A MENDRISIO UN CAST HOLLYWOODIANO

settembre 25, 2009 by Redazione  
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Andiamo a scoprire i pretendenti alla maglia iridata nella gara in linea uomini élite di domenica 27, sul durissimo circuito di Mendrisio. Dal campione in carica Alessandro Ballan a Damiano Cunego, da Alejandro Valverde a Samuel Sanchez, da Andy Schleck a Philippe Gilbert: una gamma di favoriti che, forse, negli ultimi anni non è mai stata così vasta.

Limitandosi a scorrere l’albo d’oro recente del Campionato del Mondo, la gara in linea maschile di domenica 27 parrebbe un duello tra Italia e Spagna: dal 2001 in poi, solamente Tom Boonen è riuscito a spezzare il monotono alternarsi di Tricolore e Rojagualda (la bandiera nazionale spagnola), imponendosi proprio a Madrid nel 2005. Per il resto, nelle ultime otto edizioni, il successo ha arriso quattro volte agli azzurri (Cipollini nel 2002, Bettini nel 2006 e nel 2007, Ballan lo scorso anno) e tre agli iberici (Freire nel 2001 e nel 2004, Astarloa nel 2003). In realtà, basta dare un’occhiata al profilo del circuito di Mendrisio, tanto breve (meno di 14 km) quanto impegnativo (due salite vere), e alla start list per rendersi conto che mai come quest’anno è numerosa la schiera di squadre che possono dire la loro per la maglia iridata: oltre alle due già citate, che partono comunque favorite, partono con ambizioni più o meno legittime Belgio, Lussemburgo, Svizzera, Norvegia, Russia, Australia, Francia, Olanda e forse altre.

Partiamo dagli azzurri di Franco Ballerini, in quanto detentori del titolo iridato. L’uomo di punta sarà Damiano Cunego, già favorito nella corsa ai gradi di capitano, lasciati vacanti da Paolo Bettini, prima della Vuelta, dove con due successi di tappa si è definitivamente guadagnato lo status di leader. Il veronese, che per la seconda stagione consecutiva è uscito dalla crisi esistenziale estiva (per la verità anche primaverile, visti i risultati così così sulle Ardenne e il tragico Giro d’Italia) proprio in vista dell’appuntamento mondiale, avrà dalla sua il fatto di essersi ritirato alla Vuelta qualche giorno prima di Madrid, mentre chi lottava per la greaduatoria generale sparava le ultime cartucce. Inoltre, Cunego ha potuto correre in maniera molto più coperta e tranquilla rispetto a Valverde, Sanchez & co., non avendo mai nutrito ambizioni di classifica. Il corridore della Lampre non dovrebbe neppure soffrire della strettissima marcatura a uomo che lo scorso anno negò forse a Bettini uno storico tris iridato, ma che fece la fortuna di Alessandro Ballan; un po’ perché non parte come uomo faro, come il livornese un anno fa, un po’ perché Varese ha probabilmente insegnato alle altre formazioni a non sottovalutare le “seconde punte”.

Ballan e Cunego, il campione del mondo uscente e il più accreditato tra gli italiani per ereditarne il titolo, in perlustrazione sulla salita di Novazzano (www.lampre-ngc.com)

Ballan e Cunego, il campione del mondo uscente e il più accreditato tra gli italiani ad ereditarne il titolo, in perlustrazione sulla salita di Novazzano (www.lampre-ngc.com)

Il naturale avversario di Cunego sarebbe Alejandro Valverde, fresco vincitore dell’ultimo Grande Giro della stagione. Un punto sfavore del murciano è certamente rappresentato dal maggiore impegno profuso in Spagna, per sfatare il tabù legato ai GT, per quanto la corsa non sia stata certamente massacrante. Gioca però a suo favore lo straordinario spunto veloce, probabilmente superiore anche a quello di Cunego, che lo renderebbe il favorito numero uno in caso di arrivo in gruppetto.

Oltre ai due atleti più attesi, Italia e Spagna potranno contare su uno straordinario lotto di alternative. In casa Italia, alternativa di lusso (quando non co-capitano) sarà Alessandro Ballan, campione uscente, fino a questo momento molto meno brillante della passata stagione (causa citomegalovirus), ma apparso in ripresa sin dal Tour, e vincitore del Giro della Polonia in agosto. Oltre all’uomo Lampre, Ballerini avrà a disposizione il campione d’Italia Filippo Pozzato e Ivan Basso, 4° alla Vuelta. A sfavore del primo giocano lo spaventoso numero di giorni di gara già nelle gambe e il percorso molto duro; il secondo ha un passo che pochi possono reggere in salita, ma paga il modesto cambio di ritmo e lo spunto veloce che gli impedirebbe di vincere in un qualsiasi arrivo non in solitaria, fosse anche una volata a due con Leipheimer.

La risposta spagnola a Ballan, cioè un corridore che non parte da capitano ma ha tutte le carte in regola per vincere, è il campione olimpico, Samuel Sanchez, uscito forse meglio di tutti dalla Vuelta, chiusa alle spalle di Valverde. In più, gli iberici schierano il miglior “terzo uomo” (per dirla con Graham Greene) del lotto, Joaquin Rodriguez, 7° alla Vuelta, quest’anno già 2° dietro Andy Schleck alla Liegi. Paradossalmente, potrebbe rappresentare quasi un problema per la Spagna la presenza di un quarto asso, il tre volte iridato Oscar Freire. Il corridore di Torrelavega, pur vantando una resistenza in salita molto superiore di quella di qualsiasi altro velocista, avrebbe comunque bisogno di una corsa poco selettiva per poter pensare di reggere su un circuito come quello elvetico; esigenza che si scontrerebbe però con quella degli altri tre pezzi da novanta della squadra, che avrebbero tutto l’interesse a far corsa dura, per poter creare una probabile superiorità numerica nel gruppo di testa. Il discorso cadrebbe ovviamente se Freire venisse impiegato come gregario, ma dubitiamo che la sua convocazione vada letta in questo senso, dal momento che tale compito sarebbe probabilmente più adatto, ad esempio, a Juan Antonio Flecha, lasciato invece a casa.

Negli ultimi anni, il terzo incomodo tra Italia e Spagna è sempre stato rappresentato dal Belgio, che tentava di addormentare la corsa per favorire lo sprint di Tom Boonen. Quest’anno, malgrado il tre volte re delle pietre sia ancora al via, è invece probabile che i gradi di capitano vadano a Philippe Gilbert, in assenza di Devolder, cui è costata carissima la deludente prova alla Vuelta. Proprio parlando di Vuelta, non si può non fare cenno alle indicazioni quanto mai contraddittorie venute dallo stesso Gilbert, capace di lampi di classe abbaglianti nelle tappe di Xativa e Avila, ma vittima di un’altrettanto impressionante crisi nella seconda occasione. Ad ogni modo, il corridore della Silence – Lotto fa paura.

Ne fanno invece meno le alternative, su tutti Van Avermaet, meno veloce di Boonen ma più resistente su percorsi impegnativi, e Nuyens, il cui ultimo successo di un certo prestigio risale ormai al 2007 (una tappa all’Eneco Tour).

