NIBALI STORY – CAPITOLO 14: QUATTRO MOSSE PER RISCALDARE UN GIRO “GELIDO”

novembre 4, 2022
Categoria: News

Il Giro del 2013 è il primo dei due vinti da Nibali ma passerà alla storia per essere stato uno dei più “freddi” di sempre, vessato dal maltempo al punto che l’organizzazione sarà costretta a cambiare il percorso di tre dei cinque tapponi alpini previsti e addirittura ad annullare quello della Val Martello, che aveva in programma Gavia e Stelvio nella medesima giornata. Lo “Squalo dello Stretto” non riesce a esorcizzare il maltempo ma si impone in grande stile con quattro mosse, la prima nella lunga crono di Saltara che gli consente di vestire per la prima volta in carriera la maglia rosa, poi a Bardonecchia dove otterrà una vittoria postuma per la squalifica di Santambrogio, quindi nella cronoscalata della Polsa e infine ai 2300 metri delle Tre Cime di Lavaredo, dove mette la classica ciliegina sulla torta trionfando in solitaria sotto la neve.

11 maggio – 8a tappa: Gabicce Mare – Saltara (cronometro individuale)

ALTRO ROUND A NIBALI: VINCENZO IN ROSA DOPO LA CRONO

Il siciliano chiude 4° la cronometro di Saltara, cedendo soltanto 11’’ a Bradley Wiggins, rifilando quasi 4’ all’ex capoclassifica Intxausti, e impossessandosi della maglia rosa dopo tre anni. All’inglese, vittima di una foratura, sfugge anche la vittoria di tappa, soffiatagli per 10’’ dal sorprendente Alex Dowsett. Tra gli uomini di classifica, ottime le prove di Evans, Scarponi e Gesink. Grandi delusi di giornata Sanchez, che scivola ad oltre 3’, e Hesjedal, crollato nella seconda parte.
Prendete la classifica che, alla partenza di Napoli, vi aspettavate di trovare stasera, dopo la maxi-cronometro di Saltara; ora rovesciatela, e avrete più o meno la graduatoria che la strada ha plasmato nei primi sette giorni di gara. Il primo snodo chiave della Corsa Rosa, quello che doveva sulla carta regalare a Bradley Wiggins un patrimonio di almeno un paio di minuti su tutti gli avversari, segna invece il passaggio dei galloni di favorito sulle spalle di Vincenzo Nibali, quarto di tappa e nuova maglia rosa di un Giro che ancora deve avventurarsi sul suo terreno preferito.
Che i propositi di supremazia del britannico fossero destinati ad essere ridimensionati, lo si era capito molto presto: dopo un buon avvio, sufficiente a fugare i dubbi su eventuali postumi fisici del capitombolo di ieri, a rallentare la sua marcia ha provveduto una foratura, il cui impatto è stato aggravato dalla lentezza del soccorso dell’ammiraglia Sky. Nemmeno l’evidente blocco psicologico di Wiggo nell’affrontare anche la curva più innocua, però, autorizzava a prevedere i 52’’ accusati nel primo settore dal capoclassifica Alex Dowsett, fra i primi a lasciare la rampa di partenza e al comando ad ogni intermedio sino al termine della prova.
Il successivo tratto, meno tortuoso e più piatto, ha permesso all’inglese di limitare meglio i danni, prima di una brillante ascesa al muro finale che ha addirittura messo a repentaglio la leadership di Dowsett, e ha perlomeno allontanato le prospettive di un’impronosticabile Caporetto.
