POGI MOGIO POST PIRENEI, TOUR TARPATO: MA CI RESTERÀ SEMPRE PARIGI!
Super Wout riscatta una Visma svaporatasi nella terza settimana
Il Re Sole è corrucciato. Nella Francia allo zenit dell’Ancien Regime… (fra parentesi: ex post, ci sorprende sempre scoprire quanto possa averci ingannato l’interiorizzata metafora astronomica, e quanto cioè il culmine di una parabola storica, sportiva, artistica o umana possa rivelarsi assai prossimo al tramonto, così come altre volte lo è invece all’alba) …chiusa parentesi: in quella Francia ove tutto gravitava attorno a un centro unico e assoluto, le sedute di deiezione del sovrano erano uno spettacolo pressoché pubblico, soggette agli sguardi di tutta una corte che scrutava con ossessiva preoccupazione volto e corpo del sovrano per intuire dal colorito, dalle smorfie, dalle posture come fluissero gli umori e l’umore di un uomo che in sé sussumeva lo Stato tutto.
La medesima sensazione è quella che sono andate via via a trasmetterci le sessioni stampa della maglia gialla lungo questo Tour 2025. Le tensioni fra il nostro novello Piccolo Principe e la sua immagine pubblica erano andate crescendo man mano che il Principe diveniva un autentico monarca capace di dominare su tutti i terreni e tutti i mesi dell’anno. Da parte sua, Tadej già da inizio estate non si era tenuto per sé frecciate contro le reti sociali e poi contro l’apparato giornalistico, nonché – ma questo solo implicitamente, molto implicitamente – contro il loro mutuo alimentarsi di aria fritta, insinuazioni, invidie e insoddisfazioni.
E così la sala stampa è andata a sfociare nella psicanalisi quando, dal Ventoux in avanti, la cattiveria agonistica, gli scatti brucianti, lo sguardo brillante, i sorrisi solari hanno ceduto il passo ai mugugni, all’occhio spento, alla carnagione opaca, ma soprattutto al correre sulle ruote, agli scattini da ultimo striscione, al dispensare regalini e regalucci fra l’altro facendo figli e figliastri, il tutto contrapposto invece a quel dispendio di sé che aveva illuminato una terza settimana 2024 pur a classifica già ampiamente decisa (riaperta semmai dai rischi di caduta assunti in discesa nella crono nizzarda).
Pogi s’interroga sui tanti giorni lontano da casa, meditazioni che semmai associavamo fin qui al melanconico danese Vingegaard. Sul fatto che ci sia altro nella vita al di là del ciclismo. Sull’interminabile durata di un Grand Tour, per cui la terza settimana assume i contorni di quella cortina grigia di pioggia oltre la quale si schiuda finalmente un altrove di felicità o almeno serenità e meritato riposo. Pogi descrive lo smarrimento quando nelle nebbie giù dal Tourmalet tutto svanisce nella foschia, s’intravede appena la schiena di un gregario lì davanti e il resto è nulla. Dulcis in fundo: “nel corso di questo Tour de France ho appreso qualcosa di nuovo e diverso sul mondo del ciclismo, e su me stesso, che ha cambiato il mio modo di essere corridore, ma non ne posso parlare ora, lo rivelerò forse più avanti”.
Il film d’azione della prima settimana, il kolossal hollywoodiano di Hautacam, il razzo che decolla con gli Aerosmith di fondo, sfociano dalla cerniera del Ventoux nell’esistenzialismo, anzi direttamente nel mistero del più enigmatico ed esplicito – paradossi del minimalismo – fra i film di Bresson, “Un condannato a morte è fuggito (Il vento soffia dove vuole)”.
Si scatenano gli esegeti. Ipotesi prima: Re Pogi è stanco, la prima metà di Tour pirotecnica, con velocità stratosferiche in pianura, ha inevitabilmente bagnato le polveri di tutti. Gli exploit riescono a chi si è concesso qualche tappa di respiro imbarcando a giorni alterni le mezz’ore, ma chi deve tenere duro tutto il tempo in cima alla classifica generale è pesantemente logorato (non per nulla la top 10 la curano forse in nove, probabilmente un record negativo mai visto al Tour). Ipotesi seconda: Re Pogi è ammalato, l’ha detto lui stesso che aveva il raffreddore. Fra incubare, starnutire, smaltire inevitabile un calo. Ipotesi terza: Re Pogi è annoiato, pure questo l’ha detto espressamente, come riportato poco sopra, e un corridore che fa della joie de vivre l’asse portante della sua magnifica ferocia in corsa dalla noia risulta ferito a morte. Ipotesi quarta: Re Pogi è invecchiato, eh sì, la carta d’identità nello sport ha un funzionamento sui generis, dipende da quando si ha cominciato a competere al vertice, e poi la candela che brucia dai due lati brucia prima, il culmine è stato il 2024 ma adesso tocca poco a poco calare. Ipotesi quinta: Re Pogi è “comandato”, lui è un sovrano incontrastato sulla strada, e spesso non solo (decide in parte il proprio calendario, non è poco), ma il ciclismo è sport i cui risultati non si macinano solo a suon di pedali, basta d’altronde dare una scorsa agli albi d’oro, alle classifiche e alle loro varie riscritture storiche per intuire gli strati profondi di uno sport sociale, corale, intricato, cortigiano in cui le gare si decidono, certamente, in corsa, ma anche fuori dalla corsa; e ciò che accade in corsa, a propria volta, è il distillato di ordini dalla radiolina dall’ammiraglia, quindi di conversazioni fra ammiraglie, parlottare smorzato dalla moquette nei corridoi di qualche albergaccio di provincia, do ut des al tavolo di caffetterie svizzere, e su su fino alla cattedra di un tribunale, arbitro in terra del bene e del male.
Come in un pasticciaccio ambientato ad altre latitudini, frutto di altra letteratura, nello gnommero dei motivi nessuno spiega bene tutto, nessuno funziona davvero, tutti cozzano con una sfaccettatura o l’altra della realtà, ma tutti risultano in qualche modo necessari quanto insufficienti.
E allora ci accontentiamo, per adesso, della semplicità di una favola. Il Principe Felice di Oscar Wilde, a cui viene eretta una statua dorata e ingioiellata per celebrare proprio la sua spensieratezza e felicità, si accorge tardivamente proprio in quanto monumento, dall’alto del proprio piedistallo, che il mondo attorno a lui è pervaso di complessità, ingiustizia e infelicità. Non gli sovviene altra soluzione che distribuire pezzo a pezzo ai bisognosi la propria livrea preziosa, donata la quale si ritrova color grigio piombo, né d’un apice più felice in quanto il mondo è restato misero e ingiusto. A quel punto tuttavia il sindaco decide che la statua così triste non svolge più la propria funzione celebratoria e la invia dunque in fonderia per sostituirla con una propria, decisione però destinata a finire in bisticcio perché ogni notabile della cittadina vorrebbe a quel punto che la statua fosse la propria.
Il cuore del Principe però, pur spezzato, non si squaglia nemmeno nel crogiuolo della fonderia. E il nostro Pogi, arrivato a Parigi, ritrova la verve e la voglia per illuminare di giallo folgorante una giornata uggiosa di pioggia e porfido scivoloso. Nel fiammante circuito olimpico che guizza avvolto di gente fra Montmartre e il Sacro Cuore, fra negozietti e brasserie (e non più solo nella vacua vastità dei Campi Elisi, dell’Arco di Trionfo, della Defense sullo sfondo) fibrilla finalmente l’altimetria e si susseguono gli scatti. Finalmente torna la vera voglia di vincere, finalmente torna lo spettacolo e il desiderio di mettersi in gioco completamente, non conservando un’eterna, vana e volatile riserva. I tempi sono neutralizzati per la classifica generale una volta entrati nel circuito, ma una caduta grave, su un tracciato così insidioso e dovendo districarsi fra le traiettorie su discesa bagnata del kamikaze Mohoric, implicherebbe comunque la perdita del Tour, qualora non fosse possibile tagliare in sella il traguardo. Ma è tornato il Pogi generoso, e i suoi compagni di gioco sono soprattutto quegli avversari della Visma che hanno vissuto un Tour di profonda delusione e quasi sofferenza precisamente per il proprio spendersi a fondo fino al tracollo e al trascinarsi sotto il traguardo, Van Aert e Jorgenson. Il secondo decisivo tatticamente con i suoi ripetuti attacchi prima dell’ascesa finale, lavora ai fianchi la maglia gialla e ne inibisce la capacità di attacco secco in quanto lo forza a chiudere ancora e ancora. Il primo, ormai lontano dal variegato misto di trionfi multipli e su ogni tipo di tappa risalente a tre anni fa, coniuga come al Giro servizio cavalleresco al capitano con obiettivi personali isolati ma della più alta qualità. Sulla cima dello strappo contrattacca e stacca Pogi, una combinazione pressoché inedita di verbo e complemento oggetto. Da lì alla vittoria è un battito d’ali, diverso da quello quasi arrogante mimato per festeggiare vittorie passate, ma quanto più glorioso perché spiccato da una condizione diversa dalla sfacciata superiorità.
