IL TOUR CERCA L’EQUILIBRIO, MA MANCA UN PO’ DI CRONOMETRO
Presentata a Parigi la 104a edizione del Tour de France. Partenza da Düsseldorf, transiti in Belgio e Lussemburgo prima del rientro in Francia. Una tappa sui Vosgi, due nel Giura, due sui Pirenei, una sul Massiccio Centrale e due sulle Alpi nel menù delle montagne. Poca cronometro: 13 km il primo giorno, 23 a Marsiglia, alla vigilia di Parigi.
Nella continua ricerca dell’equilibrio del percorso, rispetto allo scorso anno Christian Prudhomme ha scelto di levare. Levare salite, levare lunghe sequenze di tappe di montagne e levare chilometri a cronometro. E proprio quest’ultima è forse la modifica che convince meno, insieme al disegno di un paio di frazioni.
La Grande Boucle partirà, come noto dal 2015, da Düsseldorf, con una cronometro – poco più di un prologo – di 13 km, tutta per le vie della città del Nordrhein-Vestfalen. Una prova per specialisti, il cui vincitore avrà buone possibilità di difendere il primato anche nelle tre frazioni successive: quella che porterà la carovana in Belgio, a Liegi, schivando tutte le côtes ardennesi (per ragioni incomprensibili: altre chance per gli sprinter non mancheranno); quindi quella del rientro in Francia, dopo una puntata in Lussemburgo, con arrivo a Longwy, in cima ad uno strappo di un chilometro circa; infine quella pianeggiante di Vittel.
Le prime difficoltà altimetriche degne di nota arriveranno in anticipo rispetto alla tradizione, il quinto giorno, con il ritorno sulla Planche des Belles Filles. Frazione più simile a quella del 2012 che a quella del 2014, che si risolverà con ogni probabilità sull’ascesa finale, la sola davvero selettiva.
Seguiranno due tappe interlocutorie, a Troyes e Nuits-Saint-Georges, prima di dare l’assalto al secondo massiccio, il Giura. Sabato 8 luglio si arriverà a Les Rousses, a 10 km dalla vetta dell’ascesa di Les Molunes (11.7 km al 6.4%). Il clou sarà l’indomani, quando alla facile Côte des Neyrolles seguiranno l’inedito Col de la Biche (10.5 km al 9%), il Grand Colombier (dal versante mai scalato al Tour di Virieu-le-Petit, 8.5 km al 9.9%: quello che avrebbe nettamente migliorato la frazione 2016 di Culoz) e il Mont du Chat (8.7 km al 10.3%), di ritorno dopo oltre quarant’anni. La nota stonata risiede negli oltre trenta chilometri di piano che separano le ultime due salite, tratto allungato fra l’altro dalla discesa su Anglefort anziché su Culoz. Il traguardo sarà a Chambéry, dopo 25 km ripartiti tra discesa e pianura.
Il primo giorno di riposo verrà sfruttato per un lunghissimo trasferimento verso Ovest, prima di ripartire per altre due giornate sulla carta interlocutorie: da Périgueux a Bergerac e da Eymet a Pau. Sempre dalla “Porte des Pyrénées” partirà la traversata dei Pirenei: prima una lunga cavalcata fino a Peyragudes, scalando Ares, Menté, Balès e Peyresourde prima della breve rampa d’arrivo; quindi una tappa sprint di 100 km verso Foix, che metterà in fila Latrape, Agnes e Mur de Péguère (9.3 km al 7.9%). Rispetto al 2012, Prudhomme ha eliminato il deleterio anello intorno alla città d’arrivo che allungava gratuitamente il tratto pianeggiante finale.
Sostanzialmente pianeggiante la frazione dell’indomani, tra Blagnac e Rodez, che perpetua la tradizione delle tappe soporifere del terzo sabato. Molto meglio la quindicesima, che scavalcherà varie cime del Massiccio Centrale fino a Le Puy-en-Velay. Momento clou il Col de Peyra Taillade, 8.3 km al 7.4% con punte al 14, posto a poco più di 30 km dalla linea bianca.
Il secondo riposo e una tappa per velocisti, con arrivo a Romans-sur-Isère, permetteranno di ricaricare le batterie in vista di un rush finale che rappresenta il vero punto dolente del tracciato.
Nulla da ridire, in realtà, sulla 17a tappa, che dopo il via da La Mure proporrà Ornon, Croix-de-Fer, Télégraphe e Galibier prima della picchiata su Serre Chevalier. I guai iniziano dalla diciottesima, quella dello sbandieratissimo traguardo sull’Izoard. Cornice suggestiva che non basta a compensare il disegno assai poco ispirato, che eviterà tutte le difficoltà paventate nella anticipazioni della vigilia (tra cui il Col de Pontis), ad eccezione del Vars, proposto dal suo lato più classico ma meno arduo. Difficile, dunque, ipotizzare un copione diverso da quello che i francesi chiamano “course de côte”, con l’azione concentrata cioè sull’ultima erta.