La difficoltà del circuito di Mendrisio, probabilmente il più duro da Duitama ’95, potrebbe paradossalmente aprire le porte del titolo iridato ad alcuni uomini che altrimenti avrebbero avuto poco da dire, a causa di uno scarso spunto veloce. Se la corsa dovesse essere impostata su ritmi elevati, scalerebbe parecchie posizioni nella graduatoria dei favoriti Andy Schleck, inesistente e ritiratosi alla Vuelta, orfano dell’infortunato Frank, ma che, avesse la gamba del Tour e della Liegi, rischierebbe seriamente di lasciare tutti sul posto e andarsi a prendere in solitaria la maglia iridata. Anche in caso di gara meno selettiva del previsto, il Lussemburgo sarà comunque coperto, schierando al via Kim Kirchen, osso durissimo in salita e temibilissimo in uno sprint ristretto.

Un discorso simile a quello fatto per Andy Schleck vale per Cadel Evans. L’australiano non ha certamente nelle gambe le progressioni letali del vincitore dell’ultima Liegi, ma è uscito con una condizione invidiabile dalla Vuelta, chiusa con un 3° posto che sarebbe stato come minimo 2° senza il tragicomico problema meccanico nella tappa di Sierra Nevada, e in un eventuale sprint ristretto sarebbe lento, ma non piantato come Andy.

Fosse uscito diversamente dalla Vuelta, andrebbe inserito in questo novero anche Robert Gesink, che è però stato vittima di una caduta che gli è costata il podio in terra iberica, e che rischia di infrangere i suoi sogni di gloria già prima del via.

Osservati speciali saranno Roman Kreuziger, apparso in crescendo in Spagna, Sylvain Chavanel, vincitore quest’anno della Parigi – Nizza e apparso brillante all’Eneco Tour (anche se rischia di dover dividere i gradi di capitano con Fedrigo), e Alexander Vinokourov, per quanto l’interesse attorno a lui sia dovuto più a vicende passate che all’attuale competitività. Attenzione anche alla compattissima squadra russa, che avrà in Ivanov e Kolobnev le vere punte di diamante, ma che disporrà di una schiera di seconde linee di lusso quali Gusev e Brutt.

Abbiamo sin qui più volte ribadito la durezza del percorso svizzero, tale da farci ritenere plausibili anche arrivi solitari. La storia recente dei Campionati del Mondo ci insegna però l’importanza di non sopravvalutare i circuiti. In occasione dell’ultimo Mondiale elvetico, a Lugano, nel 1996, su un tracciato dalle caratteristiche non dissimili da quello di quest’anno, il successo andò a Johan Musseuw, certamente un fuoriclasse, ma altrettanto certamente non uno scalatore. Tre e otto anni più tardi, nelle due edizioni veronesi, Oscar Freire vinse su un circuito ritenuto fuori dalla portata dei velocisti. Perciò, guai a non prestare un po’ di attenzione a Boasson Hagen, enfant prodige norvegese con già dodici successi all’attivo quest’anno, e Matti Breschel, 2° un anno fa. Ma soprattutto, sarà bene fare in modo di eliminare dalla partita entro l’ultima salita Fabian Cancellara, che ha dichiarato di puntare soprattutto al titolo in linea. Il bernese non è probabilmente al livello dei migliori in salita, né possiede uno sprint pari a quello di Cunego e Valverde, ma, dovesse rimanere davanti fino alla fine, replicare ad una sua sparata all’ultimo chilometro potrebbe risultare impossibile.

Insomma, il lotto dei possibili vincitori appare quanto mai vasto, soprattutto perché l’esito della corsa dipenderà in gran parte da come verrà interpretata. Quello di Mendrisio non è un circuito talmente duro da tagliar fuori a priori il 90% dei corridori (come poteva essere Duitama), ma sarà necessario affrontarlo molto piano per consentire ai velocisti di essere della partita (a differenza, per esempio, di Salisburgo e Verona). Mai come questa volta, insomma, la corsa la faranno i corridori; la speranza è che più e meglio di tutti possano farla gli azzurri. Anche perché per le prossime due edizioni, Melborune e Copenaghen, molto più agevoli, il canovaccio sembra già definito: tutti a cercare di levare di mezzo Mark Cavendish, prima che possa demolire tutti allo sprint.

Matteo Novarini

24-09-2009

settembre 25, 2009 by Redazione  
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MENDRISIO 2009 – CRONOMETRO UOMINI ELITE
Lo svizzero Fabian Cancellara ha vinto la crono iridata, percorrendo 49,8 Km in 57′55″, alla media di 51,591 km/h. Ha preceduto di 1′27″ lo svedese Larsson e di 2′30″ il tedesco Martin. Unico italiano in gara, Marco Pinotti si è piazzato 5° a 3′02″.

CANCELLARA: E IL TEMPO SI ARRENDE

settembre 25, 2009 by Redazione  
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Confermate in pieno le indicazioni provenienti dalle gare di ieri, in una cronometro ostica e complicata ma (quasi all’opposto di quanto non accada nelle gare in linea) tanto più disposta a concedersi senza mezzi termini al più forte.

