BERNAL TORNA AL SUCCESSO, MA LA POLITICA SI INTROMETTE UN’ALTRA VOLTA
Egan Bernal torna finalmente al successo in una corsa importante: lui e lo spagnolo Mikel Landa entrano in una fuga di 17 corridori che si sfalda sulle ultime salite e alla fine rimangono soli a giocarsi la vittoria di tappa. Che, tuttavia, sempre per le proteste a favore della Palestina, viene fermata prima del conclusivo arrivo in salita, dove forse avremmo visto attacchi importanti da parte degli uomini di classifica. La Vuelta sembra sempre più condizionata dalle proteste e dai blocchi stradali, e non dalla forma dei corridori.
Dopo il secondo giorno di riposo la 90esima edizione della Vuelta a España inizia la settimana conclusiva con una tappa movimentata che presenta l’ennesimo arrivo in salita, per quanto meno impegnativo della media: è infatti lungo 8.3 km con pendenza del 5.2% e traguardo a Castro di Herville, una zona montagnosa della Galizia nei pressi del confine portoghese, dove la tappa arriva dopo 168 chilometri e altri 3 GPM (l’arrivo è di 2° categoria): l’Alto de San Antoñino (3a categoria, 8.9 km al 4.1%) dopo 83 chilometri, l’Alto da Groba (1a catagoria, 11.4 km al 5.4%) dopo 110 Km e l’Alto de Prado (2a categoriam 3.2 km al 8.9%) dopo 144 Km. Le pendenze non proibitive dell’arrivo fanno presagire che tutti i migliori siano destinati ad arrivare insieme, come quasi sempre è accaduto nei giorni scorsi, a volte preceduti da qualche reduce della consueta fuga di giornata. La seconda metà della tappa, però, è un continuo succedersi di salite (anche non GPM) e discese, non si può escludere che qualcuno dei candidati al podio, magari sentendosi molto in forma dopo il giorno di riposo, provi a rovesciare la situazione in suo favore. Il danese Jonas Vingegaard (Team Visma | Lease a Bike) è sempre in maglia rossa ed è seguito a 48 secondi dal portoghese João Almeida (UAE Team Emirates – XRG), l’altro grande favorito della corsa; terzo è al momento il sorprendente inglese Thomas Pidcock (Q36.5 Pro Cycling Team), a 2 minuti e 38 secondi, venuto qui, lui che è uno specialista delle corse di un giorno, per puntare alla classifica nonostante non sia mai entrato prima d’ora nella top 10 di un Grande Giro. Comanda la classifica a punti l’altro danese Mads Pedersen (Lidl – Trek), quest’anno già vincitore al Giro della stessa classifica; primo in quella degli scalatori, con anche due tappe al suo attivo, è l’australiano Jay Vine (UAE Team Emirates – XRG). Primo dei giovani è il nostro Giulio Pellizzari (Red Bull – BORA – hansgrohe), sesto in classifica generale e tra le sorprese di questa Vuelta.
