TOUR 2021, SI CAMBIA REGISTRO
Tornano chilometraggio contro il tempo e tre tappe over 200 Km. Alpi soft prima dei Pirenei non durissimi. Apertura in Bretagna con due tappe da finisseur. Bella tappa con il Ventoux da scalare due volte e arrivo in fondo alla discesa.
Non è il solito festival di salite visto gli ultimi anni con le difficoltà altimetriche piazzate spesso in modo infelice.
Quest’anno gli organizzatori del Tour de France hanno seguito il motto che Vegni ha ripetuto negli ultimi anni parlando di giro umano.
Quello del 2021 sarà un Tour decisamente umano, due tappe alpine, tre pirenaiche ed una nella Provenza con il mitico Monte Calvo. Gli arrivi in salita in tappe di montagna saranno tre (Tignes, Col de Portet e Luz Ardiden), mentre ci saranno altrettante tappe di montagna con arrivo in discesa, Le Grand-Bornand, Malaucène e Andorra la Vella, in occasione dell’unico sconfinamento del Tour. Ad esse può essere aggiunta la quattordicesima tappa che costituisce l’antipasto ai Pirenei e presenterà tre salite non banali, con l’ultima posta a meno di 20 Km dalla conclusione.
Il souvenir Henri Desgrange sarà posto agli oltre 2400 metri del Port d’Envalira, salita lunga ma molto pedalabile. Come di consueto, invece, sul Tourmalet sarà posto il traguardo in ricordo di Jacques Goddet.
Sono programmate due cronometro: la prima di 27 Km alla quinta tappa e la seconda di 31 Km piazzata come di consueto alla vigilia della passerella sui Campi Elisi.
A questa tradizione i francesi non sanno proprio rinunciare. Il Giro d’Italia spesso negli ultimi anni ha proposto una cronometro all’ultimo giorno, facendo sì che anche nell’ultima tappa possa succedere qualcosa, come tra l’altro accaduto sia quest’anno, sia in epoca recente nel Giro vinto dal Tom Dumoulin, con il sorpasso su Quintana nella crono finale. Probabilmente, la sconffita dell’idolo di casa Laurent Fignon da parte di Greg Lemond nella cronometro di Parigi del 1989 brucia ancora nel ricordo dei transalpini.
Complessivamente, le tappe di montagna non sono molto dure, ma le salite non sono piazzate male.
Le Alpi nel 2021 saranno molto soft, ma arriveranno già all’ottava tappa con l’arrivo a Le Grand Bornand e, piazzata così presto, potrebbe risolversi in un nulla di fatto perchè c’è il rischio che big aspettino le ultime tappe; ma la cronometro di quasi 30 Km piazzata alla quinta frazione, quando le differenze tra specialisti e non vengono fuori in modo più marcato, potrebbe essere un’occasione ghiotta per tentare di cominciare a recuperare il tempo perduto nella cronometro da parte di coloro che soffrono questo tipo di esercizio.
L’accoppiata Romme – Colombière, con soli 6 Km tra la cima del primo e l’inizio del secondo e lo scollinamento a 15 Km dal traguardo, consentirà sicuramente di progettare un attacco ben strutturato. Un eventuale sgretolamento del gruppo sul Col de la Romme potrebbe essere fatale perché non c’è lo spazio per il rientro dei gregari nei soli sei chilometri che precedeno dell’inizio della Colombière. Non essendoci un arrivo in salita non ci sarà la sparata a tutta degli ultimi 500 metri. L’alternativa (per nulla remota) è che la tappa si risolva con un nulla di fatto, con una squadra che imporrà un ritmo elevato e i big che si controlleranno.
La seconda tappa alpina è invece ben poca cosa. La salita più dura, il Col du Prè, è posto a oltre 60 Km dall’arrivo, mentre il Cormet de Roselend verrà affrontato partendo da una quota già elevata e da un versante con pendenze pedalabili. Da lì ci saranno trenta chilometri, tra discesa e pianura, prima di attaccare la salita verso Tignes, molto lunga ma priva di quelle pendenze che permettono di fare la differenza. Ci sono un paio di tratti intorno al 9%, ma con la situazione del ciclismo moderno e con la collocazione nella prima parte del Tour non sembra ci siano spazio per scavare distacchi. Distacchi che, invece, potrebbero arrivare due giorni dopo nella tappa con arrivo a Malaucène dopo la doppia ascesa al Ventoux. Si tratta di una tappa ben disegnata che, dopo 72 Km senza difficoltà, prevede il Col de la Liguière (9,3 Km al 6,7%) e quindi subito il “Gigante della Provenza” dal versante di Sault, il meno duro tra i tre possibile, almeno fin quando, in località Chalet Reynard, la strada si riunisce con quella che versante classico, nel punto dove finisce la vegetazione e inizia la lunga pietraia che porta alla cima del monte reso famoso da Francesco Petrarca.
