VALVERDE, QUARANTUNO ANNI E NON SENTIRLI: L’EMBATIDO VINCE UNA VOLATA DELLE SUE, LUTSENKO NUOVA MAGLIA GIALLA.
Un intramontabile Alejandro Valverde (Team Movistar) vince a modo suo la sesta tappa del Delfinato avendo la meglio in una volata in salita su Tao Geoghegan Hart (Team INEOS Grenadiers) e Patrick Konrad (Team Bora Hansgrohe). Alexey Lutsenko (Team Astana) è la nuova maglia gialla, che dovrà difendere nelle difficili due tappe finali, costellate di salite.
Le ultime tre tappe del Delfinato 2021 diranno senza ombra di smentita chi sarà il vincitore della breve corsa francese. La classifica generale è ancora abbastanza corta e nessuna squadra ha finora dimostrato di essere il faro della corsa. Naturalmente in queste tappe decisive con molte salite ci aspettiamo qualcosa da parte di INEOS Grenadiers, Movistar, Jumbo Visma ed Astana, tutte squadre che hanno uno o più capitani da lanciare verso la vittoria. Oggi il piatto forte è il Col de Porte, GPM di seconda categoria di 7.7 km al 6.5% di pendenza media, posto a 20 km dall’arrivo. Condiscono il tutto il Col de la Placette, il Côte de la Frette e lo stesso arrivo in salita di Le Sappey-en-Chartreuse. Tutte le salite sono concentrate negli ultimi 50 e ci sarà sicuramente battaglia tra i big di classifica. La fuga di giornata partiva soltanto dopo oltre 20 km grazie all’azione di quattordici ciclisti: Lawson Craddock (Team EF Education First), Olivier Le Gac (Team Groupama FDJ), Anthony Perez (Team Cofidis), Greg Van Avermaet (Team AG2R Citroen), Omer Goldstein (Team Israel StartUp Nation), Laurent Pichon (Team Arkea Samsic), Matthew Holmes (Team Lotto Soudal), Sven Erik Bystrom (UAE Team Emirates), Josef Cerny (Team Deceuninck Quick Step), Julien Bernard (Team Trek Segafredo), Barnabas Peak (Team BikeExchange), Martin Salmon (Team DSM), Franck Bonnamour (Team B&B Hotels KTM) e Jan Bakelants (Team Intermarchè Wanty Gobert). Il più pericoloso in classifica generale era Van Avermat, con un ritardo di 2 minuti e 40 secondi dalla maglia gialla Lukas Postlberger (Team Bora Hansgrohe). Era proprio la Bora a imprimere un ritmo regolare in testa al gruppo in modo da non far lievitare troppo il vantaggio della fuga. A 100 km dall’arrivo il vantaggio della fuga sul gruppo era di 2 minuti e 40 secondi. Holmes era il primo a scollinare sul Col de la Placette. Era sul successivo Col de Porte che la corsa si animava. Postlberger si defilava, non riuscendo a reggere il ritmo del gruppo che aumentava progressivamente l’andatura con gli uomini di INEOS Grenadiers e Jumbo Visma. Craddock scollinava in prima posizione. Il gruppo, tirato dagli uomini del Team Movistar, inseguiva a 40 secondi di ritardo. A 10 km dall’arrivo, sulle prime rampe della Côte de la Frette Craddock manteneva un vantaggio di una ventina di secondi su Bernard e Bakelants e 30 secondi di vantaggio sul gruppo inseguitore. Il ciclista statunitense scollinava in prima posizione ma il gruppo era ormai vicinissimo, a circa 15 secondi di ritardo. Louis Meintjes (Team Intermarchè Wanty Gobert) era il primo a scattare e raggiungere Craddock che si rialzava. Il sudafricano veniva raggiunto da David Gaudu (Team Groupama FDJ) a poco più di 2 km dall’arrivo. Alle sue ruote si portava Tao Geoghegan Hart (Team INEOS Grenadiers). A sua volta Miguel Angel Lopez sorpassava l’inglese e si metteva a tirare allungato il gruppo ormai ridotto ad una ventina di unità Il lavoro del colombiano metteva il compagno Alejandro Valverde nelle condizioni di sprintare al meglio su uno degli arrivi che gli si addicono meglio. A circa 200 metri dall’arrivo scattava Hart ma Valverde non si faceva sorprendere e si riportava con facilità sul britannico, sorpassandolo negli ultimi 80 metro ed andando a vincere a braccia alzate sul traguardo di Le-Sappey-en-Chartreuse. Hart esra secondo mentre Patrick Konrad (Team Bora Hansgrohe) terminava in terza posizione. Chiudevano la top five Wilco Kelderman (Team Bora Hansgrohe) in quarta posizione ed Enric Mas in quinta posizione. Valverde ottiene la seconda vittoria stagionale dopo il GP Miguel Indurain dello scorso 3 Aprile, mentre in classifica generale Alexey Lutsenko (Team Astana) è la nuova maglia gialla con un vantaggio di 8 secondi sul compagno di squadra Ion Izagirre e di 12 secondi su Kelderman. I primi dieci ciclisti sono racchiusi in 42 secondi, quindi saranno le ultime due tappe a decidere realmente chi potrà vestirsi di giallo definitivamente dopodomani a Les Gets. Domani è in programma la settima tappa da Saint-Martin-le-Vinoux a La Plagne, uno dei tapponi veri e proprio di questo Delfinato. Il Col du Prè ed il Cormet de Roseland faranno da antipasto, e che antipasto visto che il primo è hors categorie ed il secondo di seconda categoria, alla difficile ascesa verso La Plagne, anch’essa hors categorie: sugli oltre 17 km di salita, vedremo se e quale ciclista ipotecherà la vittoria finale del Delfinato 2021.
Giuseppe Scarfone

La vittoria di Alejandro Valverde a
03-06-2021
giugno 3, 2021 by Redazione
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CRITÉRIUM DU DAUPHINÉ
Il britannico Geraint Thomas (INEOS Grenadiers) si è imposto nella quinta tappa, Saint-Chamond – Saint-Vallier, percorrendo 175.4 Km in 4h02′15″, alla media di 43.443 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’italiano) Sonny Colbrelli (Bahrain – Victorious) e lo spagnolo Alexander Aranburu Deba (Astana – Premier Tech). L’austriaco Lukas Pöstlberger (Bora – Hansgrohe) è ancora leader della classifica con 1″ sul kazako Alexey Lutsenko (Astana – Premier Tech) e 9″ sul danese Kasper Asgreen (Deceuninck – Quick Step). Miglior italiano Colbrelli, 15° a 44″.
