VUELTA A ANDALUCÍA, COLPACCIO DI GONZALO SERRANO
Stupendo attacco finale dello spagnolo Gonzalo Serrano nella tappa di Iznájar, che tra i protagonisti ha avuto anche il giovane corridore italiano Stefano Oldani. Tranne David De La Cruz ed Enric Mas, i miglior terminano la tappa tutti assieme e il danese Jakob Fuglsang conserva così la maglia di leader conquistata ieri nella prima frazione
Finale palpitante anche oggi alla Vuelta a Andalucía, dove forse è nata una nuova stella del panorama internazionale. La tappa da Siviglia a Iznájar prevedeva 198 km con 3 GPM, diversi mangia e bevi ed un ultimo chilometro con pendenza media dell’8.2% e massima del 17.7%. Parte presto la fuga con Alexis Gougeard (AG2R La Mondiale), Matthew Holmes (Lotto Soudal), Taco van der Hoorn (Jumbo Visma), Jérôme Cousin (Total Direct Énergie) e Juan Felipe Osorio (Burgos-BH), che tengono duro fino ai -14 km dall’arrivo quando il gruppo si ricompatta. Sulle ondulazioni finali ci provano i giovani Stefano Oldani (Lotto-Soudal) e Brandon McNulty (UAE Team Emirates) che guidano la corsa per qualche chilometro per poi venir ripresi. Il gruppo compatto quindi attraversa di slancio il ponte sul fiume Genil per avere l’abbrivio verso la rampa finale ed è nell’ultimo chilometro che il venticinquenne Gonzalo Serrano (Caja Rural – Seguros RGA) lancia lo spettacolare attacco che lo porta a vincere su Juan José Lobato (Fundación – Orbea) e Dylan Teuns (Bahrain-McLaren), che arrivano a 2″ mentre il plotone con Jakob Fuglsang (Astana) e tutti gli altri favoriti per la classifica generale arrivano dopo 4″. Si segnala una buona Top10 anche per il nostro Andrea Pasqualon mentre è stata una giornataccia per David De La Cruz (UAE-Team Emirates) ed Enric Mas (Movistar), con il primo in ritardo di 1′14″ e il secondo giunto al traguardo con più di 5 minuti di passivo.
Domani si correrà per 177 Km tra Jáen e Ubeda, dove si giungerà dopo aver superato strada facendo cinque gran premi della montagna, due dei quali di prima categoria, e uno strappo finale di 1300 metri all’8.7% che terminerà in vista dello striscione dell’ultimo chilometro
Matteo Conz

L'attacco di Serrano nel finale della seconda tappa della corsa andalusa (foto Bettini)
IL VERO SUPERMAN È REMCO. PER EVENEPOEL TAPPA E MAGLIA SULL’ALTO DA FÓIA
Remco Evenepoel (Deceuninck Quick Step), nonostante i venti anni di età, conduce una tappa tatticamente impeccabile e sferra l’attacco decisivo a 400 metri dall’arrivo, supportato nel migliore dei modi dal compagno Almeida. Il giovane talento belga, già vincitore della Vuelta a San Juan, mette in fila nomi ben più altisonanti e si candida a recitare un ruolo di primo piano nella breve corsa portoghese.
La seconda tappa della Volta ao Algarve 2020 ci dirà molto sulle ambizioni degli uomini più in vista presenti in Portogallo. Da Sagres all’Alto da Fóia sono 184 i chilometri che i ciclisti dovranno affrontare, con gli ultimi 35 senza la benchè minima ombra di strada pianeggiante. Dopo il GPM di Marmelete, posto poco prima del 50 km di corsa, sono concentrate nel finale le altre difficoltà della tappa odierna, con i due GPM di Alferce e di Pomba che faranno da antipasto all’Alto da Fóia, salita di 8 km dalla pendenza regolare attorno al 6%. Dopo un primo tentativo di fuga avvenuto al km 5, che vedeva tra i presenti anche Mathieu Van Der Poel (Alpecin Fenix), la fuga buona si concretizzava dopo 12 km grazie all’azione di Michael Schär (CCC), Casper Pedersen (Sunweb) e Dries de Bondt (Alpecin-Fenix). Il gruppo inseguiva a quasi 2 minuti di ritardo. De Bondt si aggiudicava il primo sprint volante di Aljezur, posto al km 41.6, mentre il ritardo del gruppo era aumentato a 2 minuti e 35 secondi. Il belga si aggiudicava anche il successivo GPM di Marmelete; nel frattempo il team W52/FC Porto si faceva vedere nelle prime posizioni del gruppo all’inseguimento del terzetto di testa. Ai meno 37 era la UAE Team Emirates a prendere il controllo della situazione ed a imporre un ritmo elevato in testa al gruppo inseguitore, con un vantaggio dei tre in testa che era ancora di 2 minuti e 35 secondi. Il lavoro dell’UAE Team Emirates, al servizio dell’ex campione del mondo Rui Costa, veniva premiato quando mancavano 22 km all’arrivo, quando Schär e Pedersen, ultimi due ciclisti a restare davanti, venivano ripresi. Il gruppo di testa era ora formato da una quarantina di unità. Sulla penultima salita di Pomba João Rodrigues (W52/FC Porto) era vittima di una foratura e restava invischiato nelle retrovie. Il gruppo era molto allungato visto che l’UAE Team Emirates continuava il suo forcing. I grandi nomi erano ancora tutti presenti in gruppo, compresi Vincenzo Nibali (Trek Segafredo) e Geraint Thomas (INEOS), entrambi all’esordio stagionale. Il primo dei big a patire la fatica era Philippe Gilbert (Team Lotto Soudal), che si staccava ai meno 16. Ai meno 8 iniziava la salita finale. Rodrigo Contreras (Astana) attaccava ai meno 7 ma l’UAE Team Emirates controllava con Jan Polanc. Ai meno 4 si staccava anche Van Der Poel. Ai meno 3 attaccava Miguel Ángel López (Astana), ma il colombiano veniva a sua volta superato da Simon Geschke (CCC), il quale restava in testa fino alla “flamme rouge”. Era João Almeida (Team Deceuninck Quick Step) a riportarsi sul tedesco e a fare da trampolino al compagno di squadra Remco Evenepoel, che scattava a 400 metri dall’arrivo e manteneva la testa fin sul traguardo nonostante la disperata rimonta di Maximilian Schachmann (Bora Hansgrohe), che terminava secondo alle spalle del belga. In terza posizione si piazzava Daniel Martin (Israel Start-Up Nation) con 2 secondi di ritardo. Chiudevano la top five Rui Costa (UAE Team Emirates) e Tim Wellens (Lotto Soudal) mentre crollava il Team INEOS che vedeva miglior piazzato Michał Kwiatkowski, quattordicesimo a 27 secondi di ritardo da Evenepoel. Da segnalare il buon ottavo posto di Nibali, a 8 secondi da Evenepoel. Il belga è la nuova maglia gialla e conduce con lo stesso tempo di Schachmann, mentre Rui Costa è terzo a 2 secondi. Domani la terza tappa da Faro a Tavira con i suoi 202 Km sarà la più lunga della breve corsa portoghese. Due facili GPM nei primi 80 km di corsa non dovrebbero impensierire più di tanto i velocisti, i quali torneranno a darsi battaglia come nella prima tappa.