Al termine della discesa, ci saranno circa 12 Km per arrivare a Bédoin e affrontare di nuovo il Ventoux dal versante classico. Giunti in cima, i corridori dovranno affrontare la discesa lungo la quale nel 1994 Marco Pantani si gettò a folle velocità all’inseguimento di Eros Poli con la sua classica posizione con il sedere quasi sulla ruota posteriore. In quella occasione l’arrivo era posto a Carpentras, a oltre 40 Km dalla cima del “Monte Cavlo”, mentre in questo caso il traguardo sarà al termine della discesa, lunga 18 Km. Passare per due volte nella pietraia, specialmente se ci sarà vento contrario (come spesso accade) e gran caldo, potrebbe provocare difficoltà ad alcuni uomini di classifica ed in questo caso la faccenda potrebbe complicarsi alquanto. Manca l’arrivo in salita classico e quindi, anche in questo caso, non ci sarà la sparata degli ultimi metri. Un attacco ai tre chilometri dal GPM è possibilissimo e in discesa si potrà mettere anche altro fieno in cascina. Ovviamente, come sempre, sull’esito della tappa peserà il modo nel quale i corridori vorranno disputarla.
Le tappa pirenaiche, invece, saranno tre e un pochino più difficili rispetto a quelle previste sulle Alpi.
Le precederà una una sorta di antipasto costituito da una frazione di media montagna con arrivo a Quillan, nel corso della quale si dovranno affrontare tre salite brevi dalle pendenze non banali. L’ultima, il Col de Saint-Louis (4,7 Km al 7,4%), è posta a meno di 20 km dall’arrivo di una tappa che non ispirerà certamente i big, ma nella quale non ci sarà da annoiarsi perché le seconde linee potranno darsi battaglia.
La prima tappa pirenaica sarà quella in cui ci sarà l’unico sconfinamento previsto nel 2021 e si raggiungerà l’altitudine più elevata di tutto il tracciato. Si affroneranno i colli di Mont-Louis e di Puymorens che costituisce un’unica ascesa con il successivo Envalira (un po’ come il Télégraphe e il Galibier). Si tratta di salite molto pedalabili anche se l’altitudine dell’Envalira, che supera abbondantemente i 2000 metri, potrebbe dar fastidio a corridori come Valverde, che mal digeriscono le quote elevate.
Dopo una discesa di oltre 20 Km, su strade ampie, si affronterà il Col de Beixalis, ascesa di che non ha nulla a che vedere con le precedenti. Sono solo 6,5 Km, ma le pendenze sono molto severe perchè la media è dell’8,5% e le massime arrivano oltre il 13%. È stata affrontata già nel 2016 dal Tour ed in testa transitò Thibaut Pinot. Questa volta, però, non si arriverà ad Arcalis bensì nella capitale del principato, con il traguardo posto al termine di 15 Km di discesa. Anche in questo caso, l’attacco sarò possibile nei chilometri più duri (quelli centrali) del Beixalis, nei quali si potrà tentare di far la differenza prima di affrontare a tutta la picchiata verso l’arrivo.
Dopo una tappa da fughe prevista il giorno successivo a quella di Andorra si arriverà alla due giorni cruciale. Il 14 luglio, giorno della commemorazione della presa della Bastiglia, si affronterà una tappa pirenaica dal finale davvero duro. Dopo 113 Km pianeggianti si affronteranno in rapida successione Peyresourde, Val Louron e Portet. Si tratta di salite arcinote, la prime due sono storiche, mentre tutti ricordano la terza affrontata nella minitappa di 65 Km del 2018 vinta da un Quintana fuori classifica dopo la baggianata della partenza in griglia sul modello della Formula Uno che, nelle intenzioni degli organizzatori, avrebbe dovuto favorire la bagarre dall’inizio ed invece provocò un ricompattamento immediato. Le salite sono tutte dure e non c’è spazio per rifiatare tra un colle e l’altro. L’ascesa finale presenta costantemente pendenze severe lungo tutti i 15 Km che portano ai 2215 metri del Col de Portet, dove sarà posto il traguardo. Per impostare un attacco vero in questa tappa bisognerà tentare di utilizzare le prime due salite per lasciare il leader da attaccare senza squadra e poi tentare l’affondo sull’ultima salita. Naturalmente in presenza di squadre coma la Jumbo di quest’anno la questione si presenterà piuttosto complessa. In questo caso tutto si giocherà nei chilometri finali, nei quali si potrà comunque tentare di scavare distacchi vista la durezza della parte finale della frazione.