Il primo, Cancellara: non è nemmeno una notizia. Da quattro anni in qua le lancette fanno centro indicando un uomo solo nel mezzo del quadrante, lo svizzero Fabian. Quando non è stata iride è perché l’oro era già arrivato alle Olimpiadi. Dopo l’eccezione dell’anno olimpico, la cui “tregua” spezzava e assieme scandiva il corso regolare del tempo fin dall’antichità, Chronos ha ripreso il proprio passo ritmato intonando il solo nome dello svizzero e tornando a erodere i nomi del “podio in carica”, Grabsch (oggi decimo), Tuft (quindicesimo) e infine Zabriskie, restio a tornare in Europa e pertanto sostituito curiosamente nell’altissima classifica da un’altra zeta, quella di Zirbel, ragazzone cresciuto tra Colorado e Iowa e che fino a quattro anni fa consegnava pizze (ma dopotutto, non è forse questo il sogno americano?). Già era giunto vicino a Larsson e davanti a Pinotti in Missouri, e questo forse sminuisce la sorpresa, ma pensare che un 31enne pressoché senza risultati sfiori il podio in una cronometro del genere resta bizzarro.
Cancellara ha frantumato il percorso e smaterializzato gli avversari, al punto di potersi permettere di alzarsi a gioire ai meno trecento metri come si fa in genere solo nelle gare in linea, dove è lo sguardo a confortare sull’assenza di avversari in agguato. Ma la superiorità di Fabian oggi era tale da non ammettere repliche, in una gara così assoluta che gli altri – i tre avversari superati lungo il percorso – nemmeno esistevano.
Detto quindi del fenomeno di giornata, del trionfatore unico – come già si era visto nelle gare femminili e degli Under – e detto anche della sorpresa (qui quarto invece che secondo), eccoci a ribadire l’importanza di un fattore già rilevato nella scorsa tornata di prove: l’importanza fondamentale di un riferimento, che consentiva e ha consentito pure oggi ad atleti ripresi di acquisire indirettamente il passo di chi, migliore, li aveva agguantati; il caso più eclatante odierno è stato quello di Larsson, oltretutto compagno di team commerciale di Cancellara, che ripreso dallo svizzero si è giovato della compagnia di questi fino a ottenere un secondo posto non così ovvio alla vigilia.
Molto altalenante ma convincente la prova di Tony Martin, arrivato letteralmente distrutto con un finale al fulmicotone dopo aver pagato la fatica nel giro centrale e sull’ultima ascesa. A quanto pare, l’apprendistato nei grandi giri dà i propri frutti anche in una prova isolata e di specialità.
Il tracciato particolarmente esigente ha messo fuori gioco molti macisti del cronometro monodose, (oltre al già citato Grabsch anche Rabon o Lang, tanto per fare un paio di nomi) mentre è emersa la qualità di corridori che hanno nelle proprie corde, oltre alla potenza, una notevole forza mentale, che ha consentito loro in qualche occasione di imporsi o quantomeno farsi valere su terreni diversi dal puro esercizio contro il tempo: Brajkovic, sesto, è stato esempio di regolarità, mentre Vinokourov, ottavo, è un ottimo esempio di energia caratteriale. A meno che il kazako non si sia spremuto fino allo stremo, una prova così intensa da parte sua potrebbe preludere ad un ruolo di vero e proprio spauracchio nella prova di domenica. È pur vero che Vinokourov parte con un handicap tecnico pesantissimo nei confronti dei rivali a causa del lungo stop, ma la sua capacità di reazione e soprattutto la capacità di farsi lupo quando il gruppo è gregge potrebbero compensare il deficit fisico. Basti pensare che, con un incredibile crescendo, l’ultimo giro del kazako è stato il terzo migliore in assoluto. Tutto questo a meno che la guerra spietata condotta dietro le quinte da UCI e Bruyneel contro l’ex colonnello dell’Armata Rossa non riesca a far terra bruciata anche delle colline svizzere. Konovalovas (nono) conferma quanto di buono mostrato al Giro, poi nella top ten troviamo un onesto gregario Rabobank come il buon vecchio Morenhout (settimo), ma nel nominare in ordine sparso i migliori dieci abbiamo volutamente lasciato per ultimo – e non per importanza – Pinotti, ottimo quinto, che non solo ottiene di gran lunga la propria miglior prestazione di sempre in un Mondiale a crono, ma va a sottolineare ulteriormente l’affinità tutta da (ri)scoprire tra i colori azzurri e questa disciplina. Il bergamasco è apparso perfino un po’ deluso per una gara partita ancor più forte, ma chiusa in grave affanno nell’ultimo giro: la sua prestazione resta complessivamente da incorniciare per la difficoltà del percorso ed il livello degli avversari.
Restano da segnalare in cronaca il bizzarro duello (anch’esso, in qualche modo, già visto nella giornata di mercoledì) tra cacciatore e preda nelle vesti di Peraud e McCann, le promettenti prestazioni dei giovani Boom e Cornu, le delusioni – per concludere – offerte da Ignatiev, Grivko, ma soprattutto Boasson Hagen, che veniva dato per adattissimo al percorso ma che si è letteralmente sbriciolato dopo un ottimo primo intertempo, e Wiggins, il quale ha litigato con la bicicletta ma che – da vicefavorito – stava stentando ad artigliare il podio.
Tutto considerato, non ci sarebbe troppo da stupirsi se qualche nome della top ten odierna tornasse ad occhieggiare in quella domenicale: in quale posizione è difficile a dirsi, senz’altro però si conferma l’auspicio del CT femminile Salvoldi per cui la cronometro possa tornare a dimostrare sintonia con gli atleti migliori, non solo con i maniaci delle lancette, fobici delle gare di un dì o della terza settimana. E viceversa, sarebbe anche bello che i campioni da GT non snobbassero il Mondiale, a cronometro o in linea che sia.

Gabriele Bugada

Cancellara lanciato a tutta sulle strade di Mendrisio (foto Bettini)

Cancellara lanciato a tutta sulle strade di Mendrisio (foto Bettini)

23-09-2009

settembre 24, 2009 by Redazione  
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MENDRISIO 2009 – CRONOMETRO DONNE ELITE
La statunitense Kristin Armstrong ha vinto la crono iridata, percorrendo 26,6 Km in 35′26″, alla media di 45,042 km/h. Ha preceduto di 55″ l’italiana Noemi Cantele e di 58″ la danese Villumsen. In gara anche Tatiana Guderzo, (18a a 2′33″).

MENDRISIO 2009 – CRONOMETRO U23
L’australiano Jack Bobridge ha vinto la crono iridata, percorrendo 33,2 Km in 40′44″, alla media di 48,903 km/h. Ha preceduto di 19″ il portoghese Oliveira e di 28″ il tedesco Gretsch. Miglior italiano Adriano Malori, 5° a 37″. In gara anche Alfredo Balloni (6° a 39″) e Manuele Boaro (18° a 1′43″)

OMLOOP VAN HET HOUTLAND LICHTERVELDE
L’australiano Graeme Brown (Rabobank) ha vinto la corsa belga, percorrendo 188 Km in 4h16′, alla media di 44,062 km/h. Preceduti allo sprint il tedesco Wagner e il belga Eeckhout. Unico italiano in gara, Luca Mazzanti (Katusha) si è piazzato 80°.

TEXTIELPRIJS VICHTE (disputato il 22-09-2009)
Il belga Kevin Claeys ha vinto la corsa belga, percorrendo 150 Km in 3h23′, alla media di 44,334 km/h. Preceduti i connazionali Joseph e Keisse.

DUO NORMAND (disputata il 20-09-2009)
La coppia costituita da russi Nikolai Trusov (Katusha) e Artem Ovechkin (Lokomotiv) ha vinto la gara a cronometro francese, percorrendo 54,3 Km in 1h06′14″, alla media di 49,189 km/h. Preceduta di 2′19″ la coppia Firsanov (Russia) – Saramotins (Lettonia) e di 2′32″ la coppia Popov (Russia) – Porsev (Russia).

L’ANGELO CUSTODE: BRAVISSIMA NOEMI, ORA CONFIDO IN MARCO

settembre 23, 2009 by Redazione  
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In un’occasione speciale come i Mondiali di Mendrisio, torna a collaborare con noi Paolo Tiralongo, fido scudiero in casa Lampre di Damiano Cunego, il favorito principale di questa rassegna iridata in terra elvetica. In questi giorni d’attesa il corridore siciliano commenta anche le gare femminili e under 23, oggi alle prese con la cronometro; infine ci segnala i suoi favoriti per la gara dei professionisti

A cura di Andrea Giorgini

Oggi è stata una giornata particolare, i nostri occhi erano puntati sugli Under 23 ma la vera nota positiva è il bellissimo secondo posto di Noemi Cantele nella crono femminile. Un grande exploit che rende più positiva la giornata, dopo la mezza delusione di stamani con Malori che non è riuscito a fare il bis di Varese nella prova contro il tempo.
Domani tocca ai professionisti cimentarsi in questa specialità. Ho parlato con Marco Pinotti – unico italiano in gara – due giorni fa e l’ho visto molto motivato; penso che pure lui potrà fare un ottimo risultato. Se devo fare indicare i miei favoriti dico senza dubbio Cancellara e Wiggins, insieme a Boasson Hagen come outsider, sia domani, sia domenica. E per la gara in linea oltre a Damiano attenzione a Samuel Sanchez, Valverde, Gilbert e lo stesso norvegese; Sanchez è uscito alla grande dalla Vuelta, come il murciano fresco vincitore della corsa iberica, mentre il belga ed Edvald sono possibili sorprese. Gli spagnoli, dopo la negativa esperienza di Varese non staranno a guardare.
Damiano sta molto bene, la sua condizione è ottima, le due vittorie in salita ottenute in Spagna ne danno la prova. Speriamo davvero che riesca finalmente a raggiungere questo obiettivo prefissato da tantissimo tempo.