Anche la tappa di uscita dalle Alpi, verso Salon-de-Provence, è stata semplificata il più possibile, e non sembra poter sfuggire alle grinfie dei velocisti. Ma a lasciare davvero basiti è il chilometraggio irrisorio della cronometro finale di Marsiglia: 23 km, che non appaiono sufficienti a compensare le montagne distribuite in precedenza.
Nulla potrà spostare la classica passerella parigina, che consegnerà agli albi d’oro il vincitore di un Tour non avaro di spunti di grande interesse, ma che spreca gran parte di quanto di buono seminato nelle prime due settimane e mezzo con un finale decisamente anticlimatico.
Matteo Novarini
CHILOMETRO 70: IL MONDIALE ESPLODE E SAGAN FA IL BIS
E’ stato un ventaglio aperto dai belgi al chilometro 70 a portar via il gruppo che si è andato a giocare l’edizione 2016 dei mondiali di ciclismo su strada. Eliminati dai giochi i pericolosi alemanni, belgi e italiani hanno tentato di fare la corsa ma, nella volata conclusiva, si è imposto perentoriamente Peter Sagan, che ha messo dietro anche il fortissimo velocista mannese Cavendish ed ha imitato l’impresa di Bugno del 91/92, mettendo la ciliegina su una stagione da incorniciare.
Il caldo, la distanza, il vento; queste le tre principali difficoltà di un tracciato che si presentava come un tavolo da biliardo, senza neppure un metro di salita. Una scelta certamente discutibile che ragioni di natura economica, per quanto rilevanti, non possono del tutto giustificare. Fortunatamente, ci hanno pensato i corridori a sfruttare al massimo le tre difficoltà del percorso per fare corsa dura. Ne è venuta fuori una gara emozionante, esplosa già a più di 170 Km dalla conclusione quando, su un’accelerazione dei britannici, i belgi aprono un ventaglio molto stretto che rende difficile l’ingresso, tanto che moltissimi corridori di primissimo piano, tra cui gli alfieri della corazzata tedesca, rimangono fuori, costretti ad aprire altri ventagli che provocano ulteriore selezione.
Altro aspetto da sottolineare è certamente la desolante assenza di pubblico, che solo nei pressi dell’arrivo si è minimamente animato, composto comunque di sostenitori quasi tutti europei. In un territorio come quello in cui si svolgeva la rassegna iridata non c’è la benché minima tradizione ciclistica ed era quindi del tutto prevedibile che non ci sarebbe stata una gran risposta da parte della popolazione. Anche se il deserto ed il caldo hanno dato ai più coraggiosi l’occasione di far esplodere la corsa da molto lontano, non si può comunque non ribadire la sostanziale negatività di un tracciato che tecnicamente rimane povero, anche se ha offerto momenti tattici davvero importanti e pregevoli.
Dopo l’apertura del ventaglio, infatti, la corsa ha vissuto sostanzialmente di tatticismo, con quelli davanti che andavano a tutta – tirati particolarmente dai corridori della nazionali più rappresentate, Belgio e Italia – e quelli dietro intenti ad inseguire, con il grosso del lavoro sulle spalle dei tedeschi, disturbati in continuazione dai due belgi rimasti dietro con il compito di rompere i cambi.
In definitiva, chi scrive ritiene che, nonostante la corsa di oggi si stata oggettivamente appassionante, sarebbe opportuno evitare percorsi del genere, sia per l’ambientazione singolare in relazione ad uno sport come il ciclismo, sia per la assenza totale di difficoltà altimetriche in grado di scompigliare i piani.
Passando alla cronaca, si devono registrare i primi scatti fin dal via ufficiale. Nonostante l’andatura iniziale si presentasse comunque elevata, sono Ryan Roth (Canada), Anas Ait El Abdia (Marocco), Rene Corella (Messico), Nick Dougall (Sud Africa), Natnael Berhane (Eritrea), Sergei Lagkuti (Ucraina) e Brayan Ramírez Chacón (Colombia) che riescono ad evadere dal gruppo dopo 7 chilometri di corsa. Andata via la fuga, il gruppo rallenta notevolmente, lasciando che i battistrada riescano a mettere all’attivo un vantaggio che arriva a superare gli 11 minuti. Una prima reazione la abbozza Kanstantin Siutsou (Bielorussia) che, con una accelerazione dei ritmi, comincia a erodere il vantaggio dei fuggitivi della prima ora. L’andatura sale ulteriormente in prossimità del giro di boa con il ritorno verso Doha, cambio di direzione repentino che porterà il vento laterale sulla corsa, con la conseguente probabilità di formazione di ventagli. I favoriti cercano, ovviamente, di mantenersi davanti e questo provoca l’ulteriore erosione del vantaggio dei battistrada, che cercano di resistere aumentando a loro volta i ritmi e provocando la capitolazione di Corella, che non riesce a mantenere il ritmo.