Il giorno successivo andrà in scena l’ultima frazione di montagna, caratterizzata da un mini chilometraggio che in questi ultimi anni pare esercitare un fascino irresistibile sugli organizzatori del Tour (per fortuna non su quelli del Giro): 130 Km con Tourmalet ed arrivo a Luz Ardiden, un’accoppiata classica che di solito veniva proposta dopo molte altre salite, mentre quest’anno avremo solo queste due salite secche. Il Tourmalet costituirà un trampolino di lancio obbligato per gli scalatori e, con la cronometro di 31 chilometri che incombe, sarà obbligatorio cercare di guadagnare più di qualche secondo, un po’ come nella tappa dello Stelvio del Giro di quest’anno. Il Tourmalet lo conosciamo tutti, è una salita sulla quale si può fare la differenza ed anche la salita finale non è uno scherzo. Le pendenze non sono quelle estreme sulle quali non è possibile scattare, ma neppure quelle pedalabili sulle quali si sta benissimo a ruota. Sono le pendenze ideali sulle quali dare rasoiate che oggi, purtroppo, sono diventate merce rara in un ciclismo popolato di regolaristi che fanno la differenze grazie al ritmo elevato.
Al penultimo giorno la cronometro di 31 chilometri emetterà il verdetto finale. Sia al Tour che al Giro quest’anno la crono finale è stata decisiva e si vedrà se quanto successo in questi ultimi mesi spingerà coloro che non brillano a cronometro a cercare di attaccare a testa bassa sulle montagne.
Quanto alle altre tappe sono da segnalare le prime due che vedranno arrivi su degli strappi, la prima tappa arriva in cima ad un’ascesa di 3 Km al 5.7% di pendenza media (con un passaggio al 14% nella parte iniziale), la seconda sulla celebre rampa di Mûr-de-Bretagne (2 Km al 6.9% con i primi mille metri al 9.8%) che già ha ospitato l’arrivo nel 2011, nel 2015 e nel 2018.
Da segnalare anche la settima tappa per l’elevato chilometraggio (248 Km, davvero insolito per il Tour degli ultimi anni) e pe e il tracciato accidentato che potrebbe favorire le fughe.
In definitiva si tratta di un Tour con dei passi avanti rispetto agli ultimi anni, tappe di montagna discrete, chilometraggi che cominciano ad essere più consoni ad un GT e chilometraggio contro il tempo adeguato.
Quel che manca è un vero tappone, una tappa di montagna di oltre 200 Km con tante salite in successione, una tappa come poteva essere quella del Giro con Agnello, Izoard, Monginevro e Sestriere (poi modificata) o anche quella con Campo Carlo Magno, Castrin, Stelvio e Torri di Fraele. Il Giro si è deciso non a caso in quelle due tappe. In frazione del genere, specialmente se poste a fine corsa, viene fuori il fondo e la resistenza e possono venire le crisi.
Altra nota negativa sono le troppe tappe per velocisti. Purtroppo, in questo caso, va dato atto agli organizzatori del Tour de France che, vista la conformazione del territorio francese, non è semplice (come invece è molto più facile fare in Italia) inserire molte tappe mosse.
Il percorso comunque non durissimo presenta un generale equilibrio ed è apprezzabile il passo avanti compiuto rispetto al passato.
Purtroppo l’organizzazione delle squadre degli ultimi anni non aiuta lo spettacolo. I capitani sono affiancati da gregari al livello di tutti gli altri uomini di classifica, sicché diventa impossibile scardinare le squadre che spesso rimangono compatte anche lungo le salite finali, come è accaduto quest’anno sull’arrivo al Grand Colombier.
Proprio ieri Roglič è arrivato sull’Angliru insieme a Sepp Kuss e tutti ricordano, sempre sull’Angliru, Froome arrivato insieme a Poels. Se i gregari riescono a portare i capitani in cima a salite come l’Angliru, si può immaginare che non avranno problemi sulle ascese francesi.