TOUR OF MALOPOLSKA (Polonia)
L’ucraino Anatoliy Budyak (nazionale ucraina) si è imposto nel prologo, cronoscalata Bielany – Ostra Gora, percorrendo 1.5 Km in 2′50″, alla media di 31.764 Km/h. Ha preceduto di 4″ il polacco Adam Stachowiak (Mazowsze Serce Polski) e di 5″ il neozelandese Ollie Jones (Global 6 Cycling). Nessun italiano in gara. Budyak è il primo leader della classifica con 4″ su Stachowiak e 5″ su Jones
TOUR DU CAMEROUN
L’olandese Sybren Welling (Global Cycling Team) si è imposto nella sesta tappa, Douala – Kribi, percorrendo 156.6 Km in 4h18′40″, alla media di 36.325 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’ivoriano Abou Sanogo (nazionale ivoriana) e il burkinabè Paul Daumont (nazionale burkinese). Nessun italiano in gara. Il camerunense Clovis Kamzong (SNH Vélo Club) è il nuovo leader della classifica con 12″ sul bulgaro Yordan Andreev (Martigues SC-Payden & Rygel) e 25″ sul bulgaro Nikolay Genov (nazionale bulgara)
GIRO D’ITALIA GIOVANI UNDER 23
L’italiano Andrea Cantoni (#inEmiliaRomagna Cycling Team) si è imposto nella prima tappa, Cesenatico – Riccione, percorrendo 144.5 Km in 3h26′48″, alla media di 41.925 Km/h. Ha preceduto di 25″ l’italiano Riccardo Bobbo (Work Service Marchiol Vega) e di 26″ lo statunitense Michael Garrison (Hagens Berman Axeon). Cantoni è la prima maglia rosa con 26″ su Bobbo e 31″ su Garrison.
COURSE DE LA PAIX GRAND PRIX JESENÍKY (Under 23 – Polonia)
Il norvegese Søren Wærenskjold (nazionale norvegese) si è imposto nel prologo, circuito a cronometro di Jeseník, percorrendo 3.4 Km in 4′01″, alla media di 50.788 Km/h. Ha preceduto di 6″ l’elvetico Alex Vogel (nazionale elvetica) e di 7″ il francese Kévin Vauquelin (nazionale francese). Miglior italiano Filippo Zana (nazionale italiana), 33° a 17″. Wærenskjold è il primo leader della classifica con 6″ su Vogel e 7″ su Vauquelin. Miglior italiano Zana, 33° a 17″
GIRO U23, BUONA LA PRIMA PER CANTONI
Andrea Cantoni conquista prima tappa e Maglia Rosa del Giro U23 al culmine di una fuga solitaria. Alle sue spalle Riccardo Bobbo e Michael Garrison
Quattro giorni dopo la chiusura delle ostilità fra i senior, iniziano i 10 giorni dedicati al Giro d’Italia Giovani Under 23. Prima tappa in linea: 144 Km da Cesenatico a Riccione fra le colline di Marco Pantani.
La fuga del giorno evade nelle battute iniziali sulla spinta di Edoardo Ferri (Petroli Firenze-Hopplà-Don Camillo), cui hanno dato seguito Christopher Consolaro (Velo Plus Palazzago), Riccardo Bobbo (Work Service Marchiol Vega), Francesco Carollo (Interregionale) e Michael Garrison (Hagens Berman Axeon). Sui 5 battistrada pochi chilometri seguenti rientra anche Andrea Cantoni, ventunenne romagnolo della #inEmiliaRomagna: è proprio lui ai -9 dal traguardo e con il gruppo ormai lontano a sferzare l’attacco decisivo verso la conquista della frazione e della maglia del primato.
Per gli altri attaccanti di giornata solo la consolazione delle posizioni di rincalzo del podio, regolate rispettivamente da Riccardo Bobbo e Michael Garrison, giunti a 25” dalla nuova Maglia Rosa.
Lorenzo Alessandri
TW @LorenzoAle8

La vittoria di Cantoni nella prima tappa del Giro (© Giro d'Italia U23)
THOMAS, SPUNTO VINCENTE A SAINT-VALLIER. POSTLBERGER RESTA IN GIALLO
Geraint Thomas (Team INEOS Grenadiers) è artefice di un attacco micidiale ad 1 km dall’arrivo di Saint-Vallier. Il gallese, deluso dalla cronometro di ieri, fa vedere di che pasta è fatto e vince in un modo del tutto inaspettato, riuscendo a resistere al ritorno dei velocisti. Postlberger resta in giallo ma nelle ultime tre tappe, con moltissime salite, ci aspettiamo la battaglia definitiva tra i big di classifica.
La tappa a cronometro di ieri ha dimostrato che nel ciclismo tutto può succedere e che l’imprevedibilità a volte rende le corse più divertenti. Dopo il primo intertempo monstre di Geraint Thomas (Team INEOS Grenadiers) chi avrebbe mai pensato al crollo nella seconda parte del gallese? E invece con una tattica accorta e calcolatrice, questa volta proprio l’INEOS, maestra di ciò, è venuta meno a vantaggio di un’Astana sugli scudi con Lutsenko e Izagirre. E lo stesso Lukas Postlberger (Team Bora Hasgrohe), dato per spacciato all’inizio della tappa ha difeso con le unghie e con i denti quella maglia gialla che oggi sfoggia ancora con fierezza alla partenza di Saint-Chamond. La quarta tappa allo stesso tempo, visto l’andazzo, si presta a colpi di mano nel finale con il durissimo strappo della Cote de Montrebut, a 13 km dall’arrivo. Vedremo se Sonny Colbrelli (Team Bahrain Victorious) con la gamba che ha dimostrato di avere finora riuscirà a domare quel km e mezzo con pendenze in doppia cifra. Ma prima dell’ultima cote i ciclisti dovranno affrontare altri quattro GPM, che potrebbero sentirsi nelle gambe proprio nel finale. Il primo attacco, dopo la partenza da Saint-Chamond, era portato da Kasper Asgreen (Team Deceuninck Quick Step). Il ciclista danese veniva subito ripreso dal gruppo. Sul primo GPM di giornata, la Cote du Planil, il ritmo era molto sostenuto e si creavano alcune fratture nel gruppo. Tim Wellens (Team Lotto Soudal) scollinava in prima posizione. Erano in particolare Bora Hansgrohe ed Astana a tirare il gruppo nella successiva discesa. Si staccava un primo drappello di cinque ciclisti con Wellens, Asgreen, Julien Bernard (Team Trek Segafredo), Tsgabu Grmay (Team Bikeexchange) e Cyril Gautier (Team B&B Hotels KTM). Asgreen si aggiudicava il traguardo volante di Saint-Appolinard. Il gruppo dopo una quarantina di km aveva un ritardo di circa 2 minuti dalla fuga. Una clamorosa caduta proprio nel gruppo dei fuggitivi rallentava i cinque attaccanti che venivano raggiunti da un gruppetto di tre ciclisti: Jasper Stuyven (Team Trek Segafredo), Josef Cerny (Team Deceuninck Quick Step) e Ryan Mullen (Team Trek Segafredo). La Trek Segafredo aveva così tre ciclisti in fuga. Sulla Cote de la Sizeranne era Bernard a scollinare per primo. Nel frattempo anche il Team Bahrain Victorious si era messo a