A proposito di Visma, duole dover annotare in cronaca la prestazione di Vingegaard, crudelmente riassumibile per quest’anno con un’altra favola di Oscar Wilde, Il Razzo Eccezionale. Un fuoco d’artificio speciale preparato per illuminare la festa del re racconta a tutti quanto peculiare sarà il suo sfolgorio, e nel racconto si commuove fino alle lacrime, che però inumidendolo, ne impediscono l’esplosione. Il razzo finisce dimenticato e poi raccattato da due ragazzini che ci giocano per un po’ e poi lo lasciano vicino al falò di fianco al quale si addormentano. Il razzo, asciugato dal tepore, prende finalmente fuoco e brilla con grande magnificenza da solo, in un cielo vuoto e senza gente, mentre i due ragazzini nemmeno si svegliano.
Ecco, dopo tante dichiarazioni di guerra, dopo arditi echi pantaniani di “salta lui o salto io”, questo Vingegaard non ha mai ma proprio mai dato la benché minima impressione, dopo Hautacam, di aver spalancato appieno le dighe delle proprie energie. Ha duellato col fioretto ma senza mai voler nemmeno sfiorare il rischio di vedersi svuotato, temendo forse di essere avvicinato da altri rivali (lontanissimi in classifica, eh!, così come lontanissimi ad ogni scatto dei due fenomeni). Se già non è esaltante una corsa in difesa da chi ha margini, ancora più atroce è una corsa in difesa di un… secondo posto che peraltro nessuno sta assaltando! Non è facile battere un avversario più forte, ma il ciclismo lo consente, sporadicamente. Consente sempre e comunque di provarci. In questo caso ci ha provato la Visma, come squadra, svenandosi nel tentativo. Non ci ha proprio provato il poco coraggioso capitano danese. Contador vince la Vuelta 2012 su un Purito Rodríguez più forte in quel momento non solo per la sorpresa indotta da un attacco inatteso, ma anche perché in un luogo assolutamente incongruo Contador eroga tutta la propria disponibilità fisica (e forse qualcosina in più). Purito potrebbe marcarlo, in termini atletici, ma gli subentra il dubbio se abbia senso farlo, o quali potrebbero essere le conseguenze impensate. In quell’esitazione si apre il margine per l’imprevedibile. Tadej non è Purito, certamente, e l’esito più probabile sarebbe stato comunque la sconfitta di chi avesse provato l’azzardo in questo caso, ma a differenza di quel meraviglioso inizio di Delfinato che proprio Vingegaard ci ha regalato un mesetto e spicci fa, non si è proprio visto in nessun caso un attacco inatteso, FUORI LUOGO, di Vingegaard – tale da rimanere senza forze, vulnerabile, ma istillando quindi anche nell’avversario il sacro timore rispetto all’entrare in zona di vulnerabilità. Un timore alieno al Pogi che conoscevamo ma forse non così estraneo al Pogi maturo o esistenzialista di questa terza settimana. Non lo sapremo mai.
In chiusura, standing ovation per le belle prestazioni dei corridori italiani sia in termini di classificazioni globali sia in questa ultimissima e speciale tappa parigina, il tutto nonostante un movimento nazionale la cui clamorosa difficoltà strutturale non accenna ad attenuarsi. Jonathan Milan porta a casa la maglia a verde della classifica a punti non solo vincendo due tappe, ma soprattutto lottando alla morte su ogni maledetto traguardo volante e, con questi chiari di luna, ancora di più spremendosi in tappe di montagna ad altissima concentrazione di dislivello per rientrare nel tempo massimo. A Parigi, appunto, nessuna chance per un velocista come Milan, ma a chiudere due volte sulle sfuriate di Pogi è stato un fenomenale Ballerini, che per fortuna trova ogni tanto queste giornate di grazia in cui fare rifulgere il proprio talento. Secondo posto con rimpianti ma solo sentimentali perché un risultato migliore oggi sarebbe stato inaccessibile: l’orgoglio, invece, di essersi scontrato alla pari con i migliori al mondo nel palcoscenico più gremito della corsa più mediatica e competitiva del pianeta. E nell’azione buona c’era anche, con tutta la sua sagacia, il sempre solido Trentin, per anni e anni di traversata del deserto l’unico atleta del nostro movimento ad avere una caratura costante di spessore davvero internazionale, diciamo in quell’intervallo fra il tramonto di Nibali e l’approdo su strada dei Ganna o Milan (già campioni ma all’inizio prevalentemente in pista).
Gabriele Bugada

Il podio del Tour 2025 (Eurosport)
MAVI GARCÍA REGINA A QUIMPER, KIMBERLY LE COURT-PIENAAR NUOVA MAGLIA GIALLA
La 41enne spagnola sorprende tutte con un’azione solitaria nel finale e conquista la tappa. La Le Court-Pienaar balza in testa alla classifica grazie alla somma dei piazzamenti.
Il Tour de France Femmes 2025 continua a regalare spettacolo e colpi di scena. Dopo il trionfo di Marianne Vos (Team Visma | Lease a Bike) nella giornata inaugurale, è toccato oggi a Mavi García scrivere una pagina memorabile sulla strada che da Brest ha portato il gruppo fino a Quimper. La veterana spagnola della Liv AlUla Jayco ha piazzato un attacco deciso a poco più di dieci chilometri dall’arrivo e, nonostante un vantaggio mai superiore ai venti secondi, ha saputo difendersi con grinta e intelligenza, resistendo al ritorno del gruppo per appena tre secondi. Un colpo da manuale che le consegna la più importante vittoria della sua lunga carriera e che le permette di festeggiare a 41 anni e mezzo con l’entusiasmo di una debuttante.
Alle sue spalle, il gruppo si è lanciato in una volata furiosa: l’olandese Lorena Wiebes (Team SD Worx – Protime) si è imposta nello sprint delle battute, precedendo la mauriziana Kiberly Le Court-Pienaar, che con il terzo posto e i 4″ di abbuono si è presa la testa della classifica generale. La campionessa africana ha ora lo stesso tempo della Vos, ma può vantare una migliore somma di piazzamenti grazie al podio odierno che va a bilanciare il quinto posto dell0olandese. È un traguardo storico per la portacolori dell’AG Insurance-Soudal, poichè ai si tratta della prima ciclista africana ad indossare la maglia gialla
La seconda tappa, con partenza da Brest, ha offerto sin dai primi chilometri un andamento movimentato. Dopo la notizia del ritiro di Charlotte Kool (Team Picnic PostNL), non partita per i postumi della caduta subita in Belgio la scorsa settimana, sono state Movistar e Team Picnic PostNL a cercare il riscatto mandando all’attacco Aude Biannic e Franziska Koch. La loro azione, seppur limitata nel vantaggio, ha animato la parte centrale della corsa, mentre dietro si muovevano le velociste per lo sprint intermedio e le specialiste dei GPM, tra le quali Silke Smulders (Liv AlUla Jayco) ed Elise Chabbey (FDJ – SUEZ), in lotta per la maglia a pois.
Il gruppo ha lasciato poco spazio alle fuggitive, riprendendole nel circuito finale. Da lì in poi la corsa è esplosa con numerosi tentativi: Katarzyna Niewiadoma (CANYON//SRAM zondacrypto) e Pauline Ferrand-Prévot (Team Visma | Lease a Bike) hanno provato ad animare l’ascesa verso il Point Bonus, seguite da altri cicliste importanti come Riejanne Markus (Lidl – Trek) e Demi Vollering (FDJ – SUEZ). Tuttavia, l’attacco decisivo è arrivato da chi meno ci si aspettava, Mavi García, che – ormai fuori classifica dopo una caduta nella prima tappa – ha colto l’attimo perfetto ai -12, resistendo alla rimonta con un finale da brividi.
