VUELTA PER LA STORIA: EVENEPOEL VINCE, AGLI ALTRI L’INVIDIA

settembre 12, 2022 by Redazione  
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Una Vuelta intraprendente, un po’ sforacchiata nella partecipazione dalla pandemia e altre stanchezze, trova guizzi di spettacolo ed emozione che danno, nonostante tutto, una bella consistenza al trionfo storico di Evenepoel.

A Remco e al suo entourage è sempre piaciuto esagerare, gonfiare, cercare la zuffa mediatica, ancor meglio se via reti sociali: sarà chissà per la matrice calcistica dell’atleta, o forse per il suo avvento da predestinato in un Paese che respira ciclismo e che, forse anche per questo, tende a trasformare i propri campioni del pedale in divinità fragili, costantemente sotto i riflettori, a volte per brillare al massimo sulla scena, altre invece per essere abbattuti da raffiche di mitragliatrice mediatica. Questo contesto, assieme alla giovane età del fenomeno belga, spiega le lacrime di ieri all’atto di confermare sul traguardo della tappa regina la vittoria de facto della Vuelta, ma oggi Remco ha modo di razionalizzare e verbalizzare più chiaramente quale sia il peso oggettivo della sua vittoria, un peso proporzionale a decenni interi di Storia del ciclismo.
Il Belgio non vinceva nessun Grande Giro da qualcosa come un quarto di secolo, come a dire l’ultimo 20% di tutta quanta la Storia di questo sport. E non parliamo solo di Merckx – “certo Merckx, ma quello era Merckx!” – perché durante e dopo Merckx il Belgio aveva ancora saputo esprimere negli ultimi anni Settanta e fino alla primissima soglia degli Ottanta tutta una generazione di talenti puri, come Van Impe e Criquielion (o anche meno puri, come Pollentier) per non dire di De Muynck o del fenomenale, inmitabile Maertens capaci fra tutti di vincere lungo l’intero ventaglio dei Grandi Giri, oltre a raccogliere svariati podi, giusto per dimostrare che non di exploit occasionali si era trattato. Da lì in avanti, il nulla cosmico, appena solcato meteoricamente dal podio totalmente occasionale seppur non accidentale di un altro grande talento quale De Gendt, al Giro 2012,nonché da un Bruyneel pollentieresco che fa terzo alla Vuelta 1995, quella del compagno di squadra Jalabert, in cui la famigerata ONCE piazza tre atleti ai primi quattro posti della generale, tanto per capirci (se proprio vogliamo, ci sarà anche un podio ex post per Jurgen Van den Broeck nel riscrittissimo Tour 2010, ma di quel genere che alletta più i fan del ciclismo su carta che gli amanti di quello su strada). Per spigare questa carestia epocale non è che si possa più di tanto elucubrare su doping o men che doping, visto che alcuni dei nomi citati, così come le semplici note di cronaca nel corso degli ultimi decenni, lasciano ben chiaro che il Belgio non sia certo luogo di speciali ascetismi farmacologici: oltre tutto, il declino nei Grandi Giri del movimento belga precede ampiamente le ben note evoluzioni tecnologiche che sarebbero state capaci di alterare nel tempo certi equilibri dello sport. Né ha senso arrovellarsi in congetture fisiognomiche legate alla geografia o alla genetica del Benelux, dacché la stessa area ha frattanto prodotto sia nei Paesi Bassi sia in Lussemburgo un discreto profluvio di uomini da podio, capaci di giocarsi e in una o due occasioni perfino vincere un GT.
Si tratta, più probabilmente, di una miscela fra il mero caso e certi indirizzi culturali di un movimento: il profilo prediletto a livello giovanile, il tipo di gare più amate dagli sponsor, le squadre dominanti nel lungo periodo e le loro rispettive attitudini. Viene da pensare alle allergie del movimento spagnolo quando si parla di Classiche, anche se in Spagna non sono mancate illustri e pesanti eccezioni. In entrambi i casi, comunque, gioca un ruolo interessante l’esistenza di una struttura di team molto longeva de estremamente specializzata in una delle due macrocategorie di gare ciclistiche: così come la saga di Unzué in Spagna vive di gare a tappe, parimenti quella di Patrick Lefevere in Belgio si alimenta di Classiche; e in entrambi i casi l’idiosincrasia sfocia in un certo qual imbarazzo all’atto di confrontarsi con l’altro lato dell’universo ciclistico. Questa Vuelta è infatti anche il primissimo Grande Giro vinto dalla Quickstep in qualunque sua incarnazione degli ultimi vent’anni, da quando cioè il team si formò come una sorta di spin-off della Mapei (che invece aveva un decoroso comparto da gare a tappe, sebbene non così dominante e spesso soggetto a tensioni). Anche qui risulta impossibile la faciloneria esplicativa, dato che la struttura di Lefevere ha provato in alcune occasioni a contrattare specialisti da GT: tuttavia, al contrario di quanto non succeda coi velocisti, quando esiste un termine di paragone esterno presso altra squadra, non si osserva alcun beneficio derivante dal correre in Quickstep; i risultati più di spicco, relativamente recenti, sono i secondi posti di Urán o Mas, presto replicati altrove, mentre, anche al di là del caso emblematico di Rujano, potenziali uomini da GT belgi come Seeldraeyers o Devenyns non sono mai stati fatti sbocciare come tali, né troppo migliori, in proporzione, sono stati i frutti con atleti di be superiore talento come Jungels o lo stesso Almeida. D’altronde colpisce che gli sparutissimi podi belgi dell’ultimo trentennio siano venuti dall’estero o dall’altra sponda nazionale, la di per sé ben più modesta Lotto, epperò ben più versatile come squadra.
Insomma, le premesse storiche non erano delle più incoraggianti, e difatti un’impresa che a tratti sarebbe potuta sembrare facile, alla fine non lo è stata affatto. Anzi, diciamo che sotto molti punti di vista sia l’atleta sia la squadra dovranno intavolare importanti riflessioni in vista del futuro: intanto, però, il segno storico è stato tracciato, e il merito di averlo ottenuto in questo contesto non può essere sminuito. Evidentemente, per un’infinità di motivi, negli ultimi vent’anni è divenuto impervio frequentare l’altissima classifica generale di un Grande Giro se si è nati in Belgio, e peggio ancora se si corre per Patrick Lefevere. Potremmo perfino dire che questa Vuelta ha addirittura confermato, in certo qual modo, queste indicazioni di massima: Evenepoel tuttavia è stato superiore, a questo carico enorme ancor più che agli avversari.
Prima che si cominciasse a pedalare, c’erano state già notevolissime oscillazioni nelle aspettative e nelle sensazioni, fermo restando – va sottolineato – un bel percorso, almeno per i canoni della Vuelta, anzi ulteriormente migliorativo nel solco già apprezzabile di progresso pian piano imboccato da una decina di anni in qua, riducendo la ripetitività di tappe monosalita improntate al garagismo, pur senza rinunciare del tutto a questa specie di marchio di fabbrica. Abbiamo addirittura visto diverse tappe superare i 180 km con buon dislivello, e fra queste quelle che più si sono avvicinate alle cinque ore di gara sono state fra le più spettacolari in assoluto, senz’altro la 18.a ma anche la 20.a o la 6.a ; anche tappe di montagna più brevi come quelle cruciali della Pandera o di Sierra Nevada pur di chilometraggio non abnorme hanno superato le quattro ore per la loro difficoltà altimetrica. Viceversa hanno un po’ deluso (ma può succedere) le due tappe da tre orette e spicci che si sperava potessero produrre fuoco e fiamme su un terreno mosso, ai due estremi della competizione quella basca di Laguardia e quella di Talavera de la Reina; alla fine si sono tradotte in inseguimenti di qualche interesse ma comunque finiti in volata ristretta, per puncheur a Laguardia e per sprinter resistenti a Talavera.
La peculiarità negativa del tracciato era una terza settimana leggerina, e questo già creava aspettative positive su Evenepoel, così come la presenza di una solida crono filante di 30 km da spingere ben al di sopra dei 50 km/h (55 per i primissimi). A favore di Remco anche il fatto che pur in una bella variabilità di fattori mancava una vera e propria tappa regina con salite sia dure, sia lunghe, sia multiple. Va detto che le tappe che in qualche modo più rispondessero a questa descrizione si situavano nella prima settimana, e forse grazie a questo Remco invece di soffrirle le ha rese il teatro di un vero e proprio one-man show di distruzione generalizzata della concorrenza. Ex post, tutto facile: ma niente impediva che invece gli andassero subito di traverso, come a un Carapaz, per dire. Sulle salite davvero maiuscole, anche perché mai unica ascesa del giorno, Evenepoel ha in effetti sofferto, alla fine della seconda settimana: ma quando le pendenze si sono moderate, nella terza settimana, il belga si è ripreso alla grandissima, quando invece avrebbe potuto perfettamente proseguire un’inerzia di gara in calando. Si è comunque capita l’importanza fondamentale di ridurre le tappe monosalita: sia sulla Pandera sia a Sierra Nevada, Roglic ha spinto al limite o direttamente alle corde Remco grazie al lavoro pregresso dei propri Jumbo Visma sulle salite precedenti. Senza quelle salite, la gestione degli sforzi sarebbe stata del tutto diversa, così come diversa sarebbe stata la possibilità di isolare il leader.
A proposito di isolamento, va detto che il supporto collettivo del “wolfpack” è stato accettabile ma modesto, e poi via via direttamente insufficiente. Alaphilippe ha fatto il diavolo a quattro per Remco, prima di farsi male, Van Wilder ha confermato il suo verde talento già visto a livello giovanile, Masnada e Cavagna si sono confermati piuttosto solidi (anche se un po’ opachi) sui rispettivi terreni, pure il covid ci ha messo del suo… ma la verità globale è che non solo UAE (specialmente), INEOS, Jumbo (aggressivamente più che per qualità intrinseca dei gregari) hanno brillato assai di più, non solo, no, anche team più zopicanti o affaticati come Astana, Bora o Trek hanno saputo impressionare di più in quanto collettivo. Per un corridore che da un certo punto in poi doveva puntare sulla difesa, si è trattata di una sfida non da poco, ancor più con un’esperienza comunque breve alle spalle, specie se parliamo di tre settimane. Scommessa stravinta, a livello individuale, per Evenepoel.
Ecco, soggiungiamo anche, a questo punto, che di un altro tipo di “isolamento” invece Remco ha goduto: i rivali non sono stati dei più tremendi, anche se quando Roglic è entrato in forma sono stati guai grossi. E dire che nei mesi precedenti alla gara si parlava di un redivivo Bernal, e poi Pogacar, e tutti i reduci presuntamente recuperatissimi del Giro, da Hindley a Carapaz a Landa, più quanti finirono prematuramente fuori gara per qualsivoglia motivo, ancor più freschi, come Simon Yates o Superman López… Alla fine dei conti, la verità è che la stagione viene lunga anche se non si corre; o forse, una volta di più, che la classe superiore in questa generazione è stata profusa in abbondanza, ma forse non su troppi nomi. Il covid, come anticipato, ci ha messo del suo. Fatto sta che Remco ha avuto un solo vero rivale, Roglic. Certo, Roglic è bastato per offrire una solida pietra di paragone. I suoi attacchi di squadra e poi inviduali, da “tutto per tutto”, hanno inflitto tutto il danno possibile e immaginabile. Evenepoel ha patito quel che doveva e poteva patire: non sapremo mai, questo è vero, se avrebbe retto con eguale scioltezza la pressione quasi più psicologica che fisica di un rivale di tale caratura ben addentro la terza settimana. La caduta di Roglic ha smorzato i colori di una terza settimana già non folgorante sulla carta, anche se poi va detto che la buona volontà degli altri attori, specie la UAE dell’adolescente Ayuso (a podio!), di Almeida e Soler, ha reso lo stesso godibilissime le lunghe tappe di montagna che rimanevano, di nuovo legittimando il leader. Appassionanti anche le vicende INEOS, con Carapaz arrembante cacciatore di tappe dopo aver rinunciato alla generale non sentendosi all’altezza (tre tapponi e la maglia di miglior scalatore corroborano la sua caratura di atleta di prima fila in questi anni), e l’altro giovanissimo spagnolo, Carlos Rodríguez, scivolato al sesto posto in una resistenza strenua dopo aver sofferto una brutta caduta. Mas e la Movistar, che dire, solidi, di eccelsa qualità, ma in sostanza anonimi, preoccupati di altro che non di vincere, un po’come Valverde onestissimo 13esimo alla fine, 42enne alle sacrosante soglie di una meritat pensione. Dice molto questa top 20 finale divisa quasi equamente fra baby fenomeni (maglia bianca e rossa condividono buona parte delle posizioni top), lo stesso Evenepoel, e poi appunto Ayuso, Almeida, Carlos Rodríguez, Arensman, più giù anche un Mäder, e, all’altro estremo anagrafico, una palata di quasi pensionati – letteralmente! – come Urán, Meintjes, Valverde, Landa, Luisle Sánchez, Pinot… fra coloro che sono sospesi si difendono solo, e senza incidere troppo, due forze già ben note e definite (due forze peraltro opposte, caratterialmente e come persone) quali Enric Mas e Superman López.
Una situazione che caratterizza anche il campo dei velocisti, dove una ruota veloce ma più che altro resistente come Mads Pedersen stradomina la competizione, tripletta di tappe e maglia verde (complice l’uscita di scena di Bennett). Per capirci, e entriamo in una minimalistica cronaca dell’ultima tappa, vera e propria passerella, oggi vince Molano, l’ultimo vagone del treno di Ackermann: stufo delle cilecche del proprio capitano, uno dei tanti sprinter da un anno di gloria e via, il colombiano semplicemente non smette di pedalare, non si fa da parte… e vince.

