IL TOUR CERCA L’EQUILIBRIO, MA MANCA UN PO’ DI CRONOMETRO

ottobre 18, 2016
Categoria: News

Presentata a Parigi la 104a edizione del Tour de France. Partenza da Düsseldorf, transiti in Belgio e Lussemburgo prima del rientro in Francia. Una tappa sui Vosgi, due nel Giura, due sui Pirenei, una sul Massiccio Centrale e due sulle Alpi nel menù delle montagne. Poca cronometro: 13 km il primo giorno, 23 a Marsiglia, alla vigilia di Parigi.

Nella continua ricerca dell’equilibrio del percorso, rispetto allo scorso anno Christian Prudhomme ha scelto di levare. Levare salite, levare lunghe sequenze di tappe di montagne e levare chilometri a cronometro. E proprio quest’ultima è forse la modifica che convince meno, insieme al disegno di un paio di frazioni.
La Grande Boucle partirà, come noto dal 2015, da Düsseldorf, con una cronometro – poco più di un prologo – di 13 km, tutta per le vie della città del Nordrhein-Vestfalen. Una prova per specialisti, il cui vincitore avrà buone possibilità di difendere il primato anche nelle tre frazioni successive: quella che porterà la carovana in Belgio, a Liegi, schivando tutte le côtes ardennesi (per ragioni incomprensibili: altre chance per gli sprinter non mancheranno); quindi quella del rientro in Francia, dopo una puntata in Lussemburgo, con arrivo a Longwy, in cima ad uno strappo di un chilometro circa; infine quella pianeggiante di Vittel.
Le prime difficoltà altimetriche degne di nota arriveranno in anticipo rispetto alla tradizione, il quinto giorno, con il ritorno sulla Planche des Belles Filles. Frazione più simile a quella del 2012 che a quella del 2014, che si risolverà con ogni probabilità sull’ascesa finale, la sola davvero selettiva.
Seguiranno due tappe interlocutorie, a Troyes e Nuits-Saint-Georges, prima di dare l’assalto al secondo massiccio, il Giura. Sabato 8 luglio si arriverà a Les Rousses, a 10 km dalla vetta dell’ascesa di Les Molunes (11.7 km al 6.4%). Il clou sarà l’indomani, quando alla facile Côte des Neyrolles seguiranno l’inedito Col de la Biche (10.5 km al 9%), il Grand Colombier (dal versante mai scalato al Tour di Virieu-le-Petit, 8.5 km al 9.9%: quello che avrebbe nettamente migliorato la frazione 2016 di Culoz) e il Mont du Chat (8.7 km al 10.3%), di ritorno dopo oltre quarant’anni. La nota stonata risiede negli oltre trenta chilometri di piano che separano le ultime due salite, tratto allungato fra l’altro dalla discesa su Anglefort anziché su Culoz. Il traguardo sarà a Chambéry, dopo 25 km ripartiti tra discesa e pianura.
Il primo giorno di riposo verrà sfruttato per un lunghissimo trasferimento verso Ovest, prima di ripartire per altre due giornate sulla carta interlocutorie: da Périgueux a Bergerac e da Eymet a Pau. Sempre dalla “Porte des Pyrénées” partirà la traversata dei Pirenei: prima una lunga cavalcata fino a Peyragudes, scalando Ares, Menté, Balès e Peyresourde prima della breve rampa d’arrivo; quindi una tappa sprint di 100 km verso Foix, che metterà in fila Latrape, Agnes e Mur de Péguère (9.3 km al 7.9%). Rispetto al 2012, Prudhomme ha eliminato il deleterio anello intorno alla città d’arrivo che allungava gratuitamente il tratto pianeggiante finale.
Sostanzialmente pianeggiante la frazione dell’indomani, tra Blagnac e Rodez, che perpetua la tradizione delle tappe soporifere del terzo sabato. Molto meglio la quindicesima, che scavalcherà varie cime del Massiccio Centrale fino a Le Puy-en-Velay. Momento clou il Col de Peyra Taillade, 8.3 km al 7.4% con punte al 14, posto a poco più di 30 km dalla linea bianca.
Il secondo riposo e una tappa per velocisti, con arrivo a Romans-sur-Isère, permetteranno di ricaricare le batterie in vista di un rush finale che rappresenta il vero punto dolente del tracciato.
Nulla da ridire, in realtà, sulla 17a tappa, che dopo il via da La Mure proporrà Ornon, Croix-de-Fer, Télégraphe e Galibier prima della picchiata su Serre Chevalier. I guai iniziano dalla diciottesima, quella dello sbandieratissimo traguardo sull’Izoard. Cornice suggestiva che non basta a compensare il disegno assai poco ispirato, che eviterà tutte le difficoltà paventate nella anticipazioni della vigilia (tra cui il Col de Pontis), ad eccezione del Vars, proposto dal suo lato più classico ma meno arduo. Difficile, dunque, ipotizzare un copione diverso da quello che i francesi chiamano “course de côte”, con l’azione concentrata cioè sull’ultima erta.
Anche la tappa di uscita dalle Alpi, verso Salon-de-Provence, è stata semplificata il più possibile, e non sembra poter sfuggire alle grinfie dei velocisti. Ma a lasciare davvero basiti è il chilometraggio irrisorio della cronometro finale di Marsiglia: 23 km, che non appaiono sufficienti a compensare le montagne distribuite in precedenza.
Nulla potrà spostare la classica passerella parigina, che consegnerà agli albi d’oro il vincitore di un Tour non avaro di spunti di grande interesse, ma che spreca gran parte di quanto di buono seminato nelle prime due settimane e mezzo con un finale decisamente anticlimatico.

Matteo Novarini

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