25-09-2020

settembre 25, 2020 by Redazione  
Filed under Ordini d'arrivo

CAMPIONATI DEL MONDO DI CICLISMO – CRONOMETRO UOMINI

L’italiano Filippo Ganna si è imposto nella corsa a cronometro, circuito di Imola, percorrendo 31.7 Km in 35′54″ alla media di 52.98 Km/h. Ha preceduto di 26″ il belga Wout van Aert e di 29″ l’elvetico Stefan Küng. In gara anche l’italiano Edoardo Affini, 14° a 1′31″

GANNA NON INGANNA! E’ ORO MONDIALE.

settembre 25, 2020 by Redazione  
Filed under News

Filippo Ganna trionfa nella cronometro mondiale di Imola battendo il belga Wout Van Aert e lo svizzero Stefan Kung. La vittoria per l’italiano non è mai stata in discussione visto che già al primo intermedio aveva un vantaggio di 20 secondi sull’ex iridato Rohan Dennis, poi crollato nel finale. Ai Mondiali questo è il primo oro per l’Italia nella specialità e fa ben sperare in vista delle prove in linea.

Dal siriano Ahmad Badreddin Wais, primo a partire alle ore 14.30 all’australiano Rohan Dennis, ultimo a prendere il via alle 15.54, saranno 57 i ciclisti che percorreranno i 31 km e 200 metri sui quali si svolge la prova a cronometro dei Campionati Mondiali di Imola 2020. Lo stesso percorso affrontato ieri dalle donne e che ha visto il trionfo dell’olandese Anna Van Der Breggen. Rispetto a ieri, potrebbero influire le condizioni meteo, visto che nel pomeriggio è previsto vento da moderato a forte, con raffiche superiori ai 60 km all’ora. Dennis vuole il terzo titolo iridato consecutivo ma dovrà fare i conti con ciclisti che hanno dimostrato il loro valore in questo scorcio di stagione. Tom Dumoulin per l’Olanda e Wout Van Aert per il Belgio escono molto bene dal Tour de France e vorranno dire la loro su un percorso che forse non gli si addice completamente ma che potrà comunque mettere in mostra le indubbie qualità dei due. Grande attesa per Filippo Ganna, che dopo il bronzo dello scorso anno sembra poter puntare ad una medaglia più pregiata. Da segnalare anche la presenza del campione europeo Stefan Kung. Lo svizzero, da molti considerato il nuovo Cancellara, ha messo tutti in fila agli scorsi Campionati Europei e sogna di ripetere le gesta del più noto connazionale. Esce bene dal Tour anche Remi Cavagna, che potrebbe essere la sorpresa sulla quale punta la Francia. Altri papabili per la top five, e perché no anche qualcosa in più, sono Victor Campenaerts, Geraint Thomas, Alex Dowsett e Kasper Asgren, per una prova mondiale che non ha un favorito principe. Molti pronostici danno un testa a testa tra Dennis e Ganna ma, come detto all’inizio, bisognerà vedere anche come si evolverà la situazione meteo. In una cronometro che vedeva sostanzialmente tutti gli atleti competere con le condizioni meteo uguali per tutti, il palcoscenico se lo prendeva Filippo Ganna che dominava la prova iridata già nei riferimenti cronometrici del primo intermedio, quando faceva segnare un vantaggio di oltre 20 secondi su Rohan Dennis. Soltanto Wout Van Aert e Stefan Kung cercavano di limitare i danni sullo scatenato atleta piemontese, che aumentava il vantaggio nella seconda parte del percorso, in leggera discesa e con il vento a favore. Ganna sfrecciava sul traguardo dell’autodromo di Imola chiudendo in 35 minuti e 54 secondi, alla media di 52.981, unico ciclista a scendere sotto i 56 minuti. In seconda posizione Van Aert conquistava l’argento a 26 secondi di ritardo da Ganna mentre Kung era terzo e medaglia di bronzo con 29 secondi di ritardo dall’italiano. Chiudevano la top five in quarta posizione Geraint Thomas a 37 secondi di ritardo e un deludente Rohan Dennis in quinta posizione a 39 secondi di ritardo. La delusione era ancora più per Tom Dumoulin, ex iridato nel 2017 e soltanto decimo oggi con 1 minuto e 14 secondi di ritardo da Ganna. Da segnalare infine la quattordicesima posizione di Edoardo Affini, l’altro ciclista italiano in gara. Concluse le prove a cronometro, domani e dopodomani sarà la volta delle prove in linea. Gareggeranno prima le donne con l’Olanda squadra da battere – basti pensare che lo squadrone orange ha vinto le ultime tre edizioni con Chantal Blaak, Anna Van der Breggen e Annemiek Van Vleuten; quest’ultima ha sciolto le riserve e sarà al via nonostante un polso malconcio. Dopodomani il gran finale con la prova su strada Uomini, in cui come per la prova a cronometro si paventa una sfida tra Van Aert ed Alaphilippe, ma la durezza del percorso e la lunghezza di quasi 260 km lascia aperte le porte a molte alternative.

Giuseppe Scarfone

La vittoria di Ganna nella Crono Mondiale (foto Bettini)

La vittoria di Ganna nella Crono Mondiale (foto Bettini)

ROMBO VAN DER BREGGEN A IMOLA. E’ SUA LA CRONO MONDIALE

settembre 24, 2020 by Redazione  
Filed under News

La caduta e il ritiro della statunitense Chloe Dygert, favorita della vigilia, favorisce l’olandese Anna Van Der Breggen che è prima sull’autodromo di Imola e mette la ciliegina sulla torta ad una carriera già eccezionale. Seconda è la svizzera Reusser, mentre terza l’altra olandese Ellen Van Dijk. Decima l’italiana Vittoria Bussi.

