VALVERDE STORY – CAPITOLO 13: FRECCIA VALLONE, ARRIVA LO TSUNAMI VALVERDE

dicembre 9, 2022 by Redazione  
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Valverde ritrova il feeling con la Freccia otto anni dopo la sua prima vittoria alla classica vallone e si impone con un leggero margine di vantaggio sugli avversari in vetta all’arcigno muro di Huy. Ancora non potevamo saperlo, ma sarebbe stato l’atto d’apertura di un vero e proprio tsunami murciano che si abbatterà sulla Freccia Vallone per quattro anni filati, spazzando via tutti i record di vittorie in carica.

HUY, C’EST MOI… ALEJANDRO!

Alejandro Valverde fa sua per la seconda volta la Freccia Vallone dopo 8 anni, con una sparata negli ultimi 300 metri alla quale devono arrendersi un redivivo Daniel Martin ed un ancora troppo inesperto Kwiatkowski. Una fuga a tre caratterizza la corsa che si scalda negli ultimi 30 km. “Dani” Moreno e Philippe Gilbert grandi delusi di giornata, mentre per l’Italia si segnala un dignitoso 14° posto di Vincenzo Nibali ed una sfortunata caduta di Damiano Cunego, che lo esclude dalla bagarre finale. Domenica degna conclusione della Settimana delle Ardenne con la 100° edizione della Liegi-Bastogne-Liegi che, in considerazione delle ultime uscite, schiererà sicuramente una nutrita schiera di favoriti.

Dopo l’affermazione nel 2006, Alejandro Valverde vince la 78° edizione della Freccia Vallone grazie ad un scatto giusto al momento giusto sull’ultima delle tre ascese al Muro d’Huy. Dopo aver vinto già in questa stagione la Vuelta a Andalucía, la Vuelta a Murcia e la Roma Maxima, il murciano della Movistar si aggiudica la corsa intermedia della settimana delle Ardenne, iniziata domenica 20 Aprile con l’Amstel Gold Race e che si concluderà domenica 27 con la Liegi Bastogne Liegi, sfruttando nel migliore dei modi il grande lavoro della sua squadra. Nella cronaca della corsa si sviluppava dopo pochi chilometri dal via da Bastogne la fuga di giornata, comprendente Jonathan Clarke (UnitedHealth), Preben Van Hecke (Topsport Vlaanderen) e Ramunas Navardauskas (Garmin), il cui vantaggio non superava mai i 7 minuti, poichè il gruppo controllava il tentativo alternando in testa le squadre degli uomini più attesi. Così, il primo dei tre passaggi sul Muro di Huy, ai meno 86 km dall’arrivo, vedeva un vantaggio già inferiore ai sei minuti. In testa al gruppo faceva l’andatura la Trek in appoggio del capitano Frank Schleck. Le “côtes” da scalare – in totale 11 – rendevano la corsa interessante anche perché erano posizionate nella seconda parte del percorso. Ai meno 50 era la Lampre di Cunego a dare un’ulteriore sferzata in testa al gruppo, che guadagnava in poco tempo oltre un minuto sui tre di testa. Durante l’ascesa verso la Côte de Bousalle, ai meno 47, Clarke alzava bandiera bianca e la fuga si riduceva a sole due unità. Negli ultimi 30 km si concentravano le fasi calde della corsa: era la Movistar ad aumentare il ritmo sulla Côte d’Ahin e a far scendere ulteriormente il vantaggio della coppia di testa, ora a meno di tre minuti dal gruppo. Prima del penultimo passaggio sul Muro di Huy, di nuovo Trek e Lampre si facevano vedere nelle prime posizioni, dando man forte alla Movistar e alla Katusha. Piuttosto passiva, invece, era la BMC di Philippe Gilbert, quasi mai nel vivo della corsa. Attiva anche l’Europcar, che animava proprio il penultimo passaggio sul Muro d’Huy, ai meno 25: prima Rolland e poi Gautier scattavano e quest’ultimo in particolare riusciva a scollinare per primo all’inseguimento di Navardauskas e Van Hecke, distanti ormai non più di una trentina di secondi. Era, però, pronta la reazione, in particolare, di Katusha e Movistar, che mettevano alcuni uomini alle spalle del coraggioso francese, tra i quali Kolobnev, Caruso e Herrada López. Gautier veniva, infine, raggiunto ai meno 20. La Côte d’Ereffe, ai meno 11, dopo che Navardauskas prima e Van Hecke dopo venivano raggiunti, vedeva gli ultimi attacchi in testa al gruppo. Era prima Chris Anker Sørensen (Tinkoff Saxo) e poi Jérémy Roy (FDJ) a tentare rispettivamente l’attacco, ma in entrambi i casi era prima la Katusha e poi l’Orica GreenEDGE a rinvenire sugli attaccanti. A circa tre chilometri dall’arrivo, annullati tutti i tentativi, il gruppo si presentava ormai compatto, composto di una quarantina di atleti, ai piedi del Muro Di Huy. Una caduta metteva, però, fuori gioco Damiano Cunego, che ‘scodava’ più per disattenzioni proprie che per colpa di altri ciclisti, trascinando con sè “Purito Rodríguez (già piuttosto dolorante dopo la caduta nell’Amstel Gold Race), Fränk Schleck e Pieter Weening. La bagarre intanto era iniziata in testa al gruppo, che aveva iniziato la scalata finale al Muro di Huy. Gastauer (AG2R) provava ad anticipare tutti, ma veniva in breve tempo risucchiato dal gruppo. Era allora Bauke Mollema ad imprimere un bel ritmo, mentre il polacco Michal Kwiatkowski era alle sue spalle in rampa di lancio: il suo scatto avveniva, a tutta birra, a 500 metri dall’arrivo ma, come per l’Amstel, il troppo ardore, unito ancora all’inesperienza per questo tipo di finali, tradivano il giovane polacco che veniva raggiunto e superato da un redivivo Daniel Martin. Ma da dietro, con uno scatto ancora più incisivo, era Alejandro Valverde che ai meno 300 metri sverniciava l’irlandese ed andava a trionfare a braccia alzate sotto il traguardo. Chiudevano la top five Bauke Molelma in quarta posizione e Tom-Jelte Slagter in quinta. “Dani” Moreno e Philippe Gilbert, grandi attesi della vigilia, dovevano invece accontentarsi rispettivamente di un anonimo nono e decimo posto. 14mo e primo degli italiani si classificava Vincenzo Nibali, a dimostrazione che il lavoro svolto in altura potrà sicuramente giovargli nella Liegi-Bastogne.Liegi di domenica prossima, corsa che si adatta meglio alle sue caratteristiche e che resta aperta a molte soluzioni. Lo stesso Valverde può a ben vedere essere considerato un favorito, così come Daniel Martin che sembra essere tornato in buone condizioni ed è anche il detentore della ‘Decana’. Appuntamento quindi a domenica 27 Aprile per l’ultimo atto della settimana delle Ardenne, prima che Giro di Romandia e Giro d’Italia calamitino le attenzioni degli appassionati di ciclismo.

Giuseppe Scarfone

Valverde in cima al muro di Huy, a pochi passi dalla sua seconda Freccia Vallone (foto Tim de Waele/TDW Sport)

Valverde in cima al muro di Huy, a pochi passi dalla sua seconda Freccia Vallone (foto Tim de Waele/TDW Sport)

VALVERDE STORY – CAPITOLO 12: GLADIATORE PER UN GIORNO DOPO UN 2013 DA DIMENTICARE

dicembre 7, 2022 by Redazione  
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Se la Vuelta del 2012 aveva riportato il sorriso sul volto di Valverde, diversamente le cose sarebbero andate nel 2013, che lo vede ancora sconfitto alle classiche alle quali tanto punta. Dopo aver vinto per il secondo anno consecutivo la Vuelta a Andalucía (suo secondo e ultimo successo stagionale), si schiera al via delle tanto attese corse del nord dove colleziona un comunque prestigioso secondo posto all’Amstel, un settimo alla Freccia e un terzo alla Liegi. Fallisce l’obiettivo Tour dopo aver perso quasi nove minuti dai migliori nella tappa di Saint-Amand-Montrond a causa del vento, fatto avvenuto nel momento nel quale era secondo in classifica. Un pochino meglio va alla Vuelta che non lo vede mai vincitore di tappa, ma almeno riesce a salire sul gradino più basso del podio a 1’36” dallo statunitense Chris Horner e terzo concluderà due settimane più tardi anche il mondiale di Firenze, penalizzato dalla lotta fratricida con il connazionale Joaquim Rodríguez, che finirà per favorire la vittoria del portoghese Rui Costa. Bisognerà attendere il 2014 per vedere il murciano cominciare a risalire la china, anche se da quel momento in poi – complice un’età non più verdissima – la sua carriera lo vedrà cogliere più soddisfazioni nelle corse di un giorno. In attesa della Freccia, che da quell’anno monopolizzerà per ben quattro edizioni consecutive, l’Embatido decide di venire a correre in Italia dove, dopo il terzo posto alla Strade Bianche, porta a casa la vittoria all’ombra del Colosseo nella Roma Maxima.

LA VENDETTA MAXIMA DI VALVERDE

Lo spagnolo si aggiudica la vittoria della Roma Maxima con un attacco a 40 chilometro dal traguardo, Quintana lancia il compagno di squadra, Pozzovivo da il colpi di frusta decisivo e poi aiuta lo spagnolo a mantenere il vantaggio pur non avendo speranze in volata. Dopo la mezza delusione di ieri Valverde centra la vittoria in una corsa incerta fino agli ultimi metri