Certo che se due uomini che hanno vinto il Giro come Carapaz e Dumoulin (che ha fatto anche secondo in un Tour) partono con i gradi di gregario diventerò sempre più difficile rompere la corsa. Certamente dovrebbero essere ridotte le squadre a sei unità e vietati misuratori di potenza, frequenzimetri, e radioline. argomenti di cui pure qualche commentatore sta iniziando a parlare. L’impressione è di essere ancora lontani dal traguardo.
Purtroppo, finché non si interverrà in questo senso il percorso potrà essere disegnato anche molto bene ma da solo non sarà sufficiente a garantire spettacolo.
Benedetto Ciccarone

Il Mont Ventoux (http://www.autoclassmagazine.com)
CARAPAZ DOMA L’ANGLIRU E TORNA IN ROJA
Alla fine la montagna ha partorito il topolino. E’ questo il verdetto principale che emerge dalla tappa regina della Vuelta 2020. L’arrivo in cima al mitico Alto de l’Angliru ha premiato Hugh Carthy (EF Pro Cycling), bravo a piazzare lo scatto decisivo a 1300 metri dal traguardo, al termine di una tappa in cui i distacchi tra i big sono stati molto risicati deludendo un pò le attese. Il britannico, rivelazione della corsa iberica, ha staccando di 16” il redivivo Alexandre Vlasov (Astana Pro Team), Enric Mas (Movistar Team) e Richard Carapaz (Ineos Grenadiers). Poco più dietro (a 26”) è giunto Roglic che ha perso la maglia rossa tornata sulle spalle di Carapaz per appena 10”. Lo sloveno può però sorridere in vista della cronometro di martedì che potrebbe riportarlo in testa alla graduatoria.
La 12 frazione era la più breve di quest’edizione (solo 109 km) ma al contempo anche quella più attesa visto l’arrivo posto in cima al mitico Alto de l’Angliru. Dopo la partenza da Pola de Laviana, i corridori erano attesi da 25 km piatti per poi affrontre in rapida sequenza due gpm di terza categoria, l’Alto del Padrùn (3,5 km al 6,6%) al km 29,3 e l’Alto de San Emiliano (5,9 km al 4,9%) al km 43, ed uno di 1a categoria, l’ Alto de la Mozqueta (6,6 km al 8,4 %) posto al km 60. Dopo la lunga discesa e il successivo fondovalle, la strada tornava a salire lungo le dure rampe dell’Alto del Cordal (5,5 km al 8,9%). Infine, giunti al km 97 iniziava la durissima salita che porta in cima all’Alto de L’Angliru: 12,2 km al 10,2% di pendenza media. Particolarmente duri gli ultimi 7 km caratterizzati da pendenze che arrivano fino al 23,5%.
Nei primi 10 km diversi corridori hanno provato ad evadare dal gruppo, ma soltanto la coppia formata da Anthony Roux (Groupama-FDJ) e Julius Van den Berg (EF Pro Cycling) è riuscita avvantaggiarsi. Quando la coppia di testa aveva raggiunto un margine di 20”, dal gruppo si è sganciato un nutrito drappello formato da ben 18 corridori: Mattia Cattaneo (Deceuninck-Quick Step), Alexandre Riabuschenko (UAE-Team Emirates), Luis Leon Sanchez (Astana Pro Team), Andreas Schillinger (Bora-Hansgrohe), Nans Peters (Ag2r La Mondiale), Lukasz Wisniowski (CCC Team), Enrico Gasparotto (NTT Pro Cycling), Imanol Erviti (Movistar Team), Jhojan Garcia (Caja Rural-RGA Seguros), Cameron Wurf, Robert Stannard e Alex Edmondson della Ineos Grenadiers, Kobe Goossens e Tosh Van der Sande della Lotto-Soudal, Guillaume Martin e Pierre-Luc Perichon per la Cofidis e infine la coppia della Burgos-BH formata da Angel Madrazo e Juan Felipe Osorio.
Il gruppo inseguitore ha raggiunto i due battistrada intorno al km 20, mentre dal gruppo provavano a rientrare altri tre atleti: Tomasz Marczynski (Lotto-Soudal) e il duo del UAE-Team Emirates formato da Davide Formolo e Jasper Philipsen.
