18-05-2010

maggio 19, 2010 by Redazione  
Filed under Ordini d'arrivo

GIRO D’ITALIA
Lo statunitense Tyler Farrar (Garmin – Transitions) si è imposto nella decima tappa, Avellino – Bitonto, percorrendo 230 Km in 5h49′14″, alla media di 39,515 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’italiano Fabio Sabatini (Liquigas-Doimo) e il neozelandese Dean. Maglia rosa è il kazako Alexandre Vinokourov (Astana), con 1′12″ sull’australiano Evans e 1′33″ sull’italiano Vincenzo Nibali (Liquigas-Doimo).

AMGEN TOUR OF CALIFORNIA
Lo statunitense David Zabriskie (Garmin-Transitions) si è imposto nella terza tappa, San Francisco – Santa Cruz, percorrendo 182,9 Km in 4h26′09″, alla media di 41,232 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’austrlaiano Rogers e lo statunitense Leipheimer. Miglior italiano Francesco Bellotti (Liquigas-Doimo), 24° a 17″. Lance Armstrong (Team Radioshack) è 14°, pure a 17″.
Zabriskie è il nuovo leader della corsa, con 4″ su Rogers e 6″ su Leipheimer. Miglior italiano Bellotti, 15° a 27″, Armstrong è 12° (pure a 27″).

OLYMPIA’S TOUR (Paesi Bassi)
Lo statunitense Taylor Phinney (Trek-Livestrong U23) si è imposto anche nella prima tappa, Heerenveen – Meppel, percorrendo 156,1 Km in 3h23′18″, alla media di 46,070 Km/h. Ha preceduto allo sprint gli olandesi Vermeltfoort e Pronk. Unico italiano in gara, Stefano Palu (Team NRW) è 136° a 9′23″. Ora Phinney comanda con 27″ sul neozelandese Sergent e 40″ sul britannico Dowsett.

TOUR OF JAPAN
L’italiano Claudio Cucinotta (De Rosa – Stac Plastic) si è imposto nella terza tappa, circuito di Mino, percorrendo 160,7 Km in 3h42′35″, alla media di 43,318 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’australiano Dempster e il giapponese Miyazawa. L’austaliano Michael Matthews (Team Jayco – Skins) conserva la maglia di leader, con 9″ sull’italiano Cristiano Salerno (De Rosa – Stac Plastic) e 14″ sull’australiano Lapthorne.

LUCERA – L’AQUILA: LA TAPPA DELLA RINASCITA

maggio 19, 2010 by Redazione  
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Sarà il giorno della speranza per i tifosi aquilani che, per la seconda volta in un anno, saranno abbracciati dalla corsa rosa. In occasione del centenario fu organizzata in fretta e furia una pedalata della solidarietà, stavolta sarà gara vera e impegnativa. Controbatte un tracciato non eccezionale altimetricamente l’elevata distanza da percorrere, ben 262 Km. I “girini” dovranno scavalcare le mitiche ascese del Macerone, di Rionero Sannitico e di Roccaraso prima di approdare nella conca aquilana, col finale preceduto dal passaggio sulla “strada delle svolte”, itinerario molto noto agli appassionati di automobilismo. Sarà una giornata ideale per imbastire fughe a lunga gittata, ma l’ipotesi di un arrivo del gruppo allo sprint non è per nulla remota.

Questa tappa ha una data di nascita, un estremo insolito per le frazioni di un grande giro, generalmente individuate dal giorno nel quale sono disputate. La Lucera – L’Aquila è nata nella notte del 6 aprile 2009, alle 3 e 32 minuti, con vagiti che hanno scosso l’intera nazione. Con l’imminente avvicinarsi della partenza del Giro da Venezia, anche il pensiero unanime dei tifosi si è innalzato agli sfollati e molti hanno formulato il desiderio che la corsa rosa portasse loro un fugace attimo di speranza, nonostante il tracciato non contemplasse il passaggio da quelle zone. Un mese più tardi, approfittando della giornata di riposo a Chieti, l’organizzazione promuoveva una pedalata solidale tra i centri più colpiti e le tendopoli allestite nei campi di prima accoglienza, alla quale parteciparono i grandi campioni del passato. Cinque giorni più tardi, accogliendo l’approdo finale del Giro del Centenario al Quirinale, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano dava consistenza a un’idea che gironzolava quasi sottovoce nell’ambiente – con tutte le preoccupazioni che avranno, si pensava, non è il caso di proporre un’onerosa tappa della corsa rosa – da qualche settimana: “Portate il Giro all’Aquila”.
Una tappa che parte da molto lontano, dunque, e che porterà molto lontano i “girini”, che il 19 di maggio saranno impegnati per ben 262 Km, la maggior distanza da compiere in una sola giornata nell’edizione 2010. Il chilometraggio è lo stesso di quello proposto nella riedizione riveduta e corretta della Cuneo – Pinerolo andata in scena l’anno scorso, ma le due frazioni avranno un diverso “peso specifico”. Questa sarà una giornata di media montagna, caratterizzata da sette ascese (compreso lo strappo finale nella “zona rossa”) ma, con la sola vera insidia nel chilometraggio, non ci si dovrà stupire se questa frazione terminerà con una volata nutrita. Piombarono in quasi sessanta sul traguardo di Viale Crispi al Giro del 2005, quando vinse di Luca, al termine d’una frazione più breve ma anche più arcigna rispetto a quella in programma a maggio 2010. A maggior ragione ci si attende un finale simile da questa tappa, che proporrà come ultima difficoltà, piazzata a 39 Km dall’Aquila, le Svolte di Popoli, ascesa moderatamente impegnativa ma quasi d’ordinaria amministrazione, che non fa più paura come negli anni ’30 quando, sui suoi tornanti sterrati, Gino Bartali riuscì a mandare fuori tempo massimo buona parte del gruppo. Oggi, al massimo, costituirà un trampolino di lancio per chi vorrà andare a caccia di gloria oppure per chi cercherà di schiodarsi di dosso i compagni di fuga, reduci d’un tentativo magari nato sullo storico tridente di salite che il percorso proporrà a metà tappa: l’infilata Macerone – Rionero Sannitico – Roccaraso costituisce un menù classico del Giro, servito fin dalla primissima edizione, l’aroma che darà sapore a una tappa che rischierà, proprio per il notevole chilometraggio, di esser vissuta per lunghi tratti come un’interminabile e lenta transumanza.
Lo start sarà dato sull’alto del colle di Lucera, all’ombra dei resti della grande fortezza angioina eretta nel XIII secolo sulle fondamenta di una cattedrale romanica. Come molte tratte affrontate nella frazione precedente, anche i primi 70 Km si svolgeranno in un ambiente scarsamente antropizzato, percorrendo la veloce superstada che collega agevolmente le terre della Capitanata, regione geografico-culturale della Puglia corrispondente con la provincia di Foggia, a Campobasso, il capoluogo del Molise. Il confine regionale sarà varcato a 40 Km dal via, dopo aver superato, mediante un breve traforo, la catena dei Monti della Daunia, prolungamento a oriente dell’Appennino Sannita, sulla quale, tra gli altri centri si adagia Castelnuovo della Daunia, sede nel 1933 del secondo GPM della storia del Giro d’Italia. La classifica della maglia verde fu introdotta proprio quell’anno e sullo specifico traguardo dauno transitò per primo colui che, due settimane più tardi, conquisterà definitivamente sia lo speciale challenge, sia la maglia rosa finale, il grande Alfredo Binda.
Si entrerà in Molise – l’unica regione italiana a prendere il nome da un’antica famiglia, i normanni De’ Moulins – subito dopo aver varcato il fiume Fortore, a breve distanza dal Lago di Occhito, bacino artificiale la cui realizzazione provocò notevoli mutamenti climatici nella zona. In particolare rese molto umida un’area del foggiano celebre per la sua secchezza, che probabilmente fu una delle cause dei notevoli problemi di salute patiti da Padre Pio da Pietrelcina, nel 1904 novizio nella vicina Sant’Elia a Pianisi, dove tra l’altro cominciarono a verificarsi fenomeni ritenuti inspiegabili dai diretti testimoni, come rumori strani nella notte provenienti dalla cella del futuro frate e casi d’estasi.
Nel frattempo la strada avrà cominciato lentamente a salire. La prima delle sette ascese di giornata, una decina di chilometri a pendenza molto blanda, porrà termine al tratto iniziale di questa frazione proprio nel cuore di Campobasso, città costituita da un nucleo antico di stampo medioevale e dall’espansione moderna ottocentesca, chiamata “centro storico murattiano” perché fu il re di Napoli Gioacchino Murat a promuoverne la fondazione, dopo aver distaccato il Molise dalla Capitanata, rendendolo una provincia autonoma.
Percorrendo altri tratti di superstrada, i “girini” si porteranno verso Vinchiaturo e le pendici del Matese, il massiccio che segna il confine con la Campania. Proprio sotto il Monte Miletto, con i suoi 2050 metri la vetta più alta del complesso, si trova la principale stazione di sport invernali della regione, quella Campitello che è stata in sei occasioni arrivo di tappa al Giro, al termine di un’ascesa non impegnativa ma che talvolta fece vittime illustri, come lo spagnolo Delgado nel 1988 e Claudio Chiappucci nel 1994.
Il tracciato della tappa dell’Aquila sfilerà ora ai piedi del Matese, andando a confluire sul tracciato della SS 17 che, già teatro del tratto pugliese di questa frazione, da questo punto in poi sarà seguita costantemente sino al traguardo. Lambita Bojano – centro che deriverebbe il nome dal bue che, durante l’esodo dei Sanniti dalla Sabina a queste terre, si sarebbe inspiegabilmente fermato in questo luogo, a segnalare agli immigranti la meta che aveva prescelta per loro il dio Mercurio – inizierà la seconda salita, anch’essa molto tenera, diretta al Valico di Pettoranello. È in questa zona che alcuni studiosi hanno collocato le mitiche “Forche Caudine”, il luogo della battaglia nella quale i Sanniti sconfissero pesantemente i Romani (321 a.C.), tradizionalmente individuato, invece, nella stretta di Arpaia, gola situata tra le province di Caserta e Benevento. Quasi in vetta al Pettoranello il tracciato sfiora il santuario più venerato dai fedeli molisani, intitolato alla Madonna Addolorata, eretto sul luogo di un’apparizione mariana avvenuta nel 1888 e visitato anche da Papa Giovanni Paolo II, che vi celebrò messa il 19 marzo 1995, nel 107° anniversario del miracoloso evento. Anche il grande ciclismo è pellegrinato al santuario di Castelpetroso, sede di due arrivi di tappa della Tirreno – Adriatico, nel 2000 (Laurent Jalabert) e nel 2001 (Markus Zberg).
Siamo alle porte del tratto più impegnativo di questa tappa, che inizierà dopo l’attraversamento della periferia di Isernia. Si affronterà per primo il Macerone, valico che è nella storia del Giro d’Italia per essere, con la vicina ascesa a Rionero, il passaggio montano dell’Appenino meridionale più frequentato dalla corsa rosa. Un tempo costituiva un autentico spauracchio, per il matrimonio tra le pendenze del versante nord e il fondo sterrato, nella cui polvere Costante Girardengo, al Giro del 1921, tracciò una croce come a dire “mi ritiro e qui non ci torno più!”. Promesse da marinaio perché due anni dopo l’omino di Novi si prese la rivincita, andando ad agguantare la testa della classifica proprio nella tappa del Macerone, preso però dal più pedalabile versante opposto (3,6% al 5,5%), il medesimo dal quale si salirà quest’anno. Terminata la picchiata successiva, subito la strada riprenderà ad arrampicarsi verso il piccolo centro di Rionero Sannitico, situato presso la Bocca di Forlì, valico molto importante dal punto di vista geografico perché rappresenta il passaggio dall’Italia centrale a quella meridionale. Per i “girini”costituirà la difficoltà più rilevante da superarsi sulla strada per l’Aquila, con i suoi 9,1 Km d’ascesa al 6,7% e un picco all’11%. Il successivo “dente” della forchetta d’ascese che s’incontreranno a metà tappa è più distanziato dagli altri e, dopo il GPM di Rionero, dovrà essere percorsa una dozzina di chilometri di strada agevole per giungere a Castel di Sangro, dove s’imboccherà il vecchio tracciato della SS 17, che si seguirà fin nel centro di Roccaraso, nel cuore del comprensorio dell’Alto Sangro, la più vasta area sciistica del Mediterraneo. A 1247 metri di quota si transiterà sotto il penultimo striscione GPM di giornata, dopo aver affrontato 6,5 Km al 6,9% e subito prima d’intraprendere la traversata delle “Cinquemiglia”. Con questo toponimo è identificato il più celebre tra gli altipiani abruzzesi, lungo quasi 9 Km e nel quale la presenza umana è praticamente limitata alla strada che lo percorre da un capo all’altro, parallelamente al tracciato del tratturo Celano – Foggia, il secondo per lunghezza dell’Italia meridionale, antica via di transumanza. Un tempo l’escursione attraverso l’altopiano era temutissima, nella bella stagione a causa del brigantaggio, d’inverno per il rischio d’incontrare i lupi o di incappare in disastrose bufere invernali. Per questi motivi era d’uso tra i viandati fare testamento prima d’iniziare il viaggio, mentre i “girini” odierni non avranno a patire né questi problemi, né difficoltà di sorta, essendo la traversata prevalentemente pianeggiante.
Una dolce planata condurrà la corsa a Sulmona, città che ha fatto della dolcezza la propria bandiera, forte della soavità dei versi di Ovidio, il suo figlio più illustre, e dell’arte della confetteria, le cui tecniche sono tramandate gelosamente da secoli.
Per un’altra ventina di chilometri si pedalerà su di un terreno scevro da difficoltà, correndo ai piedi del Monte Morrone, sul quale visse eremita il frate Pietro Angelerio, che nel 1294 sarà eletto pontefice col nome di Celestino V.
Quando mancheranno poco meno di 50 Km alla meta s’imboccherà la “Strada delle Svolte”, com’è chiamata la SS 17 tra Popoli e Navelli per la presenza di quattro tornanti. I suoi 7,6 Km al 6,4% sono molto apprezzati anche dagli appassionati delle quattro ruote e dal 1963 puntualmente accolgono la “Cronoscalata Svolte di Popoli”, competizione che in ben 11 occasioni ha avuto come vincitore il pilota toscano Mauro Nesti, non a caso soprannominato il “Re delle montagne”.
Come a Roccaraso, la discesa non inizierà subito ma ben 21 Km dopo l’ultimo GPM. In mezzo, un lungo falsopiano ascendente che inizierà dopo Navelli, centro nei cui dintorni è coltivato il 97% dello zafferano italiano. Si correrà alle prime pendici del Gran Sasso d’Italia, mantenendosi anche in questo tratto lontano dai centri abitati, meritevoli in due casi di una deviazione. Bominaco offre al turista la stupenda chiesa di Santa Maria Assunta e l’oratorio di San Pellegrino, monumenti che non hanno subito danni durante il recente terremoto. È stata, invece, cancellata per sempre la Torre Medicea di Santo Stefano di Sessanio, borgo che fino all’aprile 2009 aveva mantenuto pressochè intatta la sua impronta medievale.
L’ultima discesa introdurrà il gruppo nella conca aquilana, al principio della quale si lambirà Onna, la “città martire” del sisma, la località che ha subito i maggiori danni in rapporto alle dimensioni della piccola frazione e del numero d’abitanti. Altri danni al patrimonio artistico si sono registrati nell’antica chiesa di Santa Giusta di Bazzano, che la corsa sfiorerà subito prima di entrare in città.
Ancora pochi chilometri di strada comoda e, mentre i finisseur cominceranno a fiutare l’aria che tira in gruppo, ci si avvicinerà ai 1300 metri conclusivi, pendenti al 6,1% medio.
Uno strappo per ricucire i cuori feriti degli abruzzesi e perché l’Aquila spicchi di nuovo il volo.