La Roma Maxima ha visto l’attacco vincente di uno degli uomini più attesi, Alejandro Valverde, che non è affatto partito a sorpresa. I Campi di Annibale rappresentavano il punto dove lo stesso Valverde aveva dichiarato di voler provare a dare la svolta alla corsa.
Dopo il deludente terzo posto di ieri in una corsa in cui era il favorito numero uno, lo spagnolo riesce ad aggiudicarsi una corsa adatta alle sue caratteristiche, ma molto incerta per la distanza tra l’ultima salita e l’arrivo di Roma.
Favoriti erano, infatti, uomini con diverse caratteristiche; in caso di arrivo in volata Modolo e Colbrelli apparivano i più quotati, mentre, in caso di crisi dei velocisti in salita, le possibilità si spostavano su Ratto, Gilbert, Pozzato e appunto Valverde.
Il nostro Pozzovivo, invece, è apparso il più brillante in salita, ha contrattaccato nel durissimo tratto finale dei Campi di Annibale, riuscendo anche a staccare Valverde di qualche metro. E’ stata di fatto proprio l’accelerazione di Pozzovivo a creare il buco decisivo in prossimità del GPM, Valverde è riuscito a contenere il distacco in pochi metri e, dopo lo scollinamento, è riuscito agevolmente a riportarsi sullo scalatore Lucano.
Nel finale, abbiamo visto Valverde molto attivo nel tentativo di conservare il vantaggio sul gruppo ma bisogna dire che, contrariamente a quanto si poteva pensare, Pozzovivo ha fatto la sua parte, determinante per la buona riuscita dell’attacco.
La corsa è stata caratterizzata da una fuga partita nei primi chilometri di gara ed esauritasi definitivamente proprio sulle prime rampe della salita dei Campi di Annibale, grazie al lavoro in testa dei Movistar che hanno voluto portare il capitano Valverde in testa alla corsa nel punto prescelto per sferrare l’attacco.
Il primissimo tentativo è stato dell’uomo di casa Pirazzi che, però, non è riuscito a guadagnare più di 11 secondi. Quando il gruppo si riporta sul laziale, cominciano gli scatti in testa finchè non se ne vanno in sette: Thomas Damuseau (Giant Shimano), Matthias Brandle (IAM Cycling), Niccolò Bonifazio (Lampre Merida), Daniel Teklehaymanot e Dennis Van Niekerk (MTN Qhubeka), Ben Gastauer (Ag2r-La Mondiale) e Kiel Rejnen (Unitedhealtchcare). Il gruppo lascia fare e gli attaccanti riescono in breve a conseguire un vantaggio considerevole che arriva a sfiorare i 7 minuti.
Quando mancano ancora poco meno di 150 Km alla conclusione, la Movistar si pone in testa al gruppo ed il vantaggio dei fuggitivi cominicia pian piano a scendere: a 70 Km dall’arrivo è di 3 minuti e mezzo, mentre alcuni atleti perdono contatto dal gruppo.
Nella fase di avvicinamento alla salita di Rocca Priora, i Movistar rallentano leggermente ed il vantaggio dei fuggitivi torna a salire. Tuttavia, nel corso dell’ascesa passano i testa gli uomini della Bardiani che impongono un ritmo altissimo che provoca il crollo del vantaggio dei fuggitivi, fino a farlo scendere sotto il minuto ai 50 dall’arrivo.
Vedendo che il vantaggio è in costante calo, Gastauer tenta di allungare nell’ultimo chilometro della salita verso Rocca Priora; l’accelerazione consente al corridore dell’Ag2r-La Mondiale di guadagnare dapprima qualche metro poi, man mano, sempre di più sugli ormai ex compagni d’avventura. Il tentativo di Gastauer non appare, però, credibile sia in considerazione dell’esiguità del vantaggio sul gruppo, sia per via dei chilometri ancora da percorrere che non favoriscono certa la marcia di un corridore solitario.
Sulle prime rampe della salita dei Campi di Annibale, quando mancano ancora quasi 40 Km all’arrivo, allunga Alejandro Valverde, prima in modo timido poi più deciso ed il gruppo inizia a sfilacciarsi, mentre gli immediati inseguitori di Gastauer vengono ripresi.
Poco dopo il primo tentativo di allungo di Valverde, parte al contrattacco Nairo Quintana cui si accodano immediatamente Pirazzi e Pozzovivo, mentre nel gruppo è piena bagarre; il colombiano della Movistar continua a dettare un ritmo infernale e i velocisti rimangono attardati.
Nel momento in cui battistrada Gastauer viene ripreso riparte Valverde, stavolta con decisione maggiore; alla sua ruota si pone Bongiorno nel ruolo di stopper, dato che non passa mai in testa, mentre si riaccodano anche Anacona e Pozzovivo che, nel tratto diù duro della salita dopo Rocca di Papa, parte deciso e nessuno riesce a stargli a ruota. Alejandro Valverde, con una tattica molto intelligente, non risponde alla rasoiata del forte scalatore Lucano ma, mantenendo un ritmo molto alto, riesce a non farselo sfuggire alla vista e si riporta progressivamente su di lui dopo la fine del tratto duro. Alle spalle della coppia di testa si trovano Anacona, Quintana e Rabottini, a 18 secondi, che vengono presto raggiunti da un altro gruppetto cosicché dietro si forma un gruppetto di dodici uomini a circa 20 secondi: Hoogerland, Quintana, Dupont, Kangert, Nocentini, Anacona, Tschopp, Hermans, Pellizzotti Pardila Rabottini e Bongiorno.
A questo punto, il destino della coppia di testa sembrerebbe segnato poichè mancano oltre trenta chilometri alla conclusione e non sono più previste asperità, eccetto un breve strappo. Dietro inseguono in dodici mentre nella coppia di testa Pozzovivo non sembrerebbe in condizioni di collaborare dato che lo sprint non è decisamente la specialità del lucano. Dietro, tuttavia, non c’è accordo mentre Pozzovivo, seppur in misura minore, fa la sua parte nella fuga tanto che i due uomini di testa incrementano il vantaggio sugli inseguitori. Valverde, per non far calare il ritmo, accenna diverse accelerazioni specialmente su tratti con i sanpietrini. Dal gruppo inseguitore evade Rabottini, che si accorge (in verità troppo tardi) che manca l’accordo nell’inseguimento e guadagna una decina di secondi sui dieci, ma rimane nella sgradevole situazione di trovarsi da solo senza alcuna possibilità di rientrare sui due di testa. Sullo strappo dei Cappuccini Quintana appare in difficoltà e perde contatto, Bongiorno evade dal gruppetto degli inseguitori ma l’avanscoperta dura poco e al termine del tratto più ripido della discesa la coppia di testa ha ancora un buon vantaggio. I chilometri che mancano favoriscono certamente gli inseguitori, dato che si tratta di 18 chilometri in falsopiano a scendere sino al traguardo.
Ai 15 al traguardo, su una accelerazione degli insegutori Pellizzotti rimane letteralmente sulle gambe a causa di un attacco di crampi, cerca di sciogliere i muscoli ma per lui non c’è nulla da fare e perde irrimedibilmente contatto.
A 8 Km dall’arrivo, la situazione sembra decisa: davanti ci sono Valverde e Pozzovivo con oltre trenta secondi di vantaggio su Rabottini, che è restato a “bagnomaria”, e oltre 50 sul gruppo degli inseguitori. Quando mancano 6 chilometri al traguardo si verifica un colpo di scena poichè un gruppo molto nutrito con diversi velocisti si riporta sui dieci inseguitori di Rabottini e della coppia di testa e, grazie all’arrivo dei rinforzi, il gruppo inizia un recupero vertiginoso: si riporta immediatamente su Rabottini e nel giro di un paio di chilometri dimezza il passivo dalla coppia di testa. Ai 1500 metri prova a uscire dal gruppo Samuel Sánchez ma il suo tentativo viene neutralizzato quasi subito. Dopo il triangolo rosso dell’ultimo chilometro Valverde e Pozzovivo iniziano a studiarsi mentre il gruppo rinviene fortissimo. Negli ultimi metri Valverde lancia la volata appena in tempo per impedire il ritorno del gruppo che, proprio sulla linea del traguardo, assorbe Pozzovivo che conclude in quinta posizione. Il secondo posto se lo aggiudica Daide Apollonio davanti a Sonny Colbrelli che continua la splendida serie di piazzamenti ai quali ora manca solo la vittoria.
La tattica di Valverde è stata perfetta, ha prima provato un allungo per saggiare la resistenza degli avversari e quindi ha lanciato Quintana, che ha fatto un forcing davvero efficace per spianare la strada ad un ulteriore contrattacco di Valverde. Il murciano poi ha gestito alla perfezione la reazione all’attacco di Pozzovivo, non ha risposto colpo su colpo ma non si è lasciato sfuggire il contatto visivo, in modo da raggiungere Pozzovivo senza difficoltà alla fine del tratto duro e, contemporaneamente, conseguire un distacco rispetto agli altri avversari.
Pozzovivo, invece, ha adottato una tecnica discutibile aiutando, seppur timidamente, un corridore contro il quale non aveva alcuna possibilità allo sprint e senza che vi fossero ulteriori asperità sulle quali tentare di staccarlo. Il rammarico è ancora maggiore se si considera che secondo si è piazzato Apollonio, compagno di squadra di Pozzovivo.
La Roma Maxima 2014 è stata ricca di emozioni, incerta sino agli ultimi metri, con un ottimo attacco a lunga gittata il cui protagonista ha saputo costruire, chilometro dopo chilometro, le basi del successo anche in una situazione iniziale che non sembrava lasciare grandi speranze.
Valverde riscatta così la sconfitta di ieri e si propone quale protagonista di rilievo della stagione.
Quintana ha imposto un ritmo infernale per poi lanciare il contrattacco di Valverde ma ha probabilmente pagato lo sforzo e si è staccato successivamente.
In ogni caso, lo stato di forma del colombiano si vedrà nel corso della Tirreno-Adriatico, che inizierà nei prossimi giorni priva di un assoluto protagonista come Froome, vittima di un problema alla schiena. Al suo posto correrà Porte che avrebbe dovuto, invece, partecipare alla Parigi – Nizza.

Benedetto Ciccarone

Valverde affronta in testa uno dei tratti più ostici della Roma Maxima (foto Bettini)

Valverde affronta in testa uno dei tratti più ostici della Roma Maxima (foto Bettini)

VALVERDE STORY – CAPITOLO 11: QUATTRO SOSPIRI DI SOLLIEVO ALLA VUELTA

dicembre 6, 2022 by Redazione  
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Alle classiche valloni non aveva brillato, al Tour aveva sofferto su tutti i fronti, la sospensione per due anni gli aveva provocato una serie depressione. Sono tutti problemi che angosciano Valverde, che si schiera al via della Vuelta del 2012 con tanti dubbi e una domanda: “Tornerò quello di prima?”. Solo la strada darà una risposta e sarà una risposta che riporterà il sorriso sul volto del murciano: non vincerà la corsa di casa, ma porterà a casa un secondo posto che fa ben sperare, un piazzamento che sa tanto di sospiro di sollievo, condito dalle tre vittorie conseguite, due sui Pirenei e una “collettiva” nella cronometro a squadra d’apertura. Alla fine solo 1’16” lo separeranno dal vincitore, il connazionale Alberto Contador.

18 agosto – 1a tappa: cronometro a squadre di Pamplona (16.5 Km)

LO SPIRITO DI MIGUELON FA VOLARE LA MOVISTAR

La formazione iberica, erede della Banesto con cui Indurain ha colto tutti i suoi maggiori successi, si impone a sorpresa nella cronosquadre di Pamplona, terra natale del campione navarro, infliggendo 10” a Omega-QuickStep, Rabobank e Bmc con Castroviejo che indossa la prima maglia rossa della Vuelta. Nelle prime posizioni anche la Sky di Froome e la Saxo Bank-Tinkoff di Contador, sfortunatissimo Gasparotto costretto al ritiro per una frattura alla clavicola.

Si è aperta con una cronometro a squadre di 16,5 km in quel di Pamplona, città nota per le corride ma soprattutto per essere la terra natale di Miguel Indurain, la 67a edizione di una Vuelta a España che strizza più che mai l’occhio agli scalatori con i suoi ben 10 arrivi all’insù, molti dei quali presentano pendenze ben oltre la doppia cifra, a fronte dei soli 39,4 km di cronometro individuale in quel di Pontevedra che vanno ad aggiungersi a quelli della frazione inaugurale. Favorito d’obbligo è l’attesissimo Alberto Contador (Saxo Bank-Tinkoff), apparso già in grande condizione all’Eneco Tour e più che mai motivato a lasciarsi alle spalle la squalifica per il caso clenbuterolo, che torna a disputare la Vuelta dopo essersi imposto nel 2008; il fuoriclasse di Pinto dovrà vedersela principalmente con i connazionali Juan Josè Cobo (Movistar), affiancato da Alejandro Valverde che all’ultimo istante ha sciolto le riserve sulla sua partecipazione, Joaquin Rodriguez (Katusha), battuto per un soffio da Hesjedal al Giro d’Italia e supportato da due gregari di lusso come Denis Menchov già due volte sul gradino più alto del podio di Madrid e Daniel Moreno, e Igor Anton (Euskaltel) che in questa stagione ha saltato sia la corsa rosa che il Tour proprio per arrivare al top nella gara a tappe iberica: tra gli stranieri il più accreditato è Chris Froome (Sky), al suo primo grande Giro da capitano dopo che alla Grande Boucle e alla Vuelta di un anno fa entrambe chiuse al secondo posto pur lavorando per Bradley Wiggins, seguito da Juergen Van den Broeck (Lotto-Belisol), ai piedi del podio all’ultimo Tour, e dal duo Rabobank composto da Robert Gesink e Bauke Mollema, a caccia di rivincite dopo le cadute che li hanno costretti ad abbandonare la corsa transalpina. Curiosità anche per la piccola ma agguerrita pattuglia colombiana composta da Nairo Quintana (Movistar), Rigoberto Uran e Sergio Henao (Sky), Walter Anacona (Lampre) e Cayetano Sarmiento (Liquigas) mentre l’Italia si presenta senza grandi frecce al proprio arco per quanto riguarda la lotta per la classifica generale, con Paolo Tiralongo (Astana), Eros Capecchi (Liquigas) e il campione nazionale a cronometro Dario Cataldo (Omega-QuickStep) che tenteranno un difficile ingresso nella top ten mentre Damiano Cunego (Lampre) dovrebbe puntare ai successi di tappa e ad affinare la preparazione per i Mondiali, similmente al 2009 quando si impose sugli arrivi in salita di Alto de Aitana e Sierra de la Pandera. Obiettivi analoghi a quelli del veronese avranno anche Philippe Gilbert e Alessandro Ballan (Bmc), Enrico Gasparotto (Astana), Lars Boom e Matti Breschel (Rabobank) e Tony Martin (Omega-QuickStep) mentre le poche frazioni che si concluderanno allo sprint vedranno protagonisti Assan Bazayev (Astana), Nacer Bouhanni (Fdj), Koldo Fernandez (Garmin), Allan Davis (Orica-GreenEdge), Ben Swift (Sky), John Degenkolb (Argos-Shimano) e i nostri Elia Viviani (Liquigas) e Daniele Bennati (RadioShack).
Un po’ per l’assenza di formazioni infarcite di superspecialisti del tic tac e un po’ per via di un percorso molto tecnico e con un impegnativo finale in leggera salita verso la suggestiva Plaza de Toros la cronosquadre si prestava a diverse possibili soluzioni, e a spuntarla piuttosto a sorpresa è stata la Movistar che ha fatto valere la sua compattezza pur avendo nel solo Castroviejo un atleta in grado di farsi valere nelle prove contro il tempo individuali; proprio il 25enne basco ha tagliato per primo il traguardo conquistando così la prima maglia rossa mentre un campanello d’allarme è suonato per Cobo che nel finale ha perso le ruote dei compagni di squadra chiudendo con un distacco di 4”. La formazione di Unzue ha fatto il vuoto dietro di sè mentre per le posizioni di rincalzo si è avuto un grandissimo equilibrio con soli 5” a separare il secondo dall’ottavo posto: la piazza d’onore con un ritardo di 10” dalla Movistar è andata all’Omega-QuickStep che trascinata da Tony Martin ha preceduto per questione di centesimi una Rabobank al di sopra delle aspettative e la Bmc di un brillante Gilbert, immediatamente seguite dal Team Sky di Froome e dall’ottima Lotto-Belisol di Van den Broeck a 12”, dalla Saxo Bank-Tinkoff di Contador a 14” e dalla Katusha di Rodriguez, che come sempre in questa stagione ha reso più di quanto non dica la somma dei valori individuali dei singoli corridori, a 15”; anche l’Euskaltel di Anton, tradizionalmente cenerentola in questo tipo di prove, si è difesa al meglio concludendo al 9° posto con un ritardo di 28”. Grande delusione di giornata la RadioShack, 17a a 55” e preceduta anche dalle nostre Liquigas e Lampre rispettivamente 14a e 16a a 41 e 54”, mentre una caduta di quattro corridori nelle prime fase di gara ha relegato la Garmin, una delle favorite della vigilia, al penultimo posto a 1′27” davanti alla sola Caja Rural: chi ha avuto purtroppo la peggio è stato Enrico Gasparotto, finito a sua volta in terra riportando la frattura alla clavicola che l’ha costretto ad abbandonare la corsa e con ogni probabilità anche a dare forfait in un Mondiale in cui avrebbe potuto dire la sua alla luce del successo dell’Amstel Gold Race in cima al Cauberg, la stessa salita che caratterizza il circuito di Valkenburg. La prima tappa in linea, 181,4 km da Pamplona a Viana, è dedicata ai velocisti ma nei giorni successivi sarà già tempo di montagne con i due consecutivi arrivi in salita di Eibar Arrate e Valdezcaray.

