NIBALI STORY – CAPITOLO 15: UN TRICOLORE DESTINATO A TINGERSI DI GIALLO

novembre 5, 2022 by Redazione  
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Non sembra partire con il piede giusto per Nibali la stagione 2014, nella quale ha deciso di rinunciare al Giro per concentrale le sue forze sul Tour de France: è 12° al Giro dell’Oman, 21° alla Parigi-Nizza, 5° al Romandia e 7° al Delfinato, una sfilza di insuccessi che – complici anche i risultati insoddisfacenti dei suoi compagni di squadra – sfocia in una lettera di rimprovero da parte della dirigenza dell’Astana. La “lavata di capo” fa presto sortire i suoi effetti perché, stimolato dall’imminente partenza del Tour sul quale ha focalizzato la sua stagione, Nibali si schiera al via del campionato nazionale e sulle strade del Trofeo Melinda, che già lo avevano visto vincitore nel 2010, conquista la maglia tricolore. Ancora non sa che una settimana più tardi sarà costretto a rimetterla nel cassetto per sostituirla con una ancora più prestigiosa…

NIBALI, UNA MAGLIA TRICOLORE PER GUARDARE CON FIDUCIA AL TOUR

Vincenzo Nibali è il nuovo Campione Italiano su strada, dopo una corsa ben controllata dall’Astana che si è sviluppata inizialmente con una fuga di sette ciclisti. Nella seconda parte il pressing dell’Astana, alla quale si aggiungevano Cannondale e Lampre-Merida, riprendeva la fuga e riduceva il gruppo finale, dopo attacchi vari, a una decina di unità. Gli ultimi 3 km decidevano la corsa, con il decisivo scatto di Nibali ai meno 2, al quale resisteva soltanto Davide Formolo (Cannondale). Al terzo posto Rabottini (Neri Sottoli) chiudeva il podio. Adesso attesa per il Tour de France in cui Nibali, oltre a indossare il tricolore, sarà uno dei grandi protagonisti attesi insieme a Froome e Contador.

Ancora il Trentino ed il Trofeo Melinda hanno fatto da sfondo all’edizione 2014 dei Campionati Italiani di Ciclismo su strada. Vincenzo Nibali si è imposto meritatamente, assistito al meglio dall’Astana, che ha visto soprattutto in Scarponi un’ottima spalla su cui Vincenzo potrà sicuramente appoggiarsi anche nell’imminente Tour de France. La corsa iniziava immediatamente con attacchi e contrattacchi di diversi atleti, ma la fuga buona si formava soltanto intorno al 13° km e comprendeva Nicola Testi (Androni Giocattoli), Silvio Giorni (Area Zero), Enrico Franzoi (Marchiol), Matteo Gozzi e Giacomo Forconi (Nankang), Alessandro Malaguti (Vini Fantini) e Giorgio Cecchinel (Neri Sottoli). Il gruppo lasciava fare e i sette in fuga accumulavano un vantaggio massimo di 6 minuti e mezzo dopo circa 65 km di corsa. Nel frattempo il gruppo iniziava ad organizzarsi ed a fare l’andatura erano gli uomini delle squadre più attrezzate numericamente, tra cui Cannondale, Lampre e Bardiani. Nella seconda parte della corsa, con l’inizio del circuito finale di Fondo da percorrere 4 volte, Cecchinel e Gozzi erano gli ultimi a resistere al ritorno del gruppo e venivano ripresi a circa 50 km dall’arrivo, subito dopo il penultimo passaggio dal traguardo. Ripartivano all’attacco Montaguti (AG2R), Dodi (Lampre), Damiano Caruso (Cannondale) e Francesco Gavazzi (Astana), ma un tentativo più interessante era portato dallo stesso Montaguti, Elia Viviani (Cannondale), Gianluca Brambilla (Omega Pharma) e Ricardo Pichetta (Team Idea), con quest’ultimo che perdeva le ruote dopo un paio di chilometri. Dietro l’Astana controllava e faceva il ritmo con Scarponi. che scattava e riprendeva i tre battistrada. Nel frattempo Viviani ‘trainava’ De Marchi e anche Zilioli (Androni Giocattoli) e Santaromita (Orica GreenEDGE) si riportavano sui primi. Il gruppo era tirato dagli uomini della Bardiani e della Vini Fantini. Ai meno 31 Viviani si arrendeva alla fatica e si lasciava sfilare, dopo aver lavorato per De Marchi. Nibali con un esplosivo scatto rientrava in poco tempo sui fuggitivi, insieme a Rabottini, Formolo e Pozzovivo. Dietro Oss (BMC) e Caruso (Cannondale) provavano a rientrare sul gruppetto di testa, formando un gruppetto all’inseguimento che comprendeva tra gli altri anche Capecchi e Visconti (Movistar), Finetto e Rabottini (Neri Sottoli), Pozzovivo (AG2R), Trentin (Omega Pharma) e Bennati (Tinkoff Saxo), transitando al penultimo passaggio da Fondo con un ritardo di 18 secondi. Ai meno 20 gli inseguitori riuscivano infine a raggiungere il sestetto di testa, compattando così un gruppetto di 16 ciclisti che si sarebbero disputati la maglia tricolore. Nibali, Formolo e Santaromita provavano addirittura l’allungo in discesa. Al loro inseguimento si buttava Trentin, che riusciva a raggiungere i tre nel giro di un paio di chilometri. Capecchi riportava tutti gli inseguitori (tra cui Visconti, il suo capitano della Movistar) sul quartetto di testa; Scarponi si rimetteva subito in testa a fare l’andatura e sulla strada che iniziava a salire i primi ad alzare bandiera bianca erano De Marchi, Bennati e Trentin. Scatti e contro scatti iniziavano intorno ai meno 13 ed ai meno 10 rimanevano in 11: Nibali, Scarponi, Rabottini, Oss, Finetto, Santaromita, Puccio, Formolo, Pozzovivo, Visconti e Caruso. Scarponi manteneva un ritmo elevato che non permetteva attacchi nel tratto pianeggiante che anticipava i 3 km finali in costante ascesa. Il primo a scattare era Finetto, ma subito dopo era Nibali a prendere in mano le redini della corsa ed involarsi nel tratto finale. Gli riusciva a resistere soltanto un intrepido Davide Formolo, che cercava anche di contrattaccare a sua volta il siciliano sotto lo striscione dell’ultimo chilometro. Ma Nibali lasciava sfogare il giovane ciclista della Cannondale per poi superarlo ai meno 200 metri. Nibali poteva così alzare le braccia al cielo e fare sua la prima vittoria stagionale, con Formolo secondo e Rabottini terzo. Quarto si classificava un redivivo Giovanni Visconti mentre chiudeva la top five Damiano Caruso. Adesso il ciclista dell’Astana potrà esibire la maglia tricolore già al Tour de France, che resta il suo grande obiettivo stagionale.

Giuseppe Scarfone

Nibali veste la maglia tricolore a Fondo, dopo essersi imposto nel Trofeo Melinda (foto Bettini)

Nibali veste la maglia tricolore a Fondo, dopo essersi imposto nel Trofeo Melinda (foto Bettini)

NIBALI STORY – CAPITOLO 14: QUATTRO MOSSE PER RISCALDARE UN GIRO “GELIDO”

novembre 4, 2022 by Redazione  
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Il Giro del 2013 è il primo dei due vinti da Nibali ma passerà alla storia per essere stato uno dei più “freddi” di sempre, vessato dal maltempo al punto che l’organizzazione sarà costretta a cambiare il percorso di tre dei cinque tapponi alpini previsti e addirittura ad annullare quello della Val Martello, che aveva in programma Gavia e Stelvio nella medesima giornata. Lo “Squalo dello Stretto” non riesce a esorcizzare il maltempo ma si impone in grande stile con quattro mosse, la prima nella lunga crono di Saltara che gli consente di vestire per la prima volta in carriera la maglia rosa, poi a Bardonecchia dove otterrà una vittoria postuma per la squalifica di Santambrogio, quindi nella cronoscalata della Polsa e infine ai 2300 metri delle Tre Cime di Lavaredo, dove mette la classica ciliegina sulla torta trionfando in solitaria sotto la neve.

11 maggio – 8a tappa: Gabicce Mare – Saltara (cronometro individuale)

ALTRO ROUND A NIBALI: VINCENZO IN ROSA DOPO LA CRONO

Il siciliano chiude 4° la cronometro di Saltara, cedendo soltanto 11’’ a Bradley Wiggins, rifilando quasi 4’ all’ex capoclassifica Intxausti, e impossessandosi della maglia rosa dopo tre anni. All’inglese, vittima di una foratura, sfugge anche la vittoria di tappa, soffiatagli per 10’’ dal sorprendente Alex Dowsett. Tra gli uomini di classifica, ottime le prove di Evans, Scarponi e Gesink. Grandi delusi di giornata Sanchez, che scivola ad oltre 3’, e Hesjedal, crollato nella seconda parte.
Prendete la classifica che, alla partenza di Napoli, vi aspettavate di trovare stasera, dopo la maxi-cronometro di Saltara; ora rovesciatela, e avrete più o meno la graduatoria che la strada ha plasmato nei primi sette giorni di gara. Il primo snodo chiave della Corsa Rosa, quello che doveva sulla carta regalare a Bradley Wiggins un patrimonio di almeno un paio di minuti su tutti gli avversari, segna invece il passaggio dei galloni di favorito sulle spalle di Vincenzo Nibali, quarto di tappa e nuova maglia rosa di un Giro che ancora deve avventurarsi sul suo terreno preferito.
Che i propositi di supremazia del britannico fossero destinati ad essere ridimensionati, lo si era capito molto presto: dopo un buon avvio, sufficiente a fugare i dubbi su eventuali postumi fisici del capitombolo di ieri, a rallentare la sua marcia ha provveduto una foratura, il cui impatto è stato aggravato dalla lentezza del soccorso dell’ammiraglia Sky. Nemmeno l’evidente blocco psicologico di Wiggo nell’affrontare anche la curva più innocua, però, autorizzava a prevedere i 52’’ accusati nel primo settore dal capoclassifica Alex Dowsett, fra i primi a lasciare la rampa di partenza e al comando ad ogni intermedio sino al termine della prova.
Il successivo tratto, meno tortuoso e più piatto, ha permesso all’inglese di limitare meglio i danni, prima di una brillante ascesa al muro finale che ha addirittura messo a repentaglio la leadership di Dowsett, e ha perlomeno allontanato le prospettive di un’impronosticabile Caporetto.
Penultimo a partire, prima di un Intxausti ben presto costretto a salutare ogni velleità di permanenza in rosa, Nibali ha approfittato meglio di tutti della prova inopinatamente umana del quattro volte olimpionico, creando addirittura a lungo l’illusione di poter fare bottino pieno. Al mostruoso primo intermedio (8’’ di vantaggio su Dowsett), è seguito un meno entusiasmante secondo (1’07’’ di ritardo), prima di una chiusura in linea con quella dell’avversario di riferimento, per un tempo finale più di alto di 21’’ rispetto al vincitore, ma soprattutto di appena 11’’ rispetto a Wiggo.
Se nessuno ha saputo cogliere meglio dello Squalo l’occasione offerta dallo Skyborg di punta, altri hanno comunque visto salire le loro quotazioni; primo fra tutti Cadel Evans, ora secondo a 29’’ da Nibali, nonché autore di un significativo miglior tempo parziale sul muro conclusivo. Alle loro spalle, in graduatoria, si collocano altri due uomini per i quali il Giro sarebbe dovuto essere tutto in salita dopo la crono, che si trovano invece adesso sul podio provvisorio o appena sotto: Robert Gesink, 3° a 1’15’’, sorprendentemente brillante su strade strette e tortuose, a dispetto della fama di guidatore non eccelso, e Michele Scarponi, 5° a 1’24’’, non nuovo a brillanti difese contro il tempo.
Proprio stretto fra i due, a 1’16’’, si trova ora Wiggins, la cui sola opzione per vincere il Giro sembra essere quella di correre in modo antitetico rispetto ai piani: attaccando in salita anziché difendendosi, impiegando la corazzata a disposizione per dinamitare la corsa anziché per addormentarla. Fondamentali, in questo senso, saranno Henao ed Uran, entrambi ancora in top 10: 7° a 2’11’’ il primo (sarebbe addirittura 3° senza il terreno perso ieri per attendere il capitano), 10° a 2’49’’ il secondo. Una risorsa – quella di potersi giocare al momento opportuno dei compagni nelle parti alte della classifica – che Wiggo condivide con il solo Scarponi, forte ancora di un Niemec al 9° posto della generale a 2’44’’, appena 1’’ dietro Mauro Santambrogio.
Se l’inglese esce male dalla crono, può tuttavia rallegrarsi parzialmente pensando di aver recuperato più del previsto su almeno un paio di avversari: Samuel Sanchez, ora distante addirittura 3’43’’ dalla maglia rosa, dopo una di quelle inspiegabili giornate di mediocrità che ne hanno spesso minato il rendimento sulle tre settimane, e soprattutto Ryder Hesjedal, discreto nella prima metà ma disastroso nella seconda, pur restando 6° in classifica a 2’06’’. Entrambi dovranno lavorare di fantasia per rimontare, e già da domani gli sconfitti della crono potrebbero trovare terreno fertile per la vendetta. Le quattro salite della Sansepolcro – Firenze esortano infatti alla battaglia, e il giorno di riposo in programma per lunedì strizza ulteriormente gli occhi agli attaccanti. Il GPM di Vetta le Croci – 4 km al 9% di media – appare il trampolino più intrigante.

