05-09-2019
settembre 5, 2019 by Redazione
Filed under Ordini d'arrivo
VUELTA A ESPAÑA
Il belga Philippe Gilbert (Deceuninck – Quick Step) si è imposto nella dodicesima tappa, Circuito de Navarra – Bilbao, percorrendo 171.4 Km in 3h48′18″ alla media di 45.05 Km/h. Ha preceduto di 3″gli spagnoli Alexander Aranburu Deba e Fernando Barceló Aragón. Miglior italiano Manuele Boaro (Astana Pro Team), 8° a 29″. Lo sloveno Primož Roglič (Team Jumbo-Visma) è ancora maglia rossa con 1′52″ sullo spagnolo Alejandro Valverde Belmonte e 2′11″ sul colombiano Miguel Ángel López Moreno. Miglior italiano Ganluca Brambilla (Trek – Segafredo), 40° a 47′07″
GIRO DELLA REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA
L’austriaco Patrick Gamper (Tirol KTM Cycling Team) si è imposto nella seconda tappa, Gemona del Friuli – Lignano Pineta, percorrendo 160 Km in 3h22′53″ alla media di 47.32 Km/h. Ha preceduto di 1″ lo sloveno Matic Grošelj e l’elvetico Simon Pellaud. Miglior italiano Francesco Di Felice (General Store Essegibi Fratelli Curia), 7° a 55″. Il francese Clément Champoussin (Chambéry Cyclisme Compétition) è il nuovo leader della classifica con 25″ su Gamper e 50″ su Pellaud. Miglior italiano Jonathan Milan (Cycling Team Friuli), 9° a 1′01″
VUELTA 2019 – LA ETAPA DEL DÍA: CIRCUITO DE NAVARRA – BILBAO
settembre 5, 2019 by Redazione
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Si rimane nei Paesi Baschi per una tappa dal finale esplosivo che proporrà negli ultimi 40 Km tre salite consecutive brevi ma secche, che in un paio di casi presentano connotati tipici dei muri, con inclinazioni in grado di far soffrire qualche grosso nome della classifica generale. Il primo “rebbio” di questo infernale tridente sarà costituito dall’Alto de Urruztimendi, 2500 metri al 9.2% di pendenza media e picchi al 20%; immediatamente si dovrà salire sull’Alto El Vivero, ascesa di 4.3 Km al 7.7% che costituisce una presenza quasi immancabile nelle frazioni con arrivo a Bilbao, solitamente inserita nel tracciato come ultima difficoltà di gara. Ma stavolta la tappa non terminerà in fondo alla discesa dal Vivero perché a quel punto attenderà i corridori il momento più ostico della giornata, i due chilometri al 12.2% dell’inedito Alto de Allariz, verticale su strada a carreggiata ristretta sulla quale pure si raggiungono rasoiate al 20% e che svetterà a poco meno di 8 Km dall’arrivo, pochi per tentare di porre rimedio ai danni che avrà provocato questo muro. Sarà, dunque, una frazione nella quale torneranno a sfidarsi a viso aperto gli uomini di classifica ma che, anche stavolta, lascia spiragli aperti agli ardimentosi che saranno andati in fuga da lontano.
METEO VUELTA
Circuito de Navarra: cielo coperto con possibilità di deboli precipitazioni, 13.5°C, vento moderato da NNW (21-23 Km/h), umidità al 63%
Vitoria-Gasteiz (Km 58.5): cielo coperto con possibilità di deboli precipitazioni, 13.7°C, vento moderato da N (19-27 Km/h), umidità al 94%
Lemoa (Km 114.3): cielo coperto con possibilità di deboli precipitazioni, 16.9°C, vento moderato da N (15-19 Km/h), umidità al 92%
Bilbao : pioggia debole (0.1 mm), 18.2°C, vento moderato da N (16-18 Km/h), umidità all’88%
UN PO’ DI STORIA
Il circuito automobilistico di Navarra, inaugurato nel 2010 a Los Arcos, ospiterà la Vuelta per la seconda volta nella sua giovane storia, dopo esser stato sede di partenza anche nel 2017. In quell’occasione la tappa era una cronometro individuale di 40 Km, terminata a Logroño e conquistata da Chris Froome, che già vestiva la maglia “roja” da quasi due settimane e qualche giorno più tardi si imporrà nella sua prima Vuelta (successo che pochi mesi fa è diventato “secondo” poichè gli è stata assegnata a tavolino anche l’edizione del 2011).