Il primo dei quattro giorni dei Mondiali di Ciclismo su Strada di Imola è riservato alla prova a cronometro femminile. Su un percorso che sfiora i 32 km la statunitense Chloe Dygert difende il titolo conquistato lo scorso anno, dimostrando una netta superiorità sulla coppia olandese formata da Anna Van Der Breggen ed Annemiek Van Vleuten, seconda e terza rispettivamente a 1 minuto e 32 secondi ed a 1 minuto e 52 secondi dalla Dygert. A causa della frattura al polso rimediata la scorsa settimana al Giro Rosa, proprio la Van Vleuten, campionessa iridata della specialità nel 2017 e nel 2018, è costretta al forfait ed alla Van Der Breggen si unisce così Ellen Van Dijk, per una coppia orange comunque di tutto rispetto. Erano cinquanta le atlete al via. Non partente la ciclista uzbeka Olga Zabelinskaya. Le speranze dell’Italia erano tutte sulle spalle di Vittoria Bussi, detentrice della record dell’ora. Una Bussi, diciamolo subito, che si è difesa sulla distanza ottenendo un onorevole decimo posto. L’attesa Chloe Dygert, prima al rilevamento cronometrico di metà percorso posto al km 14.9, vedeva svanire il sogno del bis iridato quando a circa 10 km dall’arrivo, nei pressi della frazione di Codrignano, prendeva troppo larga una curva in discesa verso destra uscendo di strada dopo aver battuto sul guardrail. L’atleta statunitense veniva caricata sull’ambulanza e trasportata all’ospedale di Imola per accertare le sue condizioni di salute. Nel frattempo la svizzera Marlen Reusser andava a concludere la sua prova in prima posizione scavalcando di 31 secondi l’olandese Ellen Van Dijk. A sua volta però incombeva Anna Van Der Breggen, che dopo un confronto testa a testa con la svizzera, nel finale dava un’accelerata decisiva che le permetteva di fare meglio della Reusser per 15 secondi. La trentenne di Zwolle mette così la ciliegina sulla torta ad una carriera fin qui strepitosa. Dopo l’oro olimpico su strada del 2016 e l’oro mondiale ancora su strada del 2018, oltre ai successi in tutte le grandi classiche del Nord, nonché la terza maglia rosa conquistata la scorsa settimana, l’olandese ottiene la medaglia più ambita nell’unica prova iridata che ancora le mancava, dopo i quattro argenti conquistati rispettivamente nel 2015, 2017, 208 e 2019. Chiudevano la top five mondiale la tedesca Lisa Brennauer in quarta posizione e l’australiana Grace Brown in quinta posizione, rispettivamente a 45 secondi di ritardo e a 1 minuto e 1 secondo di ritardo dalla Van der Breggen. Domani spazio agli uomini che si affronteranno sullo stesso percorso. Grande attesa per Filippo Ganna, che dopo aver vinto i Campionati Italiani e la cronometro finale della Tirreno Adriatico punta deciso ad una medaglia pregiata. Dovrà vedersela, tra gli altri, con Rohan Dennis, che ambisce al terzo mondiale consecutivo. L’australiano è uno dei grandi favoriti nonché l’unico che potrebbe portare l’oro al di fuori dell’Europa, visto che oltre a Ganna sono presenti atleti del calibro di Remi Cavagna, Geraint Thomas, Tom Dumoulin e la temibilissima coppia belga formata da Victor Campenaerts e Wout Van Aert. Ma attenzione anche a Stefan Kung, attuale campione europeo della specialità: da molti definito il nuovo Cancellara , il talento svizzero è quello che potrebbe far saltare il banco domani a Imola.

Giuseppe Scarfone

Anna van der Breggen in azione nella crono iridata (Getty Images Sport)

Anna van der Breggen in azione nella crono iridata (Getty Images Sport)

24-09-2020

settembre 24, 2020 by Redazione  
Filed under Ordini d'arrivo

CAMPIONATI DEL MONDO DI CICLISMO – CRONOMETRO DONNE

L’olandese Anna van der Breggen si è imposto nella corsa a cronometro, circuito di Imola, percorrendo 31.7 Km in 40′20″ alla media di 47.16 Km/h. Ha preceduto di 15″ l’elvetica Marlen Reusser e di 31″ la connazionale Ellen van Dijk. Due italiane in gara: Vittoria Bussi 10° a 1′46″, Vittoria Guazzini 25° a 2′56″

22-09-2020

settembre 22, 2020 by Redazione  
Filed under Ordini d'arrivo

PARIS – CAMEMBERT

Il francese Dorian Godon (AG2R La Mondiale) si è imposto nella corsa francese, Pont-Audemer – Livarot-Pays-d’Auge, percorrendo 194.5 Km in 4h23h’41″ alla media di 44.26 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’olandese Maurits Lammertink (Circus – Wanty Gobert) e di 8″ il connazionale Nacer Bouhanni (Team Arkéa Samsic). Miglior italiano Andrea Vendrame (AG2R La Mondiale), 4° a 8″

GIRO DEL LUSSEMBURGO: DIEGO ULISSI DOMINATORE

settembre 22, 2020 by Redazione  
Filed under News

Due tappe, un secondo posto e classifica generale per Diego Ulissi, vero padrone della corsa dall’inizio alla fine. Alle sue spalle Hoelgaard, distanziato di 25″, e Aimé De Gendt

Non si può affermare che l’edizione 2020 del Giro del Lussemburgo non sia stata ricca di sorprese e colpi di scena, in ambito sportivo e non solo. Pronti via e durante la prima frazione è stata subito la cronaca a farla da padrone: traffico aperto in alcune zone del percorso, auto in strada e persino un camion fermo che ha provocato la caduta di alcuni corridori. Al termine di questa giornata surreale è stato Diego Ulissi (UAE-Team Emirates) a spuntarla sul belga Amaury Capiot (Sport Vlaanderen) e sul rumeno Eduard-Michael Grosu (Nippo Delko – One Provence) grazie ad uno sprint degno dei tempi migliori sul traguardo di Lussemburgo che gli è valso così anche il primato provvisorio in classifica generale.
Anche la seconda giornata si è svolta all’insegna della polemica: il gruppo ha indetto uno sciopero proprio in seguito dei problemi relativi alla sicurezza in corsa e la tappa è stata così neutralizzata fino al circuito finale. Si è giunti così alla volata a ranghi compatti sul traguardo di Hesperange, regolata da un brillante Arnaud Démare (Groupama FDJ) davanti a Jasper Philipsen (UAE-Team Emirates) e Alexander Krieger (Alpecin -Fenix).
Terza frazione di nuovo appannaggio delle ruote veloci: a Schifflange è stato John Degenkolb (Lotto Soudal) il più veloce, battendo Grosu (NippoDelko) e Pieter Vanspeybrouck (Circus – Wanty Gobert). Grazie al brillante secondo posto e all’abbuono, il giovane rumeno è riuscito a sfilare la maglia di leader ddalle spalle di Ulissi, sceso dal primo al secondo posto della classifica con un passivo di cinque secondi.
Il corridore toscano l’indomani ha nuovamente ribaltato la situazione a suo favore nella quarta frazione, al termine della quale è stato lo stesso Ulissi ad esultare, dopo aver portato via dal gruppo un quartetto interessante composto da Aimé De Gendt (Circus – Wanty Gobert), Markus Hoelgaard (Uno-X Pro Cycling Team) e Tim Wellens (Lotto Soudal), che poi ha messo in fila in volata.
Nella quinta e ultima frazione, ancora con arrivo a Lussemburgo città, è stato di nuovo il leader della classifica a smuovere le acque e dare il via al tentativo decisivo. Sulla linea del traguardo soltanto Andreas Kron, giovane danese della Riwal Securitas, è riuscito a mettere le proprie ruote davanti ad Ulissi, che con il secondo posto di giornata ha potuto in questo modo consolidare il primato in classifica finale. Terzo di giornata e in classifica si è piazzato Hoelgaard, risultato di prestigio ottenuto davanti a due corridori di tutto rispetto come De Gendt e Wellens.
In classifica Ulissi si impone con 25″ su Hoelgaard e 27″ su De Gendrt, candidandosi come uno degli corridori più interessanti della nazionale che Davide Cassani domenica schiererà al mondiale di Imola

