VALVERDE STORY – CAPITOLO 7: ALLA VUELTA CON IL DENTE AVVELENATO

novembre 30, 2022
Categoria: News

Non ha l’animo serenissimo Alejandro Valverde al via della Vuelta 2009. Il coinvolgimento nell’Operación Puerto, la squalifica inflittagli dal CONI che gli ha impedito di correre il Tour e un’altra che piombargli tra capo e collo ad opera dell’UCI lo motivano ulteriormente a far bene in una corsa che insegue fin dal primo anno di professionismo. Se la sua prima Vuelta, nel 2002, si era conclusa anzitempo con un ritiro, al secondo anno si fa subito notare vincendo due tappe di montagna e concludendo la corsa sul podio, 3° a quasi due minuti e mezzo dal connazionale Roberto Heras. Sarà poi quarto nel 2004 e secondo nel 2006, quando per poco più di un minuto avrà la meglio il kazako Aleksandr Vinokurov. Dopo il quinto posto nel 2008 e la fresca vittoria al Delfinato ora Valverde sente che è arrivato il suo turno e la prima parte di corsa sembra dargli ragione. Non vince tappe, ma prende la maglia di leader per soli 7 secondi sulle aspre pendenze di Xorret de Catí e incrementa il suo dominio sulle sierre andaluse: quando mancano sette giorni alla conclusione ha 31 secondi di vantaggio sull’olandese Robert Gesink e 1’10” sul connazionale Samuel Sánchez

7 settembre 2009 – 9a tappa: Alcoi – Xorret de Catí

PING-PONG AUSTRO-SPAGNOLO: VALVERDE BATTE EVANS 7-2

Proprio come una partita di ping-pong giocata sul filo dei secondi, i due massimi pretendenti alla Vuelta lottano per la maglia amarillo sul filo di lana. Ieri comandava l’australiano per 2” oggi lo spagnolo per 7” grazie all’abbuono della terza piazza raggiunta proprio nelle battute conclusive alle spalle di Ventoso e Marzano.

Se riducessero le tappe agli ultimi 7-8km probabilmente nessuno avrebbe nulla da ridere, soprattutto quando per i 180 precedenti a tenere svegli gli spettatori è solo la voce dei commentatori che divagano su vita morte e miracoli di ogni cosa che passi sullo schermo. Una gara per lunga parte noiosa, con i big che si controllavano in gruppo, attenti a quei pochi secondi che in questo momento, visto che siamo in vena di metafore, possono far oscillare i piatti della bilancia. Da una parte l’australiano Evans (Silence), dall’altra lo spagnolo Valverde(Caisse d’Epargne), 2” più pesante del rivale. L’ago della bilancia erano i sette uomini in fuga, molto cari al primo, indigesti al secondi, questo fino a pochi chilometri dall’arrivo quando in testa viaggiavano con 6’ di vantaggio e sembravano involati versa una vittoria certa. In quel momento davanti sentivano la strada impennarsi inesorabilmente sotto le loro ruote, 3-4-5% e via il primo scatto di Taaramae (Cofidis), a pagare per primi sono De La Fuente (Fuji), Ramirez Abeja (Andalucia), Sanchez Pimienta (Contempolis) e Devolder (Quick Step), 6-7-8%: secondo scatto dell’estone che si toglie di ruota anche gli ultimi due compagni d’avventura: Marzano (Lampre) e Veloso (Xacobeo). 17-18-19% e fine dello show anche per il campione nazionale estone, rapporti troppo duri e poca esperienza, Taaramae si pianta letteralmente sul tratto più perfido dell’Alto Xorret de Cati, quella salita che nel 2000 fece perdere tutti i 6’ di vantaggio a Roscioli, proprio per via dei rapporti sbagliati.
Nel frattempo il plotone recuperava sotto il ritmo indiavolato dei Caisse d’Epargne che non ci stavano ad aspettare un altro paio di giorni per vestire il loro capitano da leader, in 6km recuperano più di 3’ e quei fuggitivi tanto indigesti al murciano cominciano a prendere le sembianze di prede da recuperare una ad una. Taaramae si faceva riprendere da Marzano e Veloso che a 200m dallo scollinamento lasciava l’italiano e si involava verso il traguardo divorando le ultime curve in discesa, dietro l’assatanato Valverde si produceva in scatti e controscatti nel tentativo di scrollarsi di dosso Evans, Gesink (Rabobank) e Basso (Liquigas) dopo aver tolto ogni speranza a Cunego (Lampre), Mosquera (Xacobeo) e Danielson (Garmin) che giungeranno al traguardo a 30” dai big.
Sotto il ritmo dello spagnolo i fuggitivi cadevano uno ad uno, allo scollinamento davanti rimanevano in tre, Ventoso e Marzano oramai irraggiungibili si prestavano a tagliare il traguardo in solitaria, più indietro si consumava la battaglia decisiva, in palio la maglia amarillo ago della bilancia, o pallina da ping-pong a seconda della metafora preferita, il piazzamento e i secondi d’abbuono da giocarsi tra Evans, Valverde e De La Fuente. Lo spagnolo che tira a tutta, Evans che si porta in testa, forse per disturbarlo, forse per non farsi cogliere impreparato e troppo indietro. Ultimi 500m ancora tutto in ballo, proprio come nelle partite di tennis tavolo in cui ci si gioca tutto ai secondi, Evans e Valverde scalpitano, l’ultimo fuggitivo, la terza piazza, è li a pochi metri, 50 a farla grande, i contendenti partono assieme, Evans interno sembra la traiettoria migliore, almeno fin quando Gesink non taglia la curva, Evans pinza quel tanto che permette a Valverde di andarsenze, di prendersi gli 8” di abbuono e anche un ulteriore secondo dovuto alla luce tra lui e il gruppetto, Basso arriva assieme a Evans che si rialza e scuote il capo, domani a Murcia sarà proprio il padrone di casa a vestire il segno del primato.