LAVORI IN CORSO
Leggera modifica al finale, per inserire il passaggio da Paganica, uno dei centri maggiormente colpiti dal terremoto. Questa modifica comporterà l’inserimento di una salita di circa 2,8 Km al 4,4%, sulla quale si scollinerà a 5,7 Km dal traguardo, che sarà lo stesso del 2005. Il chilometraggio complessivo passa da 256 Km a 262 Km.

I VALICHI DELLA TAPPA

Valico del Lupo. Esistono due “versioni” di questo passo, una geografica e una stradale, entrambe valicate da una strada asfaltata. Il Valico del Lupo stradale si trova a circa 800 metri di quota ed è attraversato dalla provinciale che mette in comunicazione Volturino con Volturara Appula. Il valico stradale, a quota più bassa, è attraversato in galleria dalla SS 17 “dell’Appennino Abruzzese e Appulo Sannitico”, tra gli svincoli per Motta Montecorvino e Volturara Appula. Il tracciato dell’undicesima tappa attraverserà quest’ultimo valico.

Valico di Pettoranello (739m). Spartiacque tra il bacino del Biferno e quello del Volturno, è attraversato dalla SS 17, tra Pastena e il bivio per Pettoranello del Molise.

Valico del Macerone (684m). Storico passaggio del Giro d’Italia, valicato dalla SS 17 tra Isernia e la località Vandra. È stato in 18 occasioni traguardo GPM: il primo passaggio fu conquistato da Gino Bartali nel corso della Chieti – Napoli del 1946 (primo al traguardo Mario Ricci), l’ultima volta è scollinato in testa Emanuele Sella (2008, tappa Vasto – Pescocostanzo vinta da Gabriele Bosisio).

Sella Rionero Sannitico (1022). Valicato dalla SS 17, si trova nei pressi dell’omonima località. 17 i traguardi GPM disputati in questo centro: la prima volta scollinò in testa Remo Bertoni nel 1934 (tappa Campobasso – Teramo vinta da Learco Guerra), l’ultima volta Emanuele Sella (vedi sopra).

Colle della Gallina (1006 m). Valicato dala SS 17, scendendo da Rionero Sannitico a Ponte Zittola. Vi transita il confine regionale tra Molise e Abruzzo.

Colle della Portella (1271m). Valicato dalla SS 17, tra Roccaraso e l’altopiano delle Cinquemiglia, all’altezza del bivio per Rivisondoli. Vi sorge il santuario della Madonna della Portella, detto anche Chiesa di Santa Maria di Costantinopoli.

Valico Piano delle Cinquemiglia (1265m). Valicato dalla SS 17, all’inizio della discesa che dall’altopiano delle Cinquemiglia conduce verso Sulmona. Prima salita del Giro d’Italia, affrontato nella terza tappa dell’edizione 1909 (Chieti – Napoli, vinta da Giovanni Rossignoli), dopo l’istituzione della maglia verde ha accolto 5 traguardi GPM. L’ultimo a scollinarlo è stato il britannico Robert Millar nel 1987, nei chilometri conclusivi della tappa Rieti – Roccaraso, vinta da Moreno Argentin.

Valico (746m).
Privo di nome sul testo Rossini, è l’ascesa nota come “Strada delle Svolte” e anche “Svolte di Popoli” (sulle carte ufficiali del Giro 2010 è indicata col toponimo “Capo di Valle”). È valicato dalla SS 17, tra Popoli e Navelli. Finora è stata GPM in tre occasioni: nel 1960 (tappa Pescara – Rieti, primo in vetta Aurelio Cestari, primo al traguardo Guido Carlesi), nel 1980 (tappa Roccaraso – Teramo, primo in vetta Claudio Bortolotto, primo al traguardo lo svedese Tommy Prim) e nel 1991 (tappa Scanno – Rieti, primo in vetta il colombiano Alvaro Lozano Moncada, primo al traguardo l’ucraino Vladimir Pulnikov.)

Sella di Barisciano (870m). Valicata dalla SS 17, tra Castelnuovo e Poggio Picenze, all’inizio della discesa verso la conca dell’Aquila. Coincide con il bivio per Barisciano e Santo Stefano di Sessanio.

Mauro Facoltosi

FOTOGALLERY

Foto copertina: un’immagine della rinascita… si costruite la nuova “Casa dello Studente” a Coppito (www.ilbagnoprefabbricato.it)

Lucera, scorcio della Fortezza Angioina (panoramio)

Lucera, scorcio della Fortezza Angioina (panoramio)

Lago di Occhito (www.naturamediterraneo.com)

Lago di Occhito (www.naturamediterraneo.com)

Panorama di Campobasso, con le alture del Matese sullo sfondo (www.hotelcascina.it)

Panorama di Campobasso, con le alture del Matese sullo sfondo (www.hotelcascina.it)

Castelpetroso, Santuario dell’Addolorata (www.viaggiomolise.it)

Castelpetroso, Santuario dell’Addolorata (www.viaggiomolise.it)

Rionero Sannitico, Palazzo Ducale (panoramio)

Rionero Sannitico, Palazzo Ducale (panoramio)

Roccaraso com’era nel 1932 (www.sciclub040.it)

Roccaraso com’era nel 1932 (www.sciclub040.it)

Roccaraso com’è oggi (panoramio)

Roccaraso com’è oggi (panoramio)

Altopiano delle Cinquemiglia

Altopiano delle Cinquemiglia

L’eremo di Celestino V sul Monte Morrone (in alto a destra, www.liberamenteservo.it)

L’eremo di Celestino V sul Monte Morrone (in alto a destra, www.liberamenteservo.it)

Cronoscalata automobilistica delle Svolte di Popoli (www.motorsportblog.it)

Cronoscalata automobilistica delle Svolte di Popoli (www.motorsportblog.it)

Bominaco, oratorio di San Pellegrino (www.sulmonacattolica.it)

Bominaco, oratorio di San Pellegrino (www.sulmonacattolica.it)

Su Santo Stefano di Sessanio svettava la Torre Medicea…. oggi non c’è più (panoramio)

Su Santo Stefano di Sessanio svettava la Torre Medicea…. oggi non c’è più (panoramio)

Bazzano, la chiesa di Santa Giusta danneggiata dal terremoto (www.abruzzocultura.it)

Bazzano, la chiesa di Santa Giusta danneggiata dal terremoto (www.abruzzocultura.it)

Panoramica sulla conca aquilana (panoramio)

Panoramica sulla conca aquilana (panoramio)

ALMANACCO DEL DOPO TAPPA: QUI BITONTO

maggio 18, 2010 by Redazione  
Filed under Approfondimenti

Dopo la presentazione della tappa e la cronaca, la giornata in rosa di ilciclismo.it si chiude con uno scrigno zeppo di golosità: pareri tecnici di campioni del passato, che conoscerete nelle prossime giornate; le notizie sulle condizioni di Damiano Cunego, pervenute direttamente dal suo direttore sportivo; la rassegna stampa internazionale; il parere dei tifosi; una rubrica umoristica in ricordo di Raimondo Vianello; le “perle” dei telecronisti e le previsioni del tempo per la tappa che verrà. Seguiteci.

Foto copertina: un momento tranquillo della 10a tappa (foto Bettini)

PERCHE’ NON VINCIAMO?

Come mai gli italiani non stanno conseguendo successi al Giro? Si tratta solo di una particolare “congiunzione astrale” o c’è sotto un problema reale? Abbiamo posto questa domanda sia agli appassionati (vedi la rubrica Box Populi), sia agli addetti ai lavori, corridori, ex professionisti e giornalisti.

Stefano Bertolotti, giornalista
Mah…. dobbiamo considerare che di italiani al Giro, se non sbaglio, ce ne sono 50 o poco più, quindi un terzo di tutti i partecipanti. Le tappe di questa prima parte di Giro non erano adatte ai nostri uomini più rappresentativi che, se fossero stati in forma, avrebbero sicuramente lasciato il segno. Mi riferisco in modo particolare a Petacchi che, in altre condizioni fisiche, a quest’ora avrebbe già vinto almeno 3 tappe e invece si sta vedendo il Giro in tv.
Credo che già da domani (oggi, ndr) la situazione possa cambiare.

