TOUR 2021, SI CAMBIA REGISTRO
Tornano chilometraggio contro il tempo e tre tappe over 200 Km. Alpi soft prima dei Pirenei non durissimi. Apertura in Bretagna con due tappe da finisseur. Bella tappa con il Ventoux da scalare due volte e arrivo in fondo alla discesa.
Non è il solito festival di salite visto gli ultimi anni con le difficoltà altimetriche piazzate spesso in modo infelice.
Quest’anno gli organizzatori del Tour de France hanno seguito il motto che Vegni ha ripetuto negli ultimi anni parlando di giro umano.
Quello del 2021 sarà un Tour decisamente umano, due tappe alpine, tre pirenaiche ed una nella Provenza con il mitico Monte Calvo. Gli arrivi in salita in tappe di montagna saranno tre (Tignes, Col de Portet e Luz Ardiden), mentre ci saranno altrettante tappe di montagna con arrivo in discesa, Le Grand-Bornand, Malaucène e Andorra la Vella, in occasione dell’unico sconfinamento del Tour. Ad esse può essere aggiunta la quattordicesima tappa che costituisce l’antipasto ai Pirenei e presenterà tre salite non banali, con l’ultima posta a meno di 20 Km dalla conclusione.
Il souvenir Henri Desgrange sarà posto agli oltre 2400 metri del Port d’Envalira, salita lunga ma molto pedalabile. Come di consueto, invece, sul Tourmalet sarà posto il traguardo in ricordo di Jacques Goddet.
Sono programmate due cronometro: la prima di 27 Km alla quinta tappa e la seconda di 31 Km piazzata come di consueto alla vigilia della passerella sui Campi Elisi.
A questa tradizione i francesi non sanno proprio rinunciare. Il Giro d’Italia spesso negli ultimi anni ha proposto una cronometro all’ultimo giorno, facendo sì che anche nell’ultima tappa possa succedere qualcosa, come tra l’altro accaduto sia quest’anno, sia in epoca recente nel Giro vinto dal Tom Dumoulin, con il sorpasso su Quintana nella crono finale. Probabilmente, la sconffita dell’idolo di casa Laurent Fignon da parte di Greg Lemond nella cronometro di Parigi del 1989 brucia ancora nel ricordo dei transalpini.
Complessivamente, le tappe di montagna non sono molto dure, ma le salite non sono piazzate male.
Le Alpi nel 2021 saranno molto soft, ma arriveranno già all’ottava tappa con l’arrivo a Le Grand Bornand e, piazzata così presto, potrebbe risolversi in un nulla di fatto perchè c’è il rischio che big aspettino le ultime tappe; ma la cronometro di quasi 30 Km piazzata alla quinta frazione, quando le differenze tra specialisti e non vengono fuori in modo più marcato, potrebbe essere un’occasione ghiotta per tentare di cominciare a recuperare il tempo perduto nella cronometro da parte di coloro che soffrono questo tipo di esercizio.
L’accoppiata Romme – Colombière, con soli 6 Km tra la cima del primo e l’inizio del secondo e lo scollinamento a 15 Km dal traguardo, consentirà sicuramente di progettare un attacco ben strutturato. Un eventuale sgretolamento del gruppo sul Col de la Romme potrebbe essere fatale perché non c’è lo spazio per il rientro dei gregari nei soli sei chilometri che precedeno dell’inizio della Colombière. Non essendoci un arrivo in salita non ci sarà la sparata a tutta degli ultimi 500 metri. L’alternativa (per nulla remota) è che la tappa si risolva con un nulla di fatto, con una squadra che imporrà un ritmo elevato e i big che si controlleranno.
La seconda tappa alpina è invece ben poca cosa. La salita più dura, il Col du Prè, è posto a oltre 60 Km dall’arrivo, mentre il Cormet de Roselend verrà affrontato partendo da una quota già elevata e da un versante con pendenze pedalabili. Da lì ci saranno trenta chilometri, tra discesa e pianura, prima di attaccare la salita verso Tignes, molto lunga ma priva di quelle pendenze che permettono di fare la differenza. Ci sono un paio di tratti intorno al 9%, ma con la situazione del ciclismo moderno e con la collocazione nella prima parte del Tour non sembra ci siano spazio per scavare distacchi. Distacchi che, invece, potrebbero arrivare due giorni dopo nella tappa con arrivo a Malaucène dopo la doppia ascesa al Ventoux. Si tratta di una tappa ben disegnata che, dopo 72 Km senza difficoltà, prevede il Col de la Liguière (9,3 Km al 6,7%) e quindi subito il “Gigante della Provenza” dal versante di Sault, il meno duro tra i tre possibile, almeno fin quando, in località Chalet Reynard, la strada si riunisce con quella che versante classico, nel punto dove finisce la vegetazione e inizia la lunga pietraia che porta alla cima del monte reso famoso da Francesco Petrarca.