Proprio nei pressi del cambio di direzione gli inglesi impongono un’accelerazione, ma sono i belgi che, in contropiede, vanno ad aprire un ventaglio molto stretto dal quale rimane fuori l’australiano Ewan che cerca, tanto disperatamente quanto invano, di non perdere questo treno. Nulla da fare: il ventaglio è troppo stretto, chi non si è fatto trovare pronto è rimasto inesorabilmente tagliato fuori e costretto a cercare di aprire altri ventagli per inseguire. Il frazionamento è massimo e si formano numerosi gruppetti divisi da pochi secondi. Per colpa di una caduta perdono contatto Luke Durbridge (Australia), Fernando Gaviria (Colombia) e Luka Mezgec (Slovenia). Per i colombiani la caduta di Gaviria, che rimane dolorante a bordo strada, rappresenta il tramonto delle poche speranze che potevano nutrire ai nastri di partenza.
Spezzata la corsa, si fa l’appello e davanti a rispondere “presente” ci sono William Bonnet, (Francia), Oliver Naesen, Jens Keukeleire, Tom Boonen, Jasper Stuyven, Greg Van Avermaet, Jurgen Roelandts (Belgio), Mathew Hayman, Michael Matthews (Italia), Daniele Bennati, Jacopo Guarnieri, Giacomo Nizzolo, Elia Viviani (Italia), Niki Terpstra, Tom Leezer (Paesi Bassi), Edvald Boasson Hagen, Alexander Kristoff, Truls Korsaeth (Norvegia), Sam Bennett (Irlanda), Magnus Cort Nielsen (Danimarca), Peter Sagan, Michael Kolář (Slovacchia), Mark Cavendish e Adam Blythe (Gran Bretagna).
Mancano nomi altisonanti, come tutti i componenti della temuta corazzata tedesca (a partire da Degenkolb, Kittel e Greipel) e i francesi Bohuanni e Démare. L’andatura è elevatissima e, per lunghi tratti, la velocità è prossima ai 70 Km/h. In una situazione del genere un minimo problema meccanico significa la sostanziale compromissione della corsa: le vittime sono Magnus Cort Nielsen e Sam Bennett, che devono abbandonare l’allegra compagnia dell’avanguardia del gruppo, nel frattempo popolatasi dei sei battistrada iniziali, che vengono riassorbiti e cercano di rimanerne accodati.
A questo punto, la battaglia si restringe ad un duello a distanza tra il primo gruppo, che tenta di aumentare il proprio vantaggio, ed il secondo, che tenta disperatamente di rientrare. In un primo momento, il vantaggio sembrava essersi stabilizzato sui 30/40 secondi ma, quasi subito, si assesta sul minuto. Dopo l’ingresso nel circuito finale, da ripetere sette volte, il gap si allarga ulteriormente, sostanzialmente per due fattori. Infatti, davanti Belgio e Italia collaborano nel tenere un’andatura il più possibile elevata, mentre dietro i due belgi rimasti nelle retrovie cercano di favorire i sei connazionali di testa andando a rompere i cambi e provocando l’ira di Degenkolb, visibilmente contrariato, che va quasi a minacciare i due portacolori del Belgio. Il vantaggio arriva a superare i due minuti, circostanza che porta Degenkolb e Kittel a mollare il colpo ed a ritirarsi.
Nei chilometri successivi non ci sono particolari note di cronaca da segnalarfe, con il gruppo davanti che continua la marcia di avvicinamento alla fasi finali e con la tensione che comincia a trasparire fuori dai caschi e dagli occhiali.
Ci si gioca tutto all’ultimo giro, nel corso del quale quelli che hanno tirato tutto il giorno, tra cui l’ottimo Daniele Bennati, si staccano e davanti rimane un drappello più ridotto. E’ Terpstra che prova per primo a muoversi, ma il suo allungo, immediatamente stoppato da Van Avermaet, è estremamente timido e lo stesso olandese desiste immediatamente dal tentativo. L’andatura si alza ulteriormente per le trenate di quelli che voglio evitare gli scatti ed arrivare allo sprint ma, in un momento di esitazione, parte molto deciso Tom Leezer che guadagna subito qualche metro. Complice una prima indecisione su chi dovesse prendersi l’incarico di inseguire, il vantaggio aumenta fino ad arrivare ad una consistenza di oltre 150 metri. Ad un certo punto si ha l’impressione che l’olandese, che passa in testa sotto il triangolo rosso, possa farcela, ma la fatica si fa sentire e, poche centinaia di metri prima dell’arrivo, Leezer deve capitolare. Quasi in contemporanea Guarnieri cerca di lanciare la sprint di Nizzolo, che viene infilato proprio vicino alle transenne da Peter Sagan che poi va ad imporsi su Cavendish e su Tom Booonen, uno dei principali responsabili della situazione di corsa che si era venuta a creare nel deserto e, sicuramente, uno di quelli che poteva trarne i maggiori vantaggi. Il massimo risultato, però, è andato a Sagan che, pur trovandosi di fronte velocisti puri come Cavendish, ha fatto valere la maggior capacità di reggere la fatica di una corsa di 257 chilometri, disputata in un gruppo ristretto che ha corso a tutta per la maggior parte del tracciato. Alla fine, la fatica, complice anche il caldo, si è fatta sentire ed è venuta fuori la classe e la resistenza dello slovacco che non solo va a bissare il successo dell’anno scorso, come fece Bugno nei primi anni ‘90, ma corona anche una stagione da incorniciare con un Tour de France corso veramente da fuoriclasse.