tirare in testa al gruppo. Nell’avvicinarsi alla Cote de Hauterives, terzo GPM in programma, i fuggitivi non erano più compatti e iniziavano scatti e contro scatti, Cerny si avvantaggiava di qualche centinaia di metri ed iniziava in solitaria l’ascesa verso la Cote de Hauterives. Il ciclista ceco scollinava per primo ma sotto l’impulso dell’INEOS Grenadiers veniva ripreso prima dell’ascesa verso il quarto GPM di giornata, il Col de Barbe Bleu. Lungo l’ascesa del GPM in questione, Sven Erik Bistrom (UAE Team Emirates) attaccava e scollinava in prima posizione con un minuto circa di vantaggio sul gruppo inseguitore. Il ciclista norvegese veniva ripreso poco prima dell’ascesa verso il muro della Cote di Montrebut, sulla quale molto probabilmente si sarebbe decisa la tappa odierna. Il gruppo prendeva la salita subbetta a velocità elevatissima ed in particolare l’INEOS era abile a non creare eccessivi problemi per i suoi capitani, tenendoli sempre nelle prime posizioni. Il gruppo, forte di una quarantina di ciclisti, si avviava verso l’arrivo di Saint-Vallier a velocità elevata. Quando le squadre dei velocisti presenti in gruppo, tra cui Sonny Colbrelli (Team Bahrain Victorious), iniziavano a preparare la volata, un improvviso attacco da parte di Gerant Thomas sorprendeva tutti. Il gallese riusciva ad evitare il ritorno del gruppo e sprintava per inerzia vincendo davanti a Sonny Colbrelli ed Alex Aranburu (Team Astana). Chiudevano la top five Carlos Barbero (Team Qhubeka ASSOS) in quarta posizione Mads Wurtz Schmidt (Team Israel StartUp Nation) in quinta posizione. Thomas vince per la seconda volta in stagione in un modo del tutto anomalo rispetto alle sue caratteristiche e grazie agli abbuoni scala un paio di posizioni in classifica generale: il gallese è ora sesto, a 14 secondi di ritardo da Lukas Postlberger (Team Bora Hansgrohe). Domani la quinta tappa da Loriol-sur-Drome a Le Sappey-en-Chartreuse presenta un finale molto impegnativo con quattro GPM racchiusi negli ultimi 50 km. Si inizia con il Col de la Placette, di seconda categoria, per poi scalare dopo una breve tratto di pianura il Col de Porte, lungo 7.7 km con pendenza media del 6.5%. Infine due GPM ravvicinati di terza categoria, uno la prosecuzione dell’altro, terminano proprio all’arrivo dove crediamo che i migliori saranno compresi in un gruppo non molto numeroso.
Giuseppe Scarfone

La vittoria di Geraint Thomas a Saint-Vallier (foto: Getty Images)
02-06-2021
giugno 2, 2021 by Redazione
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CRITÉRIUM DU DAUPHINÉ
Il kazako Alexey Lutsenko (Astana – Premier Tech) si è imposto nella quarta tappa, Firminy – Roche-La-Molière, percorrendo 16.4 Km in 21′36″, alla media di 45.556 Km/h. Ha preceduto di 8″ lo spagnolo Ion Izagirre Insausti (Astana – Premier Tech e di 9″ il danese Kasper Asgreen (Deceuninck – Quick Step). Miglior italiano Sonny Colbrelli (Bahrain – Victorious), 40° a 1′11″. L’austriaco Lukas Pöstlberger (Bora – Hansgrohe) è ancora leader della classifica con 1″ su Lutsenko e 9″ su Asgreen. Miglior italiano Colbrelli, 16° a 50″.
TOUR DU CAMEROUN
Il bulgaro Borislav Ivanov (nazionale bulgara) si è imposto anche nella quinta tappa, circuito di Douala, percorrendo 109.6 Km in 3h22′13″, alla media di 38.543 Km/h. Ha preceduto di 40″ il burkinabè Harouna Ilboudo (nazionale burkinese) e il camerunense Arthuce Jodele Tella (SNH Vélo Club). Nessun italiano in gara. Il francese Alexandre Léonien (Martigues SC-Payden & Rygel) è ancora leader della classifica con lo stesso tempo del bulgaro Yordan Andreev (Martigues SC-Payden & Rygel) e 2″ sul camerunense Clovis Kamzong (SNH Vélo Club)
TROFEO ALCIDE DE GASPERI
L’italiano Riccardo Lucca (General Store Essegibi Fratelli Curia) si è imposto nella corsa italiana, Bassano del Grappa – Pergine Valsugana, percorrendo 159.9 Km in 3h45′45″, alla media di 42.498 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’italiano Riccardo Verza (Zalf Euromobil Fior) e il tedesco Jon Knolle (Team SKS Sauerland NRW)
LUTSENKO SORPRENDE NELLA CRONO DI ROCHE-LA-MOLIERE. POSTLBERGER CONSERVA LA MAGLIA GIALLA
Un Alexey Lutsenko (team Astana) che non ti aspetti è autore di una crono perfetta sul difficile tracciato da Firminy a Roche-La-Molière. Il kazako, dopo una prima parte nella norma, approfitta dei diversi strappetti nella seconda parte del percorso che mettono in difficoltà in particolare Geraint Thomas (Team INEOS Grenadiers), partito troppo forte. Lukas Postlberger (Team Bora Hansgrohe) conserva la maglia gialla
L’esigente cronometro individuale da Firminy a Roche-La-Molière è lunga quasi 17 km e darà una nuova fisionomia alla classifica generale, ancora molto corta visto che sono presenti una quarantina di ciclisti nell’arco di 40 secondi. Uomini come Gerainth Thomas e Richie Porte (Team INEOS Grenadiers), Kasper Asgreen (Team Deceuninck Quick Step), Steven Kruijswijk (Team Jumbo Visma) e Wilco Kelderman (Team Bora Hansgrohe), per dirne alcuni, potranno mettere fieno in cascina in vista di una seconda parte del Giro del Delfinato pieno zeppo di salite, alcune anche molto impegnative. La cronometro odierna presenta una prima parte pianeggiante e di una seconda parte con molti mangia e bevi sui quali rilanciare l’azione. Non bisogna partire a tutta ma centellinare gli sforzi. Tutto quello che, evidentemente, non ha fatto proprio Thomas. Il gallese parte velocissimo ed all’intertempo fa segnare la prestazione migliore con il tempo di 9 minuti e 11 secondi. Ma una seconda parte di tappa disastrosa, nella quale paga gli sforzi dei continui rilanci, lo fa piombare addirittura al decimo posto parziale. Chi invece si esalta su un tracciato come questo è Alexey Lutsenko (Team Astana). Il kazako, che in carriera non è che abbia fatto sfracelli nelle corse contro il tempo, trova la giornata di grazia. Al primo intertempo è quarto a 10 secondi da Thomas ma una seconda parte fenomenale gli permette di far fermare il cronometro a 21 minuti e 36 secondi. L’Astana fa