Nel tratto pianeggiante che precedeva la prima salita di giornata, l’Alto del Padrùn (3,5 km al 6,6%), il plotoncino di testa è riuscito a guadagnare oltre un minuto sul gruppo principale. Il trio inseguitore è invece rimasto a metà strada fra i battistrada e il gruppo. Il cima al gpm Formolo e Marczynski, da cui si era nel frattempo staccato Philipsen, sono transitati con 1’ di svantaggio mentre il gruppo era ormai distante quasi 2 minuti. I due inseguitori lungo la successiva discesa hanno raggiunto Osorio e Gasparotto, che avevano perso contatto dal gruppo durante la salita, ma non hanno trovato particolare collaborazione. Ai piedi dell’Alto de de Santo Emiliano (5,9 km al 4,9%) i 18 fuggitivi sono transitati con 1’10” sul quartetto inseguitore e 2’20” sul gruppo. Proprio lungo l’ascesa della seconda asperità di giornata, è iniziata la rimonta di Formolo e Marczynski che hanno poi completato l’inseguimento al termine della discesa, quando all’arrivo mancavano 60 km.
Nel tratto di fondovalle i battistrada hanno guadagnato ulteriormente sul gruppo approcciando l’Alto della Mozqueta (6,6 km al 8,4% di pendenza media) con 3’ di vantaggio. Dopo un km di ascesa, dal gruppo sono scattati Esteban Chaves (Mitchelton-Scott) e David De La Cruz (UAE-Team Emirates). A loro si sono poco dopo aggiunti Thymen Arensman (Team Sunweb) e Ivo Oliveira (UAE-Team Emirates). Il portoghese ha scandito un ritmo molto elevato in favore di De La Cruz, facendo staccare Chaves, per poi rialzarsi a sua volta dopo aver completato il forcing.
L’attacco di De La Cruz ha scosso il Team Movistar che ha immediatamente reagito alzando il ritmo del plotone, facendo scendere il vantaggio dei battistrada a 2 minuti. Come conseguenza anche il gruppetto dei fuggitivi ha alzato il ritmo. A farne le spese prima Jhojan Garcia, poi Andreas Schillinger e infine Riabushenko. Il gruppo però ha continuato ad avvicinarsi, scollinando con 1’22” di ritardo dalla testa della corsa e 50” dalla coppia De La Cruz-Arensman. Poco dopo il gpm due corridori del gruppo di testa hanno rallentato per ordine delle rispettive ammiraglie: Erviti ha atteso il gruppo per dare manforte ai compagni di squadra, mentre Davide Formolo ha rallentato per dare una mano a De La Cruz, impegnato nell’inseguimento.
Lungo l’insidiosa discesa, un quartetto formato da Guillaume Martin, Pierre-Luc Perichon, Angel Madrazo e Anthony Roux, si è sganciato dal gruppo di testa. Il quartetto non ha però preso il largo e ai -30 dall’arrivo vantava appena 10” sugli immediati inseguitori e 45” sul gruppo. Di lì a poco i due gruppetti di testa si sono ricongiunti, approcciando l’Alto del Cordal (5,5 km al 8,9%) con 40” di vantaggio sul plotone.
La bagarre nel drappello di testa è riscoppiata lungo la dura ascesa. Ad avvantaggiarsi mentre si scalavano le prime rampe del’Alto del Cordal sono stati Mattia Cattaneo e Luis Leon Sanchez. Alle loro spalle provava a tener duro Guillaume Martin, già vincitore dei primi 3 gpm di giornata, mentre gli altri compagni di fuga venivano ripresi uno alla volta dal gruppo sempre tirato dalla Movistar, da cui nel frattempo si era già staccato Esteban Chaves.
La tenacia ha ripagatao Guillaume Martin che è riuscito a rientrare su Cattaneo e Sanchez ad 1,3 km dal gpm. Contemporaneamente nel gruppo della maglia rossa è partito il forcing di Chris Froome (Ineos Grenadiers) oggi finalmente utile alla causa del suo compagno Richard Carapaz. Il ritmo del britannico ha letteralmente frantumato il gruppo e ha mandato in difficoltà Marc Soler (Movistar Team) evidentemente affaticato dopo la tappa di sabato.
Sul gpm è nuovamente transitato per primo Guillaume Martin, ormai padrone della maglia a pois, davanti Mattia Cattaneo e Luis Leon Sanchez. Il gruppo, ormai ridotto ad una ventina di unità, è passato con meno di 30” di ritardo. Al termine della successiva discesa il terzetto di testa aveva solo 25” sul gruppo, mentre il ritardo di Soler era di 45”.