Chiudiamo questa disamina con una valutazione impietosa della situazione italica: con un misto di snobismo e di obiettività, dalle nostre parti si è sempre guardata dall’alto in basso la Vuelta, il cui tasso tecnico stentava a decollare perfino quando le manfrine ASO (e altri fattori) inducevano i fenomeni da laboratorio del momento a scontrarsi con la grandissima generazione di atleti locali. A volte c’erano i campioni ma non il terreno, altre volte il viceversa, talora il cerchio quadrava ma “era solo un’annata”. Sta di fatto però che la Vuelta cresce, e di pari passo guarda caso cresce l’attenzione al ciclismo femminile in un Paese che, incredibile a dirsi, era piu indietro dell’Italia in questa specifica combinazione di genere e disciplina. Si moltiplicano di nuovo le gare a tappe in terra spagnola, per uomini e donne, e, guarda guarda, arrivano anche i rimpiazzi per la generazione di mostri sacri che si sono ritirati. La Vuelta evolve e si corregge, invece di involversi come il Giro delle ultime due stagioni. Il Giro ha goduto di contingenze eccezionali – anche per grandi meriti propri – fra 2008 e 2019, quando parallelemente il Tour inciampava spesso in un passo falso dopo l’altro. Ora però la ricreazione è finita, come direbbero appunto Oltralpe. Il prodotto clou di ASO, il Tour, sta tornando forte, anche grazie alla scelta, prima forzosa, poi assecondata in pieno, di sviluppare il versante femminile. E la Vuelta partecipa totalmente, nonché con iniziativa propria, di questa fase di ascesa dei propri organizzatori. Il Giro ha preferito non sfruttare il proprio apogeo per fissare dei punti fermi, ad esempio per associarsi agli altri due Grandi Giri in un concetto televisivo da propugnare su televisioni free broadcast preferibilmente pubbliche. Anzi, ha monetizzato nel breve con l’esclusiva a Eurosport, relegandosi però così alla marginalità spettatoriale in gran parte dei territori tradizionali del ciclismo. Il resto viene un po’ da sé. L’unica speranza è che il comparto del ciclismo ancora di robusta costituzione a livello nazionale, vale a dire i marchi, decida di riportare il baricentro da ogni punto di vista in Italia, anche in manifattura vista la crisi della logistica; e che da ciò discenda – via peso economico e posti di lavoro – un peso leggermente maggiore del comparto stesso nelle decisioni pubbliche, viabilità compresa (la viabilità è dove gli atleti di questo sport si allenano!). A seguire, che poco a poco l’interesse di chi sa prema sulle rendite di chi semplicemente sul ciclismo italiano “si è seduto”, in ogni senso, a ogni livello. Altrimenti ci resterà solo l’invidia verso la Spagna, e una pazienza da belgi per attendere vent’anni (almeno) il prossimo Messia – certo che loro almeno “si consolavano” con le Classiche. Per fortuna alla faccia dei colleghi uomini abbiamo miracolosamente sempre le Elisa, Silvia, Chiara, Marta, Sofia e così via, abituate a emergere anche senza supporti e senza fanfare. Magari potremmo iniziare a offrirgliene, e così di sfuggita goderci Annemiek Van Vleuten che dopo aver vinto Giro, Tour e Vuelta in un anno, si porta a caso, per dire, le Monumento che le mancano, Sanremo e Lombardia – attualmente inesistenti. RCS anyone?

Gabriele Bugada

Remco Evenepoel sul podio di Madrid (Getty Images)

Remco Evenepoel sul podio di Madrid (Getty Images)

POGACAR CHIAMA WOLLONGONG CONQUISTANDO UN EDIZIONE MONDIALE DI MONTREAL

settembre 11, 2022 by Redazione  
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Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) ha vinto in volata il Grand Prix Cycliste de Montreal battendo Wout Van Aert (Jumbo-Visma) e Andrea Bagioli (Quick-Step Alpha Vinyl Team).