Marco Salonna

20 agosto – 3a tappa: Faustino V – Eibar (Arrate)

A EIBAR E’ SUBITO BATTAGLIA: TAPPA E MAGLIA A VALVERDE

Entrano subito in scena i grossi calibri nel primo arrivo in salita della Vuelta, con Valverde a dar fuoco alle polveri e Alberto Contador ad animare la scalata con una raffica di scatti. All’arrivo si presentano i due spagnoli in compagnia del connazionale Rodriguez e di Chris Froome, con l’Embatido che prevale al fotofinish su Purito. Ottima prova, fra gli italiani, di Eros Capecchi, 7° a 6’’ dal vincitore.

In piacevole controtendenza con il Giro d’Italia e il Tour de France di quest’anno, è bastato attendere il terzo giorno e la prima vera salita per assistere ad un testa a testa tra i favoriti della Vuelta 2012: sulla salita di Eibar, appuntamento fisso del Giro dei Paesi Baschi, è stato Alejandro Valverde ad accendere la miccia a 5 km dal traguardo, salvo poi cedere il proscenio ad un Alberto Contador assetato di rivincita ma forse ancora privo dello smalto dei giorni migliori.
Raramente, infatti, è capitato di vedere tre corridori resistere a ben cinque sparate del madrileno, sia pure prodotte su un’ascesa ripida ma non atroce, e soprattutto dal chilometraggio contenuto (talvolta aiutate però da una moto riprese compiacente). Con il progredire dell’ascesa, è stata netta la sensazione che il pistolero continuasse nelle sue progressioni più con la forza dei nervi e delle motivazioni che con quella delle gambe, sufficiente a levare ogni volta di ruota i comprimari, ma mai tali da mettere in difficoltà lo stesso Embatido e Rodriguez, sempre incollati alla sua ruota, o Chris Froome, che ha preferito non replicare ai cambi di ritmo più bruschi, rientrando sempre con più calma.
La condizione di Contador dovrebbe solo migliorare strada facendo, e non è dunque da escludere che di qui a qualche giorno possano tornare a bastare un paio di scatti per dissuadere dalla replica anche gli avversari più ostici; per il momento, tuttavia, proprio Valverde ha destato l’impressione migliore, dando a tratti – soprattutto nella sezione finale della scalata – l’impressione di aspettare e controllare gli allunghi del vincitore dell’edizione 2008 nonché uomo da battere, installandosi poi in testa al quartetto formatosi al comando – sei volte avvantaggiatosi e cinque volte raggiunto – nel tratto di pianura e discesa finale.
Con Froome tagliato fuori dalle scarse doti di velocista e Contador sfiancato dalla raffica infinita di allunghi (ne abbiamo contati cinque in salita, più uno per chiudere su Valverde e due successivi allo scollinamento), il murciano doveva guardarsi di fatto dal solo Joaquim Rodriguez, sempre sulla difensiva ma mai apparso in affanno nel corso dell’ascesa. Pur marcato a vista, Purito aveva però trovato il varco giusto per infilare l’uomo Movistar, infilandosi all’interno in una curva a destra a 400 metri circa dal traguardo, approfittando poi del toboga finale per frustrare i propositi di rimonta dell’avversario. A vittoria ormai quasi acquisita, JRo ha però compiuto un harakiri ciclistico, smettendo di pedalare ad una cinquantina di metri dal traguardo, forse confidando nella pendenza favorevole, ma senza premurarsi di controllare la posizione di Valverde, che ha invece avuto il merito di provarci fino in fondo. Soprassedendo anche sul colpo di reni, Purito, ancora in vantaggio fino ad un nonnulla dalla linea bianca, ha definitivamente gettato la vittoria alle ortiche, da cui Valverde ha saputo raccoglierla e allegarla alla maglia rossa ormai certa.
Forte dell’ottima performance della Movistar nella cronosquadre inaugurale, Alejandro sfoggerà infatti domani le insegne del primato, in una classifica che ha già assunto una fisionomia quasi da ultima settimana, quantomeno nei nomi di testa. I tre che hanno accompagnato il neo-leader al traguardo occupano infatti la terza, quarta e quinta posizione, con ritardi che vanno dai 18’’ di JRo ai 24’’ Contador, passando per i 20’’ di Froome. A fare da cuscinetto tra sé e i rivali più accreditati, il capoclassifica trova Intxausti, oggi giunto 8°, in mezzo al gruppetto che ha ceduto solo all’ultimo allungo dei più forti.
Fra questi atleti, staccati di 6’’, oltre a Moreno, Mollema, Talansky, Gesink, Roche, Anton, Anacona e Uran, anche un ottimo Eros Capecchi, nettamente il migliore degli italiani. Pessimo, invece, il responso del primo test per Damiano Cunego, appena 37° a 1’28’’ dal vincitore, si spera solo in virtù della scelta di uscire immediatamente di classifica per puntare a successi parziali.
Sempre in ottica Mondiale, vale la pena di segnalare l’inserimento in fuga di Philippe Gilbert, che insieme a Riblon, Carrasco, Zeits, Sijmens, Rollin, Irizar e Ligthart ha dato vita all’azione che ha caratterizzato la tappa dalla prima ora, neutralizzata dal lavoro di Movistar, Sky, Saxo Bank e Omega Pharma poco prima dell’imbocco dell’ascesa finale. Dopo la prova di oggi, tuttavia, vale forse la pena di aggiungere anche il nome di Alejandro Valverde al lotto dei più seri pretendenti alla maglia iridata di Valkenburg.

Matteo Novarini

26 agosto – 9a tappa: Lleida – Andorra (Collada de la Gallina)

VALVERDE, ALTRA VITTORIA ALL’ULTIMO RESPIRO

Dopo aver attaccato per primo, a 3 km dal traguardo, il murciano della Movistar conquista il secondo successo di tappa in questa Vuelta, compiendo insieme a Joaquim Rodriguez una clamorosa rimonta ai danni di Alberto Contador negli ultimi 300 metri. Purito rafforza la leadership, rifilando 15’’ più l’abbuono per il 2° posto ad un Chris Froome molto attivo, ma in netta difficoltà nell’ultimo chilometro.

La Vuelta più bella della storia recente non si smentisce neppure nel quarto arrivo in salita nei primi otto giorni, in vetta alla breve ma ostica Collada de la Gallina. Per la terza volta, il finale si è risolto in un testa a testa fra i quattro pretendenti alla maglia rossa finale, sufficientemente forti e vicini da far dimenticare il non esaltante livello del contorno. A sorridere, come ad Eibar, sono stati soprattutto Alejandro Valverde, vittorioso come in terra basca, e Joaquim Rodriguez, secondo, stavolta senza rimpianti, al termine di una tappa che gli consente finalmente di prendere un minimo di margine sul più diretto inseguitore. Delusi, invece, Chris Froome e Alberto Contador, con quest’ultimo a trarre comunque le indicazioni più confortanti dopo l’allarmante controprestazione di Jaca, dove l’inglese aveva al contrario fornito prova di una brillantezza oggi venuta meno.
Come già nelle due occasioni cui si è accennato, i fantastici quattro si sono contesi, oltre a secondi chiave in ottica maglia rossa, anche il successo parziale, andando a raggiungere negli ultimi e più selettivi duemila metri di scalata Cameron Meyer, ultimo superstite di una fuga della prima ora che comprendeva anche Ramirez, Moinard, Buffaz, Aramendia e Keizer.
Malgrado il dispiegamento di forze del Team Sky, principale quando non unico promotore dell’inseguimento già ben prima dell’imbocco della salita finale, approcciata con il coltello fra i denti dai soliti Uran e Henao, è stato Valverde ad accendere la battaglia, sotto lo striscione dei tre chilometri al traguardo. Il cambio di ritmo è stato abbastanza violento da dissuadere tutti da una replica immediata, ma sono bastate poche centinaia di metri a Froome per riportare sotto Rodriguez, Contador e Moreno, malgrado il murciano della Movistar avesse trovato per qualche istante un gregario improvvisato nell’ex battistrada Ramirez.
Proprio il britannico, dopo qualche istante di studio, ha allungato in prima persona ad un paio di chilometri dal termine, trovando una resistenza convincente da parte del solo Contador. Il madrileno, però, ha rifiutato qualsiasi richiesta di collaborazione, malgrado sia Valverde sia il capoclassifica apparissero decisamente in affanno, costretti a mettersi al traino di Moreno per provare a rifarsi sotto. Vanificato così il vantaggio acquisito, gli stessi Froome e Contador sono stati costretti a replicare ad un affondo di Purito, prima che il leader Sky provasse una seconda volta poco dopo il triangolo rosso, stavolta con esito ben più modesto.
Forse proprio la minor incisività dell’accelerazione del nativo di Nairobi ha indotto Alberto – sino a quel momento insolitamente passivo – a provarci in prima persona, a 700 metri dalla linea bianca. Rodriguez e Valverde hanno ancora una volta delegato la risposta ad un Froome però chiaramente in riserva; soltanto a 300 metri dal traguardo i due spagnoli hanno realizzato che stavolta avrebbero dovuto far tutto da soli, quando il pur secco cambio di passo di JRo pareva ormai fuori tempo massimo. Sul più bello, tuttavia, per il battistrada si è improvvisamente spenta la luce, proprio mentre Valverde rilanciava ulteriormente l’andatura, scavalcava Rodriguez e andava in caccia del leader. Contador era ancora al comando all’ultimo tornante, ad una cinquantina di metri scarsi dallo striscione; nulla, in condizioni normali, ma la rampa di garage in cima alla quale era piazzato l’arrivo li ha resi sufficienti per consentire il sorpasso ai suoi danni tanto dell’Embatido quanto di Purito.
Costretto ad accontentarsi del terzo gradino del podio e a rinviare il ritorno alla vittoria dopo lo stop, l’uomo Saxo Bank potrà consolarsi con la riconquista dell’ideale scettro di favorito della corsa, per qualche giorno passato (non a detta tutti, per la verità) nelle mani di Froome: l’inglese ha infatti accusato qualcosa come 15’’ negli ultimi 300 metri, scivolando a 33’’ da Rodriguez in classifica generale, e conservandone appena sette e diciassette, rispettivamente, su Contador e Valverde, i più in difficoltà a Jaca.
Se i primi quattro restano comunque raccolti in meno di un minuto, e i rapporti di forza continuano a mutare da un giorno all’altro, non accenna invece a diminuire il gap fra questi e il resto del gruppo, anche oggi ben più evidente di quanto non dicano i 23’’ accusati da un comunque ottimo Moreno e i sei corridori giunti fra i 33 e i 44 secondi di distacco. Gesink continua ad occupare la piazza alle spalle dei papabili vincitori in classifica generale, attardato di 1’51’’, ma la sensazione è che l’olandese, mai in crisi ma sempre lontano dal dare l’idea di potersela giocare con i primi, sia destinato ad un piazzamento in top 10 – forse in top 5 – all’insegna dell’anonimato. Meglio allora i più altalenanti Moreno e Roche, 6° e 7°, non abbastanza continui ma capaci saltuariamente di dire la loro.
Si avvicinano intanto alla soglia ideale della 10a posizione Eros Capecchi, che già vi sarebbe ampiamente dentro senza la caduta di martedì, e un sorprendente Rinaldo Nocentini, oggi migliore degli italiani con un 13° posto a 1’02’’, 4’’ meglio dell’umbro della Liquigas. Molto allarmante, invece, l’ennesima prestazione incolore (aggettivo oggi eufemistico) di Damiano Cunego, 141° ad oltre 16’, a meno di un mese dal Mondiale di Valkenburg.