Gli italiani non sono riusciti ad arricchire il nostro parco medaglie ma hanno corso con generosità, alimentando attivamente l’azione del gruppo davanti in cui erano in 4, inferiori in numero solo ai belgi. Nel finale Viviani sembrava tormentato dai crampi, mentre Nizzolo ha provato a lanciare lo sprint lungo ma, contro la brillantezza di Peter Sagan, che si è infilato in una strozzatura tra Nizzolo e le transenne, non c’è stato nulla da fare ed alla fine il campione italiano è rimasto un po’ intrappolato ed ha chiuso in quinta posizione.
E’ stato un mondiale obbiettivamente appassionante, grazie alla situazione creatasi già a 170 Km dalla conclusione ma, come si diceva in apertura, questo non è abbastanza per dare la sufficienza ad un percorso che lascia comunque molte perplessità.
Benedetto Ciccarone
ORDINE D’ARRIVO
1 Peter Sagan (Slovakia) 5:40:43
2 Mark Cavendish (Great Britain)
3 Tom Boonen (Belgium)
4 Michael Matthews (Australia)
5 Giacomo Nizzolo (Italy)
6 Edvald Boasson Hagen (Norway)
7 Alexander Kristoff (Norway)
8 William Bonnet (France)
9 Niki Terpstra (Netherlands)
10 Greg Van Avermaet (Belgium)
11 Jacopo Guarnieri (Italy)
12 Adam Blythe (Great Britain)
13 Natnael Berhane (Eritrea) 0:00:04
14 Jurgen Roelandts (Belgium) 0:00:09
15 Ryan Roth (Canada)
16 Truls Korsaeth (Norway)
17 Tom Leezer (Netherlands)
18 Nick Dougall (South Africa)
19 Michal Kolar (Slovakia) 0:00:13
20 Elia Viviani (Italy) 0:00:14
21 Mathew Hayman (Australia) 0:00:21
22 Anas Ait El Abdia (Morocco) 0:02:48
23 Oliver Naesen (Belgium) 0:04:00
24 Jasper Stuyven (Belgium)
25 Daniele Bennati (Italy)
26 Alexsandr Porsev (Russian Federation) 0:05:26
27 Aidis Kruopis (Lithuania)
28 Maximiliano Ariel Richeze (Argentina)
29 Magnus Cort Nielsen (Denmark)
30 Sven Erik Bystrom (Norway)
31 Yauheni Hutarovich (Belarus)
32 Nacer Bouhanni (France)
33 Imanol Erviti Ollo (Spain)
34 Marco Haller (Austria)
35 Yukiya Arashiro (Japan)
36 Michael Schar (Switzerland)
37 Dylan Groenewegen (Netherlands)
38 Stefan Kueng (Switzerland)
39 Juraj Sagan (Slovakia)
40 Maciej Bodnar (Poland)
41 Iljo Keisse (Belgium)
42 Andre Greipel (Germany)
43 Taylor Phinney (United States Of America)
44 Koen De Kort (Netherlands)
45 Zdenek Stybar (Czech Republic)
46 Manuel Quinziato (Italy)
47 Jens Debusschere (Belgium)
48 Dylan Van Baarle (Netherlands)
49 Ben Swift (Great Britain)
50 Mitchell Docker (Australia)
51 Zakkari Dempster (Australia) 0:05:33
52 Scott Thwaites (Great Britain)
53 Robin Carpenter (United States Of America) 0:06:03

Al termine di una gara più emozionante di quel che lasciava presagire il tracciato, Peter Sagan ''espolde'' e fa sua la maglia iridata, la seconda consecutiva dopo quella conquistata a Richmond l'anno passato (foto Tim de Waele/TDWSport.com)
16-10-2016
ottobre 16, 2016 by Redazione
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CAMPIONATI MONDIALI – GARA SU STRADA UOMINI ELITE
Lo slovacco Peter Sagan (Tinkoff) si è imposto nella gara su strada uomini elite, Aspire Zone – Doha (The Pearl Qatar), percorrendo 257.5 Km in 5h40′43″, alla media di 45.346 Km/h. Ha preceduto allo sprint il britannico Cavendish e il belga Boonen. Miglior italiano Giacomo Nizzolo (Trek – Segafredo), 5°.
GRAND PRIX CHANTAL BIYA (Camerun)
Il ruandese Jean Bosco Nsengimana (Stradalli – Bike Aid) si è imposto nella quarta ed ultima tappa, Sangmélima – Yaoundé, percorrendo 169 Km in 4h09′42″, alla media di 40.609 Km/h. Ha preceduto di 1′04″ il francese Guglielmi e di 1′06″ l’ivoriano Cissè. Il francese Martial Roman (Team Probikeshop Saint-Etienne Loire) si impone in classifica con 5″ su Guglielmi e 22″ sul camerunense Mba
DIDERIKSEN D’ORO, BASTIANELLI QUINTA
La prova in linea delle donne elite si è conclusa con una volata condotta dall’Olanda ma che ha premiato la Danimarca. La vittoria è andata ad Amalie Dideriksen sulla Wild e sulla Lepistö. Forfait mattutino della Bronzini a causa di una indisposizione.