Matteo Novarini

18 maggio – 14a tappa: Cervere – Bardonecchia (Jafferau)

NIBALI PADRONE DEL GIRO

Il siciliano attacca sulla salita di Jafferau, trovando la resistenza del solo Mauro Santambrogio. La maglia rosa rinuncia alla volata e cede la tappa al compagno d’avventura, al primo successo in carriera sulle strade del Giro. Perdono terreno Evans e Uran, crolla Gesink. Pesante l’incidenza del maltempo, che ha causato la cancellazione del Sestriere e la mancata diretta televisiva.

Se la cronometro di Saltara e l’arrivo del Montasio lo avevano lanciato come uomo da battere, è stata la salita di Jafferau a fare di Vincenzo Nibali il padrone del Giro d’Italia, a dispetto di una classific generale ancora corta. Evans e Uran, usciti dal primo appuntamento alpino come uniche alternative credibili al messinese, hanno visto le loro quotazioni crollare negli ultimi 2 km, dove la maglia rosa, preso atto del generale attendismo, ha deciso di muoversi in prima persona; e se le difficoltà dell’australiano, già attaccato con i denti al capoclassifica sul Montasio, potevano essere preventivate, meno previste erano quelle incontrate dal colombiano, che proprio a partire da oggi avrebbe dovuto provare ad avvicinare la vetta.
Eppure, il neo-capitano Sky aveva lasciato immaginare qualcosa di diverso, provando a smuovere la corsa a 4 km dal termine, rispondendo – per la verità senza particolare convinzione – ad un allungo di Diego Rosa. Soltanto Mauro Santambrogio e Carlos Betancur, invece, hanno saputo replicare all’affondo del capoclassifica, mentre Evans provava a resistere con la grinta di sempre, ma senza il sostegno dalle gambe degli anni d’oro. Già superato lo striscione dell’ultimo chilometro, e raggiunti Colbrelli e Paolini, ultimi reduci di una fuga inizialmente comprendente anche Pietropolli e Trentin, anche il colombiano di scorta si è dovuto arrendere, lasciando al duo italiano la sfida per il successo parziale.
Sfida in realtà mai cominciata, giacché Nibali ha preferito rinunciare alla volata e cedere una comunque meritatissima vittoria all’avversario. Scelta compiuta forse in ossequio ad una norma non scritta del ciclismo, ma probabilmente anche a criteri di convenienza: già privo dei migliori Aru e Tiralongo, il siciliano ha perso oggi per strada Alessandro Vanotti, vittima di una caduta che ha coinvolto anche Chalapud e ha costretto al ritiro Battaglin. Comprensibile, dunque, che non gli dispiaccia l’idea di garantirsi un occhio di riguardo – o perlomeno la scarsa belligeranza – della Vini Fantini, formazione tra le più in palla e attive del Giro.
A fine giornata, in ogni caso, soltanto Michele Scarponi, giunto a 1’28’’, e Robert Gesink, arrivato dopo 4’16’’, hanno riportato danni consistenti. Uran, 5° all’arrivo, alle spalle di un redivivo Samuel Sanchez, ha contenuto le perdite in 30’’, salvando per 1’’ il podio virtuale dall’assalto di Santambrogio (2’46’’ contro 2’47’’); Evans ha chiuso 3’’ più tardi, restando saldamente 2°, a 1’26’’. Pozzovivo e Kiserlovski, tagliando il traguardo in compagnia dell’ex iridato, lanciano le loro candidature per un piazzamento nei 5 e nei 10 rispettivamente, collocandosi ora al 7° e 12° posto (5’12’’ e 6’42’’ i distacchi). Continuano a tenere botta Niemec, ora 6° a 4’55’’, arrivato davanti al capitano Scarponi, e Majka, 8° a 5’32’’, per 7’’ davanti a Betancur.
A determinare distacchi relativamente contenuti, oltre alla brevità della pur aspra ascesa finale, ha senz’altro contribuito l’eliminazione dal percorso del Sestriere, dovuta ad una nevicata che non ha in realtà mai intaccato la praticabilità della strada. Sorte analoga a quella che rischiano di subire, fra meno di ventiquattro ore, Moncenisio e Galibier, per i quali gli organizzatori continuano a trattare con la prefettura francese competente. Difficile che la tappa possa essere disputata come originariamente disegnata, anche se resiste la speranza di poter percorrere la salita conclusiva almeno fino alla stele dedicata a Marco Pantani, a circa 2300 metri di quota; viceversa, il primo week-end alpino verrebbe quasi del tutto neutralizzato da un maltempo presente, ma non parso tale da giustificare la quasi totale assenza di copertura televisiva: l’aereo ponte necessario alla trasmissione non è infatti decollato per motivi non ancora ben chiariti (la prima spiegazione fornita è stata la possibile formazione di ghiaccio sulle ali, che lasciava però aperto l’interrogativo sul perché tutti gli altri velivoli decollassero regolarmente dall’aeroporto di Caselle; in seguito si è parlato di una sconcertante mancata predisposizione del mezzo; la causa principale è probabilmente di natura burocratica), lasciando alle sole telecamere fisse il compito di raccontare una frazione che avrebbe meritato ben altro.
Impossibile abbozzare previsioni sulla tappa di domani, anche se l’augurio – nel massimo rispetto dell’incolumità dei corridori – è che, per evitare di correre i rischi eccessivi di alcuni ben noti episodi (Gavia 1988 su tutti), non si cada nell’errore opposto, amputando il Giro di passaggi chiave per eccesso di prudenza. Altrimenti, nella giornata in cui la corsa renderà omaggio alla più bella impresa di Marco Pantani, verrà da chiedersi il senso di un simile tributo, se è opinione degli organizzatori che l’indimenticabile cavalcata verso Les Deux Alpes abbia avuto luogo in condizioni non regolari.

Matteo Novarini

23 maggio – 18a tappa: Mori – Polsa (cronometro individuale)

LO SQUALO AZZANNA IL GIRO, EVANS SOFFRE

In attesa dei due tapponi di Val Martello e Tre Cime di Lavaredo su cui però pesa l’incognita meteo Vincenzo Nibali sfodera una prestazione monstre nella cronoscalata Mori-Polsa imponendosi con largo margine su un ritrovato Samuel Sanchez e sulla rivelazione Damiano Caruso e portando ad oltre 4′ il suo vantaggio nella generale sull’australiano della Bmc che vede ridursi drasticamente il suo vantaggio su Rigoberto Urán e Michele Scarponi in chiave lotta per il podio.