Andrea Mastrangelo

12 settembre 2009 – 13a tappa: Berja – Sierra Nevada

MON…COUCOU, IL FRANCESINO NON C’E’ PIU’!

Nella 13a tappa, 172,4 km da Berja a Sierra Nevada, Basso prova ad attaccare Valverde sin dall’Alto de Monachil, ma il capoclassifica resiste fino alla fine, giungendo con il varesino e Gesink. La tappa va a Moncoutié, grazie ad una lunga fuga. Mosquera guadagna 24’’ sui favoriti, Sanchez ne perde 21, Evans paga oltre 1’ a causa di un problema meccanico. Crollano Danielson e Cunego. Valverde ha ora 27’’ su Gesink e 1’02’’ su Basso..

A dispetto di una classifica ancora molto corta, la Vuelta 2009 sembra aver trovato il suo padrone. Un padrone che non ha mai veramente entusiasmato, che si è difeso a cronometro, come da pronostico, e che in salita, dove avrebbe dovuto attaccare, si è invece limitato a fare altrettanto, rastrellando abbuoni qua e là. Un padrone che però è stato finora il più regolare e convincente tra i tanti pretendenti al successo finale in questo ultimo Grande Giro della stagione, aspiranti che la tappa odierna ha però ferocemente selezionato. Alejandro Valverde, aiutato dalle carenze di alcuni avversari, dalle ingenuità da dilettanti delle squadre di altri, ma anche e soprattutto da un motore che finalmente sembra poter resistere tre settimane senza passaggi a vuoto, ha messo oggi una mano sulla prima Vuelta della carriera, lui che nelle ultime cinque partecipazioni ha assaggiato tutte le posizioni della top 5, meno la più prestigiosa.
Andando con ordine, la tappa è stata caratterizzata sin dai primi chilometri dalla fuga di un drappello di una trentina di corridori, fra i quali Navarro e Rodriguez, rispettivamente 9° e 10° in generale stamane, da cui sono a loro volta usciti Taaramae, Moncoutié e Morenhout sul Puerto de la Ragua, salita di 1a categoria posta dopo 44 km. Il gruppo, che ha dimostrato come sbagliando non necessariamente si impari, ha di nuovo lasciato 1-2 minuti di troppo ai battistrada, che si sono presentati ai piedi dell’Alto de Monachil, a meno di 26 km dal traguardo, con un margine superiore ai 10’.
Moncoutié ha abbandonato immediatamente i due compagni di viaggio, mentre dietro il tratto pianeggiante precedente le prime rampe del Monachil aveva già lasciato intravedere quanto sarebbe accaduto sulla salita. La schiera di maglie verdi della Liquigas schierata in testa al gruppo ha infatti prodotto un forcing spietato nella parte iniziale dell’ascesa che due anni fa vide Vinokourov involarsi verso la maglia oro madrilena (a scapito proprio di Valverde), riducendo all’osso il plotoncino dei migliori. Danielson, 4° in generale stamane, a 51’’ da Valverde, ha mollato subito, e altrettanto ha fatto Damiano Cunego, 7°, che a questo punto potrebbe ritirarsi e pensare al Mondiale, oppure tentare di cogliere un altro successo parziale con una fuga da lontano. Per loro, il ritardo è stato alla fine, rispettivamente, di 6’59’’ e 28’14’’. La selezione si è fatta ancor più feroce quando Roman Kreuziger, raggiunto lungo il Monachil, ha imposto un ritmo forsennato per 2 km circa, cui solo Basso, Valverde, Evans, Gesink, Mosquera e Cobo sono riusciti a resistere.
Basso, che pareva decisissimo ad andare senza mezzi termini in caccia del primato, ha tentato per due volte un’azione in prima persona nell’ultimo tratto del Monachil, costringendo però il solo Juanjo Cobo ad alzare bandiera bianca. Ci hanno però pensato la sorte e l’ingenuità – inconcepibile a questo livello – dell’ammiraglia della Silence – Lotto a mietere un’altra vittima illustre: Cadel Evans. L’australiano è infatti incappato in una foratura proprio in vista del GPM, e ha dovuto attendere un minuto buono prima che l’auto della formazione belga si manifestasse e gli cambiasse la bici. Un minuto che, forse, rappresenta la pietra tombale sulle speranze di Cadel di aggiudicarsi finalmente un Grande Giro.