Matteo Novarini

Valverde alza le braccia dopo la vittoriosa rimonta sulla Collada de la Gallina (foto AFP)

Valverde alza le braccia dopo la vittoriosa rimonta sulla Collada de la Gallina (foto AFP)

DAVIDE REBELLIN, RICORDO DI UN TIFOSO

dicembre 5, 2022 by Redazione  
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Abbiamo chiesto ad un nostro ex collaboratore tifoso di Rebellin, Francesco Gandoldi, di scrivere un ricordo del corridore veneto tragicamente scomparso alcuni giorni or sono. Ve lo proponiamo come ultimo omaggio a Davide.

Quando si piange ogni ricordo è una lacrima.
Sto completando una prova di chimica, è la primavera della mia quarta superiore. Sento un sibilo, la ruota della mia carrozzina si è forata. Interrompo il compito e torno a casa.
Durante il viaggio di rientro sono spento, atterrito. Ma penso solo al pomeriggio. Almeno c’è la Freccia Vallone, dico, anche se è impossibile che vinca.
Negli ultimi 300 metri del Muro di Huy il “vecchio” però c’è ancora e inizia con garbo quella progressione potente che, sugli strappi più arcigni, lo rendono tremendo.
Vince Rebellin e con lui vinco un po’ anch’io. È la sua terza Freccia Vallone, ha quasi 38 anni. È l’aprile 2009.
Ho conosciuto Davide nel dicembre 2010 grazie a ilciclismo.it. Mi telefonò poco prima di Natale, facendomi gli auguri. Avevo 18 anni: fu un brivido al cuore!
Per me lui era la tenacia irriducibile, il coraggio del riscatto, la resistenza alle fatiche, la severità nella preparazione, la sapienza nel dominare lo sforzo, la vocazione nella professione.
Vederlo gareggiare mi spronava a non cedere, a imitarlo nel non mollare mai la presa prima del traguardo.
Ricordo che era impaziente di riprendere l’attività, avvertivo la grinta e la fiducia per il nuovo anno, dopo due interminabili e strazianti stagioni di sosta forzata dalle corse.
Dopo qualche altra chiamata al telefono ho potuto conoscerlo meglio su Facebook, dove ci siamo scritti in varie occasioni. Sempre aperto al dialogo e generoso, anche con un semplice appassionato come me. Non l’ho mai sentito rancoroso verso il proprio mondo, non una parola animata da spirito vendicativo, nonostante il cieco ostracismo che lo aveva colpito dopo la sospensione del 2009 pesasse cupo sul suo animo. Ma Davide si era allenato a non abbattersi e a rilanciare. Sono arrivate così alcune tra le vittorie più preziose, perché maggiormente sofferte e volute: la Tre Valli Varesine a pochi mesi dal rientro alle competizioni nel 2011, premiato sul palco dal maestro Alfredo Martini, quindi tre anni più tardi il Giro dell’Emilia, dove ha saputo domare per l’ultima volta il suo San Luca, quindi l’anno successivo la Coppa Agostoni davanti ad un Nibali arrembante e al massimo della condizione.
Sempre tramite Facebook ho avuto l’occasione di incontrare sua moglie, una persona gentile e delicata, che lo supportava con passione e dedizione assoluta in ogni sua iniziativa e unita a lui anche nell’amore profondo verso gli animali.
Negli ultimi anni, da quando non sono più iscritto ai social, non avevamo più avuto contatti.
Posso dire che lui era l’atleta, colui che sa vincere il dolore. E riusciva a trasmettere questa forza eccezionale, fisica e mentale, a chi ne seguiva la carriera e la vita.
Mi diceva che in corsa la mente vale quanto le gambe. Sapendo del mio handicap questo era uno stimolo caloroso e discreto a potenziare al massimo i punti di forza e a non farsi troppo condizionare dai propri limiti.
Mi scriveva che per lui la vita da ciclista non era un sacrificio ma una gioia. Mi riferiva: meglio secondo che terzo, meglio arrivare ultimo che ritirarsi. Bisogna portare prima onore alla squadra e poi pensare a se stessi. Insegnamenti veri, che valgono sempre.
Ero in seconda media, nel 2005, quando iniziò a trapelare la notizia di un suo possibile ritiro dalle competizioni. Ha smesso di competere quest’anno, quando sto per laurearmi per la seconda volta.
Durante gli ultimi 15 anni di carriera è stato considerato vecchio. Sempre dagli altri, però.
Mi raccontava di avere lo stesso attaccamento per il ciclismo di quando aveva debuttato nel 1992, anzi forse ancora di più, perché “oggi so come bisogna correre” e perciò “ho imparato a divertirmi, senza pressioni”.
Nessuno comprendeva quanto Davide che l’agonismo non è un fatto sportivo, un dato anagrafico, ma uno stato d’animo.
L’agonismo è il debito che ognuno paga al destino.

Francesco Gandolfi

VALVERDE STORY – CAPITOLO 10: UN’ALTRA MACCHIA, POI LE FATICHE DEL TOUR

dicembre 4, 2022 by Redazione  
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Un’altra piccola macchia arriva ad adombrare lo stellone di Valverde che, scontata la squalifica per il coinvolgimento nell’Operación Puerto, ritorna alla corse alla sua maniera imponendosi, dopo la già rammentata tappa regina del Tour Down Under, in una frazione della Parigi-Nizza e nella classifica generale della Vuelta a Andalucía, che vince per la prima volta in carriera (alla fine saranno 5, tante quanto la Freccia Vallone).Ma è proprio nelle tanto attese classiche del nord che commette il secondo e ultimo inciampo della sua carriera perché, oltre a non brillare come al solito (22° all’Amstel, 46° alla “Flèche”), viene squalificato alla Liegi per traino. Uscito con le classiche pive del sacco dalla corse di primavera ora il murciano mette l’obiettivo sul Tour, ma nemmeno qui va come sperato, a cominciare dal cronoprologo di Liegi che lo vede partire con il piede sbagliato e terminare in 116a posizione con 35” di ritardo da Fabian Cancellara. È un gap destinato a dilatarsi, tra i 2 minuti persi per una caduta di gruppo nella tappa di Metz e i pesanti distacchi patiti sulle salite dei Vosgi prima e delle Alpi poi. Quando oramai il ritardo dalla maglia gialla Chris Froome è oramai abissale, superiore alla mezz’ora, ritrova la pedalata giusta nell’ultima tappa pirenaica, nella quale va in fuga da lontano e riesce a precedere il britannico di una ventina di secondi sul traguardo di Peyragudes.

19 luglio 2012 – 17a tappa: Bagnères-de-Luchon – Peyragudes

REDIVIVO VALVERDE, FROOME ”RISPARMIA” WIGGINS

Il murciano autore fin qui di un Tour al di sotto delle attese conquista al termine di una lunga fuga la frazione pirenaica di Peyragudes davanti ai due uomini del team Sky, con il 27enne nativo di Nairobi che avrebbe potuto agevolmente staccare la maglia gialla e vincere la tappa ma rimane accanto al suo capitano. Giornata non brillantissima per Nibali che comunque limita i danni e ipoteca definitivamente il podio di Parigi.

La due giorni pirenaica di un Tour piuttosto avaro di grandi montagne si è conclusa con la frazione di 143,5 km da Bagnères-de-Luchon a Peyragudes, caratterizzata dal duro Col de Mentè in avvio, da una fase centrale di transizione con il pedalabile Col des Ares e la brevissima Côte de Burs e da un gran finale con in rapida successione il Port de Bales, ascesa più dura di giornata con i suoi 11 km al 7,7% e pendenze in doppia cifra in prossimità della vetta, e il Peyresourde prima di 3 km in discesa e altrettanti nuovamente in salita verso il traguardo. Malgrado i continui scatti nessuno è riuscito ad avvantaggiarsi nel tratto iniziale pianeggiante e il gruppo è arrivato compatto ai piedi del Col de Mentè lungo il quale ha iniziato a piovere, anche se nel prosieguo della tappa le condizioni meteo sono migliorate, e si sono avvantaggiati una trentina di atleti tra cui Valverde (Movistar), Menchov (Katusha), Monfort (RadioShack), Vanendert (Lotto-Belisol), il 9° della generale Rolland (Europcar) e i duellanti per la maglia a pois Kessiakoff (Astana) e Voeckler (Europcar), che è transitato in vetta davanti allo svedese incrementando il proprio margine che alla vigilia era di 4 punti: in ogni caso il Team Sky con uno strepitoso Boasson Hagen a scandire il ritmo non ha lasciato spazio annullando il tentativo proprio in vista dello scollinamento e l’andatura dal norvegese ha mietuto parecchie vittime, la più illustre delle quali il 5° della generale Zubeldia (RadioShack), che in cima accusava un ritardo intorno al minuto dal gruppo maglia gialla ridotto a una trentina di unità. Nella successiva discesa si sono rimescolate le carte con Voeckler e Kessiakoff che hanno proseguito nell’azione insieme a Valverde e Rui Costa (Movistar), Péraud (Ag2r), Martinez (Euskaltel), Casar (Fdj) e addirittura Nibali (Liquigas), che ha approfittato della sua abilità con la strada bagnata per avvantaggiarsi: naturalmente il Team Sky ha inseguito a tutta il siciliano che dopo un breve conciliabolo con Valverde si è lasciato riprendere dal gruppo, che ha in seguito dato via libera al resto dei fuggitivi che hanno potuto guadagnare intorno ai 2′, e del rallentamento hanno approfittato tutti gli uomini rimasti staccati in salita per rientrare.
Alla formazione della maglia gialla la fuga stava benissimo e prima che il vantaggio del gruppetto di Valverde si dilatasse troppo si sono lanciati al loro inseguimento Azanza e Izagirre (Euskaltel), Stortoni (Lampre), Kadri (Ag2r), Hoogerland (Vacansoleil), Ten Dam (Rabobank), Plaza (Movistar), Soerensen (Saxo Bank), Vinokourov (Astana), Leipheimer (Omega-QuickStep) e Weening (Orica-GreenEdge), molti dei quali peraltro già all’attacco nella tappa di ieri, che poco dopo il Col des Ares, in cima al quale così come sulla successiva Côte de Burs Voeckler è sempre transitato per primo davanti a Kessiakoff, si sono portati sugli uomini di al comando: in testa al gruppo le maglie verdi della Liquigas hanno preso il posto di quelle nere della Sky con Nibali intenzionato a conquistare il successo parziale e anche Sagan ormai sicuro della sua maglia verde che si è messo a disposizione del messinese e il vantaggio del gruppo di testa, di cui non faceva più parte Soerensen che rimasto vittima di una caduta è stato riassorbito dal plotone ha costantemente oscillato tra i 2 e i 3′ nel tratto di trasferimento verso del Port de Bales.
Nei km immediatamente precedenti l’inizio della salita hanno preso un leggero margine Izagirre, Azanza, Kadri e Plaza ma lungo l’ascesa si è prodotta una selezione naturale al termine della quale è venuto fuori Valverde che si è involato in solitudine inseguito da Martinez e Rui Costa e poco più indietro da Kadri e Leipheimer mentre tutti gli altri sono stati lentamente ma inesorabilmente inghiottiti dal gruppo; ci si attendeva già in questa salita un attacco di Nibali ma il siciliano si è mantenuto a ruota di Nerz e Basso con il giovane tedesco che ha scandito un ritmo in linea con quello di Valverde, e in cima il gruppo maglia gialla composto da circa 25 corridori con tutti gli uomini di classifica, compreso un Zubeldia in ripresa rispetto al Col de Mentè, è scollinato con un distacco di 2′ dal murciano, leggermente aumentato nella successiva discesa.
Per riprendere lo spagnolo era necessario che Nibali attaccasse fin dai piedi del Peyresourde ma, una volta esauritosi il lavoro di Nerz, si è portato al comando Basso con un ritmo non sostenutissimo che ha fatto sì che Scarponi (Lampre), l’unico italiano ancora presente con i migliori accanto ai due Liquigas, Zubeldia, Evans (Bmc) e Brajkovic (Astana) perdessero contatto e che tutti gli uomini ancora inframezzati tra Valverde e il gruppo dei big venissero ripresi, ma che non era sufficiente per riprendere il leader della Movistar: era questo il chiaro segnale che lo Squalo dello Stretto non era in grande giornata e ad accorgersene per primo è stato Van den Broeck (Lotto-Belisol), il suo più diretto avversario per un posto sul podio, che dapprima ha lanciato Vanendert e successivamente si è mosso in prima persona seguito prontamente da Rolland (Europcar) e Pinot (Fdj), con Nibali che seppur a fatica è riuscito a riportarsi sotto marcato stretto da Froome e Wiggins e con a ruota anche Van Garderen (Bmc) e Horner (RadioShack) che hanno scollinato in cime al Peyresourde a poco più di 1′ da Valverde che iniziava ad accusare pesantemente la fatica.
Ingolositi dal successo di tappa a portata di mano e dalla possibilità di distanziare Nibali i due uomini del Team Sky hanno preso in mano la situazione e all’inizio dello strappo finale verso Peyragudes Froome ha prodotto una violenta accelerazione alla quale ha retto inizialmente il solo Wiggins, che però come già nel finale della tappa di La Toussuire è stato in seguito incapace di rimanere a ruota del compagno di squadra, di gran lunga il corridore più forte visto in azione in questo Tour: il britannico nato in Kenya avrebbe potuto saltare agevolmente Valverde e guadagnare talmente tanto sulla maglia gialla da mettere in discussione il successo finale ma, ligio agli ordini di scuderia, si è letteralmente fermato ad attendere il suo capitano e i due sono arrivati insieme al traguardo a 19” dallo spagnolo, che dopo due settimane deludenti aveva già dato segnali di ripresa nella tappa di ieri e che conquista un successo parziale alla Grande Boucle che gli mancava dal 2008, quando si impose in quel di Plumelec. 4° a 22” ha chiuso un Pinot brillantemente ripresosi dopo i problemi fisici che ne avevano condizionato il rendimento nei giorni scorsi, 5° e 6° a 26” Rolland e Van den Broeck, 7° a 37” un Nibali che ha comunque limitato al minimo i danni, 8° a 54” Van Garderen che ha messo in ghiaccio la sua maglia bianca, 9° a 1′02” Horner e 10° a 1′11” Daniel Martin (Garmin), con Evans 18° a 2′10” e Zubeldia 22° a 3′17”: distacchi dunque più contenuti del previsto che consegnano una classifica generale che vede Wiggins in testa con 2′05” su Froome, 2′41” su Nibali, 5′53” su Van den Broeck, 8′30” su Van Garderen e 9′57” su Evans e che difficilmente cambierà almeno per le prime tre posizioni nella maxi-crono di Chartres del penultimo giorno; prima però i corridori dovranno affrontare la 18a tappa, 222,5 km vallonati da Blagnac a Brive-la-Gaillarde che si prestano a una fuga da lontano anche se non è da scartare neppure l’ipotesi di una volata di gruppo.