L’edizione numero 11 della Grand Prix Cycliste de Montreal, come nel caso della classica del Quebec, ritorna dopo due anni di stop causato dall’emergenza covid. Il percorso era molto simile a quello classico, con un circuito di 13 chilometri da ripetere 18 volte per un totale di 227 chilometri. Nel circuito erano presenti tre Côte, la prima Côte de Camillien-Houde di 1800 metri al 7.3%, seguita dalla Côte de Polytechnique, strappo di 800 metri al 5%. Mentre nel finale l’ultima asperità era la Côte Pagnuelo con 500 metri al 7.5% a solo un paio di chilometri dalla linea d’arrivo. La lista di partenza era una fotocopia di quella di venerdì con il già due volte vincitore di questa corsa Greg Van Avermaet e il vincitore di Quebec Benoit Cosnefroy per la AG2R Citroën Team, Wout Van Aert e Christophe Laporte (Jumbo-Visma), Adam Yates, Geraint Thomas e Daniel Felipe Martinez (INEOS Grenadiers), Tadej Pogacar e Diego Ulissi (UAE Team Emirates), Biniam Girmay (Intermarché – Wanty – Gobert Matériaux), Matej Mohoric (Bahrain – Victorious), David Gaudu (Groupama – FDJ), Michael Matthews (Team BikeExchange-Jayco), Jasper Stuyven (Trek – Segafredo), Alex Aranburu e Ivan Garcia Cortina (Movistar Team), Romain Bardet (Team DSM), Alberto Bettiol (EF Education-EasyPost), Warren Barguil (Team Arkéa Samsic) e Peter Sagan (TotalEnergies).
L’inizio corsa era molto intenso con più di quindici atleti ad attaccare, tra i quali Simon Carr (EF Education-EasyPost), Davide Formolo (UAE Team Emirates), Aurelien Paret-Peintre (AG2R Citroën Team), Pascal Eenkhoorn (Jumbo-Visma), Eddie Dunbar (INEOS Grenadiers), Ide Schelling (BORA – hansgrohe), Andrea Pasqualon (Intermarché – Wanty – Gobert Matériaux), Krists Neilands (Israel – Premier Tech), Matthew Holmes (Lotto Soudal), Søren Kragh Andersen (Team DSM) e Kevin Colleoni (Team BikeExchange – Jayco). Questi fuggitivi restavano allo scoperto per circa quindici chilometri con sia un gruppo intenzionato a chiudere su questo gruppo che includeva diversi atleti di rilievo, sia dal gruppo di testa dove non tutti collaboravano. Immediatamente si creava un secondo tentativo con Florian Vermeersch (Lotto Soudal), Antonio Nibali (Astana Qazaqstan Team), Eddy Finé (Cofidis), Andreas Leknessund (Team DSM), Antoine Duchesne (Groupama – FDJ) e Théo Delacroix (Intermarché – Wanty – Gobert Matériaux).
I fuggitivi guadagnavano un vantaggio massimo di circa sei minuti e mezzo, era la UAE Team Emirates a gestire la corsa recuperando velocemente il ritardo una volta entrati negli ultimi 100 chilometri, con Sagan e Girmay che dovevano alzare bandiera bianca. Dalla fuga Nibali cedeva il passo, come Duchesne, alla sua gara di addio, mentre Finè cadeva. Ai -50 era Leknessund a tentare in solitaria la fuga con poco più di due minuti da difendere, mentre in gruppo era sempre la UAE a controllare il ritmo, apparentemente in pieno controllo. Ai -35. nel corso del terzultimo giro era la Jumbo – Visma a prendere di petto la Côte de Camillien-Houde con Tobias Foss. Una caduta coinvolgeva Andrea Piccolo e Neilson Powless (EF Education-EasyPost), mentre la Jumbo – Visma continuava con un ritmo costante nella loro rimonta che si consumava poco dopo l’inizio del penultimo giro.

Magnus Cort Nielsen (EF Education-EasyPost) accelerava all’inizio della Côte de Camillien-Houde, con Tosh Van der Sandre (Jumbo-Visma) ad aumentare il ritmo, mentre Stuyven e Mohoric perdevano contatto con poco più di trenta atleti rimanenti nel gruppo di testa al termine della salita. In un momento di calma era Simone Velasco (Astana Qazaqstan Team) ad evadere dal gruppo insieme a Frederik Wandahl (BORA – hansgrohe) riuscendo a guadagnare trenta secondi grazie alle poche energie rimaste agli uomini della Jumbo-Visma, al via dell’ultimo giro il ritardo era di quaranta secondi, quando diverse squadre si alternavano in testa al gruppo con Bahrain Victorious e Israel Premier Tech tra le squadre più attive.
Subito a inizio salita Martinez attaccava secco senza che nessuno inseguisse in prima persona, Ulissi si metteva a disposizione per Pogacar nell’inseguimento. Pogacar decideva quindi di partire riprendendo subito sia Martinez sia i due attaccanti con i soli Van Aert e Andrea Bagioli (Quick-Step Alpha Vinyl Team) alla loro ruota, mentre Bardet e Yates rientravano in un secondo momento con Cosnefroy, Gaudu e Michael Storer (Groupama – FDJ). Yates partiva subito in contrattacco con Pogacar, Bagioli e Van Aert, il quale soffriva il finale di salita, ma restava in testa, mentre Gaudu riusciva a rientrare di ritmo. Gli atleti che non riuscivano a tenere il loro passo perdevano immediatamente diverso margine con Pello Bilbao (Bahrain Victorious) tra gli atleti più attivi che venivano però marcati da compagni di squadra del gruppo di testa finendo oltre a trenta secondi di svantaggio, Bardet tentava il disperato inseguimento con alla sua ruota Mauro Schmid (Quick-Step Alpha Vinyl Team) e Giovanni Aleotti (Bora – Hansgrohe). Sulla cote finale era Yates a tentare un attacco violento mettendo tutti in difficoltà, ma con nessuno che perdeva contatto, al termine dello strappo Gaudu tentava un altro attacco, ma anche in questo caso restavano in cinque ad avviarsi al finale per giocarsi la vittoria. Van Aert prendeva larga l’ultima curva per non restare in testa sul rettilineo finale in leggera salita, Gaudu si trovava quindi in testa provando poi a partire molto lungo nella sua volata. Pogacar gli prendeva il mirino riuscendo a scavalcarlo con un grande spunto e non lasciando chance a Van Aert e Bagioli che si dovevano accontentare rispettivamente del secondo e terzo posto alle spalle del fenomeno sloveno. Alle loro spalle Yates si classificava quarto e Gaudu quinto, mentre Schmid vinceva la volata per il sesto posto davanti a Aleotti e Bardet.

La lotta per il mondiale di Wollongong è pronta con un segnale di forza di Pogacar ai danni di Van Aert, ma la prestazione di Bagioli dà fiducia che anche l’Italia possa essere protagonista in Australia.

Carlo Toniatti.

La Vittoria di Pogacar a Montreal (Foto: Getty Images)

La Vittoria di Pogacar a Montreal (Foto: Getty Images)

GP FOURMIES, VINCE CALEB EWAN

settembre 11, 2022 by Redazione  
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Caleb Ewan regola la volata della classica francese davanti a Groenewegen e Capiot. Quarto Oldani

Il percorso della classica transalpina intorno alla città di Fourmies non lascia ampi spazi a finali diversi da quello in volata. Andare in fuga così diventa più un atto di coraggio che un vero tentativo di vittoria finale, e oggi l’arduo compito spetta al quintetto composto da Taco van der Hoorn (Intermarché – Wanty – Gobert), Louis Blouwe (Bingoal Pauwels Sauces WB), Milan Fretin (Sport Vlaanderen – Baloise), Maxime Jarnet (Go Sport-Roubaix Lille Métropole) e Nicolas Debeaumarché (St Michel-Auber 93). I cinque raggiungono un margine massimo di circa 4 minuti sul gruppo controllato da Ag2r Citroën, Lotto Soudal e Team BikeExchange – Jayco, nelle fasi finali supportate anche da Quick-Step Alpha Vinyl. Quando il vantaggio si è ridotto a soli 15″ dal gruppo ci prova anche Sandy Dujardin (TotalEnergies) ma ben presto riacciuffato dal plotone lanciato a gran velocità verso la testa della corsa e la volata di gruppo. A minare l’ordine delle cose una caduta ai -3 Km che coinvolge anche pesci grossi come Fabio Jakobsen (Quick-Step Alpha Vinyl) e Arnaud De Lie (Lotto Soudal), rendendo la volata finale a ranghi leggermente più ristretti. Dylan Groenewegen (Team BikeExchange-Jayco) tenta di anticipare tutti ma si getta sulla sua ruota lesto Caleb Ewan (Lotto Soudal) per poi sopravanzarlo prima della bandiera a scacchi. Chiude il podio Amaury Copiot (Arkea – Samsic) davanti ad un buon Stefano Oldani (Alpecin-Deceuninck).

Lorenzo Alessandri

Caleb Ewan vince in volata il GP Fourmies 2022. Photo Credit: Getty Images

Caleb Ewan vince in volata il GP Fourmies 2022. Photo Credit: Getty Images

SERRANO VINCE UN TOUF OF BRITAIN DIMEZZATO

settembre 11, 2022 by Redazione  
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Si è interrotto dopo la quinta tappa Il Tour of Britain 2022. Alla notizia della scomparsa della Regina Elisabetta II l’organizzazione ha dapprima rilasciato un comunicato annullando la sesta frazione, quindi uno successivo in cui dichiarava chiusa l’intera edizione secondo il protocollo che prevede la sospensione di tutti gli eventi a seguito del lutto reale.