Bilbao, capoluogo della provincia basca della Biscaglia, si trova al quarto posto nella speciale classifica delle città sede di tappa più frequentate dalla Vuelta, preceduta solo da Madrid, Barcellona e Saragozza. Qui il Giro di Spagna ha fatto scalo in 43 occasioni (contando anche la tappa di quest’anno) e tra queste c’è quella disputata il 9 settembre del 2011, data storica per la Vuelta perché quello fu il giorno del grande ritorno della corsa nei Paesi Baschi dopo un’esclusione totale della regione dal tracciato che durava da 33 anni. Fu proprio un corridore basco, Igor Antón, a imporsi quel giorno a Bilbao, traguardo che è stato bottino italiano con Nino De Filippis nel 1956 e con Donato Piazza e Fiorenzo Magni nel 1955, anno nel quale i nostri conquistarono entrambe le frazioni con approdo fissato nella città basca.
Mauro Facoltosi

La sede del Guggenheim Museum di Bilbao e, in trasparenza, l'altimetria della dodicesima tappa della Vuelta 2019 (www.guggenheim-bilbao.eus)
ITURRIA PROFETA IN PATRIA, ROGLIČ CONSERVA LA “ROJA”
A Urdax un’altra fuga premia questa volta Mikel Iturria (Euskadi Basque Country – Murias), abile a scattare a una ventina di chilometri dall’arrivo ed a mantenere un vantaggio sufficiente a garantirgli la prima vittoria da professionista. Con sei secondi di ritardo si piazzano Jonathan Lastra (Caja Rural) e Lawson Craddock (EF Education First). Tutto invariato nelle prime posizioni della classifica generale con Primož Roglič (Jumbo Visma) che resta saldamente in maglia rossa.
Una tappa pirenaica soft attende i ciclisti dopo la cronometro di Pau che ha visto il dominio di Primož Roglič (Jumbo Visma), nuova maglia rossa della Vuelta 2019. E’ l’undicesima fraziobe e inizia ufficialmente la seconda metà della corsa spagnola. Si parte da Saint-Palais e si arriva a Urdax-Dantxarinea dopo 180 km ed un paio di passaggi di confine tra Francia e Spagna; due GPM di seconda ed uno di terza categoria caratterizzano la tappa, che sembra fuori dalla portata dei velocisti, anche se l’ultimo GPM è a 30 km dall’arrivo. Più probabile che la fuga abbia successo, anche se dobbiamo considerare il comportamento delle squadre dei big proprio negli ultimi 30 km, nel caso ci sia qualche schermaglia sui GPM ravvicinati del Col d’Ispeguy e del Col de Otxondo. La fuga si formava abbastanza velocemente dopo la partenza da Saint-Palais. Dapprima si avvantaggiava un drappello di una decina di ciclisti, a cui se ne aggiungevano un altro paio qualche chilometro più avanti, andando a costituire un plotoncino di 14 uomini: Jorge Arcas (Movistar), François Bidard (AG2R La Mondiale), Gorka Izagirre (Astana), Rémi Cavagna (Deceuninck-Quick Step), Lawson Craddock (EF Education First), Benjamin Thomas (Groupama-FDJ), Damien Howson (Mitchelton-Scott), Amanuel Ghebreigzabhier e Ben O’Connor (Dimension Data), Matteo Fabbro (Katusha Alpecin), Ángel Madrazo (Burgos-BH), Alex Aranburu e Jonathan Lastra (Caja Rural-Seguros RGA) e Mikel Iturria ((Euskadi Basque Country – Murias). Dopo 50 km il vantaggio della fuga sul gruppo maglia rossa era di 6 minuti e 20 secondi. I 14 uomini in testa alla corsa iniziavano a salire le rampe del Col d’Osquich, primo GPM di giornata posto al km 77.2, con un vantaggio di 7 minuti sul gruppo. Era Madrazo a scollinare in prima posizione. La Jumbo Visma controllava la situazione senza accelerare più di tanto, anche perchè tra i fuggitivi quello messo meglio in classifica era O’Connor, distanziato di oltre 37 minuti da Roglič. E così la fuga arrivava ai piedi del Col d’Ispéguy, secondo GPM in programma, con quasi 10 minuti di vantaggio sul gruppo. Izagirre ed Aranburu attaccavano a circa 3 km dalla vetta, sulla quale era Aranburu a scollinare in prima posizione. La coppia conservava un piccolo ma interessante vantaggio di 20 secondi sul resto dei fuggitivi e si lanciava in discesa cercando di avvantaggiarsi ulteriormente. A 50 km dal termine i due in testa avevano portato il loro vantaggio a 30 secondi. Craddock era abile a riportarsi su di loro e questo terzetto