la doppietta con Ion Izagirre che termina secondo ad 8 secondi di ritardo da Lutsenko. In terza posizione troviamo Kasper Asgreen, uno dei favoriti della vigilia, a 9 secondi di ritardo da Lutsenko, mentre chiudono la top five Wilco Kelderman ed Ilan Van Wilder (Team DSM), rispettivamente in quarta ed in quinta posizione a 12 e 13 secondi di ritardo da Lutsenko. L’INEOS si lecca le ferite ed oltre al decimo posto di Thomas deve accontentarsi del sesto posto di Richie Porte. Con il nono posto di oggi, a 23 secondi di ritardo da Lutsenko, Lukas Postlberger (Team Bora Hansgrohe) riesce a mantenere la maglia gialla con un solo secondo di vantaggio sul kazako, mentre in terza posizione troviamo Asgreen a 9 secondi di ritardo da Postlberger. Domani è il programma la quinta tappa da Saint-Chamond a Saint-Vallier, un piccolo antipasto prima delle ultime tre tappe, anche le più complicate dal punto di vista altimetrico. Sono cinque i GPM da affrontare, di cui tre di terza, uno di quarta e uno di seconda categoria. In particolare la Cote du Montrebut, a 13 km dall’arrivo, è un muro vero e proprio dove potrebbero scatenarsi gli uomini di classifica: è lungo 1 km e 400 metri ed ha una pendenza media dell’11%. Lo spettacolo è assicurato e gente come Porte, Thomas e Lopez dovranno attaccare già domani per risalire in classifica generale.
Giuseppe Scarfone

Alexey Lutsenko in azione nella cronometro della quarta tappa (foto: Bettini Photo)
GIRO 2021: LE PAGELLE FINALI
giugno 2, 2021 by Redazione
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A qualche giorno dalla conclusione della Cors Rosa ecco le pagelle definitive del Giro d’Italia 2021
EGAN BERNAL: Il colombiano del Team Ineos Grenadiers nonostante i problemi noti alla schiena stravince il Giro d’Italia 2021. Conquista la Maglia Rosa a Campo Felice nella nona tappa, con una gran vittoria, e non la molla più. Si ripete a Cortina d’Ampezzo, e da lì è solo gestione per arrivare in trionfo a Milano. Ci provano Yates e Caruso a scalfirlo, ma Bernal supportato da un team di altissimo livello riesce a superare tutto e tutti. Dopo un 2020 da cancellare è tornato il Bernal dominatore che conosciamo. VOTO: 10
DAMIANO CARUSO: Il siciliano di occasioni durante la sua carriera ne ha avute poche, al Giro d’Italia partiva come gregario per Landa o Pello Bilbao ma la strada sceglieva lui come capitano e questa volta ha dato una dimostrazione di forza, intelligenza e costanza invidiabili ai più. Il corridore più regolare in salita al Giro è lui, come è sua l’azione più bella nella ventesima tappa con cui vinceva sull’Alpe Motta. Termina al secondo posto a 1′29” da Bernal, un premio più che meritato per la sua lunga carriera. VOTO: 9,5
FILIPPO GANNA: Il piemontese è la prima Maglia Rosa del Giro d’Italia. Corsa che apre e chiude con una sua vittoria. Nel mezzo della Corsa Rosa tanto lavoro per il capitano Bernal. Una certezza. VOTO: 8,5
DANIEL FELIPE MARTINEZ: Dopo il ritiro di Sivakov si era creato un buco nel treno della Ineos Grenadiers per le tappe montane del Giro d’Italia, un buco che il corridore nativo di Soacha riempie alla grande. Un’ombra e un motivatore per Bernal, un autentico angelo custode. Riesce a terminare, nonostante la mole di lavoro, al quinto posto nella classifica generale. VOTO: 8
SIMON YATES: Si presenta al via con qualche acciacco fisico, una contrattura muscolare alla gamba per la precisione, e ne risente la sua classifica nella prima parte del Giro d’Italia. Superati i problemi fisici ritorna a correre come sempre, dando segnali importanti a Sega di Ala E sull’Alpe di Mera. Termina la Corsa Rosa al gradino più basso del podio. VOTO: 7,5
DANIEL MARTIN: A trentacinque anni l’irlandese riesce a vincere una signora tappa, come quella di Sega di Ala, e a entrare nella top ten della classifica generale. VOTO: 7
GIANNI MOSCON: Il trentino ritorna sui suoi livelli compiendo un lavoro di grande qualità e quantità per la Maglia Rosa. Prestazione notevole sia in pianura che in montagna. VOTO: 7
PETER SAGAN: Il tre volte Campione del Mondo riesce a conquistare la Maglia Ciclamino, la prima volta in carriera per lui dopo aver vinto la classifica a punti del Tour de France per ben sette volte. Riesce a vincere anche la tappa di Foligno. VOTO: 7
LORENZO FORTUNATO: Il ventiseienne corre benissimo il suo primo Grande Giro della carriera. Con la vittoria sullo Zoncolan regala alla Eolo-Kometa la prima affermazione al Giro d’Italia. Una piacevole sorpresa. VOTO: 7
ATTILA VALTER: Ha soli ventidue anni lo scalatore ungherese della Groupama-FDJ, una promessa che mostra i suoi valori nella prima settimana del Giro d’Italia, quando riesce ad indossare la Maglia Rosa per ben tre tappe. VOTO: 7
EDOARDO AFFINI: Nelle crono si “scontra” un mostro sacro come Ganna, per il resto della corsa si spende per Bennett e Foss. Encomiabile. VOTO: 7
TACO VAN DER HOORN: L’olandese è il primo dei tanti ciclisti a vincere una tappa partendo dalla fuga di giornata. Resiste all’arrivo del gruppo stoicamente, vincendo per soli 4”. VOTO: 6,5
ALBERTO BETTIOL: Un inizio non proprio entusiasmante per lui, riesce ad entrare nella fuga giusta nella tappa di Stradella e non se la fa scappare. VOTO: 6,5
GINO MADER – MAURO SCHMID – VICTOR LA FAY: Anche loro sono riusciti ad onorare il Giro vincendo una tappa a testa dopo esser andati in fuga. VOTO: 6,5
JOE DOMBROWSKI: Il primo arrivo in salita, a Sestola, viene vinto da lui. Costretto al ritiro abbandona troppo presto la corsa. Un peccato per lo spettacolo. VOTO: 6,5
VICTOR CAMPAENAERTS: Non ha più la gamba dei giorni migliori quando si tratta di spingere nella cronometro, si rifà vincendo a Gorizia, anche lui al termine di una fuga. VOTO: 6,5
GEOFFREY BOUCHARD: Il transalpino riesce a conquistare la classifica scalatori grazie alle fughe di giornata, come già aveva fatto alla Vuelta di Spagna nel 2019. Tanta caparbietà. VOTO: 6,5
ALESSANDRO DE MARCHI: Il friuliano è costretto al ritiro dopo una caduta tremenda. Prima si e ci regala l’emozione della Maglia Rosa conquistata nella tappa di Sestola. VOTO: 6,5