L’albo d’oro avrà quindi il nome di Gonzalo Serrano (Movistar) alla riga del vincitore dell’edizione 2022, lo spagnolo che al termine della quinta tappa comandava con 3” di margine su Tom Pidcock (INEOS) e di 7” sulla coppia Omar Fraile (INEOS)-Benjamin Perry (WiV SunGod) grazie alla vittoria e agli abbuoni ottenuti nella quarta tappa con arrivo a Helmsey, dove lo spagnolo aveva ad un attacco di Pidcock e di Dylan Teuns (Israel – Premier Tech) sulla salita di Newgate Bank. Grazie al lavoro di Pidcock e del compagno di squadra Fraile il drappello riesce a giocarsi la vittoria che, in volata, va al corridore della Movistar seguito da Pidcock e Teuns- Poco staccato termina Fraile e a 13” giunge quel che rimane del gruppo principale, regolato allo sprint da Mathijs Paaschens (Bingoal), con Enrico Battaglin (Bardiani-CSF-Faizanè) ottavo.
Nella prima tappa, con arrivo in salita nella stazione di sport invernali del Glenshee Ski Centre, avevamo assistito alla vittoria di Corbin Strong (Israel) che si era aggiudicato la prima maglia di leader vincendo in volata su Fraile, Anders Halland Johannessen (Uno-X), Serrano e Pidcock, con gli ottimi piazzamenti degli italiani Filippo Fiorelli (7°) e Filippo Zana (10°), entrambi in forze alla Bardiani-CSF-Faizanè.
In volata si è conclusa anche la seconda frazione con Cees Bol (DSM) ad anticipare di un soffio Jake Donaldson (nazionale britannica) e il leader della classifica Strong sul traguardo di Duns. Molto più movimentata si è rivelata la terza tappa, sulla carta per velocisti ma che ha invece visto arrivare per prima la fuga al traguardo di Sunderland, resistendo per pochissimi secondi al ritorno del gruppo. Ad aggiudicarsi la tappa è stato il belga Kamiel Bonneu (Sport Vlaanderen-Baloise) su Perry, il quale scavalca in generale Strong e va a vestire la maglia di leader. Alle loro spalle, con un leggero distacco, si piazzano i compagni di fuga Alexandar Richardson (Sain. Piran) e Paasschensa, mentre il gruppo è regolato dopo 7″ da Jordi Meeus (BORA).
La quarta tappa, come detto, è quella che ha definito la classifica finale a causa della scomparsa della regina Elisabetta II, evento che ha provocato la sospensione e la conseguente cancellazione delle ultime tappe. La quarta frazione è stata caratterizzata da una corsa molto chiusa, con una fuga iniziale ripresa a ben 75 km dal traguardo, molti tentativi e nervosismo sulle successive asperità fino a ritrovare il gruppo principale compatto ai meno 50. Da li in poi sono ben tre i tentativi di Pidcock, che alla fine riesce portare via il gruppetto giusto, ma non riesce ad aggiudicarsi la tappa e, col senno di poi, la gara di casa.
Infine è una volata a chiudere la quinta e ultima frazione, con Meeus ad aggiudicarsi la tappa con arrivo a Mansfield davanti a Stanisław Aniolkoeski (Bingoal) e Pidcock e ben tre italiani nei dieci: Nicolò Parisini (Qhubeka) è sesto, Martin Marcellusi settimo (Bardiani-CSF-Faizanè) e Fiorelli ottavo, mentre Battaglin deve accontentarsi dell’undicesimo posto,
Oltre alla vittoria di Serrano nella classifica generale, la corsa britannica termina con l’affermazione di Pidcock nella classifica della maglia a punti e in quella dei giovani, Passchens in quella dei GPM e l’INEOS in quella riservata alla squadre.

Gonzalo Serrano (foto Bas Czerwinski/Getty Images)

Gonzalo Serrano (foto Bas Czerwinski/Getty Images)

Andrea Mastrangelo

TRIS DI CARAPAZ A NAVACERRADA. L’ECUADORIANO VINCE ANCORA, SUA ANCHE LA MAGLIA A POIS. EVENEPOEL CONTROLLA, LA VUELTA E’ SUA.

settembre 10, 2022 by Redazione  
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Nel giorno che consacra ufficiosamente Remco Evenepoel (Quick Step Alpha Vynil) quale vincitore della Vuelta a Espana 2022, Richard Carapaz (Ineos Grenadiers) coglie la terza vittoria di tappa, chiudendo in bellezza una corsa che nella prima metà gli aveva riservato ben poche soddisfazioni. Carapaz ha staccato nel finale i compagni di fuga, resistendo al ritorno del gruppo dei migliori giunto a pochi secondi dal Campione Olimpico. Alle spalle dell’Ecuadoriano Thymen Arensman (Team DSM) 2° a 8″ seguito dal terzetto formato da Juan Ayuso (UAE Team Emirates), Jai Hindley (Bora-Hansgrohe) ed Enric Mas (Movistar Team) a 13″. Remco Evenepoel chiude 6° a 15″ e ipoteca la vittoria finale alla viglia della passerella finale di Madrid. Il belga ,che può vantare 2′05″ su Mas e oltre 5′ su Juan Ayuso, dopo l’arrivo si è lasciato andare in un pianto liberatorio che ha tradito tutte le sue emozioni.

La 20sima frazione della Vuelta, 181 km da Moralzarzal al Puerto de Navacerrada, rappresentava il classico giro dei colli di Madrid. Pronti via e già dopo pochi km i corridori erano attesi da un primo passaggio sul Puerto de Navacerrada (10 km al 6,8%) posto al km 34. Subito dopo la successiva discesa iniziava un tratto pianeggiante lungo una quarantina di chilometri e che terminava all’imbocco del secondo gpm, il Puerto de Navafrìa (10 km al 5,5%) la cui cima era posta al km 93. Dopo un’altra discesa e un tratto di flasopiano iniziava la sequenza finale composta dal Puerto de Canencia (7,3 km al 4,8%) ai -52, il Puerto de la Morcuera (9,2 km al 6,8%) ai -38 e infine il Puerto des Cotos (10,5 km al 5,6%). Dalla cima dell’ultima salita mancavano circa 7 km sostanzialmente piatti verso il traguardo del Puerto de Navacerrada. Una frazione ricca di salite (ben 47 km totali) ma priva di pendenze dure.

La fuga di giornata ha iniziato a prendere forma lungo il tratto di strada in leggera salita che anticipava il primo passaggio al Puerto de Navacerrada. Ad avvantaggiarsi è stato un drappello di 7 uomini: Clement Champoussin (AG2R Citroen Team), Ruben Fernández (Cofidis), Xandro Meurisse e Robert Stannard (Alpecin-Deceuninck), Daniel Navarro (Burgos-BH), Joan Bou (Euskaltel-Euskadi) e Simon Guglielmi (Team Arkea Samsic). Il gruppetto di battistrada, inseguito da Julien Bernard (Trek-Segafredo) e Jonathan Caicedo (EF Education-EasyPost), ha raggiunto 3 minuti di vantaggio sul gruppo ma poi, proprio ai piedi del Puerto de Navacerrada, la bagarre è nuovamente scoppiata grazie al ruolo giocato dagli uomini della Movistar, evidentemente intenzionati ad entrare in fuga col fine aiutare Enric Mas nel finale. Di conseguenza il vantaggio dei fuggitivi, da cui nel frattempo s’era staccato Joan Bou, è lettarlmente crollato, mentre dietro Carlos Rodriguez (Ineos Grenadiers), malconcio dopo la brutta caduta degli scorsi giorni, perdeva contatto dal gruppo tirato dai corridori della Quick Step. Il gruppetto di testa, diventato quintetto poichè Champoussin aveva perso contatto a circa 1 km dalla vetta, ha scollinato con pochi secondi sullo stesso Champoussin e Marc Soler (UAE Team Emirates). Poco dietro di loro una ventina di altri uomini venuti via di forza lungo la salita. Il gruppo maglia roja è invece transitato con circa 1′ di ritardo, mentre Carlos Rodriguez era già staccato di 2′20″.