Si è così giunti alla scalata della terribile e affascinante salita de l’Alto de l’Angliru con i 3 battistrada ormai in procinto di essere riassorbiti dal gruppo tirato dagli uomini della Jumbo-Visma. Il primo ad essere ripreso è stato Mattia Cattaneo (ai -11). La stessa sorte è toccata a Guillaume Martin e Luis Leon Sanchez 500 metri più tardi.
Il ritmo della Jumbo-Visma ha ben presto fatto staccare Soler, che era rientrato poco prima e quindi (ai -10) anche Chris Froome, unico gregario rimasto a supporto di Carapaz dopo la caduta occorsa ad Andrey Amador. L’inesauribile Robert Gesink (Jumbo-Visma) ha continuato ad imporre un’andatura sostenuta per tutto il primo tratto (il più facile) dell’Angliru per poi spostarsi soltanto a 6,7 km dall’arrivo, quando era già iniziato il tratto più duro della salita.
Esaurito il compito di Gesink, in testa al gruppo formato da 10 uomini è arrivato un altro corridore della Jumbo-Visma, Jonas Vingegaard. Alla sua ruota vi erano i compagni Sepp Kuss e Primoz Roglic, quindi Enric Mas (Movistar Team), Daniel Martin (Israel Start-Up Nation), Richard Carapaz (Ineos Grenadiers), il duo della EF formato da Hugh Carthy e Michael Woods, Alexandre Vlasov (Astana Pro Team) e Wout Poels (Bahrain-McLaren).
Il gruppetto di testa ha affrontato senza sussulti il duro tratto di Las Cabanas (-6,2) con il danse Vingegaard sempre in testa.
A 5,2 km dall’arrivo Wout Poels è andato in difficoltà prima di arrendersi definitivamete ai -4,7. Il primo scatto è invece arrivato ai 3,6 per opera di Enric Mas. L’accelerazione prodotta dallo spagnolo ha fatto immediatamente staccare sia Vingegaard, che avea oramai esaurito il suo compito, che Michael Woods.
Sotto lo striscione dei -3 Mas guidava con una ventina di metri di vantaggio su un gruppetto tirato da Sepp Kuss e comprendente Roglic, Carpaz, Martin, Carthy e Vlasov. Approfittando della marcatura ad uomo con cui Roglic controllava Carapaz, Hugh Carthy e Alexandre Vlasov hanno provato ad avvantaggiarsi guadagnando qualche metro su Vlasov e Kuss, Roglic e un Daniel Martin in leggera difficoltà.
Si è così entrati nel tratto più duro, quello di Cuena les Cabres (-2,3), caratterizzato da una pendenza massima del 23,5%. Di li a poco è arrivato lo scatto di Richard Carapaz che ha subito mandato in difficoltà il leader Primoz Roglic. Carapaz ha raggiunto nel giro di poche pedalte Enric Mas, imitato da Hugh Carthy 200 metri più avanti. Dietro al terzetto di testa tirato da Carpaz vi erano Daniel Martin e Alexandre Vlasov, mentre Sepp Kuss si era fermato per aiutare Roglic, che a 1,5 km dal traguardo pagava 12” di ritardo.
L’azione di Carapaz è però andata calando e così ai 1300 metri dal traguardo Hugh Carthy ha prodotto una decisa accelerazione che ha fatto staccare sia Carapaz che Mas. Il britannico si è involato in solitaria aumentando ulteriormente il margine nel corso dell’ultimo km. Mas, che aveva provato a rientrare sul corridore della EF, ha dovuto desistere ed è stato poi ripreso da Vlasov.
Per Carthy è così arrivato il trionfo in cima alla salita più celebre e ambita della Vuelta. Ottima prestazione per Alexandre Vlasov 2° a 16” davanti ad Enric Mas e Richard Carapaz. Il trio comprendente Roglic, Kuss e Daniel Martin ha tagliato il traguardo con 26” di ritardo, mentre Poels e Woods hanno chiuso ad 1’35”. Ancora più indietro Felix Grossschartner (Bora-Hansgrohe) giunto 10° a 2’15” in compagnia di Mikel Nieve (Mitchelton-Scott).