Penultimo a partire, prima di un Intxausti ben presto costretto a salutare ogni velleità di permanenza in rosa, Nibali ha approfittato meglio di tutti della prova inopinatamente umana del quattro volte olimpionico, creando addirittura a lungo l’illusione di poter fare bottino pieno. Al mostruoso primo intermedio (8’’ di vantaggio su Dowsett), è seguito un meno entusiasmante secondo (1’07’’ di ritardo), prima di una chiusura in linea con quella dell’avversario di riferimento, per un tempo finale più di alto di 21’’ rispetto al vincitore, ma soprattutto di appena 11’’ rispetto a Wiggo.
Se nessuno ha saputo cogliere meglio dello Squalo l’occasione offerta dallo Skyborg di punta, altri hanno comunque visto salire le loro quotazioni; primo fra tutti Cadel Evans, ora secondo a 29’’ da Nibali, nonché autore di un significativo miglior tempo parziale sul muro conclusivo. Alle loro spalle, in graduatoria, si collocano altri due uomini per i quali il Giro sarebbe dovuto essere tutto in salita dopo la crono, che si trovano invece adesso sul podio provvisorio o appena sotto: Robert Gesink, 3° a 1’15’’, sorprendentemente brillante su strade strette e tortuose, a dispetto della fama di guidatore non eccelso, e Michele Scarponi, 5° a 1’24’’, non nuovo a brillanti difese contro il tempo.
Proprio stretto fra i due, a 1’16’’, si trova ora Wiggins, la cui sola opzione per vincere il Giro sembra essere quella di correre in modo antitetico rispetto ai piani: attaccando in salita anziché difendendosi, impiegando la corazzata a disposizione per dinamitare la corsa anziché per addormentarla. Fondamentali, in questo senso, saranno Henao ed Uran, entrambi ancora in top 10: 7° a 2’11’’ il primo (sarebbe addirittura 3° senza il terreno perso ieri per attendere il capitano), 10° a 2’49’’ il secondo. Una risorsa – quella di potersi giocare al momento opportuno dei compagni nelle parti alte della classifica – che Wiggo condivide con il solo Scarponi, forte ancora di un Niemec al 9° posto della generale a 2’44’’, appena 1’’ dietro Mauro Santambrogio.
Se l’inglese esce male dalla crono, può tuttavia rallegrarsi parzialmente pensando di aver recuperato più del previsto su almeno un paio di avversari: Samuel Sanchez, ora distante addirittura 3’43’’ dalla maglia rosa, dopo una di quelle inspiegabili giornate di mediocrità che ne hanno spesso minato il rendimento sulle tre settimane, e soprattutto Ryder Hesjedal, discreto nella prima metà ma disastroso nella seconda, pur restando 6° in classifica a 2’06’’. Entrambi dovranno lavorare di fantasia per rimontare, e già da domani gli sconfitti della crono potrebbero trovare terreno fertile per la vendetta. Le quattro salite della Sansepolcro – Firenze esortano infatti alla battaglia, e il giorno di riposo in programma per lunedì strizza ulteriormente gli occhi agli attaccanti. Il GPM di Vetta le Croci – 4 km al 9% di media – appare il trampolino più intrigante.