Giuseppe Scarfone

Il fortissimo belga Evenepoel dopo aver dettato legge in Argentina lascia il segno anche sul suolo portoghese (foto Bettini)
ANDALUSIA, A GRAZALEMA (RI)SPUNTA FUGLSANG
La prima tappa della Vuelta a Andalucía termina con il successo del danese Jakob Fuglsang, lo stesso corridore che dodici mesi fa portò a casa la vittoria finale nella corsa spagnola. Tra i grandi protagonisti di giornata il basco Mikel Landa, autore dello scatto decisivo sul Puerto de las Palomas
Si è aperta oggi la 66a edizione della Vuelta a Andalucía con una vittoria di forza del danese Jakob Fuglsang (Astana), che mette pure le cose in chiaro riguardo il suo recente coinvolgimento in un presunto caso di doping. Si parte subito con una tappa ostica ed impegnativa, 174 km con ben cinque GPM categorizzati, l’ultimo dei quali, il Puerto de las Palomas, conta quasi 13 chilometri d’ascesa al 6.5% di pendenza media. L’attacco della salita è a 19 chilometri dal traguardo e dalla vetta è tutta discesa, a parte gli ultimi durissimi metri, di nuovo in salita. Buono il campo partenti perchè, oltre al già citato Jakob, i favoriti sono Marc Soler ed Enric Mas della Movistar, Brandon McNulty e David de la Cruz dell’UAE-Team Emirates), Ion Izagirre (Astana), Dylan Teuns, Pello Bilbao e Mikel Landa della Bahrain – McLaren e Mikel Nieve ( Mitchelton-Scott), vincitore dell’infernale tappa del Gardeccia al Giro del 2011.
Parte la fuga di giornata composta da ben undici coraggiosi che si difendono bene ma il Puerto de las Palomas provoca una netta selezione su attacco di Landa. Al debutto con la maglia della Bahrain-McLaren, lo scalatore dal rapportone vecchia scuola ha subito trovato un bel passo e Fuglsang ha capito di dover reagire immediatamente. Il danese si è riportato sotto, dando poi un po’ di collaborazione al compagno d’attacco e riuscendo così a scavare un solco sempre più consistente rispetto agli inseguitori, ormai ridotti ad una decina di uomini. Tra questi c’erano anche due compagni di Landa, il belga Teuns e l’altro basco Bilbao, a conferma dell’ottimo stato di forma di tutta la squadra del Bahrain.
Fuglsang e Landa hanno scollinato con quasi un minuto di vantaggio sul gruppo inseguitore e nella breve discesa successiva hanno mantenuto il distacco grazie all’efficace impostazione delle curve del corridore danese. Gli ultimi 500 metri su una rampa molto ripida e in pavè nel paese di Grazalema hanno rimescolato un po’ le carte perchè i due battistrada hanno rallentato per controllarsi e da dietro Teuns, Jack Haig (Mitchelton-Scott), Bilbao e Izagirre hanno recuperato terreno prezioso. Jakob ha infine piazzato il suo maggior cambio di ritmo rispetto a Landa col classico rapportone per andare a vincere la tappa mettendo anche sei secondi tra sé e il rivale. Teuns ha guidato il gruppetto inseguitore a 25’’, con Haig, Bilbao e Izagirre. Molto male sono andati invece i leader della Movistar, Mas e Soler, entrambi staccati dopo il lungo lavoro della squadra. La classifica generale della Vuelta a Andalucía rispecchia fedelmente quella della tappa non essendo previsti abbuoni e così Fuglsang ha 6’’ su Landa e 25’’ su Teuns.
Domani altra tappa dal finale interessante con la partenza da Siviglia e il traguardo dopo 198 Km ad Iznájar, in vetta ad uno strappo di 1300 metri al 7.2%.
Matteo Conz

Fuglsang, vincitore della Vuelta a Andalucía nel 2019, incomincia col piede giusto anche questa edizione della corsa iberica (foto Bettini)
JAKOBSEN, UN FULMINE A LAGOS
A Lagos Fabio Jakobsen (Deceuninck Quick Step) vince la prima tappa della Volta ao Algarve, dedicata ai velocisti, battendo gli italiani Elia Viviani (Cofidis) e Matteo Trentin (CCC). L’olandese è anche la prima maglia gialla. Domani cambia lo scenario con l’arrivo sull’Alto da Fóia, dove assisteremo alle prime battaglie per la vittoria finale nella breve corsa a tappe portoghese.
