudus, Pirazzi e Taaramae, naufraga nel giro di poco. All’attacco del Passo della Mendola la situazione vede il gruppo nuovamente compatto.
La situazione non dura molto perché, dopo un timido scatto di Igor Antón, subito rintuzzato, è Ilnur Zakarin a muoversi ed il gruppo si sfilaccia alquanto, mentre la maglia rosa risponde con grande autorità. Nella successiva fase tranquilla partono Tanel Kangert (Astana Pro Team), David López (Team Sky) e Diego Ulissi (Lampre – Merida). Dopo un salto di catena prontamente risolto da Vincenzo Nibali, i big cominciano a scattarsi in faccia, ma la maglia rosa appare la più pronta a riportarsi sulla ruota di chiunque provi ad uscire, mentre al terzetto al comando si uniscono Firsanov, Jungels e Dombrowskj. Dietro prova l’allungo Nibali, con Kruijswijck che risponde insieme a Valverde e Zakarin, mentre ancora più dietro Chaves rimane imbrigliato nel gruppo, perdendo secondi sui quattro che intanto si riportano velocemente sul drappello di testa, andando così a comporre un gruppo di dieci uomini, tra i quali ci sono ottimi atleti che hanno interesse a tirare a tutta per distanziare il secondo in generale.
La fase successiva al GPM vede Kangert tirare il gruppo davanti, mentre dietro sono i compagni di squadra di Chaves a lavorare per riportare il gruppo – con Majka, Amador e Pozzovivo – sulla testa della corsa. La cosa si rivela piuttosto problematica perché davanti sono in dieci e sono tutti molto forti, per cui il vantaggio rimane per moltissimi chilometri oscillante tra i 20 e i 35 secondi.
Sulla salita di Fai della Paganella cedono man mano tutti gli uomini del drappello di testa e davanti restano solo Nibali, Zakarin, Kruijswijk e Valverde, che oggi conferma che la crisi delle Dolomiti è passata. E’, infatti, proprio il campione di Spagna in carica che rompe gli indugi, andando ad allungare e causando il cedimento di Nibali, che non risponde allo scatto e sale del proprio passo, decisamente più pesante rispetto a quello dei giorni migliori, tanto che sul siciliano si porta prontamente Firsanov, staccatosi in precedenza.
Dietro Chaves, dopo il lavoro dei compagni di squadra nel fondovalle, deve fare tutto da solo per cercare di ricucire. Su Nibali si riportano anche Jungels e López e, su questi, anche il gruppetto di Chaves che si unisce al gruppo Nibali, mentre i tre davanti continuano a comandare la corsa con un vantaggio che oscilla tra i 20 e i 40 secondi. Nonostante il lungo lavoro sulla salita di Fai il colombiano riesce a mantenere invariato il distacco dai migliori e decide anche di scattare sull’ultimo tratto della salita, dove si raggiungono pendenze del 15%. Lo scatto ancora una volta è indigesto a Nibali, che non riesce ad avere la brillantezza nel cambio di ritmo e deve rassegnarsi a salire regolare, con un passo che però non è efficace.
A questo punto si formano tre gruppetti con davanti Zakarin, Valverde e Kruijswijk, subito dietro un drappello con Chaves, Majka, Jungels, Ulissi, López e Firsanov, ancor più indietro la coppia Nibali-Pozzovivo che continua a perdere terreno molto rapidamente. Sulla salita finale, infatti, Zakarin impone un ritmo elevato per guadagnare secondi su Nibali, Majka e Chaves, situazione che va a beneficio sia della maglia rosa che di Valverde, che non mancano di offrire di tanto in tanto la loro collaborazione. Allo sprint è ovviamente Valverde ad imporsi su Kruijswijk, mentre Zakarin, forse stanco per il lavoro svolto, non partecipa allo volata e perde 8 secondi dai primi due. Dietro è Ulissi a precedere gli altri componenti del gruppo Chaves, giunto al traguardo qualche secondo dopo il corridore toscano.
Pesante il passivo di Nibali e Pozzovivo che giungono con 1 minuto e 47 di ritardo da Valverde e Kruijswijk. La generale vede ora Kruijswijk sempre più in rosa, con 3 minuti su Chaves e 3′23″ su Valverde. A 4′43″ c’è Nibali che scende dal podio e, in definitiva, in tre tappe paga 4 minuti e 45 secondi alla maglia rosa. Ora Zakarin e Majka non sono lontani per cui, se il momento negativo dello “Squalo” dovesse continuare sulle Alpi francesi, è a rischio anche la top five.
Domani giorno di relax con tappa per i velocisti ancora in gara, mentre giovedì il finale è insidioso, quasi a far venire l’acquolina in bocca per il gran finale con l’Agnello e Sant’Anna di Vinadio.