Negli ultimi chilometri, i tentativi di chiudere lo spazio da parte delle big non sono stati abbastanza organizzati. Elisa Longo Borghini (UAE Team ADQ) ha confermato le difficoltà già emerse ieri, perdendo nuovamente contatto e accumulando un ritardo vicino ai due minuti. Lotte Kopecky (Team SD Worx – Protime) ha faticato ma è riuscita a rientrare nel finale per aiutare le compagne. Quando la Wiebes ha lanciato la volata era ormai troppo tardi, perchè la García era già lanciata verso la gloria.
Sullo sfondo di una giornata intensa, con scambi di attacchi, cambi di leadership e battaglie per ogni secondo, il Tour ha già mostrato il suo volto più imprevedibile. Dietro alla Le Court-Pienaar e alla Vos, la Ferrand-Prévot resta in agguato a 6″, seguita dalla Niewiadoma a 10″. Le altre pagano distacchi più consistenti, in particolare Cédrine Kerbaol (EF Education-Oatlye) e Sarah Gigante (AG Insurance – Soudal Team), staccate di 8″, mentre la Longo Borghini si ritrova ora con quasi due minuti da recuperare.
Domani si andrà ad Angers per quella che, almeno sulla carta, dovrebbe essere la prima occasione per una volata di gruppo compatto. Dopo due giornate piene di emozioni, le ruote veloci avranno finalmente la loro chance. Ma con questo Tour, nulla sembra davvero scontato.
Mario Prato

Mavi García vince la seconda tappa del Tour femminile (foto Szymon Gruchalski/Getty Images)
MARIANNE VOS FIRMA LA PRIMA TAPPA DEL TOUR DE FRANCE FEMMES 2025
La fuoriclasse olandese trionfa a Plumelec e conquista la prima Maglia Gialla. Distacchi già significativi tra le big.
Il Tour de France Femmes 2025 si apre nel segno di Marianne Vos. La stella della Visma | Lease a Bike ha conquistato la vittoria nella tappa inaugurale, imponendosi con classe e potenza sull’ascesa finale di Plumelec. Una prova da campionessa consumata per l’atleta olandese, che si prende anche la prima maglia gialla. Alle sue spalle hanno chiuso Kimberley (Le Court) Pienaar, portacolori dell’AG Insurance-Soudal, e la compagna di squadra Pauline Ferrand-Prévot, protagonista dell’azione che ha selezionato il gruppo nel tratto decisivo.
Il finale è stato animato da un forcing perfettamente orchestrato dalla Visma, con la Ferrand-Prévot a lanciare l’azione decisiva e la Vos pronta a concretizzare lo sforzo con la sua inconfondibile progressione negli ultimi metri. Il gruppo delle migliori si è frantumato negli ultimi chilometri, con alcune delle pretendenti alla classifica generale che hanno subito già un primo passivo. Elisa Longo Borghini (UAE Team ADQ), reduce dalla vittoria al Giro d’Italia Women, ha chiuso con circa un minuto di ritardo, pagando il ritmo imposto sull’erta finale.
La giornata si è rivelata amara anche per Marlen Reusser perchè l’elvetica della Movistar ha dovuto abbandonare la corsa durante lo svolgimento della tappa, aggiungendo una nota negativa a un inizio di Tour già selettivo.
Con questa vittoria, Marianne Vos conferma il suo status di eterna protagonista del ciclismo femminile, dimostrando ancora una volta di saper leggere alla perfezione le corse e di colpire con precisione nei momenti decisivi, nonostante le quasi 40 primavere. La sua esperienza e la forza collettiva della Visma | Lease a Bike hanno fatto la differenza in una frazione breve ma intensa, che non ha lasciato spazio alla distrazione.
Il Tour riprenderà domani con la seconda tappa, da Brest a Quimper. Il percorso si preannuncia ancora più impegnativo, con una sequenza di salite nervose e pendenze importanti nella seconda parte. Il finale è particolarmente tecnico e potrebbe offrire terreno fertile per nuove azioni offensive. La Côte de Locronan e la Côte du Chemin de Trohéir, entrambe con tratti a doppia cifra di pendenza, anticipano l’erta conclusiva e lo sprint ad abbuoni di Pen ar Stang. Sarà un’altra giornata da leggere con attenzione, soprattutto per le atlete interessate alla classifica generale. Dopo quanto visto oggi, è chiaro che il Tour è già entrato nel vivo.
Mario Prato

Marianne Vos inaugura l'edizione 2025 del Tour de France femminile (foto Szymon Gruchalski/Getty Images)
GROVES RUGGISCE SOTTO LA PIOGGIA A PONTARLIER, GRUPPO A 7 MINUTI
Al penultimo giorno di gara il gruppo lascia carta bianca alla fuga, che arriva al traguardo di Pontarlier con sette minuti di vantaggio sugli uomini di classifica. Vittoria a Groves, velocita in libera uscita, protagonisti anche gli italiani Velasco e Trentin
Il Tour de France si conclude con due tappe dal profilo abbastanza mosso, ma che non dovrebbero portare sconvolgimenti in nessuna delle varie classifiche. Certamente non in quella generale, sempre capeggiata da Tadej Pogačar (UAE Team Emirates – XRG) con 4’24” sul suo rivale storico Jonas Vingegaard (Team Visma | Lease a Bike), che a dispetto dei proclami bellicosi dei giorni scorsi si è limitato a controllare sulle Alpi il suo avversario, e oltre 11 minuti sul giovane tedesco Florian Lipowitz (Red Bull – BORA – hansgrohe), che va a completare un podio che, per la prima volta nella storia delle due corse a tappe, sarà lo stesso del Delfinato. Anche la maglia verde della classifica a punti sembra blindata, dal momento che Pogačar, secondo dietro al nostro Jonathan Milan (Lidl – Trek), non è sembrato molto combattivo negli ultimi giorni e difficilmente potrebbe sfilargliela anche se vincesse le ultime due tappe. Lo stesso discorso vale per la maglia a pois, che indica il leader della classifica degli scalatori, ormai saldamente sulle spalle di Pogačar dal momento che per scavalcarlo Vingegaard, secondo a 13 punti, dovrebbe vincere tutti i GPM di queste ultime tappe, cosa che sinora non ha mai destato il suo interesse; chi, invece, era interessato, vale a dire il francese terzo in classifica Lenny Martinez (Bahrain – Victorious), è stato tagliato fuori da una penalizzazione rimediata nella tappa di giovedì e dall’accorciamento di quella di ieri. Tutto questo rende molto incerto l’esito della tappa odierna, che si avvicina a Parigi allontanandosi lentamente dalle Alpi, e partirà dal paese di Nantua, situato fra Lione e Ginevra, alle 12.15 circa, per arrivare dopo 184 chilometri nella cittadina di Pontarlier dopo aver lambito a lungo il confine con la Svizzera. Lungo il percorso si incontrano ben 4 GPM, di certo poco impegnativi rispetto a quelli dei giorni scorsi: dopo 25 chilometri il Col de la Croix de la Serra (12.2 km al 4.1%) di 3a categoria, dopo 46 Km la Côte de Valfin (5.6 km al 4.3%) di 4a categoria, quindi dopo 122 Km la Côte de Thésy (3.5 km al 9%) di 2a categoria e, infine, dopo 161 Km, quindi a circa 23 Km dall’arrivo, la Côte de Longeville (2.6 km al 6%) di 4a categoria.