La penultima gara in programma della rassegna iridata qatariota è iniziata con la notizia del forfait di Giorgia Bronzini che, bloccata da una indisposizione, non viene sostituita dall’atleta di riserva.
La prima parte di gara viene affrontata con una certa circospezione, con la sola giapponese Yonamine a tentare l’azione solitaria. La giapponese riesce così ad entrare nel circuito con un vantaggio di 37”sul gruppo compatto. La corsa sembra ad una svolta quando la svizzera Nicole Hanselmann riesce a portarsi sulla battistrada, ma è solo un’illusione. Nessuna delle squadre più blasonate prova a seguirne l’azione e l’unico cambiamento si ha quando la nazionale olandese comincia ad organizzarsi. Il canovaccio tipico del modo di correre delle olandesi è quello di scattare a rotazione, con l’intenzione di far alzare l’andatura del plotone e sfiancare così le avversarie, costrette ad un continuo rintuzzarne gli attacchi.
Con l’intenzione di porre un freno all’irruenza “orange”, anche le altre nazionali più accreditate cominciano ad attuare una certa marcatura stretta nella parte alta del plotone. Questi continui scatti e relativi inseguimenti, tenendo alta l’andatura, provocano solamente la più classica delle selezioni da dietro, con un continuo staccarsi di atlete impossibilitate a seguire il ritmo del plotone.
L’unico vero attacco degno di nome, escludendo quanto fatto vedere dalla giapponese in avvio, è quello portato dalla statunitense Amber Neben, che va allo scoperto ai meno 42 con la non peregrina idea di compiere l’impresa e di fare doppietta con il mondiale a cronometro conquistato pochi giorni prima.
Le buone intenzioni della battistrada si scontrano, però, con le ambizioni delle restanti componenti il plotone inseguitore. Nel frattempo l’americana accumula, a due giri dal termine, un vantaggio massimo di 50”, un gap considerevole viste anche le caratteristiche e l’esperienza della fuggitiva. La continua tattica olandese e l’inseguimento più regolare condotto da Australia e Belgio impediscono, però, alla Neben di prendere letteralmente il volo. Il suono della campana dell’ultimo giro, infatti, sancisce la fine del sogno della Neben. La situazione in gruppo, invece, non si tranquillizza in attesa della volata finale ma, al contrario, si accende. Danielle King si involta seguita prontamente da Amy Pieters e la cosa non passa inosservata alla nostra Elisa Longo Borghini che con una progressione di tutto rispetto si riporta sulla coppia di testa. Il gruppo allungato, però, segue a breve distanza e riporta tutto alla calma.
Le ultime sporadiche sparate di chi vuole evitare lo sprint non portano frutti, lasciando così in mano alle onnipresenti olandesi l’onere di organizzare il treno che avrebbe portato il gruppo all’arrivo.
Il treno arancione svolge il proprio lavoro fino in fondo ma senza fare i conti con la danese Dideriksen, che le salta tutte e, nonostante uno sprint lunghissimo, si dimostra irraggiungibile. Seconda piazza per una delusa Wil, e terzo posto per la finlandese Lepistö, bronzo anche nella prova contro il tempo.
Nelle congestionate fasi che hanno preceduto la volata, nel tentativo di prendere la ruota migliore le ragazze azzurre hanno corso un bel rischio. Elena Cecchini e Marta Bastianelli si sono, infatti, sfiorate ai meno 1500 perdendo entrambe un pedale, con la prima che ha anche rischiato di cadere. Tutto però è rientrato nella normalità e ciò non ha impedito alla Bastianelli, velocista deputata al ruolo di capitano dopo il forfait della Bronzini, di battezzare la ruota giusta. La campionessa mondiale di Stoccarda 2007 ha mancato, però, di esplosività nel momento topico, raccogliendo comunque un più che onorevole quinto posto. Nulla da imputare, quindi, alle ragazze di Dino Salvoldi, che nonostante abbiano corso “sottotraccia” sono sempre state presenti nelle zone calde del plotone.