Marco Salonna

Unica gioia per Valverde sulle strade del Tour 2012, il murciano vince il tappone pirenaico di Peyragudes (foto Bettini)

Unica gioia per Valverde sulle strade del Tour 2012, il murciano vince il tappone pirenaico di Peyragudes (foto Bettini)

VALVERDE STORY – CAPITOLO 9: CUCÙ, SONO TORNATO

dicembre 3, 2022 by Redazione  
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Se guardate il palmares di Valverde troverete un “buco” nell’elenco delle sue vittorie, un vuoto di due anni che è l’unica macchia della sua travolgente carriera. A imporre questa battuta d’arresto è il Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna che si muove con dodici mesi di ritardo rispetto al CONI, che per il coinvolgimento del murciano nell’Operación Puerto, l’inchiesta sul doping che aveva nel 2006 terremotato il ciclismo spagnolo (e non solo), nel 2008 lo aveva “bandito” dalle corse disputate sul suolo italiano. Il 31 maggio 2010 il TAS stabilisce così un periodo di sospensione di due anni, retroattivo per quel che riguarda la stagione in corso e così vengono cancellate con un colpo di spugna le cinque vittorie conseguite nella prima parte dell’anno, tra le quali la prestigiosa affermazione nella classifica generale del Giro di Romandia, mentre non vengono annullati i successi ottenuti negli anni precedenti, sebbene ci siano delle richieste in tal senso. Per tornare a riappendersi un numero di gara sulla schiena Valverde deve così attendere il 17 gennaio del 2012, giorno della partenza del Tour Down Under. E subito dimostra di esser tornato ai suoi livelli imponendosi nella tappa più impegnativa della corsa australiana, quella con l’arrivo in salita a Willunga Hill, fallendo di un amen la conquista della classifica generale, nella quale farà registrare il medesimo tempo del corridore di casa Simon Gerrans, considerato vincitore assoluto in virtù di un miglior piazzamento nella classifica a punti.

VALVERDE-GERRANS, LOTTA SUL FILO DI LANA

I due grandi favoriti del Tour Down Under si danno battaglia sul muro di Willunga Hill con il murciano che la spunta in volata ma nella classifica generale il neocampione australiano lo precede per la somma dei piazzamenti. Tutto si deciderà dunque nella frazione conclusiva di Adelaide

Le prime quattro frazioni del Tour Down Under si sono rivelate molto più impegnative del previsto vuoi per la velocità sostenuta, vuoi per le condizioni atmosferiche con caldo e forte vento e vuoi perchè a metà gennaio molti corridori sono ancora all’inizio della preparazione ma di grandi difficoltà altimetriche non ce ne sono state, a differenza della quinta tappa che con il suo arrivo a Willunga Hill in cima a uno strappo di 3 km al 7,6% di pendenza media era quella che sulla carta avrebbe deciso la classifica generale. La corsa è vissuta sulla fuga di O’Grady (GreenEdge), Miyazawa (Saxo Bank), Haas (Garmin), Fenn (Omega-QuickStep), Goddaert (Ag2r) e un De Gendt (Vacansoleil) uscito dalle zone alte della generale per via della debacle nella frazione di Tanunda: l’emergente olandese era comunque il miglior piazzato tra i battistrada con un ritardo di 7′51” dalla maglia ocra Kohler (BMC) ed è per questo che la formazione del leader ha fatto in modo che il distacco del gruppo si mantenesse intorno agli 8′, con il chiaro intento di non perdere il primato ma soprattutto quello di far sì che la fuga arrivasse al traguardo in modo che atleti come Valverde (Movistar) e Gerrans (Ag2r), decisamente più avvezzi di Kohler ad ascese come quella degli ultimi 3 km, non potessero prendere secondi di abbuono.
Naturalmente le altre squadre non sono state a guardare e la Movistar e la RadioShack di Machado, altro uomo molto adatto al finale, hanno preso il comando delle operazioni iniziando a ridurre il gap dai basttistrada e riuscendo anche complice il vento laterale a spezzare il gruppo in diversi tronconi: per un certo tratto davanti sono rimasti una trentina con Lloyd (Lampre) unico tra i nomi di punta rimasto attardato ma più avanti il plotone si è ricompattato. Sul primo dei due passaggi a Willunga Hill quando mancavano 30 km alla conclusione Haas, vincitore nella passata stagione della Japan Cup, è riamsto solo al comando ma dopo lo scollinamento è stato raggiunto da un gruppo che il forcing di Lopez (Movistar) aveva ridotto a non più di 25 unità.
Il gruppetto si è mantenuto compatto fino a 4 km dal traguardo quando hanno preso il largo Machado, Pate (Sky), il sempre attivissimo Dennis (nazionale australiano) e Gutierrez (Movistar) che aveva però la funzione di stopper per favorire Valverde: sulle prime rampe dello strappo finale Dennis e Machado sono rimasti soli al comando ma sotto il triangolo rosso dell’ultimo km sono stati ripresi da Valverde, Gerrans, Bakelandts (Radioshack), Boasson Hagen e il redivivo Rogers (Sky) e Javier Moreno (Movistar) mentre Kohler pur lottando strenuamente non ce l’ha fatta a rimanere con questi uomini. Rogers ha tentato di partire lungo ma in breve Gerrans e Valverde hanno fatto la differenza con il murciano che è uscito dalla scia dell’australiano e lo ha beffato negli ultimi metri, iniziando con il piede giusto la sua stagione di rientro alle gare dopo la lunga squalifica. Machado è giunto 3° a 2”, Rogers 4° a 4”, Dennis 5° a 7”, un comunque convincente Boasson Hagen 6° a 12” e Moreno e Bakelandts 7° e 8° a 13” mentre vanno segnalati l’11° posto a 29” di Matthews (Rabobank) che dimostra di non essere solo uno sprinter, il 17° a 1′18” di Kohler e il 19° a 1′50” di un Ballan (BMC) che appare bene avviato nel suo cammino di avvicinamento al top della forma per le classiche del Nord.
In classifica generale Gerrans e Valverde hanno ora lo stesso identico tempo con Machado a 8”, Rogers e Dennis a 14” e Boasson Hagen a 18”: il circuito della frazione conclusiva di Adelaide è piatto come un biliardo ma non mancherà lo spettacolo con i due uomini di testa che si daranno battaglia negli sprint intermedi e in quello finale con l’australiano che può contare sul fatto che in caso di arrivo a pari tempo vanta una somma di piazzamenti migliore rispetto a quella dello spagnolo e avrebbe quindi la meglio.

Marco Salonna

La sfida tra Valverde e Gerrans sul traguardo di Willunga (Photo: © Mark Gunter/Cyclingnews)

La sfida tra Valverde e Gerrans sul traguardo di Willunga (Photo: © Mark Gunter/Cyclingnews)

VALVERDE STORY – CAPITOLO 8: FINALMENTE LA VUELTA (L’ULTIMO AMARILLO)

dicembre 2, 2022 by Redazione  
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Il regno di Valverde è solido ma non troppo alla Vuelta 2009. Alla vigilia delle ultime due tappe decisive, la frazione di Segovia con la doppia ascesa al Puerto de Navacerrada e la cronometro di Toledo, il murciano ha soli 32 secondi di vantaggio sull’olandese Robert Gesink e 1’10” sul connazionale Samuel Sánchez, passista scalatore che nel 2007 si era imposto nell’ultima crono della Vuelta. Bisogna provare a mandarli in crisi e il tentativo riesce con il primo, che termina la tappa di Segovia con più di 4 minuti di ritardo da Valverde, secondo al traguardo almeno fino al 2019, anno nel quale l’UCI sancirà la squalifica retroattiva per doping del vincitore di quella tappa e dell’edizione 2011 della Vuelta (che sarà assegnata postuma a Chris Froome), lo spagnolo Juan José Cobo. Nella crono Sánchez riuscirà, invece, a far meglio di Valverde, strappandogli però solo mezzo minuto e lasciando definitivamente la maglia amarillo sulle spalle per 55 secondi. E l’Embatido passerà alla storia anche per essere stato l’ultimo a indossarla perché dall’anno successivo l’organizzazione stabilirà che il leader della classifica vestirà di rosso e il primo a farlo a Madrid sarà un italiano, Vincenzo Nibali.

18 Settembre 2009 – 20a tappa: Ávila – Segovia

COBO, DA ACE(R)BO A MATURATO

Nell’ultima occasione utile per provare a smuovere dal potere Alejandro Valverde, gli uomini di classifica rimangono piuttosto abbottonati e pensano esclusivamente a difendersi. E allora è il turno di Juan Jose Cobo Acebo che, sull’ultimo strappetto saluta la compagnia e guadagna quei 50 metri sufficienti per vincere la tappa. Affonda Gesink, Basso controlla mentre impressiona in positivo anche oggi Paolo Tiralongo.