Lorenzo Alessandri

La vittoria di Ulissi nella decisiva quarta frazione (foto Bettini)

La vittoria di Ulissi nella decisiva quarta frazione (foto Bettini)

TOUR 2020: LE PAGELLE

settembre 21, 2020 by Redazione  
Filed under Approfondimenti

Ecco le pagelle del Tour appena terminato. Ovviamente è per Tadej Pogacar il voto massimo.

TADEJ POGACAR: Fe-no-me-na-le. Lo sloveno, con bici Colnago, ha scritto la storia in questo Tour de France collezionando record su record. Un risultato che non meraviglia tanto dopo le premess dello scorso anno. Nella crono finale, sulla salita de La Planche des Belles Filles, soffia a Roglic la maglia gialla e l’onore di essere il primo ciclista a portare la Slovenia sul gradino più alto del podio del Tour de France. Primo ciclista dell’UAE-Team Emirates Pogacar a vincere il Tour de France. Oltre alla maglia gialla conquista anche quella a pois riservata al miglior scalatore e quella bianca riservata al miglior giovane. In tutto ciò, Tadej, classe 1998, risulta essere il secondo vincitore più giovane della corsa. Vincitore di tre tappe, e che tappe, che impreziosiscono ancor di più un talento cristallino che segnerà il futuro delle grandi corse a tappe. Un pensiero speciale a Beppe Saronni che tanto ci era rimasto male per la defezione di Fabio Aru, ma che potrà festeggiare alla grande con Pogacar. VOTO: 10

WOUT VAN AERT: Il belga riesce a vincere due tappe di alto spessore, la prima a Privas con finale in leggera salita battendo i migliori velocisti del panoramana ciclistico. La seconda vittoria arriva a Lavaur, sempre in volata, ma dopo una corsa dura che aveva segnato le gambe dei corridori. Per lui un grande lavoro in funzione del proprio capitano Roglic che lo ha fatto desistere dal competere per la maglia verde. Un Tour dove ha mostrato il meglio di sè. VOTO: 8

SAM BENNETT: L’irlandese, velocista della Deceuninck, ha un treno formidabile al suo seguito, eppure riesce ad imporsi su Ewan solo a Saint-Martin-de-Ré e a Parigi, terminando in parità questa sfida particolare con l’australiano. Vince alla grande la classifica a punti dove con classe, e soprattutto con testa, riesce a beffare un nervoso Peter Sagan. VOTO: 7,5

SEPP KUSS: Gregario formidabile e affidabile. Si mette a disposizione di Roglic e svolge il lavoro alla perfezione quando la strada comincia a salire. Un uomo squadra che la Jumbo-Visma dovrà tenersi stretto. VOTO: 7.5

RICHIE PORTE: Con la sua andatura regolare, senza spunti incisivi o degni di nota, senza forature o cadute importanti, il tasmaniano in forza alla Trek-Segafredo riesce a portare a casa un terzo posto che gli vale il primo podio della carriera al Tour de France e in un Grande Giro. VOTO: 7,5

JULIAN ALAPHILIPPE: Il francese non è un uomo da Grandi Giri, l’anno scorso è stato un caso più unico che raro, ma lui è un campione, e che siano corse di un giorno o a tappe da sempre il meglio di sè. Vince una tappa, la seconda a Nizza, e conquista la maglia gialla per tre giorni. Con l’inizio delle salite perde maglia e posizioni. Avrà altre occasioni per vincere delle tappe, si renderà protagonista di varie fughe, ma senza seguito. VOTO: 7

DAMIANO CARUSO: Con l’ottima prova nella crono de La Planche des Belles Filles il siciliano conquista una meritata decima posizione nella classifica generale che gli rende molto onore. Una vita da gregario, sempre a disposizione del capitano di turno; pochi i Grandi Giri in carriera corsi da capitano, sempre senza un team a sua completa disposizione, ma in questo Tour ha dimostrato che con la sua regolarità, su di lui si può sempre contare. Per il trentaduenne siciliano della Bahrain-Merida si tratta di un bellissimo risultato, considerando che non sono mancate le occasioni in cui a dovuto lavorare per il compagno di squadra Mikel Landa. VOTO: 7

CALEB EWAN: Con due vittorie in volata dimostra di essere uno dei velocista più forti in circolazione. Purtroppo stecca la prima tappa dove non riesce a sprintare come si deve e deve rinunciare alla maglia gialla in favore di Kristoff. VOTO: 7

MARC HIRSCHI : Il ventiduenne ariva secondo alle spalle di Alaphilippe nella seconda tappa, non ci sta e andrà sempre all’attacco, in ogni tappa, finché riuscirà a vincere a Sarran. Alla fine vincerà anche lo speciale premio della combattività. VOTO: 7

SOREN KRAGH ANDERSEN: il corridore del Team Sunweb esce presto di classifica per sfruttare le fughe nella seconda e terza settimana. E grazie a queste fughe riesce a vincere due tappe, a Lione e a Champagnole. VOTO: 7