Dopo il secondo giorno di riposo e le due frazioni relativamente interlocutorie, sebbene la battaglia anche tra gli uomini di classifica non sia mancata, di Ivrea e Vicenza il Giro d’Italia è entrato nella sua fase decisiva con la 16a tappa, una cronoscalata di 20,6 km da Mori a Polsa caratterizzata da pendenze piuttosto costanti tra il 5 e l’8% lungo tutto il percorso ad eccezione dei due km iniziali pianeggianti e da altri tre di falsopiano subito dopo l’abitato di Brentonico, in corrispondenza del quale al km 9,4 era posto l’unico intertempo di giornata, un tracciato ideale dunque per passisti scalatori come Bradley Wiggins (Team Sky), che però ha ormai da giorni abbandonato la corsa rosa, e di Vincenzo Nibali (Astana), che ha corso da padrone fin qui ma che era ancora in cerca di un successo di tappa al Giro che non arrivava dal 2010, quando si impose in solitudine ad Asolo dopo un gran numero nella discesa del Monte Grappa: il siciliano, malgrado la pioggia che ha iniziato a cadere copiosamente poco dopo la sua partenza, non si è fatto sfuggire l’occasione infliggendo distacchi pesantissimi agli avversari già a metà percorso e continuando a incrementare il vantaggio fino al traguardo con il solo Samuel Sanchez (Euskaltel), tornato stabilmente ai livelli abituali dopo aver perso diverso terreno nella crono di Saltara e nell’arrivo in salita del Montasio, che ha saputo limitare il gap a meno di un minuto chiudendo a 58” e risalendo al 10° posto della generale mentre il terzo gradino del podio è stato occupato a sorpresa da Damiano Caruso (Cannondale), che dopo il tentativo di fuga senza esito nella tappa di Ivrea è uscito di classifica ma in questa cronoscalata ha dato il meglio di sè concludendo a 1′20” e precedendo per solo 1” Michele Scarponi (Lampre-Merida), che dopo un ottimo avvio in cui ha fatto segnare il secondo tempo a Bertonico è un po’ calato alla distanza ma ha comunque guadagnato terreno nella generale su Rigoberto Urán, che al contrario del marchigiano è partito molto lentamente ma si è superato nella seconda metà di gara in cui ha perso solo 6” da Nibali chiudendo 6° a 1′26”, e soprattutto sul grande sconfitto del giorno Cadel Evans (Bcm) che, dopo aver già dato i primi segnali di cedimento nel weekend di montagna franco-piemontese, è incappato in una giornata nera, rischiando addirittura l’onta di essere ripreso dalla maglia rosa partita 3′ dopo di lui e non andando oltre il 25° posto con un distacco di 2′36”, salvando per soli 10” il secondo posto in classifica dall’assalto di Urán. Dal discorso podio non possono essere esclusi neppure i due duellanti per la maglia bianca Rafal Majka (Saxo-Tinkoff) e Carlos Betancur (Ag2r), entrambi autori di ottime prove con il polacco che ha chiuso 5° a 1′25” riprendendosi per soli 2” la leadership nella classifica dei giovani davanti al colombiano 7° a 1′32”, e Przemyslaw Niemiec (Lampre), che al pari del suo capitano Scarponi ha perso qualche secondo di troppo da Brentonico in poi ma ha comunque portato a casa un positivo 12° posto a 1′56”, alle spalle del sempre competitivo in questo tipo di esercizio Stef Clement (Blanco) 8° a 1′36”, del campione italiano a cronometro Dario Cataldo (Team Sky) 9° a 1′41”, di un sorprendente Danilo Di Luca (Vini Fantini) 10° a 1′52” e di Eugeni Petrov (Saxo-Tinkoff) 11° a 1′54” consolidando la sua quinta piazza nella generale davanti a Majka, Betancur e a un Mauro Santambrogio (Vini Fantini), che è scivolato indietro di due posizioni non andando oltre il 24° posto a 2′33” mostrando nuovamente la corda dopo la defaillance sulla salita di Andrate nella tappa di Ivrea: per quanto riguarda gli altri uomini di classifica, il cui obiettivo massimo ora non può che essere un piazzamento nella top ten, si sono comportati discretamente Domenico Pozzovivo (Ag2r), che pur non al meglio per via di una bronchite ha chiuso 15° a 2′11”, e Franco Pellizotti (Androni), da cui magari ci si attendeva qualcosa di più dopo il successo di Plan de Corones del 2008, 16° a 2′12” mentre sono rimasti decisamente al di sotto delle aspettative Beñat Intxausti (Movistar) 28° a 2′49”, Robert Gesink (Blanco) 29° a 2′55” e Robert Kiserlovski (RadioShack) addirittura 39° a 3′46” preceduto anche da un Tanel Kangert (Astana) che si è piazzato 34° a 3′19” e probabilmente non ha dato il meglio di sè per essere il più possibile utile a Nibali nelle ultime giornate di corsa.
Lo Squalo dello Stretto sembra in ogni caso avere ormai ben più di un piede e mezzo sul gradino più alto del podio finale di Brescia in virtù di una condizione straripante mostrata fin dal mese di marzo con la Tirreno-Adriatico e soprattutto di un vantaggio in classifica generale divenuto di tutta sicurezza con Evans 2° a 4′02”, Urán 3° a 4′12”, il duo Scarponi-Niemiec 4° e 5° a 5′14” e 6′09”, Majka 6° a 6′45” e Betancur 7° a 47”: nei prossimi due tapponi di montagna potrà comunque succedere di tutto anche se, alla luce delle previsioni meteo che annunciano neve e temperature ad alta quota ben al di sotto dello zero, non si sa ancora quale sarà il percorso a partire dalla 19a frazione, 139 km da Ponte di Legno in cui, per la prima volta nella storia del Giro, dovrebbero essere scalati nello stesso giorno due moloch come Gavia e Stelvio prima dei 21 km di ascesa finale verso il traguardo ma in cui è più probabile che si opti per un percorso alternativo con l’abbordabile Tonale in partenza e l’impegnativo Castrin a metà percorso anche se a quel punto dalla vetta ai piedi dell’ultima salita mancherebbero ben 60 km di discesa e falsopiano per cui con ogni probabilità la bagarre tra i big sarebbe rimandata ai km conclusivi.

Marco Salonna

25 maggio – 20a tappa: Silandro – Tre Cime di Lavaredo

NIBALI SIGNORE DELLE TRE CIME

La maglia rosa attacca e trionfa in solitaria nella bufera delle Tre Cime di Lavaredo, coronando un Giro vinto da dominatore. Uran, 3° dietro Duarte, strappa la seconda posizione in classifica ad Evans, che resiste a sua volta all’attacco di Scarponi. Maglia bianca a Betancur, 4° al traguardo, capace di soffiarla a Majka malgrado una foratura ai piedi del Passo Tre Croci, e di salire al quinto posto della generale.

Pochi sport sanno mettere alla prova la fede degli appassionati quanto il ciclismo del terzo millennio; e la giornata di ieri – con il caso Di Luca a sommarsi all’annullamento del tappone di Gavia e Stelvio – avrebbe fatto vacillare il più fermo dei tifosi; ma è altrettanto vero che pochi sport sanno riconquistare quegli stessi appassionati traditi con tanta rapidità, cancellando con il pezzo di bravura di un campione la rabbia e l’amarezza. È grazie a Vincenzo Nibali se, dopo la Caporetto di ventiquattro ore fa, il Giro 2013 può tornare a sperare di non essere ricordato soltanto per i tagli di percorso, le montagne annullate o mutilate, il freddo, la neve, alcune non trascurabili pecche organizzative e l’ennesimo affare di doping.
Forte di un margine di oltre 4’ sul più vicino rivale, e scongiurato con una cronoscalata ammazza-classifica il rischio di chiudere in rosa senza successi di tappa, lo Squalo avrebbe sulla carta dovuto limitarsi a controllare nella 20a e penultima tappa, privata di Costalunga, San Pellegrino e Giau per le ben note vicissitudini meteorologiche. Sono però bastate poche decine di chilometri per capire che Nibali sarebbe andato in caccia di una chiosa più incisiva, allorché la Astana – coadiuvata da un’attivissima Euskaltel – ha assunto il comando dell’inseguimento a Brutt, Ermeti, Popovych e Hansen, evasi dopo una trentina di chilometri e giunti ad un vantaggio massimo di 7’ e mezzo.
Virtualmente neutralizzati i fuggitivi già prima dell’ascesa al Tre Croci, approcciata dai quattro con poco più di 2’, a scuotere il gruppo sono stati – più che gli effimeri attacchi di Capecchi, Brambilla e i soliti Weening, Pirazzi e Atapuma – i due stop forzati di Carlos Betancur, fermato da una foratura ai piedi della salita, e da un cambio di bicicletta a metà della stessa. Majka, partito con 2’’ sul colombiano nella classifica dei giovani, ha provato ad approfittarne lanciando il forcing di Petrov, il cui principale esito è stato però quello di riavvicinare il plotone alla testa della corsa, momentaneamente occupata ancora da Brutt, e di distanziare definitivamente Mauro Santambrogio, già in difficoltà sulle prime rampe.
Kiserlovski ci ha provato ai -6, venendo però agilmente controllato da Agnoli e Aru; e proprio il sardo, prendendo di petto i 4 km della vera scalata alle Tre Cime, ha dato il là al numero della maglia rosa. Con 3 km e spiccioli ancora da percorrere, Nibali ha rotto gli indugi, quasi cogliendo di sorpresa lo stesso Kangert, deputato a fargli da apripista. Majka, accodandosi per primo, ha confermato tanto la sua intraprendenza quanto la sua immaturità, incappando in un fuorigiri di cui ha fatto la fortuna di Betancur, rientrato a ritmo più regolare.
Anche il colombiano, ultimo ad arrendersi insieme al connazionale Uran, non ha però potuto reggere a più di due o tre cambi di ritmo del capoclassifica, andato nel frattempo a riassorbire gli attaccanti superstiti. Evans ha dato ad un tratto l’impressione di poter riagganciare i due sudamericani e difendere la piazza d’onore, ma al prezzo di uno sforzo pagato carissimo negli ultimi 1500 metri. Fortuna per l’australiano che il più serio aspirante al podio, Michele Scarponi, abbia faticato ancora una volta più del previsto sul terreno a lui più congeniale, riuscendo soltanto nel finale a scavalcare Cadel, e senza mai attentare seriamente alla terza piazza virtuale.
In mezzo ad una tormenta che ha conferito un tocco epico alle ultime pedalate, Nibali ha costruito un margine di 32’’ nel giro di 2 km, scemato soltanto quando il siciliano si è concesso il meritato arrivo a braccia alzate, mentre i colombiani, divenuti tre con il rientro di un sorprendente Fabio Duarte, si giocavano la piazza d’onore in una volata vinta proprio dall’alfiere Coldeportes. 3°, a 19’’ dal vincitore e a 2’’ dal compatriota, Rigoberto Uran ha comunque scalato un gradino del podio, issandosi alle spalle della maglia rosa, staccato di 4’43’’; altri 2’’ più tardi ha tagliato il traguardo Betancur, ancora costretto a rinviare (a questo punto almeno all’anno prossimo) l’appuntamento con il primo successo in carriera al Giro. Per lui la consolazione della maglia bianca, strappata in extremis a Majka (10° a 1’04’’), e del 5° posto finale, reso tuttavia agrodolce dal pensiero di cosa sarebbe potuto diventare se il tempo fosse stato più clemente negli ultimi due giorni.
Alle loro spalle, uno strepitoso Fabio Aru ha chiuso 5°, davanti a Pellizotti, Pozzovivo, Caruso e Atapuma, mentre Evans, commovente nel suo versare ogni goccia di energia sull’asfalto, lottando contro l’età che avanza e una condizione in picchiata rispetto ad inizio Giro, ha alla fine concesso 1’30’’ a Nibali, ma soltanto 16’’ a Scarponi, salvando per 56’’ la terza piazza. La giornata no della Lampre è completata dalla non entusiasmante prova di Niemec, scavalcato da Betancur e ora 6° in generale, appena davanti a Majka. Completano la nuova top 10 Intxausti, Santambrogio e Pozzovivo, al quale fa spazio un Sanchez più indecifrabile che mai, crollato ad oltre 2’ dopo la splendida cronoscalata e il lavoro comandato ai suoi per quasi tutto il giorno, superato anche da Pellizotti.
Soltanto incidenti e contrattempi potrebbero modificare la graduatoria domani, quando il Giro ritroverà pianura e temperature più miti dirigendosi verso Brescia, per una passerella che potrebbe consentire a Cavendish di riappropriarsi della maglia rosa, passata oggi sulle spalle di Nibali. Non crediamo che Vincenzo, nel caso, farà drammi, dopo aver regalato a se stesso un Giro, e al Giro un finale all’altezza.

Matteo Novarini

La vittoria sotto la neve di Nibali alle Tre Cime di Lavaredo (foto Bettini)

La vittoria sotto la neve di Nibali alle Tre Cime di Lavaredo (foto Bettini)

03-11-2022

novembre 3, 2022 by Redazione  
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GRAND PRIX SAKIA EL HAMRA

L’emiratino Ahmed Al Mansoori (nazionale emiratina) si è imposto nella corsa marocchina, Laayoune – Boujdour, percorrendo 140 Km in 2h29′30″, alla media di 56.187 Km/h. Ha preceduto allo sprint i marocchini Youssef Bdadou (nazionale marocchina) e Mounir Makhchoun (regionale marocchina). Nessun italiano in gara.