Paolo Tiralongo

Paolo Tiralongo

Cunego e Tiralongo (www.lampre-ngc)

Cunego e Tiralongo (www.lampre-ngc)

NOEMI D’ARGENTO, GLI UNDER NEI DIECI: ROSEO FUTURO PER IL CRONOMETRO AZZURRO?

settembre 23, 2009 by Redazione  
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Potrebbe essere la giornata della grande delusione, per il quinto e sesto posto del favorito e di un uomo da podio negli under 23, invece Noemi Cantele indovina la cronometro della vita e conquista il miglior risultato di sempre per una ciclista italiana nella specialità. L’ottimismo che irradia dal trionfo inatteso spinge a considerare i risultati di Malori (5°) e Balloni (6°) più in termini di conferma, solidità e speranza che in chiave di sogni infranti.

Una “crono di testa”, questa in sintesi la definizione che meglio si attaglia al percorso mendrisiotto dopo quanto visto nelle prove odierne: al mattino nella gara per gli Under 23 e al pomeriggio – su un tracciato leggermente accorciato ma con le medesime difficoltà altimetriche (quindi proporzionalmente più selettivo) – per le donne Elite.
Una “crono di testa” perché in entrambi i casi l’atleta singolo più in forma ha avuto modo di sbaragliare letteralmente la concorrenza, lasciando ben distaccata una nutrita schiera di avversari, peraltro di altissimo livello in entrambi i casi, a spartirsi il podio o addirittura la top-ten sul filo dei secondi. Per i ragazzi l’uomo di testa è stato Jack Bobridge, australiano – guarda un po’! – pistard d’ascendenza, allenatosi sul percorso per mesi grazie alla vicinanza della filiale dove svernano (da marzo a settembre…) come uccelli migratori i pedalatori degli antipodi. Il ventenne ha spopolato quest’anno nel nuovissimo continente, dal Down Under dove raccolse gli elogi di Armstrong, ai titoli in linea e a crono di categoria; poi, a quanto pare, si è concentrato su questo appuntamento, dove ha dominato dal primo intertempo in poi, senza veder mai messa neppure lontanamente in discussione la propria supremazia, nemmeno in occasione di una leggera flessione nel finale. A una ventina di secondi il secondo, ovvero il ventenne Oliveira – portoghese sorprendente fin qui emerso poco, forse per la giovane età –, tutti gli altri dal mezzo minuto in su (altro podio per lo specialista teutonico Gretsch, già sconfitto da Malori).
Ancora più netta la vittoria di Kristin Armstrong tra le donne: la trentaseienne pare invecchiare bene come i vini migliori, e in una giornata grigia della Neben ha salvato l’onore a stelle e strisce tenendosi a un minuto scarso le colleghe da podio, ovvero Cantele e Villumsen, ma dai novanta secondi in su tutte le altre.
Una “crono di testa” anche perché la testa è stato il fattore determinante tra comparti di eccellenza in cui – primi esclusi – si è assistito a un brutale compattamento verso l’alto (dal secondo al decimo in meno di un minuto per ambedue le categorie: con oltre tutto una lotta serrata tra quarta e nona racchiuse in meno di quindici secondi per le donne, e diremo poi del podio; parimenti tra gli Under 23 ci sono soli 20” tra l’argento e il sesto posto di Balloni). E allora ecco spiegarsi in primo luogo l’emergere di veri e propri outsider, la nostra Noemi – ma anche la Villumsen – oppure il portoghese; in secondo luogo le difficoltà accusate da alcuni tra i favoritissimi, non solo Malori ma anche la Soeder (infine quinta): accomunati da aver corso una gara contratta, eccessivamente prudente e come trattenuta dapprima, poi rigida e bloccata, incapace di sprigionare il proprio potenziale.
Emblematica in questo senso è la scelta di Noemi Cantele di correre senza auricolare, e addirittura senza quel cardiofrequenzimetro che per molti ciclisti odierni sembra aver rimpiazzato la capacità di ascoltare il proprio fisico per spingerlo eventualmente oltre i limiti che le tabelle detterebbero. Noemi è così riuscita a reggere alla grande un duello serrato ed appassionante con la giovane danese Villumsen, in una sfida che le ha viste divise da un solo secondo per tre quarti di gara, e da 3” e 24 decimi sulla riga del traguardo.
Il tracciato era d’altronde un vero rompicapo psicologico, con un avvio da lunghi rapporti, che sollecitava le gambe alla spinta in virtù di filanti falsipiani in discesa: poi la brusca rottura dell’impervio strappo “della Rossa” di Rancate, sì brevissimo (meno di 700m) ma con pendenze spesso e volentieri in doppia cifra. Un muro dove finanche i migliori sono parsi andare incontro a sbandamenti fisici e psicologici, con la fluidità di pedalata improvvisamente spezzata, la necessità di alzarsi sui pedali, l’apnea ansiogena degli ultimi metri prima dell’apparente scollinamento. Il peggio, tuttavia, era di là da venire: come anche Malori aveva ben capito prima della gara (ma tra il capire e il pedalare…) il tratto più letale si rivelava sempre il pianoro di 5km circa, a tratti ascendente, che si imponeva dopo lo strappo vero e proprio: tanto che di vero e proprio scollinamento non si può parlare, data l’assenza di una vera discesa in cui rifiatare. Molto spesso in questo settore si è assistito alla scena altamente significativa di un corridore ripreso (quindi che avesse patito ormai un paio di minuti da chi lo raggiungesse) in grado però di mantenere le distanze costanti nel falsopiano verso la linea di arrivo/partenza, esattamente grazie alla cruciale valenza psicologica e strategica del punto di riferimento. La scenetta si è verificata tra gli australi Henderson – australiano, ripreso – e Gough – neozelandese, inseguitore – o rispettivamente tra il corridore di casa Schnyder e il britannico Dowsett (uomo da top ten).
L’elemento “testa” ha forse giocato perciò un brutto scherzo a Malori, partito per ultimo e dunque “vittima” delle informazioni cronometriche sugli avversari, mentre viceversa è parsa positiva l’azione di un Balloni, capace di staccare il tempo migliore all’arrivo, benché destinato ad essere sopravanzato dagli uomini del quarto blocco, i più accreditati alla vigilia.
Allargando la prospettiva ad una lettura più globale di questi primi appuntamenti del Mondiale a cronometro, l’Italia ha di che rallegrarsi, nonostante le preventivabilissime medaglie di Malori e Balloni si siano tramutate in cartone. Già la scelta dei CT femminili era andata nella direzione di valorizzare l’appuntamento contro il tempo, proponendolo ad atlete di punta e non a segmenti iperspecializzati del movimento: la scelta ha premiato. Proprio qui si intravede la buona notizia anche per il movimento maschile: Balloni e Malori, dopo tutto, si confermano ad altissimo livello, la loro fin qui non è stata un’avventura bensì ha sempre più la conformazione di un percorso costruito e articolato, il quale – come è sacrosanto – prevede anche le sconfitte. E se Bobridge sembra più orientato a ibridarsi col mondo della pista e quindi semmai della velocità (anche se gli anglosassoni da un paio di anni in qua sembrano in grado di trarre ogni razza di coniglio dal cilindro…), mentre il massiccio tedesco Kittel – dominatore delle prime fasi di gara e quarto finale – appare più nettamente uno specialista delle lancette, al contrario un corridore come Malori ha le carte in regola per diventare un giorno quel corridore “cronoman da Tour” o da classiche “pesanti”, del pavé, che da qualche anno in qua non riusciamo a maturare. O quantomeno un cronoman completo, a tutto tondo, naturalmente se il percorso di cui sopra verrà condotto con attenzione e appropriatezza tecnica. In fondo è proprio l’Italia, dopo la Germania, la nazione che in quanto tale può dirsi preminente in questi campionati U23: e se non è una bella notizia questa!
Concludiamo tornando doverosamente al settore femminile, ancora una volta protagonista di una stupenda intuizione in termini di programmazione e impatto sul movimento, speriamo d’esempio anche per gli Elite uomini. E se la gara della Guderzo (18.esima) è stata encomiabile, al netto di una costituzione fisica che la vede sempre più affine alle altimetrie impervie che ai biliardi da alte potenze, la prestazione della Cantele è stata semplicemente superba. A parte l’extraterrestre Armstrong (apre la top-ten una “vecchietta”, ma la chiude un’ancor più stratosferica Jeannie Longo che a 51 anni subisce meno di 2’ di distacco…) va ricordata la prova della Arndt, in difficoltà fisicamente per i problemi che la assillano quest’anno, ma capace di chiudere con la gestione migliore, sorpassando il resto del lotto per la medaglia di legno; subito fuori dalle dieci due non-specialiste come Worrack e Pooley minacciano di essere gregarie di eccellenza per le capitane Arndt e Wood nella gara in linea di sabato. E chissà che se dovesse venir fuori una gara “mostruosa” come quella di Varese anche Cantele e Guderzo non vogliano entrare di forza nel novero delle grandi.