ENRIC MAS: Il corridore della Movistar, classe 95, riesce ad arrivare 5° a Parigi. Con la sua gamba e corsa regolare riesce a scavalcare fior fiori di ciclisti in classifica e cogliere un piazzamento finale importante. Certo, in futuro, per vincere dovrà cambiare tattica di corsa, ma ha tutte le qualità per farlo.
VOTO: 7

TOM DUMOULIN: All’inizio del Tour si sprecano le voci per chi sia il capitano della Jumbo-Visma, Roglic o Dumoulin; alla fine l’olandese mette tutti a tacere quando nell’ottava tappa si mette a lavorare di sua volontà per lo sloveno, per poi staccarsi e perdere terreno in classifica. Il problema che poi rientra facilmente in classifica, nonostante il suo lavoro di gregario per Roglic, tanto che a Parigi finirà settimo con poco meno di otto minuti da Pogacar. Col senno di poi è sempre facile parlare, ma nella terza settimana per la forma non sembrava inferiore a nessuno, Pogacar escluso: una situazione che poteva valutare meglio. Arriva secondo nella crono finale. VOTO: 6,5

LENNARD KÄMNA E NANS PETERS: Entrambi protagonisti delle fughe di giornata, riescono meritatamente a trovare una vittoria a testa. VOTO: 6,5

ALEXANDER KRISTOFF: Primo ciclista ad indossare la maglia gialla al Tour de France grazie alla vittoria in volata nella tappa d’apertura di Nizza. Purtroppo per lui non arriveranno altre occasioni per festeggiare. VOTO: 6,5

MICHAEL KWIATKOWSKI: Con la vittoria a La Roche-sur-Foron riesce a salvare un Tour de France 2020 che altrimenti sarebbe stato disastroso per l’Ineos Grenadiers. Un edizione dove il capitano designato Bernal, nonché campione in carica, si ritira per vari problemi fisici, Carapaz (voto 5,5) – che doveva esserne il vice – non riesce ad esprimersi e rimane sempre nel limbo. Amador (4,5) e Sivakov (4,5) sono impalpabili e mai nel vivo della corsa, tanto che finché Bernal stava bene più volte gli ultimi uomini in salita erano proprio il polacco e Castroviejo (6). VOTO: 6,5

MIKEL LANDA: Alla vigilia era dato come uno dei favoriti. Non riesce a scappare alle maglie della Jumbo-Visma e piano piano, tappa dopo tappa, si accomoda a ruota provando solo a portare a casa una posizione di prestigio. Non riesce ad arrivare sul podio ma trova un quarto posto che gli rende onore. VOTO: 6,5

MIGUEL ANGEL LOPEZ: Tra scivolate, cadute e bucature varie che lo accompagnano perennemente, anche stavolta il capitano dell’Astana riesce a terminare un Grande Giro con una buona posizione. Dispiace per lui che alla fine raccolga solo il sesto posto a causa di una prestazione alla crono che gli ha fatto perdere il podio. Lascia il segno imponendosi sul Col de la Loze. VOTO: 6,5

LUIS LEON SANCHEZ : Averlo in squadra è una garanzia, la sua esperienza e la sua duttilità sono manna per qualsiasi capitano. VOTO: 6,5

TONY MARTIN: Il tedescone della Jumbo-Visma è una garanzia per Roglic, sempre in testa nelle prime fasi della corsa. VOTO: 6,5

ALEXEY LUTSENKO: Un cacciatore di tappe come lui riesce sempre a trovare il bersaglio grosso e in Francia riesce ad aggiudicarsi la tappa con arrivo in salita sul Mont Aigoual.
Successivamente sarà costretto più volte a stare vicino al capitano Lopez, ma quando ha il via libera non riesce più a trovare il guizzo giusto. VOTO: 6

DANIEL FELIPE MARTINEZ: Dopo la vittoria del Delfinato ci aspettavamo qualcosa di più al Tour, ma non riesce a far classifica. Lascia il segno con la splendida vittoria sul Puy Mary. VOTO: 6

JAN POLANC E DAVID DE LA CRUZ : Dopo il ritiro di Aru e di Formolo, rimangono loro due come gregari di montagna per Pogacar. Fanno quel che possono e non sfigurano nonostante non siano dei mostri. VOTO: 6

RIGOBERTO URAN : Avete presente il Tour de France 2019 di Rigoberto Uràn? Bene, cambiate la data e il risultato è sempre lo stesso, solo una posizione cambia, quest’anno ottavo. VOTO: 6

ADAM YATES: Inizia bene, con costanza. Sgambetta agilmente durante le prime salite del Tour. Porta la maglia gialla per quattro tappe, per poi iniziare a spegnersi ed appannarsi lentamente. Termina la corsa al nono posto in classifica generale a quasi nove minuti da Pogacar. VOTO: 6

PRIMOZ ROGLIC: La beffa subita è un macigno che sarà dura da digerire e che potrà segnare in negativo il suo rendimento. Sul primo arrivo in salita, ad Orcières-Merlette, metteva tutti in riga, conquistando anche la leadership interna alla Jumbo-Visma, senza malumori esterni tra l’altro. Purtroppo per lui quando hai la corsa in pugno e vedi i diretti rivali mollare piano piano, con una squadra che ti mette a disposizione dei gregari formidabili tra cui Tom Dumoulin, hai la strada spianata verso il successo e non puoi sbagliare. Arrivare all’ultima crono con 57” di vantaggio dal secondo in classifica su un percorso a te congeniale e non riuscire a vincere il Tour è una vera e propria débâcle. Speriamo per Primoz che superi la beffa psicologicamente. VOTO: 5,5

EGAN BERNAL: Non prende il via alla diciassettesima tappa a causa di non specificati problemi. Una crisi Gran Colombier dal terzo posto in generale lo aveva fatto scivolare al sedicesimo posto a oltre 8 minuti da Roglic. La tappa successiva si era rivelata come un’altra via crucis finché per il vincitore del Tour de France 2019, non si è deciso insieme al Team Ineos di alzare bandiere bianca. Il talento c’è, non sarà una nube ad offuscare il futuro di Bernal, dove ne vedremo delle belle nei duelli con Pogacar. VOTO: 5