iniziava a scalare il Col de Otxondo, terza ed ultima asperità altimetrica di giornata. Alcuni degli ex fuggitivi, tra cui Ghebreigzabhier e Howson, raggiungevano la testa della corsa ma erano ancora Aranburu e Izagirre ad avvantaggiarsi nella successiva discesa, segno che la coppia basca era quella che aveva le gambe migliori. Tra continui rimescolamenti e cambi di ritmo, a 30 km dal termine la testa della corsa era composta da sette uomini, mentre ormai il gruppo maglia rossa aveva tiraro i remi in barca e inseguiva a velocità da crociera, con un ritardo superiore al quarto d’ora. La squadra messa meglio era la Caja Rural con Lastra e Aranburu, che potevano adottare la migliore strategia per portare a casa la vittoria di tappa. A 25 km dall’arrivo i sette di testa venivano raggiunti da Cavagna, Arcas, Iturria e Thomas. Era proprio Iturria a contrattaccare immediatamente e a mettere tra sè ed i suoi ex compagni 20 secondi a 23 km dall’arrivo. A 20 km dal termine Iturria aveva aumentato il proprio vantaggio a 30 secondi. La tenacia del ciclista del team spagnolo era encomiabile e veniva premiata con la vittoria sul traguardo di Urdax. Il basco, alla prima vittoria da professionista, precedeva di 6 secondi Lastra e Craddock. Il gruppo maglia rossa giungeva al traguardo con un ritardo superiore ai 16 minuti, ma senza problemi per Roglič, che mantiene con tranquillità la leadership con 1 minuto e 52 secondi di vantaggio su Alejandro Valverde (Movistar) e 2 minuti e 11 secondi su Miguel Ángel López (Astana). Domani è in programma la dodicesima tappa dal Circuito de Navarra a Bilbao. Sono 4 i GPM, tutti di terza categoria, che i ciclisti dovranno affrontare, tre dei quali racchiusi negli ultimi 30 km e di questi ultimi due presentano pendenza da “muro”. Un’altra occasione quindi per ciclisti che vogliano attaccare, ma stavolta anche gli uomini di classifica avranno l’occasione per tentare di recuperare il tempo perduto da Roglič nella cronometro di ieri.
Giuseppe Scarfone

Il corridore basco Mikel Iturria vince la tappa di "casa" al Giro di Spagna (Getty Images)
04-09-2019
settembre 4, 2019 by Redazione
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VUELTA A ESPAÑA
Lo spagnolo Mikel Iturria Segurola (Euskadi Basque Country – Murias) si è imposto nell’undicesima tappa, Saint-Palais – Urdax-Dantxarinea, percorrendo 188 Km in 4h36′44″ alla media di 39.03 Km/h. Ha preceduto di 6″ il connazionale Jonathan Lastra Martínez e lo statunitense Lawson Craddock. Miglior italiano Matteo Fabbro (Team Katusha Alpecin), 8° a 12″. Lo sloveno Primož Roglič (Team Jumbo-Visma) è ancora maglia rossa con 1′52″ sullo spagnolo Alejandro Valverde Belmonte e 2′11″ sul colombiano Miguel Ángel López Moreno. Miglior italiano Ganluca Brambilla (Trek – Segafredo), 34° a 32′13″
TOUR OF XINGTAI (Cina)
L’olandese Roy Eefting (Memil – CCN Pro Cycling) si è imposto nella terza ed ultima tappa, Guangzong – Xingtai, percorrendo 176 Km in 3h53′55″ alla media di 45.14 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’iraniano Mohammad Ganjkhanlou e il malesiano Mohamed Zamri Saleh. Miglior italiano Marco Maronese (Bardiani – CSF), 7°. Il colombiano Carlos Cobos Márquez (Xingtai Bianque) si impone in classifica con 11″ l’iraniano Amir Kolahdozhagh e 13″ sull’ucraino Mykhaylo Kononenko. Miglior italiano Paolo Simion (Bardiani – CSF), 5° a 22″
GIRO DELLA REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA
Il team francese Chambéry Cyclisme Compétition si è imposto nella prima tappa, cronometro a squadre Torreano di Martignacco – Martignacco, percorrendo 16.1 Km in 19′41″ alla media di 49.08 Km/h. Ha preceduto di 4″ il team lussemburghese Leopard Pro Cycling e di 7″ il team italiano Cycling Team Friuli. Lo statunitense Matteo Jorgenson (Chambéry Cyclisme Compétition) è il primo leader della classifica con lo stesso tempo dei francesi Clément Champoussin e Paul Lapeira. Miglior italiano Nicola Venchiarutti (Cycling Team Friuli), 11° a 7″
E A PAU NE RIMASE SOLO UNO: PRIMOŽ SI PRENDE LA VUELTA (O NO?)