Lungo la discesa Soler è riuscito a raggiungere i 5 battistrada, mentre Champoussin era stato ripreso dagli altri 20 inseguitori (a 30″): Nicolas Prodhomme (Ag2r Citroen Team), David De la Cruz e Vincenzo Nibali (Astana), Gino Mäder (Bahrain – Victorious), Sergio Higuita (BORA – hansgrohe), Jesús Herrada (Cofidis), Hugh Carthy (EF), Thibaut Pinot e Sebastién Reichenbach (Groupama – FDJ), Richard Carapaz (INEOS), Louis Meintjes (Intermarché – Wanty – Gobert Matériaux), Rohan Dennis e Robert Gesink (Jumbo-Visma), Alejandro Valverde e Gregor Mühlberger (Movistar Team), Jan Polanc (UAE Team Emirates), Urko Berrade e Raúl García Pierna (Equipo Kern Pharma), Mikel Bizkarra e Joan Bou (Euskaltel – Euskadi). La situzione è rimasta sostanzialmente inalterata lungo il successivo fondovalle, con i 6 battistrada che potevano vantare circa 40-50 secondi sui 21 inseguitori e ben 6′30″ sul gruppo in cui nel frattempo era rientrato il 5° della generale, Carlos Rodriguez. L’equilibrio si è rotto intorno al km 70 quando Soler e Stannard hanno allungato sugli altri 4 battistrada che di li a poco sono stati ripresi dai contrattaccanti. Dietro erano invece gli uomini della Bora-Hansgrohe a fare il ritmo poichè il 10° posto di Jai Hindley era messo in pericolo dai fuggitivi. All’imbocco del Puerto de Navafrìa (km 83) Stannard e Soler avevano guadagnato un margine di 1′30″ sugli inseguitori e 5 minuti sul gruppo.
I contrattaccanti si sono risvegliati quando il vantaggio di Soler e Stannard aveva superato i 2′. Ad approfittare della rinnovata bagarre sono stati Pinot, Mader e Muhlberger che sono riusciti ad avvantaggiarsi sugli altri 22 inseguitori. In cima al Puerto de Navafrìa il terzetto inseguiva con 55 secondi di ritardo da Soler e Stannard, mentre il drappello di contrattaccanti era ancora segnalato a 2′. Il gruppo maglia roja, sempre tirato dalla Bora, continuava a viaggiare con circa 5 di ritardo. Il rincogiungimento tra i due gruppetti di testa è avvenuto ai 70. A quel punto il nuovo quintetto di battistrada aveva un margine di circa 1′10″ sul drappello dei 22 e i ’soliti’ 5 minuti sul gruppo principale. Gli inseguitori hanno continuato a recuperare nel tratto successivo finchè sono riusciti a rientrare sui 5 battistrada proprio in cima al terzo gpm, il semplice Puerto de Canencia (-55). Il gruppo, sempre tirato dalla Bora, si era avvicinato transitando con 3′30″ di ritardo.

Una volta iniziato il Puerto de la Morcuera, è tornata la bagarre nel gruppo di testa. Il primo a muoversi è stato Guglielmi. Quindi è stato il turno di Meintjes ed Higuita a cui si è poi aggiunto Carapaz. Dietro invece era la Movistar a prendere l’iniziativa aumentando il ritmo del gruppo. Il primo a farne le spese è stato il malconcio Rodriguez che ha nuovamente e definitiamente perso contatto dai migliori. Una volta esaurito il lavoro di Carlos Verona (il ritardo del gruppo era sceso a 2′30″) è partito immediatamente Enric Mas. Il capitano della Movistar ha messo in difficoltà Miguel Angel Lopez (Astana Qazaqstan Team), Thymen Arensman (Team DSM) e Joao Almeida (UAE Team Emirates) ma non il leader Evenepoel. Mas non ha avuto la forza di insistere e così c’hanno provato lo stesso Arensman e Juan Ayuso (UAE Team Emirates), ma il belga non aveva intenzione di lasciarli andare e il tutto si è rapidamente sgonfiato. Davanti invece, dietro al terzetto di testa s’era formato un altro drappello compostao da Valverde, Nibali, Gesink, Carthy, Champoussin, Mader e Reichenbach. Carapaz è transitato primo sul gpm del Puerto de la Morcuera, garantendosi la vittoria nella classifica dedicata agli scalatori. Il gruppo Evenepoel è transitato con 1′ di ritardo, ormai pericolosamente vicino ai battistada, mentre Rodriguez a quel punto perdeva già 1′ dai migliori.

Carapaz, Higuita e Meintjes hanno approcciato la salita finale con 30″ sul gruppo di Nibali e Valverde e oltre due minuti sul drappello dei big di classifica che si era rialzato dopo il gpm. Carapaz ha subito piazzato il suo scatto, lasciando sul posto Meintjes mentre Higuita è riuscito inizialmente a restargli a ruota. Dietro di loro erano rimasti all’inseguimento solo Mader e Gesink mentre dietro Polanc e Soler provavano a ridurre il gap del secondo gruppo inseguitore. Nel gruppo Evenepoel, il primo a muoversi è stato invece Lopez, seguito poi da Ayuso, Mas ed Evenepoel. Il distacco dalla coppia di testa a quel punto era sceso ad appena 30″ e così buona parte dei fuggitivi, compreso Meintjes, eran stati ripresi. Gli unici a resistere al ritorno dei big erano i due sudamericani: Higuita ha provato a sbarazzarsi di Carapaz ai -9, ma l’Ecuadoriano ha resistito ed è partito in contropiede lasciando sul posto il Colombiano. Dietro continuavano le scaramucce, ma senza produrre nessun effetto particolare. Carapaz è transistato per primo all’ultimo gpm davanti a Higuita e al gruppetto dei big, con Evenepoel in testa. Il corridore della Ineos è riuscito a resistere al ritorno del drappello di Evenepoel e ha così trovato la sua terza vittoria di una Vuelta che ne ha confermato le grandi qualita altetiche e tattiche. Alle sue spalle Arensman ha anticipato gli altri uomini di classifica tagliando il traguardo ad appen 8″ da Carapaz. Seguono Juan Ayuso, Jai Hindley ed Enric Mas a 13″ e quindi Evenepoel a 15″ insieme a Meintjes e Lopez. Quindi troviamo Joao Almeida a 17″ e Sergio Higuita a 32″.

In classifica generale Evenepoel mantiene 2′05″ di vantaggio su Enric Mas e 5′08″ sul giovanissimo Juan Ayuso, andando a comporre un podio formato per 2/3 da corridori iberici, evento che non accadeva da 8 anni. Per il Belgio si interrompe un digiuno nei grandi giri durato ben 44 anni (dal Giro d’Italia del 78 vinto da Johan de Muynck). Si ferma invece ai piedi del podio la Vuelta di Miguel Angel Lopez che chiude 4° a 5′56″ dal fenomeno belga. Guadagnano una posizione sia Joao Almeida che Thymen Arensman, rispettivamente 5° a 7′16″ e 6° a 7′56″, grazie alle difficoltà dell’altro giovane spagnolo Carlos Rodriguez, scivolato in 7a piazza (appena un secondo peggio di Arensman) a causa dei postumi della caduta subita pochi giorni fa. Chiudono la top ten Ben O’Connor (Ag2r Citroen Team), 8° a 10′30″, Rigoberto Uran (EF Education-EasyPost), 9° a 11′04″, e il vincitore del Giro d’Italia Jai Hindley (Bora-Hansgrohe), 10° 12′01″.

Domani è in programma la passeralla finale, con partenza da Las Rozas e arrivo in quel di Madrid dopo appena 96,7 km quasi completamente piatti. I corridori subito dopo la partenza dovranno percorrere un giro di un circuito ricavato attorno alla cittadina posta nord-ovest della capitale spagnola. Quindi, al km 36, giungeranno proprio a Madrid dove poco dopo entreranno nel circuito finale, lungo 5,5 km, che dovranno percorrere per ben 9 volte.

Pierpaolo Gnisci

Carapaz triz a Navacerrada (fonte:Getty Images)

Carapaz triz a Navacerrada (fonte:Getty Images)

BENOIT COSNEFROY CONQUISTA QUEBEC CITY

settembre 9, 2022 by Redazione  
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Benoit Cosnefroy (AG2R Citroën Team) ha vinto il Grand Prix Cycliste de Québec grazie ad un attacco solitario avvenuto negli ultimi due chilometri. Al secondo posto si è classificato Michael Matthews (Team BikeExchange – Jayco) avendo la meglio in volata di Biniam Girmay (Intermarché – Wanty – Gobert Matériaux) e Wout Van Aert (Jumbo-Visma). Alberto Bettiol (EF Education-EasyPost) è stato il migliore degli italiani classificandosi ottavo.

L’undicesima edizione del Grand Prix Cycliste de Québec, al ritorno dopo uno stop di 2 anni a causa del covid presentava il solito percorso composto da un circuito di 13 chilometri con una sequenza di strappi nel finale che dopo 204 chilometri portavano all’arrivo nella città alta di Quebec.
Diversi erano gli atleti di calibro quali Michael Matthews (Team BikeExchange – Jayco), Wout Van Aert e Christophe Laporte (Jumbo-Visma), Adam Yates, Geraint Thomas e Daniel Felipe Martinez (INEOS Grenadiers), Tadej Pogacar (UAE Team Emirates), Biniam Girmay (Intermarché – Wanty – Gobert Matériaux), Matej Mohoric (Bahrain – Victorious), David Gaudu (Groupama – FDJ), Guillaume Martin e Ion Izagirre (Cofidis), Greg Van Avermaet e Benoit Cosnefroy (AG2R Citroën Team), Jasper Stuyven (Trek – Segafredo), Alex Aranburu (Movistar Team), Jakob Fuglsang e Giacomo Nizzolo (Israel – Premier Tech), Romain Bardet (Team DSM), Magnus Cort Nielsen e Alberto Bettiol (EF Education-EasyPost), Warren Barguil (Team Arkéa Samsic), Pierre Latour e Peter Sagan (TotalEnergies). Tra i partenti sia Matthews sia Sagan avevano già due edizioni nel palmares, mentre nessun altro atleta al via aveva mai vinto questa corsa.
La fuga si generava subito con un azione di Damiano Caruso (Bahrain – Victorious), insieme a Stan Van Tricht (Quick-Step Alpha Vinyl Team), Hugo Toumire (Cofidis), Sebastien Grignard (Lotto Soudal) e Carson Miles (Nazionale Canadese). Quest’ultimo perdeva contatto ai -68, mentre il distacco massimo di tre minuti e mezzo precipitava una volta entrati negli ultimi 60 chilometri. Ai -40 un forte spunto di Quinn Simmons (Trek – Segafredo) portava via un tentativo insieme a Pascal Eenkhoorn (Jumbo-Visma), Andrea Piccolo (EF Education-EasyPost), Simon Clarke (Israel Premier Tech) e Jan Tratnik (Bahrain – Victorious). Il gruppo si fermava completamente facendo risalire il vantaggio dei fuggitivi. Erano poi Movistar e Team BikeExchange – Jayco ad aumentare il passo nel gruppo che passava con 1’25” di ritardo sotto il traguardo quando mancavano tre giri alla conclusione con i quattro fuggitivi ancora al comando con 35” sul gruppo inseguitore.