Quello che balza subito agli occhi nel presentare la 46° edizione della Volta ao Algarve è certamente una lista partenti di grandissimo spessore, forse la più interessante di inizio stagione per quanto riguarda le brevi corse a tappe. Ad esempio, troviamo ai nastri di partenza per l’esordio stagionale Vincenzo Nibali (Trek Segafredo), il neo vincitore dei mondiali di ciclocross Mathieu Van Der Poel (Alpecin Fenix) che anche su strada sa farsi valere eccome, e ultimo ma non ultimo quel Geraint Thomas (INEOS) da cui ci si aspetta sempre qualcosa. Altri uomini da seguire saranno Miguel Ángel López (Astana), Remco Evenepoel (Deceuninck Quick Step), Daniel Martin (Israel Start-Up Nation), Tim Wellens (Lotto Soudal), Rui Costa (UAE Team Emirates) e, perchè no, lo stesso Xandro Meurisse (Circus Wanty Gobert), vincitore qualche giorno fa della Classica di Almería. Molto nutrita, e non poteva essere altrimenti, la presenza di squadre Professional portoghesi, con menzione doverosa per João Rodrigues (W52/FC Porto), vincitore della Volta a Portugal 2019, e per ciclisti di discreto livello come Federico Figueiredo (Atum General), Nuno Meireles (Aviludo-Louletano), Sérgio Paulinho e Tiago Machado (Efapel), João Benta (Radio Popular Boavista) ed Amaro Antunes (W52/FC Porto). Il percorso si articola su cinque tappe: la prima e la terza sostanzialmente pianeggianti ed adatte ai velocisti, la seconda e la quarta con arrivi in salita in cui chi ha velleità di vittoria non potrà nascondersi ed infine la quinta ed ultima tappa, una cronometro individuale di 20 km che determinerà senza più dubbi il vincitore della Volta ao Algarve 2020. La prima tappa si snoda da Portimão a Lagos e misura 195 km; i due facili GPM di Picota e di Santa Luzia, concentrati nei primi 80 km, difficilmente influiranno sul certissimo arrivo in volata. Si segnalava, prima della partenza da Portimão, il doppio forfait di Kenneth Van Bilsen (Cofidis) e Dylan Van Baarle (INEOS). Al km 5 si formava immediatamente la fuga di giornata grazie all’azione di Diego López (Fundación-Orbea), Álvaro Trueba (Atum General) e Pedro Paulinho (Efapel). Dopo 18 km la fuga aveva quasi 3 minuti di vantaggio su un gruppo tiìrato da Astana e Deceuninck Quick Step. López si aggiudicava il primo GPM di Picota posto al km 62.7. Al successivo traguardo volante di Loulè, posto al km 74.1, era Paulinho ad imporsi. Nel frattempo il vantaggio della fuga era sceso a 1 minuto e 35 secondi. Paulinho si aggiudicava anche il secondo traguardo volante di Messines, posto al km 114.1. Il gruppo imponeva progressivamente un ritmo sempre più elevato ed ai meno 35 il vantaggio del terzetto di testa era sceso a soli 42 secondi. Il gruppo riprendeva i fuggitivi a 32 km dal termine. Gli ultimi 30 km venivano percorsi ad un ritmo piuttosto regolare, se si eccettua un tentativo di alcuni uomini della Groupama-FDJ a circa 16 km dal termine, su un leggero strappetto. Era il Team Sunweb a riportare ordine in mezzo al gruppo, affiancato dagli uomini della Deceuninck Quick Step. La volata, velocissima, si svolgeva su un lungo rettilineo e la vinceva Fabio Jakobsen (Deceuninck Quick Step), che batteva Elia Viviani (Cofidis) e Matteo Trentin (CCC). Chiudevano la top five Alexander Kristoff (UAE Team Emirates) e Jon Aberasturi (Caja Rural), rispettivamente quarto e quinto. Jakobsen ottiene così la seconda vittoria stagionale dopo essersi già imposto nella quinta tappa della Volta a la Comunitat Valenciana. L’olandese è anche il primo ciclista a vestire la maglia gialla, simbolo del primato alla Volta ao Algarve. Domani è in programma la seconda tappa da Sagres all’Alto da Fóia. Sarà battaglia tra gli uomini di classifica perchè negli ultimi 35 km i ciclisti non troveranno un metro di pianura, con tre GPM di difficoltà crescente ad attenderli; in particolare l’ultima scalata verso il traguardo è lunga quasi 7 km e mezzo e dotata di una pendenza media del 6%. Chi vincerà potrebbe già fare un pensierino alla vittoria finale.
Giuseppe Scarfone

È l'olandese Jakobsen il primo a levare le braccia al cielo alla Volta ao Algarve 2020 (Getty Images)
UNA TAPPA PER DESTRIERI DI RAZZA
I precedenti arrivi del 1998 e del 2017 la dicono lunga su una salita che, nella primavera di 22 anni fa, il lungimirante Evgenij Berzin arrivò a paragonare all’Alpe d’Huez. I fatti gli hanno già dato due volte ragione e, dunque, anche quest’anno l’arrivo a Piancavallo potrebbe lasciare il segno in classifica, nonostante questa sia la meno impegnativa tra le quattro frazioni alpine del Giro 2020. Un passaggio da non sottovalutare, dunque, anche perché la stretta strada del Monte Rest, apparentemente lontana dal traguardo, potrebbe rimanere sul groppone a molti per parecchi chilometri.
Dall’alto dei suoi trenta arrivi di tappa è indubbio che l’Alpe d’Huez si sia conquistata un grosso spazio nella storia del ciclismo. Dal basso dei suoi appena due arrivi la friulana Piancavallo non s’è dimostrata inferiore all’ascesa francese e un deciso segno è già riuscita a lasciarlo. Non aveva dunque tutti i torti Evgenij Berzin quando, salito lassù nella primavera del 1998 per testarla in vista dell’arrivo che il Giro d’Italia avrebbe proposto qualche settimana più tardi, disse che Piancavallo e l’Alpe erano salite gemelle, molto simili tra loro e i numeri gli davano ragione perché la salita francese è più corta di qualche centinaio di metri rispetto a quella friulana, che invece ha un dislivello complessivo leggermente superiore. E i fatti di cronaca sportiva ribadiranno tutto lo spessore di questa salita, che vide nel 1998 il successo in solitaria di Marco Pantani e nel 2017, quando s’impose lo spagnolo Mikel Landa, un ribaltone in classifica con il passaggio della maglia rosa dalle spalle di Tom Dumoulin a quelle del colombiano Nairo Quintana, anche se qualche giorno più tardi l’olandese si riprenderà il maltolto nella conclusiva tappa a cronometro di Milano.
Pur essendo sulla carta la meno difficile delle quattro frazioni alpine che caratterizzeranno il finale del Giro 2020, non si dovrà dunque sottovalutare la tappa che riporterà la Corsa Rosa a Piancavallo, tenendo anche presente che arriverà subito dopo la cronometro di Valdobbiadene e che il percorso della frazione disegnata quest’anno è più impegnativo sia di quello della tappa disputata nel 1998, sia di quella che detronizzò Dumoulin tre anni fa. In particolare s’incontrerà un tratto piuttosto delicato a cavallo del centesimo chilometro di gara – in tutto questa tappa ne misurerà 183 – quando la corsa imboccherà la “storica” salita della Forcella di Monte Rest (per i motivi ai quali accenneremo più avanti), problematica non solo per le sue pendenze ma anche, e forse soprattutto, per la carreggiata notevolmente ristretta che ne caratterizza i due versanti e che costituirà un bell’handicap non solo per i corridori che in quel momento di gara dovranno recuperare ma anche per il traffico delle ammiraglie in caso d’interventi a corridori incidentati. È non è finita qui perché anche la successiva Pala Barzana presenta una strada non larghissima e tutto questo inciderà sicuramente sulla corsa, con i “girini” che si presenteranno ai piedi del Piancavallo con parecchie energie già profuse, sia sul piano fisico, sia su quello mentale.