Per la seconda volta quest’anno Primož Roglič si trova nella lusinghiera posizione di vedersi pressoché assegnare un GT all’altezza del giro di boa, dopo un’impressionante prestazione contro il tempo. In Italia, però…
Il rivale più vicino, a poco meno di due minuti. Nella crono più lunga offerta dai tre grandi giri quest’anno (ancora complimenti ai tracciatori della Vuelta per questa decisione sana e in controtendenza), Primož Roglič sbaraglia la concorrenza e si prende tappa e maglia. La cronometro è mossa, ben articolata con uno strappetto tutto curve in apertura a indurire le gambe, poi stradine fra falsopiani e mangia-e-bevi prima di un finale più filante: ma se possiamo considerare le crono corse sui 40-45 km/h di media circa come ondulate, più prettamente pianeggianti invece per medie più alte, allora viene da dire che davvero Roglic, unico a far registrare la media dei 46 km/h, le salite non le ha sentite. Ha trasformato in un biliardo le colline prepirenaiche dove invece tutti gli altri si sono, chi più chi meno, incagliati.
Lo spettro del Giro, meno di quattro mesi fa, aleggia ancora: a metà gara, forte delle crono, Primož era dato per maglia rosa in pectore, vincitore finale pressoché scontato, con tanto di manfrine masochiste con Nibali sulle prime ascese di peso. Salvo poi scivolare ai margini del podio, con un terzo posto sgraffignato in extremis e per pochissimi secondi all’ultima tappa, ben più prossimo a esser quarto che secondo, e nemmeno parliamo del primato. Certamente va detto che questa prima metà di Vuelta è ben meno ingannevole di quanto non fosse quella strapiatta del Giro: abbiamo già avuto pendenze estreme, salite lunghe e ripetute, attacchi da lontano, e nel complesso lo sloveno si è sempre difeso con efficacia, quando non ha addirittura affondato il colpo lui stesso, tant’è che solo sei secondi lo separavano dal leader della vigilia, mai così provvisorio, vale a dire Nairo Quintana. Anche la squadra si dimostra più solida e compatta, con Bennett e Kuss ottimi in salita, Tony Martin una garanzia per il piano. Se poi si ritrovano l’esperto Gesink e il giovanissimo Powless, diventa una corazzata, anche se comunque un gradino sotto a quelle dei rivali, l’Astana di Superman López e la Movistar, farcita di fenomeni sebbene in piena crisi di spirito collettivo.
A confortare Roglič c’è anche il precedente di Simon Yates: chi viene respinto dal Giro trova talora bel riscatto alla Vuelta, che dopotutto, pur in questa versione “matura”, propone in gran parte sforzi meno protratti e concatenati, nonché più di rado caratterizzati dall’altitudine.
Quel che è certo è che si prospetta una bella seconda metà della gara spagnola, con tante occasioni per attacchi e agguati, due grandi scalatori con la necessità di farli per riprendersi due se non tre minuti, due contendenti che militano nel medesimo team, anche se da separati in casa e la ciliegina sulla torta di un quinto incomodo che, pur in altra squadra, è connazionale di Roglič, il baby fenomeno Pogačar, appena ventenne e già vincitore di tappa nonché in lizza per la generale al suo primo GT della carriera.