Si parte con un tempo pessimo: piove e la bagarre parte subito, con diversi corridori che a più riprese tentano la fuga solitaria o in piccoli gruppi; di questi il più attivo sembra il forte passista norvegese Kasper Asgreen (EF Education – EasyPost) – già vincitore di tappa al Giro e al Tour – che arriva anche a guadagnare una ventina di secondi sul gruppo. Sulla prima salita Asgreen viene ripreso, né hanno miglior fortuna gli attacchi portati da altri corridori, fra i quali si ricorda almeno Tim Wellens (UAE Team Emirates – XRG), già in passato possessore della maglia a pois. Alla fine il gruppo transita quasi compatto sul primo GPM, dove a passare per primo è il francese Louis Barré (Intermarché – Wanty), che riesce a prendere un piccolo vantaggio proprio sulle ultime rampe. Dopo altri tentativi di breve durata, che vedono mettersi in luce anche il nostro Davide Ballerini (XDS Astana Team), Wellens e Matteo Jorgenson (Team Visma | Lease a Bike) danno il via a una fuga più consistente, alla quale presto si uniscono altri corridori, fra cui i nostri Simone Velasco (XDS Astana Team), che vincerà il traguardo volante di La Chaux-du-Dombief, e Matteo Trentin (Tudor Pro Cycling Team), sino ad arrivare a 13 unità. Tra i fuggitivi va anche segnalato Jordan Jegat (Team TotalEnergies), attualmente 11esimo in classifica generale e che forse spera di scalzare l’australiano Ben O’Connor (Team Jayco AlUla), trionfatore l’altro ieri, dal decimo posto. Sul secondo GPM, la Côte de Valfin, transita primo Wellens. Dopo molti chilometri durante i quali la situazione sembra stabilizzarsi, i fuggitivi arrivano ai piedi della Côte de Thésy con ormai 2 minuti e mezzo sul gruppo. A questo punto è proprio Jegat a tentare l’azione solitaria, seguito ben presto da Harry Sweeny (EF Education – EasyPost), che transita primo sul GPM. I due corridori insistono nella loro azione, mentre dal gruppo escono altri fuggitivi, ben guidati da Wout van Aert (Team Visma | Lease a Bike), che arrivano a formare un secondo gruppetto con dentro 16 corridori, fra i quali Martinez e due tra quelli che più hanno deluso in questo Tour, Marc Hirschi (Tudor Pro Cycling Team) e Michael Storer (Tudor Pro Cycling Team). Sui saliscendi che precedono l’ultimo GPM Sweeny riesce a staccare Jegat, che viene ripreso dal primo gruppetto di fuggitivi, quello con Wellens e Jorgenson, mentre il gruppo lascia fare e cerca solo di arrivare al traguardo di Pontarlier senza che avvengano cadute, tutt’altro che improbabili col brutto tempo che continua a perseguitare i corridori. Alle spalle di Sweeny il primo gruppo di fuggitivi si fraziona presto, dividendosi in alcuni sottogruppi, ma all’inizio dell’ultimo GPM, la Côte de Longeville, tutti si ricompattano, compreso Sweeny, ma esclusi Wellens e Jorgenson, che restano in compagnia del francese Ewen Costiou (Arkéa – B&B Hotels). Più indietro il gruppo riassorbe il secondo drappello di fuggitivi, quello con Van Aert. In cima alla salita passa per primo il passista spagnolo Iván Romeo (Movistar Team): mancano 23 chilometri al traguardo ed è evidente che la fuga andrà a buon fine. I fuggitivi, che sulle ultime rampe della salita si sono nuovamente frazionati, si rimescolano ulteriormente sulla discesa, rimanendo davanti in sei. Di questi, la metà cadono ben presto sull’asfalto scivoloso, in una curva larga ma insidiosa: fra i caduti vi sono Romeo e purtroppo il nostro Velasco, che era sempre rimasto con i primi e al quale l’incidente impedirà di giocarsi la possibilità di vincere la tappa. I corridori, sotto la pioggia battente, continuano a rimescolarsi. A fine discesa, quando mancano circa 16 chilometri dall’arrivo, l’australiano Kaden Groves (Alpecin – Deceuninck), forte velocista con molte vittorie di tappa nei grandi giri, si improvvisa passista e stacca i compagni di fuga tentando l’azione solitaria con estrema decisione. Quando alle sue spalle i fuggitivi si ricompattano i chilometri che mancano sono meno di dieci e Groves ha ormai un minuto di vantaggio, mentre il gruppo segue ad oltre 5 minuti, col decimo posto di O’Connor che appare sempre più in pericolo. Il giovane passista olandese Frank van den Broek (Team Picnic PostNL) mostra di avere più energie dei suoi compagni di fuga e tenta a sua volta l’azione solitaria all’inseguimento di Groves, sia pure senza esito. È così che, mentre la pioggia smette infine di cadere, Kaden Groves va a vincere in solitaria sul traguardo di Pontarlier. Lo segue Van den Broek a 54 secondi mentre terzo, a quasi un minuto, si piazza l’altro passista olandese Pascal Eenkhoorn (Soudal Quick-Step). Velasco si “consola” regolando allo sprint i restanti fuggitivi, fra i quali vi sono Jegat, Wellens e Jorgenson. Trentin e Costiou, che facevano parte del gruppo dei fuggitivi, arrivano staccati ma sempre molto prima del gruppo, che transita dopo 7 minuti abbondanti, oltretutto spezzato in più tronconi a causa di un’incredibile caduta, per fortuna senza conseguenze, che avviene a soli 400 metri dalla linea d’arrivo. O’Connor, oggi stranamente rinunciatario, perde quindi il decimo posto in classifica generale, mentre Milan e Pogacar vincono matematicamente la classifica a punti e quella degli scalatori. Domani passerella finale a Parigi, anche se in molti si aspettano qualche sorpresa dall’impegnativo circuito conclusivo nella zona di Montmartre.
Andrea Carta

Groves vince in solitaria a Pontarlier (foto Dario Belingheri/Getty Images)
FIUTO INFALLIBILE PER ARENSMAN, LIPOWITZ AGGUANTA PODIO E MAGLIA BIANCA
Thymen Arensman, nel momento chiave, intuisce che il controllo tra i big avrebbe potuto lasciargli qualche possibilità di vittoria e va a tutta fino al traguardo. Lipowitz, appena Onley perde qualche metro, accelera e rimpingua il vantaggio in generale che ieri si era pericolosamente assottigliato. Vingegaard corre come secondo e lancia la volata sul traguardo, precedendo Pogacar che ha provato due brevi sgasate senza pretese.
Ieri, la tappa è stata durissima per tutti e anche gli uomini di classifica ne sono usciti molto provati. Oggi, la frazione era meno dura e il taglio della prime due salite l’ha resa ancora meno insidiosa, anche se le scorie di una corsa molto dispendiosa ieri, le settimane precedenti e il maltempo hanno consigliato prudenza e hanno spinto i primi due i generale a controllarsi come sull’ultima salita di ieri. Thymen Arensman (INEOS Grenadiers), a questo punto, sentendosi bene ha provato la scommessa ed è andato a tutta. Ha avuto ragione perché dietro c’è stato effettivamente controllo, obiettivamente Tadej Pogacar (UAE Team Emirates – XRG) e Jonas Vingegaard (Team Visma | Lease a Bike) probabilmente non avevano moltissime energien a disposizione per darsi battaglia. L’unico vero rischio per l’olandese è stato il forcing imposto da Florian Lipowitz (Red Bull – BORA – hansgrohe) appena Oscar Onley (Team Picnic PostNL), suo diretto rivale per la conquista del terzo posto finale, ha cominciato a mostrare segnali di cedimento. Ieri Lipowitz aveva accarezzato il sogno della vittoria di tappa ma non era riuscito ad agganciare Ben O’Connor (Team Jayco AlUla) ed Einer Rubio (Movistar Team) in testa alla corsa ed era andato in crisi, mentre Onley, che si era gestito molto bene, si era portato soli 23 secondi di distacco. Oggi, quando davanti sono rimasti i primi quattro della classifica, al tedesco non è sembrato vero di vedere Onley in difficoltà e, a quel punto, ha trovato le più nascoste energie per distanziare il più possibile il rivale ventiduenne.
Lipowitz ha fatto tutto senza l’aiuto di Primoz Roglic, oggi è andato in fuga con l’idea di vincere la tappa e che si è intestardito nell’azione anche quando ha visto che il gruppo non aveva nessuna intenzione di lasciare il via libera; successivamente lo sloveno è naufragato sull’ultima salita, anche perché ha obiettivamente tirato i remi in barca e ha pensato solo ad portare la bici al traguardo.
Dopo le vicende di ieri e le mille polemiche sulla tattica della Jumbo, Vingegaard, a dispetto delle dichiarazioni bellicose, si è limitato a stare tutta la tappa a ruota della maglia gialla, salvo poi lanciare una volata nel finale, tentativo al quale la maglia gialla ha risposto senza provare a forzare.
Le energie sono in effetti al lumicino per tutti e pare che il segnale della fine delle ostilità sia stato dato ieri in fondo alla discesa del Col de la Madeleine.
La cronaca della tappa di oggi inizia con il taglio delle prime due salite, la Cote d’Hery-sur-ugine e il Col de Saisiers, a causa di una epidemia di dermatite bovina che le autorità hanno deciso di affrontare con abbattimenti indiscriminati di capi di bestiame contestati dagli allevatori, che chiedevano abbattimenti selettivi e minacciavano per questo dimostrazioni potenzialmente in grado di bloccare la corsa.