Luca Zanasca, professionista (Feudi di San Marzano-CDC-Cavaliere)
Sinceramente non saprei, credo che al Giro non ci siano squadre italiane organizzate come Htc-Columbia o Garmin che corrono per cercare di vincere (Liquigas a parte, che dosa le energie per la classifica generale). Gli altri corridori italiani cercano di salvarsi e magari puntano a una tappa con fughe da lontano…
inoltre sono fiducioso nella seconda e terza settimana, nelle tappe di montagna gli italiani in gara saranno più protagonisti…
Piu che ” crisi di vittorie” mi domanderei perchè sono rimaste a casa squadre italiane e siano venuti team “poco agguerriti ”
Vedere in gara meno di 50 italiani al Giro d’Italia…

Paolo Viberti, giornalista
a) pochi italiani al via per colpa delle leggi ProTour
b) troppi corridori fuori gruppo per motivi vari (Ballan, Bettini, Di Luca, Rebellin, Riccò, etc etc)
3) manca ricambio generazionale

Daniel Gisiger, ex professionista elvetico
Non e facile da dire. Forse il ciclismo italiano è come il ciclismo francese: più pulito che in altri paesi…..

Davide Rebellin, professionista
Secondo me gli italiani stanno attraversando un periodo di cambio generazionale, quindi nulla di allarmante; ci sono, in gruppo, alcuni giovani che cresceranno bene; ci vorrà solo un po’ di pazienza e la storia si ripeterà.
Per le conclusioni aspetteremo il termine di questo Giro d’Italia, sperando nel frattempo di vedere a braccia alzate qualche più o meno giovane italiano

Andrea Chiurato, ex professionista
Solo di partecipazione gli italiani sono circa 50 su 200 (alla partenza dall’olanda), quindi solo per quello potremmo dire di avere il 25% di possibilità di vincere. Poi, forse le tappe piu’ adatte devono ancora arrivare e in quelle disputate fino ad ora abbiamo comunque avuto vari secondi posti. Qualcuno di essi forse poteva essere una vittoria.

Jan Svorada, ex professionista
Sinceramente, non seguo più il ciclismo così da vicino, per poter darE una risposta da esperto. Comunque, mi pare che un po’ di crisi tra gli italiani c’e’. Nel ultimi anni sono usciti tanti giovani ragazzi stranieri mentre la bandiera italiana stano invece portando sempre i soliti campioni. Non riesco ad indovinare dove il principio di questo problema.

GIRO D’ITALIA, GIRO DEL MONDO

Vino: “Marcherò Evans” (Gazzetta dello Sport)

Giro, Farrar batte Sabatini allo sprint. Vinokourov rosa(Corriere dello Sport – Stadio)

Farrar sprints to victory (The Daily Telegraph)

Farrar double la mise(L’Equipe)

Vinokourov : “Et une journée de plus avec le maillot” (Le Monde)

Tyler Farrar vence gracias a la picardía de Julian Dean (As)

Farrar, el más listo de Bitonto(Marca)

Farrar impone su ley en un sprint peligroso(El Mundo Deportivo)

Deuxième succès de Tyler Farrar(Le Soir)

Tyler Farrar s’adjuge la 10e étape au sprint(La Dernière Heure/Les Sports)

2e victoire pour Tyler Farrar(actu24.be)

Dean piloteert Farrar naar tweede ritwinst (De Standaard)

Nummer 2 voor Farrar in Giro (Het Nieuwsblad)

US sprinter Farrar wins 10th stage of Giro(USA Today)

Evans hangs on to second (Herald Sun)

Evans still second in Tour of Italy (The Age)

Farrar takes stage, McEwen out of gas(The Australian)

Farrar celebrates second stage victory (The Daily Telegraph – Australia)

BOX POPULI
Ecco le impressioni degli appassionati di ciclismo, gente che le corse non le segue solo davanti alla tv, ma le vive sia andando ad applaudire i campioni lungo le strade, sia ricalcando le stesse rotte e sudando in sella ad una bici.

PERCHE’ NON VINCIAMO AL GIRO?

H: La causa sono sempre i media, soprattutto quelli sportivi. Ci hanno fatto credere per anni, anzi per decenni, di essere i più bravi, soprattutto nello sport, soprattutto nel calcio ma anche nel ciclismo. Non vinciamo il Tour dal 1965, visto che il Tour vinto da Pantani è stato il frutto di una serie di cause e questo la dice lunga. Abbiamo vinto classiche a iosa, negli ultimi decenni, anche all’estero, ed io ho un’idea precisa sui mezzi usati per vincerle. Per quanto riguarda il Giro, lo abbiamo vinto sempre, beh sempre no, ma spesso. Gli italiani lo dominavano, anzi lo stradominavano. Quando lo perdevano, lo perdevano soltanto contro uno straniero fortissimo (Hinault, Fignon, Indurain, ecc.) oppure contro uno straniero di scuola italiana (Berzin, Rominger, ecc.), quindi con il beneplacito dell’establishment italiano. Stravincevano le tappe. Con i velocisti, soprattutto. Tappette da due soldi. Corse ad andatura cicloturistica per 150 km, finale agonistico di 25 km, quando entravano in funzione le tv. Tutti tiravano a campare, nessuno scappava sennò lo prendevano a sberloni. Doveva vincere per forza Cipollini. Nessuno lo disturbi. Mafia. Al Giro vincevano gli italiani, anche la maggioranza delle tappe, solo perché gli italiani erano in stragrande maggioranza, per non dire che praticamente c’erano soltanto loro. Estremizzo il concetto per rendere l’idea. L’RCS ha capito che quelli non erano Giri. Ma Giretti. E ha voltato pagine. Se non l’avesse fatto, il Giro sarebbe finito male, sarebbe diventato una corsetta di due settimane, inferiore al Dauphiné e al TdS. Grazie all’RCS, quindi, che l’ha salvato. L’ha salvato rendendolo internazionale, cosa che io chiedo da decenni. Nove tappe vinte dagli stranieri su dieci sono un incontestabile indice d’internazionalità. E’ stata una scelta veramente coraggiosa, ma che paga. Il Giro ha fatto un grande salto di qualità. Alla faccia di quei pappafichi che sostenevano che vale la pena di ingaggiare al Giro i grandi campioni, ma non le figure di secondo e terzo piano. E invece sono proprio quelle che, quest’anno, hanno fatto grande il Giro. Che accendono la battaglia tutti i giorni. Che non guardano in faccia nessuno. Ora il Giro è una corsa vera. Se gli italiani non vincono è perché il nostro ciclismo non è in grado di vincere. E’ stato sovrastimato, hanno cercato, i media, di farci credere di avere grandi campioni. Alcuni erano drogati fino al collo, altri non erano proprio grandi campioni ed ora lo si vede. Una bella ridimensionata all’arroganza tipica dell’italiano. Applausi alla RCS.

N: Perchè gli italiani sono pochi e pure male assortiti e due di quelli buoni (Riccò, Visconti) li hanno lasciati a casa.

M: Velocisti non ne abbiamo più; quelli su cui potevamo sperare (Petacchi, soprattutto, e Modolo) si sono ritirati.
A Montalcino e sul Terminillo Evans e Sorensen sono stati più forti dei nostri; a Cava de’ Tirreni Pozzato ha perso l’attimo al momento di infilarsi nel varco davanti a lui; nelle altre tappe non abbiamo imbroccato la fuga giusta.
Poi capita di trovare l’annata sfigata.
Visto che si parla di internazionalizzare di più il Giro, siamo sulla buona strada.

J: Se va male anche questa siamo alla terza, di annata sfigata!

H: Non vinciamo al Giro perchè la lotta al doping ha decapitato molti big del ciclismo italiano, perchè non c’è un ricambio generazionale come fino a qualche anno fa in cui nelle categorie minori dominavamo, perchè ci sono nuove nazioni come l’Australia e la Gran Bretagna che prima non c’erano, perchè abbiamo solo due squadre italiane nel Pro Tour e quelle straniere sono più ricche e di conseguenza più forti delle nostre

S: Personalmente non mi scandalizzo, nè mi cruccio troppo se non vincono italiani al Giro. Non mi pare così scandaloso. Sarà che sono giovane, ma io non vedo il Giro come una guerra tra italiani e stranieri, ma una gara tra squadre e pretendenti alla maglia rosa.
Poi, i due per cui tifo, Nibali e Cunego, sono pure italiani e infatti ero dispiaciuto (ma anche molto contento) per il 2° posto di Damiano a Montalcino.
Quello che invece mi da fastidio è che la cosa diventa un motivetto ricorrente sui media; per esempio, ogni mattina alla radio si sente “ancora niente vittorie, giro amaro per gli italiani”, e altre scempiaggini simili. Raccontassero bene chi ha vinto, e perchè, e come ha fatto a vincere.
Sicuramente però bisogna anche dire che, a livello generale, la media del ciclismo estero si è alzata rispetto agli italiani, che fanno un pò più fatica; lo si è già visto nelle classiche e nella scorsa stagione. In più il Giro è un pò più internazionale rispetto a qualche anno fa. Cosa della quale non ci lamenteremo, anzi…

N: Condivido tutto.
Per il ciclismo in generale importante il fatto che 20 anni fa erano 4 o 5 nazioni ad avere la cultura del ciclismo come sport agonistico e le altre si dovevano accontentare di qualche isolato campione; adesso il livello medio è molto più alto e diffuso su tutto il pianeta, facendo “abbassare” il livello dei nostri corridori.
Al Giro in particolare perchè ci sono più stranieri interessati a vincere e le loro squadre non accettano più i comportamenti mafiosi dei nostri big (o presunti tali)

con la collaborazione degli utenti del Forum dello Scalatore (www.salite.ch)

GIRO A SEGNO

Rubrica semiseria sul Giro 2010, in ricordo del grande Raimondo Vianello

Gli Italiani al giro non vincono più…
una volta i nostri erano cannibali
adesso ci sono molti can e pochi nibali..

by Napo

Vianello e la moglie Sandra (spettacoli.blogosfere.it)

Vianello e la moglie Sandra (spettacoli.blogosfere.it)

METEO GIRO
Le previsioni si riferiscono agli orari di partenza, passaggio e arrivo della frazione Lucera – L’Aquila

Lucera: pioggia debole (0,2 mm), temperatura 18,5°C, venti deboli da NW (5 km/h), umidità al 58%
Campobasso (66,2° Km): pioggia debole (0,4 mm), temperatura 13,6°C, venti deboli da E (2-3 km/h), umidità al 70%
Isernia (116,3° Km): pioggia moderata (2,1 mm), temperatura 13,1°C, venti deboli da ESE (5 km/h), umidità al 81%
GPM Rionero Sannitico (136,2° Km): temporale con pioggia moderata (2,2 mm), temperatura 9,4°C, venti deboli da E (8-9 km/h), umidità al 83%
GPM Roccaraso (156,6° Km): temporale con pioggia moderata (2,8 mm), temperatura 8,6°C, venti deboli da E (8-10 km/h), umidità al 84%
Popoli (208,4° Km): pioggia moderata (2,3 mm), temperatura 14,1°C (percepiti 12°C causa vento), venti moderati da NE (11-13 km/h), umidità al 86%
L’Aquila: temporale con pioggia moderata (3,4 mm), temperatura 11,7°C, venti deboli da E (5-19 km/h), umidità al 82%

I MISTERI DELLA CASSAPANCA

Il sole bacia i… begli errori

Arianna Secondini: “Siamo ad Avellino, nel bel corso Vittorio Emanuele II, lungo quasi 2 Km” (saranno 700 metri scarsi)
Pancani: “Tre volte si è saliti sull’Imbandina e si è sempre arrivati in volata” (nella tappa di Melfi del 1992 no)
Pancani: “Ha realizzato delle interviste stamattina Fabrizio Piacenti“(Piacente)
Pancani: “Doveva passare da lì il percorso, prima che la corsa venisse nuovamente modificata” (c’è stata una sola modifica al tracciato della tappa di Bitonto)
Savoldelli: “Il gruppo si è un po’ rallentato”
Cassani parlando di Wilson, primo australiano a vincere al Giro: “Vinse ad Ortona, a Tortona” (nessuna delle due, vinse a CORTONA)
Cassani: “Discesa che termina a 500 metri finali”

Perle dal Televideo RAI

Igniatiev (Ignatiev)
“Lungo la discesa del Brattello brutta caduta per Tiralongo (trauma commotivo)” (trauma NON commotivo)

Perla dal Teletext TSI (Svizzera italiana)
Jan Bakelants (Bakelandts)

Approfittiamo dell’occasione per andare a ravanare sul fondo della cassapanca (l’avete notato, è il soprannome che è stato affibbiato al duo microfonato della RAI) e a pescare qualche strafalcione storico.