Gabriele Bugada

Noemi Cantele in azione nella crono iridata (foto Scanferla)

Noemi Cantele in azione nella crono iridata (foto Scanferla)

ACQUA FRESCA & NOVAZZANO, L’ACCOPPIATA VINCENTE DEL MONDIALE

settembre 22, 2009 by Redazione  
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Ancor prima della partenza dei mondiali c’è già un vincitore. È il percorso stesso della competizione iridata ad avere catalizzato gli applausi di tutti, tifosi e addetti ai lavori; erano da tredici anni che non si vedeva un terreno di gara così accidentato, ostico non solo per la presenza di due ascese molto difficili. Ci sarà, infatti, anche una discesa da brividi, l’unico tratto del circuito che ha suscitato qualche malumore tra i diretti interessati alle sfide iridate. Il tratto chiave del circuito sarà la salita di Novazzano, già palcoscenico mondiale nel 1971.

13,8 Km a tornata, 19 giri, 262,2 Km complessivi e un totale di 4655 metri di dislivello.
Sono scarni questi numeri ma rendono benissimo l’idea: il tracciato dell’edizione 2009 dei campionati del mondo di ciclismo sarà durissimo, un percorso tosto come non si vedeva da anni. L’ultimo anello davvero impegnativo era stato quello proposto nel 1996, pure quello disegnato sulle strade del Canton Ticino: 13 anni fa si gareggiò a Lugano, stavolta la maglia iridata sarà assegnata in quel di Mendrisio, a una ventina di chilometri da Varese, dove dodici mesi fa Alessandro Ballan si è laureato campione del mondo.
Passiamo ora ad esaminare in dettaglio il circuito, sul quale si comincerà a girare sabato 26 settembre, giorno nel quale si effettueranno le prove riservate alle donne (9 giri, 124,2 Km) e agli under 23 (13 giri, 179,4 Km).
Lo striscione d’arrivo sarà steso in Via Campagna Adorna, accanto all’omonimo centro sportivo inaugurato nel 2003. Siamo alla periferia sudoccidentale di Mendrisio, alle porte dell’abitato di Genestrerio, lungo la direttrice che conduce ai valichi doganali di Gaggiolo e Bizzarone (quest’ultimo è il più vicino, distante quasi due chilometri e mezzo dalla zona del traguardo, ma nei due giorni più attesi sarà chiuso al transito). I primi due chilometri non presentano difficoltà altimetriche, pur nascondendo una piccola insidia. Il tracciato iridato debutta in discesa per andare a sottopassare l’autostrada, poi si entra nell’abitato di Mendrisio costeggiando prima il Parco di Casvegno (ospiterà il quartier generale dei mondiali, con la sala stampa) e poi lo stadio comunale, affrontando una rotatoria, una curva a 90 gradi e un’altra che introdurrà in Via Franscini; è il tratto urbano della strada cantonale per Lugano e Bellinzona, che scorre rettilinea per 600 metri tra il centro di Mendrisio a destra e la stazione ferroviaria a sinistra. Sta qui la prima insidia: la strada inganna perché, essendo larga, tende a celare la presenza di una lievissima pendenza, che non va oltre l’1% ma che si farà sentire se questo tratto sarà preso a tutta. Al termine del rettilineo c’è una rotatoria dove la cantonale piega a sinistra, scendendo dolcemente verso le rive del lago di Lugano e transitando per Via Vignalunga, dove si conclusero i mondiali del 1971. Non si passerà per il luogo dove Eddy Merckx sfrecciò davanti a Gimondi: 50 metri prima della rotonda i partecipanti al mondiale 2009 svolteranno a destra, addentrandosi nel centro di Mendrisio e iniziando proprio in questo punto la prima delle due ascese previste dal circuito iridato, l’Acqua Fresca. La salita misura 1,6 Km, nel corso dei quali dovranno essere superati 119 metri di dislivello ed una pendenza media del 7,4%. L’approccio è già impegnativo ma, passati i primi 100 metri d’ascesa al 8% medio, si svolta in Via Vela e la strada spiana sensibilmente, perdendo anche qualche metro di quota portandosi nel centralissimo Piazzale alla Valle. Da questo slargo scattarono due tappe a cronometro del Giro d’Italia, quella storica di Lugano del 1998 e la cronoscalata che nel 1989 si svolse sulla salita del Monte Generoso, della quale l’Acqua Fresca rappresenta il tratto iniziale. Proprio da questo luogo riprendono le pendenze impegnative. Fiancheggiando un grosso centro commerciale, si affronta un rettilineo di 200 metri all’8% che termina proprio ai piedi del centro storico, dal quale incombe la mole dell’arcipretale dei SS. Cosma e Damiano. Ce se ne discosta subito, uscendo dall’abitato di Mendrisio dopo aver lasciato, sulla sinistra, l’imponente stabile dell’ex filanda Torriani-Bolzani, aperta nel 1873 e riconvertita per usi commerciali, amministrativi e residenziali negli anni ’80, costituendo un esempio raro, nel cantone, di riqualificazione di un edificio concepito per scopi industriali. Dopo un momentaneo addolcimento delle pendenze (200 metri al 6%), la strada torna a farsi ripida; è l’Acqua