La frazione, già di per sé breve, è stata ulteriormente ridotta ad un chilometraggio inferiore ai 100 Km, con il durissimo Col du Pré in apertura e il Cormet de Roselend che prevedeva una discesa molto tecnica nella prima parte e, dopo un tratto di falsopiano, la salita finale molto lunga ma con pendenze regolari adatta ai passisti scalatori più che ai grimpeur di razza (basti pensare che il record di scalata appartiene ad un corridore di 80 chili come Miguel Indurain).
Le prime fasi di gara sono controllate dalla Lidl Trek sino a che Jonathan Milan non incamera il traguardo volante per mettere sempre più al sicuro la maglia verde.
Da quel punto cominciano gli scatti e, dopo vari tentativi, si forma un gruppo con diversi corridori importanti come Roglic, Arensman, Valentin Paret-Peintre (Soudal Quick-Step), Lenny Martinez (Bahrain – Victorious) e due compagni di squadra di Vingegaard, Sepp Kuss e Victor Campenaerts, cosa che fa pensare che il danese non si sia ancora dato per vinto.
L’attacco, però, non ha vita breve, poichè non c’è accordo e molti, pur essendo usciti alla scoperto, non ne hanno. Sono Roglic e Martinez ad andarsene, venendo poi raggiunti lungo la salita anche da Paret-Peintre, ringalluzzito dalla vittoria sul Ventoux.
Il tentativo non decolla né quando in testa ci sono gli UAE, né tantomeno quando vanno a tirare gli Uno-X, accortisi delle difficoltà di Kévin Vauquelin (Arkéa – B&B Hotels), che infatti viene staccato e perderà posizioni in classifica.
Nella discesa tecnica del Cormet del Roselend Roglic lascia la compagnia degli altri due attaccanti e se ne va da solo, nonostante fosse evidente che il gruppo non avesse nessuna intenzione di lasciar perdere. Nel tratto pianeggiante Roglic viene inesorabilmente ripreso e sulla salita verso la Plagne mollerà del tutto perdendo 12 minuti. Inizialmente è Felix Gall (Decathlon AG2R La Mondiale Team) a metterci del suo, sentendo l’odore del sangue di Roglic in crisi, e manda i suoi uomini ad alzare il ritmo ma, quando capisce che il portacolori della Bora non ha intenzione di dar battaglia per mantenere la posizione, si quieta e, a quel punto, Arensman prova un primo attacco, rintuzzato da Pogacar e Vingegaard. Su una salita del genere, staccare un avversario in forma è molto difficile perché dietro si risparmia molto. Pogacar rallenta perché Vingagaard non ha intenzione di dare cambi e così Arensman, che era stato staccato dai primi due della generale, riesce a rientrare e capisce che il tatticismo tra i due potrebbe andare a suo favore. L’olandese riparte così a tutta riuscendo a guadagnare sino a trenta secondi, mentre dietro il gruppetto dei migliori, ridotto a poche unità, si ricompatta. Un’accelerazione di Pogacar a riduce il gruppo maglia gialla ai primi quattro delle classifica. Ai 3 Km dall’arrivo appare evidente che Onley non ne ha, perché altrimenti avrebbe provato ad attaccare Lipowitz e, infatti, inizia a mostrare segni di cedimento. La cosa non sembra vera al tedesco che raccoglie tutte le energie, comunica qualcosa alla radio e si mette in testa riducendo il vantaggio di Arensman. Incredibilmente i primi due delle generale non provano uno scatto che avrebbe regalato a uno dei due la vittoria di tappa. E’ il danese che prova la volata a 200 metri dall’arrivo con la maglia gialla che resta attaccata e non sembra avere particolare interesse a passare. Arensman vince così con 2 secondi di margine sul danese e, dopo il tappone pirenaico, conquista anche una tappa alpina.
Il Tour è ormai chiuso ma queste ultime due tappe hanno messo a dura prova i corridori, ieri sono arrivati tutti da soli ed anche oggi, scorrendo l’ordine di arrivo, appare chiaro come la corsa non sia andata molto diversamente. La spia della riserva è accesa per tutti, si è trattato di un Tour molto duro e le prime due settimane sono state corse senza risparmio. Inoltre oggi, forse, anche le avverse condizioni meteo hanno giocato un ruolo determinante sull’esito della corsa.
Domani è prevista una tappa adatta alla fughe prima dell’atto finale sui Campi Elisi dopo la tripla ascesa a Montmartre che potrebbe ispirare un finisseur ed evitare il tradizionale epilogo allo sprint.
Benedetto Ciccarone

Dopo il tappone pirenaicio di Luchon-Superbagnères Thymen Arensman vince anche sulle Alpi a La Plagne (Getty Images)
LA TAPPA REGINA E’ DI BEN O’CONNOR, POGACAR GUADAGNA ANCORA
L’australiano della Jayco – Alula centra la fuga perfetta e va a vincere sul Col de la Loze la frazione n.18 della Grande Boucle 2025. Secondo posto per Tadej Pogacar (UAE Team Emirates – XRG), che guadagna ulteriore tempo nei confronti di Jonas Vingegaard (Visma|Lease a Bike) in classifica generale. Domani c’è la terza ed ultima tappa alpina, da Albertville a La Plagne.
Come al Giro d’Italia, quando Chris Harper trionfò al Sestriere, la Jayco – Alula si prende anche la tappa regina del Tour de France (Vif – Courchevel/Col de la Loze, 171.5 km), tagliando al primo posto il traguardo posto ai 2304 metri della vetta più alta di questa edizione grazie all’exploit di Ben O’Connor, capitano della squadra australiana.
Ci sono da scalare tre GPM Hors Categorie oggi per un totale di 5450 metri di dislivello: il Col du Glandon (1924 m), il Col de la Madeleine (2000 m) ed il Col de la Loze, per la prima volta scalato da Courchevel, versante di 26 km ma meno duro di quello di Meribel, dove si trovano rampe anche al 20%.
Dopo il traguardo volante vinto da Jonathan Milan, sempre più in maglia verde, la corsa si scatena sul Glandon, dove partono in 15 e tra questi ci sono anche Primoz Roglic (Red Bull – Bora – Hansgrohe) e Felix Gall (Decathlon – AG2R La Mondiale). Lo sloveno con il passare del tempo arriva a diventare terzo in classifica generale virtuale scalzando il compagno di squadra Florian Lipowitz. Sul Glandon passa in testa la maglia a pois Lenny Martinez (Bahrain – Victorious), che verrà poi raggiunto in discesa verso La Chambre. Sulla Madeleine c’è vera bagarre, con Jonas Vingegaard (Team Visma | Lease a Bike) che sferra il suo primo attacco ai -71 dall’arrivo e raggiunge i battistrada, tra i quali c’è Matteo Jorgenson, gregario di lusso per il danese. I giallo-neri della Visma si lanciano nella lunga discesa ma nel tratto di fondovalle sono O’Connor, Einer Rubio (Movistar Team) e lo stesso Jorgenson ad attaccare. Sulle prime rampe verso Courchevel si staccano prima l’americano e poi il colombiani, con O’Connor che continua la sua azione solitaria, mentre alle sue spalle i big rimangono guardinghi. L’australiano si porta dunque a casa la sua seconda tappa in carriera al Tour (vinse a Tignes nel 2021 davanti ai nostri Mattia Cattaneo e Sonny Colbrelli).
Per il secondo posto Tadej Pogacar (UAE Team Emirates – XRG) attacca e scavalca Rubio a poche centinaia di metri dall’arrivo, cosa che faranno poco dopo anche Vingegaard e Oscar Onley (Team Picnic PostNL). In classifica ora il fuoriclasse sloveno ha un vantaggio di 4′26” sul rivale danese e ben 11′01 su Florian Lipowitz (Red Bull – BORA – hansgrohe). Domani c’è l’ultimo tappone alpino, da Albertville a La Plagne: sono solo 129 km ma con le salite della Côte ‘Héry-sur-Ugine (2° cat.), del Col des Saisies (1° cat.), del Col du Pré (HC), del Cormet de Roselend (2° cat.) e quela salita finale di 21 chilometri che porterà fino a 2063 metri sul livello del mare. Qui, irragiungibili i primi due della classifica, si deciderà chi salirà sul terzo gradino del podio.