Giacomo Crosa, inviato di Mediaset all’epoca dei Giri trasmessi dalle reti di Berlusconi: “Vi diamo appuntamento alla prossima puntata di Quelli del Giro” (Quelli del Giro era il titolo della trasmissione serale della RAI)

Alessandro Fabretti, concludendo una puntata di TGiro: “Un saluto a Rebecca, la figlia di Marco Pantani” (Davide Cassani)

Giuseppe Saronni, sempre ai tempi dei giri targati Mediaset: “Il Cuvignone presenta 9 Km di salata

ARCHIVIO ALMANACCO
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1a tappa Amsterdam


2a tappa Amsterdam – Utrecht

3a tappa Amsterdam – Middelburg

4a tappa Cuneo – Savigliano (cronosquadre)

5a tappa Novara – Novi Ligure

6a tappa Fidenza – Carrara

7a tappa Carrara – Montalcino

8a tappa Chianciano Terme – Terminillo

9a tappa Frosinone – Cava de’ Tirreni

LA DOPPIETTA DI TYLER

maggio 18, 2010 by Redazione  
Filed under News

Grazie ad un finale piuttosto convulso per le stradine di Bitonto, nessuna squadra dei velocisti riesce a tenere unito il gruppo nell’ultimo chilometro e ne viene fuori, ancora una volta, una volata atipica. Alla fine, però, prevale Tyler Farrar, forse il più forte fra le ruote veloci rimaste in gruppo, che sfrutta il gran lavoro di Julian Dean che finisce terzo. Nel mezzo, Fabio Sabatini che porta a casa un altro maledetto secondo posto per l’Italia.

Foto copertina: Farrar svetta sul traguardo di Bitonto (foto Bettini)

A questo punto viene da chiedersi se sia mancanza di stimoli, di uomini o di obiettivi, oppure che ci sia anche un po’ di malasorte. Fatto sta che questo Giro d’Italia non ne vuol proprio sapere di regalare soddisfazioni ai colori italiani e anche a Bitonto c’è da ingoiare un nuovo boccone amaro per un altro secondo posto: dopo Cunego, Stortoni e Pozzato, oggi è la volta di Fabio Sabatini.


Per carità, niente da dire su chi ha vinto la frazione, vale a dire Tyler Farrar che ha ampiamente meritato visto il lavoro della sua Garmin e lo scatto veloce negli ultimi duecento metri nonostante la strada tendesse leggermente a salire. Però una considerazione va fatta: alla luce anche della prima parte di stagione, la sensazione è che il ciclismo italiano stia vivendo una fase un po’ delicata complice un ricambio generazionale che tarda ad arrivare e oramai non ci si può più affidare nemmeno ai vecchi, perché non vincono più nemmeno loro.
Anche la tappa numero 10 ha riservato il copione di sempre, oramai: partenza a razzo che di più non si può, nonostante si tratti di una delle frazioni più lunghe della corsa, e l’attacco buono è quello dell’ottavo chilometro con dentro Dupont (AG2R), Wegelius (Omega Pharma-Lotto) e Dario Cataldo (Quick Step). Il vantaggio massimo della fuga arriva dopo 36 km con 7’50”, poi lentamente diminuisce, sotto l’impulso degli uomini Sky, Htc e Garmin e a 70 chilometri dalla fine è già di poco inferiore ai due minuti.
Nonostante la veemente reazione del plotone, i tre davanti cercano di resistere ma il percorso con lunghi rettilinee e strade larghissime non li aiuta affatto. A 55 dalla fine siamo a 1’25” di vantaggio e dieci chilometri più tardi il vantaggio è già sotto il minuto. Nonostante questo la fuga rimane a bagnomaria ed il gruppo aspetterà un bel po’ prima di inghiottirseli.
L’attraversamento di Molfetta, ad una quindicina di chilometri dalla fine, è fatale per Greg Henderson che finisce faccia a terra e deve prodigarsi per rientrare nel gruppo, aiutato però da un bravissimo Dario David Cioni che nel giro di 3-4 chilometri riporta dentro l’australiano e quando, ai meno sei, tutto il Team Sky è davanti a tirare si capisce che Henderson sarà lo stesso della contesa.
Quando la strada si restringe, vanno addirittura in testa Agnoli e Basso per evitare pericoli ulteriori, con i cagnacci Evans e “Vino” alle loro spalle per non perdersi nemmeno una pedalata.
E’ ai 1.200 metri dall’arrivo, quando si entra nell’abitato di Bitonto che si sparigliano le carte: da una parte della strada il treno Garmin, dall’altra quello Milram per Forster ma, da dietro, come un indemoniato spunta fuori Matteo Tosatto che prova a cogliere tutti di sorpresa: guadagna 10-15 metri e rimane in testa fino ai trecentocinquanta metri. Anche se la sua azione, dal punto di vista personale, non servirà a nulla, ha fatto si che il gruppo si disunisse e che tutti i treni andassero a farsi benedire. Il più lesto di tutti in questo caso, però, è Julian Dean che supera Tosatto di gran carriera e prende in testa l’ultima curva. Dietro di lui c’è un piccolo buco creato, involontariamente, da Sutton (Sky) che cercava Henderson. Fiuta il pericolo Farrar che si butta dentro all’ultima curva e va a riprendere la scia del compagno di squadra, lo supera agevolmente e altrettanto agevolmente resiste al tentativo di rimonta di un ottimo Fabio Sabatini che chiude alla piazza d’onore. Terzo finisce Dean, che alza le braccia al cielo, poi McEwen e Forster. Solo settimi e ottavi i possibili favoriti della vigilia, Greipel e Hondo.
In classifica generale, nulla cambia con “Vino” sempre in rosa con 1’12” su Evans e 1’33” su Vincenzo Nibali.
Domani undicesima frazione del Giro, la più lunga, da Lucera a L’Aquila per 256 chilometri. Difficilmente vedremo una volata, visto che gli ultimi quaranta chilometri sono piuttosto movimentati e gli ultimi mille metri sono tutti all’insu nel rewind dell’arrivo del 2005 dove Danilo Di Luca beffò Marzio Bruseghin. Con queste premesse, ci saranno senz’altro degli attacchi da lontano per portar via la fuga e se il gruppo arriverà all’Aquila compatto ci saranno schermaglie fra Vinokourov ed Evans ed un arrivo del genere potrebbe favorire anche Damiano Cunego.

Saverio Melegari

PIOGGIA ANCHE IN CALIFORNIA, VINCE LANCASTER

maggio 18, 2010 by Redazione  
Filed under News

Non piove soltanto al Giro d’Italia. Il maltempo ha caratterizzato anche la seconda frazione dell’Amgen Tour of California, conclusasi con un sprint di un selezionato gruppetto di 25 corridori. A regolarlo è stato un’atleta australiano, proprio come capitato con Goss sul traguardo di Cava de’ Tirreni alla corsa rosa.

Vittoria australiana nella seconda tappa del Giro di California, disputata tra Davis e Santa Rosa, la città dove ha sede il BMC Cycling Team. La giornata è stata caratterizzata dal maltempo che ha messo a dura prova i partecipanti, già impegnati in una tappa con molta salita. Ben 4 erano i GPM da affrontare, anche se tutti di altezza inferiore ai 600mslm.

Il gruppo. sia per l’orografia, sia per i lmaltempo, sia per la fuga di ciclisti locali in cerca di notorietà, ha faticato a mantenersi compatto. Infatti, a giocarsi la tappa si sono presentati poco più di 25 elementi. Ad avere la meglio è stato l’australiano Brett Lancaster, neo leader della generale, davanti a Sagan e a Boom. Il primo degli italiani è stato Francesco Bellotti, l’unico nostro connazionale presente nel gruppo di testa, arrivato 11°. Il rappresentante della Liquigas è anche il primo dei nostri in classifica generale, 19° a 10” da Lancaster.

Mario Prato

Vittoria bagnata vittoria fortunata per Brett Lancaster (Jon Devich)

Vittoria bagnata vittoria fortunata per Brett Lancaster (Jon Devich)

17-05-2010

maggio 18, 2010 by Redazione  
Filed under Ordini d'arrivo

GIRO D’ITALIA
L’australiano Matthew Harley Goss (Team HTC – Columbia) si è imposto nella nona tappa, Frosinone – Cava de’ Tirreni , percorrendo 187 Km in 4h08′17″, alla media di 45,190 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’italiano Filippo Pozzato (Team Katusha) e lo statunitense Farrar. Maglia rosa è il kazako Alexandre Vinokourov (Astana), con 1′12″ sull’australiano Evans e 1′33″ sull’italiano Vincenzo Nibali (Liquigas-Doimo).

AMGEN TOUR OF CALIFORNIA
L’australiano Brett Lancaster (Cervelo Test Team) si è imposto nella seconda tappa, Davis – Santa Rosa, percorrendo 177,2 Km in 4h38′48″, alla media di 38,135 Km/h. Ha preceduto allo sprint lo slovacco Sagan e l’olandese Boom. Miglior italiano Francesco Bellotti (Liquigas-Doimo), 11°. Lance Armstrong (Team Radioshack) è 18°.
Lancaster è il nuovo leader della corsa, con 4″ su Sagan e sull’australiano Menzies. Miglior italiano Bellotti, 19° a 10″, Armstrong è 18° (pure a 10″).

OLYMPIA’S TOUR (Paesi Bassi)
Lo statunitense Taylor Phinney (Trek-Livestrong U23) si è imposto nel prologo, circuito a cronometro di Heerenveen, percorrendo 10 Km in 11′44″, alla media di 51,136 Km/h. Ha preceduto di 17″ il neozelandese Sergent e di 27″ l’australiano Durbridge. Unico italiano in gara, Stefano Palu (Team NRW) è 139° a 3′14″

TOUR OF JAPAN
L’italiano Cristiano Salerno (De Rosa – Stac Plastic) si è imposto nella seconda tappa, circuito di Nara, percorrendo 121,2 Km in 2h33′21″, alla media di 47,421 Km/h. Ha preceduto di 4″ l’australiano Michael Matthews (Team Jayco – Skins) e il giapponese Suzuki. Matthews conserva la maglia di leader, con 9″ su Salerno e 14″ sull’australiano Lapthorne.

NON SOLO GAVIA. 1988: IL GIRO DELLE MILLE CADUTE

maggio 18, 2010 by Redazione  
Filed under Approfondimenti

Ieri i “girini” sono transitati da Santa Maria Capua Vetere, lambendo l’antichissimo Arco di Adriano, monumento che, 22 anni fa, fu causa e testimone di una delle più brutte cadute avvenute sulle strade della corsa rosa. È il Giro del 1988, passato alla storia come l’edizione del Gavia affrontato sotto una pesantissima nevicata. Se, però, non ci fosse stata quella storica giornata, oggi saremo qui a ricordare una corsa diversa, con i suiveurs dell’epoca a parlarci più di cadute, polemiche ed incidenti, piuttosto che di imprese in montagna: dalla caduta di Rominger nel prologo alle diatribe legali della volata del Lido di Jesolo, il 71° Giro d’Italia si rivelò essere una vera e propria corsa ad ostacoli.