Dispiace un po’, se vogliamo metterla in questi termini, che la prestazione monstre di Roglič abbia eclissato il bel duello di tappa fra due specialisti del passo, il neozelandese Paddy Bevin, per cui sarebbe stata la prima affermazione di peso in carriera, dopo tanto gregariato, e il promettentissimo 24enne francese della Quickstep, Rémi Cavagna, quasi un metro e novanta e già tanti km macinati a spaccare pietre nelle semiclassiche del pavé oppure a sgroppare per gli strappi ardennesi o baschi. Secondo e terzo a un mezzo minuto da Roglič, ma separati di un paio di secondi l’uno dall’altro. Altri solidi specialisti paiono comunque appannati dalle fatiche di questo avvio di Vuelta subito tosto nonché dal percorso esigente di oggi: Craddock e Oliveira sono gli unici a restare attorno al minutino da Roglič, poi i tempi lievitano.
Qualche sequenza memorabile della crono, in ordine sparso, perché tanto nelle crono il tempo si scompone per poi ricomporsi in un quadro complessivo solo alla fine. Roglič che aggredisce il primo strappo con una violenza selvaggia e fluida, mantenendo una pedalata piena e rotonda anche in piedi sui pedali e con un rapporto di peso, accelerando a ogni uscita – e ogni entrata – di curva (in salita!). È nel primo intertempo che lo sloveno stende anche psicologicamente gli avversari, prendendosi in un terzo del tracciato quasi metà di tutto il suo vantaggio finalmente accumulato.
Splendido anche il duello con Superman López: nell’ultima sezione più schiettamente pianeggiante, il colombiano, partito due minuti prima di Roglič, è nel mirino, a meno di trenta secondi là davanti. I due ingaggiano una evidente battaglia fisica e mentale che si conclude con l’aggancio e il sorpasso solo agli ultimi cinquecento metri, con López che stringe i denti per reggere la volata e tagliare il traguardo assieme al rivale. Molti commentatori, anche illustri come Indurain, proponevano per il capitano Astana un astuto rallentamento, prendendo fiato, per poi trovarsi artatamente dietro Roglič il prima possibile: certo, non per goder della sua scia, il che sarebbe vietato, ma per usarlo come metronomo umano. Superman ha preferito propendere per lo scontro d’orgoglio, e ne è uscito a testa alta. D’altronde, per quanto visto finora su strada, sembra più plausibile, anche se arduo, che López recuperi due minuti sulla maglia rossa negli arrivi in salita piuttosto che ci riesca Valverde, ora come ora secondo in generale a 1:52”, ma parso fino adesso sostanzialmente equivalente allo sloveno quando la strada s’impenna.
Altre immagini chiave sono quelle di Quintana, ora quarto a tre minuti, quelli imbarcati oggi in una pessima crono: dapprima lo vediamo riscaldarsi in solitudine, per un tempo lunghissimo, in quel che pare un camion o un garage, appeso sulla bici come su un trespolo, con una postura innaturale, fra biciclette appese e pareti grigie. Poi lo vediamo con la tipica pedalata vuota da rapportino, sulla prima salitella, impazzendo in saltelli sull’una e l’altra gamba, proprio lui che predilige il rapporto lungo. Infine eccolo sulla retta finale, ultimo uomo sul tracciato, maledetto dal primato, affannandosi a rincorrere i 50 km/h sul piano che proprio non riesce a mantenere. Di fatto, si direbbe che Quintana e Superman López si siano scambiati per oggi le rispettive più abituali rese a cronometro. Va anche detto che la crono, disciplina così individuale, si è dimostrata nel ciclismo moderno figlia come poche altre della squadra: allenatori specifici, attenzione al mezzo, preparazione mirata, insomma, la performance individuale finisce per dipendere da con chi si corre più che da chi corre. E se con la propria squadra si è in rotta dichiarata…
Per il resto, come anticipato, merita una nota di merito la corsa dell’appena ventenne Pogačar: parte quasi forte come Roglič, col secondo tempo assoluto nella prima fase di corsa, quella con lo strappetto, poi si inchioda un po’ nell’intermedio centrale e alla fine è undicesimo a un minuto e mezzo circa. In prospettiva contendenti del futuro, risaltiamo anche le prestazioni del giovanissimo Dani Martínez della decimata Education First e del pure giovane, ma ancora per poco, Marc Soler, dopo la brutta sfuriata dell’altro giorno quando non voleva aiutare il capitano Quintana, conclusasi con tanta cenere sul capo ma soprattutto l’ennesima brutta figura generalizzata per i Movistar. Brillano rispettivamente nella parte finale e in quella centrale, completando con Pogačar un terzetto di tempi quasi equivalenti sul globale, anche se diversamente bilanciati.