Andrea Giorgini

Ben O'Connor si impone ai quasi 2300 metri del Col de la Loze (foto Dario Belingheri/Getty Images)
MILAN VINCE SUL BAGNATO A VALENCE, MAGLIA VERDE SEMPRE PIÙ TATUATA SULLA PELLE DEL FRIULANO
Volata bagnata volata fortunata per il friulano, che a Valence batte la “maglia nera” Meeus mentre alle sue spalle l’asfalto reso viscido dalla pioggia causa una caduta a centro gruppo. Milan consolida la sua leadership nella classifica a punti e ora vede più concretamente la possibilità di tenerla fino a Parigi
Dopo la salita al leggendario Mont Ventoux, in una tappa che ha visto qualche assestamento in classifica
generale ma non gli sconvolgimenti che molti si aspettavano, il percorso del Tour de France risale il corso
del Rodano prima di tornare sulle Alpi dove, nelle giornate di giovedì e venerdì, si deciderà l’esito della
corsa più importante del mondo. La tappa odierna parte dal paese di Bollène, a una quarantina di
chilometri dal Ventoux, e arriva a Valence, cittadina capitale del dipartimento (la nostra provincia) della
Drôme dopo 160 chilometri prevalentemente pianeggianti ma che presentano, grazie ad un percorso che
nella parte centrale si allontana dal Rodano per sfiorare le Alpi, due GPM di 4° categoria, il Col du Pertuis
(3.7 km. al 5.1%) dopo 67 chilometri e il Col de Tartaiguille (3.9 km. al 3.5%) dopo 112 Km. La scarsa difficoltà presentata dalle due salite e la notevole distanza che le separa dal traguardo rendono probabile un arrivo in volata, anche perché il nostro Jonathan Milan (Lidl – Trek), attuale leader della classifica a punti, ha
bisogno di vincere oggi, o almeno di arrivare fra i primi, per tenere a distanza Tadej Pogačar (UAE Team
Emirates – XRG), che lo segue a soli 11 punti e che, dopo il ritiro di Mathieu van der Poel (Alpecin –
Deceuninck) a causa di una polmonite, è diventato il suo principale avversario. Pogacar, dopo la tappa di
ieri, guida sempre la classifica generale con 4’15” sul suo rivale storico, il danese Jonas Vingegaard (Team
Visma | Lease a Bike), mentre il terzo gradino del podio è al momento occupato dal giovane tedesco Florian
Lipowitz (Red Bull – BORA – hansgrohe). La classifica degli scalatori vede, invece, appaiati Pogacar e il giovane
Lenny Martinez (Bahrain – Victorious), una delle molte speranze del ciclismo francese.
La tappa parte alle 13.50 e dopo alcuni chilometri vanno in fuga quattro corridori di buon livello, fra i quali il
norvegese Jonas Abrahamsen (Uno-X Mobility), già vincitore della tappa di Tolosa, e il nostro Vincenzo
Albanese (EF Education – EasyPost), che non molti giorni fa ha vinto una tappa al Giro di Svizzera. Il francese
Axel Laurance (INEOS Grenadiers), due anni fa campione del mondo Under 23, si muove in ritardo e tenta a
lungo di riportarsi sui quattro, ma senza riuscirci. I fuggitivi raggiungono presto i tre minuti di vantaggio e
dopo 49 chilometri arrivano nel piccolo paese di Roche-Saint-Secret-Béconne, dove si trova il traguardo
volante che assegna abbuoni e soprattutto punti per la classifica capeggiata dal nostro Milan; questi vince
lo sprint del gruppo davanti all’eritreo Biniam Girmay (Intermarché – Wanty), che l’anno scorso aveva
primeggiato in questa classifica ma quest’anno non ha mai brillato, pur essendo al momento terzo nella speciale graduatoria. Il traguardo è comunque appannaggio di Abrahamsen, che però è lontano dalle prime posizioni.
Il vantaggio dei fuggitivi, sceso a due minuti al traguardo volante, cala ancora salendo verso il primo GPM, dove Abrahamsen transita nuovamente per primo, e si riduce ad appena 30 secondi sul gruppo, che intanto ha
perso tutti i velocisti, inclusi Milan e Tim Merlier (Soudal Quick-Step), unico corridore, oltre a Pogacar, ad
aver vinto più di una tappa (è quarto nella classifica a punti). Dopo quasi 20 chilometri di discesa, e non
senza molta fatica, i velocisti rientrano mentre davanti i fuggitivi, il cui vantaggio sta lentamente tornando
a salire, si dirigono con decisione verso il secondo GPM. Ai piedi della salita il gruppo ha poco più di un
minuto di ritardo e a due chilometri dalla cima è Wout Van Aert (Team Visma | Lease a Bike) a tentare
l’inseguimento solitario. Sul GPM è il nostro Albanese a transitare per primo; Van Aert segue a una trentina di secondi, il gruppo a circa un minuto. Dopo 10 chilometri di discesa Van Aert desiste, e si fa riassorbire dal gruppo, che insegue i fuggitivi con circa 1’10” di passivo. Intanto il tempo peggiora e comincia a piovere, cosa che causerà non pochi problemi nel finale di una tappa che ha già visto un paio di cadute, per fortuna senza conseguenze.
Lentamente il vantaggio dei fuggitivi si riduce chilometro dopo chilometro e a 20 chilometri dalla fine
sembra assestarsi sui 30 secondi. A lungo nulla cambia, ma a dieci chilometri dalla conclusione, quando il
gruppo si avvicina ancora, Abrahamsen lascia i compagni di fuga e tenta l’azione solitaria con molta
decisione. A 6 chilometri dall’arrivo mantiene ancora 9 secondi di vantaggio, ma le sue indubbie qualità di passista non gli sono sufficienti e a soli 4 chilometri dall’arrivo viene ripreso. Iniziano le manovre in vista dello sprint conclusivo e sia Milan, sia Merlier si fanno trovare attardati. Milan, tuttavia, viene portato nelle prime
posizioni dal compagno di squadra Jasper Stuyven, mentre Merlier cerca di fare tutto da solo. La differenza
si rivela fatale al velocista belga, poiché, appena passato lo striscione dell’ultimo chilometro, succede quello
che tutti temono: una caduta nelle prime posizioni taglia fuori tutti coloro che si trovano alle spalle
dell’incidente, e tra questi c’è per l’appunto Merlier, mentre solo una una decina di corridori si involano indisturbati verso il traguardo. Fra questi è presente Milan che, rimasto senza avversari, lancia la volata e vince nettamente precedendo Jordi Meeus (Red Bull – BORA – hansgrohe), il belga che in classifica generale occupa l’ultimo posto con un ritardo da Pogacar che supera abbondantemente le quattro ore. Le varie classifiche restano immutate, con Milan che mette un’ipoteca sulla vittoria finale in quella a punti, dato che ormai ne ha oltre 70 di vantaggio su Pogacar. La buona notizia è che le molte cadute di oggi non hanno causato danni ai corridori, diversamente da quelle dei giorni scorsi. Nella speranza che almeno sulle discese alpine l’asfalto non sia bagnato e non succeda niente di grave il Tour si accinge ad affrontare le tappe decisive.
Andrea Carta

Seconda vittoria italia sulle strade del Tour 2025, sempre ad opera di Jonathan Milan (foto Marco Bertorello / AFP via Getty Images)
PARET-PEINTRE SBANCA IL VENTOUX, ALLE SUE SPALLE SHOW POGACAR – VINGEGAARD
Paret- Peintre batte Healy in volata, dopo che i due si erano scattati in faccia per gran parte della salita e poi erano stati ripresi da Buitrago, Mas e Van Wilder. Vingegaard trova vari compagni lungo la strada e attacca per tre volte senza riuscire a staccare Pogacar, che lo brucia in volata. Come nell’ultimo tappone pirenaico, Pogacar corre in difesa.
Dopo il giorno di riposo, tappa completamente pianeggiante prima dell’arrivo in salita sull’iconico Monte Ventoso. Il canovaccio era sin troppo prevedibile, ovvero una fuga che avrebbe avuto della possibilità di buon esito se avesse avuto un vantaggio di almeno 6/7 minuti a inizio salita.
L’atteggiamento della UAE è stato di lasciar fare e permettere alla fuga di prendere esattamente 7 minuti e questo può far pensare che Tadej Pogacar non fosse interessato alla tappa o perché voleva evitare di fare troppo il cannibale per farsi amici in gruppo (viste anche le sue recenti dichiarazioni in cui ha affermato che prima della fine della carriera probabilmente nessuno del gruppo vorrà parlargli), oppure perché non si sentiva al meglio dopo il giorno di riposo in una giornata di grande caldo e su una salita secca sulla quale, nel 2021, Jonas Vingegaard (Team Visma | Lease a Bike) gli aveva fatto passare un brutto quarto d’ora.