DANIEL MARTIN: Doveva essere l’uomo di classifica per la Israel Start-Up Nation, esce presto di classifica e non riesce nemmeno ad andar vicino alla vittoria di tappa. VOTO: 5

PETER SAGAN: Non arriva alla partenza di Nizza con i migliori auspici dopo un 2020 in cui ha corso male e lontano dal vero Sagan. Più volte sul podio di tappa, ma mai con l’impressione di poter vincere realmente una frazione di questo Tour de France. Belle le sue scaramucce con Bennett, ma queste non impediscono all’irlandese di portare a casa la maglia verde proprio ai danni dello slovacco. VOTO: 5

MADS PEDERSEN: Quando sei campione del mondo in carica non puoi correre un Tour de France anonimo come ha fatto il danese. Eppure il secondo posto nella prima tappa di Nizza poteva essere un buon auspicio; invece poi il nulla, lo si rivede solo nella tappa finale a Parigi con un altro secondo posto. VOTO: 5

MATTEO TRENTIN : L’italiano in forza al CCC Team coglie solo qualche piazzamento di tappa. Terzo nella classifica per la maglia verde, conclude un Tour senza nessuna azione degna di nota. VOTO: 5

ALEJANDRO VALVERDE: Lo spagnolo conclude una corsa senza nessun guizzo. Fuori dalla top ten della generale, lontanissimo dal vincere una tappa. L’età si fa sentire per tutti. VOTO: 5

EMANUEL BUCHMANN: Veniva dal quarto posto nella classifica generale dell’anno scorso e i presupposti affinché potesse ripetersi o almeno centrare la top ten c’erano tutti. Il tedesco della Bora, invece, non entra mai in corsa, sempre fuori fase e lontano dai migliori. VOTO: 4,5

NAIRO QUINTANA: L’ombra di se stesso. Ormai il treno per vincere il Tour de France è passato e ripassato più volte e non tornerà mai più, ma terminare diciassettesimo a più di un’ora dal vincitore era impensabile alla vigilia. VOTO: 4,5

THOMAS DE GENDT: Il belga è un’attaccante nato per natura, ma non si vedono sue tracce per tutta la durata della corsa. VOTO: 4

THIBAUT PINOT: Il francese conclude il Tour de France nell’anonimato più assoluto. Esce subito fuori di classifica e non riesce a farsi perdonare vincendo, o almeno provando a farlo, una tappa. VOTO: 4

ELIA VIVIANI: Per l’Italia le speranze erano racchiuse tutte in lui. Il velocista della Cofidis purtroppo stecca tutte le volate e il massimo che riesce a fare è un quarto posto nella frazione con arrivo a Saint-Martin-de-Ré. Per lui un’involuzione preoccupante. VOTO: 4

FABIO ARU: Che cosa dire riguardo il sardo, ha detto tutto il buon Saronni. L’augurio è quello di rivederlo presto in corsa con la grinta e la gamba di qualche stagione fa. VOTO: S.V.

Luigi Giglio

TUTTO IL BOTTO IN MEZZORA: POGI FA F5-REFRESH SU UN TOUR IN CONSERVA

settembre 21, 2020 by Redazione  
Filed under News

Al Tour Pogačar vince quasi tutto, ribalta il mondo e fa la Storia. Ancora emozionati per questo finale col botto dopo mesi di astinenza ciclistica, speriamo di veder liquidato il modo di correre per la generale che ha dominato in venti tappe su ventuno.