ALESSANDRO COVI: Il giovane corridore della UAE Emirates corre un ottimo Giro d’Italia; combattivo su più terreni, gli manca solo l’acuto finale. VOTO: 6,5
ALEKSANDER VLASOV: Il russo dell’Astana sta studiando da big, sullo Zoncolan gli fallisce la gamba dopo aver fatto lavorare per tutta la tappa la sua squadra. Impara la lezione e gioca di rimessa centrando un buon quarto posto finale in classifica. VOTO: 6,5
JOAO ALMEIDA: Il portoghese, autore lo scorso anno di un’ottima Corsa Rosa, non digerisce il fatto di partire dietro a Evenepoel nelle gerarchie in casa Deceuninck. Dopo il ritiro di Remco diventa capitano e cerca di recuperare la strada perduta. Termina in rimonta al quinto posto a 7′24” da Bernal. VOTO: 6,5
TOBIAS FOSS: Dopo la bella crono iniziale, il giovane ventiquattrenne della Jumbo-Visma entra nella classifica che conta e non ne esce più terminando a Milano in nona posizione. VOTO:6,5
ANDREA VENDRAME: Il veneto timbra il cartellino con una splendida vittoria in fuga a Bagno di Romagna. Una bella rivincita per lui dopo averci provato tanto e senza successo nel 2020. VOTO: 6,5
GIULIO CICCONE: Buon Giro d’Italia per l’abruzzese. Prima del ritiro ha dimostrato che ha le qualità per poter puntare a una piazza d’onore in una Grande Corsa a tappe. VOTO: 6,5
PELLO BILBAO: Ad inizio corsa lascia intendere che non farà il gregario a Landa volentieri, la strada li toglie entrambi dalla lotta per la Maglia Rosa. Landa è costretto al ritiro mentre Pello fuori classifica prova a fare la sua corsa senza grossi risultati fin quando si mette a lavorare per Caruso. Ottima la sua prova sul Passo dello Spluga e sull’Alpe Motta che lo salva da un’altrimenti meritata insufficienza. VOTO: 6
JAN TRATNIK: Non gli manca lo spunto per attaccare, purtroppo per lui non riesce poi a finalizzare. Combattivo. VOTO: 6
HUGH CARTHY: Il britannico riesce a portare a casa un buon piazzamento. Corre di rimessa, sempre alle ruote dei big, finché la gamba regge. Gli manca il cambio di ritmo per poter dire la sua in futuro. VOTO: 6
ROMAIN BARDET: Dopo 15 tappe in cui non si vede minimamente, esce allo scoperto a Cortina d’Ampezzo, troppo tardi. Si sfiancherà nell’ultima settimana tanto che la crono finale di Milano che gli costerà l’uscita dalla top five della classifica generale finale. VOTO: 5,5
REMI CAVAGNA: La caduta in una delle ultime curve della crono finale di Milano è una beffa dfficile da digerire. VOTO: 5,5
DIEGO ULISSI: Il toscano non riesce a portare a casa nessuna tappa nonostante i vari tentativi. Gli manca lo spunto veloce degli anni passati, mentre in salita non riesce a reggere il passo dei migliori. VOTO: 5,5
REMCO EVENEPOEL: Si presenta al via del Giro d’Italia senza aver corso una gara ufficiale in questo 2021, ultima corsa il Giro di Lombardia del 2020 nel quale si infortunò seriamente. Corre bene fino allo sterrato di Montalcino, dove mostra i suoi limiti nel limare in gruppo e le sue paure a pedalare quando la strada scende. Le tappe successive saranno un’agonia che lo porterà al ritiro. VOTO: 5,5
DAVIDE FORMOLO: Prova a far classifica ma non ci riesce, termina a quasi mezz’ora dalla top ten. Non va nemmeno vicino ad una vittoria di tappa. Il Giro 2021 che certifica la sua non attitudine a far classifica in un Grande Giro. VOTO: 5
JAN HIRT: Doveva essere l’uomo di classifica della Intermarché – Wanty – Gobert Matériaux, fallisce irrimediabilmente. VOTO: 5
GEORGE BENNETT: Prova a portarsi a casa una tappa, ma non ci va mai vicino. Allora prova a far classifica, ma non riesce nemmeno ad entrare nella top ten. VOTO: 5
VINCENZO NIBALI: Il tempo passa inesorabilmente per tutti, anche per lo Squalo. La Corsa Rosa che non lo vede mai protagonista. Obiettivi futuri da rivedere. VOTO: 5
MIKEL NIEVE: Una caduta ne condiziona il rendimento. È un problema che pesa sul Giro di Yates, soprattutto nella terza settimana quando lo spagnolo ci aveva abituato nel passsato a prestazioni sontuose. VOTO:5
BAUKE MOLLEMA: Attacca, contrattacca, fa spremere alla causa alcuni compagni di squadra, ma non riesce minimamente ad andare vicino alla vittoria di tappa. VOTO: 4,5
MAURO VEGNI: Una sola domanda gli vorremo fare: vorremo solamente chiedere perchè certe sceneggiate dei corridori, tappe tagliate (non certo il Mottarone), si vedono solo al Giro d’Italia. VOTO: 4
Luigi Giglio
01-06-2021
giugno 1, 2021 by Redazione
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CRITÉRIUM DU DAUPHINÉ
L’italiano Sonny Colbrelli (Bahrain – Victorious) si è imposto nella terza tappa, Langeac – Saint-Haon-Le-Vieux, percorrendo 172.2 Km in 3h56′36″, alla media di 43.669 Km/h. Ha preceduto allo sprint lo spagnolo Alexander Aranburu Deba (Astana – Premier Tech) e lo statunitense Brandon McNulty (UAE-Team Emirates). L’austriaco Lukas Pöstlberger (Bora – Hansgrohe) è ancora leader della classifica con 2″ su Colbrelli e 18″ su Aranburu Deba
TOUR DU CAMEROUN
Il bulgaro Borislav Ivanov (nazionale bulgara) si è imposto nella quarta tappa, Loum – Limbé, percorrendo 129.9 Km in 3h22′13″, alla media di 38.543 Km/h. Ha preceduto di 3″ il connazionale Lachezar Angelov (Martigues SC-Payden & Rygel) e di 3′02″ l’ivoriano Souleymane Traore (nazionale ivoriana). Nessun italiano in gara. Il francese Alexandre Léonien (Martigues SC-Payden & Rygel) è il nuovo leader della classifica con lo stesso tempo del bulgaro Yordan Andreev (Martigues SC-Payden & Rygel) e 2″ sul camerunense Clovis Kamzong (SNH Vélo Club)
IL COBRA QUESTA VOLTA NON TRADISCE. A COLBRELLI LA TERZA TAPPA DEL DELFINATO. POSTLBERGER RESTA IN GIALLO
Nella scontata volata di Saint-Haon-Le-Vieux, con gli ultimi 2 km in costante salita, Sonny Colbrelli mette tutti in riga dopo due secondi posti vincendo davanti ad Alex Aranburu (Team Astana) e Brandon McNulty (UAE Team Emirates). Lucas Postlberger (Team Bora Hansgrohe) difende la maglia gialla ma nella cronometro di domani la classifica generale subirà rilevanti cambiamenti.