Va detto che neppure lo stesso Vingegaard ha pensato di seguire questa strategia, ma lui era ben più interessato a provare a staccare Pogacar, anche perché sapeva che, in caso di arrivo a due, sarebbe stato battuto (cosa puntualmente accaduta, anche se non si trattava di uno sprint per la vittoria).
Il danese ha quindi mandato vari uomini in fuga per ritrovarli lungo la salita. La tattica è riuscita alla perfezione perché il due volte vincitore della Grande Boucle ha ritrovato per strada sia Tiesj Benoot, sia Victor Campenaerts, i quali hanno fatto il loro lavoro mentre, al contrario di quanto era successo sui Pirenei, la UAE oggi non è stata brillante, con il solo Adam Yates che è riuscito a restare nel gruppo maglia gialla sulla salita fino al primo allungo di Vingegaard.
Il fine, tuttavia, non è stato raggiunto perché Pogacar ha risposto colpo su colpo, anche se, sul primo scatto, ha ritardato qualche secondo.
L’impressione è che comunque, da Chalet Reynard in poi, fosse davvero complicato staccare un rivale anche a causa del vento spesso contrario.
Di questo non si sono affatto curati Valentin Paret-Peintre (Soudal Quick-Step) e Ben Healy (EF Education EasyPost), gli ultimi due reduci della fuga di giornata. I due sono stati intelligenti a non sforzarsi troppo in pianura, organizzando un plotoncino di contrattaccanti dopo il frazionamento del gruppo iniziale di 35 corridori, per poi riprendere Enric Mas (Movistar Team) – che era nel gruppo dei battistrada e si era poi avvantaggiato da solo sulla salita – arrivando ad avere quasi un minuto sugli inseguitori Julian Alaphilippe (Tudor Pro Cycling Team) e Thymen Arensman (INEOS Grenadiers), poi raggiunti anche da Santiago Buitrago (Bahrain – Victorious) e Ilan Van Wilder (Soudal Quick-Step).
Healy e Paret-Peintre non hanno fatto altro che scattarsi in faccia, cercando di staccarsi a vicenda; i tentativi sono risultati vani, tanto che alla fine i due hanno preso a studiarsi e sono stati raggiunti prima da Mas e Buitrago e poi anche da Van Wilder.
Subito dietro Vingegaard è sempre stato davanti e ha provato tre allunghi, sempre sul ritmo imposto da un compagno: il primo allungo è arrivato al termine del lavoro di Sepp Kuss, il secondo è andato in scena dopo la tirata di Benoot e il terzo al termine dell’opera di Campenaerts. Pogacar ha provato solo una volta, ma l’affondo non era molto convinto; nella punta di velocità Vingegaard aveva perso qualche metro, ma il campione del mondo non ha dato continuità, anche perché il vento contrario lo avrebbe costretto a un enorme dispendio energetico che la maglia gialla non si può permettere alla vigilia di due tapponi alpini decisivi nei quali, con ogni probabilità, Vingegaard farà il diavolo a quattro.
Il danese è in condizioni decisamente migliori rispetto ai Pirenei, i tapponi alpini con tante salite lunghe e dure sono il suo terreno preferito e Pogacar ricorda ancora bene la crisi patita sul Col de Granon nel 2022, dopo che la Visma lo aveva torturato per tutto il giorno con allunghi continui di Primox Roglic, che allora era una seria minaccia per la classifica generale.
A proposito di Roglic, oggi il capitano della Bora ha scortato il giovane Florian Lipowitz in maglia bianca e gli ha permesso di guadagnare ulteriormente su Oscar Onley (Team Picnic PostNL), rivale sia per la maglia bianca, sia per il podio. Ora Lipowitz, che inizialmente sembrava in difficoltà, ha due minuti di vantaggio su Onley, che invece sente il fiato sul collo proprio di Roglic, quinto a soli 38 secondi.
Healy, pur non avendo vinto la tappa perché bruciato in volata da Paret-Peintre, si consola scalando una posizione in generale ai danni di Carlos Rodriguez (INEOS Grenadiers) e issandosi in nona posizione con quasi tre minuti sullo spagnolo della Ineos.
Terzo posto di giornata per Buitrago, che era stato staccato ma è riuscito a rientrare nella fase di studio tra Healy e Paret-Peintre, mentre Pogacar e Vingegaard quarto e quinto separati da due secondi sono riusciti a riassorbire Mas.
Per quanto riguarda le altre classifiche, Pogacar si riprende la maglia a pois e va vicinissimo anche alla maglia verde, che però rimane sulle spalle di Jonathan Milan (Lidl – Trek). Per sperare di portarla fino a Parigi il velocista friulano non dovrà farsi sfuggire le prossime occasioni, a partire da quelle offerte dalla tappa di domani.
Benedetto Ciccarone

Valentin Paret-Peintre manda baci agli avversari dalla cima del Mont Ventoux (foto Loic Venance / AFP via Getty Images)
WELLENS, FUGA E ASSOLO VINCENTE A CARCASSONNE. POGACAR RESTA IN GIALLO
Tim Wellens (UAE Team Emirates XRG) è autore di una delle vittorie più esaltanti al Tour 2025 con un assolo di oltre 40 km. Il campione nazionale belga sfrutta le sue ottime doti di passista per mettere nel sacco i compagni di fuga e dare alla sua squadra l’ennesima vittoria del 2025
Piazzata tra Pirenei e Mont Ventoux, la quindicesima tappa del Tour 2025 da Muret a Carcassonne arride alle fughe visto che gli uomini di classifica dovrebbero riposarsi dopo tre giorni di fuoco sui Pirenei e in attesa appunto del Mont Ventoux di dopodomani. Sarà quindi una domenica all’insegna degli attacchi visto che la fuga ce ne metterà di tempo per concretizzarsi. Da non sottovalutare nemmeno il traguardo volante di Saint-Félix-Lauragais posto dopo 60 km pianeggianti, dove Jonathan Milan (Team Lidl Trek) chiederà ai suoi compagni di tenere la corsa chiusa quanto più possibile per aggiudicarsi quei punti necessari a distanziarsi da Tadej Pogacar (UAE Team Emirates), che ormai si fa minaccioso anche per quanto riguarda la maglia verde. La seconda metà della tappa è caratterizzata dai tre GP, della Côte de Saint-Ferréol, della Côte de Sorèze e del Pas du Sant, sui quali la fuga dovrebbe concretizzarsi definitivamente. La fuga prendeva forma dopo una cinquantina di Km grazie all’azione di quindici ciclisti ovvero Tim Wellens (UAE Team Emirates XRG), Victor Campenaerts e Wout van Aert (Team Visma Lease a Bike), Pascal Eenkhoorn (Team Soudal Quick Step), Neilson Powless (Team EF Education EasyPost), Matej Mohoroc (Team Bahrain Victorious), Clement Russo (Team Groupama FDJ), Kaden Groves e Mathieu van der Poel (Team Alpecin Deceuninck), Matteo Vercher (Team TotalEnergies), Tobias Lund Andresen (Team Picnic PostNL), Alexey Lutsenko e Jake Stewart (Team Israel Premier Tech), Arnaud De Lie e Jarrad Drizners (Team Lotto). Van der Poel si aggiudicava il traguardo volante di Saint-Félix-Lauragais posto al km 59.8. Mentre nel gruppo maglia gialla continuavano scatti e controscatti la fuga affrontava il primo GPM, la Côte de Saint-Ferréol posta al km 72.8, sul quale scollinava in prima posizione Lutsenko. Alla fuga si aggiungevano anche Michael Storer (Team Tudor Pro Cycling), Jasper Stuyven e Quinn Simmons (Team Lidl Trek). Storer vinceva il GPM del Pas du Sant, il più impegnativo dal punto di vista delle pendenze, posto al km 116.6. Restavano in testa oltre a Storer anche Simmons, Campenaerts e Lutsenko, fuggitivi della prima ora, ai quali si univano Carlos Rodriguez (Team INEOS Grenadiers), Aleksandr Vlasov (Team Redbull BORA Hansgrohe) e Warren Barguil (Team Picnic PostNL). A 43 km dalla conclusione Wellens attaccava da solo, aumentando il suo vantaggio sui diretti inseguitori chilometro dopo chilometro. L’assolo del campione nazionale belga ricordava quello del miglior Evenepoel, suo connazionale. Wellens andava a vincere in solitaria sul traguardo di Carcassonne con 1 minuto e 28 secondi di vantaggio su Campenaerts ed 1 minuto e 36 secondi di vantaggio su Julian Alaphilippe (Team Tudor Pro Cycling). Chiudevano la top five Wout van Aert (Team Visma Lease a Bike) in quarta posizione e Axel Laurance (Team INEOS Grenadiers) in quinta. Il gruppo maglia gialla, regolato da Ben Healy (Team EF Education EasyPost), arrivava al traguardo con oltre 6 minuti di ritardo da Wellens, il quale ottiene la sua seconda vittoria al Tour. In classifica generale Pogacar resta in maglia gialla con 4 minuti e 13 secondi di vantaggio su Jonas Vingegaard (Team Visma Lease a Bike) e 7 minuti e 53 secondi di vantaggio su Florian Lipowitz (Team Redbull BORA Hansgrohe). Martedì (domani c’è il riposo) l’arrivo sul Mont Ventoux vedrà di nuovo il ‘duello’ tra Pogacar e Vingegaard con lo sloveno che potrebbe allungare ancora in classifica generale sul danese e mettere nel mirino la quinta vittoria di tappa al Tour 2025.