La tappa che chiuderà la seconda settimana di corsa scatterà dalla pista dell’aeroporto militare di Rivolto, noto per essere la sede delle Frecce Tricolori, delle quali quest’anno si celebrerà il 60° anniversario della fondazione. Da un simbolo della nostra nazione a quello della regione ospitante il passo è breve e, infatti, dopo lo start ufficioso da Rivolto e un breve tratto da percorrere fuori gara il fischio d’inizio sarà suonato in prossimità della barocca Villa Manin, una delle bandiere artistiche del Friuli-Venezia Giulia nella quale dimorarono l’ultimo doge di Venezia Ludovico Manin e per un paio di mesi anche Napoleone Bonaparte, che il 17 ottobre 1797 vi firmò con il conte austriaco Johann Ludwig Josef von Cobenzl il Trattato di Campoformio, atto che sancì la fine della “Serenissima” Repubblica di Venezia. In tempi moderni e più “tranquilli” la villa accoglierà avvenimenti di tutt’altro spessore come puntate di “Giochi senza Frontiere” e del “Festivalbar”, concerti (come quelli di Sting e dei Kiss) e set cinematografici, come quando nel 1997 Renzo Martinelli ne farà la sede di un comando nazista nel drammatico film “Porzûs”.
Il tratto iniziale della frazione vedrà il gruppo percorrere una trentina di chilometri in falsopiano risalendo la valle del Tagliamento in direzione di Dignano (vi si trova la Pieve dei Santi Pietro e Paolo, una delle più antiche della regione) e di San Daniele del Friuli, che quarantottore più tardi – dopo il secondo e ultimo giorno di riposo – sarà sede d’arrivo di un’insidiosa frazione di media montagna non meno impegnativa di quella in oggetto. Superato il Tagliamento sul ponte di Pinzano, nel corso della sua storia distrutto due volte, prima dai militari italiani durante la ritirata da Caporetto e poi da una disastrosa piena del fiume nel 1966, si affronterà la prima delle sette salite di giornata, che culmina dopo 2.3 Km al 6.4% – movimentati da otto tornanti – presso il borgo di Anduins, alla cui uscita si costeggerà la Falesia del Masarach, parete di roccia che è stata ribattezzata “la palestra più comoda d’Italia” per le quasi 130 vie di arrampicata che vi sono state tracciate e che ne fanno una delle più frequentate dagli appassionati di free climbing. Per i “girini” sarà l’aperitivo alla successiva Sella Chianzutan, poco meno di 10 Km al 5.6% superati i quali la corsa entrerà in Carnia scendendo verso il lago artificiale di Verzegnis, realizzato nel 1957 dalla SADE, la Società Adriatica di Elettricità il cui nome è rimasto tragicamente nella storia per aver progettato e realizzato la diga del Vajont qualche anno più tardi. Ritrovato il Tagliamento alle porte di Villa Santina, se ne risalirà nuovamente la valle per poco meno di 10 Km, tratto nel quale si lambirà il piccolo centro di Socchieve, dove costituisce l’occasione per una breve sosta la medievale chiesa di San Martino, adornata da un ciclo d’affreschi opera di Gianfrancesco da Tolmezzo. Superata l’intermedia Forcella di Priuso (3 Km al 6,4%), è giunta l’ora di affrontare la salita alla Forcella di Monte Rest, 6 Km e mezzo all’8.2% di pendenza media sui quali si decise Giro d’Italia del 1987, anche se in quell’occasione si viaggiava nella direzione opposta ed è infatti nella discesa dal passo che avvenne l’episodio passato alla storia come il “tradimento di Sappada”. È proprio qua che l’irlandese Stephen Roche attaccò il suo capitano Roberto Visentini, innescando una doppia crisi al suo superiore in maglia rosa – prima fisica e poi psicologica – che si concretizzerà con la riconquista delle insegne del primato per Roche sul traguardo di Sappada, episodio che il corridore bresciano mal digerirì e ancora oggi a più di trent’anni di distanza ancora non ha metabolizzato (in un’intervista rilasciata a Bicisport nel 1997 arrivò a definire il rivale un campione sul piano agonistico, ma lo etichettò come “morto” sullo spessore umano).
Percorsa una discesa che per qualcuno potrà avere l’aspetto di un incubo a causa della sede stradale stretta (fortunatamente le pendenze non saranno particolarmente accese, 9.5 Km al 6.5%) si arriverà in un luogo dal nome invece da sogno e molto poetico, la Val Tramontina, dove la corsa andrà a specchiarsi nelle acque del lungo Lago dei Tramonti, realizzato nel 1952 per approviggionare d’acqua il complesso industriale di Torviscosa, sito in provincia di Udine, di proprietà della SNIA e dove si produceva fin dagli anni ’30 il rayon, la fibra tessile nota anche con i nomi di “viscosa” e “seta artificiale”. Da segnalare che nei periodi di secca del lago dalle sue acque torna a emergere il paese fantasma di Movada, che fu abbandonato prima della creazione del bacino. Alle porte di Meduno, il centro situato allo sbocco della valle nella pianura friulana, il gruppo svolterà a destra per imboccare un altro tratto a careggiata ristretta che lo condurrà ai piedi della successiva asperità di gara, la Forcella di Pala Barzana, ascesa inedita per il Giro d’Italia e per quei corridori che in carriera non hanno mai disputato il Giro della Regione Friuli Venezia Giulia, corsa che fino a qualche stagione fa era esclusivamente riservata alla categoria degli under23 (quelli che un tempo si definivano “dilettanti”) e che ha avuto tra i suoi vincitori futuri campioni del calibro di Felice Gimondi (1963), Claudio Chiappucci (1983) e per due volte Gilberto Simoni (1991 e 1993), mentre due anni fa la vittoria è andata all’astro nascente del ciclismo sloveno Tadej Pogačar, che nel 2019 si è fatto notare al primo anno da professionista conquistando due corse a tappe (la Volta ao Algarve e il Tour of California) e tre tapponi di montagna all’ultimo Giro di Spagna. Anche le donne hanno nel “curriculum” questa salita, inserita due volte nel tracciato del Giro d’Italia a loro dedicato, l’ultima volta lo scorso anno in occasione della tappa di Maniago, vinta dalla britannica Elizabeth Banks, mentre nella tappa di Montereale Valcellina del 2017 s’impose l’imbattibile olandese Annemiek Van Vleuten. In entrambe queste ultime occasioni si percorse in discesa il versante che i professionisti affronteranno in salita, composto da un primo tratto di 3 Km al 6,3% che si conclude all’altezza di Poffabro, da una porzione intermedia di quasi 2 Km in quota e da una balza finale di 4.5 Km al 7.2%. Più “compatta” è la successiva disceva che in 5 Km al 7.6% farà planare la corsa su Andreis, comune di poco meno di 300 anime che ospita una delle sedi del parco naturale delle Dolomiti Friulane, istituito nel 1990. Subito dopo la fine della discesa il gruppo s’infilerà nell’oscurità dell’interminabile Galleria Fara, vero e proprio traforo di 4 Km scavato all’inizio degli anni ’80 in seguito alla dismissione della spettacolare ma pericolosa strada che attraversava l’orrido della Valcellina, costruita nel 1906 e oggi – dopo l’istituzione della Riserva Naturale Forra del Cellina – parzialmente accessibile a pedoni e ciclisti. L’ingresso nel tunnel segnerà anche l’inizio di un tratto, lungo una ventina di chilometri, nei quali si procederà costantemente in lieve discesa e che terminerà proprio al momento d’incominciare la salita finale. Tornati alla luce del sole, i “girini” attraverseranno Montereale Valcellina, centro il cui nome deriva dal vetusto “Castrum Montis Regalis”, castello ridotto in ruderi prima dall’invasione turca del 1499 e poi da due terremoti che completano l’opera di distruzione nel secolo successivo.