Resta apertissima la classifica generale che vede ora Richard Carapaz in testa con appena 10” su Primoz Roglic, 32”sul trionfatore di giornata Hugh Carthy e 36” su un tenace Daniel Martin. Alle loro spalle si trova Enric Mas, sempre 5° ad 1’50”. Decisamente più staccati Wout Poels (6° a 5’13”), Felix Gossschartner (7° a 5’30) e Alejandro Valverde (Movistar Team), 8° a 6’22”. Entra in top 10 Alexandre Vlasov, 9° a 6’41”, davanti a Mikel Nieve, 10° a 6’42”.
La Vuelta riprenderà martedì, dopo il secondo giorno di riposo, con una cronometro individuale di 33,7 km. I primi 31 saranno completamente piatti, mentre negli ultimi 2 I corridori dovranno scalare le durissime rampe che portano al Mirador de Ezaro (1800 metri al 14,2%).
Pierpaolo Gnisci

Hugh Carthy in azione sulle dure rampe dell'Angliru (Getty Images Sport)
01-11-2020
novembre 1, 2020 by Redazione
Filed under Ordini d'arrivo
VUELTA A ESPAÑA
Il britannico Hugh Carthy (EF Pro Cycling) si è imposto nella dodicesima tappa, La Pola Llaviana / Pola de Laviana – Alto de l’Angliru, percorrendo 109.4 Km in 3h08′40″ alla media di 34.79 Km/h. Ha preceduto di 16″ il russo Aleksandr Vlasov (Astana Pro Team) e lo spangolo Enric Mas Nicolau (Movistar Team). Miglior italiano Mattia Cattaneo (Deceuninck – Quick Step), 21° a 6′12″. L’ecuadoregno Richard António Carapaz Montenegro (INEOS Grenadiers) è tornato in maglia rossa con 10″ sullo sloveno Primož Roglič (Team Jumbo-Visma) e 32″ su Carthy. Miglior italiano Cattaneo, 18° a 15′35″
VUELTA A GUATEMALA
Il panamense Christofer Robín Jurado López (nazionale panamense) si è imposto nella decima ed ultima tappa, circuito di Guatemala City, percorrendo 105 Km in 2h23′30″ alla media di 43.90 Km/h. Ha preceduto allo sprint gli ecuadoregni Cristian David Pita Bolaños (Best PC Ecuador) e Byron Patricio Guamá De La Cruz (Best PC Ecuador). Nessun italiano in gara. Il guatemalteco Juan Mardoqueo Vásquez (Hino-One-La Red) si impone in classifica con 5′04″ sul colombiano Santiago Ordoñez (Canel’s Pro Cycling) e 7′29″ su Guamá De La Cruz.
LA ETAPA DEL DÍA: LA POLA LLAVIANA / POLA DE LAVIANA – ALTO DE L’ANGLIRU
novembre 1, 2020 by Redazione
Filed under Approfondimenti
Tocca allo Zoncolan di Spagna decretare altri duri verdetti alla Vuelta perchè è arrivato il momento di confrontarsi con la salita più ripida della penisola iberica, quell’Alto de Angliru che già in sette occasioni ha detto legge nella corsa spagnola
Se la frazione della Farrapona era un tappone in formato leggermente ridotto, ora i corridori si troveranno di fronte ad una versione “mignon” di una tappa d’alta montagna, che concentrerà tutto il suo succo in soli 110 Km. Anzi, in soli 83 Km perchè rispetto alla giornata di ieri non ci sarà una salita da affrontare in partenza e l’approccio alle difficoltà avverà con un tratto perfettamente pianeggiante lungo poco più di 25 Km. Terminata questa fase d’avvio le salite, anche oggi previste nel numero di cinque, si succederanno quasi senza momenti per rifiatare tra un colle e l’altro. Bisognerà attendere il 60° Km di gara per vedere i corridori affrontare le prime pendenze interessanti di giornata, i 6.6 Km all’8.4% dell’Alto de la Mozqueta, terzultima salita di giornata, seguita una trentina di chilometri più avanti dai 5.4 Km al 9.3% dell’Alto del Cordal. Nonostante questi numeri c’è il rischio concreto che nessuno tra i big in gara decida di sfruttarli per mettere in difficoltà la maglia “roja”, tutti attenti a non sprecare energie in vista della tremenda ascesa finale dell’Angliru, il Mortirolo di Spagna, che la corsa iberica affronterà per l’ottava volta nella storia: i suoi 12.4 Km al 9.9%, con una punta al 23% nel cosiddetto tratto della “Cueña les Cabres”, ne faranno uno dei momenti salienti dell’edizione 2020 della Vuelta.