NIBALI STORY – CAPITOLO 13: QUANDO LO SQUALO MOLÒ I DENTI DELLA SEGA

novembre 3, 2022 by Redazione  
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C’è da fare il “tagliando” in vista della Corsa Rosa e Nibali sceglie di effettuare l’ultima preparazione in gara prima del via del Giro in Trentino, dove già si era imposto nel 2008. Stavolta c’è da andare allo scoperta di una salita inedita, mai affrontata prima in una corsa ciclistica e che 8 anni più tardi metterà alle corde un corridore del calibro di Egan Bernal al Giro: è la Sega di Ala, che lo “Squalo dello Stretto” doma alla sua maniera riuscendo a togliere la maglia di leader dalle spalle del francese Bouet, che la indossava con quasi 4 minuti di vantaggio su Nibali

LO SQUALO ATTACCA, STACCA TUTTI E VINCE

Arrivo in solitaria per Vincenzo Nibali (Astana) sul traguardo di Sega di Ala. Il siciliano dell’Astana ha preceduto di 7 secondi Mauro Santambrogio (Vini Fantini) e di 44 la coppia Niemec (Lampre-Merida)-Aru (Astana). Più staccato invece Bradley Wiggins causa incidente meccanico durante la scalata finale. Per Nibali c’è anche la soddisfazione di vincere anche la classifica generale di questa 37esima edizione del Giro del Trentino.

Niente fuga oggi, ma questo si sapeva; d’altronde quell’ultima dura salita era troppo appetibile a coloro che avessero ancora voglia di smuovere le acque in classifica generale. Sull’ultima ascesa le acque si sono smosse alla grande con un Vincenzo Nibali in ottima condizione che è riuscito a staccare sulle ultime rampe un Mauro Santambrogio in versione “Hard to die”.
Un plauso va anche allo sconfitto di questa tappa, ovvero Maxime Bouet, che, nonostante abbia perso la maglia di leader, è riuscito, con la fuga bidone del primo giorno, a rendere il Giro del Trentino una corsa diversa da quella che poteva essere.
Tappa odierna che partiva da Arco e terminava a Sega di Ala dopo aver percorso 166 chilometri contraddistinti da 2 GPM nell’ultima parte: Brentonico di 2a categoria ai meno 34 dall’arrivo e la salita finale di Sega di Ala segnalata addirittura come Hors Categorie (“fuori categoria) per quei 13 chilometri con pendenza media del 9% e massima del 20.
Prima parte della frazione animata da una fuga composta da dieci corridori: Serpa (Lampre-Merida), Gautier (Europcar), Sella (Androni-Venezuela), Zardini (Bardiani-CSF), Bongiorno (Bardiani-CSF), Pantano (Colombia), Txurruka (Caja Rural), Taciak (CCC Polsat), Huzarski (NetApp-Endura) ed Antunes (Ceramica Flaminia). Fuggitivi che avranno un vantaggio massimo di circa tre minuti, ma il gruppo tirato in particolare dagli uomini Vini Fantini per Santambrogio annullano il vantaggio ai piedi della salita finale. Sulle prime rampe dell’ascesa si muove prontamente l’Astana di Vincenzo Nibali con Agnoli e Tiralongo che con il loro ritmo scremano il gruppo ad una ventina di unità. É Tiralongo che rompe gli indugi e allunga portandosi dietro Nibali e pochi metri dopo anche tutti i favoriti, tranne Wiggins: l’inglese, causa la rottura del cambio, è costretto a fermarsi e ripartire solo dopo il cambio della bicicletta, ma il tempo trascorso non permetterà all’inglese di recuperare il gap.
Nel frattempo in testa alla corsa sono rimasti sette corridori: Tiralongo che fa il ritmo seguito da Nibali e Aru (Astana), Santambrogio (Vini Fantini), Niemec (Lampre-Merida), Evans (BMC) e Locatelli (Bardiani-Csf).
Ai meno 5 dalla vetta c’è il primo allungo di Nibali, l’azione del siciliano costringe alla risposta immediata il solo Santambrogio, che dopo un grande sforzo riesce a rientrare su Vincenzo. Dietro rimangono uniti ad inseguire Evans, Niemec e Aru.
Ma questo Nibali non si accontenta, ed è così che sull’ultima rampa prima del falsopiano, si alza sui pedali e riparte: questa volta per Mauro Santambrogio non c’è nient’altro da fare che arrendersi.
Al traguardo Nibali giunge a braccia alzate precedendo il capitano della Vini Fantini di 4 secondi. Seguono nell’ordine: Niemec ed Aru a 44 secondi, Evans a 1′01”, Locatelli a 1′10, Pirazzi a 1′35, Garcia e Wiggins a 1′37 e, decimo, Rolland a 2′20.
In classifica generale c’è il ribaltone: Bouet essendo arrivato con 4′30 di ritardo è costretto a capitolare e a consegnare la maglia di leader a Vincenzo Nibali che si aggiudica anche la classifica finale. Sul podio salgono Santambrogio e Bouet: il primo con un ritardo di 21 secondi di ritardo, mentre il secondo con 55.
In prospettiva Giro d’Italia spiccano senz’altro le vittorie di Nibali, ma non possiamo dimenticare Bradley Wiggins: il vincitore dello scorso Tour de France è parso in forma nonostante i guasti meccanici. Ottime le prove dei giovanissimi Locatelli e Aru, con il sardo che si aggiudica fra l’altro la maglia di migliore giovane. Discreta la performance di Evans, mentre da rivedere quelle di Basso, Scarponi (ma almeno il marchigiano della Lampre si è fatto vedere nella tappa di ieri) e Pellizotti.

Paolo Terzi

Nibali stacca Santambrogio e si lancia verso il vertice del Giro del Trentino (foto Bettini)

Nibali stacca Santambrogio e si lancia verso il vertice del Giro del Trentino (foto Bettini)

NIBALI STORY – CAPITOLO 12: BIS ALLA TIRRENO

novembre 2, 2022 by Redazione  
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Il 2013 è l’anno della prima vittoria al Giro. Nibali non ci arriva “digiuno” perché strada facendo mette in cascina la vittoria in due prestigiose corse a tappe, cominciando con il bis consecutivo alla Tirreno-Adriatico, una doppietta che non si vede dal biennio 1989-1990, quando la Corsa dei due Mari era stava vinta dall’elvetico Tony Rominger. Stavolta, però, si trova sulla strada un avversario del calibro del britannico Chris Froome, che lo stacca – anche se di poco – sia nelle tappe di Prati di Tivo (dove lo” Squalo” si era imposto dodici mesi prima) e di Chieti, sia nella cronometro conclusiva di San Benedetto del Tronto, alla quale il siciliano si presenta con la maglia di leader sulle spalle dopo esser andato a sorpresa all’attacco nella tappa dei muri marchigiani. E, pur senza vittorie di tappa, la Tirreno è sua con 23” sul britannico e poco meno di un minuto su un altro grande del ciclismo, Alberto Contador. Riviviamo le quattro tappe citate nell’introduzione

4a tappa: Narni – Prati di Tivo

VROOM, VROOM… FROOME

Il 27enne di Nairobi, supportato in precedenza da un formidabile Team Sky, sprigiona tutti i cavalli del suo potente motore nell’ultimo km di Prati di Tivo e trionfa con 6” su un ottimo Mauro Santambrogio, 11” su Vincenzo Nibali e 13” sul sempre più sorprendente Michal Kwiatkowski, nuovo leader della Tirreno-Adriatico. Solo 6° a 15” dopo aver tentato due scatti sulla salita finale Alberto Contador, più indietro Joaquin Rodríguez e Cadel Evans, crollano Samuel Sánchez, Damiano Cunego e Moreno Moser.

Dopo la cronosquadre di Donoratico e le frazioni interlocutorie di Indicatore e Narni Scalo la Tirreno-Adriatico è entrata nella fase calda, in tutti i sensi dal momento che i corridori hanno finalmente gareggiato con il sole e temperature primaverili, con la 4a tappa, 165 km da Narni a Prati di Tivo con le ascese non troppo impegnative di Forca di Arrone, Sella di Corno e Passo delle Capannelle e soprattutto la scalata finale di 14,5 km al 7,1% di pendenza media lungo la quale un anno fa Vincenzo Nibali (Astana), allora in forza alla Liquigas, ha fatto il vuoto ponendo le basi per il successo finale nella Corsa dei Due Mari. Nei primi 150 km non è accaduto granchè con la fuga di Francesco Failli (Vini Fantini), a caccia di punti per la maglia verde di miglior scalatore indossata da Cesare Benedetti (NetApp), in compagnia del forte cronoman svedese Fredrik Kessiakoff (Astana), del polacco già 13° nella generale dell’ultima Vuelta Tomasz Marczynski (Vacansoleil) e di un habituè delle azioni da lontano come il francese Anthony Roux (Fdj), che hanno acquisito fino a 6′40” su un gruppo nel quale il Team Sky ha presto preso il comando delle operazioni, chiaro segnale di un Chris Froome intenzionato a fare la differenza come avvenuto al recente Giro dell’Oman da lui vinto.
In ogni caso il ritmo, pur sufficiente a mettere nel mirino i quattro fuggitivi, non è stato particolarmente sostenuto nelle prime salite in cui hanno perso contatto dal gruppo solo una trentina di atleti tra cui il leader della generale Marc Cavendish (Omega-QuickStep), Roberto Ferrari (Lampre-Merida) e Francesco Chicchi (Vini Fantini) ma la musica è cambiata sulle rampe che portavano a Prati di Tivo, in cui il Team Sky, nell’ordine con Peter Kennaugh, un Dario Cataldo ingaggiato dalla formazione di Brailsford per fare da spalla a Bradley Wiggins al Giro d’Italia, Sergio Henao e Rigoberto Urán ha prodotto un forcing spietato che ha messo fine alle speranze di Marczynski, ultimo ad arrendersi tra i battistrada, e ha stroncato dapprima Stefano Garzelli (Vini Fantini), quindi in rapida successione Bauke Mollema (Blanco), Damiano Cunego (Lampre-Merida), Moreno Moser (Cannondale), Tony Martin (Omega-QuickStep) e Samuel Sánchez (Euskaltel) e a 7 km dal traguardo anche Joaquin Rodríguez (Katusha), spalleggiato dal fedelissimo Daniel Moreno, Cadel Evans (Bmc), Rinaldo Nocentini e Domenico Pozzovivo (Ag2r), Roman Kreuziger (Saxo-Tinkoff) e Jonathan Castroviejo (Movistar), unico della compagine di Unzue a rimanere nelle prime posizioni a differenza dei più quotati Benat Intxausti, Juan Josè Cobo ed Eros Capecchi, che comunque si sono mantenuti a un centinaio di metri dal gruppetto di testa comprendente a quel punto Henao, Urán, Froome, Nibali, il secondo della generale Michal Kwiatkowski (Omega-QuickStep), mai così competitivo nelle salite lunghe in precedenza, un ritrovato dopo il grave incidente subito all’ultimo Tour de France Wouter Poels (Vacansoleil), un brillantissimo Mauro Santambrogio (Vini Fantini), il 41enne Chris Horner (RadioShack), già 3° un anno fa a Prati di Tivo e naturalmente Alberto Contador (Saxo-Tinkoff), che ai -6 ha tentato uno scatto dei suoi immediatamente rintuzzato dagli uomini del Team Sky.
Approfittando di un leggero rallentamento Rodríguez e Kreuziger sono riusciti a rientrare, mentre non hanno retto il loro ritmo i compagni di inseguimento a cominciare da Evans che dice così addio alle speranze di ripetere il successo del 2011, ma al pari di Poels hanno nuovamente perso contatto a 2,5 km dal traguardo quando Contador è scattato nuovamente seguito da Nibali che ha rilanciato l’azione e da Santambrogio mentre Froome non si è fatto prendere dalla foga, lasciando che lo straordinario Urán tenesse a pochi metri il terzetto di testa, fino al triangolo rosso dell’ultimo km quando ha operato una violenta accelerazione con cui si è riportato sotto e ha proseguito nell’azione lasciando tutti sul posto: il solo Santambrogio aveva probabilmente le forze per replicare ma ha atteso per un attimo di troppo che fossero Nibali e Contador a farlo e Froome ne ha approfittato per involarsi fino al traguardo che ha tagliato con 6” sul comasco della Vini-Fantini, 11” sul messinese, 13” su uno Kwiatkowski rinvenuto fortissimo nelle ultime centinaia di metri, 15” su Horner e su un Contador che come spesso gli accade non ha avuto il cambio di ritmo nel finale e 19” su un Urán che se avesse corso per sè sarebbe stato forse l’unico a contrastare il compagno di squadra; decisamente più staccati gli altri con Poels e Rodríguez, che in ogni caso non aveva brillato neppure un anno fa alla Tirreno-Adriatico, 8° e 9° a 43”, Kreuziger e Moreno 10° e 11° a 58”, Castroviejo 12° a 1′04”, Evans 14° a 1′13”, un Pozzovivo da cui ci si attendeva decisamente di più 16° a 1′18” e Capecchi 20° a 1′45” mentre ben più pesanti sono stati i distacchi di Sánchez, Cunego, Tony Martin e Moser. Grazie al successo dell’Omega-QuickStep nella cronosquadre Kwiatkowski è la nuova maglia azzurra con 4” su Froome, 16” su Nibali, 30” su Contador, 33” su Urán, 40” su Horner e 55” su Santambrogio e non sarà facile strappargli il primato nella crono conclusiva di San Benedetto del Tronto: presumibile pertanto un nuovo attacco di Froome e del Team Sky nella 5a tappa, 230 km da Ortona a Chieti con la dura ascesa di Passo Lanciano, saltata un anno fa a causa della neve e teatro nel Giro 2006 di uno splendido duello tra Ivan Basso e Damiano Cunego vinto dal varesino, a 40 km dal traguardo e da due strappi con pendenze fino al 15° negli ultimi 5 km, lungo i quali a fare la differenza un anno fa fu Peter Sagan.