Ai -28 avveniva il ricompattamento dei due gruppi di fuggitivi che mantenevano un vantaggio di quasi trenta secondi, i quali transitavano al passaggio dell’arrivo ai -2 con il gruppo ormai nelle loro code a causa di un forte ritmo nel tratto impegnativo finale con Team UAE – Emirates tra le squadre più attive che garantivano il ricompattamento ai -23.
Gaudu attaccava sul penultimo passaggio della Cote de Montagne, riuscendo ad avvantaggiarsi, mentre Bardet si lanciava al suo inseguimento. Venivano raggiunti prima da Mauro Schmid (Jumbo-Visma) e poi da Tratnik.
Il gruppo si allungava quindi notevolmente con un gruppo di circa quindici atleti che si avvantaggiava. Bettiol provava ad allungare ulteriormente in compagnia di Schmid e Cosnefroy che transitavano alla campana dell’ultimo giro con un piccolo margine, mentre il gruppo principale era più attardato. Una volta ricompattati gli atleti di testa, il marcamento permetteva di rientrare a diversi atleti con Piccolo a tentare un attacco, il quale veniva seguito da Michael Storer (Groupama – FDJ) a sua volta chiuso da Nathan Van Hooydonck (Jumbo-Visma). Questi due atleti si avvantaggiavano con Neilson Powless (EF Education-EasyPost) e Mikkel Honore (Quick-Step Alpha Vinyl Team), mentre la Movistar si incaricava dell’inseguimento. Ai -7 Storer provava ad andarsene in solitaria, mentre gli altri attaccanti venivano ripresi da un gruppo di una cinquantina di atleti. Una autentica volata delle varie formazioni per prendere la prima cote del finale permetteva di riprendere l’atleta australiano senza problemi. Tosh Van der Sande (Jumbo-Visma) con incredibile lavoro sulla Cote de Montagne non permetteva a nessun di attaccare, il suo lavoro terminava ai -2200, quando Cosnefroy scattava secco, mentre Laporte e Andrea Bagioli (Quick-Step Alpha Vinyl Team) si trovavano al suo immediato inseguimento, 3 atleti si riunivano a loro, tra i quali nuovamente Honore che tentava l’inseguimento in solitaria, ma l’azione di Cosnefroy era molto solida e gli permetteva di conquistare il successo, mentre dietro di lui era Matthews a vincere la volata del gruppo davanti a Girmay, Van Aert e Ivan Garcia Cortina (Movistar Team), mentre Bettiol chiudeva all’ottavo posto come migliore degli italiani.

Appuntamento a domenica per il Grand Prix Cycliste de Montréal, che prevederà un percorso più impegnativo.

Carlo Toniatti.

Il successo di Cosnefroy a Quebec. (foto: Getty Images)

Il successo di Cosnefroy a Quebec. (foto: Getty Images)

PEDERSEN, TRIS A TALAVERA DE LA REINA. EVENEPOER SEMPRE PRIMO

settembre 9, 2022 by Redazione  
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A Talavera de la Reina, al termine della tappa probabilmente disegnata peggio della Vuelta 2022, vince in volata Mads Pedersen (Team Trek Segafredo), che ha praticamente gioco facile essendo il gruppo di una sessantina di ciclisti all’arrivo privo di altri velocisti, che si erano staccati sui due GPM precedenti. Remco Evenepoel (Team Quick Step Alpha Vinyl) conserva la maglia rossa.

Non si può certo dire che l’altimetria della diciannovesima tappa della Vuelta 2022, da Talavera de la Reina a Talavera de la Reina, rapisca gli occhi di un appassionato di ciclismo. La doppia scalata del Puerto del Piélago, al km 30 ed al km 96, è irrimediabilmente resa vana dagli ultimi 40 km tra discesa e pianura. Ma e perché. Le perplessità aumentano considerando che questa è la terzultima tappa di un GT e si poteva fare di più per garantire maggior spettacolo. Invece, Remco Evenepoel (Team Quick Step Alpha Vinyl), che ieri ha praticamente chiuso il discorso maglia rossa andando a vincere sull’Alto de Piornal, oggi può amministrare a suo piacimento il primato in classifica generale in una tappa dove probabilmente saranno protagonisti i fuggitivi ma in cui non possiamo neanche escludere l’arrivo in volata, più o meno ristrett. Alla partenza da Talavera de la Reina si osservava un minuto di silenzio per la scomparsa della Regina Elisabetta con tutto il Team INEOS schierato in prima linea. La fuga di giornata si concretizzava sulle prime rampe del Puerto del Piélago. Erano Jonathan Cicedo (Team EF Education EasyPost), Brandon McNulty (UAE Team Emirates) ed Ander Okamika (Team Burgos BH) ad evadere dal gruppo maglia rossa. Dopo 23 km il vantaggio dei tre di testa era di quasi 3 minuti sul gruppo maglia rossa. McNulty scollinava in prima posizione sul primo GPM del Puerto del Piélago posto al km 30.3. Lawson Craddock (Team BikeExchange Jayco), che era stato per oltre 30 km a bagnomaria, si rialzava e veniva ripreso dal gruppo maglia rossa a 80 km dall’arrivo. Il Team Trek Segafredo controllava la fuga e per il momento Mads Pedersen sembrava avere le carte in regola per puntare alla terza vittoria consecutiva alla Vuelta 2022. Okamika si aggiudicava il traguardo volante di Hinojosa de San Vicente posto al km 81.7, mentre il gruppo aveva ridotto il proprio ritardo dal gruppo, che era di 1 minuto e 30 secondi a 55 km dall’arrivo. A 50 km dalla conclusione il vantaggio del terzetto di testa era di soli 35 secondi. Dopo 1 km la fuga veniva annullata dal gruppo. A questo punto era il Team Bahrain Victorious a imprimere un ritmo più elevato in vista degli ultimi 5 km della salita, i più costanti e difficili, con pendenze intorno al 6%. Richard Carapaz (Team Ineos) vinceva il secondo GPM del Puerto de Piélago posto al km 96.1. La successiva veloce discesa verso l’arrivo non forniva ulteriori note di cronaca ed a disputarsi la volata finale era un gruppo forte di una sessantina di unità. Era Mads Pedersen (Team Trek Segafredo) a vincere con autorità davanti a Fred Wright (Team Bahrain Victorious) ed a Gianni Vermeersch(Team Alpecin Deceuninck). Chiudevano la top five Ben Turner (Team INEOS) in quarta posizione e Mike Teunissen (Team Jumbo Visma) in quinta posizione. L’ex campione del mondo ottiene la terza vittoria di tappa alla Vuelta 2022 e dimostra di essere uno dei ciclisti più forti quando i percorsi sono movimentati e presentano salite non difficilissime da scalare. In classifica generale Remco Evenepoel (Team Quick Step Alpha Vinyl) resta saldamente in maglia rossa davanti ad Enric Mas (Team Movistar) e Juan Ayuso. Domani è in programma la ventesima e penultima tappa da Moralzarzal al Puerto de Navacerrada di 182 km. Saranno cinque i GPM da affrontare e sui quali potremo assistere alle ultime schermaglie in ottica classifica generale. Ad Evenepoel basterà controllare soprattutto Mas ed Ayuso, i ciclisti più ‘temibili’ alle sue spalle. Non escludiamo una nuova vittoria per un ciclista presente nella fuga di giornata.

Antonio Scarfone

Mads Pedersen vince a Talavera de la Reina (foto: Getty Images)

Mads Pedersen vince a Talavera de la Reina (foto: Getty Images)

EVENEPOEL TRIONFA SULL’ALTO DE PIORNAL. LA MAGLIA ROSSA E’ SEMPRE PIU’ SUA

settembre 8, 2022 by Redazione  
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Nella diciottesima tappa da Trujillo all’Alto de Piornal, Robert Gesink (Team Jumbo Visma), fugaiolo della prima ora, deve arrendersi a 400 metri dal traguardo al ritorno impetuoso della maglia rossa Remco Evenepoel (Team Quick Step Alpha Vinyl) che vince e si avvicina sempre di più alla vittoria della Vuelta 2022.