Ora ci attendono due tappe di transizione, non tremende sulla carta ma insidiose, tipiche da terre basche. Poi, da venerdì a lunedì, un fine settimana lungo, anzi lunghissimo, in cui, su quattro tappe, tre saranno di montagna e di montagna assai aspra. Quindi, naturalmente, la terza settimana coi relativi tapponi. Questa Vuelta, che sembra esser durata tre settimane in una, è solo all’inizio. La pecca, finora, è forse una classifica generale un po’ vacua dopo i primi favolosi cinque posti, con vari fugaioli, alcuni giovani brillanti e molti gregari di mestiere ad accalcarsi – ma senza nemmeno troppa convinzione – per riempire la top ten.
Gabriele Bugada

Primož Roglič vola a prendersi la "roja" nella crono di Pau (foto Bettini)
VUELTA 2019 – LA ETAPA DEL DÍA: SAINT-PALAIS – URDAX-DANTXARINEA
settembre 4, 2019 by Redazione
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La Vuelta rientra in patria con una seconda e ultima frazione pirenaica che, però, non può essere considerata tappa d’alta montagna perché gli scalatori non avranno praticamente margini di movimento a causa delle salite previste, non troppo impegnative e collocate lontane dall’arrivo. La più difficile sarà il Col d’Ispéguy (7.2 Km al 7.1%), immediatamente seguita dal terzo e ultimo Gran Premio della Montagna inserito sul tracciato, il Col de Otxondo (7.6 Km al 4.7%), da scavalcare quando al traguardo mancheranno ancora 37 Km. Il tratto finale, leggermente ondulato, sarà comunque meritevole d’attenzione perché si percorreranno stradine strette che metteranno in fila indiana il gruppo, sulle quali il ritmo potrebbe farsi indiavolato se il gruppo dovesse sfilacciarsi e qualche pezzo grosso rimanere nella seconda parte del plotone. Sulla carta si tratta di un’altra occasione buona per andare in fuga con elevate possibilità di riuscire a condurre in porto il tentativo.
METEO VUELTA
Saint-Palais: cielo sereno, 23.6°C, vento moderato da WNW (11-13 Km/h), umidità al 62%
Lanne-en-Barétous (Km 41.5): cielo sereno, 23.4°C, vento moderato da NW (10 Km/h), umidità al 58%
Saint-Jean-Pied-de-Port (Km 103.9): nubi sparse, 24.2°C, vento moderato da NNW (15 Km/h), umidità al 56%
Urdax-Dantxarinea : poco nuvoloso, 23.4°C, vento moderato da NW (22-24 Km/h), umidità al 61%
UN PO’ DI STORIA
Saint-Palais, comune francese del dipartimento dei Pirenei Atlantici, ospiterà per la prima volta nella storia un grande giro, non avendo mai accolto una partenza o un arrivo nemmeno della corsa di casa, il Tour de France.
Il comune basco di Urdax, situato a soli 3 Km dal confine con la Francia, ha già ospitato la Vuelta nel 2016, al termine d’una nervosissima frazione conquistata da Valerio Conti, il corridore dell’allora Lampre – Merida divenuto particolarmente popolare all’ultimo Giro d’Italia per aver vestito la maglia rosa per una settimana.