Da qui fino all’imbocco della salita finale si procederà rasente le pendici del Monte Cavallo, toccando all’inizio di questo tratto il centro di Malnisio, presso il quale si trova l’ex centrale “Antonio Pitter”, che nel 1905 ebbe l’onore di illuminare per la prima volta con la luce elettrica Piazza San Marco a Venezia e che dopo la chiusura nel 1988 è stata convertita in museo, sede distaccata dello Science Centre Immaginario Scientifico di Trieste.
Sfiorata Aviano, sede di una nota base aerea di proprietà dell’Aeronautica Militare italiana e utilizzata come appoggio dalla NATO e dall’USAF (United States Air Force), decolleranno i “caccia” a pedali, pronti a ricalcare le rotte che, un caldo pomeriggio di ventidue anni fa, videro Marco Pantani posare la prima pietra della sua vittoria nell’81a edizione della Corsa Rosa.
Mauro Facoltosi
RINGRAZIAMENTI
Segnaliamo che le citazioni cinematografiche (nel testo e nella fotogallery) sono frutto della collaborazione con il sito www.davinotti.com, che ringraziamo per la disponibilità.
I VALICHI DELLA TAPPA
Sella Chianzutan (954 metri). Valico prativo aperto tra i monti Piombada e Verzegnis, vi transita la SP 1 “della Val d’Arzino“ tra la località Pozzis e Verzegnis. Quotata 955 sulle cartine del Giro, è stata finora inserita due volte nel percorso del Giro: nel 2010 durante la tappa Mestre – Monte Zoncolan, vinta da Ivan Basso, a tagliare per primo la linea d’arrivo del GPM della Sella Chianzutan fu il francese Ludovic Turpin; nel 2018 sarà il colombiano Sebastián Henao il primo a transitare in vetta durante la tappa San Candido – Piancavallo vinta dallo spagnolo Mikel Landa.
Sella degli Stavoli Fuignis (700 metri). Vi transita la SP 1 “della Val d’Arzino” nel corso della discesa dalla Sella Chianzutan verso Verzegnis.
Sella Col di Zuca (504 metri). Vi transita la SP 72 “di Invillino” tra Villa e Invillino.
Forca di Priuso (654 metri). Vi transita l’ex SS 552 “del Passo Rest” tra Priuso e la Forcella di Monte Rest. Sulla cartina del Giro 2020 è segnalata come “Forcella di Priuso” e quotata 664 metri.
Forca di Monte Rest (1060 metri). Vi transita l’ex SS 552 “del Passo Rest” tra Priuso e Tramonti di Sopra. Sulla cartina del Giro 2020 è segnalata come “Forcella di Monte Rest” e quotata 664 metri. Prima del citato episodio del 1987 era stata inserita nel tracciato del Giro in altre tre occasioni: i corridori a conquistare questo valico sono stati il belga Martin Van Den Bossche nel 1970 (tappa Jesolo – Arta Terme, vinta da Franco Bitossi), lo spagnolo Santiago Lazcano nel 1974 (tappa Pordenone – Tre Cime di Lavaredo, vinta dal connazionale José Manuel Fuente), Roberto Ceruti nel 1979 (tappa Treviso – Pieve di Cadore, vinta dal medesimo corridore) e il francese Jean-Claude Bagot durante la storica Lido di Jesolo – Sappada del 1987, che ebbe come vincitore l’olandese Johan van der Velde. Da allora sono dovuti trascorrere 32 anni prima di rivedere questa salita affrontata in una gara professionistica, lo scorso anno inserita nel tracciato del tappone dell’Adriatica Ionica Race, terminata a Misurina con il successo dell’ucraino Mark Padun.
Forcella di Pala Barzana (842 metri). Quotata 840 metri sulle cartine del Giro, è valicata dalla SP 63 “di Pala Barzana” tra Poffabro e Andreis.
Valico Pianetti (360 metri). Valicato in galleria dall’ex 251 “della Val di Zoldo e Val Cellina” tra l’uscita dalla Galleria Fara e Montereale Valcellina.
Sella Pian del Cavallo (1277 metri). Coincide con la località d’arrivo (il traguardo sarà posto a 1290 metri di quota, poco sopra il valico geografico). Oltre ai due arrivi di tappa citati nell’articolo, ha ospitato un GPM di “passaggio” nel 2011 durante la tappa Conegliano – Gardeccia/Val di Fassa, vinta dallo spagnolo Mikel Nieve dopo che sulla salita friulana era scollinato in testa Emanuele Sella. La prima parte della salita, fino al Rifugio Bornass, è stata spesso affrontata – sia come GPM, sia come traguardo finale – al Giro del Friuli per professionisti, la cui ultima edizione risale al 2011.
Nota
Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).
FOTOGALLERY
Ingresso all’aeroporto militare di Rivolto

Villa Manin (Passariano di Codroipo) vista nel film “Porzûs” (www.davinotti.com)
Dignano, Pieve dei Santi Pietro e Paolo
Pinzano al Tagliamento, ponte sul fiume Tagliamento
Anduins, Falesia del Masarach
Lago di Verzegnis
Socchieve, Chiesa di San Martino
Un tratto dell’insidiosa discesa dalla Forcella di Monte Rest
Lago dei Tramonti
Il borgo fantasma di Movada torna ad emergere dalle acque del Lago dei Tramonti
Scorcio panoramico dalla Casera Salinchieit, nel Parco delle Dolomiti Friulane
Tratto abbandonato della vecchia strada che percorreva l’orrido della Valcellina
Montereale Valcellina, colle del castello “Montis Regalis”
Malnisio, Centrale Antonio Pitter
Aviano, aeroporto militare

Il Monte Cavallo e, in trasparenza, l’altimetria della quindicesima tappa del Giro 2020 (flickr.com)
CLÁSICA DE ALMERÍA, ACKERMANN DI MISURA SU KRISTOFF
La Clásica de Almería è vinta dal tedesco Pascal Ackermann (Bora-Hansgrohe) che primeggia allo sprint precedendo, quasi al fotofinish, il norvegese Alexander Kristoff (UAE-Team Emirates) e il campione europeo Elia Vivani (Cofidis).