Fresca vera e propria, com’è stata soprannominata dai mendrisiotti Via Industria perché attraversa un’area ricca di sorgenti, come testimonia la presenza delle strutture dell’acquedotto cittadino, raggiunte le quali si sarà messo alle spalle il tratto più duro dell’ascesa, circa 400 metri caratterizzati da un picco del 12%. L’acquedotto è a 300 metri allo scollinamento, ma si può considerare conclusa l’ascesa a quel punto, essendo il tratto finale caratterizzato da una media del 4%. Si raggiunge il punto più elevato del circuito iridato (439 metri) in corrispondenza del bivio per Solarino ed il Monte Generoso, a 4,1 Km dalla partenza. Un tratto in quota di 600 metri introduce una delle più difficili discese della storia dei mondiali, a tratti pericolosa non tanto per le pendenze (sono 2 Km al 5,2%), quanto per la carreggiata stretta e per la presenza di tre delicatissime curve a 90 gradi. La prima viene affrontata dopo 800 metri, è un gomito stretto tra il cimitero di Castel San Pietro ed il bivio per la medesima località. Trecento metri più avanti una docile curvetta presenta, all’interno, una piccola cappellina mariana, quasi un invito a cercare una protezione dall’alto prima d’affrontare i tratti più insidiosi di questa picchiata, nel corso della quale si raggiungono inclinazioni del 9%. Nel caso ce se ne dimenticasse, immediatamente dopo rimanda all’Altissimo un albergo che si chiama Croce, posto all’ingresso dell’unico tornante del circuito.
La terza curva ad angolo retto lancia i pretendenti alla maglia iridata in uno dei tratti più filanti della discesa, un rettilineo fiancheggiato da vigneti che porta tra le case di Balerna e annuncia l’approssimarsi del punto più delicato dell’intero tracciato: uno strettissimo spigolo – criticato da diversi corridori – pone termine alla discesa, immettendo sulla larga strada cantonale che proviene da Mendrisio. In realtà si perdono ancora metri di quota sulla cantonale, mentre si transita nel centro di Balerna. Dopo il cimitero la carreggiata si amplia, prendendo l’aspetto di una superstrada a quattro corsie; i corridori procederanno sulle due di sinistra (contromano rispetto alla normale circolazione) ma abbandoneranno la cantonale poche centinaia di metri, mediante lo svincolo che scende nella zona industriale di Pobbia di Novazzano. Mancano poco più di 1500 metri all’attacco della seconda ascesa, pianeggianti ma leggermente meno filanti rispetto al tratto appena percorso, per la presenza di due curve (facili), una rotonda e due cavalcavia che spezzeranno la pianura.
La seconda asperità del circuito è la “Torraccia” (o “Turascia”, per chiamarla secondo la dizione locale) e conduce a Novazzano in 1900 metri. La pendenza media è del 6,5%, la massima è – come sull’Acqua Fresca – del 12%, pure qua raggiunta nel finale anche se è l’abbrivo il troncone più impegnativo ed insidioso. La strada è molto ampia e questo tende a ingannare l’occhio (ma non le gambe), che non avverte la pendenza media del 7,3% dei primi 1700 metri, che si dipanano allo scoperto. L’ombra compare solamente nei 300 metri dell’attraversamento di Novazzano, caratterizzati – mentre calano un pelo le pendenze (6%) – da un sensibile restringimento della carreggiata. Si ritorna alla luce del sole nei 400 metri che precedono il luogo dello scollinamento, posto a 376 metri di quota, facilmente riconoscibile per la presenza, sulla destra, della Casa Girotondo, caratteristico edificio tondeggiante in mattoni rossi realizzato da Mario Botta, uno dei più noti architetti contemporanei, nativo proprio di Mendrisio.
I corridori che hanno già testato il circuito hanno colto l’impressione che questa di Novazzano sarà l’ascesa decisiva, sia perché è più impegnativa dell’Acqua Fresca, sia perché sarà molto vicina al traguardo. L’anno scorso bisognava percorrere 3,5 Km per andare dalla cima dei Ronchi all’Ippodromo di Varese, stavolta ci saranno mille metri di strada in meno. Il finale si svolge in discesa nei primi 800 metri, che saranno percorsi a tutta senza troppi problemi, essendo questa planata più morbida e agevole rispetto a quella precedente: la strada è larga, la pendenza dolce, le curve quasi non si avvertono. Passata la frazione di Boscherina, si torna sul piano. Lasciata sulla sinistra la strada che proveniene dal valico di Bizzarone, si affronta un ampio e lunghissimo curvone, costeggiando la piccola zona industriale di Genestrerio. Poco più avanti una lieve flessione tra le campagne apre il rettilineo d’arrivo; a dire il vero non è perfettamente lineare, ma a 700 metri dalla meta già si riuscirà a intravvedere, laggiù, la linea di meta, stesa sotto quel cielo di Mendrisio – e ci ripetiamo per il terzo anno consecutivo – che immaginiamo invaso dalle affratellanti note dell’Inno di Mameli.