Marco Salonna

5a tappa: Ortona – Chieti

RISCOSSA PURITO, FROOME NUOVO LEADER

Dopo aver perso contatto nel finale della salita di Prato di Tivo e aver detto addio alle velleità di classifica generale Joaquin Rodríguez fa la differenza sul muro di Via Salomone e si aggiudica la tappa di Chieti davanti a Bauke Mollema, Alberto Contador, Mauro Santambrogio, Chris Horner e al britannico che strappa la maglia azzurra a Michal Kwiatkowski. In leggero ritardo Vincenzo Nibali, coraggiosa azione di Damiano Cunego sfumata a 6 km dal traguardo

Per il quarto anno consecutivo la Tirreno-Adriatico è approdata a Chieti al termine di una frazione di 230 km caratterizzata dall’abbordabile ascesa di Forchetta Palena nelle fasi iniziati, da quella ben più impegnativa di Passo Lanciano, che era in programma anche nella passata stagione ma non è stata affrontata a causa della neve, a 40 km dal traguardo e dallo spettacolare finale nel capoluogo di provincia abruzzese con i brevi ma durissimi strappi di Pietragrossa e Via Salomone, presenti anche nel percorso della tappa di Pescara del prossimo Giro d’Italia, in rapida successione negli ultimi 7 km. La fuga di giornata è nata al km 20 ad opera di Valerio Agnoli (Astana), prezioso gregario di Vincenzo Nibali insieme al quale è approdato dalla Liquigas alla formazione kazaka, un Oscar Gatto (Vini Fantini) ancora non al meglio della condizione in questo avvio di stagione, il russo Maxim Belkov (Katusha) e lo svizzero Michael Schär (Bmc) entrambi in evidenza alle Strade Bianche, tre uomini da classiche del Nord come lo spagnolo Juan AntoniO Flecha (Vacansoleil), l’olandese Sebastian Langeveld (Orica-GreenEdge) e il belga due volte vincitore del Giro delle Fiandre Stijn Devolder (RadioShack) che negli anni ha abbandonato le velleità da uomo di classifica nelle grandi corse a tappe, il trentino Cesare Benedetti (NetApp), a caccia di punti per la classifica di miglior scalatore, e infine un Damiano Cunego (Lampre-Merida), già secondo due anni fa a Chieti alle spalle del compagno Michele Scarponi, che dopo la debacle di Prati di Tivo in cui ha accusato oltre 6′ di ritardo da Chris Froome (Team Sky) ha tentato immediatamente di riscattarsi: al km 65 Benedetti è rimasto vittima di una caduta senza conseguenze che lo ha però costretto a lasciarsi riassorbire dal gruppo ma al termine della tappa indosserà comunque la maglia verde grazie al contemporaneo ritiro di Francesco Failli (Vini Fantini), che da giorni stava soffrendo per via di una costola incrinata in seguito a una caduta alle Strade Bianche ed è uscito di scena al pari del compagno Francesco Chicchi e di Sep Vanmarcke (Blanco), che è finito per terra ancora prima del km zero e sarà probabilmente costretto a saltare l’intera campagna del Nord. I fuggitivi hanno acquisito fino a 7′ di margine ma come era prevedibile ben presto in testa al gruppo le maglie biancoblù dell’Omega-QuickStep del leader della generale Michal Kwiatkowski sono state rimpiazzate da quelle verdi della Cannondale, che aveva l’obiettivo portare Peter Sagan a bissare il successo del 2012 a Chieti, e soprattutto da quelle nere di un Team Sky intenzionato a rendere la corsa più dura possibile per favorire un attacco di Froome nel finale.
Ai piedi dell’ascesa di passo Lanciano, 13 km con una pendenza media intorno all’8%, il vantaggio dei battistrada si era ridotto a 2′40” e Cunego, che su queste rampe fu protagonista nel Giro 2006 quando attaccò nel finale per poi essere battuto dal solo Ivan Basso, ha preso il largo con il solo Devolder che ha tentato per qualche centinaio di metri di resistere al veronese ed è riuscito a tenere a distanza un gruppo nel quale il Team Sky imponeva con Dario Cataldo un’andatura non impossibile, in modo da conservare uomini per la discesa e il successivo tratto pianeggiante di avvicinamento a Chieti, ma comunque piuttosto sostenuta che ha provocato il cedimento di Cadel Evans (Bmc), già in difficoltà a Prati di Tivo ma comunque ancora 11° in classifica a 1′18” da Kwiatkowski, e più avanti anche quelli di Samuel Sánchez (Euskaltel), dell’8° della generale Jonathan Castroviejo (Movistar) e dello stesso Sagan, riusciti però a rientrare in discesa al termine della quale il gruppo dei big era composto da una quarantina di atleti sempre con Cataldo al comando, e le trenate del campione italiano a cronometro sono state fatali a Cunego che ha visto esaurirsi la sua azione a 6 km dal traguardo all’inizio del muro di Pietragrossa. Qui sono entrati in azione Sergio Henao e Rigoberto Urán con un forcing che ha messo in difficoltà un Sagan molto affaticato dopo aver sofferto verso Passo Lanciano e con lui il compagno Moreno Moser, decisamente sotto tono in questa Tirreno-Adriatico, e ancora una volta Sánchez: in prossimità della vetta Alberto Contador (Saxo-Tinkoff) si è mosso insieme al compagno Roman Kreuziger per conquistare secondi di abbuono nel traguardo volante posto proprio in cima dove lo spagnolo è transitato per primo davanti a Nibali, a Froome e al ceco che ha proseguito nell’azione insieme al costaricano Andrey Amador (Movistar) ma immediatamente Urán ha chiuso il buco. Tutto si è deciso dunque nello strappo finale di Via Salomone in cui Joaquin Rodríguez (Katusha), che pure non è ancora al top della condizione, si è confermato il numero uno su questo tipo di percorsi involandosi in solitudine verso il traguardo mentre alle sue spalle Froome, dopo un attimo di smarrimento che ha agevolato l’azione del catalano, ha accelerato portandosi dietro i soli Contador, un come al solito brillantissimo Mauro Santambrogio (Vini Fantini), Chris Horner (RadioShack) e un Bauke Mollema (Blanco) tornato protagonista dopo essere stato una delle vittime illustri a Prati di Tivo mentre Nibali si è fatto sorprendere nelle retrovie del gruppetto e non è più riuscito a chiudere il buco e Kwiatkowski è andato in netta difficoltà, risentendo forse degli sforzi di due giornate dure consecutive. Al traguardo Purito si è imposto con 8” su Mollema, Contador, Santambrogio, Horner e Froome nell’ordine mentre Nibali ha chiuso 7° a 17”, Przemyslav Niemiec (Lampre-Merida) e Kreuziger 8° e 9° a 22” e Daniel Martin (Garmin-Sharp) 10° a 28” mentre Kwiatkowski ha chiuso 15° a 35” in compagnia di Henao, Urán e Domenico Pozzovivo (Ag2r) e ha perso la maglia azzurra indossata ora da Froome, che ha un vantaggio di 20” su Contador e Nibali, di 24” sul polacco, di 37” su Horner e di 52” su Santambrogio: in vista dei 9 km a cronometro di San Benedetto del Tronto che concluderanno la Tirreno-Adriatico il britannico sembra avere la strada spianata verso il successo finale ma prima i corridori dovranno affrontare l’insidiosa 6a tappa, 209 km con partenza e arrivo a Porto Sant’Elpidio senza praticamente un metro di pianura sebbene l’altitudine massima non superi i 300 metri.

Marco Salonna

6a tappa: circuito di Porto Sant’Elpidio

SAGAN E NIBALI FANNO LE SCARPE A TUTTI

Grande spettacolo a Porto Sant’Elpidio, località nota per i suoi calzaturifici, con lo slovacco e il messinese che si involano insieme a Joaquim Rodríguez sullo strappo di Casette d’Ete e conquistano rispettivamente il successo di tappa e, salvo sorprese nella crono di San Benedetto del Tronto, la classifica generale della Tirreno-Adriatico che il capitano dell’Astana guida ora con 34” su un Chris Froome in grande difficoltà nel finale. Ben 52 corridori abbandonano tra cui Filippo Pozzato, Marc Cavendish, Daniele Bennati e Andy Schleck.