Il drappello della maglia oro, intanto, si presentava ai piedi dell’ascesa conclusiva verso Sierra Nevada con 6’ circa da recuperare a Moncoutié. Un divario ampio, ma che con una bella azione sarebbe stato possibile recuperare. Man mano che passano i giorni, però, sta diventando sempre più evidente che per vedere un “numero”, in montagna, è condizione non sufficiente ma necessaria che Alberto Contador sia al via. In assenza del madrileno, ci si deve accontentare di scattini e mezzi cambi di ritmo poco convinti; vale a dire, esattamente ciò cui abbiamo assistito lungo gli ultimi 16 km e spiccioli di salita. Mosquera è stato infatti il primo a provarci, quando mancavano 8 km, rinunciando dopo 100 metri; poco dopo è stata la volta di una serie di cambi di ritmo di Basso, che ha però passato più tempo a voltarsi che a tentare di staccare gli avversari (eppure, l’esperienza dovrebbe aver fatto capire a Ivan che, senza uno scatto secco, è difficile prendere 50 metri in un amen; non avendolo, dovrebbe provare ad insistere per più di cinque secondi).
Contemporaneamente alla (apparente) bagarre che aveva luogo davanti, mentre Moncoutié manteneva sempre un margine di sicurezza, Samuel Sanchez andava a raccogliere per strada i cadaveri di chi aveva tenuto con troppa baldanza il ritmo dei Liquigas sul Monachil (Cobo su tutti), e così facendo offriva anche un bel salvagente a Evans. L’australiano, spossato sia mentalmente sia fisicamente, dopo aver tenuto i migliori sulla salita precedente, e dopo lo sforzo profuso per rientrare sul drappello del campione olimpico nella prima parte dell’ultima, ha però ceduto a 6 km dal traguardo, dicendo forse definitivamente addio ai suoi sogni di (maglia) oro.
Dopo qualche altra effimera schermaglia, è stato finalmente Ezequiel Mosquera, di gran lunga l’uomo di classifica più combattivo di questa Vuelta, ad azzeccare lo scatto buono, a meno di 2 km dal traguardo, quando però Moncoutié già assaporava il dolcissimo sapore della seconda vittoria in carriera alla Vuelta. Il francese è così andato a cogliere il meritatissimo successo, precedendo il leader della Xacobeo Galicia di 52’’, e il trio Gesink – Basso – Valverde, regolato proprio dal murciano a 1’16’’. La bella rimonta di Sanchez ha consentito all’asturiano di tagliare appena 21’’ dopo la maglia oro, anche se i 40’’ e rotti recuperati in perfetta solitudine negli ultimi 6 km rendono ragionevole il dubbio che l’olimpionico sia stato fin troppo prudente. Evans, che probabilmente non avrebbe faticato ad arrivare con Gesink, Basso e Valverde, ha chiuso a 2’24’’ dal vincitore, 7’’ davanti ad un bravissimo Paolo Tiralongo.
La tappa odierna, alla fine risultata piacevole, ma che, viste le premesse createsi sul Monachil, lasciava presagire uno spettacolo anche maggiore, ha comunque riscritto la classifica generale, dandole un aspetto che potrebbe assomigliare molto a quello definitivo. Con ancora un arrivo in salita e una cronometro davanti, Valverde comanda ora con 27’’ su Gesink, ormai vicinissimo al primo podio in un GT in carriera, e 1′02’’ su Ivan Basso, che a questo punto pare dover più che altro pensare a difendere il podio. Per riuscirci, dovrà probabilmente rifilare qualche altro secondo a Evans, ora 4° a 1’23’’, e a Samuel Sanchez, 5° a 1’32’’, mentre Mosquera, 6° a 1’46’’, dovrebbe inventarsi un numero d’alta scuola domani per pensare di entrare nei primi tre.
Gettando un’occhiata al profilo della frazione di domani, l’impressione è che la tappa, 157 km da Granada a Sierra de la Pandera, sia favorevole a Valverde più che ai suoi avversari, malgrado su questa salita, tre anni fa, il murciano abbia visto Vinokourov chiudere i conti per il discorso successo finale. È probabile che, se qualcuno vorrà provare a ribaltare la Vuelta, le possibilità di successo siano maggiori in una delle tante tappe intermedie (Cordoba, Avila e soprattutto La Granja, praticamente una frazione di montagna) in programma nell’ultima settimana, piuttosto che in occasione dell’ultimo arrivo in quota. Comunque sia, tra Valverde e la prima Vuelta in carriera, l’ostacolo maggiore sembrano essere i precedenti: finora, lo spagnolo, in tutti i GT cui ha preso parte, è sempre incappato in una giornata no. Ad oggi, però, segnali in questo senso non se ne vedono.
Matteo Novarini