Mauro Facoltosi

Altimetria circuito iridato (www.mendrisio09.ch)

Altimetria circuito iridato (www.mendrisio09.ch)

Planimetria circuito iridato (www.mendrisio09.ch)

Planimetria circuito iridato (www.mendrisio09.ch)

MENDRISIO AL VIA, ECCO IL TERRENO DELLE SFIDE CONTRO IL TEMPO

settembre 22, 2009 by Redazione  
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I campionati del mondo di Mendrisio debuttano con le cronometro individuali. Si garaggerà su di un circuito di una quindicina di chilometri filante ma non troppo, quasi simile per tutte le categorie. Momento decisivo per la prova U23 la salita della Rossa di Rancate, che non dovrebbe invece influire sul risultato della gara riservata ai professionisti, per la quale il gran favorito rimane l’idolo di casa Fabian Cancellara. I primi a scendere in strada, mercoledì 23, saranno donne e U23, i “grandi” si sfideranno il giorno successivo.

.: Foto di copertina tratta dal sito www.cdt.ch

Come da tradizione introdotta nel 1996, saranno le cronometro individuali, proposte per la prima volta nel 1994 a Catania accanto alla prova collettiva (disputata per l’ultima volta quell’anno, ma destinata – sembra – a ritornare nel 2012), ad aprire il programma dei campionati del mondo di ciclismo, organizzati in quel di Mendrisio, sulle strade della Confederazione Elvetica che già otto volte hanno accolto i mondiali, a partire dal 1929, quando la terza edizione assoluta si disputò in quel di Zurigo. In seguito toccherà a Berna (due volte, 1936 e 1961), di nuovo a Zurigo (1946), a Lugano (1953, lo storico mondiale di Coppi), una prima volta a Mendrisio (1971), ad Altenrhein (1983) e ancora a Lugano (1996) l’onore e l’onere di organizzare la rassegna iridata.
Dunque, i primi a scendere in strada saranno i cronoman, per i quali gli organizzatori rossocrociati hanno predisposto un tracciato unico di gara, a differenza di quanto proposto l’anno scorso a Varese, dove si era gareggiato su percorsi differenti per categoria.
Si tratta di un anello di 16,6 Km che si annuncia abbastanza veloce, nonostante la presenza di un tratto impegnativo, comune a tutte le categorie. Infatti, per questioni di regolamento internazionale sui chilometraggi complessivi, le donne elite (le professioniste, per intenderci) affronteranno una variante che ridurà la lunghezza del circuito a 13,4 Km. Complessivamente dovranno affrontare due giri dell’anello (26,8 Km totali), così come gli uomini U23 (33,2 Km) mentre una tornata in più sarà compiuta dai professionisti, che percorreranno in tutto 49,8 Km.
Il percorso avrà in comune con il circuito della prova in linea solamente il rettilineo d’arrivo e i primi duemila metri. Passata la stazione di Mendrisio, si lascerà sulla destra l’imbocco dell’Acqua Fresca, rimanendo dunque sulla strada cantonale che prenderà morbidamente a scendere. La lieve pendenza e la strada ampia ne fanno il tratto più veloce della cronometro, che per le atlete si concluderà a circa 4 Km dalla partenza, poco dopo aver superato la rotatoria posta in località Campaccio, dove si divideranno i percorsi. Gli uomini proseguiranno sulla cantonale per altri duemila metri, planando dolcemente verso il Lago di Lugano. Raggiuntane l’estrema riva meridionale, questa sarà costeggiata per 700 pianeggianti metri, fino ad arrivare nella piazza centrale dell’interessante centro di Riva San Vitale (il più antico monumento cristiano della Svizzera si trova qui), passaggio che rappresenta il giro di boa del tracciato.
Inizia adesso l’itinerario di ritorno verso Mendrisio che, inevitabilmente avendo affrontato una discesa pocanzi, proporrà un tratto da percorrere all’insù. La strada inizierà a salire già all’uscita di Riva, ma le pendenze saranno lievissime e quasi impercettibili (insidia non piccola, comunque) nei successivi 1800 metri, nel corso dei quali il percorso si ricongiungerà con quello riservato alle donne.
L’hanno ribattezzata la “Rossa di Rancate” (dal nome della strada che si percorrerà e del paese verso il quale conduce), la bestia nera delle cronometro iridate 2009: è uno strappo di 650 metri all’8,4% medio, con un picco del 12%, che potrebbe risultare indigesto per gli U23 mentre non dovrebbe influire più di tanto sulle prove riservate alle categorie superiori. Nonostante la “Rossa”, come dicevamo in apertura, questo è un tracciato tarato sulle gittate ai missili alla Cancellara, favoriti non soltanto dalla discesina iniziale. Infatti, da Rancate in poi tutto il finale (5,5 Km) si svolgerà all’incirca alla stessa altitudine del traguardo (342 metri). Si passerà per Ligornetto e, dopo aver sfiorato Stabio – il piccolo centro termale nel quale risiede da qualche tempo Cadel Evans – si andrà a confluire sul percorso della gara in linea all’altezza del curvone della zona industriale, immediatamente prima d’imboccare il rettilineo d’arrivo.
Le prime a testarsi su questo tracciato saranno le categorie cadette: la maglia iridata riservata agli U23 sarà messa in palio nella mattinata di mercoledì 23 (9:30 – 12:45), mentre nel pomeriggio toccherà alle donne, in gara tra le 14 e le 17.15.
Ai professionisti sarà riservata l’intera giornata di giovedì, con il primo corridore che prenderà il via verso le 11.30, mentre l’ultimo arrivo avverrà attorno alle 17.00.

Mauro Facoltosi

Altimetria cronometro donne (www.mendrisio09.ch)

Altimetria cronometro donne (www.mendrisio09.ch)

Altimetria cronometro uomini (www.mendrisio09.ch)

Altimetria cronometro uomini (www.mendrisio09.ch)

20-09-2009

settembre 21, 2009 by Redazione  
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VUELTA A ESPANA
Il tedesco André Greipel (Columbia-HTC) ha vinto la ventunesima ed ultima tappa, Rivas Vaciamadrid – Madrid, percorrendo 110,2 Km in 3h11′55″, alla media di 34,452 km/h. Ha preceduto allo sprint l’italiano Daniele Bennati (Liquigas) e lo sloveno Bozic.
Alejandro Valverde (Caisse d’Epargne) vince la 64a Vuelta di Spagna con 55″ sullo spagnolo Sánchez e 1′32″ sull’australiano Evans. Migliot italiano Ivan Basso (Liquigas), 4° a 2′12″.

TOUR OF BRITAIN
L’italiano Michele Merlo (Barloworld) ha vinto l’ottava ed ultima tappa, circuito di Londra, percorrendo 92,5 Km in 1h56′55″, alla media di 47,469 km/h. Ha preceduto allo sprint lo spagnolo Fernandez e l’australiano Sutton. Il norvegese Edvald Boasson Hagen (Team Columbia – HTC) si impone con 23″ sul Sutton e 25″ sul tedesco Reimer. Miglior italiano Federico Canuti (CSF Group – Navigare), 14° a 51″.

GIRO DELLA TOSCANA FEMMINILE – MEMORIAL MICHELA FANINI
L’olandese Marianne Vos (DSB Bank – LTO) ha vinto la sesta ed ultima tappa, Quarrata – Firenze, percorrendo 106,9 Km in 2h29′03″, alla media di 43,032 km/h. Ha preceduto l’italiana Giorgia Bronzini (Safi Pasta Zara Titanedi) e la russa Martisova. La lituana Diana Ziliute (Safi Pasta Zara Titanedi) si impone con 1′31″ sull’italiana Luisa Tamanini (Selle Italia Ghezzi) e 3′08″ sulla tedesca Becker.

GP INDUSTRIA E COMMERCIO DI PRATO
L’italiano Giovanni Visconti (ISD) ha vinto la classica italiana. Preceduti Francesco Gavazzi e Paolini.

GP D’ISBERGUES – PAS DE CALAIS
Il francese Benoît Vaugrenard (Française Des Jeux) ha vinto la classica francese, percorrendo 201 Km in 4h27′33″, alla media di 45,075 km/h. Ha preceduto allo sprint l’italiano Luca Mazzanti (Team Katusha) e il russo Rovny.

CSC COPENHAGEN CYCLING
Il danese Jonas Aaen Jørgensen ha vinto la corsa danese, percorrendo 68,6 Km in 1h49′08″, alla media di 37,72 km/h. Ha preceduto di 13″ e 2′06″ i connazionali Almblad e Aistrup.

VUELTA AL SABOR DE MENDRISIO

settembre 20, 2009 by Redazione  
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Si è chiusa con la vittoria di Andre Greipel nella Rivas Vaciamadrid – Madrid la 64a Vuelta a Espana. Nessuna sorpresa nell’ultima frazione, affrontata a ritmo molto blando dal gruppo, regolato allo sprint dal tedesco, davanti a Bennati e Bozic. Alejandro Valverde conquista la prima Vuelta in carriera dopo un 2° e un 3° posto, precedendo Samuel Sanchez e Cadel Evans.

.: nella foto copertina (AFP), alcuni dei protagonisti della Vuelta 2009 che saranno in gara anche a Mendrisio: da sinistra Evans, Cunego, Basso, Valverde e, seminascosto dietro la maglia amarillo, Danielson.

Un finale secondo copione, per una Vuelta che di fatto dal canovaccio non si è mai davvero discostata. Non solo, infatti, la tradizionale passerella di Madrid si è chiusa con uno scontato sprint di gruppo, ma anche l’ordine d’arrivo ha rispettato in tutto e per tutto quelle che erano le previsioni della vigilia: Andre Greipel ha colto il quarto successo personale, precedendo nettamente il rivale più atteso, Daniele Bennati, lanciato ottimamente da Sabatini, ma sopraffatto dalla chiara superiorità del teutonico. 3° Borut Bozic, la grande sorpresa, in tema di volate, di questa Vuelta, che lo sloveno chiude con una vittoria (a Xativa) e una quantità spaventosa di piazzamenti.