La diciottesima tappa della Vuelta 2022 parte da Trujillo e termina all’Alto de Piornal dopo 192 km in cui le difficoltà altimetriche maggiori sono presenti nella seconda metà del percorso, dove di pianura ce n’è davvero poco. Il primo dei tre gpm che i ciclisti affronteranno è posto al km 109 e servirà a riscaldare le gambe e preparare eventuali attacchi, almeno tra i big, per la doppia scalata dell’Alto de Piornal – da due versanti differenti – prevista nei successivi 80 km. La prima scalata del Piornal è lunga 13.6 km ed è molto regolare, ma le pendenze non superano mai il 6%. La seconda ed ultima ricalca la prima ed ha per sommi capi la stessa lunghezza e la stessa pendenza, con qualche tratto che supera il 6%. Remco Evenepoel (Team Quick Step Alpha Vinyl) parte ancora una volta in maglia rossa e dovrà tenere gli occhi aperti anche se il belga sembra ormai avere la maglia rossa in cassaforte, visto che anche ieri sull’arrivo in salita del monastero di Tentudia ha controllato agevolmente la situazione. Alla partenza da Trujillo non si presentavano Bruno Armirail (Team Groupama FDJ) e Samuele Battistella (Team Astana Qazaqstan). Scatti e controscatti animavano i primi km della tappa, nei quali si segnalavano anche alcune cadute tra cui quella di Carlos Rodriguez (Team INEOS) e di Jay Vine (Team Alpecin Deceuninck). Proprio Vine, primo nella classifica GPM, era costretto ad abbandonare la corsa. Dopo una cinquantina di km si formava una maxi-fuca che comprendeva una quarantina di ciclisti tutti fuori classifica. Da segnalare la presenza di sei ciclisti italiani: Vincenzo Nibali (Team Astana Qazaqstan), Davide Villella (Team Cofidis), Edoardo Zambanini (Team Bahrain Victorious), Matteo Fabbro (Team BORA Hansgrohe), Fausto Masnada (Team Quick Step Alpha Vinyl) e Dario Cataldo (Team Trek Segafredo). Tra gli altri ciclisti presenti, non potevano mancare ‘affezionati’ delle fughe, anche recenti, come Richard Carapaz (Team INEOS), Marc Soler (UAE Team Emirates), Gino Mader (Team Bahrain Victorious), Thibaut Pinot (Team Groupama FDJ), Lawson Craddock (Team BikeExchange Jayco), Mark Padun (Team EF Education EasyPost) ed Elie Gesbert (Team Arkea Samsic). Dopo 60 km la fuga aveva oltre 4 minuti di vantaggio sul gruppo maglia rossa. Carapaz scollinava in prima posizione sull’Alto de la Desespera, posto al km 109.7 mentre il gruppo maglia rossa aveva accelerato l’andatura perché Joao Almeida e Brandon McNulty (UAE Team Emirates) avevano attaccato. Il portoghese tentava così di mettere pressione su Evenepoel, anche se il suo ritardo in classifica generale dal belga era superiore ai 6 minuti. Dal gruppo di testa si era staccato anche Ivo Oliveira, che attendeva la coppia all’attacco per dare man forte a questo tentativo. Danny van Poppel (Team BORA Hansgrohe) si aggiudicava il traguardo volante di Garganta la Olla posto al km 137.8. All’inizio della salita verso il primo Alto de Piornal dal gruppo dei fuggitivi si sfilava Soler per attendere Almeida, nel frattempo rimasto da solo tra gruppo maglia rossa e fuggitivi. In testa alla corsa si formava un drappello di sei ciclisti formato da Carapaz, Pinot, Gesbert, Hugh Carthy (Team EF Education EasyPost), Sergio Higuita (Team BORA Hansgrohe) e Robert Gesink (Team Jumbo Visma). Carapaz scollinava in prima posizione sul primo Alto de Piornal posto al km 151.2. Il sestetto in testa prendeva l’ultima salita con un minuto di vantaggio sul primo gruppo inseguitore, nel quale era presente Almeida, ed 1 minuto e 30 secondi su gruppo maglia rossa. Il ritmo di quest’ultimo era decisamente il più elevato e nel giro di un paio di km raggiungeva il primo gruppo all’inseguimento dei sei di testa. Gesink e Gesbert si avvantaggiavano sui quattro compagni d’attacco a circa 7 km dall’arrivo. Era l’olandese a imprimere un ritmo deciso che metteva in difficoltà anche il francese. A 5 km dall’arrivo Gesink restava in testa da solo. Alle sue spalle, a circa 20 secondi di ritardo, inseguivano Carapaz, Gesbert e Pinot. Più dieto il drappello con la maglia rossa che comprendeva una quindicina di ciclisti, con un Carlos Rodriguez che aveva sulla parte sinistra del corpo i segni della caduta. Nel gruppo maglia rossa era Enric Mas (Team Movistar) il più attivo e cercava di staccare più volte Evenepoel che però restava attaccato alla sua ruota. Anche Pinot e Carapaz venivano ripresi dal gruppetto maglia rossa. A 3 km dall’arrivo Gesink aveva ancora una trentina di secondi da gestire. Mas ed Evenepoel riprendevano Gesink a 400 metri dall’arrivo. Era il belga ad accelerare a circa 80 metri dall’arrivo ed a mantenere un vantaggio tale da conquistare la vittoria, la seconda in questa Vuelta dopo quella nella cronometro di Alicante. In seconda posizione si piazzava Mas a 2 secondi di ritardo mentre Gesink era terzo. Chiudevano la top five Jai Hindley (Team BORA Hansgrohe) in quarta posizione e Thymen Arensman (Team DSM) in quinta posizione, entrambi a 13 secondi di ritardo da Evenepoel. Il giovane belga è sempre più maglia rossa, avendo ora 2 minuti e 7 secondi di vantaggio su Mas e 5 minuti e 14 secondi di vantaggio su Juan Ayuso (UAE Team Emirates). Domani è in programma la diciannovesima tappa da Talavera de la Reima a Talavera de la Reina. I ciclisti dovranno percorrere un circuito di circa 70 km per due volte. Ci sarà la doppia scalata del Puerto del Pielago ma dopo il secondo ed ultimo scollinamento ci sono una quarantina di km tra discesa e pianura. Una tappa disegnata onestamente male per essere contenuta nella terza settimana di un GT e che non dovrebbe dare nessuno spunto alla lotta per la classifica generale. Una fuga ben assortita o una volata ristretta parrebbero le migliori opzioni da cui estrarre il ciclista per la vittoria di tappa.

Giuseppe Scarfone

Remco Evenepoel vince sullAlto de Piornal (foto: Justin Setterfield/Getty Images)

Remco Evenepoel vince sull'Alto de Piornal (foto: Justin Setterfield/Getty Images)

URAN CORONA LA FUGA AL MONASTERO DI TENTUDIA. EVENEPOEL CONSERVA LA MAGLIA ROSSA

settembre 7, 2022 by Redazione  
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Una fuga vincente è ancora protagonista alla Vuelta 2022. Nella diciassettesima tappa con arrivo in salita al Monastero di Tentudia a imporsi è Rigoberto Uran (Team EF Education EasyPost) che scatta al momento giusto e ritrova la sparata di un tempo. Secondo è Quentin Pacher (Team Groupama FDJ) mentre chiude il podio Jesus Herrada (Team Cofidis). Remco Evenepoel (Team Quick Step Alpha Vinyl) resta in maglia rossa.