Se si guarda l’albo d’oro recente di questa corsa si può notare come nulla sia cambiato rispetto al 2019, quando a imporsi nella Clásica de Almería fu il tedesco Pascal Ackermann (Bora-Hansgrohe), che quest’anno ha fatto il bis nella gara iberica. Invece, pur non cambiando il nome del vincitore, cambia il suo richiamo: nello spazio di un anno ritroviamo un Ackermann decisamente più consapevole delle proprie capacità, dopo le dodici vittorie conquistate nel 2019, tra le quali due tappe al Giro d’Italia.
L’inizio della corsa, 187 chilometri da percorrere in circuito attonro a Roquetas de Mar, è contraddistinto dalla fuga di cinque corridori – Joan Bou (Fundación-Orbea), Ricardo Vilela (Burgos-BH), Sergio Román Martín (Caja Rural-Seguros RGA), Rasmus Quaade (Riwal Readynez) e Daniel Viegas (Kometa-Xstra) – che riescono a guadagnare un vantaggio massimo vicino ai quattro minuti. Ma sono troppe le squadre interessate ad arrivare in volata per poter pensare solo un secondo che questi cinque coraggiosi corridori potessero farcela.
Non per niente il gruppo, forte del contributo di squadre come Bora-Hansgrohe, UAE-Team Emirates e Astana, va a riprendere i fuggitivi quando ancora mancano una quarantina di chilometri dal traguardo.
Si arriva così allo sprint e la volata culmina con il lancio dei prim’attori, ossia i velocisti. È Ackermann il primo a partire e lo fa sulla destra, vicino alle transenne, portandosi dietro due clienti molto scomodi come Alexander Kristoff (UAE-Team Emirates) ed Elia Vivani (Cofidis). Ackermann sembra fregarsene di essere partito forse troppo presto e la sua volata appare inarrestabile. Negli ultimi cento metri Viviani capisce di non essere in giornata e si ritrae dalla competizione mentre Kristoff prova a sopravanzare il tedesco e inizia una rimonta che sulle prime sembra inefficace, ma poi prende consistenza e spazio. Kristoff guadagna centimetro su centimetro e riesce a vedere la ruota anteriore di Ackermann. Ma arriva la linea del traguardo, a cui non gliene importa nulla della rimonta e che proclama Ackermann vincitore della Clásica de Almería per il secondo anno consecutivo, precedendo Kristoff e Viviani. Gli altri piazzati sono Danny van Poppel (Circus-Wanty Gobert), Luka Mezgec (Mitchelton-Scott), Amaury Capiot (Sport Vlaanderen-Baloise), Clément Venturini (AG2R La Mondiale), Rudy Barbier (Israel Start-Up Nation), Juan José Lobato (Fundación-Orbea) e Thomas Boudat (Arkéa-Samsic).
Paolo Terzi

Ackermann si impone per il secondo anno consecutivo nella Clásica de Almería (Getty Images Sport)
COLOMBIA ASSO PIGLIATUTTO NELLA CORSA DI CASA: SEI TAPPE SU SEI E LA CLASSIFICA FINALE CON HIGUITA
È Sergio Higuita il vincitore della 3a edizione del Tour Colombia 2.1. Il giovane colombiano della EF Pro Cycling ha preceduto il connazionale e compagno di squadra Daniel Martínez, vincitore dell’ultima tappa proprio davanti ad Higuita. Completa il podio l’ecuadoregno Jonathan Caicedo, anche lui della EF Pro Cycling. Per i corridori di Jonathan Vaughters si può parlare di un vero dominio: tre vittorie di tappa e podio finale letteralmente monopolizzato.
La 6a ed ultima tappa (183 km) era la frazione regina del Tour Colombia 2.1 con il suo arrivo in cima all’Alto Verjón, posto sopra Bogotà a ben 3274 m di altitudine. L’ascesa finale, 11,5 km al 5,4%, era preceduta da altre tre saliteM il doppio passaggio sull’Alto Sisga, affrontato da due versanti differenti (rispettivametne GPM di 3a e 4a categoria) e l’Alto Paitos (3a cat.) posto a poco più di 20 km dal traguardo.
Le fasi iniziali della tappa sono state animate dalla solita fuga di giornata, nata al km 28 grazie all’azione di 14 corridori: Álvaro Hodeg (Deceuninck), Matteo Jorgenson (Movistar), Etienne Van Empel e Umbergo Marengo (Vini Zabù), Lars Saugstad (Uno-X), Colin Joyce (Rally Cycling), Félix Barón (Team Illuminate), Māris Bogdanovičs (Amore&Vita), Fabio Duarte (Team Medellín), Byron Guamá (nazionale ecuadoregna), Juan Pablo Suárez (EPM-Scott) e ben 3 uomini della Equipo Orgullo Paisa, ovvero Johan Colón, Edison Muñoz e Sebastian Castaño. Il tentativo, che ha avuto un vantaggio massimo di 3′30″, è stato annullato a circa 30 km dall’arrivo, prima dell’inizio del penultimo GPM.
Sull’Alto Paitos il Team Ineos ha preso la testa del gruppo iniziando ad imporre il suo ritmo, evidentemente con l’intento di affaticare gli uomini della EF Pro Cycling. Da segnalare l’azione di Robinson Chalapud (Team Medellín) e Walter Pedraza (Equipo Supergiros), che sono partiti lungo la salita per poi essere ripresi in fondo alla successiva discesa.
Gli uomini della Ineos hanno approcciato in testa anche la salita finale imponendo un’andatura che ha prodotto una prima selezione del gruppo. Ai -9 un problema meccanico ha costretto Richard Carapaz (Team INEOS) al cambio di bici. Approfittando dell’improvviso calo di ritmo ritmo, Óscar Sevilla (Team Medellín) ha provato l’allungo, rimanendo in testa alla corsa per poche centinaia di metri prima di essere riassorbito.