13 settembre 2009 – 14a tappa: Granada – Sierra de la Pandera

PANDERA, UNA SIERRA CON VISTA SU MENDRISIO

Nella 14a tappa della Vuelta, 157 km da Granada a Sierra de la Pandera, in grande spolvero i protagonisti attesi del Campionato del Mondo del prossimo 27 settembre: Cunego coglie la seconda vittoria di tappa grazie ad una lunga fuga, Valverde rafforza il primato, Sanchez guadagna terreno su tutti gli uomini di classifica. Basso, Gesink ed Evans attaccano, ma Valverde, dopo essersi inizialmente staccato, recupera e li stacca. In classifica il murciano è ora seguito da Gesink e Sanchez.

Quando il corridore più forte e regolare corre anche meglio di tutti gli altri, l’esito di una corsa è praticamente già scritto. Dopo due giornate passate ad inseguire chiunque scattasse, a chiudere ogni buco fiondandosi da una ruota all’altra, Alejandro Valverde, in occasione dell’ultimo arrivo in salita di questa Vuelta, quello breve ma secco di Sierra de la Pandera, ha cambiato tattica, evitando di rispondere agli allunghi degli avversari, lasciandosi sfilare e salendo del proprio passo. Il risultato di questa condotta di gara è stato forse anche superiore alle attese: dopo la sfuriata iniziale, Basso, Evans e Gesink hanno iniziato a sentire la fatica, si sono incartati sulle rampe al 14% dei chilometri finali della salita, proprio mentre Valverde, dietro di loro, iniziava a sprigionare tutti i cavalli del suo motore. Il leader della Caisse d’Epargne e della classifica generale è così andato a raccogliere per strada chi aveva intrapreso con troppa baldanza l’ascesa, staccandolo, e compiendo così un ulteriore e forse decisivo passo in avanti verso la conquista del primo Grande Giro della carriera.
Non possiamo però non introdurre sin d’ora il secondo grande tema di giornata, ossia la seconda vittoria di tappa di Damiano Cunego in questa Vuelta. Il veronese, che ieri era deliberatamente uscito di classifica, proprio per provare a vincere oggi, è infatti riuscito ad entrare nella fuga buona, in compagnia di Knees, Fuglsang, Palomares, Rabanal, Perez, Tankink, Florencio e De Weer. Un’azione sostanzialmente perfetta per Damiano, vista l’assenza di corridori pericolosi in classifica, che potessero costringere il gruppo a contenere il distacco, e di uomini che potessero sulla carta tenere il suo passo sull’ascesa finale.
La corsa – o meglio le corse, quella per la vittoria di tappa e quella per la maglia oro – si sono accese entrambe sull’Alto de los Villares, ai piedi del quale i fuggitivi conservavano ancora sei dei nove minuti accumulati come vantaggio massimo. Mentre in gruppo Euskaltel e Liquigas iniziavano ad alzare il ritmo, e a selezionare il gruppo dei migliori, i fuggitivi iniziavano, molto in anticipo sulle previsioni, a scattarsi in faccia, producendo un’andatura irregolare che consentiva al gruppo di portarsi a 4’30’’ dopo 4 km di scalata. La raffica di attacchi, peraltro infruttuosi, avrebbe messo seriamente a repentaglio il buon esito del tentativo, se Cunego non avesse rotto gli indugi a 2 km dalla cima del penultimo GPM, staccando nettamente gli ex compagni d’avventura in poche centinaia di metri.
Dopo lo scatto, il ritmo di Damiano è stato impressionante per un corridore in fuga dal mattino, tanto che il veronese è riuscito a non perdere praticamente nulla fino ai 5 km finali, e anche sulle ultime rampe ha saputo mantenere oltre 3’ sui primi big, della cui battaglia tra poco diremo. Dopo quello sull’Alto de Aitana, è arrivato dunque per Cunego un altro successo, forse meno emozionante e ottenuto contro avversari decisamente meno competitivi, ma che farà ugualmente piacere a Franco Ballerini, che può a questo punto consegnare senza timori i gradi di capitano