Mario Prato
ORDINE D’ARRIVO
1 Amalie Dideriksen (Denmark) 3:10:27
2 Kirsten Wild (Netherlands)
3 Lotta Lepistö (Finland)
4 Elizabeth Deignan (Great Britain)
5 Marta Bastianelli (Italy)
6 Roxane Fournier (France)
7 Chloe Hosking (Australia)
8 Sheyla Gutierrez Ruiz (Spain)
9 Joelle Numainville (Canada)
10 Jolien D’hoore (Belgium)
11 Emilie Moberg (Norway)
12 Lisa Brennauer (Germany)
13 Katarzyna Pawlowska (Poland)
14 Leah Kirchmann (Canada)
15 Christine Majerus (Luxembourg)
16 Coryn Rivera (United States Of America)
17 Sara Mustonen (Sweden)
18 Mia Radotic (Croatia)
19 Rasa Leleivyte (Lithuania)
20 Barbara Guarischi (Italy) 0:00:04
21 Miho Yoshikawa (Japan)
22 Marianne Vos (Netherlands)
23 Alison Jackson (Canada)
24 Jelena Eric (Serbia)
25 Barbora Prudkova (Czech Republic)
26 Ashleigh Moolman-Pasio (South Africa)
27 Megan Guarnier (United States Of America)
28 Christina Perchtold (Austria)
29 Carmen Small (United States Of America)
30 Alexis Ryan (United States Of America)
31 Eugenia Bujak (Poland)
32 Amy Pieters (Netherlands)
33 Polona Batagelj (Slovenia)
34 Alena Amialiusik (Belarus)
35 Katarzyna Niewiadoma (Poland)
36 Maria Giulia Confalonieri (Italy)
37 Aude Biannic (France) 0:00:12
38 Nicolle Bruderer (Guatemala)
39 Katrine Aalerud (Norway)
40 Olena Pavlukhina (Azerbaijan)
41 Samantha Sanders (South Africa)
42 Diana Peñuela (Colombia)
43 Ganna Solovei (Ukraine)
44 Yusseli Mendivil (Mexico)
45 Ursa Pintar (Slovenia)
46 Alice Barnes (Great Britain)
47 Julie Leth (Denmark)
48 Tiffany Cromwell (Australia)
49 Emma Johansson (Sweden)
50 Chantal Blaak (Netherlands)
51 Katrin Garfoot (Australia)
52 Stephanie Pohl (Germany)
53 Annemiek Van Vleuten (Netherlands)
54 Natalya Saifutdinova (Kazakhstan)
55 Sara Penton (Sweden) 0:00:18
56 Dani King (Great Britain)
57 Eileen Roe (Great Britain)
58 Heidi Dalton (South Africa)
59 Cecilie Gotaas Johnsen (Norway)
60 Ting Ying Huang (Chinese Taipei)
61 Emilia Fahlin (Sweden)
62 Cecilie Uttrup Ludwig (Denmark)
63 Sarah Rijkes (Austria)
64 Yumi Kajihara (Japan)
65 Alicia Gonzalez Blanco (Spain)
66 Kaat Van Der Meulen (Belgium)
67 Chantal Hoffmann (Luxembourg)
68 Valerie Demey (Belgium)
69 Lauren Kitchen (Australia) 0:00:22
70 Romy Kasper (Germany)
71 Karol-Ann Canuel (Canada)
72 Mieke Kroeger (Germany)
73 Trixi Worrack (Germany) 0:00:27
74 Tatiana Guderzo (Italy)
75 Lotte Kopecky (Belgium) 0:00:30
76 Hannah Barnes (Great Britain) 0:00:39
77 Olga Shekel (Ukraine)
78 Rosa Törmänen (Finland)
79 Abby-Mae Parkinson (Great Britain)
80 Lisa Klein (Germany)
81 Elise Maes (Luxembourg)
82 Annasley Park (Great Britain)
83 Lauren Stephens (United States Of America)
84 Anna Plichta (Poland)
85 Ellen Van Dijk (Netherlands)
86 Eri Yonamine (Japan)
87 Anna Van Der Breggen (Netherlands) 0:01:00
88 Audrey Cordon (France)
89 Elisa Longo Borghini (Italy)
90 Elena Cecchini (Italy)
91 Sara Bergen (Canada)
92 Gracie Elvin (Australia)
93 Roxane Knetemann (Netherlands) 0:01:43
94 Sofie De Vuyst (Belgium)
95 Anisha Vekemans (Belgium) 0:02:30
96 Wehazit Kidane (Eritrea) 0:03:42
97 Zhao Juan Meng (Hong Kong, China)
98 Amber Neben (United States Of America) 0:06:46
99 Sarah Roy (Australia)
100 Eugénie Duval (France)
101 Nicole Hanselmann (Switzerland) 0:10:31
102 Alba Teruel Ribes (Spain)
103 Paz Bash (Israel) 0:11:48

La danese Dideriksen sconfigge la nazionale olandese nella prova mondiale riservata alle donne elite (Tim de Waele/TDWSport.com)
15-10-2016
ottobre 15, 2016 by Redazione
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CAMPIONATI MONDIALI – GARA SU STRADA DONNE ELITE
La danese Amalie Dideriksen (Boels – Dolmans Cycling Team) si è imposta nella gara su strada donne elite, Qatar Foundation – Doha (The Pearl Qatar), percorrendo 134.5 Km in 3h10′27″, alla media di 42.373 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’olandese Wild e la finlandese Lepistö. Migliore italiana Marta Bastianelli (Alé Cipollini), 5°.
GRAND PRIX CHANTAL BIYA (Camerun)
Il marocchino Soufiane Sahbaoui si è imposto nella terza tappa, Ngolbang – Meyomessala, percorrendo 131 Km in 3h27′09″, alla media di 37.944 Km/h. Ha preceduto di 4″ il ruandese Byukusenge e di 8″ l’ivoriano Cissé. Il francese Martial Roman (Team Probikeshop Saint-Etienne Loire) è il nuovo leader della classifica con 12″ sul camerunense Mba e 51″ sul connazionale Guglielmi.