Una volta rientrato Carapaz (ai -8), il team Ineos ha ripreso la testa del gruppo, neutralizzando un attacco di Hernán Aguirre (Colombia Tierra de Atletes). A questo punto è entrato in scena proprio Richard Carapaz, che si è sacrificato in favore di Egan Bernal. Il ritmo imposto dall’ecuadoregno ha selezionato il gruppo di testa che ai -6 contava ormai solo una decina corridori: Carapaz ed Egan Bernal della Ineos, Sergio Higuita, Daniel Martínez e Jonathan Caicedo (EF Pro Cycling), Aguirre e Diego Camargo (Colombia Tierra de Atletas), Miguel Eduardo Flórez (Androni), Freddy Montana (EPM-Scott), il norvegese Torstein Traen (Uno-X) e Chalapud, che ai – 5 ci ha provato Chalapud, seguito da Flórez. Il duo colombiano ai -3 poteva vantare una ventina di secondi rispetto al gruppo dei migliori. Quando ai -2 un esausto Carapaz ha terminato il suo lavoro, è finalmente arrivato l’atteso attacco di Bernal, al quale hanno resistito solo i 3 corridori della EF Pro Cycling. I contrattaccanti hanno rapidamente ripreso Flórez e Chalapud, con quest’ultimo che poco dopo ha perso contatto dagli altri 5.
Egan Bernal ha continuato ad imporre un ritmo molto alto, seguito a ruota da Higuita, Martínez, Flórez ed un Caicedo che ha poi perso contatto ai -500m. Il capitano della Ineos così facendo ha finito per tirare la volata agli avversari. A scegliere i tempi giusti è stato Martínez che è partito ai 200 metri anticipando il compagno Higuita. Terzo uno stanco Bernal a 3”, mentre Flórez ha chiuso in 4a posizione (a 9”), poco davanti a Jonathan Caicedo (14”). Più lontanti gli altri: Chalapud è 6° a 52” davanti al duo della Colombia Tierra de Atletas formato da Aguirre, 7° a 1′08″, e Camargo, 8° ad 1′16″. Chiudono la top ten Montana (1′16″) e Traen (1′20″).
La classifica finale va a Higuita che mantiene il primato con 8” su Martínez e 34” su Caicedo. Bernal resta ai piedi del podio a 55”. Ottimo 5° posto (a 2′01″) per Flórez, già reduce dalla vittoria di tappa alla Vuelta a San Juan. Da segnalare il 7° posto di Esteban Chaves, che correva con la nazionale colombiana. Fuori dai 10 invece Fabio Aru (UAE-Team Emirates), alla sua prima corsa stagionale, che ha chiuso al dodicesimo posto con un passivo di 3′29″
Pierpaolo Gnisci

La vittoria di Daniel Martínez nella tappa regina della corsa colombiana (Getty Images)
TOUR DE LA PROVENCE: VITTORIA DI DOULL NELLA GIORNATA FINALE
Una fuga di quattro ciclisti parte ben oltre il km 50 nell’ultima tappa del Tour de la Provence e resiste al ritorno del grupppo per una manciata di secondi. E’ Owain Doull (INEOS) ad imporsi in una volata ristretta su Matthias Brändle (Israel Start-Up Nation) e Ian Garrison (Deceuninck-Quick Step). Dopo aver dominato ieri sul Mont Ventoux, Nairo Quintana (Arkéa-Samsic) vince con merito la breve corsa francese.
La quarta ed ultima tappa del Tour de la Provence 2020, lungi dall’essere una semplice passerella finale, presenta un percorso non banale con tre GPM da affrontare e un finale in cui i ciclisti troveranno pochissima pianura. Si parte da Avignone e si arriva ad Aix-en-Provence dopo poco più di 170 km. Nairo Quintana (Arkéa-Samsic) dopo l’exploit di ieri sul Mont Ventoux ha ipotecato la vittoria finale, dovendo difendere oltre 1 minuto di vantaggio su Alekandr Vlasov (Astana). Dopo la partenza da Avignone si segnalava Rémi Cavagna (Deceuninck-Quick Step) molto attivo e all’attacco. Il francese faceva suo il primo sprint intermedio di Pernes-les-Fontaines, posto al km 12.9. Il gruppo però non lasciava molto spazio al francese e la notevole andatura imposta creava selezione già sul Col des Trois Termes. La fuga vera e propria tardava comunque a partire e andava via soltanto dopo il km 50 grazie all’azione di Ian Garrison (Deceuninck-Quick Step), Matthias Brändle (Israel Start-Up Nation), Romain Combaud (Nippo Delko Provence) e Owain Doull (Ineos). Dopo 60 km il quartetto aveva 4 minuti di vantaggio sul gruppo. Allo scollinamento del Col de l’Aire dei Masco il vantaggio del quartetto di testa sul gruppo restava invariato. Arkéa-Samsic ed EF tiravano in testa al gruppo inseguitore. Nel finale di tappa anche il Team Sunweb ed il Team Jumbo Visma si facevano vedere nelle prime posizioni del gruppo ed il vantaggio della fuga scendeva drasticamente. A 10 km dall’arrivo erano soltanto 50 secondi a separare fuga e gruppo inseguitore. Nonostante gli sforzi del gruppo, la fuga resisteva fino alla fine ed era Doull a battere in una volata anomala Brändle, mentre terzo era Garrison e quarto Combaud. Il gruppo veniva regolato dopo 6 secondi da uno scatenato Alexey Lutsenko (Astana), molto attivo e presente in questa edizione del Tour de la Provence e probabilmente già con la gamba giusta per le imminenti classiche del Nord. La classifica generale non subisce variazioni rispetto a ieri e Nairo Quintana (Arkéa-Samsic) può festeggiare la vittoria in classifica con 1 minuto e 4 secondi di vantaggio su Aleksandr Vlasov (Team Astana) ed 1 minuto e 28 secondi di vantaggio sullo stesso Lutsenko. Per quanto riguarda le altre classifiche, Lutsenko si aggiudica quella a punti, Vlasov quella del miglior giovane, Jonas Koch (CCC) quella dei GPM e l’Astana quella a squadre.
Antonio Scarfone

Il podio del Tour de la Provence 2020 (Getty Images Sport)
CICCONE CHIC A LAIGUEGLIA: CHI BEN COMINCIA…
Giulio Ciccone (nazionale italiana) vince il Trofeo Laigueglia 2020 andando prima in fuga insieme a tre attaccanti a circa 25 km dall’arrivo poi e sfoderando l’attacco decisivo sull’ultima delle quattro scalate verso Colla Micheri. Al secondo posto si classifica l’eritreoBiniyam Ghirmay Hailu (Nippo Delko Provence) mentre terzo è un ritrovato Diego Rosa (Arkéa Samsic).