Doveva e poteva essere l’ultima chance per far saltare il banco a questa Vuelta ma nessuno ha voluto/potuto affondare il coltello nella piaga e allora tutto è rimasto esattamente uguale a questa mattina alla partenza da Avila. Oddio, proprio tutto no. Se Valverde è contento che nessuno ha attaccato la sua leadership, è ancora più contento della debacle di Robert Gesink che è passato dall’essere l’uomo più vicino allo spagnolo (31 secondi appena) a lottare domani a Toledo per rimanere nei primi 10 (adesso è a cinque minuti e mezzo) e il murciano ringrazia sentitamente. Con questo mini-ribaltone sale al secondo posto Samuel Sanchez e al terzo Ivan Basso. Vedremo quello che domani il varesino riuscirà a fare, ma chiudere in bellezza sarebbe un bel segnale anche in vista di Mendrisio.
Ma i bei segnali arrivano anche da Paolino Tiralongo che, dopo una vita a tirar la carretta a Damiano Cunego, in questa Vuelta ha finalmente avuto l’occasione e le gambe, per una volta in carriera, di stare con i migliori fin sotto il traguardo e non solo fino ai meno cinque chilometri dal traguardo. E così, prima da scudiero del veronese nelle due tappe conquistate, e adesso da solo, il siciliano, assieme a Samuel Sanchez, è stato colui che c’ha creduto di più nel finale per andare a riprendere Cobo ma senza riuscirvi. Adesso, complice la disfatta di Gesink, va ad issarsi al 6° posto classifica. Vedremo se lo saprà difendere.
Nella prima parte di frazione, quella più pianeggiante, se ne va la fuga di giornata: non sono i soliti 16 dei giorni scorsi ma soltanto tre, vale a dire Christophe Riblon (Ag2r), Daniel Martin (Garmin) e Eduard Vorganov (Xacobeo-Galicia). I tre viaggiano di comune accordo e raggiungono un vantaggio massimo superiore ai sette minuti. Il gruppo controlla, con la Caisse d’Epairgne del capo classifica Valverde a tenere alto il ritmo per non lasciarli scappare più di tanto: oggi si punta anche al successo di tappa. Con i fuggitivi che reggono per un centinaio di chilometri, il primo colpo di scena arriva sulle rampe che portano alla vetta (1.785m) del Puerto de la Morcuera che fa la vittima illustre, vale a dire Robert Gesink che non riesce ad esprimersi al meglio dopo la caduta nella tappa di due giorni fa. L’olandese della Rabobank sperava di resistere al ritmo dei Caisse ma ben presto si accorge di doversi fare da parte e tralasciare tutte le sue ambizioni di successo finale.
Come ieri ad Avila, anche oggi a La Granja a farla da padrone è il freddo e la pioggia, per una Spagna che, nonostante la fine di settembre, non è stata certo calda e accogliente come in passato. Intorno ai meno 30 dalla fine la fuga viene annullata e in contropiede provano ad andarsene Hoogerland (Vacansoleil), Kolobnev (Saxo) e Martinez (Xacobeo), ma il gruppo li tiene per un po’ ad una ventina di secondi, in assoluto controllo. All’inizio dell’ultima salita, la seconda scalata al Puerto de Navacerrada, c’è tutta l’Euskaltel davanti per provare a far dura la corsa e favorire un eventuale scatto di SSG. E, di fatti, poco dopo metà salita è proprio il basco a rompere gli indugi e scattare secco in faccia agli altri: Gesink ha già mollato definitivamente e alla sua rasoiata riescono comunque a rispondere Valverde, Basso, Evans e Mosquera. Dopo la sfuriata qualcuno riesce a rientrare e quasi in cima è proprio Cobo a provare l’allungo e alle sue spalle si fionda subito Sanchez. Il gruppetto si ricompone pronti a giocarsi la tappa, con un occhio di riguardo alla discesa visto il fondo reso viscido dalla pioggia. Ai meno cinque ci prova Mosquera ma c’è l’ombra di Valverde, Daniel Moreno, che rintuzza subito l’attacco. Ed allora ecco che ai meno quattro ci prova con decisione Tiralongo ma ancora una volta Moreno chiude. Il momento decisivo, quindi, è ai 2000 metri dalla fine quando parte Juan Cobo Acebo con uno scatto perentorio al quale il gregario della Caisse d’Epairgne non riesce a replicare. L’uomo della Fuji prende subito quei 5-6 secondi che gli consentiranno di guardarsi le spalle tre volte nel rettilineo d’arrivo e di alzare comodamente le braccia al cielo, mentre dietro di lui Valverde non voleva lasciare nemmeno le briciole andandosi a prendere la piazza d’onore, con Evans a chiudere il podio.
Domani ventesima e penultima tappa: la crono decisiva. 27,5km nei dintorni di Toledo. Di primo acchito, sembra un percorso da specialisti con lunghi tratti di falsopiano e un’unica salitella (ma non Gpm) poco dopo metà percorso. Il vantaggio di Valverde sembra rassicurante e forse il murciano, a questo punto, la può solo perdere questa Vuelta.

Saverio Melegari

19 Settembre 2009 – 21a tappa: circuito a cronometro di Segovia

VALVERDE CONSACRATO NELLA TAPPA DI MILLAR

Millar conquista la seconda crono alla Vuelta dopo la squalifica, lo fa mentre la corsa spagnola incorona Valverde come corridore per grandi giri dopo le tante debacle e in una tappa che vede Samuel Sanchez rosicchiare qualche secondo al leader della generale ed assestarsi sul secondo gradino del podio. Al terzo si issa Evans che con una discreta prova scavalca Ivan Basso.

L’ultima tappa decisiva della Vuelta, prima della passerella conclusiva di domani a Madrid, assesta definitivamente la classifica generale che ora vede in amarillo Valverde (Caisse d’Epargne), finalmente sul gradino più alto del podio dopo anni in cui una debacle giornaliera lo relegava a battagliare per le posizioni di rincalzo nei GT. Un prevedibile secondo posto per il connazionale Samuel Sanchez (Euskaltel) che nella tappa odierna rosicchia 30” al leader della generale, al Murciano restano comunque 55” in vista della tappa conclusiva: una formalità. Il basco ha concluso un’ottima cronometro facendo solo 5” peggio del vincitore Millar (Garmin). Il cronoman inglese ha chiuso in meno di 36’ coprendo i 29km del percorso ad una media stratosferica di 46km/h guadangnando negli ultimi 19km più di 1’ a Gilbert (Silence) che sorprendentemente deteneva il miglior primo intertempo. Come prevedibile il belga già dopo 19km finiva per naufragare nelle posizioni di rincalzo a mezzo minuto dal leader Millar, dietro al britannico e al basco: Evans (Silence) che con una buona prova scalza l’italiano Ivan Basso e si appresta a salire sul gradino più basso del podio domani nella capitale spagnola. Al varesino rimanevano appena 14” da gestire nella tappa odierna, ma l’italiano, discreto cronoman prima della squalifica, non riesce a fare meglio del 18° posto a 1’03” da Millar e 54” dall’avversario diretto Evans. Basso scende quindi al quarto posto davanti a Mosquera (Xacobeo) 64°oggi. Più indietro Gesink (Rabobank) vittima di una caduta due giorni or sono che lo ha fatto scivolare dal terzo al sesto posto, quindi Rodriguez (Caisse d’Epargne) che grazie alla prestazione di oggi si riprende il settimo posto che ieri gli aveva rubato Tiralongo (Lampre). Chiudono la top ten Deignan (Cervelo) e Cobo (Fuji).
Per Evans un terzo posto nella generale così come nella cronometro “conclusiva”, a 9” da Millar e 4” da Samuel Sanchez. Per l’australiano una maledizione che non gli consente di fare meglio del podio nei grandi giri, dopo una sfilza di secondi posti eccoarrivare questo terzo gradino del podio, salvo sorprese, e forse fine delle speranze. Per molti questa era l’ultima chiamata per un corridore classe ’77.
Nella calda Toledo, sovrastata da un sole battente, Valverde ha gestito bene tutta la gara chiudendo al settimo posto lasciando al migliore circa 1” e mezzo al km per tutta la tappa, segno di una maturità ormai raggiunta e di una forma fisica importante che lo potrà rendere uno dei protagonisti dei prossimi mondiali di Mendrisio. Davanti a lui oggi si sono piazzati Cesar Veloso (Xacobeo) quarto autore di una “signora crono” sempre nelle prime posizioni fina dai chilometri iniziale, Kreuziger (Liquigas) e Gilbert (Silence) che dopo l’exploit di inizio gara ha pagato 34” sul traguardo, dietro al murciano, invece, chiudono nei dieci Herrero (Xacobeo) 1” dopo il connazionale, nono Del Nero (Fuji) e decimo Westra (Vacansoleil). Basso 18° primo italiano e per vedere Tiralongo bisogna scendere di altre 52 posizioni fino alla 70° piazza. Da lui non ci si aspettava di certo una grande crono e l’ottavo posto nella generale è davvero la bella sorpresa di questa Vuelta. Ci riserviamo lo spazio per fare i complimenti a tutti i corridori, per l’impegno e per la fatica prima ancora che per le prestazione, il tutto nonostane una Vuelta un po’ amara di emozioni, qualcuno direbbe “poche ma buone” anche se noi preferiremmo la filosofia del “viva l’abbnondanza”, ma in un momento di crisi bisogna accontentarsi di tutto.

Andrea Mastrangelo

Valverde veste per lultima volta la maglia amarillo sul podio di Madrid (foto Bettini)

Valverde veste per l'ultima volta la maglia amarillo sul podio di Madrid (foto Bettini)

CIAO DAVIDE, SALUTACI MICHELE!

dicembre 1, 2022 by Redazione  
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La redazione de ilciclismo.it si stringe alla famiglia Rebellin per la tragica scomparsa di Davide. Un abbraccio anche a tutti gli appassionati di ciclismo e ai suoi tifosi (e in particolare al nostro ex collaboratore Francesco).

Davide, ora correrai in eterno tra gli angeli.

E non dimenticare di salutarci Michele

VALVERDE STORY – CAPITOLO 7: ALLA VUELTA CON IL DENTE AVVELENATO

novembre 30, 2022 by Redazione  
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Non ha l’animo serenissimo Alejandro Valverde al via della Vuelta 2009. Il coinvolgimento nell’Operación Puerto, la squalifica inflittagli dal CONI che gli ha impedito di correre il Tour e un’altra che piombargli tra capo e collo ad opera dell’UCI lo motivano ulteriormente a far bene in una corsa che insegue fin dal primo anno di professionismo. Se la sua prima Vuelta, nel 2002, si era conclusa anzitempo con un ritiro, al secondo anno si fa subito notare vincendo due tappe di montagna e concludendo la corsa sul podio, 3° a quasi due minuti e mezzo dal connazionale Roberto Heras. Sarà poi quarto nel 2004 e secondo nel 2006, quando per poco più di un minuto avrà la meglio il kazako Aleksandr Vinokurov. Dopo il quinto posto nel 2008 e la fresca vittoria al Delfinato ora Valverde sente che è arrivato il suo turno e la prima parte di corsa sembra dargli ragione. Non vince tappe, ma prende la maglia di leader per soli 7 secondi sulle aspre pendenze di Xorret de Catí e incrementa il suo dominio sulle sierre andaluse: quando mancano sette giorni alla conclusione ha 31 secondi di vantaggio sull’olandese Robert Gesink e 1’10” sul connazionale Samuel Sánchez

7 settembre 2009 – 9a tappa: Alcoi – Xorret de Catí

PING-PONG AUSTRO-SPAGNOLO: VALVERDE BATTE EVANS 7-2

Proprio come una partita di ping-pong giocata sul filo dei secondi, i due massimi pretendenti alla Vuelta lottano per la maglia amarillo sul filo di lana. Ieri comandava l’australiano per 2” oggi lo spagnolo per 7” grazie all’abbuono della terza piazza raggiunta proprio nelle battute conclusive alle spalle di Ventoso e Marzano.