JUNIORES: PER GLI AZZURRI MONDIALE DOLCEAMARO
Dopo la vittoria di Elisa Balsamo nella prova femminile arriva il quarto posto di Luca Mozzato in una gara dominata dal danese Egholm.
Per l’Italia la giornata dedicata alle corse juniores era iniziata con il sorriso. Questa mattina, infatti, le strade di Doha si erano tinte di azzurro con la volata imperiosa di Elisa Balsamo a coronamento di un lavoro di squadra che lei stessa si impegnerà a sottolineare: “Questo è il nostro Mondiale” – dirà – “non solo mio, devo ringraziare le mie compagne, siamo una squadra fantastica”. Fantastica è proprio l’aggettivo giusto per descrivere la presenza di quattro atlete su cinque nel drappello di una cinquantina di unità che è arrivato a giocarsi lo sprint. Tra queste c’era anche Lisa Morzenti, fresca di argento nella gara a cronometro, la quale si staccherà dopo aver dato la sua trenata. Il resto è stata Elisa a farlo, piazzando una volata perentoria che non ha lasciato scampo a Skylar Schneider (USA) e Susanne Andersen (NOR).
Nel pomeriggio si è corsa la gara maschile, molto tirata fin da subito, che si è conclusa con la vittoria del danese Jakob Egholm, il quale è giunto al traguardo con 7” sui 16 corridori gettati al suo inseguimento. Si è trattato di una vittoria preparata dalla sua squadra, che aveva piazzato Johansen ad animare il gruppo, dopo che a sei giri dal termine erano stati ripresi Van Moer (BEL), Schelling (NED) e Habtom (ERITREA). Assieme a lui si sono alternati al comando Brunel (FRA) e McNulty (USA), i quali avevano creato molto scompiglio riuscendo, ad un certo punto, a portare via ben venti atleti. All’ultimo giro è stato proprio Egholm, con il compagno di nazionale, ad allungare prima di essere ripreso da Brunel. Un ultimo tentativo di Egholm ai meno cinque ha poi deciso la corsa e nessuno è più riuscito a ricucire. Gli inseguitori hanno così potuto giocarsi in volata solo le piazze d’onore: Markl (GER) e Muller (SUI) hanno completato il podio con grande amarezza azzurra per Mozzato che è giunto quarto e ha dovuto guardare il podio dal basso.
Andrea Mastrangelo

Elisa Balsamo si impone nella gara riservata alle donne junior (Getty Images Sport)
14-10-2016
ottobre 14, 2016 by Redazione
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CAMPIONATI MONDIALI – GARA SU STRADA DONNE JUNIOR
L’italiana Elisa Balsamo (Valcar – PBM) si è imposta nella gara su strada donne junior, circuito di Doha (The Pearl Qatar), percorrendo 74.5 Km in 1h53′04″, alla media di 39.534 Km/h. Ha preceduto allo sprint la statunitense Schneider e la norvegese Andersen.
CAMPIONATI MONDIALI – GARA SU STRADA UOMINI JUNIOR
Il danese Jakob Egholm (Team Roskilde Jun) si è imposto nella gara su strada uomini junior, circuito di Doha (The Pearl Qatar), percorrendo 135.5 Km in 2h58′19″, alla media di 45.593 Km/h. Ha preceduto di 7″ il tedesco Märkl e l’elvetico Müller. Miglior italiano Luca Mozzato (Contri Autozai Ttnk Sport), 4°.
GRAND PRIX CHANTAL BIYA (Camerun)
Il francese Martial Roman (Team Probikeshop Saint-Etienne Loire) si è imposto nella seconda tappa, Yaoundé – Ebolowa, percorrendo 155 Km in 3h47′43″, alla media di 40.840 Km/h. Ha preceduto di 3″ il connazionale Guglielmi e di 4″ il camerunense Tella. L’elvetico Dimitri Bussard (Cyclophile Lausannois) è il nuovo leader della classifica con 28″ su Guglielmi e 34″ su Roman
13-10-2016
ottobre 13, 2016 by Redazione
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CAMPIONATI MONDIALI – GARA SU STRADA UOMINI U23
Il norvegese Kristoffer Halvorsen (Team Joker – Byggtorget) si è imposto nella gara su strada uomini U23, circuito di Doha (The Pearl Qatar), percorrendo 166 Km in 3h40′53″, alla media di 45.092 Km/h. Ha preceduto allo sprint il tedesco Ackermann e l’italiano Jakub Mareczko (Wilier – Southeast).
GRAND PRIX CHANTAL BIYA (Camerun)
L’ivoriano Issiaka Cissé (SC Nice Jollywear) si è imposto nella prima tappa, Yaoundé – Bafia, percorrendo 122 Km in 2h52′07″, alla media di 42.529 Km/h. Ha preceduto di 5″ l’elvetico Bussard e di 13″ il francese Gery. Cissé è il primo leader della classifica con 5″ su Bussard e 13″ su Gery
TITOLO UNDER 23 A HALVORSEN, MARECZKO BRONZO
Il norvegese conquista l’oro al termine di una gara prevedibilmente risoltasi allo sprint. Rimontato negli ultimi metri il tedesco Ackermann, argento. L’Italia, dopo una gara di rimessa, sale sul podio con Jakub Mareczko, la cui rimonta si ferma ad una ruota dal titolo.