Matteo Novarini

18 maggio – 14a tappa: Cervere – Bardonecchia (Jafferau)

NIBALI PADRONE DEL GIRO

Il siciliano attacca sulla salita di Jafferau, trovando la resistenza del solo Mauro Santambrogio. La maglia rosa rinuncia alla volata e cede la tappa al compagno d’avventura, al primo successo in carriera sulle strade del Giro. Perdono terreno Evans e Uran, crolla Gesink. Pesante l’incidenza del maltempo, che ha causato la cancellazione del Sestriere e la mancata diretta televisiva.

Se la cronometro di Saltara e l’arrivo del Montasio lo avevano lanciato come uomo da battere, è stata la salita di Jafferau a fare di Vincenzo Nibali il padrone del Giro d’Italia, a dispetto di una classific generale ancora corta. Evans e Uran, usciti dal primo appuntamento alpino come uniche alternative credibili al messinese, hanno visto le loro quotazioni crollare negli ultimi 2 km, dove la maglia rosa, preso atto del generale attendismo, ha deciso di muoversi in prima persona; e se le difficoltà dell’australiano, già attaccato con i denti al capoclassifica sul Montasio, potevano essere preventivate, meno previste erano quelle incontrate dal colombiano, che proprio a partire da oggi avrebbe dovuto provare ad avvicinare la vetta.
Eppure, il neo-capitano Sky aveva lasciato immaginare qualcosa di diverso, provando a smuovere la corsa a 4 km dal termine, rispondendo – per la verità senza particolare convinzione – ad un allungo di Diego Rosa. Soltanto Mauro Santambrogio e Carlos Betancur, invece, hanno saputo replicare all’affondo del capoclassifica, mentre Evans provava a resistere con la grinta di sempre, ma senza il sostegno dalle gambe degli anni d’oro. Già superato lo striscione dell’ultimo chilometro, e raggiunti Colbrelli e Paolini, ultimi reduci di una fuga inizialmente comprendente anche Pietropolli e Trentin, anche il colombiano di scorta si è dovuto arrendere, lasciando al duo italiano la sfida per il successo parziale.
Sfida in realtà mai cominciata, giacché Nibali ha preferito rinunciare alla volata e cedere una comunque meritatissima vittoria all’avversario. Scelta compiuta forse in ossequio ad una norma non scritta del ciclismo, ma probabilmente anche a criteri di convenienza: già privo dei migliori Aru e Tiralongo, il siciliano ha perso oggi per strada Alessandro Vanotti, vittima di una caduta che ha coinvolto anche Chalapud e ha costretto al ritiro Battaglin. Comprensibile, dunque, che non gli dispiaccia l’idea di garantirsi un occhio di riguardo – o perlomeno la scarsa belligeranza – della Vini Fantini, formazione tra le più in palla e attive del Giro.
A fine giornata, in ogni caso, soltanto Michele Scarponi, giunto a 1’28’’, e Robert Gesink, arrivato dopo 4’16’’, hanno riportato danni consistenti. Uran, 5° all’arrivo, alle spalle di un redivivo Samuel Sanchez, ha contenuto le perdite in 30’’, salvando per 1’’ il podio virtuale dall’assalto di Santambrogio (2’46’’ contro 2’47’’); Evans ha chiuso 3’’ più tardi, restando saldamente 2°, a 1’26’’. Pozzovivo e Kiserlovski, tagliando il traguardo in compagnia dell’ex iridato, lanciano le loro candidature per un piazzamento nei 5 e nei 10 rispettivamente, collocandosi ora al 7° e 12° posto (5’12’’ e 6’42’’ i distacchi). Continuano a tenere botta Niemec, ora 6° a 4’55’’, arrivato davanti al capitano Scarponi, e Majka, 8° a 5’32’’, per 7’’ davanti a Betancur.
A determinare distacchi relativamente contenuti, oltre alla brevità della pur aspra ascesa finale, ha senz’altro contribuito l’eliminazione dal percorso del Sestriere, dovuta ad una nevicata che non ha in realtà mai intaccato la praticabilità della strada. Sorte analoga a quella che rischiano di subire, fra meno di ventiquattro ore, Moncenisio e Galibier, per i quali gli organizzatori continuano a trattare con la prefettura francese competente. Difficile che la tappa possa essere disputata come originariamente disegnata, anche se resiste la speranza di poter percorrere la salita conclusiva almeno fino alla stele dedicata a Marco Pantani, a circa 2300 metri di quota; viceversa, il primo week-end alpino verrebbe quasi del tutto neutralizzato da un maltempo presente, ma non parso tale da giustificare la quasi totale assenza di copertura televisiva: l’aereo ponte necessario alla trasmissione non è infatti decollato per motivi non ancora ben chiariti (la prima spiegazione fornita è stata la possibile formazione di ghiaccio sulle ali, che lasciava però aperto l’interrogativo sul perché tutti gli altri velivoli decollassero regolarmente dall’aeroporto di Caselle; in seguito si è parlato di una sconcertante mancata predisposizione del mezzo; la causa principale è probabilmente di natura burocratica), lasciando alle sole telecamere fisse il compito di raccontare una frazione che avrebbe meritato ben altro.
Impossibile abbozzare previsioni sulla tappa di domani, anche se l’augurio – nel massimo rispetto dell’incolumità dei corridori – è che, per evitare di correre i rischi eccessivi di alcuni ben noti episodi (Gavia 1988 su tutti), non si cada nell’errore opposto, amputando il Giro di passaggi chiave per eccesso di prudenza. Altrimenti, nella giornata in cui la corsa renderà omaggio alla più bella impresa di Marco Pantani, verrà da chiedersi il senso di un simile tributo, se è opinione degli organizzatori che l’indimenticabile cavalcata verso Les Deux Alpes abbia avuto luogo in condizioni non regolari.

Matteo Novarini

23 maggio – 18a tappa: Mori – Polsa (cronometro individuale)

LO SQUALO AZZANNA IL GIRO, EVANS SOFFRE

In attesa dei due tapponi di Val Martello e Tre Cime di Lavaredo su cui però pesa l’incognita meteo Vincenzo Nibali sfodera una prestazione monstre nella cronoscalata Mori-Polsa imponendosi con largo margine su un ritrovato Samuel Sanchez e sulla rivelazione Damiano Caruso e portando ad oltre 4′ il suo vantaggio nella generale sull’australiano della Bmc che vede ridursi drasticamente il suo vantaggio su Rigoberto Urán e Michele Scarponi in chiave lotta per il podio.