Benedetto Ciccarone

27 maggio – 19a tappa: Pinerolo – Risoul

AGNELLO DIVORATORE DI UOMINI: RISOUL SORRIDE ANCORA A NIBALI

Che cosa succederà domani? Impossibile saperlo in un Giro folle e imprevedibile: quel che è certo è che oggi è stato il giorno del riscatto di un enorme Vincenzo Nibali.

Altissima quota, al Giro, grandi montagne con pendenze in doppia cifra per molti km ad altitudini che si avvicinano più ai tremila che ai duemila metri. Questo è il Colle dell’Agnello, montagna e moloch del mito ciclista, questo è il finale di terza settimana di una gara fin qui avvincente, già ricca di colpi di scena, ma che ciò nondimeno sembra ogni volta voler rilanciare con più drammatiche svolte e con imprese memorabili.

Una fuga numerosa, di quasi trenta atleti, prende il via dopo un’ora e mezza di gara al fulmicotone (52 km/h di media su un terreno che tira leggermente all’insù), a logico correlato e dimostrazione del fatto che ci troviamo in una delle fasi chiave della gara: la Lotto Jumbo del leader non manda uomini in avanscoperta, mentre l’Astana riesce a infilare nel drappello la propria pedina più cruciale, uno Scarponi già martellante sulle Dolomiti, accompagnato da uno scudiero kazako a supporto, Kozhatayev. L’Orica del principale contendente per la maglia rosa, il giovane colombiano Chaves, manda in testa alla gara un solo uomo, ma quanto mai azzeccato, quel Rubén Plaza forte sul passo e in salita, predisposto alle maratone solitarie, tanto da entrare nella storia del ciclismo recente vincendo una delle più belle tappe dei GT degli ultimi anni, quella della Cercedilla all’ultima Vuelta, con oltre cento km di fuga solitaria su e giù per le vette della Sierra Madrilena. Per Majka ci sono un paio di fidi gregari, come il duro Petrov e il fratello di latte di Contador, Jesús Hernández. Per la Movistar ben tre scherani, i bulldozer Sutherland e Rojas a spianare la strada del più scalatore Herrada. Insomma, un gigantesco ciclone comincia a vorticare lentamente sulla corsa, anche se probabilmente Kruijswijk confida nel poter rimanere anche solo soletto, forte del suo splendido stato di forma, nell’occhio dell’uragano, stoppando ogni velleità avversaria in prima persona.

Sull’Agnello prende il largo dalla fuga un ottimo Scarponi, mentre dietro è l’Orica a sfoltire il sottobosco del gruppo con le falciate di Howson e Txurruka, inevitabile preludio alla fiammata incendiaria di Chaves. Solo Kruijswijk, in controllo, Valverde, apparentemente ancora a suo agio e Nibali, in ultima ruota, resistono, per il resto è subito sparpaglio. In breve lo stesso Nibali va in affanno e si sgancia, venendo affiancato da Zakarin e da Majka, che da bravo diesel riavvicina il gruppo di testa. Mancano una sessantina di km alla fine, siamo ben oltre i duemila metri di altitudine e di dislivello, e la battaglia è già dichiarata, con tutta l’apparenza, per di più, di avviarsi a una risoluzione rapida e feroce che confermi il podio degli uomini sembrati più brillanti, l’olandese, il colombiano e lo spagnolo.