Pur essendo la tappa più facile del Delfinato, almeno dal punto di vista altimetrico, la terza frazione da Langeac a Saint-Haon-Le-Vieux nasconde l’insidia più grande negli ultimi 2 km. Infatti soltanto i velocisti più resistenti potranno tenere a bada la salitella posta proprio sul traguardo, che arriva a punte del 6%. Riflettori puntati senz’altro su Sonny Colbrelli (Team Bahrain Victorious), che dopo due secondi posti che ancora bruciano vorrà certamente rifarsi oggi e confermare la maglia verde che indossa dalla prima tappa. Avversari insidiosi per il ciclista bresciano sono Alejandro Valverde (Team Movistar) e Kasper Asgreen (Team Deceuninck Quickstep), già messisi in luce nel complicato finale di ieri. Detto degli aspiranti alla vittoria di tappa, la maglia gialla Lukas Postlberger (Team Bora Hansgrohe) oggi non dovrebbe correre pericolo di sorta, nonostante il vantaggio in classifica generale proprio su Colbrelli sia di soli 12 secondi. La fuga di giornata prendeva le mosse dopo la partenza, ad opera di due ciclisti: Omer Goldstein (Team Israel StartUp Nation) e Loic Vliegen (Team Intermarché – Wanty Gobert). Il gruppo lasciava fare e consentiva alla coppia di testa di guadagnare un paio di minuti di vantaggio dopo circa 25 km. Nel frattempo una caduta costringeva al ritiro Mads Pedersen (Team Trek Segafredo). Goldstein si aggiudicava il primo GPM della Cote d’Allegre posto al km 29.4. In testa al gruppo si alternavano gli uomini della Bahrain Victorious e della Trek Segafredo: perso Pedersen, qust’ultima puntava su Jasper Stuyven. Goldstein transitava in prima posizione sul traguardo volante di Viverols posto al km 65.8. Allo scollinamento sul Col de Limites, sul quale transitava per primo ancora una volta Goldstein, il ritardo del gruppo dalla fuga era inferiore ai 2 minuti. A 60 km dall’arrivo il vantaggio della coppia di testa sul gruppo maglia gialla era di 1 minuto e 45 secondi. Il gruppo riprendeva i fuggitivi a 28 km dall’arrivo. Sia le squadre dei velocisti che quelle degli uomini di classifica erano costantemente presente nelle prime posizioni. Erano in particolare Michal Kwiatkowski e Marco Haller a tenere alta l’andatura negli ultimissimi km. Alex Aranburu (Team Astana) anticipava la volata a circa 200 metri dall’arrivo ma Sonny Colbrelli era abilissimo a riportarsi alla ruota dello spagnolo ed a sopravanzarlo, andando così a vincere davanti a lui. In terza posizione si piazzava Brandon McNulty (UAE Team Emirates) mentre chiudevano la top five Jasper Stuyven (Team Trek Segafredo) in quarta posizione e Wilco Kelderman (Team Bora Hansgrohe) in quinta posizione. Colbrelli ottiene la seconda vittoria stagionale dopo quella nella seconda tappa del Giro di Romandia. In classifica generale Postlberger resiste all’attacco di Colbrelli e mantiene la maglia gialla con solo 2 secondi di vantaggio sull’italiano, mentre Alex Aranburu è terzo a 18 secondi dall’austriaco. Domani è in programma la quarta tappa, uno cronometro individuale di quasi 17 km da Firminy a Roche-la-Molière. Solo i primi 5 km sono in pianura, dopo di che la strada tende a salire con diversi mangia e bevi. Un percorso quindi dove si dovrà rilanciare spesso l’azione e che sul quale inizieremo a schiarirci le idee su chi potrà vincere il Delfinato 2021. Visto che in classifica generale quaranta ciclisti sono racchiusi in 35 secondi, sarà serrata la lotta per la maglia gialla, con Postlberger che dovrà quasi sicuramente svestirla e lasciarla a qualcuno più adatto alle corse contro il tempo. Nella rosa dei pretendenti facciamo i nomi di Kasper Asgreen, Steven Kruijswijk (Team Jumbo Visma), Wilco Kelderman e l’inossidalile coppia INEOS formata da Geraint Thomas e Richie Porte.
Giuseppe Scarfone

La vittoria di Colbrelli a Saint-Haon-Le-Vieux (foto: Getty Images Sport)
INEOS PADRONA, VEGNI PERDONA: ALLA FINE C’È UN PEZZO DI GIRO PER (QUASI) TUTTI
Un Giro godibile, quasi gaudente nonostante la tanta pioggia. In tanti se ne vanno contenti, spettatori compresi, anche se sotto le forbici di Vegni sfuma un po’ il senso di grandezza, fatte salve alcune tappe e i gesti o le gesta di protagonisti piccoli e grandi.