Foto di Sergio Penazzo (dal libro “Un anno di ciclismo 1988, Giacomo Santini, Reverdito Editore)

Non ci fosse stato il Gavia, non ci fosse stata l’ultima grande giornata di maltempo vissuta sulle strade della corsa rosa, il Giro d’Italia del 1988 sarebbe passato alla storia come l’edizione della “sfiga”. Quell’anno un’infinita catena di contrattempi caratterizzò l’intero svolgimento della corsa, dalla crono inagurale d’Urbino sino alla giornata conclusiva, fissata in quel di Vittorio Veneto in occasione dell’80° anniversario della fine del primo conflitto mondiale. E furono davvero un bollettino di guerra le cronache di quel Giro, tra malumori, proteste e ruzzoloni; soprattutto ruzzoloni, con vittime talvolta illustri.
Si comincia a cadere fin da subito, sulle strade dell’insidiosa cronometro d’apertura, tracciata sul tortuoso circuito delle mura di Urbino, tutto saliscendi e curve. Proprio una di esse, affrontata a tutta velocità, manda per le terre Tony Rominger, fin a quel momento detentore del miglior parziale. Il corridore elvetico prontamente si rialza e riparte a tutta, ma oramai la frittata è fatta e la maglia rosa sfuma per appena 3 secondi, finendo sulle spalle del francese Jean-François Bernard.
Tre giorni più tardi tocca a Bugno saggiare la dolorosa consistenza dell’asfalto: un tagliente pezzo di ferro abbandonato sulla strada per Rodi Garganico, la bici del monzese ci passa sopra e poi il capitombolo. Gianni si schianta a terra e con lui la clavicola mentre si apre uno squarcio sull’arcata sopraciliare destra, che sarà richiuso con sei punti di sutura all’ospedale di Padre Pio, a San Giovanni Rotondo, dove sarà ricoverato all’oscuro della squadra, imbufalita per la mancata segnalazione del nosocomio. Il pomeriggio stesso si corre la cronosquadre di Vieste e si cade anche durante la prova collettiva. A sera monta la seconda polemica del Giro, dopo le proteste mattutine dei “Chateau d’Ax” (la formazione di Bugno): non solo il percorso, tracciato lungo la tortuosa litoranea garganica, era poco indicato per una prova come la cronometro a squadre, ma era stato ufficializzato nonostare il parere negativo della commissione tecnica, che doveva dare preventivamente il benestare.
I “girini” hanno un altro motivo per lamentarsi: la tappa successiva è lunghissima, bisogna coprire 260 Km per andare da Vieste a Santa Maria Capua Vetere, e non era il caso – a detta dei corridori – di proporre una frazione simile all’indomani di un doppio impegno. Così la quinta tappa del Giro 1988 si trasforma in una lenta e noiosa transumanza, una sorta di sit-in in corsa, con la velocità – che alla fine della giornata sarà poco superiore ai 35 orari – che aumenta vertiginosamente solo nei chilometri conclusivi, quando i velocisti cominciano sentire odore di traguardo. Un ostacolo imprevisto, non segnalato con cura dall’organizzazione, si para però loro di fronte a un chilometro e mezzo dal termine. Si deve transitare sotto un arco ma non è di quelli ufficiali, che indicano quanto manca alla fine della fatica giornaliera; è un manufatto d’epoca romana, bello a vedersi ma i cui basamenti occupano quasi completamente una sede stradale già stretta di suo, ancor più ridotta dai cordoli di cemento realizzati dall’uomo moderno per impedire che le auto in transito “grattino” il piede del monumento. È da pazzi mettere un passaggio simile in un finale e forse l’organizzazione se ne rende conto solo all’ultimo momento: mandano un incaricato a segnalare il problema al gruppo, ma non serve a inevitare l’inevitabile che, fortunatamente, non accade quando a transitare è la testa lanciatissima del gruppo, dove stanno sgomitando i velocisti, i loro apripista e i big del 71° Giro d’Italia, che in queste fasi corrono sempre davanti per evitare di perdere tempo prezioso in caso di fratture nel gruppo, in conseguenza d’imprevidibili cadute. Ma stavolta era facile immaginare cosa sarebbe successo: al passaggio delle retrovie, il gruppo si apre per imboccare i due “pertugi” disponibili e un corridore, guardando dritto di fronte a sè per essere certo di fare “centro” nel fornice, non avverte la presenza del sottostante cordolo, che sfiora col pedale. I laccetti a sganciamento manuale e la rapidità dell’incidente non consentono allo sfortunato corridore di liberare il piede e il malcapitato si ribalta, tirandosi dietro tutta la bicicletta e provocando un ulteriore sbarramento, contro il quale franano coloro che lo seguono. A terra rimangono il norvegese Pedersen, lo svizzero Schwarzentruber e Rodolfo Massi, con quest’ultimo a patire le conseguenze peggiori: rimasto privo di sensi per lunghissimi e terribili istanti, il marchigiano si rompe clavicola, naso, denti, trochite omerale sinistro e femore, sempre il sinistro, che sarà operato al C.T.O. di Careggi, dove riescono a ridurgli la frattura, anche se la sua gamba sarà per sempre più corta d’un centimetro.
L’onda anomala della malasorte non rallenta dopo essersi infranta contro l’Arco di Adriano e – dopo la caduta del vicentino Luciano Loro, finito in un campo di granoturco nel corso della tappa di Campitello Matese – procede nel suo cammino travolgendo un “pesciolino”: è Poisson, il francese Pascal Poisson che, pedalando verso Chianciano Terme, va giù spappolandosi clavicola destra e tutti e due i polsi. Non è l’unico a dolersi in quella giornata, che vede Paolo Rosola esibirsi in una grattuggiata di coscia sull’asfalto. Va meglio a Silvano Contini, che medita di lasciare il ciclismo per passare al nuoto dopo una sbandata terminata con un tuffo in una roggia a bordo strada.
Se Maometto non va alla montagna, è la montagna ad andare a Maometto, quando non sono i corridori a incappare in un incidente sono le occasioni d’incidente ad andare loro incontro. Succede sul rettilineo d’arrivo di Marina di Massa quando un vigile, autorità che dovrebbe garantire la pubblica sicurezza di tifosi e corridori, decide di mettere a repentaglio la propria e si lancia in mezzo alla strada, proprio mentre è in corso la volata. L’italiano Boffo e lo spagnolo Suarez Cueva gli rovinano addosso, in un capitombolo che farà aumentare le polemiche. La direzione di corsa, stavolta, non ha colpe ma si comincia a puntare il dito verso un’organizzazione scricchiolante, uscita malconcia dalla tempesta della crisi vissuta qualche anno addietro dalla RCS: Torriani non solo era stato costretto a disegnare percorsi facili, che risultassero appetibili ai corridori più amati dal pubblico e le cui gesta li avrebbero spronati ad acquistare più copie della Gazzetta, ma anche a lavorare in povertà di risorse economiche. E poi il mitico patron, progressivamente minato da una grave malattia sempre più invalidante, non era più in grado di reggere da solo tutta la baracca e occorreva affiancargli una persona che, in futuro, lo avrebbe sostituto. Non a caso, proprio da quel periodo assumerà sempre più poteri in seno all’organizzazione l’avvocato Carmine Castellano, che prenderà completamente in mano le redini del Giro nel 1993.
Intanto il Giro continua e, puntando sempre più verso nord, giunge a Salsomaggiore Terme dove rischia di perdere il proprio “capo” viaggiante. Succede quando, a 8 Km dalla meta, va giù la maglia rosa, il ligure Podenzana, e l’immediato inseguitore in classifica Franco Chioccioli tenta vanamente di sfruttare l’occasione per colmare il gap di 45” che lo divide dalla leadership. Oltre a non farcela, finisce col far scoppiare una diatriba tra tifosi e suiveurs, tra chi tira in ballo la legge non scritta per la quale non si deve attaccare un avversario in difficolà e chi sostiene che la guerra è guerra, a tutti i costi.
Il Giro continua, ancora, ma stavolta non arriva a destinazione. A 1500 metri dal traguardo di Colle Don Bosco lo svizzero Stutz, fuggitivo di giornata, si vede la strada bloccata: non sono tifosi facinorosi o antielvetici a sbarragli il passo, sono nientemeno che Torriani e il suo “delfino” Castellano. Deve essere stata anche una scena gustosa a vedersi, con un infuriato Stutz che non si capacita dell’accaduto protestando in tedesco e il buon Torriani, che quella lingua non la masticava, sbraitare in un italiano arrocchito dalle sigarette perennemente pendenti dalle sue labbra. E chissà quante ne avrà fumate quel giorno, al vedere la linea d’arrivo occupata da una manifestazione di ambientalisti che lo avevano costretto prima ad anticipare il traguardo all’ultimo chilometro e poi, nell’impossibilità di effettuare anche il nuovo finale (le auto del seguito, non potendo procedere oltre, si erano accodate proprio in quel luogo), a dichiarare nulla la tappa ad un passo dal suo epilogo, congelando la classifica e versando al povero corridore elvetico quattro milioni del vecchio conio, il premio che gli sarebbe spettato in caso di vittoria.
Il buon Torriani quella sera avrà certamento lanciato lo sguardo verso oriente, verso le prime montagne alpine, nel cuore la speranza che le sfortune che perseguitano la sua creatura la lascino proprio alla vigilia delle giornate destinate alle vere selezioni. Che si parla di corsa, per diamine!
E la corsa parla, il giorno dopo: i giornali titoleranno del successo del grande scalatore spagnolo Delgado sul traguardo di Selvino, della fine della favola rosa di Podenzana e del primo posto in classifica di Chioccioli, mentre quasi nessun quotidiano segnalerà dell’ennesimo tributo alla iella, un doloroso “tête-à-tête” tra il colombiano Palacio Navarro e il danese Veggerby.
Il gran capo può dirsi soddisfatto e non sta nella pelle. Tra quarantottore si tornerà sul Gavia, che il Giro non osava sfidare da 28 anni, e finalmente tutto quanto successo nelle giornate precedenti diventerà un lontano ricordo. Non sa cosa lo attende e cosa riserverà ai “girini” una delle tappe più devastanti della storia della corsa rosa: la pioggia della partenza che, pian piano, si trasforma in pesanti e spessi fiocchi di neve e lo sterrato che da compatto diviene una poltiglia di fango gelido. È la Beresina del ciclismo, con i combattenti scarsamente rivestiti ed equipaggiati da un non richiesto cappuccio di neve, una discesa da incubo, corridori semiassiderati al traguardo di Bormio, dove Chioccioli sviene ancor prima di sapere che non è più maglia rosa, dove i volti stravolti dal gelo patito paiono in alcuni casi deformati, più simili a quelli di anziani rugosi, piuttosto che a quelli di ragazzi nel fulgore della giovinezza sportiva.
Si trema e non solo per il freddo, ma anche al pensiero che il giorno dopo si dovrà salire fin sullo Stelvio e poi ancora ai quasi 2500 metri del Rombo. Grazie a Dio c’è l’ANAS che proibisce a Torriani di far passare la corsa in cima al re delle ascese italiane, dirottandola sul vicino Giogo di Santa Maria, che è comunque scalato in macchina per la decisione di posticipare la partenza della tappa di Merano 2000 da Bormio a Spondigna, oltre la neve.
Il Passo del Rombo, invece, è regolarmente transitabile ma al raduno di partenza i corridori fanno sapere a Torriani che non intendono ripetere l’esperienza di due giorni prima. In caso di neve ci si ferma, si monta in auto e si riparte. In effetti, avvicinandosi al GPM qualche fiocco scende e, nonostante non sia nulla di preoccupante, tutti decidono di fermarsi all’interno di una galleria dove, all’asciutto, i corridori provvedono a coprirsi per bene, reiterando le richieste del mattino. A quel punto, però, accade qualcosa in seno al gruppo, che si scinde in due fazioni, uno vero e proprio scisma. Una parte dei corridori ritiene che le condizioni non siano così proibitive e che si possa proseguire: si discute d’ambo le parte e poi la fazione possibilista – nella quale militano la maglia rosa Hampsten e il secondo in classifica Breukink – prende e se va verso Innsbruck, lasciano gli altri a questionare nella galleria. Alla fine anche i più tenaci ritornano in sella e la tappa riprende a singhiozzo, mentre s’intrecciano come le stelle filanti nei veglioni di carnevale gli insulti tra corridori, membri della giuria e direttori sportivi, che si erano dissociati dalla protesta.
Quante grane per il povero Torriani che finisce la giornata tirolese con un fuori programma, venendo quasi alle mani con un gendarme austriaco che, a causa del vezzo del patron di girare senza pass al collo, non conoscendolo e non spiccicando una parola d’italiano, cercava in tutti i modi di placcarlo per proibirgli l’accesso nel villaggio d’arrivo.
Se lo sconfinamento è stato piuttosto ruvido, morbido non sarà nemmo il rientro in Italia, con altri due ruzzoloni che vedono protagonisti il francese Bernard e l’italiano Federico Longo. Il primo cade all’interno di una galleria, pesta forte la schiena e s’innervosisce – punta molto sulla cronoscalata dell’indomani per rientrare in alta classifica – ma non immagina ancora il tranello che gli ha teso il destino. Da brividi la svirgolata di Longo all’ultimo chilometro che, nelle fasi preparatorie della volata, deraglia, abbatte una transenna e chi si trova subito dietro, una tifosa in stato interessante, il cui marito sviene per lo choc.
La notte porta consiglio e, visto che i dolori non accennano a diminuire, Bernard si vede costretto fare le valigie e ritornare a casa, mentre i suoi colleghi si preparano per scendere dalla rampa di lancio della crono del Valico del Vetriolo, insidiosa non solo per le difficoltà proprie dell’ascesa ma anche per chi dovrà, a tappa conclusa, presentarsi per tempo al controllo antidoping. I cartelli che segnalano dove sia il controllo medico sono pochi e mal collocati ma, non sapendolo, la giuria decide di punire i ritardatari con 10 minuti di penalizzazione. Non tarda, invece, a montare la protesta dei puniti – a levarsi grossa è, soprattutto, la voce dell’elvetico Zimmerman, che si vede compromessa la classifica (era 3° a quasi 5 minuti) – e ha come effetto la revoca di un provvedimento ingiusto.
Per un giorno tutto torna tranquillo e si pensa che, finalmente, la “dea sbendata” abbia girato il suo sguardo su qualche altro obiettivo.
Si arriva poi alla penultima giornata, una lunga frazione destinata ai velocisti e che si conclude al Lido di Jesolo col successo di Paolo Rosola. No, ha vinto di Di Basco. No, no, ha vinto proprio Rosola. Sì, ma ci vorrà quasi un mese di corsi e ricorsi legali per stabilire con assoluta certezza la vittoria dello sprinter bresciano, accusato ingiustamente di esser stato agevolato da una scorrettezza che la giuria giurava (perdonateci il gioco di parole) d’aver notato dalla telecamera montata sull’elicottero ma che, in realtà, aveva visto solo lei perché nelle realtà non era stata commessa nessuna infrazione.
Solo ventiquattrore dopo Torriani, consegnando la coppa del vincitore nelle mani di Hampsten, può tirare un sospiro di sollievo: finalmente è finita!
Ma per qualcuno non lo sarà affatto… o forse sì. In quel maledetto scivolone di qualche ora prima il francese Bernard non ha solo battuto la schiena, ma anche il nervo sciatico, una violenta e dolorosa collusione che gli condizionerà il resto della carriera, da quel giorno prima di quegli acuti di spessore che lo avevano visto protagonisti nei primi anni di professionismo: l’astro nascente del ciclismo francese tramonta definitivamente dietro l’imbocco di un tunnel.