Dopo il secondo giorno di riposo e le due frazioni relativamente interlocutorie, sebbene la battaglia anche tra gli uomini di classifica non sia mancata, di Ivrea e Vicenza il Giro d’Italia è entrato nella sua fase decisiva con la 16a tappa, una cronoscalata di 20,6 km da Mori a Polsa caratterizzata da pendenze piuttosto costanti tra il 5 e l’8% lungo tutto il percorso ad eccezione dei due km iniziali pianeggianti e da altri tre di falsopiano subito dopo l’abitato di Brentonico, in corrispondenza del quale al km 9,4 era posto l’unico intertempo di giornata, un tracciato ideale dunque per passisti scalatori come Bradley Wiggins (Team Sky), che però ha ormai da giorni abbandonato la corsa rosa, e di Vincenzo Nibali (Astana), che ha corso da padrone fin qui ma che era ancora in cerca di un successo di tappa al Giro che non arrivava dal 2010, quando si impose in solitudine ad Asolo dopo un gran numero nella discesa del Monte Grappa: il siciliano, malgrado la pioggia che ha iniziato a cadere copiosamente poco dopo la sua partenza, non si è fatto sfuggire l’occasione infliggendo distacchi pesantissimi agli avversari già a metà percorso e continuando a incrementare il vantaggio fino al traguardo con il solo Samuel Sanchez (Euskaltel), tornato stabilmente ai livelli abituali dopo aver perso diverso terreno nella crono di Saltara e nell’arrivo in salita del Montasio, che ha saputo limitare il gap a meno di un minuto chiudendo a 58” e risalendo al 10° posto della generale mentre il terzo gradino del podio è stato occupato a sorpresa da Damiano Caruso (Cannondale), che dopo il tentativo di fuga senza esito nella tappa di Ivrea è uscito di classifica ma in questa cronoscalata ha dato il meglio di sè concludendo a 1′20” e precedendo per solo 1” Michele Scarponi (Lampre-Merida), che dopo un ottimo avvio in cui ha fatto segnare il secondo tempo a Bertonico è un po’ calato alla distanza ma ha comunque guadagnato terreno nella generale su Rigoberto Urán, che al contrario del marchigiano è partito molto lentamente ma si è superato nella seconda metà di gara in cui ha perso solo 6” da Nibali chiudendo 6° a 1′26”, e soprattutto sul grande sconfitto del giorno Cadel Evans (Bcm) che, dopo aver già dato i primi segnali di cedimento nel weekend di montagna franco-piemontese, è incappato in una giornata nera, rischiando addirittura l’onta di essere ripreso dalla maglia rosa partita 3′ dopo di lui e non andando oltre il 25° posto con un distacco di 2′36”, salvando per soli 10” il secondo posto in classifica dall’assalto di Urán. Dal discorso podio non possono essere esclusi neppure i due duellanti per la maglia bianca Rafal Majka (Saxo-Tinkoff) e Carlos Betancur (Ag2r), entrambi autori di ottime prove con il polacco che ha chiuso 5° a 1′25” riprendendosi per soli 2” la leadership nella classifica dei giovani davanti al colombiano 7° a 1′32”, e Przemyslaw Niemiec (Lampre), che al pari del suo capitano Scarponi ha perso qualche secondo di troppo da Brentonico in poi ma ha comunque portato a casa un positivo 12° posto a 1′56”, alle spalle del sempre competitivo in questo tipo di esercizio Stef Clement (Blanco) 8° a 1′36”, del campione italiano a cronometro Dario Cataldo (Team Sky) 9° a 1′41”, di un sorprendente Danilo Di Luca (Vini Fantini) 10° a 1′52” e di Eugeni Petrov (Saxo-Tinkoff) 11° a 1′54” consolidando la sua quinta piazza nella generale davanti a Majka, Betancur e a un Mauro Santambrogio (Vini Fantini), che è scivolato indietro di due posizioni non andando oltre il 24° posto a 2′33” mostrando nuovamente la corda dopo la defaillance sulla salita di Andrate nella tappa di Ivrea: per quanto riguarda gli altri uomini di classifica, il cui obiettivo massimo ora non può che essere un piazzamento nella top ten, si sono comportati discretamente Domenico Pozzovivo (Ag2r), che pur non al meglio per via di una bronchite ha chiuso 15° a 2′11”, e Franco Pellizotti (Androni), da cui magari ci si attendeva qualcosa di più dopo il successo di Plan de Corones del 2008, 16° a 2′12” mentre sono rimasti decisamente al di sotto delle aspettative Beñat Intxausti (Movistar) 28° a 2′49”, Robert Gesink (Blanco) 29° a 2′55” e Robert Kiserlovski (RadioShack) addirittura 39° a 3′46” preceduto anche da un Tanel Kangert (Astana) che si è piazzato 34° a 3′19” e probabilmente non ha dato il meglio di sè per essere il più possibile utile a Nibali nelle ultime giornate di corsa.
Lo Squalo dello Stretto sembra in ogni caso avere ormai ben più di un piede e mezzo sul gradino più alto del podio finale di Brescia in virtù di una condizione straripante mostrata fin dal mese di marzo con la Tirreno-Adriatico e soprattutto di un vantaggio in classifica generale divenuto di tutta sicurezza con Evans 2° a 4′02”, Urán 3° a 4′12”, il duo Scarponi-Niemiec 4° e 5° a 5′14” e 6′09”, Majka 6° a 6′45” e Betancur 7° a 47”: nei prossimi due tapponi di montagna potrà comunque succedere di tutto anche se, alla luce delle previsioni meteo che annunciano neve e temperature ad alta quota ben al di sotto dello zero, non si sa ancora quale sarà il percorso a partire dalla 19a frazione, 139 km da Ponte di Legno in cui, per la prima volta nella storia del Giro, dovrebbero essere scalati nello stesso giorno due moloch come Gavia e Stelvio prima dei 21 km di ascesa finale verso il traguardo ma in cui è più probabile che si opti per un percorso alternativo con l’abbordabile Tonale in partenza e l’impegnativo Castrin a metà percorso anche se a quel punto dalla vetta ai piedi dell’ultima salita mancherebbero ben 60 km di discesa e falsopiano per cui con ogni probabilità la bagarre tra i big sarebbe rimandata ai km conclusivi.