Pogačar, Pogačar, Pogačar. Una media di una tappa a settimana: il più giovane dal dopoguerra a far tripletta al Tour. Tre maglie su quattro: e con una distribuzione dei punteggi meno focalizzata sugli sprint, come s’è vista talora al Giro, avrebbe vinto pure quella a punti. Il solo Merckx si è permesso questo lusso nella storia del ciclismo tutta. E già sappiamo a menadito che vediamo trionfare il più giovane vincitore dal dopoguerra: ma stavolta parliamo del primo dopoguerra, perché lo batte solo Cornet col Tour del 1904. E Cornet, quel Tour, non lo vinse nemmeno sulla strada, dove fu quinto, bensì mesi e mesi dopo, a seguito di un ribollire di scandali e accuse incrociate. La bellezza di 116 anni fa. Vincendo da debuttante, il giovanissimo sloveno va a far compagnia a Fignon, Hinault, Merckx, Gimondi, Anquetil e Coppi. Un Olimpo nel quale compaiono pochissimi fuochi di paglia, e tutti riconducibili all’epoca dei pionieri o, al massimo, agli anni Cinquanta, quando il Tour ancora veleggiava al di sotto del Giro d’Italia per competitività.
Il colpo di teatro con cui si è materializzata la vittoria, poi, ne amplifica la memorabilità già decretata dagli annali: una prova devastante in cui Pogačar ha distrutto non solo Roglič, ma anche, assai simbolicamente, i suoi due scherani più fedeli nel blindare la corsa, due uomini di classe immensa contro il tempo – ancor più su tracciati tecnici – come Tom Dumoulin e Wout Van Aert, quest’ultimo pure in forma strabordante. Dopo settimane di fatiche da muli e sacrificio delle proprie ambizioni, i due fissano stralunati il monitor su cui si consuma il finale di partita. La chiave, probabilmente, nell’approccio di un Roglič partito per consolidare quel che dava per acquisito, ma gradatamente andato in panico nel vederselo strappare di tra le dita da parte di un Pogačar che invece, contro ogni pronostico esterno, si è lanciato come una furia ad azzannare il primato dannandosi fin dal primo metro e dando il tutto per tutto in ogni singolo minuto di quell’ora interminabile.
La grande domanda di fondo è forse quanto sapesse ciascuno dei giocatori in campo, sulla strada o in ammiraglia. Se fra Pogačar e il suo staff tecnico c’era una pur vaga coscienza di avere del margine, specialmente contro il tempo, l’intero Tour assumerebbe le vesti di una colossale beffa strategica mossa dal team UAE Emirates ai danni della corazzata Jumbo Visma. In assenza di altre crono in cui doversi esporre, ed evidentemente apparendo più equilibrato il confronto in salita, anche per via di una miscela di fattori tattici, decidere di segnare il punto decisivo quando non esiste altro terreno per rispondere avrebbe un retrogusto di astuzia crudele e sublime, specialmente perché in casa Emirates dopo i forfait di Aru e Formolo, e stante la forma precaria dell’altro sloveno Polanc, per gestire la situazione nei tapponi di salita c’era solo il redivivo David de la Cruz. Un po’ poco. A maggior ragione perché questo Tour offriva, sorprendentemente, un percorso ricco di potenziali spunti tattici e strategici, per quanto tutti regolarmente sperperati o neutralizzati dalla monotonia dei trenini alpini, quasi sempre in giallonero. Così non solo i Jumbo Visma hanno giocato sulla difensiva evitando di infierire con manovre collettive su un avversario il cui punto debole era la squadra, ma addirittura hanno condotto il tipo di gara che andava alla perfezione anche per quest’ultimo.
In questo senso, l’altro dato comunque clamoroso della prestazione di Pogačar viene, per lo meno, contestualizzato: il baby fenomeno ha polverizzato i record storici di ogni epoca quanto a velocità di scalata su ben sei salite del Tour, in ogni catena montuosa, ovvero in ogni momento della gara. I mitici Peyresourde e Marie-Blanque sui Pirenei, lo spettacolare Pas de Peyrol nel massiccio centrale, e sulle Alpi il Gran Colombier e la Planche des Belles Filles. Caduti dopo quasi vent’anni i temponi stabiliti dalle grosse cilindrate dei primi Duemila, così come vengono disintegrate le performance più recenti dei Pinot, Aru o Froome. In questo senso, impreziosisce il dato il fatto che nei colli precedenti di ciascuna tappa, a differenza che nell’era Sky, si pestasse sempre sodo: va però anche detto che il ritmo imposto dallo sciame Jumbo era estremamente regolare, per quanto esasperato, il che favorisce, per chi abbia le gambe di reggerlo, l’ottenimento del tempone con un’apnea finale di pochi minuti. Il ciclismo più autentico degli scatti e controscatti è per definizione meno efficace per la scalata rapida perché presuppone momenti di recupero e fasi di studio.
Questo elemento è altresì importantissimo per capire alcuni aspetti della nouvelle vague del ciclismo poco più che adolescente in travolgente ascesa: la disciplina si fa estremamente fisica, l’accento si sposta spesso su erogazioni focalizzate di potenza, il tutto in accordo con le qualità di atleti giovani. Ciò non vuol dire assolutamente che questi fenomeni appena ventenni manchino di visione di gara, anzi alcuni di loro hanno già dimostrato di averne in abbondanza: tuttavia una gara com’è stato questo Tour per tre settimane meno un giorno, non esige necessariamente di aver sviluppato chissà che fiuto o esperienza per discernere se e quando muoversi in funzione di giochi tattici più complessi. In un certo senso, potremmo dire che determinati aspetti della “fordizzazione” del ciclismo, specie al Tour, replicati massivamente dal Team Sky e ora importati in terra orange, vadano a rendere più plausibile l’affermazione di diversi atleti quasi imberbi ma fisicamente dotati, prima ancora che accumulino l’esperienza necessaria in altri periodi dello sport, quando l’età d’oro si situava a partire dai 27 o 28 anni proprio per questo fattore (unitamente ad altri).
Come hanno esplicitamente lamentato ai microfoni della stampa spagnola i vari Landa o Superman López durante il secondo giorno di riposo, si pensa a tener le ruote perché, quando si mette il naso al vento, è pressoché improduttivo farlo se non per il rush finale. L’han provato sulla propria pelle lo stesso Landa ma anche Adam Yates. Escursioni in avanscoperta “lontano” dall’arrivo durate pochi minuti e senza mai accumulare più di 30” di vantaggio. Al guinzaglio. In questo modo sparisce completamente il problema di come erogare o distribuire lo sforzo in modo articolato lungo una tappa e la questione si riduce a quanto gas si conservi dopo essersi attaccati al trenino per tutto il dì.
Certo che in questo modo, senza il gran botto della Planche, avevamo per le mani un Tour piuttosto monocorde, in cui un buon numero dei principali protagonisti previsti o prevedibili son saltati per disgrazie fisiche o incidenti più che per dinamiche di gara (Bernal, Quintana, Pinot, Bardet, ma anche su un altro piano Formolo o Mollema). Per il resto, gran parte dei distacchi seri andava maturando per cedimenti a turno nell’una o nell’altra tappa, magari ancor prima che partissero gli attacchi veri e propri, come capitò a Mas o López nella prima parte di gara, a Urán, Yates o Guillaume Martin nella seconda. Frequenti, nonostante gli affondi di Pogačar, le tappe di montagna in cui alla fin fine si arrivava assieme fra i migliori in sette o otto, seppur variabili. Tutto “very very Tour de France”, ma anche alquanto stantio. Gli arrivi in salita davvero emozionanti si sono ridotti a pochi minuti sulle pendenze caprine del Pas de Peyrol o del Col de la Loze, lasciando per strada le occasioni offerte da vere e proprie tappe trappola come l’ultima cavalcata alpina, l’escursione nel Vercors o quella nell’Auvergne. Mai, ma proprio mai, si è vista un’azione concertata da parte degli uomini di classifica se non su quella che di volta in volta fosse l’ultima ascesa. E, pure questo un classico del Tour, lo spettacolo viene semmai dai ventagli, oppure, come no, dalle fughe, ormai il piatto più appetibile che la gara transalpina possa offrire con una certa regolarità agli appassionati.
E, via, possiamo dirlo: meritava anche la lotta per la maglia verde in cui Sagan è uscito per la prima volta davvero sconfitto, sul campo e non immeritatamente e ingiustamente per un errore della giuria come in passato. Unica maglia non vinta da Pogačar, fra parentesi. Bravissimo l’irlandese Bennett, che, e qui andiamo in cronaca, vince anche la tappa finale dei Campi Elisi, coronando la devozione della sua squadra, la schiacciasassi Quickstep, a questa causa, nonostante la combattività dei Bora di Peter. La lotta fra lo sprinter puro, anche per stare in tempo massimo, l’ex tricampione mondiale e, nel suo piccolo, il nostro Trentin (che domina negli sprint intermedi ma paga troppo dazio in quelli finali di tappa), ha regalato grandi momenti tattici. Oltre a questo dato pur minore che concerne Trentin, l’Italia che pedala annovera fra gli elementi positivi il decimo posto di Caruso, agguantato con una splendida crono conclusiva. Già top ten a Giro e Vuelta, qui al Tour il piazzamento ha ben altro peso e sembra un bel regalo per chi di solito sgobba in funzione dei capitani. Per il resto poco da segnalare in casa Italia, se non un po’ di onesto gregariato “mercenario” qui e là, i patimenti di Aru, l’infortunio di Formolo, e, ancor piu triste, una certa abulia di Cataldo, De Marchi e Bettiol, proprio in una corsa improntata alle fughe.
Gli affanni di Aru e Sagan (ben più seri quelli del primo, sia chiaro) inducono a qualche pensiero finale sui nati nel magico anno 1990, perché la loro parabola di fenomeni tutti precocissimi potrebbe costituire – speriamo di no – una sorta di anticipazione rispetto a questa tendenza attuale all’esplosione giovanile. Oltre ai due suddetti in quell’anno ciclisticamente stellare nacquero anche Quintana, Dumoulin, Bardet, Pinot, Esteban Chaves, Kwiatkowski. Alla faccia, tutti in un anno. Orbene, anche se è stata globalmente significativa la messe di grandi giri, classiche monumento, mondiali in linea o contro il tempo, podi in CG, e via dicendo, colpisce assai che in molti se non tutti i casi l’evoluzione tecnica dell’atleta non sia andata molto oltre le premesse già stabilite solidamente attorno ai 25 anni, anno più anno meno. Proprio presso l’atteso salto verso il picco classico dei 27-28 si è anzi riscontrato spesso un plateau, se non un accumularsi di difficoltà svariate che si traducono – di caso in caso – in occasioni perse, sconfitte brucianti, cambi di squadra al ribasso, gregariato, ritiri, crolli e chi più ne ha più ne metta. Tutti loro paiono, ora come ora, schiantarsi su una crisi dei trent’anni che soleva appartenere più al cinema generazionale che al ciclismo. Tutto nei limiti della casualità? Forse sì, se non fosse che, a un livello minore di qualità, sembra riscontrarsi una parabola affine anche fra certe promesse del 1989 come Majka, Zakarin o lo stesso Landa. E, viceversa, i loro predecessori di lungo corso nati nel decennio precedente, addirittura nella prima parte dello stesso, hanno continuato fino a una o due stagioni fa, se non perfino in questa, a dar filo da torcere pur stagionatissimi: pensiamo a Nibali e Valverde, ma pure a nomi meno altisonanti come Urán o Fuglsang, e fino al 2016 anche a Purito Rodríguez.
I numeri aggregati di tutto il peloton paiono confermarlo: l’età di massima resa è passata dai 28 anni per i nati nei Settanta ai 27 susseguenti, e ora slitta sui rispettivi 26. Quel che è più sconcertante, però, è che il declino in termini di risultati – ripeto, a livello aggregato – è rapidissimo per i nati dopo l’86 come mai lo è stato nell’ultimo quarto di secolo, con una fascia di trentenni che rende come i trentaquattrenni che furono.
C’è ora da capire se i virgulti straordinari che stiamo vedendo sbocciare siano un’ulteriore e più veemente manifestazione della medesima tendenza, il che comincerebbe a essere preoccupante, oppure se – ferma restando la regola generale del ciclismo (dotata di belle eccezioni) per cui chi presto inizia presto finisce – sapranno confermarsi al massimo livello anche nei prossimi otto o nove anni, sopportando il peso del carico crescente in notorietà e sacrifici.
Ma intanto godiamoci la freschezza con cui in un solo giorno, in una sola ora, in un solo quarto d’ora, questo Pogačar con la faccia da studente ha spazzato via come una brezza l’aria pesante di un Tour, al solito, troppo ingessato e poco spumeggiante, benché finalmente eccitante nel tracciato e, quantomeno, a tutto tondo nell’intensità del passo.