Mauro Facoltosi


FOTOGALLERY

Copertina: lo stop nella galleria del Passo del Rombo (tappa Merano – Innsbruck)

Bugno in ambulanza dopo la caduta avvenuta nella tappa Vasto - Rodi Garganico

Bugno in ambulanza dopo la caduta avvenuta nella tappa Vasto - Rodi Garganico

Unimmagine della caduta di Santa Maria Capua Vetere

Un'immagine della caduta di Santa Maria Capua Vetere

Rodolfo Massi

Rodolfo Massi

Al traguardo di Colle Don Bosco sono arrivati prima gli ambientalisti

Al traguardo di Colle Don Bosco sono arrivati prima gli ambientalisti

AVELLINO – BITONTO: LA TAPPA “TERRONA”

maggio 18, 2010 by Redazione  
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Carissimi lettori del sud, non ne abbiate a male. Nulla di spregiativo vi è nella dedica che abbiamo rivolto alla decima frazione della corsa rosa. “Terrone” lo sono per davvero le strade che si percorreranno e che testimoniano dietro ad ogni curva secoli di sudore scorso sulla fronte dei lavoratori di queste terre difficili da addomesticare, spesso ribelli. L’origine stessa del termine, lontana da significati negativi, va proprio cercata tra i latifondi del meridione, tra le masserie e i campi che per molti chilometri saranno oggi compagne di viaggio dei “girini”. Per loro si prospetta tutt’altra vita, invece, essendo questa una frazione di trasferimento abbastanza tranquilla, movimentata da cinque salite collocate ben lontane dal finale. La risalita al nord comincerà con un’altra tappa destinata all’epilogo in volata.


Non si offendano gli amici del meridione d’Italia per l’uso che abbiamo fatto di questo termine, sovente – e come tale riconosciuto dalla Corte di Cassazione, in una sentenza emessa cinque anni fa – utilizzato a titolo spregiativo, ma che nel campo ciclistico aveva perso queste connotazioni già nel 2007 quando, sul podio di Milano, Danilo Di Luca l’aveva sdoganato proclamandosi “strafelice di essere il primo terrone in rosa“. Il viraggio verso accezioni negative è iniziato negli anni ’70, facendo dimenticare la storia etimologica di questa parola, comparsa nel vocabolario degli italiani nel XVII secolo, quando fu coniata per identificare i latifondisti, ricchi proprietari di vaste prozioni di terra, generalmente mal coltivata e adibita a colture estensive alternate a pascoli e affidate alla manovalanza contadina.
Dunque, è questa l’origine della speciale “dedica” che abbiamo fatto alla decima frazione della corsa rosa, che si snoderà attraverso terre un tempo poverissime, che l’uomo – per trarne la necessaria sussistenza – è stato costretto a “domare”, spesso in condizioni avverse, data la geografia montuosa di questi luoghi. Terre che, spesso, non hanno ripagato l’uomo con la stessa moneta da lui profusa e invece si sono quasi ribellate, costringendolo a emigrare o, peggio, a sfollare, quando le forze della natura si scatenavano indiavolate. Sono le strade – un tempo impastate di polvere e sudore – dell’Irpinia quelle che il Giro attraverserà, nel trentennale del tremendo terremoto, nelle fasi iniziali di una tappa che si adagierà tra i monti, senza rispecchiare nelle sue caratteristiche tecniche i trascorsi di durezza patiti dai suoi abitanti. Sarà, infatti, un’altra giornata pensata a uso e consumo dei velocisti, altimetricamente più movimentata rispetto a quella proposta il giorno precedente a Cava, ma con le difficoltà piazzate lontano dal traguardo. Cinque le ascese da affrontare muovendo dalla Campania alla Puglia, con il solo Valico dell’Imbandina a presentare inclinazioni impegnative (infatti, sarà l’unico ostacolo del menù a essere coronato dal GPM), poi i treni degli sprinter avranno campo libero, quasi totalmente sgombro anche da zampellotti, negli ultimi 60 Km, che offriranno anche il vantaggio di un circuito finale che consentirà di prendere le misure del rettilineo d’arrivo. A questo punto, anche la salitella da superare nei 300 metri che precederanno il traguardo costituirà un problema di poco conto, mentre la vera insidia di questo finale potrebbe arrivare dal vento. Le folate hanno spesso dato parecchio filo da torcere al gruppo e sovente hanno finito per risultare decisive al Giro di Puglia. Lo stesso Pantani rischiò di rimanere vittima di un ventaglio nella frazione di Lecce del Giro che vinse nel 1998 e riuscì a tornare in gruppo solo con l’aiuto della sua squadra, la mitica “Mercatone Uno”, dopo un lungo e affannoso inseguimento pancia a terra.
Tornando alle salite, la prima delle cinque in programma dovrà essere affrontata subito dopo il via da Avellino. Primissimi chilometri in piano poi, attraversata Atripalda (anticamente detta Sabathia perché una fantasiosa leggenda ne attribuisce la paternità della fondazione a Sabatio, pronipote del biblico patriarca Noè), s’inizierà docilmente a salire con pendenze trascurabili verso la Piana del Dragone, conca situata ai piedi dell’abitato di Volturara Irpina e del Terminio, una delle principali elevazioni della catena dei Monti Picentini, attrezzata per la pratica degli sport invernali e caratterizzata dai fenomeni carsici degli inghiottitoi, punti di penetrazione delle acque nel sottosuolo. Tra questi ultimi, il più interessante è proprio la Bocca del Dragone, la cui regolazione permise di bonificare la paludosa conca di Volturara che d’inverno torna a trasformarsi in un lago e che i “girini” raggiungeranno dalla strada più comoda, una variante della storica Via Appia, praticamente una superstrada che porterà velocemente a quasi 700 metri di quota evitando il tortuoso passaggio attraverso i centri di Parolise e Salza Irpina. Breve tratto in quota, poi si scenderà verso Cassano Irpino e quindi si andrà ad affrontare la seconda ascesa di giornata, circa 3500 metri al 5,4% ancora sulla variante, in direzione dello svincolo di Nusco, il terzo comune più alto (914m) della provincia di Avellino dopo Guardia Lombardi (998m) e Trevico (1094m), noto come “balcone dell’Irpinia” per lo stupendo panorama che offre sui monti circostanti e per essere il paese natale di Ciriaco de Mita, presidente del Consiglio dall’aprile 1988 al luglio 1989.
Poco dopo si entrerà in uno dei dieci centri – contando anche Avellino e Bitonto – toccati direttamente dal tracciato di questa frazione abbastanza “spartana” sotto quest’aspetto: i “girini” attraverseranno Lioni, uno dei comuni più colpiti dal sisma irpino, ma che non ha perduto il suo piccolo patrimonio artistico, prontamente restaurato e imperniato attorno alle due chiese dell’Annunziata e di Santa Maria Assunta e al Santuario di San Rocco, patrono del paese. Seguendo il corso dell’Ofanto si pedalerà in direzione dell’epicentro del terremoto del 23 novembre 1980, localizzato a Conza della Campania, centro che fu letteralmente “trasfigurato”. Da uno che era, ne scaturirono tre: il nucleo dei prefabbricati (tuttora abitati), la città moderna sul piano e l’abbandonato centro antico, completamente diroccato e posto in collina, in posizione dominante sul sottostante lago artificiale realizzato negli anni ’90 e che costituisce una delle principali fonti di approvvigionamento dell’Acquedotto Pugliese, il più grande d’Europa (oltre 3000 Km d’estensione, diramazione comprese), la cui costruzione fu iniziata nel 1906. È un paese, Conza, che fu distrutto e, al contempo, reso più ricco: la rimozione delle macerie del centro storico, infatti, permise di riportare alla luce anche i resti, oggi protetti da un parco archeologico, dell’antica Compsa, città romana che nel 216 a.C. fu occupata da Annibale, reduce dalla vittoriosa battaglia di Canne.
Il Giro passa in Basilicata, continuando a pedalare in pianura per una quarantina di chilometri. Subito dopo la stazione di Aquilonia (abbiamo accennato all’emigrazione all’inizio di quest’articolo e proprio da questo centro partirà in cerca di fortune oltreoceano la signora Maria, emigrata negli States col marito: non sappiamo se la trovarono, la fortuna, ma sicuramente la ottenne il loro figlio, il popolare attore Joe Pesci) si affronterà il tratto più difficile di questa tappa, la salita verso i 668 metri del Valico dell’Imbandina, sulle pendici nordoccidentali del Monte Vulture, antichissimo vulcano attivo nel Pleistocene, quasi 12000 anni fa. Ci sono quasi 9,5 Km di strada tra l’inizio dell’ascesa e lo scollinamento, ma non tutta la tratta è in salita poiché un troncone intermedio di 1500 metri, in lieve discesa, la spezza in due bocconi; il più ostico da digerire è rappresentato dai primi 5,6 Km, che si arrampicano al 5,1%, ma contengono cinque strappate impegnative, nelle quali la pendenza arriva fino al 13%, picco raggiunto nei pressi della località termale di Monticchio (punto di partenza per un’interessante escursione diretta ai vicini laghi, nei quali si riflette la bianca mole dell’Abbazia di San Michele). Leggermenti più pendenti risultano i 2,2 Km che conducono al GPM, nel corso dei quali si raggiungono altri momenti d’intensa ascesa, come il 14% registrato a 800 metri dalla vetta.
Sensibilmente più dolce la planata sull’altro versante, una dozzina di chilometri complessivi resi poco scorrevoli da un tratto pianeggiante ma tortuoso che inizierà dopo aver sfiorato l’antico centro di Melfi, il quarto per numero d’abitanti della regione, dominato dal castello edificato dai Normanni, che ne fecero la capitale della Contea di Puglia, creata nel 1043 e nel 1059 trasformata, mediante il Concordato di Melfi, in un vasto ducato che si estendeva fino alla Calabria. Passata dai normanni agli svevi, poi agli angioni, agli aragonesi, ai Vaccari e infine ai Doria, Melfi perse il suo prestigio a causa di una crisi economica vissuta nel ‘500, ma anche per i terremoti e per la posizione isolata, venuta meno in anni recenti con la realizzazione della veloce superstrada che collega agevolmente Foggia a Potenza: questo è stato uno degli incentivi che ha portato alla rinascita di questo centro, divenuto uno dei principali poli industrali della nazione (Barilla, FIAT) e per il quale si prospetta da qualche tempo la creazione di una propria provincia.
La discesa riprende in vista di Rapolla, un altro centro carico di storia e di ricordi del tempo passato (Cattedrale, chiesa di Santa Lucia, mentre il pregevole “Sarcofago di Rapolla” rinvenuto nel 1856 è oggi esposto nel castello di Melfi, sede del “Museo Archeologico Nazionale del Melfese”) frequentato anche per le sue terme. Imboccata la strada per Lavello e Canosa di Puglia, rasentando il Lago del Rendina – un altro bacino artificiale edificato per scopi irrigui – si affronterà il penultimo ostacolo di giornata, circa 4 Km di strada inclinata al 3%, quasi un’inezia. Per un’altra trentina di chilometri le salite diventeranno un ricordo e così anche la presenza umana: abbandonata anche la strada per Canosa, si taglierà nel mezzo con un lungo traversone quasi perfettamente orizzontale una vastissima area campestre punteggiata dalle caratteristiche masserie. Il termine “terrone” è probabilmente nato con riferimento a queste fattorie fortificate, vere e proprie aziende agricole dove i proprietari terrieri vivevano a contatto con i contadini fissi e i braccianti stagionali. Oggi talvolta riconvertite in agriturismi e in “B&B”, in zone sgombre da agglomerati urbani costituivano anche un punto di sosta e riferimento per i viandati e per questo ciascuna aveva un proprio toponimo: andando verso la Puglia la corsa lambirà la “Trentangeli”, poi le due “Sterpara” (la Sottana e la Soprana) e quindi la “Lupara”. Entrati nelle terre degli Japigi, la popolazione d’origine illirica dalla quale prese il nome la Puglia (erano, infatti, chiamati anche Apuli), il percorso continuerà a mantenersi lontano dai centri urbani, transitando alle spalle di Spinazzola (cittadina collocata sullo spartiacque tra i bacini del Bradano e dell’Ofanto, il principale fiume del “Tacco d’Ìtalia”) e poi, sempre correndo tra campi e masserie, andando a superare l’ultimo sforzo di giornata, l’ascesa di circa 4 Km (la pendenza media bazzica attorno al 4,5%) con la quale si scavalcheranno le Murge, proprio ai piedi del Monte Caccia (680m), una delle elevazioni principali di questo immenso altopiano carsico, vasto quasi 4000 Kmq. Si punterà ora con decisione verso Bari, lasciando sulla sinistra la strada per il “balcone delle Puglie”, com’è chiamata Minervino Murge per il suo panoramico affacciarsi sulla sottostante e sterminata pianura del Tavoliere, con i rilievi della Penisola Garganica a far da quinta. La deviazione per questo centro permette anche di visitare, tra le altre chiese, lo spettacolare santuario di San Michele Arcangelo, situato all’interno di una grotta frequentata come luogo di culto fin dall’epoca paleocristiana.
Inizierà adesso l’ultimo quarto di gara, scevro da asperità altimetriche e introdotto da una lunga e lentissima planata, che farà perdere 300 metri di quota in una trentina di chilometri: col gruppo che scenderà facilmente a tutta, coadiuvato anche dalla penuria di curve, il destino degli attaccanti di giornata sarà giocoforza segnato. Col pensiero fagocitato da questi rapidi frangenti di gara nessuno – né i fuggitivi, né la muta inseguitrice – avranno il tempo di distrarsi e alzare gli occhi verso il turrito edificio che sovrasta la strada nel tratto iniziale della discesa: è il celeberrimo Castel del Monte, uno dei monumenti più gettonati dai turisti di passaggio in Puglia, attratti più dai misteri che permeano la storia della sua costrizione che dal pregio artistico di questo edificio voluto dall’imperatore Federico II. Gli studiosi non hanno mai chiarito con esattezza lo scopo della costruzione, impropriamente definita castello (fu eretta in posizione non strategica e priva degli elementi architettonici tipici delle fortezze) e residenza di caccia (non si sono trovate le tracce delle stalle, per esempio): si pensa che, piuttosto, sia stata concepita come una sorta di tempio nel quale dedicarsi indisturbati allo studio delle scienze, tesi motivata dai provati criteri astronomici in base ai quali fu progettata la struttura ottagonale del complesso. Tra l’altro l’ottagono è ritenuto una figura intermedia tra il quadrato e il cerchio: adottandola a Castel del Monte, secondo gli studiosi di esoterismo Federico II avrebbe voluto rappresentare il passaggio dalla terra al cielo, che a quei tempi erano simbolicamente identificati proprio mediante le due rappresentazioni geometriche.
Raggiunta la pianura si farà ritorno nel mondo civile, dopo aver percorso un lunghissimo tratto, quasi 35 Km, costantemente tracciato in aperta campagna, con le sole masserie a rammentare la presenza dell’uomo e nessun centro urbano all’orizzonte. I “girini” attraverseranno ora Ruvo di Puglia, nel cuore del quale troneggia la concattedrale dell’Assunta, ritenuta una delle pagine più rilevanti della storia artistica della regione. Eretta tra il XII e il XIII secolo, è considerata uno dei principali esempi del romanico pugliese, stile che amalgama e rielabora peculiarità proprie delle architetture lombarde, pisane e orientali, caratterizzante anche la Basilica di San Nicola a Bari, le cattedrali di Otranto e Trani e il duomo della stessa Bitonto, al cui cospetto si giungerà una ventina di chilometri più avanti. Nel mezzo ci sarà il passaggio per Terlizzi, la “città dei fiori” che ha dato i natali, tra gli altri, all’attuale presidente della Regione Puglia Nichi Vendola e a Don Pietro Pappagallo, il sacerdote antifascista giustiziato il 24 maggio 1944 durante l’eccidio delle Fosse Ardeatine.
Ancora una quarantina di minuti di gara e, ultimati anche i 15 Km dell’anello bitontino, all’ombra della monumentale Porta Baresana – il principale tra gli antichi varchi d’accesso alla “città degli ulivi” – conosceremo il nome del decimo vincitore di tappa.
La risalita verso i picchi alpestri del nord è appena cominciata.