Al termine della discesa, ci saranno circa 12 Km per arrivare a Bédoin e affrontare di nuovo il Ventoux dal versante classico. Giunti in cima, i corridori dovranno affrontare la discesa lungo la quale nel 1994 Marco Pantani si gettò a folle velocità all’inseguimento di Eros Poli con la sua classica posizione con il sedere quasi sulla ruota posteriore. In quella occasione l’arrivo era posto a Carpentras, a oltre 40 Km dalla cima del “Monte Cavlo”, mentre in questo caso il traguardo sarà al termine della discesa, lunga 18 Km. Passare per due volte nella pietraia, specialmente se ci sarà vento contrario (come spesso accade) e gran caldo, potrebbe provocare difficoltà ad alcuni uomini di classifica ed in questo caso la faccenda potrebbe complicarsi alquanto. Manca l’arrivo in salita classico e quindi, anche in questo caso, non ci sarà la sparata degli ultimi metri. Un attacco ai tre chilometri dal GPM è possibilissimo e in discesa si potrà mettere anche altro fieno in cascina. Ovviamente, come sempre, sull’esito della tappa peserà il modo nel quale i corridori vorranno disputarla.
Le tappa pirenaiche, invece, saranno tre e un pochino più difficili rispetto a quelle previste sulle Alpi.
Le precederà una una sorta di antipasto costituito da una frazione di media montagna con arrivo a Quillan, nel corso della quale si dovranno affrontare tre salite brevi dalle pendenze non banali. L’ultima, il Col de Saint-Louis (4,7 Km al 7,4%), è posta a meno di 20 km dall’arrivo di una tappa che non ispirerà certamente i big, ma nella quale non ci sarà da annoiarsi perché le seconde linee potranno darsi battaglia.
La prima tappa pirenaica sarà quella in cui ci sarà l’unico sconfinamento previsto nel 2021 e si raggiungerà l’altitudine più elevata di tutto il tracciato. Si affroneranno i colli di Mont-Louis e di Puymorens che costituisce un’unica ascesa con il successivo Envalira (un po’ come il Télégraphe e il Galibier). Si tratta di salite molto pedalabili anche se l’altitudine dell’Envalira, che supera abbondantemente i 2000 metri, potrebbe dar fastidio a corridori come Valverde, che mal digeriscono le quote elevate.
Dopo una discesa di oltre 20 Km, su strade ampie, si affronterà il Col de Beixalis, ascesa di che non ha nulla a che vedere con le precedenti. Sono solo 6,5 Km, ma le pendenze sono molto severe perchè la media è dell’8,5% e le massime arrivano oltre il 13%. È stata affrontata già nel 2016 dal Tour ed in testa transitò Thibaut Pinot. Questa volta, però, non si arriverà ad Arcalis bensì nella capitale del principato, con il traguardo posto al termine di 15 Km di discesa. Anche in questo caso, l’attacco sarò possibile nei chilometri più duri (quelli centrali) del Beixalis, nei quali si potrà tentare di far la differenza prima di affrontare a tutta la picchiata verso l’arrivo.
Dopo una tappa da fughe prevista il giorno successivo a quella di Andorra si arriverà alla due giorni cruciale. Il 14 luglio, giorno della commemorazione della presa della Bastiglia, si affronterà una tappa pirenaica dal finale davvero duro. Dopo 113 Km pianeggianti si affronteranno in rapida successione Peyresourde, Val Louron e Portet. Si tratta di salite arcinote, la prime due sono storiche, mentre tutti ricordano la terza affrontata nella minitappa di 65 Km del 2018 vinta da un Quintana fuori classifica dopo la baggianata della partenza in griglia sul modello della Formula Uno che, nelle intenzioni degli organizzatori, avrebbe dovuto favorire la bagarre dall’inizio ed invece provocò un ricompattamento immediato. Le salite sono tutte dure e non c’è spazio per rifiatare tra un colle e l’altro. L’ascesa finale presenta costantemente pendenze severe lungo tutti i 15 Km che portano ai 2215 metri del Col de Portet, dove sarà posto il traguardo. Per impostare un attacco vero in questa tappa bisognerà tentare di utilizzare le prime due salite per lasciare il leader da attaccare senza squadra e poi tentare l’affondo sull’ultima salita. Naturalmente in presenza di squadre coma la Jumbo di quest’anno la questione si presenterà piuttosto complessa. In questo caso tutto si giocherà nei chilometri finali, nei quali si potrà comunque tentare di scavare distacchi vista la durezza della parte finale della frazione.