Mauro Facoltosi

Il monastero di Urdax e, in trasparenza, l'altimetria dell'undicesima tappa della Vuelta 2019 (www.antiguabodega.es)
03-09-2019
settembre 3, 2019 by Redazione
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VUELTA A ESPAÑA
Lo sloveno Primož Roglič (Team Jumbo-Visma) si è imposto nella decima tappa, cronometro individuale Jurançon – Pau, percorrendo 36.2 Km in 47′05″ alla media di 46.13 Km/h. Ha preceduto di 25″ il neozelandese Patrick Bevin e di 27″ il francese Rémi Cavagna. Miglior italiano Manuele Boaro (Astana Pro Team), 55° a 4′38″. Roglič è la nuova maglia rossa con 1′52″ sullo spagnolo Alejandro Valverde Belmonte e 2′11″ sul colombiano Miguel Ángel López Moreno. Miglior italiano Ganluca Brambilla (Trek – Segafredo), 30° a 32′13″
TOUR OF XINGTAI (Cina)
L’ucraino Vasili Strokau (Minsk Cycling Club) si è imposto nella seconda tappa, Licheng Reservoir – Wangao Ancient Village, percorrendo 206 Km in 5h07′37″ alla media di 40.18 Km/h. Ha preceduto di 3″ il mongolo Jambaljamts Sainbayar e l’italiano Mirco Maestri (Bardiani – CSF). Il colombiano Carlos Cobos Márquez (Xingtai Bianque) è il nuovo leader della classifica con 11″ l’iraniano Amir Kolahdozhagh e 13″ sull’ucraino Mykhaylo Kononenko. Miglior italiano Paolo Simion (Bardiani – CSF), 8° a 30″
VUELTA 2019 – LA ETAPA DEL DÍA: JURANÇON – PAU
settembre 2, 2019 by Redazione
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Trascorso il primo giorno di riposo la Vuelta si rimette in viaggio dalla Francia, per la precisione dalla cittadina di Pau che, un mese e mezzo dopo la tappa a cronometro del Tour, tornerà a ospitare una sfida contro il tempo di un grande giro. Pur snonandosi su tracciati totalmente differenti, che avranno in comune solamente i 250 metri del rettilineo d’arrivo, le due cronometro si assomigliano molto per caratteristiche tecniche, entrambe movimentate da una fase iniziale tormentata che poco agevola le grandi cilindrate dei cronoman, mentre il finale più filante strizza maggiormente loro l’occhio. Le fasi d’avvio saranno le più problematiche perché appena 500 metri dopo esser scesi dalla rampa di lancio si dovrà affrontare la breve ma ostica Côte de Beauvallon, che si arrampica per 2000 metri al 7.4%. Si “galleggerrà” in quota nei successivi 10 Km che condurranno al primo punto di rilevamento dei tempi intermedi, passato il quale ci si porterà ai piedi della seconda e ultima salita prevista dal tracciato, la Côte de l’Église, più pedalabile della precedente (1.7 Km al 5.9%). A quel punto mancheranno 15 Km al traguardo, privi d’ulteriori difficoltà (se s’esclude il chilometro conclusivo in dolce ascesa), che consentiranno ai passisti di allungare maggiormente sugli scalatori, con passivi per questi ultimi più “pesanti” rispetto a quelli accusati nella crono del Tour, che era più corta di una decina di chilometri. Un corridore come lo sloveno Primož Roglič, attualmente secondo in classifica a 6” dal colombiano Nairo Quintana, dovrebbe aver gioco facile nel distanziare i rivali e andare a indossare la maglia rossa.
METEO VUELTA
Jurançon – partenza primo corridore: cielo sereno, 21.7°C, vento debole da ENE (8-11 Km/h), umidità al 56%
Pau – arrivo ultimo corridore: cielo sereno, 23.7°C, vento debole da ENE (8-11 Km/h), umidità al 50%
UN PO’ DI STORIA
Pau debutta alla Vuelta, gara che nel corso di 74 edizioni ha finora proposto un traguardo in terra di Francia in 12 occasioni. La regina tra le cittadine “transpirenaiche” ad aver ospitato la corsa spagnola è Bayonne, che è stata sede di tappa cinque volte tra il 1955 e il 1965, con il francese Gilbert Bauvin a imporsi in quello che, nel 1955, fu il primo arrivo fuori dai confini nazionali spagnoli; qui ci sarà gloria anche per l’Italia con il successo di Giancarlo Astrua nel 1956. Due volte si è arrivati nella stazione di sport invernali di Luz-Ardiden, storica meta di tapponi pirenaici del Tour, che alla Vuelta ha visto trionfare lo spagnolo Laudelino Cubino nel 1992 e il francese Laurent Jalabert nel 1995, l’anno della prima edizione disputata in estate. Altre mete pirenaiche della corsa iberica sono state Cauterets nel 2003 (Michael Rasmussen), Peyragudes nel 2013 (Alexandre Geniez) e il Col d’Aubisque nel 2016 (Robert Gesink). Completano questo elenco Nîmes e Gruissan, che nel 2017 ospitarono gli arrivi delle prime due tappe, la cronosquadre d’apertura vinta dalla BMC Racing Team e una frazione per velocisti conquistata dal belga Yves Lampaert.