LAVORI IN CORSO
Cambiato totalmente il finale. Dopo Melfi si toccheranno Lavello, Canosa di Puglia, Andria, Corato, Ruvo di Puglia, Molfetta e Giovinazzo. Arrivo “secco”, senza circuito. L’ultima salita sarà dunque quella di Lavello. Il chilometraggio passa da 220 a 230 Km.


I VALICHI DELLA TAPPA

Sella della Cappella Madonna di Montevergine (775m). Vi transita la SS 7 – la storica Via Appia – tra Salza Irpina e il bivio per Volturara Irpina, all’altezza dell’omonima cappella (da non confondere con il non lontano santuario). Il Giro non vi transiterà direttamente, poiché percorrerà la parallela variante della statale.


Valico dell’Imbandina (668m).
Riportato senza né nome, né quota sul testo Rossini, è valicato dalla SS 401 “dell’Alto Ofanto e del Vulture”, tra la località Foggianello e Melfi. Negli ultimi 25 anni il Giro vi è transitato tre volte, mai come GPM. Il primo passaggio è avvenuto nel 1987, nel corso della tappa-fiume (257 Km) San Giorgio del Sannio – Bari, vinta allo sprint dallo svizzero Urs Freuler. Doppia scalata nel 1992, affrontato rispettivamente nel finale della tappa di Melfi – conquistata con uno scatto nel finale da “Guidone” Bontempi – e nelle battute iniziali di quella terminata ad Aversa con lo sprint vincente di Mario Cipollini. In quest’occasione sulle cartine ufficiali era segnalata come “la Bandina” ed erroneamente quotata 750m.

Valico (497m). Situato alle porte della città di Melfi, nei pressi della rotatoria dove si congiungono la SS 401 “dell’Alto Ofanto e del Vulture” e la SS 303 “del Formicoso”.

Mauro Facoltosi

FOTOGALLERY

Foto copertina: Masseria Epitaffio, Gravina in Puglia (panoramio)

Avellino, Piazza Libertà, sede del raduno di partenza della decima tappa (www.avvocati-napoli.com)

Avellino, Piazza Libertà, sede del raduno di partenza della decima tappa (www.avvocati-napoli.com)

La Piana del Dragone d’inverno, quando ricompare il lago (www.lapianadeldragone.blogspot.com)

La Piana del Dragone d’inverno, quando ricompare il lago (www.lapianadeldragone.blogspot.com)

Lioni (panoramio)

Lioni (panoramio)

Conza della Campania, il nuovo centro… (www.cm-italia.eu)

Conza della Campania, il nuovo centro… (www.cm-italia.eu)

… e il vecchio abitato distrutto dal terremoto (www.unpliavellino.it)

… e il vecchio abitato distrutto dal terremoto (www.unpliavellino.it)

L’abbazia di San Michele ai Laghi di Monticchio (www.mtbvulture.net)

L’abbazia di San Michele ai Laghi di Monticchio (www.mtbvulture.net)

Il Castello di Melfi (www.cittadimelfi.it)

Il Castello di Melfi (www.cittadimelfi.it)

Lago del Rendina (panoramio)

Lago del Rendina (panoramio)

Altopiano delle Murge, Monte Caccia (panoramio)

Altopiano delle Murge, Monte Caccia (panoramio)

Minervino Murge, panorama sul Tavoliere (panoramio)

Minervino Murge, panorama sul Tavoliere (panoramio)

Minervino Murge (panoramio)

Minervino Murge (panoramio)

Ruvo di Puglia, concattedrale dell’Assunta (www.viaggioadriatico.it

Ruvo di Puglia, concattedrale dell’Assunta (www.viaggioadriatico.it

Bitonto, Porta Baresana (panoramio)

Bitonto, Porta Baresana (panoramio)

ALMANACCO DEL DOPO TAPPA: QUI CAVA DE’ TIRRENI

maggio 18, 2010 by Redazione  
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Dopo la presentazione della tappa e la cronaca, la giornata in rosa di ilciclismo.it si chiude con uno scrigno zeppo di golosità: pareri tecnici di campioni del passato, che conoscerete nelle prossime giornate; le notizie sulle condizioni di Damiano Cunego, pervenute direttamente dal suo direttore sportivo; la rassegna stampa internazionale; il parere dei tifosi; una rubrica umoristica in ricordo di Raimondo Vianello; le “perle” dei telecronisti e le previsioni del tempo per la tappa che verrà. Seguiteci.

Foto copertina: il gruppo a “mollo” visto dalle ammiraglie (foto Tim De Waele)

IL POLSO DI DAMIANO

Due giornate intense ed emozionati, che hanno mostrato un Damiano Cunego reattivo e pronto a leggere bene la corsa.


Sul Terminillo abbiamo visto Damiano voglioso di agguantare un successo di tappa: le gambe avevano la necessaria potenza, purtroppo la dinamica di corsa non le ha aiutate.
Nella Frosinone-Cava de’ Tirreni, quando la strada si e’ trasformata in un fiume a causa della pioggia, Cunego e’ stato prontissimo a rimanere nelle posizioni di testa, segnale che la reattivita’ e l’attenzione sono ottime.