Se riducessero le tappe agli ultimi 7-8km probabilmente nessuno avrebbe nulla da ridere, soprattutto quando per i 180 precedenti a tenere svegli gli spettatori è solo la voce dei commentatori che divagano su vita morte e miracoli di ogni cosa che passi sullo schermo. Una gara per lunga parte noiosa, con i big che si controllavano in gruppo, attenti a quei pochi secondi che in questo momento, visto che siamo in vena di metafore, possono far oscillare i piatti della bilancia. Da una parte l’australiano Evans (Silence), dall’altra lo spagnolo Valverde(Caisse d’Epargne), 2” più pesante del rivale. L’ago della bilancia erano i sette uomini in fuga, molto cari al primo, indigesti al secondi, questo fino a pochi chilometri dall’arrivo quando in testa viaggiavano con 6’ di vantaggio e sembravano involati versa una vittoria certa. In quel momento davanti sentivano la strada impennarsi inesorabilmente sotto le loro ruote, 3-4-5% e via il primo scatto di Taaramae (Cofidis), a pagare per primi sono De La Fuente (Fuji), Ramirez Abeja (Andalucia), Sanchez Pimienta (Contempolis) e Devolder (Quick Step), 6-7-8%: secondo scatto dell’estone che si toglie di ruota anche gli ultimi due compagni d’avventura: Marzano (Lampre) e Veloso (Xacobeo). 17-18-19% e fine dello show anche per il campione nazionale estone, rapporti troppo duri e poca esperienza, Taaramae si pianta letteralmente sul tratto più perfido dell’Alto Xorret de Cati, quella salita che nel 2000 fece perdere tutti i 6’ di vantaggio a Roscioli, proprio per via dei rapporti sbagliati.
Nel frattempo il plotone recuperava sotto il ritmo indiavolato dei Caisse d’Epargne che non ci stavano ad aspettare un altro paio di giorni per vestire il loro capitano da leader, in 6km recuperano più di 3’ e quei fuggitivi tanto indigesti al murciano cominciano a prendere le sembianze di prede da recuperare una ad una. Taaramae si faceva riprendere da Marzano e Veloso che a 200m dallo scollinamento lasciava l’italiano e si involava verso il traguardo divorando le ultime curve in discesa, dietro l’assatanato Valverde si produceva in scatti e controscatti nel tentativo di scrollarsi di dosso Evans, Gesink (Rabobank) e Basso (Liquigas) dopo aver tolto ogni speranza a Cunego (Lampre), Mosquera (Xacobeo) e Danielson (Garmin) che giungeranno al traguardo a 30” dai big.
Sotto il ritmo dello spagnolo i fuggitivi cadevano uno ad uno, allo scollinamento davanti rimanevano in tre, Ventoso e Marzano oramai irraggiungibili si prestavano a tagliare il traguardo in solitaria, più indietro si consumava la battaglia decisiva, in palio la maglia amarillo ago della bilancia, o pallina da ping-pong a seconda della metafora preferita, il piazzamento e i secondi d’abbuono da giocarsi tra Evans, Valverde e De La Fuente. Lo spagnolo che tira a tutta, Evans che si porta in testa, forse per disturbarlo, forse per non farsi cogliere impreparato e troppo indietro. Ultimi 500m ancora tutto in ballo, proprio come nelle partite di tennis tavolo in cui ci si gioca tutto ai secondi, Evans e Valverde scalpitano, l’ultimo fuggitivo, la terza piazza, è li a pochi metri, 50 a farla grande, i contendenti partono assieme, Evans interno sembra la traiettoria migliore, almeno fin quando Gesink non taglia la curva, Evans pinza quel tanto che permette a Valverde di andarsenze, di prendersi gli 8” di abbuono e anche un ulteriore secondo dovuto alla luce tra lui e il gruppetto, Basso arriva assieme a Evans che si rialza e scuote il capo, domani a Murcia sarà proprio il padrone di casa a vestire il segno del primato.

Andrea Mastrangelo

12 settembre 2009 – 13a tappa: Berja – Sierra Nevada

MON…COUCOU, IL FRANCESINO NON C’E’ PIU’!

Nella 13a tappa, 172,4 km da Berja a Sierra Nevada, Basso prova ad attaccare Valverde sin dall’Alto de Monachil, ma il capoclassifica resiste fino alla fine, giungendo con il varesino e Gesink. La tappa va a Moncoutié, grazie ad una lunga fuga. Mosquera guadagna 24’’ sui favoriti, Sanchez ne perde 21, Evans paga oltre 1’ a causa di un problema meccanico. Crollano Danielson e Cunego. Valverde ha ora 27’’ su Gesink e 1’02’’ su Basso..

A dispetto di una classifica ancora molto corta, la Vuelta 2009 sembra aver trovato il suo padrone. Un padrone che non ha mai veramente entusiasmato, che si è difeso a cronometro, come da pronostico, e che in salita, dove avrebbe dovuto attaccare, si è invece limitato a fare altrettanto, rastrellando abbuoni qua e là. Un padrone che però è stato finora il più regolare e convincente tra i tanti pretendenti al successo finale in questo ultimo Grande Giro della stagione, aspiranti che la tappa odierna ha però ferocemente selezionato. Alejandro Valverde, aiutato dalle carenze di alcuni avversari, dalle ingenuità da dilettanti delle squadre di altri, ma anche e soprattutto da un motore che finalmente sembra poter resistere tre settimane senza passaggi a vuoto, ha messo oggi una mano sulla prima Vuelta della carriera, lui che nelle ultime cinque partecipazioni ha assaggiato tutte le posizioni della top 5, meno la più prestigiosa.
Andando con ordine, la tappa è stata caratterizzata sin dai primi chilometri dalla fuga di un drappello di una trentina di corridori, fra i quali Navarro e Rodriguez, rispettivamente 9° e 10° in generale stamane, da cui sono a loro volta usciti Taaramae, Moncoutié e Morenhout sul Puerto de la Ragua, salita di 1a categoria posta dopo 44 km. Il gruppo, che ha dimostrato come sbagliando non necessariamente si impari, ha di nuovo lasciato 1-2 minuti di troppo ai battistrada, che si sono presentati ai piedi dell’Alto de Monachil, a meno di 26 km dal traguardo, con un margine superiore ai 10’.
Moncoutié ha abbandonato immediatamente i due compagni di viaggio, mentre dietro il tratto pianeggiante precedente le prime rampe del Monachil aveva già lasciato intravedere quanto sarebbe accaduto sulla salita. La schiera di maglie verdi della Liquigas schierata in testa al gruppo ha infatti prodotto un forcing spietato nella parte iniziale dell’ascesa che due anni fa vide Vinokourov involarsi verso la maglia oro madrilena (a scapito proprio di Valverde), riducendo all’osso il plotoncino dei migliori. Danielson, 4° in generale stamane, a 51’’ da Valverde, ha mollato subito, e altrettanto ha fatto Damiano Cunego, 7°, che a questo punto potrebbe ritirarsi e pensare al Mondiale, oppure tentare di cogliere un altro successo parziale con una fuga da lontano. Per loro, il ritardo è stato alla fine, rispettivamente, di 6’59’’ e 28’14’’. La selezione si è fatta ancor più feroce quando Roman Kreuziger, raggiunto lungo il Monachil, ha imposto un ritmo forsennato per 2 km circa, cui solo Basso, Valverde, Evans, Gesink, Mosquera e Cobo sono riusciti a resistere.
Basso, che pareva decisissimo ad andare senza mezzi termini in caccia del primato, ha tentato per due volte un’azione in prima persona nell’ultimo tratto del Monachil, costringendo però il solo Juanjo Cobo ad alzare bandiera bianca. Ci hanno però pensato la sorte e l’ingenuità – inconcepibile a questo livello – dell’ammiraglia della Silence – Lotto a mietere un’altra vittima illustre: Cadel Evans. L’australiano è infatti incappato in una foratura proprio in vista del GPM, e ha dovuto attendere un minuto buono prima che l’auto della formazione belga si manifestasse e gli cambiasse la bici. Un minuto che, forse, rappresenta la pietra tombale sulle speranze di Cadel di aggiudicarsi finalmente un Grande Giro.
Il drappello della maglia oro, intanto, si presentava ai piedi dell’ascesa conclusiva verso Sierra Nevada con 6’ circa da recuperare a Moncoutié. Un divario ampio, ma che con una bella azione sarebbe stato possibile recuperare. Man mano che passano i giorni, però, sta diventando sempre più evidente che per vedere un “numero”, in montagna, è condizione non sufficiente ma necessaria che Alberto Contador sia al via. In assenza del madrileno, ci si deve accontentare di scattini e mezzi cambi di ritmo poco convinti; vale a dire, esattamente ciò cui abbiamo assistito lungo gli ultimi 16 km e spiccioli di salita. Mosquera è stato infatti il primo a provarci, quando mancavano 8 km, rinunciando dopo 100 metri; poco dopo è stata la volta di una serie di cambi di ritmo di Basso, che ha però passato più tempo a voltarsi che a tentare di staccare gli avversari (eppure, l’esperienza dovrebbe aver fatto capire a Ivan che, senza uno scatto secco, è difficile prendere 50 metri in un amen; non avendolo, dovrebbe provare ad insistere per più di cinque secondi).
Contemporaneamente alla (apparente) bagarre che aveva luogo davanti, mentre Moncoutié manteneva sempre un margine di sicurezza, Samuel Sanchez andava a raccogliere per strada i cadaveri di chi aveva tenuto con troppa baldanza il ritmo dei Liquigas sul Monachil (Cobo su tutti), e così facendo offriva anche un bel salvagente a Evans. L’australiano, spossato sia mentalmente sia fisicamente, dopo aver tenuto i migliori sulla salita precedente, e dopo lo sforzo profuso per rientrare sul drappello del campione olimpico nella prima parte dell’ultima, ha però ceduto a 6 km dal traguardo, dicendo forse definitivamente addio ai suoi sogni di (maglia) oro.
Dopo qualche altra effimera schermaglia, è stato finalmente Ezequiel Mosquera, di gran lunga l’uomo di classifica più combattivo di questa Vuelta, ad azzeccare lo scatto buono, a meno di 2 km dal traguardo, quando però Moncoutié già assaporava il dolcissimo sapore della seconda vittoria in carriera alla Vuelta. Il francese è così andato a cogliere il meritatissimo successo, precedendo il leader della Xacobeo Galicia di 52’’, e il trio Gesink – Basso – Valverde, regolato proprio dal murciano a 1’16’’. La bella rimonta di Sanchez ha consentito all’asturiano di tagliare appena 21’’ dopo la maglia oro, anche se i 40’’ e rotti recuperati in perfetta solitudine negli ultimi 6 km rendono ragionevole il dubbio che l’olimpionico sia stato fin troppo prudente. Evans, che probabilmente non avrebbe faticato ad arrivare con Gesink, Basso e Valverde, ha chiuso a 2’24’’ dal vincitore, 7’’ davanti ad un bravissimo Paolo Tiralongo.
La tappa odierna, alla fine risultata piacevole, ma che, viste le premesse createsi sul Monachil, lasciava presagire uno spettacolo anche maggiore, ha comunque riscritto la classifica generale, dandole un aspetto che potrebbe assomigliare molto a quello definitivo. Con ancora un arrivo in salita e una cronometro davanti, Valverde comanda ora con 27’’ su Gesink, ormai vicinissimo al primo podio in un GT in carriera, e 1′02’’ su Ivan Basso, che a questo punto pare dover più che altro pensare a difendere il podio. Per riuscirci, dovrà probabilmente rifilare qualche altro secondo a Evans, ora 4° a 1’23’’, e a Samuel Sanchez, 5° a 1’32’’, mentre Mosquera, 6° a 1’46’’, dovrebbe inventarsi un numero d’alta scuola domani per pensare di entrare nei primi tre.
Gettando un’occhiata al profilo della frazione di domani, l’impressione è che la tappa, 157 km da Granada a Sierra de la Pandera, sia favorevole a Valverde più che ai suoi avversari, malgrado su questa salita, tre anni fa, il murciano abbia visto Vinokourov chiudere i conti per il discorso successo finale. È probabile che, se qualcuno vorrà provare a ribaltare la Vuelta, le possibilità di successo siano maggiori in una delle tante tappe intermedie (Cordoba, Avila e soprattutto La Granja, praticamente una frazione di montagna) in programma nell’ultima settimana, piuttosto che in occasione dell’ultimo arrivo in quota. Comunque sia, tra Valverde e la prima Vuelta in carriera, l’ostacolo maggiore sembrano essere i precedenti: finora, lo spagnolo, in tutti i GT cui ha preso parte, è sempre incappato in una giornata no. Ad oggi, però, segnali in questo senso non se ne vedono.
Matteo Novarini

13 settembre 2009 – 14a tappa: Granada – Sierra de la Pandera

PANDERA, UNA SIERRA CON VISTA SU MENDRISIO

Nella 14a tappa della Vuelta, 157 km da Granada a Sierra de la Pandera, in grande spolvero i protagonisti attesi del Campionato del Mondo del prossimo 27 settembre: Cunego coglie la seconda vittoria di tappa grazie ad una lunga fuga, Valverde rafforza il primato, Sanchez guadagna terreno su tutti gli uomini di classifica. Basso, Gesink ed Evans attaccano, ma Valverde, dopo essersi inizialmente staccato, recupera e li stacca. In classifica il murciano è ora seguito da Gesink e Sanchez.