Il giorno successivo andrà in scena l’ultima frazione di montagna, caratterizzata da un mini chilometraggio che in questi ultimi anni pare esercitare un fascino irresistibile sugli organizzatori del Tour (per fortuna non su quelli del Giro): 130 Km con Tourmalet ed arrivo a Luz Ardiden, un’accoppiata classica che di solito veniva proposta dopo molte altre salite, mentre quest’anno avremo solo queste due salite secche. Il Tourmalet costituirà un trampolino di lancio obbligato per gli scalatori e, con la cronometro di 31 chilometri che incombe, sarà obbligatorio cercare di guadagnare più di qualche secondo, un po’ come nella tappa dello Stelvio del Giro di quest’anno. Il Tourmalet lo conosciamo tutti, è una salita sulla quale si può fare la differenza ed anche la salita finale non è uno scherzo. Le pendenze non sono quelle estreme sulle quali non è possibile scattare, ma neppure quelle pedalabili sulle quali si sta benissimo a ruota. Sono le pendenze ideali sulle quali dare rasoiate che oggi, purtroppo, sono diventate merce rara in un ciclismo popolato di regolaristi che fanno la differenze grazie al ritmo elevato.
Al penultimo giorno la cronometro di 31 chilometri emetterà il verdetto finale. Sia al Tour che al Giro quest’anno la crono finale è stata decisiva e si vedrà se quanto successo in questi ultimi mesi spingerà coloro che non brillano a cronometro a cercare di attaccare a testa bassa sulle montagne.
Quanto alle altre tappe sono da segnalare le prime due che vedranno arrivi su degli strappi, la prima tappa arriva in cima ad un’ascesa di 3 Km al 5.7% di pendenza media (con un passaggio al 14% nella parte iniziale), la seconda sulla celebre rampa di Mûr-de-Bretagne (2 Km al 6.9% con i primi mille metri al 9.8%) che già ha ospitato l’arrivo nel 2011, nel 2015 e nel 2018.
Da segnalare anche la settima tappa per l’elevato chilometraggio (248 Km, davvero insolito per il Tour degli ultimi anni) e pe e il tracciato accidentato che potrebbe favorire le fughe.
In definitiva si tratta di un Tour con dei passi avanti rispetto agli ultimi anni, tappe di montagna discrete, chilometraggi che cominciano ad essere più consoni ad un GT e chilometraggio contro il tempo adeguato.
Quel che manca è un vero tappone, una tappa di montagna di oltre 200 Km con tante salite in successione, una tappa come poteva essere quella del Giro con Agnello, Izoard, Monginevro e Sestriere (poi modificata) o anche quella con Campo Carlo Magno, Castrin, Stelvio e Torri di Fraele. Il Giro si è deciso non a caso in quelle due tappe. In frazione del genere, specialmente se poste a fine corsa, viene fuori il fondo e la resistenza e possono venire le crisi.
Altra nota negativa sono le troppe tappe per velocisti. Purtroppo, in questo caso, va dato atto agli organizzatori del Tour de France che, vista la conformazione del territorio francese, non è semplice (come invece è molto più facile fare in Italia) inserire molte tappe mosse.
Il percorso comunque non durissimo presenta un generale equilibrio ed è apprezzabile il passo avanti compiuto rispetto al passato.
Purtroppo l’organizzazione delle squadre degli ultimi anni non aiuta lo spettacolo. I capitani sono affiancati da gregari al livello di tutti gli altri uomini di classifica, sicché diventa impossibile scardinare le squadre che spesso rimangono compatte anche lungo le salite finali, come è accaduto quest’anno sull’arrivo al Grand Colombier.
Proprio ieri Roglič è arrivato sull’Angliru insieme a Sepp Kuss e tutti ricordano, sempre sull’Angliru, Froome arrivato insieme a Poels. Se i gregari riescono a portare i capitani in cima a salite come l’Angliru, si può immaginare che non avranno problemi sulle ascese francesi.
Certo che se due uomini che hanno vinto il Giro come Carapaz e Dumoulin (che ha fatto anche secondo in un Tour) partono con i gradi di gregario diventerò sempre più difficile rompere la corsa. Certamente dovrebbero essere ridotte le squadre a sei unità e vietati misuratori di potenza, frequenzimetri, e radioline. argomenti di cui pure qualche commentatore sta iniziando a parlare. L’impressione è di essere ancora lontani dal traguardo.
Purtroppo, finché non si interverrà in questo senso il percorso potrà essere disegnato anche molto bene ma da solo non sarà sufficiente a garantire spettacolo.
Benedetto Ciccarone

Il Mont Ventoux (http://www.autoclassmagazine.com)