Marco Salonna

25 maggio – 20a tappa: Silandro – Tre Cime di Lavaredo

NIBALI SIGNORE DELLE TRE CIME

La maglia rosa attacca e trionfa in solitaria nella bufera delle Tre Cime di Lavaredo, coronando un Giro vinto da dominatore. Uran, 3° dietro Duarte, strappa la seconda posizione in classifica ad Evans, che resiste a sua volta all’attacco di Scarponi. Maglia bianca a Betancur, 4° al traguardo, capace di soffiarla a Majka malgrado una foratura ai piedi del Passo Tre Croci, e di salire al quinto posto della generale.

Pochi sport sanno mettere alla prova la fede degli appassionati quanto il ciclismo del terzo millennio; e la giornata di ieri – con il caso Di Luca a sommarsi all’annullamento del tappone di Gavia e Stelvio – avrebbe fatto vacillare il più fermo dei tifosi; ma è altrettanto vero che pochi sport sanno riconquistare quegli stessi appassionati traditi con tanta rapidità, cancellando con il pezzo di bravura di un campione la rabbia e l’amarezza. È grazie a Vincenzo Nibali se, dopo la Caporetto di ventiquattro ore fa, il Giro 2013 può tornare a sperare di non essere ricordato soltanto per i tagli di percorso, le montagne annullate o mutilate, il freddo, la neve, alcune non trascurabili pecche organizzative e l’ennesimo affare di doping.
Forte di un margine di oltre 4’ sul più vicino rivale, e scongiurato con una cronoscalata ammazza-classifica il rischio di chiudere in rosa senza successi di tappa, lo Squalo avrebbe sulla carta dovuto limitarsi a controllare nella 20a e penultima tappa, privata di Costalunga, San Pellegrino e Giau per le ben note vicissitudini meteorologiche. Sono però bastate poche decine di chilometri per capire che Nibali sarebbe andato in caccia di una chiosa più incisiva, allorché la Astana – coadiuvata da un’attivissima Euskaltel – ha assunto il comando dell’inseguimento a Brutt, Ermeti, Popovych e Hansen, evasi dopo una trentina di chilometri e giunti ad un vantaggio massimo di 7’ e mezzo.
Virtualmente neutralizzati i fuggitivi già prima dell’ascesa al Tre Croci, approcciata dai quattro con poco più di 2’, a scuotere il gruppo sono stati – più che gli effimeri attacchi di Capecchi, Brambilla e i soliti Weening, Pirazzi e Atapuma – i due stop forzati di Carlos Betancur, fermato da una foratura ai piedi della salita, e da un cambio di bicicletta a metà della stessa. Majka, partito con 2’’ sul colombiano nella classifica dei giovani, ha provato ad approfittarne lanciando il forcing di Petrov, il cui principale esito è stato però quello di riavvicinare il plotone alla testa della corsa, momentaneamente occupata ancora da Brutt, e di distanziare definitivamente Mauro Santambrogio, già in difficoltà sulle prime rampe.
Kiserlovski ci ha provato ai -6, venendo però agilmente controllato da Agnoli e Aru; e proprio il sardo, prendendo di petto i 4 km della vera scalata alle Tre Cime, ha dato il là al numero della maglia rosa. Con 3 km e spiccioli ancora da percorrere, Nibali ha rotto gli indugi, quasi cogliendo di sorpresa lo stesso Kangert, deputato a fargli da apripista. Majka, accodandosi per primo, ha confermato tanto la sua intraprendenza quanto la sua immaturità, incappando in un fuorigiri di cui ha fatto la fortuna di Betancur, rientrato a ritmo più regolare.