La sesta tappa della Tirreno-Adriatico, 209 km con partenza e arrivo a Porto Sant’Elpidio, si presentava sulla carta impegnativa con 18 strappi da affrontare sulle Coste Fermane ma nei fatti si è rivelata massacrante con il maltempo che, dopo aver dato tregua nelle frazioni di Prati di Tivo e Chieti, è tornato ad abbattersi sul percorso e alcune delle salite che presentavano pendenze impressionanti prima fra tutti quella di Sant’Elpidio a Mare, un muro di 350 metri con punte al 27% da affrontare per tre volte, ultima delle quali a 17 km dal traguardo, reso impossibile dall’asfalto bagnato che di fatto impediva agli atleti di alzarsi sui pedali; sta di fatto che molti corridori hanno inscenato un accenno di protesta con gli organizzatori, rei di aver esagerato con la durezza di questa Corsa dei Due Mari, e ben 52 di loro hanno abbandonato già nelle prime fasi della tappa, tra cui Andy Schleck (RadioShack), che fin qui in stagione ha portato a termine solo il Gp camaiore, e Marc Cavendish (Omega-QuickStep), Matthew Goss (Orica-GreenEdge), Giacomo Nizzolo e Daniele Bennati (RadioShack), Grega Bole (Vacansoleil) e Filippo Pozzato (Lampre), che hanno scelto di non compromettere la loro preparazione per l’imminente Milano-Sanremo. Fin dalle prime fasi c’è stata grande bagarre finchè al km 25 non ha preso il via una fuga molto ben assortita composta da Fabian Cancellara (RadioShack), Rinaldo Nocentini e Matteo Montaguti (Ag2r), Lars Boom (Blanco), Tom Dumoulin (Argos-Shimano), Damiano Cunego (Lampre-Merida), Giovanni Visconti e Benat Intxausti (Movistar), Egoi Martínez (Euskaltel), Angel Vicioso (Katusha), Daryl Impey e Stuart O’Grady (Orica-GreenEdge), Mauro Finetto (Vini Fantini), Matthieu Sprick (Argos-Shimano), e Mirko Selvaggi (Vacansoleil), che sarebbe quasi certamente arrivata al traguardo se non fosse stato per la presenza di Nocentini, 19° nella generale a 3′05” da Chris Froome, che ha fatto sì che il Team Sky non lasciasse troppo spazio agli uomini di testa. Sulle varie salite il gruppo di testa si è selezionato con il sorprendente Dumoulin, 22enne olandese noto principalmente per le sue doti di cronoman, e un Cunego che ha collezionato 400 km di fuga negli ultimi due giorni ed è stato ricompensato con la conquista della maglia verde di miglior scalatore, che per diversi km sono rimasti soli al comando per poi essere raggiunti da Visconti, Intxausti, Martínez, Impey e Selvaggi mentre tutti gli altri sono stati via via risucchiati dal plotone, che a sua volta si è ridotto a una cinquantina di unità.
A 40 km dal traguardo il vantaggio del sette fuggitivi era ancora vicino ai 3′ e, una volta ripreso Nocentini, il Team Sky non aveva più interesse a tirare ma la Cannondale di Peter Sagan e la Vini Fantini di Mauro Santambrogio si sono portate al comando e, approfittando di una quindicina di km pianeggianti e di una collaborazione che è andata scemando nel gruppetto di testa, ha ridotto drasticamente il ritardo prima dell’ultimo passaggio sul muro di Sant’Elpidio in cima al quale è avvenuto il ricongiungimento, con Intxausti e Dumoulin ultimi ad arrendersi. Su queste rampe si è scatenata la battaglia tra gli uomini di classifica con Vincenzo Nibali (Astana) che si è mosso in prossimità della vetta seguito da un ritrovato Samuel Sánchez, da un brillantissimo Sagan, dal vincitore della tappa di Chieti Joaquim Rodríguez (Katusha), da Chris Horner (RadioShack), da Santambrogio e da un comunque non troppo pimpante Alberto Contador (Saxo-Tinkoff) mentre è andato a sorpresa in grande difficoltà Froome, che ha risentito probabilmente delle avverse condizioni meteo, e con lui tutta la sua squadra: il solo Sergio Henao è riuscito per qualche centinaio di metri a supportare la maglia blu che in seguito si è parzialmente ripresa andando a riprendere un gruppetto inseguitore comprendente tra gli altri Cadel Evans e un Thor Hushovd (Bmc) in grande crescita di condizione in vista delle classiche del Nord, il quarto della generale Michal Kwiatkowski (Omega-QuickStep), Domenico Pozzovivo (Ag2r), Przemyslaw Niemiec e Daniele Pietropolli (Lampre) e Bauke Mollema (Blanco), il cui ritardo ha però continuato a salire rispetto a uno scatenato Nibali, che nella breve ma molto tecnica discesa ha fatto ulteriore selezione con i soli Sánchez e Sagan in grado di rimanergli in scia. Sullo strappo di Casette d’Ete, ultima salita di giornata con la vetta posta a 11 km dal traguardo, si sono ulteriormente rimescolate le carte con Rodríguez che in solitudine si è riportato su Nibali e Sagan mentre Sánchez ha ceduto ed è stato ripreso da Santambrogio, Horner e da un Contador che ha faticato moltissimo per non perdere le ruote del comasco e dello statunitense e la situazione non è più cambiata se non per i distacchi fino a Porto Sant’Elpidio, in cui come era prevedibile Sagan non ha avuto problemi a regolare i due compagni di fuga: impressionante in ogni caso in una tappa così duraa la prestazione del 23enne slovacco, al secondo successo in questa Tirreno-Adriatico dopo quello della tappa di Narni Scalo in una volata di gruppo, che dimostra di poter puntare già in questa stagione a vincere non solo tutte le classiche del Nord ma probabilmente anche gare che al momento sembravano essergli precluse come la Freccia Vallone e soprattutto la Liegi-Bastogne-Liegi. Alle spalle del fenomeno della Cannondale hanno chiuso con 2” di distacco Nibali, che ne ha così conquistati anche 6 di abbuono, e Rodríguez mentre il gruppetto con Santambrogio, Sánchez, Horner e Contador ha chiuso a 44” ed è stato quasi raggiunto da quello di Froome arrivato a 50” e regolato da Jurgen Roelandts (Lotto Belisol), altro atleta da tenere d’occhio nelle prossime corse, su Hushovd e Simon Geschke (Argos-Shimano).
Grazie alla sua splendida azione Nibali ha ipotecato il secondo successo di fila nella classifica generale della Tirreno-Adriatico che, alla vigilia dei 9,2 km della crono conclusiva di San Benedetto del Tronto, guida con 34” su Froome, 37” su un Rodríguez che a sua volta ha compiuto una grande operazione di classifica che però potrebbe non bastare per il podio finale, 48” su Contador, 58” su Kwiatkowski e 1′05” su Horner: sarà invece grande battaglia per le piazze d’onore come pure per il successo parziale con Cancellara, dominatore della prova contro il tempo un anno fa, e Tony Martin (Omega-QuickStep) uomini da battere e il parmigiano Adriano Malori (Lampre-Merida) pronto ad inserirsi.

Marco Salonna

7a tappa: circuito a cronometro di San Benedetto del Tronto

NIBALI, SQUALO DEI DUE MARI

Il messinese dell’Astana perde solo 12” dal diretto rivale Chris Froome nella crono conclusiva di San Benedetto del Tronto e si aggiudica per il secondo anno consecutivo la Tirreno-Adriatico con 23” sul britannico e 52” su Alberto Contador che scalza Joaquim Rodríguez dal terzo gradino del podio. Grande prestazione di Adriano Malori che nella prova contro il tempo è battuto solo da sua maestà Tony Martin mentre Fabian Cancellara non va oltre il quarto posto preceduto anche dal sorprendente Andrey Amador