Tuttavia, mentre l’aria diventa bianca di nebbia, nubi basse, condensa e barbagli di neve, il gruppetto, che poco a poco va a rinfoltirsi con i rientri da dietro di tutta la top ten, da Nibali a Jungels, fino a Pozzovivo ed Urán, va addentrandosi nella zona rossa. La zona del poco ossigeno a disposizione, la zona dove emerge il motore capace di lavorare sotto sforzo su quello che brucia tanto e rapido ad altissimi giri. Chaves con una progressione micidiale comanda un nuovo rimescolamento del mazzo, e il risultato stavolta è mutato: Valverde perde contatto, patendo come da lui stesso dichiarato le altissime quote, e scivola indietro con corridori più addietro di lui in generale; Zakarin stringe i denti ma finisce per cedere, sopravanzato da Majka. Il nuovo drappello di quattro eletti include Nibali, Kruijswijk, Chaves e Majka, in rigoroso ordine di brillantezza. Chaves sembra leggerissimamente appannato, pagando gli allunghi prepotenti imposti agli avversari: la sorte, insomma, fin qui toccata a Nibali in tappe precedenti. La responsabilità di corsa pesa, quando si vuole o si deve assumerla, giovane età o meno! Non solo psicologicamente, ma anzitutto nelle gambe, quando il livello è reciprocamente bilanciato e ogni tirata in testa al gruppo implica maggiori tossine accumulate. Kruijswijk appare in controllo, ma non lucidissimo. Majka è solido, ma poco brillante, e finirà per soffrire in vista dello scollinamento.
Il gruppetto guadagna terreno anche grazie all’aiuto di Kozhatayev, ripreso al momento opportuno, nell’ambito di una strategia ben ponderata, per poter dare giusto quelle due trenate che fan passare i chilometri senza che il quartetto di uomini di classifica si fermi di nuovo per studiarsi.
Nemmeno Nibali sembra che sia immune alla fatica: quando il kazako si stacca, passa lui in testa, e lancia perfino qualche timido affondo, sufficiente a mettere in croce almeno Majka; però le sue accelerazioni sono brevi, alzarsi sui pedali sembra uno sforzo immane, come se tutto l’Agnello dovesse sollevarsi di quei venti centimetri in più e non solo il corpo del ciclista. Ad ogni modo, pur poco folgorante, Nibali si dimostra il più lucido allo scollinamento (Scarponi è transitato per primo circa cinque minuti prima, inframmezzate le schegge di fuga): ancora ben coordinato, afferra la sacca con mantellina e rifornimenti, si veste rapido e poi comincia subito a sferzare le curve con decisione.

Ecco la svolta fatidica: quando ancora la carreggiata è costeggiata da due muri di neve, Kruijswijk sbanda, lui stesso ammette una distrazione nel pensare al mangiarsi una barretta. La strada rugosa, umida, incerta, è un attimo perdere il controllo e finire per capitombolare con una capriola spettacolare contro una delle pareti nevose a bordo strada. Sfortuna? Forse, ma la pressione messa sull’olandese ad ogni discesa di questo giro, costringendolo a un continuo nervosismo, unitamente all’affanno di controllare scatto dopo scatto altrui senza lasciare spazio alcuno, certamente hanno pesato sulla sua concentrazione. Rialzarsi, risettare la bici, non va, ancora non va bene, cambiarla, il tempo passa rapidissimo , fulmineo come la sagoma celeste Astana di Kozhatayev che, staccatosi da un pezzo dopo tanto tirare, ora sfreccia a fianco dell’altro K., la maglia rosa, invece arenato a bordo strada.
A proposito di “k” e cadute, c’è la kappa di Zakarin che, già dimostratosi incerto nel controllo del mezzo, ruzzola in un ghiaione, presso un torrente, perdendo bici e ruota a molti metri: le immagini sono spaventose, ma, pur costando il ritiro al russo, le conseguenze saranno meno tragiche di quanto apparisse in prima battuta, “solamente” – con virgolette d’obbligo – frattura di clavicola e scapola.

Comincia la lunghissima discesa, dura, da pedalare, come quella che già stroncò Nibali giù dal Valparola, discesa che poi diventa ancor più morbida fino al falsopiano o perfino alla leggera contropendenza. Lezione di strategia, parte seconda. Si costituiscono in breve una serie di gruppetti, che, per il diletto dello spettatore, rappresentano interessi diversi in vario modo coalizzati, inaugurando una vera e propria serie di cronocoppie, una sorta di rinato Trofeo Baracchi, che determineranno i distacchi decisivi in vista dell’ultima scalata, quella a Risoul dove Nibali suggellò il proprio trionfo nel Tour 2014. Prima Nibali e Chaves si riuniscono con Rubén Plaza, poi viene fermato Scarponi, e abbiamo dunque un primo trenino Orica-Astana, guidato da due motori di grandissima cilindrata, che va riassorbendo via via uomini della fuga (l’ultimo Monfort) i quali però, naturalmente, si mettono a ruota. Dietro ci sono Valverde e Majka, il polacco andato in difficoltà proprio sulla vetta, lo spagnolo rientrato grazie a una grande discesa; li supportano gli ex-fuggitivi Hernández per la Tinkoff ed Herrada per la Movistar. Con loro Urán, a corto di forma ma stoico e prodigo di classe ritrovata sulle grandi montagne. Ancor più dietro la maglia rosa e la maglia bianca, con la presenza di quest’ultima, vestita da Jungels, cruciale per garantire l’aiuto delle bocche da fuoco Quickstep, in special modo Verona. Una curiosità: tolto Scarponi, i gregari chiave di questa fase sono tutti spagnoli! In quest’ultimo trenino si contano un bel po’ di Movistar, riuniti attorno ad Amador, ma con Valverde davanti non lavorano, così come non lavorano i Cannondale (Cardoso e Clarke) che hanno davanti Urán. Come già nel tappone dolomitico, lì a spese di Nibali, la vera componente di fortuna, e non è tutta fortuna nemmeno questa, va attribuita agli incroci di combinatorie nei vari gruppetti, più che a cadute in buona parte imputabili a errori di chi ne è vittima.