Il meglio del meglio di questo Giro? Il senso di “respect for pink” espresso da gesti semplici, intrisi di spontaneità o generosità da parte dei suoi protagonisti: il giovanissimo Attila Valter che dopo lo show di Bernal sullo sterrato di Campo Felice bacia la maglia rosa prima di abbandonarla. Primo ungherese in testa al Giro e un potenziale impressionante da far crescere, giusto un po’ mimetizzato da una classifica dei giovani nella quale i cinque che lo precedono hanno fatto pure top ten nella generale assoluta (peraltro vincendola, con lo stesso Bernal). E Bernal, naturalmente Bernal, che sciupa secondi sudati su e giù dal Giau per levarsi l’anonima giacca impermeabile – comunque sponsorizzata – e varcare il traguardo di Cortina illuminando di rosa un giorno grigissimo. Sicuro ed elegante come un funambulo consumato sul ciottolato viscido, mossa e sguardo da torero che “mata” definitivamente la concorrenza… almeno in apparenza. Di certo, con quel gesto, riscatta il Giro tutto nel giorno di una figuraccia epocale.
E, senz’altro, il peggio del Giro è stato il taglio di quel tappone, che quasi ha fatto del Giro una Vuelta qualunque. La tappa di maggior dislivello complessivo è rimasta infine a mezza via fra i quattro e i cinquemila metri accumulati, un dato che per il Giro rimanda a epoche di biechi campanilismi o sporadiche eccezioni, mentre ben si confà alle abitudini di tracciato “moderno” della corsa spagnola. Tutti hanno ammesso fin da subito che il tempo non esigeva sforbiciamenti in nome della sicurezza o della salute, tant’è che il pur garantista e assai adattabile protocollo UCI per le circostanze meteorologiche estreme risultava inapplicabile. Parimenti, è stato subito chiaro che non v’era alcuna richiesta concertata e formale da parte dei corridori né delle squadre. Si sono sprecati, in questo senso, i comunicati contraddittori. Ben venga il sindacalismo di quella parte debole che sono gli atleti, lo spirito di gruppo, la difesa mutua in nome di interessi comuni: ma qui non si è trattato di questo, bensì di anonimi e non precisabili “influencers” che han fatto i comodi propri e di una parte del gruppo, a dispetto o a discapito di un’altra parte dei colleghi che invece avrebbero avuto l’interesse, il coraggio o semplicemente la voglia di affrontare una tappa epica in sé, ma non ancora inumana né quanto a freddo né quanto a precipitazioni. Sempre che, ovviamente, il vero guaio non fosse invece una clamorosa carenza di immagini che qualora fosse stata applicata a un tappone di sei ore avrebbe ingenerato uno scandalo clamoroso, mentre in questo modo ci si è potuta mettere una pezza, tra l’altro ratificando vicendevolmente con le presunte condizioni limite tanto il taglio di tracciato quanto il taglio del visibile. Tutto questo senza nemmeno cominciare a ricordare gli appassionati portatisi anzitempo su Fedaia e Pordoi (dei quali hanno testimoniato con foto e video l’assoluta transitabilità), i volontari, gli organizzatori di tappa, gli sponsor… Una pecca enorme che ha probabilmente inciso sui valori finali, anche se magari non sul vincitore (e pure in questo senso, comunque, non si può mai dire, stante la corposità dello stralcio): spiccano soprattutto la bella prestazione di Bardet e quella negativa di Yates, entrambe peraltro confermatesi nell’altra tappa con alte quote e clima freddo. La beffa è specialmente crudele per Bardet, a cui finalmente era stato consentito di provare il Giro a lui più congeniale proprio in virtù di quelle peculiarità fondistiche e climatiche: ma a questa stregua non giunge né una classifica di pregio né la tappa, facendo del suo team DSM uno dei grandi delusi, anche se chi la gara l’ha seguita manterrà intatta l’ammirazione per l’approccio del francese.
Di grandi momenti, ad ogni modo, non ne sono certo mancati: eccezionale la tappa delle Strade Bianche con la susseguente telenovela Almeida-Evenepoel, ma soprattutto con il maestoso lavoro di Ganna che da solo frantuma il gruppo nel primo e in teoria più abbordabile sterrato. Lo stesso Ganna che provoca i ventagli sull’altipiano di Castelluccio a decine e decine di km dall’arrivo, o il suo dominio nelle crono, con tanto di foratura in quella finale. E poi la vittoria strappata dalla fauci del gruppo di Taco van der Hoorn, Nizzolo che smette incredibilmente di far sempre ma sempre secondo, il duello di grandi cilindrate fra Bettiol e Cavagna su e giù per le vigne pavesi, l’azzardo da lontano e ad alta quota di Bardet e Caruso, ben supportati dai rispettivi compagni di squadra. Le tante e belle fughe, con Mohoric che serve l’assist per un gran finale a Mäder, entrambi appena restati orfani del capitano Landa, baby face Lafay che fa felice la Cofidis, mentre Fortunato fa felice Contador, e Vendrame dà scacco alla sfortuna con un finale di partita da manuale nel tappone toscano.
È significativo che ben due terzi delle squadre abbiano vinto almeno una tappa, nonostante il prevedibile dominio INEOS con quattro e il sorprendente bottino a tutto tondo della Qhubeka, con tre vittorie (in cinque giorni! Sterrati, volata e muri sloveni). Hanno timbrato il cartellino squadre professional, cioè almeno formalmente “di serie B”, come Alpecin-Fenix o Eolo-Kometa, così come altre che nel WT sono appena sbarcate e se lo sentono largo, come la Intermarché-Wanty o, tutto sommato, Israel Start-Up Nation. Ce l’hanno altresì fatta pure team notoriamente poco prolifici come i francesi dell’Ag2R, titolari con Bouchard anche della maglia blu, o quelli della Cofidis, sebbene con Viviani sempre a secco. Altre formazioni sono rimaste senza tappa, pur sondando il terreno di tanto in tanto, ma in quanto hanno puntato forte sulla classifica generale: l’Astana può essere tutto sommato abbastanza soddisfatta del quarto posto di Vlasov, anche se, come dicevamo per Valter, la giovane età non è più un fattore specialmente distintivo. Nel caso di Valter, quei pochi giorni in maglia rosa giustificano il Giro altrimenti scialbo della Groupama, che comunque dopo il forfait amaro di Pinot non aveva molto da chiedere. E, in qualche modo, anche il Giro sostanzialmente deludente del team Jumbo Visma (con Groenewegen indiscutibilmente ancora da recuperare e Bennett che ha mancato i vari bersagli via via riscalati a scendere che si è andato a proporre), trova nondimeno una qualche consolazione nelle belle prestazioni di promesse come Affini o Foss. Giocarsela con Ganna è sempre un titolo di merito importante, così come pescare una top 10 in un Giro non così adatto per il norvegese. Movistar e Trek sono accomunate dalla sensazione di aver pagato uno scotto altissimo alle cadute che hanno liquidato sul più bello quanto stavano mostrando due bei prospetti bisognosi di salto di qualità come, rispettivamente, Soler e Ciccone. Il Giro non è stato caratterizzato da troppe cadute (né si può dire che siano state specialmente poche, alla faccia dei freni a disco): quel che è certo, tuttavia, è che sono grandinate perdite importanti, cominciando da quella clamorosa di un – di nuovo – incolpevole e sfortunatissimo Mikel Landa. Però il Team Bahrain si è dimostrato non solo Victorious ma proprio Invictus, reagendo collettivamente alla grande (e nel mondo dei “se fosse”, come sarebbe andata con un Caruso all’attacco supportato da Mohoric, quando invece lo sloveno ebbe a spettacolarmente cadere e ritirarsi sulla strada di Campo Felice?). Da applausi, di Caruso, anche le sue interviste dopo le ultime montagne. Invece, pur con immensa grinta nei vari Nibali, Ghebreigzabhier o Brambilla, Oliveira o Pedrero, tanto Trek quanto Movistar si sono sfaldate in una sostanziale inconsistenza.