Come da tradizione ormai consolidata è San Benedetto del Tronto a ospitare la conclusione della Tirreno-Adriatico e per il terzo anno consecutivo si è gareggiato in una breve cronometro individuale di 9200 metri, 100 in meno rispetto al 2011 e al 2012 quando a imporsi fu Fabian Cancellara (RadioShack), quasi tutti da percorrere sul lungomare della cittadina marchigiana in entrambe le direzioni con partenza e arrivo in Viale Marinai d’Italia e giro di boa in Piazza Salvo d’Acquisto: data la presenza di pochissime curve le condizioni dell’asfalto, bagnato in alcuni tratti per un acquazzone caduto nel primo pomeriggio, non hanno influito più di tanto e sono venuti fuori i veri valori in campo. Il campione elvetico, sebbene reduce da una dispendiosa fuga nella tremenda frazione di Porto Sant’Elpidio utile ad affinare la condizione in vista della Milano-Sanremo ma che certo gli ha tolto preziose energie per la cronometro, ha comunque realizzato il miglior tempo provvisorio al traguardo con 8” sul compagno Hayden Roulston ma pochi minuti dopo è stato superato da uno strepitoso Adriano Malori (Lampre-Merida) che, grazie soprattutto a una posizione aerodinamica apparsa molto migliorata in seguito ai lavori specifici invernali nel velodromo di Montichiari e in galleria del vento, ha fatto meglio del diretto di Berna già nell’intertempo posto al km 4,9 e ha incrementato il vantaggio nel finale portandolo a 8”: la prova del parmigiano, già 3° due anni fa nella crono di San Benedetto del Tronto, acquista ancor più valore se si considera che nel mese di febbraio una caduta con cui si era procurato una lieve infrazione alla clavicola sinistra lo aveva costretto a perdere diversi giorni di preparazione. Malori è rimasto a lungo al comando resistendo agli assalti dei vari Alex Dowsett (Movistar), Jan Barta (NetApp), Stijn Devolder (RadioShack), Kristjian Koren (Cannondale) e Dario Cataldo (Sky), tutti autori di buone prove a partire dall’abruzzese campione italiano di specialità se si considerano le energie spese negli ultimi giorni in testa al gruppo a lavorare per Chris Froome, ma nulla ha potuto contro il solito straripante Tony Martin (Omega-QuickStep), che dopo un avvio prudente che lo ha visto passare con 1” di ritardo a metà gara si è scatenato nel lungo rettilineo di ritorno verso il traguardo che ha tagliato con 6” di vantaggio su Malori, 12” su Cancellara, 20” su Roulston e 23” su Cataldo e Dowsett. Immediatamente è apparso evidente che il tempo del campione mondiale a cronometro non sarebbe più stato battuto, tanto più che l’unico altro atleta che avrebbe potuto insidiarlo ovvero Taylor Phinney (Bmc) non ha potuto prendere il via dopo aver eroicamente concluso la tappa di Porto Sant’Elpidio in ultima posizione ma fuori tempo massimo: per il 27enne di Cottbus si tratta del terzo successo stagionale dopo la crono di Tavira e la classifica finale della Volta ao Algarve, senza dimenticare il contributo determinante al successo dell’Omega-QuickStep nella cronosquadre di Donoratico che ha aperto la Tirreno-Adriatico.
Le posizioni di testa non sono più cambiate fino all’arrivo di Jonathan Castroviejo (Movistar), che ha chiuso con 14” di ritardo, e soprattutto del suo compagno di squadra Andrey Amador, che a partire da un Giro d’Italia 2012 in cui è stato grande protagonista andando spessissimo all’attacco è entrato in una nuova dimensione, dimostrandosi atleta competitivo su tutti i terreni: il costaricano ha chiuso addirittura 3° alle spalle di Martin e Malori e davanti a Cancellara e questa prestazione gli ha consentito di salire all’8° posto della generale davanti allo scalatore polacco Przemyslaw Niemiec (Lampre-Merida), mentre alle loro spalle un ritrovato Wouter Poels (Vacansoleil) ha difeso il suo piazzamento nella top ten dall’assalto di un Domenico Pozzovivo (Ag2r) cui è sempre mancato qualcosa per rimanere con i migliori nelle tappe più impegnative e che non ha certo trovato a San Benedetto del Tronto il terreno per fare la differenza. La 6a e 7a posizione nella generale del 41enne Chris Horner, già secondo un anno fa alla Tirreno, e di un Mauro Santambrogio (Vini Fantini) che ha impressionato lottando gomito a gomito con i migliori tutti i giorni, erano ormai consolidate e tali sono rimaste al termine di una crono che lo statunitense e il comasco hanno chiuso con distacchi rispettivamente di 42” e 1′09”, mentre ben più accesa è stata la lotta per i primi cinque posti di una classifica che alla vigilia vedeva Vincenzo Nibali (Astana) al comando con 34” su Froome, 37” su Joaquim Rodríguez (Katusha), 48” su Alberto Contador (Astana) e 58” su Michal Kwiatkowski (Omega-QuickStep): sulla carta Purito, di gran lunga meno specialista rispetto ai due lo seguivano in classifica, era destinato a chiudere 5° e in effetti così è stato al termine di una prova in cui il catalano ha comunque venduto carissima la pelle concludendo la crono con un distacco da Martin di 43” contro i 21” del polacco e il 30” del madrileno, che ha chiuso così sia pure di strettissima misura al terzo posto una Corsa dei due Mari in cui ha dimostrato la consueta grande combattività ma anche di dover crescere ancora molto di condizione se vorrà rivincere il Tour de France, suo grande obiettivo stagionale. La lotta per la maglia azzurra vedeva Nibali, che un anno fa aveva conquistato la leadership proprio nella prova contro il tempo conclusiva strappandola a Horner, nettamente favorito e l’ottima prova di Froome, 6° a 15” da Martin, non ha impensierito il siciliano che si è mantenuto vicino ai tempi del britannico nella prima metà del percorso per poi calare leggermente nel finale e chiudere con un ritardo di 26”, più che sufficiente comunque per portare a casa il suo secondo successo alla Tirreno-Adriatico che, in virtù dell’impresa realizzata a Porto Sant’Elpidio e del valore degli avversari battuti, vale ancor di più di quello della passata stagione ed è un ottimo viatico per il prossimo Giro d’Italia, che lo Squalo tenterà di aggiudicarsi per la prima volta in carriera, ma anche per una Sanremo che in passato lo ha sempre visto protagonista. La classifica generale finale ha visto il capitano dell’Astana imporsi con 23” su Froome, cui non è bastato il successo di Prati di Tivo, 52” su Contador, 53” sulla grande rivelazione Kwiatkowski, 54” sul vincitore della tappa di Chieti Rodríguez, 1′21” su Horner, 2′03” su Santambrogio, 2′42” su Amador, 3′19” su Niemiec e 3′35” su Poels: la maglia verde di miglior scalatore è andata a Damiano Cunego (Lampre-Merida), che pur non avendo ancora una grande condizione ha corso con grande grinta nelle tappe più dure conquistando anche il premio di atleta più combattivo, mentre quella rossa della classifica a punti è stata appannaggio di Contador che ha preceduto Peter Sagan (Cannondale), che ha dimostrato una volta di più la sua classe cristallina prevalendo a Narni Scalo al termine di una volata di gruppo e a Porto Sant’Elpidio in un percorso simil-Liegi ed è unanimemente considerato come l’uomo da battere della prossima Milano-Sanremo in programma domenica 17 marzo.

Marco Salonna

Nibali bacia il tridente tradizionalmente donato al vincitore della Tirreno Adriatico (foto Bettini)

Nibali bacia il tridente tradizionalmente donato al vincitore della Tirreno Adriatico (foto Bettini)

01-11-2022

novembre 2, 2022 by Redazione  
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VUELTA A GUATEMALA

Il guatemalteco Dorian Monterroso (Decorabaños – AC Quetzaltenango) si è imposto nella decima ed ultima tappa, circuito di Città del Guatemala, percorrendo 110 Km in 2h24′01″, alla media di 45.828 Km/h. Ha preceduto di 10″ il messicano Jose Ramon Muñiz (nazionale messicana) e di 11″ il connazionale Henry Alberto Sam (Decorabaños – AC Quetzaltenango). Nessun italiano in gara. Il guatemalteco Juan Mardoqueo Vasquez (Hino-One-La Red-Tigo-Suzuki) si impone in classifica con 2′07″ sul colombiano Wilmar Jair Pérez (ADD Quetzatenalgo) e 6′16″ sull’ecuadoriano Santiago Montenegro (Movistar-Best PC).

NIBALI STORY – CAPITOLO 11: UN SICILIANO DOMINATORE IN PADANIA

novembre 1, 2022 by Redazione  
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Concluso al terzo posto il Tour de France, Vincenzo Nibali affronta la seconda ed ultima edizione del Giro di Padania prendendo la maglia di leader nella tappa collinare di Merate e consolidando il successo sul difficile arrivo in salita al Passo della Bocchetta, la storica ascesa di quel Giro dell’Appennino che lui conosceva bene per averlo vinto nel 2009. Riviviamo quelle due giornate di trionfo sulle strade del Nord Italia.

3a tappa: Castelfranco Veneto – Merate

UN GATTO IN FORMATO MONDIALE

E’ il trevigiano di Altivole ad aggiudicarsi la terza tappa, nello strappo a 3,5km dall’arrivo rimangono lui e Nibali e in volata non c’è storia. Terzo, staccato, giunge Chiarini, poi Taborre e Modolo.
Clima autunnale e tappa da 250km: le strade tra Castelfranco e Merate si corrono col sapore di Mondiale. Come sempre è una lunga fuga a caratterizzare la maggior parte della corsa con Cesaro, Buckmann, Rocchetti, Garofalo e Mertens in avanscoperta. I cinque raggiungono un vantaggio massimo di 10′ col gruppo che, tranquillo, lascia fare.
Nella seconda parte della corsa iniziano però i preparativi in vista dello strappo finale e così il vantaggio dei fuggitivi cala fino a dieci chilometri dal traguardo quando il plotone torna compatto in attesa del muro della Madonna del Bosco: 900m al 12% a tre chilometri dall’arrivo. Il primo a provarci è Pellizzotti, seguito da Gatto e Nibali. Il campione italiano però non riesce poi a tenere il ritmo tenuto dal portacolori della Farnese e così al traguardo si presentano Gatto e Nibali, mentre il tricolore viene riassorbito dal gruppo.
In volata nessuna storia, molto più a suo agio Oscar Gatto che vince staccando di ruota Nibali, il siciliano si consola comunque con la maglia azzurra. Terzo giunge Chiarini, poi Taborre e Modolo, vincitore della seconda tappa.
In generale, come detto, si issa al primo posto Vincenzo Nibali. Chiarini secondo e Gatto terzo. Dietro la schiera di Colnago che ancora vivono di rendita dopo la cronosquadre del primo giorno. Nei prossimi giorni, con le montagne, si attendono però diversi movimenti, anche se il primo posto sembra quello più sicuro.

Andrea Mastrangelo

4a tappa: Lazzate – Passo della Bocchetta

NIBALI IL SICILIANO, RE DI PADANIA

Dopo il secondo posto di ieri arriva anche la vittoria per Vincenzo Nibali. Nella tappa più attesa e più bella di tutto Il Padania il siciliano va a rafforzare la sua posizione di leader vincendo per distacco su Rebellin, Durasek, Pozzovivo e Pellizzotti, in attesa della tappa finale con un altro arrivo in salita.

Era la tappa più attesa, quella che prevedeva la scalata al Passo della Bocchetta, una collina che si sente vetta alpina: 8km al 7,7% di media, punte quasi al 20%, roba da scalatori puri.
Il sipario sulla quarta e penultima tappa si apre con sette fuggitivi: Laganà, Busato, Mertens, Biondo, Kern, Schnait e Matysiak. Per loro nessuna speranza di arrivare da soli lassù, il gruppo lascia fare e il loro vantaggio prima sale oltre i sei primi, poi piano piano scende. All’inizio della Bocchetta davanti rimandono solo Busato, Laganà e Kern, tutti col destino segnato.
Il tedesco gioca le sue ultime carte fin dalle prime rampe, ma alle sue spalle si forma un drappello con Pozzovivo, Nibali, Rebellin, Pellizzotti e Brambilla, su questi rientrano poi Sella, Chiarini, Scarponi fino a formare un gruppo di dieci uomini in testa alla corsa nel momento in cui Kern viene riassorbito.
Da qui all’attacco decisivo passano poche centinaia di metri: Nibali toglie un dente e soprattutto si toglie di ruota otto avversari, il solo a resistergli è Pozzovivo che tiene fino ai duecento metri quando con un secondo allungo viene lasciato al palo, le energie per lui sono finite e da dietro lo passano anche Rebellin e Durasek relegandolo al quarto posto.
Il trionfo di Nibali è solo un nuovo capitolo che si aggiunge alla meravigliosa storia di questa collina, condita dalla seconda piazza di Rebellin, eterno come questa salita che ci regala emozioni dagli anni di Coppi.
Chiude il podio Durasek, quindi Pozzovivo e Pellizzotti. La generale vede Nibali sempre più leader in attesa della tappa finale ancora con arrivo in salita. I due più vicini sono Pozzovivo e Chiarini, 40”, ma anche se nel ciclismo nulla è mai scritto sembrano davvero troppi contro questo Nibali.

Andrea Mastrangelo

Nibali espugna la mitica Bocchetta (foto Bettini)

Nibali espugna la mitica Bocchetta (foto Bettini)

31-10-2022

novembre 1, 2022 by Redazione  
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VUELTA A GUATEMALA

Il guatemalteco Esdras Morales (Hino-One-La Red-Tigo-Suzuki) si è imposto nella nona tappa, Parramos – Patzicía, percorrendo 127 Km in 3h13′10″, alla media di 39.448 Km/h. Ha preceduto di 11″ il colombiano Carlos Alberto Gutiérrez (Team Banco Guayaquil Ecuador) e l’ecuadoriano Alexis Benjamin Quinteros (Team Banco Guayaquil Ecuador). Nessun italiano in gara. Il guatemalteco Juan Mardoqueo Vasquez (Hino-One-La Red-Tigo-Suzuki) è ancora leader della classifica con 2′21″ sul colombiano Wilmar Jair Pérez (ADD Quetzatenalgo) e 6′37″ sull’ecuadoriano Santiago Montenegro (Movistar-Best PC).