La battaglia è ben combattuta e con forme similari, i distacchi rimangono simili, di circa un minuto, un minuto e mezzo, tra ogni gruppetto. Tutto apaertissimo.

A Risoul Scarponi profonde l’ultimo sforzo, poi tocca la capitano. Nibali alza il ritmo e con lui resta Chaves, Ulissi e Nieve, i sopravvissuti della fuga ripescati durante il lungo inseguimento per le valli francesi, fanno l’elastico. A tutta prima sembra che solo l’italiano lavori, con Chaves freddo o cinico inchiodato a ruota. Vuole evidentemente ripetere il giochino già così ben riuscito di cuocere lo squalo e poi mangiarselo. Ma da dietro la collaborazione tra Majka e Valverde comincia a dare frutti, e in un primissimo momento anche Kruijswijk sembra avvicinarsi: Chaves inizia a collaborare, e, come vedremo, quando la lotta diventa ad armi e responsabilità assunte pari, con migliaia di km sulle spalle giorno dopo giorno, e oggi migliaia di metri di dislivello accumulati ora dopo ora, l’esito non è così scontato a favore del colombiano.

Le tensioni iniziali, su una salita lunga come Risoul, possono portare la corda a rompersi, specie per atleti abituati a ottimizzare uno sforzo di 5 o 10 minuti, pur dentro a prestazioni più estese. Tutti gli inseguitori cominciano a rinculare. La maglia rosa entra in una vera e propria crisi che vede tutti i più o meno blasonati accompagnatori scattargli in faccia. Poi si riprenderà. Poi di nuovo crollerà – ma non di schianto. Davanti, in testa, il braccio di ferro fisico e mentale è tutto tra il siciliano e il colombiano. Nibali allunga, Chaves si riporta sotto con rapide accelerazioni… ma non senza aver dovuto in prima istanza mollar la ruota. Una volta, due volte, alla terza, per poco bruciante che sia lo scatto nibaliano attuale, il folletto della Orica, pur essendo finora il più forte scalatore del Giro, deve mollare la presa. E la pinna dello squalo si allontana. Nibali è solo in testa alla corsa. Un uomo solo al comando. Strategie, tattiche, calcoli, azzardi, tutti si riduce a un uno contro uno micidiale. Nessuno cede di schianto, e la pressione sale vertiginosamente.

Ma l’aria di Risoul porta a Nibali dolci ricordi, i secondi diventano minuti, Chaves si inceppa, tanto che Nieve lo riprende e dapprima lo aiuta, ma poi finisce per staccarlo. Ulissi, gliene va reso merito, tiene botta, e non perde molto dalla coppia ispanoparlante. Poi l’arrivo, le braccia alzate di Nibali, il dito al cielo, poi entrambe le mani, le lacrime, i singhiozzi dell’eroe di giornata dopo un’impresa memorabile. Era dietro di quasi cinque minuti, ora il Giro è riaperto. La maglia rosa, però, è di Chaves: stanchezza finale, la sua, o oculatezza, risparmio in vista di una tappa di domani in cui difendersi con l’agio della sua forza in salita da un Nibali comprensibilmente esausto e forse quasi appagato? Poi Majka e Valverde, due età diverse, ma in entrambi una grande solidità e regolarità. Majka cementa una top 5, Valverde vede a una quarantina di secondi il podio, se riuscirà a scalzare Kruijwijk. Sì Kruijswijk oggi arriva al traguardo con enorme tenacia, evitando con incredibile forza caratteriale di sprofondare alla deriva, ed è ancora terzo, in questo Giro meraviglioso. Si scopre una costola rotta (Visconti ci sta correndo da diversi giorni, ma non è certo una gran consolazione): che farà domani? Potrebbe anche non ripartire. O potrebbe tornare in sella per far valere la propria grande gamba. Dal basso in alto, lui, Nibali e Chaves sono racchiusi in meno di un minuto, con all’orizzone Vars, Bonette, Lombarda e Sant’Anna di Vinadio. Quattro voltre sopra i duemila metri, una delle quali prossima ai tremila, più di 4000 metri di dislivello da coprire. Attraverso tutto questo, peserà la minuzia di un minuto. Ma comunque andrà, ancora una volta abbiamo assistito a un grandissimo Giro, e in questo grandissimo Giro a una tappa eccelsa, epica, e non è un’iperbole. Ancora una volta, grazie Vincenzo Nibali.