Si parte alle 13.15 circa con tempo coperto e una temperatura che raggiunge a stento i 20 gradi; ancora una volta questa Vuelta si conferma anomala dal punto di vista meteorologico e c’è solo da sperare che non piova nella seconda metà della tappa, piena di salite ma anche di discese insidiose. Forse preoccupati dal possibile maltempo i corridori non sembrano avere molta voglia di mettersi in luce e i timidi tentativi di far partire una fuga si esauriscono nel giro di poche centinaia di metri. È solo al cinquantesimo chilometro, con l’avvicinarsi delle salite, che parte una fuga importante composta da ben 17 corridori, fra i quali il più titolato è il colombiano Egan Bernal (INEOS Grenadiers), partito con molte ambizioni ma calato col passare delle tappe; tuttavia già ieri Bernal era riuscito, grazie alla sua presenza in una vera e propria “fuga bidone”, a recuperare ben 13 minuti e a riguadagnare la 14esima posizione in classifica generale. Forse la sua speranza è di rientrare almeno nei primi 10, ovviamente se la fuga dovesse andare in porto. Tra i fuggitivi spiccano anche i nomi degli spagnoli Mikel Landa (Soudal Quick-Step), altra grande delusione di questa corsa, e Marc Soler (UAE Team Emirates – XRG), vincitore di una tappa pochi giorni fa. I fuggitivi portano ben presto il loro vantaggio a 4 minuti e oltre e superano compatti il primo GPM, l’Alto de San Antoñino, dove a passare per primo è il tedesco Nico Denz (Red Bull – BORA – hansgrohe), un buon passista che quest’anno ha vinto al Giro la tappa di Cesano Maderno. All’inizio del secondo GPM, l’Alto da Groba, il distacco del gruppo sfiora ormai i 5 minuti, con Bernal che vede da vicino la top 10. Proprio Bernal, insieme a Landa, si avvantaggia sugli altri fuggitivi nell’ultimo tratto della salita, anche se a passare primo in cima è il corridore spagnolo; il gruppo transita a circa 6 minuti mentre l’incubo dei corridori si concretizza perchè inizia a piovere. Il brutto tempo rende il percorso ancora più difficile di quanto già non sia a causa dei continui saliscendi e il gruppo dei fuggitivi non riesce a riunirsi dopo il GPM; anzi, molti di loro iniziano a cedere. In testa rimangono Landa, Bernal, Denz e pochi altri, col tedesco che vince il traguardo volante posto nel paese di Couso, a circa 31 chilometri dalla conclusione. Col gruppo a quasi 8 minuti Bernal è ormai 11esimo, sia pure virtualmente, in classifica generale, e non gli resta che un minuto abbondante da recuperare per sopravanzare al decimo posto l’ex maglia rossa Torstein Træen (Bahrain – Victorious). Inizia così il terzo GPM, il breve ma durissimo Alto de Prado, che presenta tratti al 17%, e dove è ancora Landa a passare per primo; con lui sono rimasti Bernal e il sorprendente francese Clément Braz Afonso (Groupama – FDJ), che si trovava con loro nella fuga iniziale. Il gruppo, che sulle rampe del Prado si riduce progressivamente a una decina di unità, recupera qualcosa e transita a circa 7 minuti, con un attimo di spavento per Vingegaard, che a causa di un problema proprio nella parte più dura della salita deve cambiare la bicicletta con quella del suo gregario Ben Tulett senza neanche avere il tempo di aspettare la sua ammiraglia. Poi, quando la corsa sta per entrare nel vivo, con i corridori ormai divisi in tanti gruppetti in lotta fra loro e quando mancano pochi chilometri all’inizio della salita finale, arriva la mazzata: la salita non si farà a causa delle solite proteste in favore della Palestina e la tappa terminerà subito prima del suo inizio, grossomodo sotto lo striscione dei -8 chilometri. Se qualcuno aveva in mente di tentare qualcosa, beh, sarà per la prossima volta, ammesso che ci sia. In testa sono rimasti, alla fine dei giochi, Landa e Bernal, che si giocano la vittoria in uno a sprint a due vinto facilmente dal colombiano, che dopo anni di difficoltà seguiti all’incidente del gennaio 2022, torna finalmente alla vittoria (aveva comunque vinto, a febbraio, i campionati nazionali). Terzo si piazza, a soli 7 secondi, il francese Brieuc Rolland (Groupama – FDJ), un altro reduce della fuga iniziale. Il gruppo con i migliori, ancora composto da una decina di uomini, arriva a circa 6 minuti. Nulla cambia quindi nella classifica generale, con Bernal che alla fine deve accontentarsi di salire al 12esimo posto, anche se il decimo dista solo un minuto e mezzo; intanto il nostro Pellizzari, grazie a un cedimento di Felix Gall (Decathlon AG2R La Mondiale Team) nel finale, sale al quinto posto e resta al comando di quella dei giovani. Pedersen e Vine restano pure al comando di quella a punti e di quella degli scalatori. Domani si prosegue con un altro arrivo in salita, oltretutto molto duro, manifestanti permettendo. Ormai i corridori vivono alla giornata, costretti a cambiare tattiche e strategie a seconda delle comunicazioni (che arrivano sempre a giochi quasi fatti) degli organizzatori.
Andrea Carta

Bernal e Landa in azione nel finale della 16 tappa (foto Tim de Waele/Getty Images)