Eclatante la caduta di Evenepoel non per rilevanza di classifica, giacché il pupillo Quickstep era ormai fuori di giochi, bensì in quanto epitome delle difficoltà del belga nel controllo del mezzo, forse peggiorato dopo il trauma del Lombardia, ma fors’anche eredità di una pratica sulla bici tardiva, dopo il calcio, e non maturata nella categoria U23. Di queste ambasce fa le spese Almeida, altro giovane fenomeno, lui sì confermatosi dopo la rivelazione del Giro passato: tuttavia, già notane la partenza verso altri team, dopo una giornata no viene presto posto al servizio di Remco. La sensazione è che poco sarebbe mutato in un Giro all’insegna del quasi per lo squadrone di Lefevre, del vorrei ma non posso, Cavagna incluso: e i pur bei secondi posti di tappa di Almeida non sarebbero divenuti primi, né la sua classifica sarebbe cambiata granché. Chissà se col – pure lui fuori per caduta – Fausto Masnada avremmo visto dell’altro: la sensazione però è che pure il bergamasco sbuffi nel mettersi al servizio altrui, e così non si va lontano in un GT.
Fra i “bravi ma” c’è Sagan, che l’anno scorso ci fece lustrare gli occhi per un giorno solo, ma splendido, e qui invece (pur con la sua brava e bella vittoria “di guida” in volata) punta sul globale e porta la maglia ciclamino alla sua Bora, privata – ancora! – per caduta di un Buchmann che sembrava ben pimpante nella generale. Lo stile catenacciaro e sparagnino che il team ormai focalizzato sulla sola maglia a punti adotta per conseguire l’obiettivo mal si accorda con l’immagine dello slovacco, ma se s’ha da portare a casa il risultato con gambe così così, l’immagine passa pure in secondo piano. Insomma, a casa Sagan pare che siamo già in fase di lucidatura e rifinitura delle statistiche da palmarés più che nell’era allegra del divertimento vincente su due ruote.
E “bravo ma” è pure Simon Yates, che ribalta l’approccio 2018, volente o involontariamente: parte opaco, finisce scoppiettante, pigliandosi così una meritata tappa che lo suggerisce dominante ove la strada s’impenna, specie se a quote basse, col caldo e senza troppi salitoni uno via l’altro. Tuttavia il terzo posto per un gran favorito non compensa, anche se la vittoria di giornata ci mette una bella stampella. Delude soprattutto, come per Sagan, in altro modo, la sensazione di non voler rischiare troppo quel che si ha già in tasca per puntare a più o ad altro.
Chiudiamo questa carrellata con ottica di squadra sullo squadrone per antonomasia: come dicevamo, INEOS sono i plurivincitori principali di quest’edizione – maggior numero di tappe vinte, maglia rosa e quella bianca che viene da sé, classifica a squadre che non guasta (e che spesso non vincevano), nonché un altro uomo in top 5, lo strepitoso Dani Felipe Martínez che sostiene Bernal nel momento più duro e poi, nell’ultimo e unico “tappone”, quello svizzero-lombardo, serve al connazionale colombiano il Giro su un piatto d’argento, stroncando uno dopo l’altro ogni avversario, salvo Caruso, e cedendo solo all’altezza della flamme rouge. Bernal è, e non per caso, ora il numero tre fra i più precoci vincitori di Tour e Giro, preceduto (questione di mesi) da Bartali e Merckx, seguito da Gimondi e Contador. Si tratta di un assoluto fenomeno, scalatore di razza ma efficiente a cronometro, abilissimo nel controllo della bici, intelligente nella scelta di tempo, aggressivo senza strafare in rodomontate. La necessità di convivere con un problema fisico cronico ne accresce lo spessore, per l’obbligata misura dell’azione o per la gestione mentale del timore quando si affaccia il dolore. La sensazione è però che, a differenza del Tour, stavolta gli sia stato prezioso se non essenziale il supporto di una formazione che usa il buon Ganna per controllare in pianura (e sfasciare tutto sullo sterro). Anche senza Sivakov – figurati tu! – avere come luogotenente un atleta all’altezza dei migliori rivali quale è stato Dani Martínez si traduce in un vantaggio impagabile, così come godere dell’appoggio di jolly quali Castroviejo o Moscon, capaci di controllare su qualunque terreno così come di scremare il gruppo e isolare gli avversari in qualsiasi momento. È vero, questa INEOS si fa apprezzare perché invece che blindare la gara, almeno nella sua prima metà, ha corso con creatività e sempre per aprire la corsa più che per chiuderla. Anche al momento di difendere ha optato per la selezione e non per la sonnolenza. Permangono però tutti i dubbi sulla struttura soggiacente, sulla diseguaglianza per cui c’è chi ha un budget doppio rispetto agli altri e fa razzia di campioni. A Bernal (e a noi) si leva così il gusto di una sfida che sia davvero tale fino in fondo, se non fra pari, almeno non condita da una sproporzione così esagerata. Diciamo che per adesso, in attesa di riequilibri casuali o naturali, starà agli altri, come da storia del ciclismo, provare a coalizzarsi contro la corazzata che, stavolta, è al servizio del più forte. E senz’altro sarebbe più facile scompaginare le carte se le tappe fuori dagli schemi si potessero correre senza mutilazioni dell’ultima ora.
Gabriele Bugada

Bernal festeggiato dai compagni di squadra (Getty Images)