Anche il colombiano, ultimo ad arrendersi insieme al connazionale Uran, non ha però potuto reggere a più di due o tre cambi di ritmo del capoclassifica, andato nel frattempo a riassorbire gli attaccanti superstiti. Evans ha dato ad un tratto l’impressione di poter riagganciare i due sudamericani e difendere la piazza d’onore, ma al prezzo di uno sforzo pagato carissimo negli ultimi 1500 metri. Fortuna per l’australiano che il più serio aspirante al podio, Michele Scarponi, abbia faticato ancora una volta più del previsto sul terreno a lui più congeniale, riuscendo soltanto nel finale a scavalcare Cadel, e senza mai attentare seriamente alla terza piazza virtuale.
In mezzo ad una tormenta che ha conferito un tocco epico alle ultime pedalate, Nibali ha costruito un margine di 32’’ nel giro di 2 km, scemato soltanto quando il siciliano si è concesso il meritato arrivo a braccia alzate, mentre i colombiani, divenuti tre con il rientro di un sorprendente Fabio Duarte, si giocavano la piazza d’onore in una volata vinta proprio dall’alfiere Coldeportes. 3°, a 19’’ dal vincitore e a 2’’ dal compatriota, Rigoberto Uran ha comunque scalato un gradino del podio, issandosi alle spalle della maglia rosa, staccato di 4’43’’; altri 2’’ più tardi ha tagliato il traguardo Betancur, ancora costretto a rinviare (a questo punto almeno all’anno prossimo) l’appuntamento con il primo successo in carriera al Giro. Per lui la consolazione della maglia bianca, strappata in extremis a Majka (10° a 1’04’’), e del 5° posto finale, reso tuttavia agrodolce dal pensiero di cosa sarebbe potuto diventare se il tempo fosse stato più clemente negli ultimi due giorni.
Alle loro spalle, uno strepitoso Fabio Aru ha chiuso 5°, davanti a Pellizotti, Pozzovivo, Caruso e Atapuma, mentre Evans, commovente nel suo versare ogni goccia di energia sull’asfalto, lottando contro l’età che avanza e una condizione in picchiata rispetto ad inizio Giro, ha alla fine concesso 1’30’’ a Nibali, ma soltanto 16’’ a Scarponi, salvando per 56’’ la terza piazza. La giornata no della Lampre è completata dalla non entusiasmante prova di Niemec, scavalcato da Betancur e ora 6° in generale, appena davanti a Majka. Completano la nuova top 10 Intxausti, Santambrogio e Pozzovivo, al quale fa spazio un Sanchez più indecifrabile che mai, crollato ad oltre 2’ dopo la splendida cronoscalata e il lavoro comandato ai suoi per quasi tutto il giorno, superato anche da Pellizotti.
Soltanto incidenti e contrattempi potrebbero modificare la graduatoria domani, quando il Giro ritroverà pianura e temperature più miti dirigendosi verso Brescia, per una passerella che potrebbe consentire a Cavendish di riappropriarsi della maglia rosa, passata oggi sulle spalle di Nibali. Non crediamo che Vincenzo, nel caso, farà drammi, dopo aver regalato a se stesso un Giro, e al Giro un finale all’altezza.

Matteo Novarini

La vittoria sotto la neve di Nibali alle Tre Cime di Lavaredo (foto Bettini)

La vittoria sotto la neve di Nibali alle Tre Cime di Lavaredo (foto Bettini)

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