Una brutta tappa del Tour de France: questo il termine di paragone naturale per la prova in linea Under 23 dei Mondiali di Doha, risultata anche all’atto pratico monotona e scontata come il percorso lasciava presagire. Gli ingredienti sono stati gli stessi della più classica delle tappe per velocisti della prima settimana di Grande Boucle, del genere che anche ASO cerca ormai di ridurre al minimo: una fuga abbastanza corposa e con un numero di nazioni rappresentate sufficientemente elevato da prendere il largo, ma non tale da mettere a rischio il ricongiungimento; un inseguimento pianificato alla perfezione dal gruppo, rientrato sugli attaccanti a 10 km circa dal traguardo; qualche chilometro di battaglia fra i treni prima dello sprint, primo ed ultimo momento saliente.
Il titolo è andato a Kristoffer Halvorsen, capace di capitalizzare al meglio il massiccio lavoro svolto in precedenza dalla nazionale norvegese. Quest’ultima è stata infatti tra le più attive inseguitrici di Pascal Eenkhoorn (Olanda), Amanuel Gebrezgabihier (Eritrea) e Nuno Bico (Portogallo), promotori della fuga di giornata, e dei sei atleti aggregatisi successivamente: Patrick Muller (Svizzera) e Brian Gomez (Colombia) prima, Michael O’Loughlin (Irlanda), Greg Daniel (Usa), Jean Claude Uwizeye (Ruanda) e Mahdi Rajabikaboodcheshmeh (Iran) poi.
Alla Norvegia si sono affiancate soprattutto Gran Bretagna, Kazakistan e Germania, quest’ultima ripagata dall’argento di Pascal Ackermann, che ha beneficiato del treno meglio organizzato. Medaglia prestigiosa ma dal leggero retrogusto amaro, poiché fino a pochi metri dall’arrivo il metallo era quello più pregiato.
Ackermann è stato alla fine diviso da Halvorsen da poco più di mezza ruota; e poco maggiore è stato lo scarto che ha separato dal titolo Jakub Mareczko, autore di una grande ma tardiva rimonta. L’Italia, priva negli ultimi due giri del ritirato Filippo Ganna, di fatto già fuori gioco dopo una caduta nelle battute iniziali, ha corso quasi esclusivamente di rimessa, facendosi però trovare pronta nelle posizioni di vertice al momento clou. Consonni ha ben pilotato Mareczko, che è stato forse penalizzato dal lancio relativamente tardivo della volata, partita non prima degli ultimi 200 metri.
Il caldo è stato ancora una volta protagonista, senza però produrre danni evidenti. Maggiori sono stati quelli provocati dalle tante rotonde e curve disseminate lungo il circuito, la cui pericolosità è stata accentuata dalla presenza massiccia di atleti forse poco abituati a gareggiare in gruppi tanto numerosi (188 gli iscritti, 186 i partenti). Scollegata da questo discorso la caduta che, a sprint ormai quasi lanciato, ha tagliato fuori Christophe Noppe, leader della nazionale belga.
Sebbene la gara Under 23 e quella élite abbiano spesso poco da spartire, la sensazione è che solo il vento possa impedire una pressoché esatta replica dello (scadente) spettacolo odierno domenica pomeriggio. Fondamentale, in tal senso, sarà il tratto di gara da percorrere nel deserto. Una volta entrati sul circuito, lo spazio per inventarsi qualcosa sarà scarso o inesistente.
Matteo Novarini
CLASSIFICA
1 Kristoffer Halvorsen (Norway) 3:40:53
2 Pascal Ackermann (Germany)
3 Jakub Mareczko (Italy)
4 Phil Bauhaus (Germany)
5 Amund Grondahl Jansen (Norway)
6 Jason Lowndes (Australia)
7 Ivan Garcia Cortina (Spain)
8 Aksel Nommela (Estonia)
9 Jonathan Dibben (Great Britain)
10 Alan Banaszek (Poland)
11 Mads Pedersen (Denmark)
12 Alvaro Jose Hodeg Chagui (Colombia)
13 Erik Baska (Slovakia)
14 Fabio Jakobsen (Netherlands)
15 Cees Bol (Netherlands)
16 Colin Joyce (United States Of America)
17 Sebastian Molano (Colombia)
18 Dusan Rajovic (Serbia)
19 Hugo Hofstetter (France)
20 Merhawi Kudus Ghebremedhin (Eritrea)
12-10-2016
ottobre 12, 2016 by Redazione
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CAMPIONATI MONDIALI – CRONOMETRO UOMINI ELITE
Il tedesco Tony Martin (Etixx – Quick Step) si è imposto nella cronometro uomini elite, Losail Sports Complex – Doha (The Pearl Qatar), percorrendo 40 Km in 44′42″, alla media di 53.691 Km/h. Ha preceduto di 45″ il bielorusso Kiryienka e di 1′10″ lo spagnolo Castroviejo Nicolás. Unico italiano in gara Manuel Quinziato (BMC Racing) 22° a 2′39″