Gabriele Bugada

28 maggio – 20a tappa: Guillestre – Sant’Anna di Vinadio

LA RIMONTA E’ COMPLETA: IL GIRO E’ DI NIBALI

Il siciliano attacca a 5 km dalla vetta del Colle della Lombarda e rifila 1’36’’ a Chaves, che incappa nella peggiore giornata del suo Giro d’Italia. Valverde, unico a limitare il passivo da Nibali insieme al redivivo Uran, scalza dal gradino più basso del podio Kruijswijk, penalizzato dai postumi della caduta di ieri. Il successo di tappa va a Taaramae, al termine di una fuga nata sul Col de Vars, che ha permesso anche a Nieve di conquistare all’ultima occasione utile la maglia di miglior scalatore.

Non è stata forse la battaglia campale che molti attendevano e auspicavano, dopo i fuochi d’artificio del Colle dell’Agnello e di Risoul, ma la ventesima e penultima tappa del Giro 2016 ha perlomeno offerto una mezzora finale difficile da dimenticare. Una mezzora iniziata dalle parti di Isola 2000, l’abominio architettonico che ammorba la Val di Ciastiglione, a cinque chilometri circa dal Colle della Lombarda, a quindici dal traguardo di Sant’Anna di Vinadio.
Il gruppo maglia rosa era allora ridotto a otto unità, pilotate dal sempre fondamentale Scarponi, dopo quasi quattro ore di gara assai più monotona del previsto.
La scalata a freddo del Col de Vars, in partenza, non aveva prodotto più di 7-8 km di vera bagarre, quelli necessari a far partire una fuga di uomini fuori classifica (Nieve, Dombrowski, Denifl, Kangert, Visconti, Atapuma, Brambilla), cui si sarebbero di lì a poco aggiunti Rybalkin e Taaramae, e poco più tardi Diego Ulissi. Una fuga che ha incontrato resistenza nulla da parte di un gruppo adeguatosi al ritmo giustamente blando della Orica-GreenEDGE di Chaves, e che ha preso definitivamente il largo sul Col de la Bonette, dai più individuato come occasione per cominciare almeno ad impostare un ritmo più esigente, e invece quasi bypassato dal gruppo al placido traino della Movistar, sostituita soltanto in vista del GPM dalla leggermente più bellicosa Tinkoff. Il vantaggio dei battistrada, fra i quali Nieve si involava solitario a conquistare i 35 punti del GPM e a sfilare la maglia azzurra di miglior scalatore dalle spalle di Cunego, si attestava allora intorno ai dieci minuti; l’ennesimo rallentamento del plotone in fondo alla lunghissima discesa, brevemente animata da una timida azione di Amador, prontamente abortita, ha di fatto sancito il buon esito della fuga.
Soltanto dopo un paio di chilometri della Lombarda, quando davanti già infuriava il batti e ribatti di scatti destinato a lanciare Rein Taaramae verso il successo solitario, dopo una serie di sfuriate tanto violente quanto effimere di Atapuma e Dombrowski, la stessa Tinkoff si incaricava di imporre un passo meno pacifico. E non prima di un terzo di salita, quando la Astana è subentrata agli uomini in giallo fluo, con un Fuglsang finalmente dedito alla causa di Nibali, la corsa fra i migliori è finalmente cominciata davvero.
Sotto i colpi del danese, il drappello dei favoriti si è assottigliato ad una quindicina di unità, fra le quali figuravano in ogni caso tutti i top 10, con l’eccezione di un Pozzovivo già disperso sulla Bonette, giunto al traguardo con tre quarti d’ora di ritardo. Perché la spia di qualcuno iniziasse ad accendersi, tuttavia, è servita l’entrata in scena del solito Scarponi, tranquillamente fra i primi cinque-sei scalatori del Giro nella terza settimana. Soltanto Nibali, Valverde, Chaves, Uran, Majka, Jungels e uno stoico Kruijswijk restavano nella sua scia a 5 km dalla vetta, quando, all’uscita da un tornante, il marchigiano ha lasciato via libera al suo capitano. Quest’ultimo è partito da seduto e dalla prima posizione, con un’azione di ispirazione froomeiana, ed è bastata quella prima accelerazione perché alla sua ruota restassero soltanto la maglia rosa e Valverde, mentre Kruijswijk si arrendeva alla costola fratturata e ai dolori assortiti conseguenti alla caduta di ieri.