Brent Copeland

GIRO D’ITALIA, GIRO DEL MONDO

Vino: “Volevo vincere io” Pozzato: “Che incertezza” (Gazzetta dello Sport)

Giro d’Italia, dal diluvio emerge Gross(Corriere dello Sport – Stadio)

Matt Goss sprints to stage nine win, Alexandre Vinokourov retains lead (The Daily Telegraph)

Le beau Goss(L’Equipe)

Goss : “Ma plus grande victoire” (Le Monde)

Carlos Sastre pierde ya diez minuto (As)

Matthew Goss, el invitado sorpresa (Marca)

L’Australien Goss remporte la 9e étape du Giro (Le Soir)

Matthew Goss remporte la 9e étape au sprint(La Dernière Heure/Les Sports)

Le rêve de Goss (actu24.be)

Matthew Goss wint negende rit in de Giro (De Standaard)

Matthew Goss gagne la 9ème étape(Sud Presse)

Goss wins 9th stage of Giro d’Italia(USA Today)

Goss makes it three Aussie wins (Herald Sun)

Goss brings more Aussie stage glory in Tour of Italy (The Age)

Aussies put the pedal to the mettle in Italy (The Australian)

Goss grabs more Aussie stage glory (The Daily Telegraph – Australia)

BOX POPULI
Ecco le impressioni degli appassionati di ciclismo, gente che le corse non le segue solo davanti alla tv, ma le vive sia andando ad applaudire i campioni lungo le strade, sia ricalcando le stesse rotte e sudando in sella ad una bici.

M: Anche stavolta i velocisti riusciranno a farsi precedere?

N: Si.

T: Una vergogna vedere le strade della Campania così allagate e disastrate dalla pioggia!!!! Siete d’ accordo?

S: 20 anni fa ho vissuto da quelle parti (7 mesi) e posso dirti che le strade sono peggiorate. In compenso in questi 20 anni regione, province e comuni sono sempre stati amministrati dalle stesse persone

M: Non ho seguito la tappa, perché ero uscito in bici, ma ho visto le immagini e devo dire che il vecchio Vinokurov ne sa veramente una più del diavolo. Non penso che vinca il Giro, ma farà soffrire molti.

H: Concordo sullo stato delle strade, ogni volta che il Giro va in Campania e piove è una tragedia (vedi Maddaloni 2000 e Montevergine 2007). Per quanto riguarda l’aspetto tecnico ieri quando l’Astana ha fatto il forcing Cunego era davanti, cosa che in Olanda non succedeva, e da l’impressione di crederci sempre di più. Ora non so se sarà sul podio a Verona ma di sicuro ci prova.

con la collaborazione degli utenti del Forum dello Scalatore (www.salite.ch)

GIRO A SEGNO

Rubrica semiseria sul Giro 2010, in ricordo del grande Raimondo Vianello

Maltempo, maltempo e ancora maltempo sul giro….
non si salva nessuno dall’acqua che allaga le strade.
Non c’è da stupirsi…
Hanno lasciato a casa Noè!!!

by Napo

Lintraprendenza dei napoletani: già realizzata la statuetta di Vianello per il presepe

L'intraprendenza dei napoletani: già realizzata la statuetta di Vianello per il presepe


METEO GIRO
Le previsioni si riferiscono agli orari di partenza, passaggio e arrivo della frazione Avellino – Bitonto

Avellino: cielo sereno, temperatura 17,1°C, venti deboli da WSW (7-13 km/h), umidità al 53%
Lioni (40,6° Km): cielo sereno, temperatura 16,2°C (percepiti 13°C causa vento), venti moderati da NNW (15-19 km/h), umidità al 49%
Melfi (91,9° Km): cielo sereno, temperatura 19,2°C (percepiti 15°C causa vento), venti moderati da NNW (24-30 km/h), umidità al 43%
Canosa di Puglia (148,9° Km): cielo sereno, temperatura 21,5°C (percepiti 18°C causa vento), venti moderati da NNW (16-25 km/h), umidità al 43%
Molfetta (210,7° Km): cielo sereno, temperatura 19,4°C (percepiti 16°C causa vento), venti moderati da NNW (18-24 km/h), umidità al 57%, mare mosso
Bitonto: cielo sereno, temperatura 19,7°C (percepiti 16°C causa vento), venti moderati da NNW (22-29 km/h), umidità al 48%

I MISTERI DELLA CASSAPANCA

Gli svarioni di giornata

Cassani: “Tratti di basolato a Santa Maria Capua Vetere” (la strada era perfettamente asfaltata)
Savoldelli: “Speriamo che le condizioni migliorano
Pancani: “Andiamo in corsa. Paolo Savoldelli, buon pomeriggio” (Gli aveva dato la linea pochi minuti prima e lo aveva già salutato)
Ivan Basso: “Come diceva prima il collega Conti”
Mura: “Sono convinto che l’intercettazione di Beppe (Conti, ndr) abbia qualcosa di solido” (indiscrezione)

Approfittiamo dell’occasione per andare a ravanare sul fondo della cassapanca (l’avete notato, è il soprannome che è stato affibbiato al duo microfonato della RAI) e a pescare qualche strafalcione storico.

Rimanendo in campo “organizzativo” ecco due strafalcioni grafico di Cesare Sangalli, il mitico cartografo della corsa rosa.

Giro 1998, tappa Selva di Valgardena – Alpe di Pampeago. Ai piedi della salita del San Floriano è segnalata la località di Cardano al Campo, che si trova in Lombardia, in provincia di Varese (il nome corretto doveva essere semplicemente Cardano)

Giro 1999, tappa Lauria – Foggia. Disegnano questa altimetria Sangalli sbagliò nell’indicare i chilometraggi e si mangiò 10 Km subito dopo Melfi, segnalando 250 Km complessivi (quando in realtà erano 260 Km). Purtroppo dall’immagine allegata si capisce poco l’errore.

ARCHIVIO ALMANACCO
Cliccare sul nome della tappa per visualizzare l’articolo

1a tappa Amsterdam


2a tappa Amsterdam – Utrecht

3a tappa Amsterdam – Middelburg

4a tappa Cuneo – Savigliano (cronosquadre)

5a tappa Novara – Novi Ligure

6a tappa Fidenza – Carrara

7a tappa Carrara – Montalcino

8a tappa Chianciano Terme – Terminillo

ONE, TWO, THREE… “AUSSIE”

maggio 17, 2010 by Redazione  
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Dopo Lloyd e Cadel Evans, Matthew Goss coglie il terzo successo per l’Australia in questo Giro d’Italia sempre più pazzo. Il velocista dell’HTC-Columbia, che dovrebbe fare da apripista a Greipel, va a vincere a Cava de’ Tirreni al termine di una tappa comunque movimentata e che ha visto il solito “fantasista” Vinokourov in testa per provare a fare male. Ma non c’è riuscito. Secondo posto per Pozzato, terzo Tyler Farrar.

Foto copertina: mancano pochi istanti al terzo successo australiano sulle strade del Giro 2010 (foto Bettini)

A poco meno di un mese dai Mondiali di calcio, c’è da registrare un preoccupante Italia-Australia 0-3. Non si tratta di nessuna amichevole segreta o sottaciuta, ma del bilancio di un Giro d’Italia che non sta regalando soddisfazioni ai colori azzurri e che invece ne regala tantissime ai forestieri.
In questa speciale classifica, con la tappa di Cava de’ Tirreni, sono gli australiani a saltellare di gioia come un canguro maturo: dopo Matthew Lloyd e Cadel Evans, arriva il turno di Matthew Goss (HTC-Columbia) che sul leggero arrivo in salita della cittadina campana piazza la propria bicicletta davanti a quella di Pippo Pozzato e Tyler Farrar. In classifica generale niente cambia, nonostante una frazione ancora una volta molto movimentata soprattutto per colpa, o per merito dipende dai punti di vista, della pioggia, delle “piscine” trovate per strada e dell’asfalto viscido. Quasi tutti davanti i “big”, ad eccezione di Carlos Sastre che anche oggi ha perso 1’49”.
Fin dall’inizio, c’è bagarre per andare in fuga ed al nono chilometro ci riescono in quattro: Giampaolo Cheula (Footon-Servetto), Mikhail Ignatiev (Katusha), Tom Stamsnijder (Rabobank) e Michael Barry (Sky). Questi attaccanti raggiungono un vantaggio massimo di 4’10”, ma senza l’ Astana del leader Vinokourov davanti ad aprire la strada, a tirare c’è l’Htc per Goss e Greipel. La fuga sembra, però, non avere storia perché le squadre dei velocisti rimasti vogliono provare a fare almeno una volata a ranghi compatti, tant’è che ai -55 chilometri il vantaggio è sceso ad un minuto. Il ricongiungimento sembra oramai dietro l’angolo ma ecco che arriva la prima sorpresa di giornata: sul percorso si è abbattuta tanta acqua e almeno per tre-quattro chilometri la situazione è difficilissima con il manto stradale che si è trasformato in una gigantesca piscina. C’è chi la prende con filosofia come Stangelj che imita il miglior Phelps, c’è chi la prende come manna dal cielo vale a dire i quattro davanti che, in quel frangente, guadagnano di nuovo un minuto di fronte ad un gruppo che sapeva del pericolo e va avanti ad andatura cicloturistica.
Passato il pericolo, però, sono gli uomini di Piva a tornare in testa per rintuzzare di nuovo il gap che si è dilatato di nuovo fino a 2’05”. Il gruppo si fraziona, con almeno una quarantina di elementi staccati di più di un minuto e mezzo, ai meno 25 il vantaggio è di nuovo sceso a 53”.
A Sarno, poi, il secondo colpo di scena: durante l’attraversamento del centro abitato, con fondo stradale molto insidioso, il gruppo si spezza durante 3 curve, c’è il buco creato dagli Htc con “Vino” davanti e provano ad andare all’inseguimento dei quattro davanti che hanno sempre un minuto circa. Quando il kazako, informato via radio, si accorge che c’è spazio, manda subito Stangelj e Gasparotto davanti a menare le danze, sorprendendo anche gli Htc, e favorendo il tentativo di evasioni di altri come un reattivo Cunego e Nibali. Dietro, invece, dopo essersi contati, tirano gli Acqua&Sapone perché Garzelli è rimasto attardato, così come Evans e Basso. Il momento difficile dura circa cinque chilometri prima che tutti ritornino a ranghi compatti.
Ai meno otto, e non è una novità, rompe gli indugi Ignatiev e alla sua ruota ci rimane solo Barry, mentre Cheula e Stamsnijder vengono ripresi dal gruppo ai -7 con i fuggitivi che anno ancora 17” di vantaggio.
Oramai il destino è segnato e a quattro chilometri dal traguardo la fuga si esaurisce. Ancora gran lavoro dell’Htc con Hansen ma, quando anche l’ultimo uomo si scansa, siamo sempre ai tre chilometri e quindi anche il treno Columbia non è più buono. Confusione, Astana davanti, Vinokourov che non sa che fare, arriva Basso, arriva Agnoli, arriva Millar, ma è Rubens Bertogliati che, ai 900 metri, piazza la botta di finisseur. Il gruppo ha bisogno di pensarci su ma poi si lancia all’inseguimento. Da una parte il treno Garmin, dall’altra addirittura Cadel Evans e Vinokourov che vogliono provare a scombinare i piani di tutti. E’ il campione del mondo a menare le danze, riprende Bertogliati e sta davanti al gruppo. Da dietro, Farrar capisce che sono quelle le ruote buone e si mette dietro ai due “big” finché ai 250 metri parte, li salta agevolmente ma dalla sua parte sinistra viene su come un forsennato Goss che toglie il pertugio giusto a Pippo Pozzato e va a vincere piuttosto comodamente, mentre l’uomo di Sandrigo è costretto ad accontentarsi della piazza d’onore, proprio davanti all’americano della Garmin e poi Forster, un bravissimo Federico Canuti e poi Hinault. Greipel non pervenuto, Hondo imbottigliato e Sastre che prende un’ altra sberla.
Il secondo posto di Pippo è il miglior risultato azzurro (cronosquadre esclusa) fino a questo momento, al pari della piazza d’onore di Cunego a Montalcino e di quella di Stortoni ieri sul Terminillo. Quanto ci sarà da aspettare ancora per festeggiare qualcosa di più?

Saverio Melegari

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