Quando il corridore più forte e regolare corre anche meglio di tutti gli altri, l’esito di una corsa è praticamente già scritto. Dopo due giornate passate ad inseguire chiunque scattasse, a chiudere ogni buco fiondandosi da una ruota all’altra, Alejandro Valverde, in occasione dell’ultimo arrivo in salita di questa Vuelta, quello breve ma secco di Sierra de la Pandera, ha cambiato tattica, evitando di rispondere agli allunghi degli avversari, lasciandosi sfilare e salendo del proprio passo. Il risultato di questa condotta di gara è stato forse anche superiore alle attese: dopo la sfuriata iniziale, Basso, Evans e Gesink hanno iniziato a sentire la fatica, si sono incartati sulle rampe al 14% dei chilometri finali della salita, proprio mentre Valverde, dietro di loro, iniziava a sprigionare tutti i cavalli del suo motore. Il leader della Caisse d’Epargne e della classifica generale è così andato a raccogliere per strada chi aveva intrapreso con troppa baldanza l’ascesa, staccandolo, e compiendo così un ulteriore e forse decisivo passo in avanti verso la conquista del primo Grande Giro della carriera.
Non possiamo però non introdurre sin d’ora il secondo grande tema di giornata, ossia la seconda vittoria di tappa di Damiano Cunego in questa Vuelta. Il veronese, che ieri era deliberatamente uscito di classifica, proprio per provare a vincere oggi, è infatti riuscito ad entrare nella fuga buona, in compagnia di Knees, Fuglsang, Palomares, Rabanal, Perez, Tankink, Florencio e De Weer. Un’azione sostanzialmente perfetta per Damiano, vista l’assenza di corridori pericolosi in classifica, che potessero costringere il gruppo a contenere il distacco, e di uomini che potessero sulla carta tenere il suo passo sull’ascesa finale.
La corsa – o meglio le corse, quella per la vittoria di tappa e quella per la maglia oro – si sono accese entrambe sull’Alto de los Villares, ai piedi del quale i fuggitivi conservavano ancora sei dei nove minuti accumulati come vantaggio massimo. Mentre in gruppo Euskaltel e Liquigas iniziavano ad alzare il ritmo, e a selezionare il gruppo dei migliori, i fuggitivi iniziavano, molto in anticipo sulle previsioni, a scattarsi in faccia, producendo un’andatura irregolare che consentiva al gruppo di portarsi a 4’30’’ dopo 4 km di scalata. La raffica di attacchi, peraltro infruttuosi, avrebbe messo seriamente a repentaglio il buon esito del tentativo, se Cunego non avesse rotto gli indugi a 2 km dalla cima del penultimo GPM, staccando nettamente gli ex compagni d’avventura in poche centinaia di metri.
Dopo lo scatto, il ritmo di Damiano è stato impressionante per un corridore in fuga dal mattino, tanto che il veronese è riuscito a non perdere praticamente nulla fino ai 5 km finali, e anche sulle ultime rampe ha saputo mantenere oltre 3’ sui primi big, della cui battaglia tra poco diremo. Dopo quello sull’Alto de Aitana, è arrivato dunque per Cunego un altro successo, forse meno emozionante e ottenuto contro avversari decisamente meno competitivi, ma che farà ugualmente piacere a Franco Ballerini, che può a questo punto consegnare senza timori i gradi di capitano al corridore della Lampre, giunto al top proprio a due settimane dall’inizio del Mondiale. Certo, vedendo il Damiano della Vuelta, è lecito domandarsi come un corridore del genere possa fallire clamorosamente un Tour e un Giro in cui è partito per fare classifica, salvo poi vincere due tappe (e, se ieri non avesse deciso di staccarsi, forse oggi non festeggerebbe una vittoria di tappa, ma un piazzamento nei 5) in una Vuelta pensata come preparazione al Mondiale. In questo momento, ci pare comunque opportuno posticipare questo discorso, che pure dovrà essere affrontato dal corridore e dalla sua squadra, a fine stagione, dopo Mendrisio.
Ma per un’Italia che sorride per Cunego, c’è una Spagna che non se la passa certamente peggio. Un altro azzurro, Ivan Basso, ha infatti finalmente attaccato con convinzione Valverde, a 5 km e spiccioli dal traguardo, dopo che Sylvester Szmyd aveva proposto un forcing che aveva ridotto il drappello dei big ad una decina di unità. Il varesino ha accelerato una, due, tre volte, finché il capoclassifica è sembrato crollare. L’Embatido ha iniziato a perdere metri, mentre davanti si formava un drappello composto da Basso, Gesink, Evans e Mosquera; poco dopo anche Samuel Sanchez ha raggiunto e superato il murciano, che, nel momento in cui anche Juanjo Cobo lo ha ripreso, è parso sul punto di andare alla deriva. Tanto più che davanti, mentre Mosquera se ne andava tutto solo, Gesink, 2° in generale, distanziava Basso e Evans, dando l’impressione di potersi vestire d’oro per la prima volta in carriera.
Esattamente come tre anni fa, Valverde aveva però scelto di giocare d’astuzia. E se allora la rimonta dello spagnolo era stata insufficiente, e Vinokourov e Kasheckin gli aveva comunque rifilato 30’’, questa volta il piano del corridore della Caisse d’Epargne è riuscito alla perfezione. Quando mancavano 3 km circa al traguardo, Valverde ha improvvisamente rilanciato, staccando istantaneamente Cobo, e portandosi in poche centinaia di metri nella scia di Evans e Basso, nel frattempo distanziati da uno scatenato Sanchez. Il murciano è quindi ripartito, andando a raggiungere Gesink all’ultimo chilometro, e facendo ancora in tempo a staccarlo di 4’’ con una lunghissima volata per il 5° posto. Così, solamente Sanchez e Mosquera sono riusciti a ridurre il distacco dal capoclassifica, rispettivamente di 22 (8 dei quali di abbuono) e 12 secondi.
Grazie a questo spettacolare recupero, Valverde ha addirittura rafforzato la sua leadership in classifica generale, e può ora gestire 31’’ su Gesink e 1’10’’ su Sanchez, gli unici avversari che in questo momento sembrano poterlo ancora spaventare. In particolare, malgrado un ritardo più che doppio, l’asturiano sembra in questo momento essere la più valida alternativa a Valverde, avendo dalla sua la cronometro di Toledo del penultimo giorno e un paio di discese a ridosso dell’arrivo. Tra gli altri, gli unici con distacchi ancora teoricamente recuperabili sono Basso (+1’28’’), Evans (+1’51’’) e Mosquera (+1’54’’). Anche in questo caso, il più pericoloso pare essere il peggio piazzato, che in questa tre giorni di montagne ha guadagnato su tutti, malgrado di qui a Madrid la strada non presenti più molte occasioni per un camoscio come lui. Quel che è certo è che, se qualcuno intende ancora provare a mettere in discussione la supremazia di Valverde, più che con le gambe, dovrà farlo con la fantasia.

Matteo Novarini

Evans e Valverde in azione sulla salita di Xorret de Catì, sede darrivo della nona tappa della Vuelta 2009 (foto Bettini)

Evans e Valverde in azione sulla salita di Xorret de Catì, sede d'arrivo della nona tappa della Vuelta 2009 (foto Bettini)

VALVERDE STORY – CAPITOLO 6: L’OMBRA DEL DOPING E IL DELFINATO PER DIMENTICARE IL TOUR

novembre 29, 2022 by Redazione  
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Nel 2009 Valverde vorrebbe tornare al Tour ma c’è un problema. La corsa francese ha in programma uno sconfinamento in Italia, attraverso la Valle d’Aosta nel corso della tappa che dalla località elvetica di Martigny riconduce la corsa in Francia. E l’Embatido in Italia non ci può agonisticamente mettere piede a causa di una squalifica di due anni inflittagli dal CONI per il suo coinvolgimento nell’Operación Puerto, l’indagine spagnola che aveva portato alla scoperta di frodi sportive perpetrate nel 2006. L’Unione Ciclistica Internazionale è stata più prudente e per il momento non l’ha ancora squalificato a sua volta (accadrà solo anno dopo), consentendogli di correre al di fuori dai confini nazionali italiani. Ciò non gli permette, però, di disputare il Tour e così Valverde è costretto a ricalcolare i suoi obiettivi, spostando il mirino sulla Vuelta e sui Mondiali. E per consolarsi va a imporsi nella tradizionale prova generale della Grande Boucle, il Criterium del Delfinato, che fa suo senza cogliere successi di tappa: la frazione decisiva sarà quella con arrivo sul mitico Ventoux, dove lascerà la vittoria al polacco Szmyd

FRECCIA VALVERDE, MONT VENTOUX A SZMYD

Il migliore sulla montagna deserta è lo spagnolo che attacca il leader e conquista la “gialla”, poi sull’arrivo lascia la vittoria, prima in carriera, al polacco Szmyd che lo ha aiutato lunghe le ventose rampe del Monte Ventoso.

Una vittoria sul Mont Ventoux per molti è un sogno, e come la maggior parte dei sogni è destinato a non divenire realtà. Il polacco Szmyd (Liquigas) probabilmente fa parte di quel privilegiato gruppo che ha visto questo sogno concretizzarsi, farlo poi con la prima vittoria da professionista è davvero da prescelti.
Come spesso accade nella vita di gregario, sulle prime rampe dell’ascesa finale è costretto a fare il lavoro sporco per il suo capitano Ivan Basso. Scatta e alla sua ruota si porta il compagno varesino, i due abbandonano il gruppo della maglia gialla Evans (Silence), forte di una ventina di unità con tutti i migliori, e in breve guadagnano un minuto. Molte volte gli era capitato di dover servire i suoi capitani e questo ruolo cominciava a stargli un po’ stretto, proprio in settimana aveva dichiarato che stare al servizio degli altri a lui piace, ma vorrebbe qualche occasione anche per se, cosa che gli è accaduta assai meno spesso, per usare un eufemismo.
Sembra quasi uno scherzo del destino, ma quel ruolo da comprimario gli è capitato proprio oggi, in una delle tappe più importanti del Delfinato, una delle salite simbolo di Francia.
Il suo capitano è stato il primo a mollare quando gli avversari hanno cominciato a fare sul serio e così al gregario dela Liquigas è rimasta carta bianca per tentare il tutto per tutto. Da dietro nel frattempo si era mosso Valverde (Caisse d’Epargne) che con una gamba sola, in poche centinaia di metri, aveva ripreso il gruppetto di testa: Basso e Szmyd (Liquigas), Arrieta (AG2R), Kern (Cofidis), Zubeldia (Astana) e con quella stessa gamba aveva salutato la compagnia anche di questo drappello. Pochi secondi per capire che il suo leader non può farcela ed ecco da dietro arrivare “Gatto Silvestro” (come gli amici chiamano Sylvester Szmyd), spinto da una condizione splendida dopo il Giro d’Italia.
Evans da dietro lascia fare, preoccupandosi più del vento e di Contador (Astana) che della freccia nera (alias Valverde), pensando che l’arma di Eolo avrebbe, nei sette chilometri rimanenti, fermato il suo impeto.
Davanti però lo spagnolo non accennava a mollare, aiutato anche dal polacco che vedeva sempre più vicino il sogno della vittoria, dopotutto, senza abbuoni, a Valverde sarebbe stato molto più utile trovare l’accordo con Szmyd che non la vittoria finale, mentre dietro stentavano a trovare l’accordo e proseguivano a scatti e accelerazioni: dai meno sei, cioè quando Basso è stato riassorbito dagli uomini di classifica, è stato un attacco continuo: prima Nibali (Liquigas) quindi Efimkin (AG2R), poi Fuglsang (Saxo Bank), Moncoutie (Cofidis) e di nuovo Efimkin. Intanto il loro svantaggio cresceva a vista d’occhio, 1’10”, 1’30” fino ad un chilometro e mezzo dal traguardo quando Valverde è diventato maglia gialla virtuale con 1’56” di vantaggio contro 1’54” da recuperare. All’ennesimo tentativo Fuglsang fa il vuoto seguito a 20m da Gesink (Rabobank), la paura del vento frena ancora Evans che perde anche questo treno.
Il vantaggio davanti supera la soglia dei 2’00”, per i due al comando ormai è fatta! Sembra fatta perché a meno di un chilometro dall’arrivo la telecamera mostra Szmyd che quasi si ferma, una crisi, no un guaio meccanico. Non ci voleva, 15km a tutta inseguendo la prima vittoria per fermarsi a 700m dal sogno, una beffa! Valverde si gira, non ci crede, aveva un compagno di fuga e non lo trova più, non si ferma, vorrebbe, ma non può, affronta l’ultimo tornante…ma ecco una scheggia verde lo affianca e lo supera a velocità doppia, una reazione di forza del polacco che non poteva lasciarsi sfuggire l’occasione, pugno alzato e prima vittoria conquistata, un grande applauso, davvero, se lo merita.
Al terzo posto giunge Zubeldi a 1’10”, quindi Gesink a 1’46” e Fuglsang poco dietro. Evans paga a caro prezzo l’attendismo, ne aveva ancora e lo dimostra staccando Contador negli ultimi metri, ma non ha voluto rischiare e così ha gentilmente consegnato la maglia di leader allo spagnolo, al traguardo giunge con 2’06” di ritardo.
Molto bene Millar (Garmin) che arriva col leader, Nibali appena dietro taglia il traguardo in nona posizione a 2’16”.

Andrea Mastrangelo

Sul Mont Ventoux Valverde lascia la vittoria a Szmyd e si prende la maglia di leader del Criterium del Delfinato (foto Bettini)

Sul Mont Ventoux Valverde lascia la vittoria a Szmyd e si prende la maglia di leader del Criterium del Delfinato (foto Bettini)

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