al corridore della Lampre, giunto al top proprio a due settimane dall’inizio del Mondiale. Certo, vedendo il Damiano della Vuelta, è lecito domandarsi come un corridore del genere possa fallire clamorosamente un Tour e un Giro in cui è partito per fare classifica, salvo poi vincere due tappe (e, se ieri non avesse deciso di staccarsi, forse oggi non festeggerebbe una vittoria di tappa, ma un piazzamento nei 5) in una Vuelta pensata come preparazione al Mondiale. In questo momento, ci pare comunque opportuno posticipare questo discorso, che pure dovrà essere affrontato dal corridore e dalla sua squadra, a fine stagione, dopo Mendrisio.
Ma per un’Italia che sorride per Cunego, c’è una Spagna che non se la passa certamente peggio. Un altro azzurro, Ivan Basso, ha infatti finalmente attaccato con convinzione Valverde, a 5 km e spiccioli dal traguardo, dopo che Sylvester Szmyd aveva proposto un forcing che aveva ridotto il drappello dei big ad una decina di unità. Il varesino ha accelerato una, due, tre volte, finché il capoclassifica è sembrato crollare. L’Embatido ha iniziato a perdere metri, mentre davanti si formava un drappello composto da Basso, Gesink, Evans e Mosquera; poco dopo anche Samuel Sanchez ha raggiunto e superato il murciano, che, nel momento in cui anche Juanjo Cobo lo ha ripreso, è parso sul punto di andare alla deriva. Tanto più che davanti, mentre Mosquera se ne andava tutto solo, Gesink, 2° in generale, distanziava Basso e Evans, dando l’impressione di potersi vestire d’oro per la prima volta in carriera.
Esattamente come tre anni fa, Valverde aveva però scelto di giocare d’astuzia. E se allora la rimonta dello spagnolo era stata insufficiente, e Vinokourov e Kasheckin gli aveva comunque rifilato 30’’, questa volta il piano del corridore della Caisse d’Epargne è riuscito alla perfezione. Quando mancavano 3 km circa al traguardo, Valverde ha improvvisamente rilanciato, staccando istantaneamente Cobo, e portandosi in poche centinaia di metri nella scia di Evans e Basso, nel frattempo distanziati da uno scatenato Sanchez. Il murciano è quindi ripartito, andando a raggiungere Gesink all’ultimo chilometro, e facendo ancora in tempo a staccarlo di 4’’ con una lunghissima volata per il 5° posto. Così, solamente Sanchez e Mosquera sono riusciti a ridurre il distacco dal capoclassifica, rispettivamente di 22 (8 dei quali di abbuono) e 12 secondi.
Grazie a questo spettacolare recupero, Valverde ha addirittura rafforzato la sua leadership in classifica generale, e può ora gestire 31’’ su Gesink e 1’10’’ su Sanchez, gli unici avversari che in questo momento sembrano poterlo ancora spaventare. In particolare, malgrado un ritardo più che doppio, l’asturiano sembra in questo momento essere la più valida alternativa a Valverde, avendo dalla sua la cronometro di Toledo del penultimo giorno e un paio di discese a ridosso dell’arrivo. Tra gli altri, gli unici con distacchi ancora teoricamente recuperabili sono Basso (+1’28’’), Evans (+1’51’’) e Mosquera (+1’54’’). Anche in questo caso, il più pericoloso pare essere il peggio piazzato, che in questa tre giorni di montagne ha guadagnato su tutti, malgrado di qui a Madrid la strada non presenti più molte occasioni per un camoscio come lui. Quel che è certo è che, se qualcuno intende ancora provare a mettere in discussione la supremazia di Valverde, più che con le gambe, dovrà farlo con la fantasia.

Matteo Novarini

Evans e Valverde in azione sulla salita di Xorret de Catì, sede darrivo della nona tappa della Vuelta 2009 (foto Bettini)

Evans e Valverde in azione sulla salita di Xorret de Catì, sede d'arrivo della nona tappa della Vuelta 2009 (foto Bettini)

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