La caduta di Primoz Roglic (Team Jumbo Visma) all’arrivo della sedicesima tappa è la maggior discriminante per le tattiche che adotteranno le squadre nella successiva tappa da Aracena al Monastero di Tentudia. Uno dei classici unipuerti spagnoli, neanche tanto impegnativi, dove bisognerà spingere e fare la differenza soprattutto negli ultimi 4 km ad oltre il 7% di pendenza media. Un Roglic in buone condizioni metterebbe a tirare la squadra e si impegnerebbe per la vittoria di tappa e per i conseguenti abbuoni, ma le botte rimediate ieri peseranno e quanto sul suo stato di forma, tant’è che la sua squadra ha comunicato che valuterà la situazione facendo intendere che lo sloveno potrebbe anche non partire oggi da Aracena? E le preoccupazioni erano evidentemente fondate, visto che con una nota in mattinata la Jumbo Visma comunicava ufficialmente il ritiro di Roglic dalla Vuelta. A questo punto la fuga, già pronosticata da molti, ha per la tappa di oggi ancora più possibilità di riuscita. Oltre a Roglic, erano segnalati non partenti Bryan Coquard (Team Cofidis) e Filippo Conca (Team Lotto Soudal). La tappa iniziava subito con diversi tentativi d’attacco ma la fuga faticava a concretizzarsi. Tra i vari ciclisti impegnati a portare via la fuga si segnalavano Thomas de Gendt (Team Lotto Soudal), Clement Champoussin (Team AG2R Citroen), Clement Russo (Team Arkea Samsic), James Shaw (Team EF Education EasyPost) e Robert Stannard (Team Alpecin Deceunink) ma dopo 30 km corsi ad una media superiore ai 52 km il gruppo era ancora compatto. Soltanto dopo il km 40 riuscivano ad evadere in 13: Clement Champoussin e Bob Jungels (Team AG2R Citroen), Gino Mader e Fred Wright (Team Bahrain Victorious), Jesus Herrada (Team Cofidis), Rigoberto Uran (Team EF Education EasyPost), Quentin Pacher (Team Groupama FDJ), Alessandro De Marchi (Team Israel Premier Tech), Lawson Craddock (Team BikeExchange Jayco), Kenny Elissonde (Team Trek Segafredo), Marc Soler (UAE Team Emirates), Elie Gesbert e Simon Guglielmi (Team Arkea Samsic). A 60 km dall’arrivo la fuga aveva oltre 7 minuti di vantaggio sul gruppo maglia rossa. Uran, il più pericoloso in classifica generale per Evenepoel, era distante dal belga quasi 15 minuti. Wright si aggiudicava il traguardo volante di Segura de Leon posto al km 133.2. Dopo aver lavorato per Mader, proprio Wright si staccava dalla fuga a 18 km dall’arrivo. Cominciavano così scatti e controscatti fra i ciclisti in testa, con la vittoria di tappa che ormai non poteva sfuggire ad uno di loro. Craddock si avvantaggiava di una decina di secondi ed era il primo ad affrontare la salita finale verso il Monastero di Tentudia. A 6 km dall’arrivo il vantaggio di Craddock sugli ex compagni di fuga era di 25 secondi. Il tratto più duro e costante della salita. Ovvero gli ultimi 4 km, vedeva ancora Craddock resistere al ritorno di un primo drappello di inseguitori che comprendeva Uran, Champoussin, Elissonde, Soler, Herrada e Pacher. I primi a riportarsi sullo statunitense erano Herrada e Uran ad 1 km e 200 metri dall’arrivo. Da dietro rimontavano anche Soler e Champoussin. Era Uran a sferrare l’attacco decisivo a 200 metri dall’arrivo. Il colombiano superava Herrada e andava a vincere davanti a Pacher, che nel frattempo riusciva a superare anche lo spagnolo. Chiudevano la top five Soler a 15 secondi di ritardo ed Elissonde a 26 secondi di ritardo. Tra i big di classifica o presunti tali, l’unico a racimolare qualche secondo su Evenepoel era Joao Almeida (UAE Team Emirates), che si classificava in tredicesima posizione a 5 minuti e 2 secondi di ritardo da Uran, mentre Evenepoel era quattordicesimo a 9 secondi di ritardo da Almeida. Per Uran è la prima vittoria stagionale mentre in classifica generale Evenepoel resta primo con 2 minuti ed 1 secondo di vantaggio su Enric Mas (Team Movistar) e 4 minuti e 51 secondi di vantaggio su Juan Ayuso (UAE Team Emirates). Domani è in programma la diciottesima tappa da Trujillo all’Alto de Piornal di poco più di 192 km. Sono presenti tre GPM nella seconda metà del percorso che renderanno la tappa piuttosto movimentata. Le due salite finali, entrambe denominate Alto de Piornal, sono molto simili, essendo lunghe una quindicina di km ed avendo una pendenza media inferiore al 6%. Un’altra tappa che potrebbe favorire le fughe e dove Evenepoel può controllare avversari che, dopo il ritiro di Roglic, non sembrano in grado di impensierirlo.

Giuseppe Scarfone

Rigoberto Uran vince sul Monastero di Tentudia (foto: Tim de Waele/Getty Images)

Rigoberto Uran vince sul Monastero di Tentudia (foto: Tim de Waele/Getty Images)

PEDERSEN, SANGUE E ARENA. IL DANESE VINCE A TOMARES IN UN FINALE AL CARDIOPALMA

settembre 6, 2022 by Redazione  
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Mads Pedersen (Team Trek Segafredo) vince in una volata ristretta la sedicesima tappa con arrivo a Tomares battendo Pascal Ackermann (UAE Team Emirates) e Danny van Poppel (BORA Hansgrohe). Remco Evenepoel (Team Quick Step Alpha Vinyl) fora all’interno degli ultimi 3 km e conserva la maglia rossa mentre Primoz Roglic (Team Jumbo Visma) guadagna sul belga solo 8 secondi ma cade rovinosamente ad una cinquantina di metri dal traguardo.

La terza settimana della Vuelta si apre con la sedicesima tappa da Sanlucar de Barrameda a Tomares, nei pressi di Siviglia, lunga poco meno di 190 km. La tappa è completamente pianeggiante e non sono presenti GPM. Se vogliamo proprio trovare qualche difficoltà, dobbiamo analizzare in dettaglio gli ultimi 11 km nei quali è prevista una salitella di 3 km con alcuni tratti in doppia cifra ed un rettilineo d’arrivo che sale al 2.5%. A meno di clamorose sorprese, la volata di un gruppo compatto ma non troppo sembra l’opzione più credibile. Remco Evenepoel (Team Quick Step Alpha Vinyl) riparte in maglia rossa ed oggi non dovrebbe avere troppe difficoltà a conservarla. Da Sanlucar de Barraneda non partivano Maxim van Gils (Team Lotto Soudal) ed Esteban Chaves (Team EF Education EasyPost). La fuga di giornata partiva dopo già 1 km grazie all’iniziativa di Ander Okamika (Team Burgos BH) e di Luis Angel Mate (Team Euskaltel Euskadi). Dopo 10 km il vantaggio della coppia di testa superava i 3 minuti. Era la Trek Segafredo a controllare la fuga mantenendosi costantemente nelle prime posizioni del gruppo. Mads Pedersen era intenzionato a bissare il successo della tappa di Montilla, il cui arrivo era abbastanza simile a quello di oggi. Anche il Team Cofidis di Bryan Coquard dava una mano a tirare in testa al gruppo. Mentre dopo 20 km il vantaggio della fuga era salito a 4 minuti. Dopo 100 km il vantaggio della coppia di testa era sceso a 2 minuti e 40 secondi. Mate si aggiudicava il traguardo volante di Alcalà del Rio posto al km 161. A 20 km dalla conclusione il vantaggio di Okamika e di Mate era di soli 40 secondi sul gruppo maglia rossa in costante avvicinamento. La strada iniziava a salire nella località di Santiponce, a 15 km dal traguardo. Il gruppo vi arrivava ad alta velocità e riprendeva la fuga a poco meno di 14 km dall’arrivo. A 13 dall’arrivo scattava Ibai Azurmendi (Team Euskaltel Euskadi). L’azione del giovane ciclista basco durava un km circa prima che il gruppo rientrasse abbastanza facilmente su di lui. Alla volata dovevano rinunciare sia Kaden Groves (Team BikeExchange Jayco) sia Daryl Impey (Team Israel Premier Tech), entrambi rallentati da una foratura. Negli ultimi 3 km si registravano le fasi più appassionanti della tappa. A circa 2 km e mezzo dall’arrivo, forava anche Evenepoel, proprio quando Primoz Roglic (Team Jumbo Visma) scattava nel tratto più duro all’8% trainando con sé un sorprendente Pascal Ackermann (UAE team Emirates). Ad un km e mezzo dalla conclusione rientravano sulla coppia di testa Fred Wright (Team Bharain Victorious), Danny van Poppel (Team BORA Hansgrohe) e Mads Pedersen (Team Trek Segafredo). Era Roglic a tirare il quintetto ed addirittura a tentare la volata, ma vistosi superare da Ackermann, Van Poppel e Pedersen, si andava a scontrare con la bici di Wright, cadendo a terra e rimediando due brutte ferite al braccio ed alla gamba destra. Pedersen vinceva la volata ristretta davanti ad Ackermann e Van Poppel. Quarto era Wright mentre a 8 secondi di ritardo il gruppo era regolato da Quentin Pacher (Team Groupama FDJ) in quinta posizione. Pedersen ottiene la seconda vittoria di tappa alla Vuelta 2022 ed a meno di clamorose sorprese – leggasi cadute o covid – vincerà a Madrid la maglia verde della classifica a punti. In classifica generale Evenepoel ha 1 minuto e 26 secondi di vantaggio su Roglic, il cui rendimento nelle tappe finali sarà condizionato dalle botte che ha preso oggi. Domani è in programma la diciassettesima tappa da Aracena al Monastero di Tentudia. I quasi 163 km che i ciclisti dovranno affrontare presentano numerosi saliscendi che culminano nella salita finale verso l’arrivo, categorizzata come GPM di seconda categoria. La sua lunghezza è formalmente di 10 km, ma quelli più impegnativo sono gli ultimi 4 dove la pendenza media è del 7.7%. Una tappa un po’ da ‘vorrei ma non posso’, in cui non escludiamo l’ennesima fuga vincente di questa Vuelta e dove i big di classifica, per fare distacchi, avranno bisogno dell’apporto delle proprie squadre. La Jumbo Visma di Roglic è avvertita, a patto che dopo la tappa di oggi lo sloveno riesca a recuperare dalle botte e dalle ferite rimediate nella caduta.

Antonio Scarfone

Mads Pedersen vince a Tomares (foto: Getty Images Sport)

Mads Pedersen vince a Tomares (foto: Getty Images Sport)

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