METEO
La Pola Llaviana / Pola de Laviana: cielo coperto, 19.3°C (percepiti 15°C), vento moderato da SSW (20-27 Km/h), umidità al 75%
Mieres (35.5 Km): cielo coperto, 21.4°C (percepiti 19°C), vento moderato da SSW (13-14 Km/h), umidità al 75%
Figaredo (traguardo volante – 77 Km): cielo coperto, 21.6°C (percepiti 19°C), vento moderato da SSW (13-14 Km/h), umidità al 74%
La Vega de Riosa (inizio salita – 96.3 Km): cielo coperto, 20.8°C (percepiti 19.5°C), vento debole da SSW (9-15 Km/h), umidità al 81%
Alto de l’Angliru : previsioni non disponibili
GLI ORARI DELLA VUELTA
Segnaliamo che la corsa non sarà seguita dalla RAI
13.50: inizio diretta su Eurosport 1 (15 minuti prima della partenza)
14.08: partenza da La Pola Llaviana / Pola de Laviana
14.50-14.55: inizio salita Alto del Padrún
14.55-15.05: scollinamento Alto del Padrún
15.10-15.15: inizio salita Alto de Santo Emiliano
15.15-15.30: scollinamento Alto de Santo Emiliano
15.35-15.45: inizio salita Alto de la Mozqueta
15.45-16.00: scollinamento Alto de la Mozqueta
16.10-16.30: traguardo volante di Figaredo
16.20-16.40: inizio salita Alto del Cordal
16.30-16.50: scollinamento Alto del Cordal
16.45-17.05: inizio salita finale
17.05-17.30: arrivo sull’Alto de l’Angliru
UN PO’ DI STORIA
L’Angliru ha un “papà” e questo padre risponde al nome di Miguel Prieto, uno dei dirigenti della ONCE, l’organizzazione nazionale dei ciechi spagnoli che dal 1989 al 2003 sponsorizzò l’omonima formazione professionistica. Non vedente anch’esso, ci vide benissimo quando intuì il potenziale della tremenda salita asturiana e nel 1996 non esitò a contattare i dirigenti di Unipublic, l’agenzia organizzatrice della Vuelta, i quali colsero subito la palla al balzo. Fattane sistemare la strada, la “Gamonal” (così veniva fino ad allora la montagna asturiana che oggi conosciamo come Angliru) vide ciclisticamente la luce il 12 settembre del 1999, quando lassù giunse per primo lo scalatore spagnolo José María Jiménez assieme al russo Pavel Tonkov. Fu amore a prima vista poichè ci si tornerà anche l’anno successivo, quando ci fu quello che a tutt’oggi è ancora l’unico successo italiano sull’Angliru, firmato dal trentino Gilberto Simoni, solitario al traguardo con più di due minuti sul ceco Jan Hruska. Nel 2002 toccherà allo spagnolo Roberto Heras, che due anni prima aveva fatto registrare il miglior tempo di scalata (41 minuti e 55 secondi, primato ancora oggi imbattuto) e che questa occasione in cima al “monstruo” asturiano riuscirà a levare al connazionale Óscar Sevilla quella maglia amarillo (la “roja” sarà introdotta nel 2010) che terrà fino alla penultima tappa e che gli sarà definitivamente tolta nella crono madrilena da un altro spagnolo, Aitor González. Nel 2008 sarà Alberto Contador a tagliare per primo il traguardo e questo è anche l’unico caso nel quale il nome del vincitore di tappa sull’Angliru coincide con quello del corridore che si imporrà nella classifica finale. Alta vittoria iberica nel 2009, stavolta per opera di Juan José Cobo Acebo, al quale parecchi anni dopo saranno levate sia la vittoria parziale, sia il successo finale in classifica: se il secondo sarà assegnato a posteri al britannico Chris Froome, non verrà ufficialmete considerato vincitore di quella tappa il corridore che era giunto secondo sull’Angliru, l’olandese Wout Poels. Infine, i più recenti vincitori in vetta alla tremenda salita iberica sono stati il francese Kenny Elissonde nel 2013 e ancora Contador, che il 9 settembre del 2017 otterrà lassù l’ultima vittoria della sua luminosa carriera, che concluse il giorno successivo sul traguardo finale della Vuelta a Madrid, dopo 14 anni di professionismo.

Un momento di corsa sulle infide pendenze dell'Angliru e, in trasparenza, l'altimetria della dodicesima tappa (www.eurosport.it)