Facendo tesoro della lezione imparata a proprie spese e a più riprese in questo stesso Giro, Nibali ha spostato la battaglia dal terreno dello scatto secco a quello della progressione; e dopo 500 metri circa in cui il terzetto ha proceduto in fila indiana, la terza accelerazione del siciliano ha definitivamente piegato la resistenza di Chaves.
Il colombiano ha rischiato il crollo istantaneo, perdendo per qualche istante anche la ruota di Valverde, prima di riportarsi sul murciano con un moto d’orgoglio e di tentare di imbastire in sua compagnia un inseguimento. Come ieri, il distacco fra Nibali e Chaves, dopo l’affondo decisivo, si è stabilizzato fra i sei e i nove secondi per diverse centinaia di metri, prima di cominciare a crescere gradualmente.
Quando il divario già lambiva i venti secondi, sul duo Valverde-Chaves si è riportato un redivivo Uran, che, non tardando ad onorare la promessa di fare il possibile per favorire il connazionale, ha gettato alla maglia rosa l’ultimo possibile salvagente, portandosi in testa a scandire il ritmo come il più diligente dei gregari. Ma quando, un chilometro più tardi, anche il passo di Uran si è rivelato eccessivo per il capoclassifica, ben presto riassorbito anche dal drappello di Majka e Jungels, mentre Nibali trovava per strada l’appoggio di Tanel Kangert, il passaggio di consegne in vetta alla generale era sostanzialmente cosa fatta.
In cima, Nibali poteva gestire una trentina di secondi sulla coppia Valverde-Uran, mentre Chaves cedeva già il primato virtuale, scollinando a quasi un minuto. La discesa, tanto breve quanto tecnica e spettacolare, ha visto ridursi la forbice tra Nibali e i più diretti inseguitori, ma allargarsi quella fra il siciliano e la maglia rosa, già in ritardo di venti secondi nella generale provvisoria.
La rampa conclusiva di 2300 metri, pur tutt’altro che agevole, si è trasformata in una passerella per un Nibali ancora in piena spinta, circondato finalmente, a differenza di quanto accaduto sulle strade francesi (per le quali esistono tuttavia valide giustificazioni, non necessariamente di carattere sportivo), da una folla degna del gran finale del Giro.
Sei minuti e quarantaquattro secondi dopo l’arrivo di Taaramae, vincitore su Atapuma e Dombrowski, Nibali ha così potuto tagliare il traguardo già forte della consapevolezza di aver conquistato il suo secondo Giro d’Italia. Valverde ha preceduto Uran tredici secondi più tardi, mentre per l’arrivo di Chaves, staccato nel finale anche da tutti i componenti del suo gruppetto, si è dovuto attendere ancora un minuto e ventitré. Meglio ha fatto Kruijswijk, davanti all’ormai ex leader di 7’’; una prova eccezionale alla luce delle condizioni dell’olandese, ma non sufficiente a respingere l’assalto al podio di Valverde, che lo precede ora di 33’’, arrivato anzi ad insidiare anche la piazza d’onore.
Domani, fra Cuneo e Torino, andrà in scena la tradizionale passerella, la cui prevedibile banalità non potrà comunque scalfire il ricordo di un Giro a cui nessuno potrà mai contestare il difetto della prevedibilità. Alcuni altri Giri e molti Tour, anche negli ultimi anni, hanno probabilmente potuto vantare un lotto partenti più prestigioso e dei valori in gioco superiori; ben pochi, però, hanno saputo svelare una trama tanto avvincente.

Matteo Novarini

Vincenzo Nibali sfoggia la maglia rosa appena conquistata a SantAnna di Vinadio (foto Getty Images Sport)

Vincenzo Nibali sfoggia la maglia rosa appena conquistata a Sant'Anna di Vinadio (foto Getty Images Sport)

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