Antonio Scarfone

Wellens esulta a Carcassonne (foto Anne-Christine Poujoulat / AFP via Getty Images)
TAPPONE PIRENAICO: POGACAR CONTROLLA, RITIRO EVENEPOEL, IMPRESA ARENSMAN
Nel tappone di Superbagnères, Pogacar si limita a controllare il tentativo di Vingegaard per poi rifilargli qualche secondo in volata. All’arrivo, tutti i big della generale davanti, salvo Arensman che aveva accumulato un buon vantaggio e riesce a conservarlo sin sul traguardo.
Tappone pirenaico, una sorta di giro della morte con la salita di Superbagnères al posto dell’Aubisque, quattro salite dure. Ci si aspettava grande battaglia tra i big e nel finale in effetti Jonas Vingegaard (Team Visma | Lease a Bike) ha proposto due scatti, riuscendo a staccare tutti eccetto la maglia gialla, che non ha però contrattaccato e, nell’intervista post gara, ha ammesso di non essersi sentito al top dopo due giorni di straordinari in cui ha maltrattato (sportivamente parlando) gli avversari.
Dopo il gran caldo un tappone con pioggia, nebbia e freddo.
Le discese pirenaiche con la nebbia fanno impressione per via delle strade strette, spesso senza protezioni laterali, e i primi chilometri di discesa dal Tourmalet hanno fatto tornare alla mente la discesa da brividi di Marco Pantani dal Col d’Agnès nel 1995 nella tappa vinta dal romagnolo sul traguardo di Guzet Neige, alla vigilia della morte di Fabio Casartelli (della quale ieri ricorreva il quarantesimo anniversario).
La discesa non è stata percorsa da Remco Evenepoel (Soudal Quick-Step), che si è ritirato quando al traguardo mancavano 100 chilometri. Il belga, che prima di salire in ammiraglia ha lasciato una borraccia in souvenir a un giovane tifoso, non ha mai trovato la condizione in salita in questo Tour. La vittoria nella cronometro di Caen e la reazione dell’altro ieri, dopo la crisi sul Soulor, avevano fatto pensare che il capitano della Soudal potesse stringere i denti, sperando in un miglioramento nella terza settimana, ma evidentemente lo sforzo che già ieri si era fatto sentire era eccessivo per le attuali condizioni dell’olimpionico, che lascia la maglia bianca e il terzo posto in generale a Florian Lipowitz (Red Bull – BORA – hansgrohe), virtualmente già conquistati ieri.
Mentre Evenepoel saliva in ammiraglia, davanti c’era una fuga composta da fior di scalatori come Simon Yates (Team Visma | Lease a Bike), Thymen Arensman (INEOS Grenadiers), Carlos Rodríguez (INEOS Grenadiers), Ben O’Connor (Team Jayco AlUla), Tobias Halland Johannessen (Uno-X Mobility), Emiel Verstrynge (Alpecin-Deceuninck), Enric Mas (Movistar Team), Gregor Mühlberger (Movistar Team), Einer Rubio (Movistar Team), Sergio Higuita (XDS Astana Team), Jordan Jegat (TotalEnergies), Aleksandr Vlasov (Red Bull – BORA – hansgrohe), Michael Storer (Tudor Pro Cycling Team), Sepp Kuss (Team Visma | Lease a Bike), Valentin Paret-Peintre (Soudal Quick-Step), Michael Woods (Israel – Premier Tech) e soprattutto Lenny Martinez (Bahrain Victorious), che si avvantaggia sul resto degli attaccanti e va a scollinare in solitudine il Tourmalet con 2 minuti di vantaggio, aggiudicandosi anche il prestigioso souvenir Jacques Goddet.
In discesa si avvantaggiano Kuss e Paret-Peintre, che si riportano su Martinez lungo la discesa del Col d’Aspin, mentre nel falsopiano che precede il Peyresourde, arrivano anche Arensman, Johannessen, Rodriguez, O’Connor, Yates e Rubio.
Il gruppo, sempre tirato dagli uomini della maglia gialla, tiene un ritmo regolare ma sostenuto e inizia ad avvicinarsi alla fuga, cosicché Arensman decide di dare nuova linfa all’azione con un primo scatto al quale rispondono Johansenn e Martinez e con un secondo allungo grazie al quale resta da solo in testa alla corsa a 36 chilometri dall’arrivo.
Il portacolori della Ineos prosegue con un ottimo ritmo e relega i primi inseguitori a oltre due minuti, mentre il gruppo maglia gialla mantiene un distacco di poco superiore, che resta stabile per buona parte della salita finale, nonostante il ritmo imposto da Yates sia tale da continuare ad assottigliare sempre di più il gruppo. Non si tratta di un ritmo per preparare l’attacco della maglia gialla, bensì un’andatura di controllo, cosa che si capisce quando Felix Gall (Decathlon AG2R La Mondiale Team) accelera senza reazioni da parte dei big.
Quando le pendenze si fanno più severe con il gruppo maglia gialla restano solo Vingegaard, Primoz Roglic (Red Bull – BORA – hansgrohe), Lipowitz, Oscar Onley (Team Picnic PostNL), Johannessen e Ben Healy (EF Education-EasyPost), mentre Kevin Vauquelin (Arkéa-B&B Hotels) si stacca ma resiste e riesce a mantenere una distanza costante.
Una volta compreso che Tadej Pogacar (UAE Team Emirates – XRG) oggi aveva intenzione di controllare, prova a partire Vingegaard con uno scatto imperioso e solo Pogacar riesce a seguirlo. Gall viene ripreso in un amen e Lipowitz riesce a difendersi, contenendo il distacco ma soprattutto distanziando i rivali in classifica.
Arensman, pur molto provato, riesce a resistere benissimo e conquista una meritatissima vittoria alla sua prima partecipazione alla corsa francese.
Poco più di un minuto più tardi Pogacar non ha difficoltà a conquistare la volata contro un Vingegaard che molla negli ultimi metri, lasciando anche qualche secondo sulla strada. Gall e Lipowitz giungono ad una manciata di secondi, mentre più distanziato arriva Onley, che comunque si difende bene. Alle sue spalle, Roglic ed Healy giungono insieme, con l’irlandese che oggi si è gestito bene e rientra in top ten. Johansenn e Vaquelin chiudono la top ten di giornata.
L’ordine di arrivo, con la sola eccezione del vincitore di tappa, riflette grossomodo le posizioni della classifica genrale che quindi il tappone pirenaico ha sostanzialmente confermato.
Vingegaard, tornato in palla già ieri, ha dimostrato che non intende darsi per vinto, nonostante il cospicuo ritardo in classifica, mentre Pogacar, pur non sentendosi al top, ha risposto senza troppe difficoltà. La lotta per il podio si fa appassionante con almeno cinque uomini in corsa. Lipowitz è giovane ed è alla prima esperienza al Tour de France e quindi è da verificare come reggerà la terza settimana, specialmente rispetto al suo compagno di squadra Roglic, che ha grande esperienza e sembra in crescita. In lizza ci sono anche Vaquelin e Onley, che sono in lotta con Lipowitz anche per la conquista della maglia bianca.
Domani tappa da fughe prima del riposo e della tappa del Monte Ventoso che aprirà la terza settimana.
Benedetto Ciccarone

Arensman si impose sul ritrovato traguardo di Superbagnères (foto Marco Bertorello / AFP via Getty Images)