NIBALI STORY – CAPITOLO 10: OBIETTIVO GIRO CON LA TIRRENO-ADRIATICO NEL MIRINO

ottobre 31, 2022 by Redazione  
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La Tirreno-Adriatico è la seconda corsa a tappe italiana per importanza dopo il Giro e tra tappe di collina, montagna, pianura e cronometro concentrare in sette giorni è una versione miniaturizzata della Corsa Rosa. Nel 2012 Nibali la mette nel mirino in vista di un futuro successo al Giro e coglie l’obiettivo, prima imponendosi nell’arrivo in salita ai Prati di Tivo e poi conquistando le insegne del primato nella conclusiva cronometro di San Benedetto del Tronto. Riviviamo le due giornate chiave di quell’edizione della “Corsa dei Due Mari”.

LO SQUALO MORDE, MA HORNER RESISTE

Vincenzo Nibali si impone in solitaria ai Prati di Tivo, staccando tutti a 4 km dal traguardo e resistendo al ritorno di Roman Kreuziger e Chris Horner, giunti al traguardo con 16’’ di riardo. Lo statunitense conserva però la vetta della classifica generale, con 5’’ sul ceco e 12’’ sul siciliano. Domani altra frazione chiave, con l’impegnativo circuito di Offida.

Sono bastate ventiquattro ore a Vincenzo Nibali per dimenticare l’amarezza del finale della tappa di Chieti, con il discusso sorpasso ai suoi danni da parte di Peter Sagan. Sulla salita dei Prati di Tivo, la più attesa e selettiva della Tirreno – Adriatico, il siciliano si è messo al riparo da sorprese anticipando l’attacco a 4 km dalla vetta, riuscendo in breve a costruire un margine superiore ai 20’’, per poi reggere sulle ultime rampe l’urto della rimonta di Chris Horner e Roman Kreuziger, che continuano a precedere lo Squalo in classifica generale.
A tentare di scombinare i piani della Liquigas, necessariamente formazione faro della gara dopo l’exploit di ieri, hanno provato Jens Debusschere, Kristoff Goddaert ed Egoi Martinez, protagonisti di una fuga della prima ora che, raggiunti i 9’ e mezzo di vantaggio, ha per un attimo dato l’impressione di poter trovare buon esito. Gli uomini di Nibali hanno però saputo reagire tempestivamente, fino a riassorbire Martinez – ultimo degli attaccanti ad alzare bandiera bianca – ad una decina di chilometri dal termine, poco prima che i grossi calibri iniziassero a muoversi.
A rompere gli indugi è stato un poco convinto scatto operato da Joaquim Rodriguez, imitato poco dopo, con lo stesso esito insoddisfacente, da Paolo Tiralongo e dal duo Gusev – Nocentini. Per il primo vero sussulto si è dovuto aspettare di superare lo striscione dei 4 km alla conclusione, allorché Vincenzo Nibali è partito in caccia di quel successo sfumato sul più bello nella giornata di ieri. Lo scatto del siciliano ha trovato meno opposizione del previsto, con Horner e Kreuziger, primo e secondo della generale, più impegnati in un marcamento a uomo a vicenda che non a contenere il margine di Nibali.
Con un paio di chilometri ancora da percorrere, il messinese si è così trovato con un vantaggio di 26’’, che quasi compensava interamente i 34 che stamane lo superavano dalla maglia azzurra. Solo allora Horner si è reso conto di rischiare seriamente – calcolando anche i secondi di abbuono che il leader Liquigas si apprestava a raccogliere – di perdere la vetta della generale, e si è deciso a prendere in mano personalmente le redini dell’inseguimento. La caccia dell’americano ha dato discreti frutti, riuscendo a ridurre a 16’’ il distacco da Nibali in corrispondenza del traguardo, conservando così 12’’ sul siciliano in classifica. Nel mezzo ancora Roman Kreuziger, capace di restare incollato alla ruota del 40enne nativo di Okinawa e di bruciarlo sull’arrivo, scippandogli 2’’ di abbuono e portandosi a soli 5’’ dalla maglia azzurra. Ai piedi del podio provvisorio un bravissimo Rinaldo Nocentini, di ritorno a livelli ai quali mancava almeno dalla settimana in giallo del Tour 2009, e Michele Scarponi, oggi in affanno ma capace di contenere a 18’’ il ritardo al traguardo, chiudendo alle spalle di Johnny Hoogerland, ora 6° in classifica.
Con i primi tre della graduatoria capaci di monopolizzare il podio della tappa regina, la questione vittoria finale sembra ormai ristretta a Horner, Kreuziger e Nibali, con la breve cronometro finale di San Benedetto del Tronto quale probabile teatro del testa a testa decisivo. Il chilometraggio irrisorio della frazione conclusiva – appena 9 km e 300 metri – potrebbe però indurre qualcuno dei tre a muoversi anche nella giornata di domani, che proporrà 181 km di saliscendi quasi ininterrotti con partenza ed arrivo a Offida. A convincere di più negli ultimi due giorni è stato Nibali; fondamentale, per portarsi a casa la maglia azzurra finale, sarà però convincere Peter Sagan, oggi uscito dai giochi per la generale, a sacrificarsi per lo Squalo. Con un tracciato come quello di domani, che pare cucito da un sarto sullo slovacco, potrebbe essere più difficile che dominare i Prati di Tivo.

Matteo Novarini

UNO-DUE RADIOSHACK MA LA ”TIRRENO” E’ DI NIBALI

Fabian Cancellara vince secondo pronostico la crono di San Benedetto del Tronto bissando il successo del 2011 e alle sue spalle giunge un bravissimo Bennati ma la formazione di Bruyneel non riesce a mantenere il primato nella generale con lo Squalo che corona un lungo inseguimento superando Horner per 14”

Per il secondo anno consecutivo la Tirreno-Adriatico si è conclusa con una cronometro di 9,3 km sul lungomare di San Benedetto del Tronto, percorso in entrambe le direzioni con partenza e arrivo in Viale Marinai d’Italia e giro di boa in Piazza Salvo d’Acquisto dove era posto anche il rilevamento intermedio al km 4,9: la corsa è entrata subito nel vivo con le partenze di Rasmussen (Garmin) e Tuft (GreenEdge) e se il danese ex campione mondiale su pista non ha brillato il canadese ha fatto segnare un ottimo tempo resistendo per pochi centesimi all’assalto del vicecampione italiano di specialità Boaro (Saxo Bank) ma uno strepitoso Bennati (RadioShack), non nuovo comunque a ottime prestazioni nelle prove contro il tempo, ha fatto meglio per 4” superando nettamente specialisti come Grabsch (Omega-QuickStep), Millar (Garmin) e Malori (Lampre) finchè il suo compagno Cancellara, grande favorito di giornata e vittorioso un anno fa sullo stesso percorso, non ha tradito le attese facendo la differenza soprattutto nella seconda parte caratterizzata da un forte vento contrario e fermando il cronometro a 10′36”, vale a dire 3” in più rispetto al 2011 ma 12” meglio di Bennati. L’ottima giornata della RadioShack è stata confermata da Roulston che si è installato a 17” dal campione svizzero appena davanti a Stannard (Sky) ma per lungo tempo nessun altro è riuscito a portarsi nelle prime posizioni: va comunque sottolineata la buona prova di Sagan (Liquigas), che malgrado gli sforzi dei giorni precedenti ha concluso con un distacco di 23”, e di Garzelli (Acqua&Sapone), molto atteso in questa Tirreno-Adriatico ma condizionato da una bronchite, che ne ha persi 24 mentre il più volte tricolore della specialità Pinotti (Bmc) in cerca del miglior colpo di pedale dopo il lungo stop in seguito alla caduta di Macugnaga all’ultimo giro d’Italia ha disputato una prova onorevole perdendo 21” e superando di gran lunga il suo capitano Evans ancora lontano dalla condizione che gli permise nella passata stagione di indossare la maglia azzurra a San Benedetto del Tronto.
Via via hanno iniziato a partire gli uomini ben piazzati nella generale e tra questi si sono distinti Peter Velits (Omega-QuickStep), autore comunque di una Tirreno al di sotto delle aspettative, che ha chiuso a 20” da Cancellara e soprattutto Cameron Meyer (GreenEdge), apparso molto cresciuto anche in salita nei giorni scorsi, che con un grande recupero nella seconda parte si è portato al 3° posto a 16” dallo svizzero; discreta anche la prestazione di Nocentini (Ag2r) che ha difeso la sua 4a piazza dagli assalti di Hoogerland (Vacansoleil), Rodriguez (Katusha) e Scarponi (Lampre) ma la vera lotta era quella tra il leader Horner (RadioShack), Kreuziger (Astana) e Nibali (Liquigas), separati alla vigilia da soli 6”. Fin dal rilevamento intermedio è comunque apparso chiaro che il siciliano, penalizzato da una cronosquadre di apertura in cui la Liquigas aveva concesso 38” alla RadioShack e 25” all’Astana, avrebbe completato l’inseguimento alla maglia azzurra iniziato a Chieti e proseguito con il trionfo di Prati di Tivo e il secondo posto di Offida: al km 4,9 infatti lo Squalo poteva già vantare un vantaggio di 11” su Horner e 13” su Kreuziger che al traguardo, dove ha concluso in 9a posizione a 20” da Cancellara, sono diventati 20 sullo statunitense e 27 sul ceco, autore di una crono molto deludente per le sue possibilità, più che sufficienti per assicurargli il primato e un successo nella classifica finale di una corsa a tappe che mancava dalla Vuelta del 2010.
La prova contro il tempo è stata dunque vinta da Cancellara con 12” su Bennati, 16” su Meyer, Tuft e Boaro, 17” su Roulston e 18” su Stannard mentre nella generale Nibali si è imposto con 14” su Horner, 26” su Kreuziger, 53” su Nocentini e 1′00” su Hoogerland e ha avuto la meglio anche nella classifica a punti; il miglior scalatore è stato Pirazzi (Csf) mentre la maglia di miglior giovane è andata a Poels (Vacansoleil). L’attenzione si sposta ora su una Milano-Sanremo che quest’anno come non mai vedrà tantissimi atleti battersi per tagliare a braccia alzate il traguardo di Via Roma da Cavendish a Boasson Hagen, da Cancellara a Freire passando per Sagan, Greipel, il campione uscente Goss e perchè no lo stesso Nibali, non nuovo ad azioni sul Poggio e nella successiva discesa che vista la condizione che ha mostrato in questa settimana potrebbero portarlo fino al successo.

Marco Salonna 

 Vincenzo Nibali sale in solitaria verso il traguardo di Prati di Tivo (foto Bettini)

Vincenzo Nibali sale in solitaria verso il traguardo di Prati di Tivo (foto Bettini)

30-10-2022

ottobre 31, 2022 by Redazione  
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VUELTA A GUATEMALA

Il panamense Franklin Archibold (Panamá es Cultura y Valores) si è imposto nell’ottava tappa, San Andrez Semetabaj – Tejar, percorrendo 128 Km in 3h36′57″, alla media di 35.4 Km/h. Ha preceduto di 2′51″ l’ecuadoriano Pablo Caicedo (Movistar-Best PC) e di 2′54″ il messicano Jorge Ramirez (nazionale messicana). Nessun italiano in gara. Il guatemalteco Juan Mardoqueo Vasquez (Hino-One-La Red-Tigo-Suzuki) è ancora leader della classifica con 2′21″ sul colombiano Wilmar Jair Pérez (ADD Quetzatenalgo) e 6′37″ sull’ecuadoriano Santiago Montenegro (Movistar-Best PC).

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