Gabriele Bugada

Il podio del Tour de France 2020 (Getty Images Sport)

Il podio del Tour de France 2020 (Getty Images Sport)

20-09-2020

settembre 20, 2020 by Redazione  
Filed under Ordini d'arrivo

TOUR DE FRANCE

L’irlandese Sam Bennett (Deceuninck – Quick Step) si è imposto nella ventunesima ed ultima tappa, Mantes-la-Jolie – Parigi, percorrendo 122 Km in 2h53′32″ alla media di 42.18 Km/h. Ha preceduto allo sprint il danese Mads Pedersen (Trek – Segafredo) e lo slovacco Peter Sagan (Bora – Hansgrohe). Miglior italiano Elia Viviani (Cofidis, Solutions Crédits), 5°. Lo sloveno Tadej Pogačar (UAE-Team Emirates) si impone in classifica con 59″ sul connazionale Primož Roglič (Team Jumbo-Visma) e 3′30″ sull’australiano Richie Porte (Trek – Segafredo). Miglior italiano Damiano Caruso (Bahrain – McLaren), 10° a 14′03″.

GRAND PRIX D’ISBERGUES – PAS DE CALAIS

Il francese Nacer Bouhanni (Team Arkéa Samsic) si è imposto nella corsa francese, circuito di Isbergues, percorrendo 199.3 Km in 4h31′46″ alla media di 44.00 Km/h. Ha preceduto allo sprint il connazionale Romain Cardis (Team Total Direct Énergie) e il belga Timothy Dupont (Circus – Wanty Gobert). Miglior italiano Luca Mozzato (B&B Hotels – Vital Concept p/b KTM), 4°.

GOOIKSE PIJL

L’olandese Danny van Poppel (Circus – Wanty Gobert) si è imposto nella corsa belga, circuito di Gooik, percorrendo 200.7 Km in 4h26′26″ alla media di 45.54 Km/h. Ha preceduto allo sprint il belga Gerben Thijssen (Lotto Soudal) e il connazionale Arvid de Kleijn (Riwal Securitas Cycling Team). Ritirato l’unico italiano in gara, Peter Cevini (EvoPro Racing)

TOUR OF MALOPOLSKA (Polonia)

Il norvegese Torstein Træen (Uno-X Pro Cycling Team) si è imposto nella terza ed ultima tappa, Chochołowskie Termy – Przehyba, percorrendo 131 Km Km in 3h04′38″ alla media di 42.57 Km/h. Ha preceduto di 11″ il ceco Vojtěch Řepa (Topforex Lapierre Pro Cycling Team) e di 55″ l’ucraino Anatoliy Budyak (Wibatech Merx 7R). Miglior italiano Walter Calzoni (Gallina Colosio Eurofeed), 73° a 12′08″. Řepa si impone inclassifica con 3″ su Træen e 54″ sul polacco Piotr Brożyna (Voster ATS Team). Miglior italiano Simone Innocenti (Gallina Colosio Eurofeed), 82° a 21′02″.