Il Trofeo Laigueglia apre come di consueto il calendario professionistico italiano e presenta un percorso invariato rispetto allo scorso anno, con l’esigente circuito finale da ripetere quattro volte caratterizzato dall’ascesa di Colla Micheri, non impossibile ma comunque insidiosa al termine di 202 km che prevedono nella parte iniziale e centrale anche salite più impegnative come Cima Paravenna e Testico. Il finale strizza l’occhio a finisseur e attaccanti dell’ultima ora e conferma un certo equilibrio negli ultimi anni, con un albo d’oro che ha visto prevalere i ciclisti italiani. Sono 19 le squadre alla partenza, con il Team AG2R unico del circuito WT, mentre per il resto troviamo sette squadre Professional, dieci Continental e anche la nazionale italiana di Davide Cassani. Dopo la partenza il primo ciclista a tentare la sortita solitaria era Viktor Filutas (Giotti Vittoria) dopo 6 km, ma il gruppo lo riprendeva agevolmente. Nonostante altre azioni individuali subito riprese dal gruppo, soltanto al km 33 riusciva a formarsi la fuga di giornata grazie all’azione di Antonio Di Sante (Sangemini Trevigiani) e Matteo Baseggio (General Store). Dopo 40 km il vantaggio del duo di testa era di oltre 4 minuti. Al km 52 la coppia di testa aveva portato il proprio vantaggio ad oltre 6 minuti e mezzo. All’inizio dell’ascesa verso Cima Paravenna, primo GPM di giornata, Di Sante e Baseggio avevano aumentato il proprio vantaggio sul gruppo, che adesso inseguiva a quasi 9 minuti di ritardo. In testa al gruppo inseguitore, nonostante ancora un’andatura piuttosto blanda, si facevano vedere gli uomini della Vini Zabù KTM, dell’Arkéa Samsic e della nazionale italiana. Dopo 100 km il vantaggio della fuga era sceso a 8 minuti e 30 secondi. Pian piano il ritmo del gruppo inseguitore aumentava grazie al lavoro in particolar modo di Arkéa Samsic e di AG2R. A circa 85 km dall’arrivo il vantaggio della fuga era sceso a 3 minuti e 30 secondi. All’inizio dell’ascesa del Testico Di Sante e Baseggio avevano ancora 3 minuti e 20 secondi di vantaggio sul gruppo. Allo scollinamento il gruppo aveva ulteriormente ridotto il proprio ritardo sulla coppia di testa a 2 minuti e 40 secondi. A 65 km dal termine Di Sante e Baseggio avevano soltanto 1 minuto e 25 secondi di vantaggio sul gruppo segnalato in forte ripresa. I due di testa venivano ripresi nel primo dei quattro giri del circuito finale. Il gruppo iniziava a sfilacciarsi in conseguenza dei ripetuti attacchi che venivano portati costantemente sul secondo dei quattro passaggi da Colla Micheri, dove si staccava un quartetto formato da Diego Rosa (Arkéa Samsic), Giulio Ciccone (nazionale italiana), Marco Tizza (Amore & Vita Prodir) e Biniam Ghirmay Hailu (Nippo Delko Provence). A 30 km dall’arrivo i quattro in testa avevano un risicato vantaggio di 15 secondi su una ventina di inseguitori. Sull’ultima ascesa verso Colla Micheri Tizza perdeva il contatto con gli altri tre attaccanti mentre il ritardo su un gruppo sempre più spezzettato era ormai vicino ai 30 secondi. A 10 km dall’arrivo sembrava oramai fatti per Ciccone, Rosa e Ghirmay Hailu, che si sarebbero giocati allo sprint la vittoria al Laigueglia 2020. Ma circa 200 metri dallo scollinamento Ciccone aumentava il ritmo e se ne andava tutto solo, iniziando l’ultima discesa con un margine di una decina di secondi di vantaggio sui due compagni d’avventura. L’abruzzese dava tutto negli ultimi 10 km e si imponeva tutto solo sul traguardo di Laigueglia. A 32 secondi di ritardo Ghirmay Hailu vinceva lo sprint su Rosa per la seconda posizione mentre ancora più staccato Andrea Vendrame (AG2R) si classificava quarto anticipando Lorenzo Rota (Vini Zabù KTM). Ciccone conquista così la prima vittoria stagionale all’esordio, per di più in una corsa italiana, e si propone come uomo da seguire non solo per le classifiche GPM nei grandi Giri ma anche nelle corse di un giorno.
Giuseppe Scarfone

Ciccone inaugura il calendario italiano imponendosi nel Trofeo Laigueglia (foto Bettini)
VUELTA A MURCIA, TRIONFO DI MEURISSE GRAZIE AD UNA FUGA BIDONE
Luis León Sánchez vince la seconda frazione in solitaria, ma la generale va alla sorpresa Xandro Meurisse, già vincitore della prima tappa.
La due giorni in Murcia è un po’ il battesimo ufficioso della nuova stagione: basti dare uno sguardo all’albo d’oro degli ultimi 10 anni per capire che in questo angolo meridionale di Spagna si fa sul serio. Non è da meno l’edizione 2020, anche se questa volta la generale va appannaggio di una sorpresa che risponde al nome di Xandro Meurisse. Il 28enne di Courtrai in forze alla Circus-Wanty Gobert si è imposto nella prima delle due tappe in programma con una fuga da lontano, che il gruppo ha lasciato inspiegabilmente arrivare al traguardo con un vantaggio monstre di addirittura 16 minuti. Il belga ha così vinto la volata ristretta sul traguardo di Caravaca de la Cruz anticipando Adam De Vos (Rally Cycling) e Josef Černý (CCC), conquistando di diritto anche la maglia di leader.
Nel giorno seguente, visto l’enorme vantaggio accumulato sui tanti big presenti in corsa, la speranza di portare a casa anche la generale era più che concreta per la Circus-Wanty Gobert, che ha cercato fin da subito di tenere serrate le fila del plotone. La corsa, complice anche il percorso decisamente impegnativo, è esplosa fin da subito: sul Collado Bermejo, Cima Pantani della corsa iberica, Alejandro Valverde (Movistar) attacca con Omar Fraile (Astana) e Vicente García de Mateos (Aviludo-Louletano). Il gruppo della maglia gialla si spezza e dietro si susseguono i tentativi di riportarsi sui battistrada.
Meurisse dimostra una gamba buona mantenendo sempre il controllo delle operazioni con lucidità, nonostante non avesse più compagni di squadra. Il gruppetto con lui formato, nel quale era presente anche il nostro Matteo Trentin (CCC), trova una discreta collaborazione e riesce a rientrare sulla testa della corsa quando mancano 10 km al traguardo.
È nei pressi del triangolo rosso dell’ultimo chilometro che giunge l’attacco decisivo, portato da Luis León Sánchez (Astana): il murciano di Mula sente di nuovo odore di vittoria in casa come nell’edizione 2019, quando andò a vincere tappa e maglia.
L’arrivo in solitaria non gli permette, però, questa volta di strappare la maglia gialla dalle spalle di un ottimo Meurisse, quarto al traguardo dietro Fraile – doppietta Astana – e Černý, che si contendono le posizioni di rincalzo sul podio.
Lorenzo Alessandri

La vittoria di Meurisse nella prima e decisiva tappa (foto Bettini)