La tappa, che ha visto Alejandro Valverde sfoggiare l’ultima maglia oro della storia dell’ultimo GT della stagione (dal 2010, il capoclassifica vestirà di rosso), è di fatto cominciata solamente sul circuito finale, dove Bingen Fernandez ha sferrato il primo, velleitario attacco. Riassorbito l’uomo Cofidis, è toccato a Monier, Vazquez, Di Grégorio, Garcia Dapena, Roels e Delage, quest’ultimo capace in seguito di riprovarci anche a 3 km dal traguardo. Il gruppo non ha però avuto alcuna difficoltà a tenere cucita la corsa, arrivando agevolmente ad uno sprint a ranghi compatti che la Liquigas ha ottimamente lanciato, prima che Greipel si producesse nell’ormai consueto (almeno per questa Vuelta) one man show.

Poker per Greipel sul traguardo di Madrid (www.lavuelta.com)

Poker per Greipel sul traguardo di Madrid (www.lavuelta.com)

È stata, si diceva in apertura, una Vuelta dallo sviluppo molto, finanche troppo lineare, che non ha regalato giornate di battaglia inattese, né ha visto lotte entusiasmanti sulle grandi montagne, numerose ma mortificate da un atteggiamento piuttosto passivo di chi avrebbe dovuto fare la differenza. Se si eccettuano gli ultimi 6 km dell’ascesa di Sierra de la Pandera, infatti, non si sono mai visti corridori sparpagliati, favoriti in difficoltà e atleti capaci di fare davvero il vuoto. La sensazione generale, nell’arco delle tre settimane, in particolar modo nelle tappe più attese, e di conseguenza anche alla fine di questo ultimo Grande Giro della stagione, è quella di una certa incompletezza, di tante possibilità per provare a riscrivere almeno in parte la classifica che nessuno ha avuto la forza (ma, a nostro giudizio, soprattutto il coraggio) di provare a cogliere.

Dopo una prima settimana insipida, che neppure nella cronometro di Valencia ha detto granché circa le condizioni dei big, ci si attendeva spettacolo nella due giorni dell’Alto de Aitana e di Xorret del Catì. A fronte di queste grandi attese, sull’Alto de Aitana abbiamo dovuto attendere i -4 per vedere un attacco degno di nota, da parte di Ivan Basso, peraltro parso molto poco convinto nella sua azione. A cancellare la delusione per lo spettacolo non all’altezza delle aspettative ci ha però pensato Damiano Cunego, che con una splendida azione negli ultimi 2 km ha ritrovato la gioia di alzare le braccia, e ha tranquillizzato tutti noi in vista di Mendrisio, dove il Cunego visto nel resto del 2009 sarebbe stato fagocitato dalla corazzata spagnola.

Non è andata molto meglio a Xorret del Catì, dove Valverde ha sfilato a Evans quella maglia amarillo che non avrebbe più abbandonato, mentre la tappa dell’Alto de Velefique ha sfiorato la soglia del soporifero, con gli attacchi giunti solamente negli ultimi 2 km, peraltro i più agevoli della scalata. Ci è voluta la tappa regina della Vuelta, quella di Sierra Nevada, per convincere qualcuno (Basso) a provare un’azione un po’ più da lontano, ma al tremendo forcing della Liquigas sul Monachil non sono poi seguiti attacchi di pari livello da parte del varesino sull’ascesa finale, su cui i big (meno Evans, azzoppato da un guaio meccanico che lo ha costretto ad uno stop della folle durata di oltre un minuto, causa ritardo dell’ammiraglia) si sono limitati a qualche scaramuccia.

Ci si è divertiti davvero solamente nel quarto d’ora finale della frazione di Sierra de la Pandera, quando Basso ci ha finalmente provato con convinzione, imitato da Evans e Gesink, spronati dall’apparente difficoltà di Valverde. In realtà, il murciano, assieme a Samuel Sanchez, si stava solo gestendo molto meglio dei rivali, peraltro incapaci di tenere il passo di Ezequiel Mosquera (a nostro giudizio miglior scalatore della corsa). Quando gli avversari hanno esaurito l’impeto iniziale, l’Embatido si è prodotto nella più spettacolare azione della Vuelta 2009, andando a raggiungere e staccare uno dopo l’altro Evans, Basso e Gesink, che per qualche chilometri aveva accarezzato il sogno di issarsi in vetta alla classifica.

La prova di forza offerta da Valverde ha probabilmente spento nei suoi rivali ogni velleità di sovvertire gli equilibri, e così al leader Caisse d’Epargne è stato sufficiente rispondere ad un paio di blandi tentativi di Sanchez per conquistare il primo Grande Giro in carriera, e per diventare a questo punto automaticamente, se non lo era già, il principale favorito del Mondiale di Mendrisio. Chissà che in pochi giorni Balaverde non riesca a colmare le due lacune della sua carriera, conquistando, dopo il primo GT, quel titolo mondiale che gli è sfuggito per un soffio (2°) già due volte.

Valverde festeggia la vittoria nella 64a Vuelta di Spagna (www.eitb.com)

Valverde festeggia la vittoria nella 64a Vuelta di Spagna (www.eitb.com)

Detto di Cunego, un altro temibilissimo avversario Valverde potrebbe trovarselo in casa, nella persona di Samuel Sanchez, che come al solito è partito in sordina e ha finito più forte di tutti. Proprio la strepitosa condizione messa in mostra nell’ultima settimana dall’asturiano potrebbe fruttargli quanto meno un ruolo di seconda punta, forse in coabitazione con l’altro Caisse d’Epargne, 7° alla fine in generale malgrado un grande lavoro di gregariato, Joaquin Rodriguez.

Fanno invece meno paura Cadel Evans e Ivan Basso, apparsi brillanti ma non abbastanza da far pensare che possano vestirsi d’arcobaleno tra una settimana, che per vincere avrebbero peraltro bisogno di arrivare in solitaria, partendo battuti allo sprint. Rischia invece di non essere neppure al via del Campionato del Mondo quello che per alcuni giorni è stato il vero antagonista di Valverde, Robert Gesink, cui solo una sfortuna nera ha negato il primo podio in carriera in un Grande Giro, ma che ha dato la prova definitiva di possedere qualità fuori dal comune, che nei prossimi anni lo porteranno lontanissimo.

Sono state tutto sommato poche le indicazioni fornite dai pretendenti al titolo iridato che si sono presentati alla Vuelta solamente per affinare la condizione, senza velleità di classifica (fatta eccezione per Cunego, di cui abbiamo già detto). Il più attivo è stato Philippe Gilbert, le cui belle progressioni sono però state seguite sempre da crolli verticali, che lasciano un punto interrogativo circa le sue possibilità per Mendrisio.

In conclusione di questa breve analisi, teniamo a menzionare altri due corridori: Tom Danielson, che pareva avviato al primo grande risultato in carriera in un GT, ma che un’infezione polmonare ha addirittura costretto al ritiro, e, soprattutto, Paolo Tiralongo. Lo scalatore di Avola è partito come gregario di Cunego, ha ricevuto poche attenzioni da parte del pubblico italiano, concentrato sulla vana rincorsa al podio di Ivan Basso, e alla fine, senza mai agire in prima persona, ma con una costanza straordinaria sulle tre settimane, ha colto uno splendido 8° posto finale, ad appena 3’’ da Joaquin Rodriguez, dando inoltre l’impressione di finire in crescendo. Lui a Mendrisio non ci sarà, ma la sua Vuelta merita un applauso.

Matteo Novarini

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