GP INTERNACIONAL TORRES VEDRAS – TROFEU JOAQUIM AGOSTINHO (Portogallo)

Il portoghese Frederico José Oliveira Figueiredo (Atum General / Tavira / Maria Nova Hote) si è imposto nella seconda ed ultima tappa, Turcifal – Parque Eólico da Carvoeira, percorrendo 145.2 Km Km in 3h28′56″ alla media di 41.70 Km/h. Ha preceduto di 1″ il connazionale Luís Gabriel Silva Gomes (Kelly / InOutBuild / UD Oliveirense) e di 13″ il connazionale Luís Carlos Ribeiro Nunes Mendonça (Efapel). Nessun italiano in gara. Oliveira Figueiredo si impone in classifica con 5″ su Silva Gomes e 8″ su Ribeiro Nunes Mendonça

L’ÉTAPE DU JOUR: MANTES-LA-JOLIE – PARIGI

settembre 20, 2020 by Redazione  
Filed under Approfondimenti

Il Tour è arrivato al suo ultimo atto, la classica passerella conclusiva di fine corsa con spettacolare approdo sull’Avenue des Champs-Élysées

Il primo GT post covid (anzi, intra covid vista l’attuale situazione dell’emergenza sanitaria in Francia) è giunto al suo atto conclusivo, la tradizionale passerella con approdo fissato sugli Champs-Élysées. Si partirà da Mantes-La-Jolie, cittadina situata una sessantina di chilometri a ovest della capitale francese, in direzione della quale si viaggerà seguendo un tracciato prevalentemente pianeggiante. Quest’anno non è, infatti, stato inserito nel percorso uno dei passaggi immancabili dell’ultima tappa, l’attraversamento della valle della Chevreuse, dove si andavano ad affrontare una serie di piccole salitelle. Ci sarà comune spazio per un ultimo gran premio della montagna – la facilissima Côte de Beulle (2.3 Km al 3.6) da scavalcare a poco più di 13 Km dal via – mentre alle porte di Parigi si dovrà superare anche l’ascesa del Pavé de Meudon (1500 metri al 4,6%) che, a dispetto del nome, presenta strada perfettamente asfaltata. Entrati in Parigi quando mancheranno 56 Km alla conclusione, una dozzina di chilometri più avanti si transiterà per la prima volta dal traguardo e si inizieranno gli 8 giri del tradizionale circuito degli Champs-Élysées, movimentato da un paio di tratti in lieve ascesa, il primo pedalando in direzione dell’Arco di Trionfo e il secondo all’uscita dal sottopassaggio dal Louvre.
A meno d’imprevedibili sorprese, l’epilogo sarà in volata, poi spazio ai festeggiamenti per il vincitore della 107a edizione del Tour de France

METEO TOUR

Mantes-la-Jolie: poco nuvoloso, 27.3°C, vento moderato da E (12-13 Km/h), umidità al 50%
Versailles (Km 40) : poco nuvoloso con possibilità di deboli e isolate precipitazioni, 27.7°C, vento debole da ENE (9-12 Km/h), umidità al 50%
Parigi – 1° passaggio (Km 67.5) : poco nuvoloso, 28.5°C, vento moderato da ENE (10-13 Km/h), umidità al 39%
Parigi – arrivo : nubi sparse, 27.6°C, vento moderato da NE (11-14 Km/h), umidità al 43%

GLI ORARI DEL TOUR

15.40: inizio trasmissione Eurosport 1 (20 minuti prima del via)
16.00: partenza da Mantes-la-Jolie
16.20-16.25: scollinamento Côte de Beulle
17.00: inizio trasmissione RAI2 (a circa 40 Km dal via, poco prima del passaggio dalla reggia di Versailles)
17.30-17.45: ingresso del gruppo in Parigi
17.50-18.05: primo passaggio dal traguardo
18.10-18.20: traguardo volante sull’Haut des Champs-Élysées
18.50-19.10: arrivo da Parigi

UN PO’ DI STORIA

Fatti realizzare nel 1616 su iniziati della regina consorte di Francia Maria de’ Medici sul luogo dove si estendevano dei semplici campi, da 50 anni a questa parte gli Champs-Élysées sono divenuti la naturale sede d’arrivo del Tour de France, inagurata nel 1975 con il successo del belga Walter Godefroot. Sono stati proprio i corridori arrivati dal Belgio ad ottenere il maggior numero di successi sull’avenue parigina imponendosi in 10 occasioni tra il 1975 e il 2008. Nella speciale classifica della nazioni più vittoriose sugli Champs-Élysées troviamo in seconda posizione la Germania a quota sei affermazioni, tallonata da Francia e Italia, entrambe con cinque viittore: per i nostri si sono imposti Guido Bontempi nel 1986, Fabio Baldato nel 1996, Nicola Minali nel 1997, Stefano Zanini nel 2002 e Fabio Baldato nel 2007; seguono in classifica Olanda e Regno Unito a quota 4, Australia a quota 3, Norvegia, Uzbekistan e Stati Uniti a quota 2, mentre hanno ottenuto una vittoria a test Svizzera, Repubblica Ceca, Russia e Kazakistan. Per quanto riguarda i corridori il plurivittorioso sugli Champs-Élysées è stato il britannico Mark Cavendish, consecutivamente quattro volte primo. Nessuno ha mai ottenuto tre vittorie su questo traguardo mentre a portare a casa una doppietta sono stati il francese Bernard Hinault, il belga Freddy Maertens, i tedeschi André Greipel e Marcel Kittel, l’uzbeko Djamolidine Abdoujaparov e l’australiano Robbie McEwen.

Mauro Facoltosi

LAvenue des Champs-Élysées e, in trasparenza, laltimetria dellultima tappa del Tour (www.getyourguide.it)

L'Avenue des Champs-Élysées e, in trasparenza, l'altimetria dell'ultima tappa del Tour (www.getyourguide.it)

« Pagina precedentePagina successiva »