Mauro Facoltosi
Il castello di Pau e, in trasparenza, l'altimetria della 10a tappa della Vuelta 2019 (wikipedia)
02-09-2019
settembre 2, 2019 by Redazione
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VUELTA A ESPAÑA
Giorno di riposo
TOUR OF XINGTAI (Cina)
L’iraniano Amir Kolahdozhagh (Taiyuan Miogee Cycling Team) si è imposto nella prima tappa, Xingtai – Zijinshan Jiuliwan Scenic Area, percorrendo 145 Km in 3h21′22″ alla media di 43.20 Km/h. Ha preceduto di 1″ l’ucraino Mykhaylo Kononenko e di 4″ il russo Roman Maikin. Miglior italiano Paolo Simion (Bardiani – CSF), 6° a 9″. Kolahdozhagh è il primo leader della classifica con 4″ su Kononenko e 7″ su Maikin. Miglior italiano Simion, 7° a 19″
IL MORSO DEL COBRA NON BASTA PER PORTAR VIA LA MAGLIA A STUYVEN
La quarta ed ultima tappa del Deutschland Tour ha visto la vittoria di Sonny Colbrelli (Bahrain Merida), che nello sprint su un arrivo adattissimo in leggera salita è riuscito a precedere il belga Yves Lampaert (Deceuninck-Quick Step) ed il norvegese Alexander Kristoff (UAE-Team Emirates). La grande volata di Colbrelli non è bastata al bresciano per rovesciare il primato di Jasper Stuyven (Trek Segafredo), che ha mantenuto la leadership per soli tre secondi.
Dopo la tappa di ieri Sonny Colbrelli (Bahrain Merida), aveva ammesso (al “Giornale di Brescia“, ndr) di “essere abbastanza stanco” dopo le tre esigenti frazioni affrontate in questo Giro di Germania; eppure quella vittoria che mancava da febbraio era un vuoto da superare per forza da parte di Sonny. E se nelle tappe precedenti è venuto a mancare sempre qualcosa, oggi è andato tutto nella direzione giusta.
Sui 159 chilometri che portavano da Eisenach a Erfurt, particolarmente impegnativi nella fase centrale per alcune salite ravvicinate e nella fase finale con il circuito di Erfurt da ripetere tre volte comprendente lo strappo sulla cui cima era posto il traguardo, lungo più di un chilometro, i movimenti non si sono fatti mancare. Una prima fuga composta da sette corridori, partita appena dopo il via, è durata fin troppo poco per essere raccontata; un tentativo più serio è stato portato avanti da Ben Gastauer (Ag2r La Mondiale) in solitaria per oltre trenta chilometri, risucchiato dalla forza del gruppo e la stessa sorte è toccata anche a Joshua Huppertz (Lotto-Kern Haus), ripreso ai meno venti dall’arrivo.
La situazione di gruppo compatto che si è avuta nel finale ha garantito la certezza della volata, da disputarsi tuttavia su un terreno insolito per gli sprinter, anche se il gruppo di testa non contava più di quaranta corridori al momento d’mboccare l’ultimo chilometro e con esso l’ultima erta. Un’azione di Vincenzo Nibali (Bahrain Merida) ha allungato il gruppo in maniera netta, lanciando indirettamente il compagno di squadra Colbrelli, prodigatosi in una volata che nessuno degli altri contendenti è riuscito a contrastare. Il bresciano della Bahrain Merida ha preceduto, Yves Lampaert (Deceuninck-Quick Step) e Alexander Kristoff (UAE-Team Emirates), mentre sono andati a completare la top ten di giornata Alexey Lutsenko (Astana), Jasper Stuyven (Trek Segafredo), Diego Ulissi (UAE-Team Emirates), Cees Bol (Sunweb), Ben Swift (Ineos), Tom-Jelte Slagter (Dimension Data) e Simon Geschke (CCC Team). Gli abbuoni non hanno cambiato la definizione della classifica generale, ufficializzando la vittoria di Stuyven che ha conservato il primato precedendo Colbrelli di 3” e Lampaert di 12”, mentre ha terminato con un buon quinto posto Ulissi, che assieme a Colbrelli si candida con buoni requisiti per essere selezionato dal CT Davide Cassani in vista dei prossimi campionati del mondo, in programma a fine mese ad Harrogate (Regno Unito).
Paolo Terzi

Sonny Colbrelli chiude con la vittoria la seconda edizione del nuovo corso del Giro di Germania (Getty Images)